1 REDAZIONE: COMMISSIONE DIOCESANA DI MUSICA SACRA CASELLA POSTALE 26 6903 LUGANO TEL.: 091/967.43.60 FAX: 091/966.13.02 e-mail: [email protected] Gruppo redazionale: Antonio Bonvicini Franco Caccia Peppino Manzoni Felice Rainoldi Michele Tamagni Incontrarsi n. 23 dicembre 2003 Editoriale ............................................................. 4 Notiziario Corali centenarie ..........................................................5 "Giovani in festa" ..........................................................6 s "Cantate Domino" .........................................................7 o La pagina dell'organista m Recensioni Basta saper suonare? ..................................................8 m Repertorio Un canto per il Natale ...................................................9 a Riflessioni r "Il centenario del motu proprio di Pio X" ..................... 11 i Dossier o Questione di nomi? (Parte seconda) ..........................21 Proposte per un programma ...............................26 Accogliamo con gioia il nuovo Pastore Queste sono le prime righe dell’editoriale della redazione, già in stampa, che abbiamo bloccato e modificato: "Assieme al Natale arriva anche un nuovo numero di Incontrarsi. Giunge in ritardo rispetto alle previsioni, perché si attendeva la nomina del nuovo Vescovo. Non abbiamo però voluto che si chiudesse l'anno senza…incontrarci". e d i t o r i a l e Accogliamo con gioia la nomina a vescovo di don Mino Grampa. Ci sembra bello riportare qui le sue prime impressioni: «Eccomi per quello che posso essere utile, per spendere gli anni che mi restano al servizio del Vangelo di Cristo per la speranza del mondo e per la crescita della nostra Chiesa ticinese. Saluto tutti i diocesani, il Vescovo in carica, monsignor Giuseppe Torti, che ha retto con sofferta dedizione la nostra Chiesa in questi anni; l’emerito monsignor Ernesto Togni, che mi fu maestro e guida nei primi anni del mio servizio presbiterale. I confratelli nel sacerdozio, che operano con impegno pastorale generoso e senza i quali il Vescovo non sarebbe in grado di svolgere la propria missione, perchè nella Chiesa, con il principio della sussidiarietà, vale soprattutto quello della Comunione. Saluto tutti i religiosi e le religiose, che impreziosiscono la vita cristiana con la loro testimonianza, con la loro preghiera e la loro azione. Tutti i fedeli, le famiglie, gli anziani, i malati, i giovani, i bambini: per loro spenderò senza risparmio gli anni che il Signore vorrà ancora donarmi. Saluto i cristiani delle altre confessioni, che operano in mezzo a noi, affinchè prevalga ciò che ci unisce e diventiamo assieme segno di speranza e di pace per il nostro mondo. Saluto tutti gli uomini amati da Dio, con i quali mi propongo di collaborare in un dialogo franco, aperto, rispettoso, onesto e veritiero per la risoluzione dei problemi comuni della nostra società. [...] Invoco la Benedizione del Signore e la protezione della Madonna della Misericordia ed auguro a tutti di poter godere dei frutti del Natale cristiano. Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace agli uomini che Dio ama». Porgiamo i più cordiali auguri a don Mino e a tutti i nostri lettori. 4 La redazione Corali... centenarie! Nel 2004 due corali che regolarmente prestano servizio per le Messe diffuse settimanalmente alla TSI ed RSI festeggeranno i cento anni di attività: si tratta della corale "S. Cecilia" di Lugano e della corale "S. Maria dei Miracoli" di Morbio Inferiore. È un traguardo veramente notevole e che le rispettive corali giustamente festeggiano. Su questo numero vogliamo rendere brevemente omaggio alla corale di Morbio, sul prossimo ci occuperemo della "S. Cecilia". n o t i z i a r i o La corale "Santa Maria dei Miracoli" è stata fondata l'8 dicembre 1904 da mons. Alfredo Noseda, che fu parroco di Morbio per 60 anni. In questi 100 anni della sua storia essa ha accompagnato la vita della comunità di Morbio, che ha conosciuto lungo gli anni un forte incremento demografico, passando dal piccolo villaggio contadino di allora al borgo residenziale di oggi. Compito principale della Corale è sempre stato quello di animare, attraverso il canto liturgico, le celebrazioni in parrocchia, sia nella Basilica-Santuario di Santa Maria dei Miracoli (dalla quale prende il nome), sia nell'antica chiesa di S. Giorigio. Con il tempo, a questo compito si sono via via aggiunti altri impegni: la collaborazione con il Centro Cattolico Radio TV della diocesi, servizi presso altre comunità in occasione di particolari ricorrenze, concerti... Dal 1979 la Corale promuove il biennale Convegno delle corali liturgiche, giunto lo scorso giugno alla sua XIII edizione. Tappa significativa lungo la strada di questo secolo è stato l'anno 1950, quando, con il maestro Sergio Tettamanti, il gruppo ha conosciuto una globale ristrutturazione, intensificando via via la preparazione e gli impegni. Sergio Tettamanti è stato direttore fino al settembre 1993, anno della sua prematura morte. Lo ha sostituito il maestro Franco Caccia, cha la dirige attualmente, con la collaborazione all'organo del maestro Giordano Montanelli. Oggi la corale di Morbio è formata da una quarantina di elementi: adolescenti, giovani, adulti, qualcuno pure sulla soglia della terza 5 età. Già vi sono genitori e figli, fra non molto vi saranno sicuramente anche nonni e nipoti. Per festeggiare i 100 anni sono già in programma alcuni appuntamenti musicali alle seguenti date: - sabato 7 febbraio 2004 con il coro "B. Marcello" in S. Giorgio - sabato 29 maggio 2004 concerto della Corale a Viganello n o t i z i a r i o - 8 dicembre 2004, data del compleanno, concerto della Corale e presentazione del nuovo compact-disc del centenario. 6 Giovani in festa La maestra del "coro giovani di Agra", formazione che collabora alle messe diffuse dalla TSI ed RSI, ha pubblicato una raccolta di canti da lei composti dedicata specialmente ai cori giovanili. Si tratta di 12 composizioni orginali, per i vari momenti della celebrazione in cui è previsto il canto (inizio, atto penitenziale, Gloria...). L'accompagnamento prevede sia l'utilizzo della tastiera che la chitarra. Gli interessati possono rivolgersi direttamente alla maestra del coro Viviana Vassalli, 6927 Agra (tel. 091-9947166). "Cantate Domino" r e c e n s i o n i "Cosa sarebbe il Natale senza musica? Attraverso l'interpretazione di antifone, mottetti e cantate, dal gregoriano ai nostri giorni, Domenico Pezzini (sacerdote, professore universitario e pubblicista, studioso di letteratura inglese medievale) propone un percorso di riflessione dall'Avvento all'Epifania. Ne risulta una lectio divina fra pentagrammi e chiavi di violino per un lettore che desidera meditare in modo originale sul Mistero della Parola che si fa carne. Anzi, musica!" Ecco l'elenco dei brani che l'autore tratta: - "Rorate coeli" (gregoriano) - Antifone "O" (Charpentier) - Tre cantate per l'Avvento (J. S. Bach) - "Cantata per il SS. Natale" (Scarlatti) - Oratorio "Messiah", prima parte (G. F. Haendel) - Oratorio di Natale (J. S. Bach) - "L'infanzia di Cristo" (H. Berlioz) - "A ceremony of Carols" (B. Britten) - "Hodie, a Christmas cantata" (V. Williams) - "Sie werden aus saba alle kommen" (J. S. Bach) - "Christus" (F. Mendelssohn) - "Il viaggio dei Magi" (B. Britten) - "Liebster Immanuel" (J. S. Bach) - Quattro mottetti per il tempo di Natale (F. Poulenc) Domenico Pezzini, "Cantate Domino", meditazioni musicali sul mistero del Natale, edizioni Ancora 2003, 169 pagine, € 11. 7 l a p a g i n a d e l l'o r g a n i s t a "Basta saper suonare?" 8 Ci è capitato sotto gli occhi il bando per l’assunzione di un organista presso una delle basiliche più importanti dell’Italia settentrionale. Leggendo attentamente le prove previste, una domanda è nata spontaneamente: “Basta saper suonare per fare l’organista di una chiesa?” Infatti ciò che in termini musicali è richiesto ai concorrenti è notevole: esecuzione di brani impegnativi di Bach, Mendelsshon, Franck, Listz; improvvisazione su tema dato e armonizzazione di una melodia. La giuria è composta di organisti di fama mondiale. Non compare mai, nel bando, una parola: “liturgia”. Se anche ci si assicura il miglior esecutore esistente, perché non verificare anche le sue conoscenze liturgiche? Dopotutto in primis si parla di “prestare servizio alle Messe celebrate”, e solo dopo di eventuali concerti. Ci sembra questa una notevole mancanza, in quanto anche il miglior organista-esecutore potrebbe essere carente in materia liturgica, e la passacaglia di Bach o i corali di Franck certo non sono adatti ad essere eseguiti durante la celebrazione eucaristica. Già nel n. 21 di “Incontrarsi” avevamo pubblicato un lungo articolo sull’organo e la figura dell’organista nella liturgia rinnovata del Concilio Vaticano II. Ne riportiamo un paragrafo: “Oltre che possedere una adeguata perizia nell’usare lo strumento, deve conoscere e penetrare intimamente lo spirito della liturgia, con una preparazione spirituale e una ricchezza interiore”. Ci auguriamo quindi che la scelta cada su un organista anche con queste competenze. Ciò che però ci preoccupa maggiormente è che la committenza non le auspichi per il proprio futuro organista. Diocesi di Milano: IV giornata diocesana organisti Sabato 13 marzo 2004 9.30 Relazione l´organista custode del proprio strumento. Cenni di organaria e di restauro Leonardo Trotta, Maurizio Mancino 11.00 Il restauro conservativo, Norme e orientamenti Matteo Galli 12.00 Comunicazioni del Servizio per la Pastorale Liturgica. 12.30 Pausa pranzo. 14.00 Laboratorio Introduzione all´organaria 16.00 Conclusioni. Al mattino la relazione si svolgerà presso il salone della curia Arcivescovile di Milano in P.za Fontana 2. Il laboratorio si svolgerà presso la Basilica dei Santi apostoli e Nazaro Maggiore, P.za S. Nazaro, 5 - Milano. Quota d'Iscrizione: € 15, da versare in loco. Le iscrizioni dovranno pervenire entro giovedì 11 marzo alla Segreteria del Servizio per la Pastorale Liturgica P.zza Fontana 2 - 20122 Milano Tel 028556.345 Fax 028556.302 E-mail [email protected] Un canto per il Natale "In excelsis gloria" Testo: Franco Gomiero Musica: A. H. Brown (1830-1924) La musica Nella tonalità di Sol maggiore, che sottolinea la grandiosità dell’evento della nascita di Gesù così misteriosa e gloriosa, troviamo il canto “In excelsis gloria” scritto in forma di Corale a quattro parti dispari con accompagnamento dell’organo che raddoppia tutte le voci ed al quale è affidata una breve introduzione di quattro battute che anticipano quella che sarà la melodia affidata al coro. Si articola in quattro strofe e relativi ritornelli nei quali l’assemblea è invitata ad aggiungersi e la scrittura che proprio nel ritornello prevede le prime due battute all’unisono ne facilita l’ingresso. Nelle seguenti sei battute, poi, l’assemblea canterà la melodia della linea dei soprani. Da notare che le strofe 1 e 3 iniziano in levare (cioè sull’ultimo quarto dell’ultima battuta dell’organo che precede il loro inizio), mentre per le strofe 2 e 4 l’attacco è in battere e anche l’intonazione melodica per contralti tenori e bassi è diversa rispetto alla prima nota delle strofe 1 e 3. Non presenta difficoltà ritmiche e melodiche, l’estensione è di una ottava nel ritornello per quanto riguarda la linea del soprano che sarà la stessa per l’assemblea, quindi di esecuzione immediata e senza forzature vocali. r e p e r t o r i o Il testo “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1). La prima lettura nella Messa della notte di Natale descrive la condizione spirituale dell’umanità salvata da Gesù luce del mondo. Il canto come lode, il canto manifestazione di gioia, il canto che accomuna uomini ed angeli nella stessa azione: glorificare Dio, lodarlo, ringraziarlo perché si è fatto uomo in Cristo Gesù per salvarci. Cantano gli angeli la gloria del Signore nei cieli e qui sulla terra contemplano, cantando la sua grandezza, un bimbo appena nato e già capace di illuminare la via ai pastori che lo potranno adorare e con loro cantare al prodigio che si è compiuto. Nelle quattro semplici e brevi strofe che compongono questo canto è riassunto il grande dono che Dio ha fatto agli uomini e tutta la gioia degli uomini che finalmente vedono compiere la promessa di eterna alleanza e la salvezza giungere. 9 r e p e r t o r i o Da sottolineare la chiarezza di scrittura quando, nelle strofe, le voci che paiono avere andamento omoritmico producono in modo più evidente una esecuzione ritardata delle sillabe che rendono interessante e più viva la partitura, come per esempio alla battuta 11 dove il soprano ritarda la penultima sillaba della battuta rispetto alle altre tre voci. Nell’eseguire le strofe si faccia attenzione a definire il fraseggio in modo preciso affinché il testo sia rispettato dal punto di vista letterario e, di conseguenza, più facilmente comprensibile. Pertanto si raccomanda di collocare i fiati seguendo la punteggiatura, notando, in particolare: nella seconda strofa è fondamentale unire in un unico fiato secondo e terzo verso; nelle restanti strofe sono invece da unire i primi due versi. L’aspetto narrativo del testo è reso perfettamente dal tempo binario e la pulsazione metronomica rende l’esecuzione morbida ma solenne. Quando eseguirlo Un inno per il tempo di Natale. Non è da confondersi con il Gloria a Dio previsto dalla Messa da cui si differenzia per il testo. Oltre che all’inizio e, ancor meglio, alla Comunione, si potrebbe eseguire questo corale al termine del Vangelo prolungando, così, il canto degli angeli. Potrà essere opportuno che chi legge il Vangelo elimini l’acclamazione Parola del Signore in modo da evitare che l’assemblea si sieda come d’abitudine in quel momento, in questo modo questo canto diventerà un inno di lode e adorazione al mistero dell’Incarnazione. E. Marangoni 1. Rit. 2. 3. 4. Nel buio della notte una luce sfolgorò. Voci di gioia cantano: in excelsis gloria! In excelsis gloria! In excelsis gloria! A Betlemme è nato Gesù: una schiera d’angeli canta al Figlio di Dio: in excelsis gloria! Accorrono i pastori a veder la novità. Cantano lieti con stupor: in excelsis gloria! Il prodigio si compie per noi: Dio ci salva in Cristo Gesù. Tutti insieme cantiamo: in excelsis gloria! 10 (da Musica e Assemblea n. 2, 1999) Il centenario del "Motu proprio" di Pio X CHIROGRAFO DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PAOLO II PER IL CENTENARIO DEL MOTU PROPRIO "TRA LE SOLLECITUDINI” SULLA MUSICA SACRA 2. Questa impostazione è stata ripresa dal Concilio Ecumenico Vaticano II nel capitolo VI della Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla sacra Liturgia, dove si richiama con chiarezza la funzione ecclesiale della musica sacra: “La tradizione musicale di tutta la Chiesa costituisce un patrimonio di inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell’arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria e integrale della liturgia solenne”. II Concilio ricorda, inoltre, che “il canto sacro è stato lodato sia dalla Sacra Scrittura, sia dai Padri, sia dai Romani Pontefici che recentemente, a cominciare da san Pio X, hanno sottolineato con insistenza il compito ministeriale della musica sacra nel servizio divino”. Continuando, infatti, l’antica tradizione biblica, a cui lo stesso Signore e gli Apostoli si sono attenuti (cfr Mt 26,30; Ef 5,19; Col 3,16), la Chiesa lungo r i f l e s i o n i 1. Mosso dal vivo desiderio “di mantenere e di promuovere il decoro della Casa di Dio”, il mio Predecessore san Pio X emanava, cento anni fa, il Motu proprio “Tra le sollecitudini”, che aveva come oggetto il rinnovamento della musica sacra nelle funzioni del culto. Con esso egli intendeva offrire alla Chiesa concrete indicazioni in quel vitale settore della Liturgia, presentandole “quasi a codice giuridico della musica sacra”. Anche tale intervento rientrava nel programma del suo pontificato, che egli aveva sintetizzato nel motto “Instaurare omnia in Cristo”. La ricorrenza centenaria del documento mi offre l’occasione di richiamare l’importante funzione della musica sacra, che san Pio X presenta sia come mezzo di elevazione dello spirito a Dio, sia come prezioso aiuto per i fedeli nella “partecipazione attiva ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa". La speciale attenzione che è doveroso riservare alla musica sacra, ricorda il santo Pontefice, deriva dal fatto che essa, “come parte integrante della solenne Liturgia, ne partecipa il fine generale, che è la gloria di Dio e la santificazione ed edificazione dei fedeli”. Interpretando ed esprimendo il senso profondo del sacro testo a cui è intimamente legata, essa è capace di “aggiungere maggiore efficacia al testo medesimo, affinché i fedeli [...] meglio si dispongano ad accogliere in sé i frutti della grazia, che sono propri della celebrazione dei sacrosanti misteri”. 11 r i f l e s s i o n i tutta la sua storia ha favorito il canto nelle celebrazioni liturgiche, fornendo secondo la creatività di ogni cultura stupendi esempi di commento melodico dei testi sacri nei riti tanto dell’Occidente quanto dell’Oriente. Costante, poi, è stata l’attenzione dei miei Predecessori a questo delicato settore, per il quale hanno richiamato i principi fondamentali che devono animare la produzione di musica sacra, specie se destinata alla Liturgia. Oltre al Papa san Pio X, sono da ricordare, tra gli altri, i Papi Benedetto XIV con l’Enciclica Annus qui (19 febbraio 1749), Pio XII con le Encicliche Mediator Dei (20 novembre 1947) e Musicae sacrae disciplina (25 dicembre 1955), ed infine Paolo VI con i luminosi pronunciamenti che ha disseminato in molteplici interventi. I Padri del Concilio Vaticano II non hanno mancato di ribadire tali principi, in vista di una loro applicazione alle mutate condizioni dei tempi. Lo hanno fatto in uno specifico capitolo, il sesto, della Costituzione Sacrosanctum Concilium. Papa Paolo VI provvide poi alla traduzione in norme concrete di quei principi, soprattutto per mezzo dell’Istruzione Musicam sacram, emanata, con la sua approvazione, il 5 marzo 1967 dall’allora Sacra Congregazione dei Riti. A quei principi di ispirazione conciliare occorre costantemente rifarsi per promuovere, in conformità alle esigenze della riforma liturgica, uno sviluppo che sia, anche in questo campo, all’altezza della tradizione liturgico-musicale della Chiesa. Il testo della Costituzione Sacrosanctum Concilium in cui si afferma che la Chiesa “approva ed ammette nel culto divino tutte le forme della vera arte, dotate delle dovute qualità”, trova gli adeguati criteri di applicazione nei nn. 50-53 dell’Istruzione Musicam sacram ora menzionata. 3. In varie occasioni anch’io ho richiamato la preziosa funzione e la grande importanza della musica e del canto per una partecipazione più attiva e intensa alle celebrazioni liturgiche, ed ho sottolineato la necessità di “purificare il culto da sbavature di stile, da forme trasandate di espressione, da musiche e testi sciatti e poco consoni alla grandezza dell’atto che si celebra”, per assicurare dignità e bontà di forme alla musica liturgica. In tale prospettiva, alla luce del magistero di san Pio X e degli altri miei Predecessori e tenendo conto in particolare dei pronunciamenti del Concilio Vaticano II, desidero riproporre alcuni principi fondamentali per questo importante settore della vita della Chiesa, nell’intento di far sì che la musica liturgica risponda sempre più alla sua specifica funzione. 12 r i f l e s i o n i 4. Sulla scia degli insegnamenti di san Pio X e del Concilio Vaticano II, occorre innanzitutto sottolineare che la musica destinata ai sacri riti deve avere come punto di riferimento la santità: essa di fatto, “sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all’azione liturgica”. Proprio per questo, “non indistintamente tutto ciò che sta fuori dal tempio (profanum) è atto a superarne la soglia”, affermava saggiamente il mio venerato Predecessore Paolo VI, commentando un decreto del Concilio di Trento e precisava che “se non possiede ad un tempo il senso della preghiera, della dignità e della bellezza, la musica - strumentale e vocale - si preclude da sé l’ingresso nella sfera del sacro e del religioso”. D’altra parte la stessa categoria di “musica sacra” oggi ha subito un allargamento di significato tale da includere repertori i quali non possono entrare nella celebrazione senza violare lo spirito e le norme della Liturgia stessa. La riforma operata da san Pio X mirava specificamente a purificare la musica di chiesa dalla contaminazione della musica profana teatrale, che in molti Paesi aveva inquinato il repertorio e la prassi musicale liturgica. Anche ai tempi nostri è da considerare attentamente, come ho messo in evidenza nell’Enciclica Ecclesia de Eucharistia, che non tutte le espressioni delle arti figurative e della musica sono capaci “di esprimere adeguatamente il Mistero colto nella pienezza di fede della Chiesa”. Di conseguenza, non tutte le forme musicali possono essere ritenute adatte per le celebrazioni liturgiche. 5. Un altro principio enunciato da san Pio X nel Motu proprio Tra le sollecitudini, principio peraltro intimamente connesso con il precedente, è quello della bontà delle forme. Non vi può essere musica destinata alla celebrazione dei sacri riti che non sia prima “vera arte”, capace di avere quell’efficacia “che la Chiesa intende ottenere accogliendo nella sua liturgia l’arte dei suoni”. E tuttavia tale qualità da sola non basta. La musica liturgica deve infatti rispondere a suoi specifici requisiti: la piena aderenza ai testi che presenta, la consonanza con il tempo e il momento liturgico a cui è destinata, l’adeguata corrispondenza ai gesti che il rito propone. I vari momenti liturgici esigono, infatti, una propria espressione musicale, atta di volta in volta a far emergere la natura propria di un determinato rito, ora proclamando le meraviglie di Dio, ora manifestando sentimenti di lode, di supplica o anche di mestizia per l’esperienza dell’umano dolore, un’esperienza tuttavia che la fede apre alla prospettiva della speranza 13 cristiana. r i f l e s s i o n i 6. Canto e musica richiesti dalla riforma liturgica - è bene sottolinearlo - devono rispondere anche a legittime esigenze di adattamento e di inculturazione. È chiaro, tuttavia, che ogni innovazione in questa delicata materia deve rispettare peculiari criteri, quali la ricerca di espressioni musicali che rispondano al necessario coinvolgimento dell’intera assemblea nella celebrazione e che evitino, allo stesso tempo, qualsiasi cedimento alla leggerezza e alla superficialità. Sono altresì da evitare, in linea di massima, quelle forme di “inculturazione” di segno elitario, che introducono nella Liturgia composizioni antiche o contemporanee che sono forse di valore artistico, ma che indulgono ad un linguaggio ai più incomprensibile. In questo senso san Pio X indicava - usando il termine universalità - un ulteriore requisito della musica destinata al culto: “…pur concedendosi ad ogni nazione - egli annotava - di ammettere nelle composizioni chiesastiche quelle forme particolari che costituiscono in certo modo il carattere specifico della musica loro propria, queste però devono essere in tal maniera subordinate ai caratteri generali della musica sacra, che nessuno di altra nazione nell’udirle debba provarne impressione non buona”. In altri termini, il sacro ambito della celebrazione liturgica non deve mai diventare laboratorio di sperimentazioni o di pratiche compositive ed esecutive introdotte senza un’attenta verifica. 7. Tra le espressioni musicali che maggiormente rispondono alle qualità richieste dalla nozione di musica sacra, specie di quella liturgica, un posto particolare occupa il canto gregoriano. Il Concilio Vaticano II lo riconosce come “canto proprio della liturgia romana” a cui occorre riservare a parità di condizioni il primo posto nelle azioni liturgiche in canto celebrate in lingua latina. San Pio X rilevava come la Chiesa lo ha “ereditato dagli antichi padri”, lo ha ”custodito gelosamente lungo i secoli nei suoi codici liturgici” e tuttora lo propone ai fedeli” come suo, considerandolo “come il supremo modello della musica sacra”. Il canto gregoriano pertanto continua ad essere anche oggi elemento di unità nella liturgia romana. Come già san Pio X, anche il Concilio Vaticano II riconosce che “gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non vanno esclusi affatto dalla celebrazione dei divini uffici”. Occorre, pertanto, vagliare con attenta cura i nuovi linguaggi musicali, per esperire la possibilità di esprimere anche con essi le inesauribili ricchezze del Mistero riproposto nella Liturgia e favorire così la partecipazione attiva dei fedeli 14 alle celebrazioni. r i f l e s s i o n i 8. L’importanza di conservare e di incrementare il secolare patrimonio della Chiesa induce a prendere in particolare considerazione una specifica esortazione della Costituzione Sacrosanctum Concilium: “Si promuovano con impegno le scholae cantorum specialmente presso le chiese cattedrali”. A sua volta l’Istruzione Musicam sacram precisa il compito ministeriale della schola: “E’ degno di particolare attenzione, per il servizio liturgico che svolge, il coro o cappella musicale o schola cantorum. In seguito alle norme conciliari riguardanti la riforma liturgica, il suo compito è divenuto di ancor maggiore rilievo e importanza: deve, infatti, attendere all’esecuzione esatta delle parti sue proprie, secondo i vari generi di canti, e favorire la partecipazione attiva dei fedeli nel canto. Pertanto [...] si abbia e si promuova con cura specialmente nelle cattedrali e altre chiese maggiori, nei seminari e negli studentati religiosi, un coro o una cappella musicale o una schola cantorum”. Il compito della schola non è venuto meno: essa infatti svolge nell’assemblea il ruolo di guida e di sostegno e, in certi momenti della Liturgia, ha un proprio ruolo specifico. Dal buon coordinamento di tutti - il sacerdote celebrante e il diacono, gli accoliti, i ministranti, i lettori, il salmista, la schola cantorum, i musicisti, il cantore, l’assemblea - scaturisce quel giusto clima spirituale che rende il momento liturgico veramente intenso, partecipato e fruttuoso. L’aspetto musicale delle celebrazioni liturgiche, quindi, non può essere lasciato né all’improvvisazione, né all’arbitrio dei singoli, ma deve essere affidato ad una bene concertata direzione nel rispetto delle norme e delle competenze, quale significativo frutto di un’adeguata formazione liturgica. 9. Anche in questo campo, pertanto, si evidenzia l’urgenza di promuovere una solida formazione sia dei pastori che dei fedeli laici. San Pio X insisteva particolarmente sulla formazione musicale dei chierici. Un richiamo in tal senso è stato ribadito anche dal Concilio Vaticano II: “Si curino la formazione e la pratica musicale nei seminari, nei noviziati dei religiosi e delle religiose e negli studentati, come pure negli altri istituti e scuole cattoliche”. L’indicazione attende di essere pienamente realizzata. Ritengo pertanto opportuno richiamarla, affinché i futuri pastori possano acquisire una adeguata sensibilità anche in questo campo. In tale opera formativa un ruolo speciale viene svolto dalle scuole di musica sacra, che san Pio X esortava a sostenere e a promuovere, e che il Concilio Vaticano II raccomanda di costituire ove possibile. Frutto concreto 15 r i f l e s s i o n i della riforma di san Pio X fu l’erezione in Roma, nel 1911, otto anni dopo il Motu proprio, della “Pontificia Scuola Superiore di Musica Sacra”, divenuta in seguito “Pontificio Istituto di Musica Sacra”. Accanto a questa istituzione accademica ormai quasi centenaria, che ha reso e rende un qualificato servizio alla Chiesa, vi sono tante altre Scuole istituite nelle Chiese particolari, che meritano di essere sostenute e potenziate per una sempre migliore conoscenza ed esecuzione di buona musica liturgica. 10. Avendo la Chiesa sempre riconosciuto e favorito il progresso delle arti, non deve stupire che, oltre al canto gregoriano e alla polifonia, essa ammetta nelle celebrazioni anche la musica più moderna, purché rispettosa sia dello spirito liturgico che dei veri valori dell’arte. È perciò consentito alle Chiese nelle varie Nazioni di valorizzare, nelle composizioni finalizzate al culto, “quelle forme particolari che costituiscono in certo modo il carattere specifico della musica loro propria”. Nella linea del mio santo Predecessore e di quanto stabilito più di recente dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium, anch’io, nell’Enciclica Ecclesia de Eucharistia, ho inteso fare spazio ai nuovi apporti musicali menzionando, accanto alle ispirate melodie gregoriane, “i tanti e spesso grandi autori che si sono cimentati con i testi liturgici della Santa Messa”. 11. Il secolo scorso, con il rinnovamento operato dal Concilio Vaticano II, ha conosciuto uno speciale sviluppo del canto popolare religioso, del quale la Sacrosanctum Concilium dice: “Si promuova con impegno il canto popolare religioso, in modo che nei pii e sacri esercizi, come pure nelle stesse azioni liturgiche, [...] possano risuonare le voci dei fedeli”. Tale canto si presenta particolarmente adatto alla partecipazione dei fedeli non solo alle pratiche devozionali, “secondo le norme e le disposizioni delle rubriche”, ma anche alla stessa Liturgia. Il canto popolare, infatti, costituisce “un vincolo di unità e un’espressione gioiosa della comunità orante, promuove la proclamazione dell’unica fede e dona alle grandi assemblee liturgiche una incomparabile e raccolta solennità”. 12. A riguardo delle composizioni musicali liturgiche faccio mia la “legge generale”, che san Pio X formulava in questi termini: “Tanto una composizione per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nell’andamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto meno è degna del tempio, quanto più da quel supremo modello 16 si riconosce difforme”. Non si tratta evidentemente di copiare il canto 13. Da ultimo, vorrei ancora ricordare ciò che san Pio X disponeva sul piano operativo, al fine di favorire l’effettiva applicazione delle indicazioni date nel Motu proprio. Rivolgendosi ai Vescovi, egli prescriveva che istituissero nelle loro diocesi “una commissione speciale di persone veramente competenti in cose di musica sacra”. Là dove la disposizione pontificia fu messa in pratica i frutti non sono mancati. Attualmente sono numerose le Commissioni nazionali, diocesane ed interdiocesane che offrono il loro prezioso apporto nella preparazione dei repertori locali, cercando di operare un discernimento che tenga conto della qualità dei testi e delle musiche. Auspico che i Vescovi continuino ad assecondare l’impegno di queste Commissioni, favorendone l’efficacia nell’ambito pastorale. Alla luce dell’esperienza maturata in questi anni, per meglio assicurare l’adempimento dell’importante compito di regolamentare e promuovere la sacra Liturgia, chiedo alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti di intensificare l’attenzione, secondo le sue finalità r i f l e s s i o n i gregoriano, ma piuttosto di far sì che le nuove composizioni siano pervase dallo stesso spirito che suscitò e via via modellò quel canto. Solo un artista profondamente compreso del sensus Ecclesiae può tentare di percepire e tradurre in melodia la verità del Mistero che si celebra nella Liturgia. In questa prospettiva, nella Lettera agli Artisti scrivevo: “Quante composizioni sacre sono state elaborate nel corso dei secoli da persone profondamente imbevute del senso del mistero! Innumerevoli credenti hanno alimentato la loro fede alle melodie sbocciate dal cuore di altri credenti e divenute parte della Liturgia o almeno aiuto validissimo al suo decoroso svolgimento. Nel canto la fede si sperimenta come esuberanza di gioia, di amore, di fiduciosa attesa dell’intervento salvifico di Dio”. È dunque necessaria una rinnovata e più approfondita considerazione dei principi che devono essere alla base della formazione e della diffusione di un repertorio di qualità. Solo così si potrà consentire all’espressione musicale di servire in maniera appropriata al suo fine ultimo che “è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli”. So bene che anche oggi non mancano compositori capaci di offrire, in questo spirito, il loro indispensabile apporto e la loro competente collaborazione per incrementare il patrimonio della musica a servizio di una Liturgia sempre più intensamente vissuta. Ad essi va l’espressione della mia fiducia, unita all’esortazione più cordiale perché pongano ogni impegno nell’accrescere il repertorio di composizioni che siano degne dell’altezza dei misteri celebrati e, al tempo stesso, adatte alla sensibilità odierna. 17 r i f l e s s i o n i istituzionali, al settore della musica sacra liturgica, avvalendosi delle competenze delle diverse Commissioni ed Istituzioni specializzate in questo campo, come anche dell’apporto del Pontificio Istituto di Musica Sacra. È importante, infatti, che le composizioni musicali utilizzate nelle celebrazioni liturgiche rispondano ai criteri opportunamente enunciati da san Pio X e sapientemente sviluppati sia dal Concilio Vaticano II che dal successivo Magistero della Chiesa. In tale prospettiva, confido che anche le Conferenze episcopali compiano accuratamente l’esame dei testi destinati al canto liturgico, e prestino speciale attenzione nel valutare e promuovere melodie che siano veramente adatte all’uso sacro. 18 14. Sempre sul piano pratico, il Motu proprio di cui ricorre il centesimo anniversario affronta anche la questione degli strumenti musicali da utilizzare nella Liturgia latina. Tra essi riconosce senza esitazione la prevalenza dell’organo a canne, circa il cui uso stabilisce opportune norme. Il Concilio Vaticano II ha recepito pienamente l’orientamento del mio santo Predecessore stabilendo: “Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere mirabile splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti”. Si deve tuttavia prendere atto del fatto che le composizioni attuali utilizzano spesso moduli musicali diversificati che non mancano d’una loro dignità. Nella misura in cui sono di aiuto alla preghiera della Chiesa, possono rivelarsi un arricchimento prezioso. Occorre tuttavia vigilare perché gli strumenti siano adatti all’uso sacro, convengano alla dignità del tempio, siano in grado di sostenere il canto dei fedeli e ne favoriscano l’edificazione. 15. Auspico che la commemorazione centenaria del Motu proprio Tra le sollecitudini, per intercessione del suo santo Autore, unitamente a quella di santa Cecilia, patrona della musica sacra, sia di incoraggiamento e stimolo per quanti si occupano di questo importante aspetto delle celebrazioni liturgiche. I cultori della musica sacra, dedicandosi con rinnovato slancio ad un settore di così vitale rilievo, contribuiranno alla maturazione della vita spirituale del Popolo di Dio. I fedeli, per parte loro, esprimendo in modo armonico e solenne la propria fede col canto, ne sperimenteranno sempre più a fondo la ricchezza e si conformeranno nell’impegno di tradurne gli impulsi nei comportamenti della vita quotidiana. Si potrà così raggiungere, grazie al concorde impegno di pastori d’anime, musicisti e fedeli, quello che la Costituzione Sacrosanctum Concilium qualifica come vero “fine della musica sacra”, cioè “la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli”. [...] Roma, 22 novembre 2003 GIOVANNI PAOLO II 20 r e p e r t o r i o Questione di nomi? (seconda parte) La “nuova pratica” Per i membri delle Cappelle musicali, che non canteranno soltanto “a cappella” ma prevalentemente accompagnati dalle più smaglianti sonorità, si comincio’ a scrivere statuti e a stipulare contratti. Si istituirono fonti di reddito, si richiesero garanzie di assunzione, si indissero severe prove di concorso. I musici di cappella dovevano essere chierici o assomigliare ai chierici, almeno per l’abito di cerimonia. Fu pertanto tassativa l’esclusione di donne (tanto le poterono supplire i castrati). d o s s i e r La si intende qui, in senso liturgico, - non musicologico - e ci si limita ad osservare la situazione dei paesi cattolici. L’alleanza nuziale tra Barocco e Controriforma fu uno dei fattori determinanti per un generale travaso dell’istituto corale in vigore (la Cappella) dalla sfera “privata” a quella. “pubblica”: un “ritorno” dalle cappelle alle cattedrali (o ad altre chiese importanti). Il nome restò il medesimo, ormai in uso; come, del resto, non mutarono i compiti ed i ruoli. Al massimo emerse una motivazione insita, la quale, stavolta, interessava tutti i partecipanti ai riti. Si faceva musica per rapire tutti i cuori. La loro commozione misteriosa andava a braccetto con la certezza di glorificare Dio, mentre si manifesta vano pure - per non dire “si ostentavano” - il fasto della Chiesa. La musica era sostanza oratoria; o addirittura “struttura portante”, considerata di pari dignità - se non maggiore - delle altre componenti della celebrazione. Nessun limite cronologico verrà prefissato per il contenimento di una vera e propria “ritualità musicale”, affiancata a quella liturgica. Nelle chiese i membri delle Cappelle musicali ebbero luoghi propri: balconate e tribune, comode per la buona resa esecutiva e/o per una drammatica ostentazione, non solo vocale. Non vi fu preclusione per nessuna delle risorse espressive, timbriche, dinamiche, ritmiche... In certe circostanze venivano convocati ed assoldati dei 21 solisti di “grido” o dei coristi di “ripiego”, non mancava, allora, anche la presenza di “strumentisti da cappella”. Si mirava prodigamente ad un incremento di solennità, esaltata con più corposa vocalità ed un gioco di forme concertanti. d o s s i e r Nessuna remora nei confronti delle evoluzioni stilistiche, ma solo una ritornellante denuncia di biasimevoli intermperanze. Le cappelle rispecchiarono piuttosto pacificamente (sebbene si levavano alcune voci di dissenso) la concezione sociologica della musica, nell’evolversi dei tempi e dei gusti. Il declino delle Cappelle e il diffondersi dei gruppi corali Non si può parlare di “declino” se ci si riferisce ai “modelli” o ai tipi di “pratiche” descritte, come oramai recepite e stabilizzate. Quello che si verifica, dalla fine del sec. XVIII è soprattutto un venir meno (anche in seguito a confische di beni ecclesiastici) di fondi economici per garantire l’istituto. Molte delle chiese che godevano di questo servizio, gravoso ma anche comodo, dovettero per necessità rinunciarvi. Nel sec. XIX tale processo diminutivo o riduttivo continuerà. E però si affacciava una sorte di alternativa: era la nascita dei gruppi corali liberi, sorretti da volontariato ed organizzati o in forma accademica o come aggregazioni di dilettanti musicali. La pastorale-liturgica potrà avvantaggiarsi di questo fenomeno, anche culturale, per il servizio cultuale, sia avvalendosi di prestazioni dei gruppi civici già costituiti, sia organizzando localmente dei “cori amatoriali” con personale legato al territorio ecclesiastico. Da ciò poteva derivare un vantaggio; il sottofondo culturale “romantico” che in genere ispirava ed animava questi gruppi, contribuiva alla riproposta di un “sacro musicale”, coraggioso nel rifarsi alla polifonia ed al canto gregoriano, sia in opposizione sia al diffuso gusto teatrale sia in alternativa al gigantismo di forme sinfonico-corali 22 sommergenti i riti. Nei confronti di quanto avveniva nelle Cappelle barocche e Settecentesche i nuovi cori modificarono un poco lo stile musicale, ma assai meno lo spirito che guidava le esecuzioni. Un senso di “distacco” dal resto del popolo che era in chiesa e la pretesa (anche se inconfessata) di una superiorità di gruppo, invece che la prospettiva di servizio, restarono dei condizionamenti; né era pensabile che potessero scomparire dalla mentalità dei neo-coristi. d o s s i e r Lo svantaggio, di notevole peso, era l’aleatorietà del ripiego; il volontariato, per quanto generoso, non riesce ad uscire da uno statuto precario, per mille condizionamenti che possono intervenire. Particolarmente quando esso impegna a presenze attive molto responsabili e non sempre gratificanti. Lo si constata anche oggi , con diffusa preoccupazione. Cosi eccezion fatta di quelle poche situazioni locali in cui gli Enti ecclesiastici hanno potuto mantenere e rinnovare le loro Cappelle, i “cori” o “gruppi corali”, favoriti altresì dallo zelo del Cecilianesimo ante e posto il Motu proprio di Pio X, subentrarono nei servizi religiosi. Le loro prestazioni assumevano modalità e forme più o meno continue; comunque il servizio restava sempre necessariamente limitato. Nel contempo - dopo i primi tentativi “illuministici” - con il “movimnto ceciliano” e poi per gli impulsi del “movimento liturgico” ottenne graduale stima ed incremento la prospettiva del canto popolare/assembleare. Ma poiché era generalmente eseguito in lingua parlata, esso, fino al concilio Vaticano II, non poteva essere riconosciuto come “liturgico”. La scelta dei documenti conciliari del Vaticano II A questo punto l’intervento non si occupa di documentare e di commentare il corpus normativo che la recente riforma liturgica ha fissato in materia di cori e cantori Soltanto, nella prospettiva adottata 23 di una breve rivisitazione storica, ha il dovere di metter in luce la precisa scelta semantica operata in seguito alle istanze conciliari. d o s s i e r La costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium - assai sobriamente - e la Istruzione Musicam sacram - molto diffusamente rimettono in onore il nome “Schola cantorum”. Nella Istruzione esso ricorre quasi venti volte. Se a prima vista, il paragrafo 19 di MS sembra omologare il significato dei molti termini qui passati in rassegna - recita infatti: È degno di particolare attenzione, per il servizio liturgico che svolge, il “coro” o “cappella musicale” o “schola cantorum” - in realtà la sua intenzione è altra. Il documento di uso comune ed invalso, e però, di fatto, in tutto il suo dettato, oltre a privilegiare coerentemente il termine Schola mira ad attribuirne le funzioni e i compiti che furono propri a tale istituzione antica a tutte le realtà corali che oggi operano nelle chiese: siano essere le cappelle sopravvissute, siano “cori” siano gruppi minori di cantori e, persino un singolo cantore, quando in un luogo non si potesse disporre di più. Risulta chiaro che se da un lato non è questione di nomi, dall’altro lato anche ad essi è riconosciuto un peso culturale, che fa mentalità. Volere o no, in ogni campo ciascun nome connota una qualche situazione che si intende promuovere o superare. Ciò significa che, pur senza rinnegare alcuni valori della pratica di modelli celebrativi emersi persino in età di decadenza liturgica, oggi il ricentramento liturgico del canto deve essere preciso e deciso. Ogni forma di canto/musica, tanto a livello compositivo che esecutivo, deve rinunciare a qualsiasi tipo di affermazione autonoma. Nella logica della riforma liturgica la riaffermazione del primato del Chorus Dei, nella prospettiva dei Padri della Chiesa, è nettissima. Forme di plenario canto assembleare (e la Schola stessa è una porzione della Assemblea), prima e più che un dovere etico da inculcare, sono un diritto da esercitare da parte del Popolo di Dio, 24 tutto sacerdotale. Per questo la Schola interviene come stimolatrice e sostenitrice. Il suo servizio non può prescindere da una prospettiva teologico-sacramentale e teologale. Ogni attuale esecuzione liturgica di un gruppo corale deve pertanto assumere lo spirito della Schola: chiamata a servire un archetipo di ritualità che oggi e come oggi viene riproposto dalla Chiesa (attori, forme e ritmi). Inoltre è importante che sia presente un sano concetto di “cultura”, intesa come esperienza vivente e creatrice; capace si di testualizzare il passato, ma non a modo di esibizione. d o s s i e r E tuttavia, come avveniva in tempi antichi - e fu una delle ragioni per cui la Schola nacque - non si dovrà pretendere che tutti cantino tutto e sempre, quasi a spegnere la possibilità di ascolto interiore e di contemplazione, e impiantando un attivismo ovviamente esposto ad assumere qualità mediocri. Nel confronto del riuso di repertori passati - anche semplicemente proposti all’ascolto - si impongono discernimento e vigilanza. Molti di tali repertori sono rispecchiamento di un’enfasi del musicale che si affermò secondo modelli e pratiche oggi non più accettabili. Vi sono pertanto delle negoziazioni da operare e delle nette rinunce da fare, lasciando magari protestare qualche esteta incallito. La correttezza dell’opus liturgicum ha il potere e il dovere di prevalere su un puro opus musicorum. Felice Rainoldi (articolo tratto da "Choraliter", n. 7, gennaio-aprile 2002) 25 canti per la celebrazione eucaristica Proposte per un programma 26 a. canto d’inizio b. salmo responsoriale c. acclamazione al Vangelo d. canto d’offertorio e. canto di comunione f. canto finale 18 gennaio 2004 II domenica ordinaria “C” NELLA NUOVA FEDE NASCE LA NUOVA COMUNITA’ a. b. c. d. e. f. Un solo Signore ..................................................... LD 827 “Hai fatto nuove, Signore, tutte le cose” ............... LD 186,5 Alleluia................................................................... LD 205 È frutto della terra .................................................. LD 219 La mensa del Signore............................................. LD 259 Tutta la terra canti a Dio ........................................ LD 823 25 gennaio 2004 UNA COMUNITÀ DI ASCOLTO a. b. c. d. e. f. Tutta la terra canti a Dio ........................................ LD 823 “Le tue parole, Signore sono spirito e vita”........... LD 179,6 Alleluia................................................................... LD 205 Irrompe la luce del giorno...................................... LD 282 Lo Spirito del Signore............................................ LD 789 Da ogni luogo o Dio............................................... LD 772 1 febbraio 2004 UNA COMUNITÀ DI PROFETI a. b. c. d. e. f. III domenica ordinaria “C” IV domenica ordinaria “C” Lodate Dio ............................................................. LD 782 “la mia bocca annunzierà la tua giustizia”............. LD 178,14 Alleluia................................................................... LD 205 Canto il tuo amore.................................................. LD 740 Dove regna la carità ............................................... LD 775 Chiesa di Dio ......................................................... LD 759 8 febbraio 2004 UNA COMUNITÀ DI INVIATI Noi canteremo gloria a Te...................................... LD 780,2 “Cantiamo al Signore davanti ai suoi angeli”........ LD 185,3 Alleluia................................................................... LD 205 Annunziate tra i popoli .......................................... LD 680 Grazie ti voglio rendere ......................................... LD 267 Andate in tutto il mondo ........................................ LD 755 15 febbraio 2004 VI domenica ordinaria “C” UN ANNUNCIO CHE TRASFORMA IL MONDO a. b. c. d. e. f. Da ogni luogo, o Dio.............................................. LD 782 “Beato chi pone la speranza” ................................. LD 181,2 Alleluia................................................................... LD 205 Venite a me voi tutti ............................................... LD 828 Nel tuo regno + Beatitudini ................................... LD 756 Andate in tutto il mondo ........................................ LD 755 22 febbraio 2004 VII domenica ordinaria “C” UNA COMUNITÀ RIVOLUZIONATA DALL'AMORE a. b. c. d. e. f. Chiesa di fratelli..................................................... LD 760 “Il Signore è buono” .............................................. LD 189,6 Alleluia................................................................... LD 205 Nel nome di Cristo uniti......................................... LD 221 Quant'è soave ......................................................... LD 806 Il cielo narra ........................................................... LD 782 canti per la celebrazione eucaristica a. b. c. d. e. f. V domenica ordinaria “C” 27 FRANCESCO CASTEGNARO Fabbrica d’Organi da Chiesa Via Brunelleschi, 59 TREZZANO sul NAVIGLIO (MI) Tel e Fax: (+39) 02/44.55.693 - ab. 02/45.85.240 Artigiano specializzato nella costruzione di tutte le parti dell’organo a canne, a trasmissione meccanica ed elettrica, e nel restauro di organi a trasmissione pneumatica-tubolare. Restauro, modifiche, pulitura, manutenzione ed accordatura di strumenti già esistenti. Attrezzato laboratorio per il restauro di Harmonium. Sopralluoghi, consulenze, preventivi a richiesta e senza impegno.