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TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Vietata la riproduzione anche parziale
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Avviso agli esaminati
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Invia alla redazione Esselibri CountDown (Via F. Russo, n. 33/D - Napoli)
oppure via e-mail all’indirizzo [email protected] le domande più originali o complesse del tuo esame, anche corredate della tua risposta.
I migliori suggerimenti saranno pubblicati.
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©
Ideazione, organizzazione e revisione a cura
del dott. Federico del Giudice (docente universitario)
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Hanno collaborato a questa edizione le dott.sse
Giovanna Cammilli e Chiara Schettino
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Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A.
(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)
op
Finito di stampare nel mese di febbraio 2009
dalla «Litografia di Enzo Celebrano» - Via Campana, n. 234 - Pozzuoli (NA)
per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 Napoli
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Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
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PREMESSA
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Hai letto il manuale?
Lo hai ripassato?
Hai appreso i concetti fondamentali?
Bene … adesso comincia la fase più difficile: quella di attrezzarti al meglio per rispondere alle domande d’esame.
Sappi che il docente, che ha una visione completa della disciplina, in sede
d’esame si aspetta che il candidato, più che esporre pedissequamente il
singolo istituto, ne individui la ratio, i principi di base, i collegamenti con
altri istituti, operazione non semplice da compiere da parte dell’esaminando, ma di grande effetto.
Ma c’è chi lo fa per te!
Chi utilizza Count Down ha l’opportunità di «meditare», scorrendo le domande sui concetti appresi nella dimensione statica del testo istituzionale e
di rielaborarli sotto l’aspetto dinamico del ragionamento, della riflessione
e del giudizio personale.
Count Down, in sostanza, costituisce un valore aggiunto al manuale, per
trasformare la conoscenza istituzionale in un apprendimento consapevole.
Ecco lo scopo del volume!
Count Down, dunque, non si limita a proporre le domande più «gettonate»,
ma aiuta a ragionare sui singoli concetti ed istituti offrendo soluzioni che
consentono una preparazione che, oltre sulla memoria, si fondi anche sul
ragionamento.
La struttura del volume è la seguente: ad una prima domanda generale,
corredata di un percorso guidato in cui sono indicati i riferimenti normativi
e i passaggi salienti per articolare la risposta, seguono domande di approfondimento e/o collegamento che consentono al candidato di ampliare il
discorso e, soprattutto, con la padronanza acquisita della materia e con un
po’ di machiavellica astuzia, indirizzare l’esame sugli argomenti sui quali
si sente sicuramente preparato.
In bocca al lupo con Count Down!
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Vol. E5 • La Costituzione esplicata
pp. 416 • € 14,00
La Collana “Codici Esplicati” inaugura un diverso e più moderno approccio con le
materie, consentendo, contestualmente allo studio manualistico, un immediato
confronto con le norme giuridiche per permettere al lettore di familiarizzare immediatamente con le fonti normative, distaccandosi gradualmente dai manuali, per
entrare subito nel lessico e nella sistematica di codici e leggi, strumenti primari di
lavoro. I “Codici Esplicati”, si giovano di una serie di accorgimenti metodologici
e tipografici quali: Brevi introduzioni a Titoli e Capi delle norme, indicandone per
grandi linee e in modo riepilogativo il contenuto; Definizioni (evidenziate in neretto) scelte all’interno dell’articolo per l’immediata comprensione delle parole chiave; un ricco corredo di note esplicative nelle quali si è tenuto conto della dottrina dominante e delle più recenti
decisioni della Cassazione e della Corte costituzionale; Riquadri (in grigio) nei quali si riporta il fondamento
ed il fine per il quale la norma è stata emessa nonché il confronto con altri articoli o istituti simili.
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Vol. 2/2 • Compendio di diritto costituzionale
pp. 400 • € 13,00
Questa nuova edizione del Compendio di Diritto Costituzionale tiene conto delle
numerose novità legislative introdotte dall’attuale esecutivo; pertanto, pur mantenendo la consueta veste grafica innovativa e funzionale, essa presenta una approfondita rivisitazione dei contenuti e delle tematiche trattati. Tra i provvedimenti
normativi di maggior rilievo si segnalano in particolare: la L. 23 luglio 2008, n.
124 (cd. lodo Alfano), che ha introdotto una nuova disciplina in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato; il D.L. 25
giugno 2008, n. 112, conv. in L. 6 agosto 2008, n.133 (cd. manovra d’estate); il
D.L. 16 maggio 2008, n. 85, conv. in L. 14 luglio 2008, n. 121, che ha provveduto
all’adeguamento delle strutture di Governo in applicazione della legge finanziaria 2008.
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Vol. IP2 • Ipercompendio di diritto pubblico e costituzionale
pp. 192 • € 12,00
La collana si compone di dodici titoli e rappresenta la naturale evoluzione
delle collane già affermate per la preparazione di esami e concorsi.
Gli elementi che ne potranno decretare il successo sono da evidenziare nella
sintesi, nell’esposizione e nella grafica.
In linea con le più avanzate metodiche didattiche nasce questa collana di “manuali sintetici” che si giovano di una nuova e più vivace impostazione: una più
accattivante grafica che, ricorrendo al secondo colore, consente di fissare le
parole cardine ed evidenziare i persorsi di lettura; una trattazione semplice e
completa per arrivare subito al “cuore” delle nozioni; una sistematica
espositiva che permette di cogliere la corretta conseguenzialità dei concetti;
una mirata scelta qualitativa e quantitativa degli argomenti fondanti potenzialmente oggetto di domanda d’esame. L’ipercompendio presenta, in appendice, un glossario dei principali argomenti, indispensabile per colmare rapidamente le lacune finali prima della prova d’esame.
Vol. 2/3 • Schemi & schede di diritto pubblico e costituzionale
pp. 208 • € 12,00
SCHEMI & SCHEDE presenta una serie di mappe di riferimento per preparare esami o concorsi. L’uso di tale supporto consente di orientarsi e «navigare» nella disciplina (ottimizzando le fasi di studio) e indirizzare al meglio le
proprie energie per raggiungere rapidamente risultati di eccellenza.
La rinnovata struttura di questa collana è corredata anche di nuove rubriche, quali: osservazioni, si puntualizzano concetti oggetto di dibattito in giurisprudenza e
in dottrina; differenze e paralleli, che stimolano al confronto fra diversi istituti;
«in sintesi», che offrono, alla fine di ciascun capitolo, un quadro riepilogativo
dell’argomento trattato.
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PARTE PRIMA (*)
NOZIONI DI TEORIA GENERALE
Sezione Prima: Ordinamento giuridico, forme di Stato e di
governo, storia costituzionale italiana
1. Che cosa si intende per ordinamento giuridico? ......
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1 bis. Quali sono le principali teorie sull’ordinamento giuridico?
2. Quali sono le caratteristiche delle norme giuridiche? ..
li
2 bis. Qual è la differenza tra le norme giuridiche e le norme
morali e religiose? 2 ter. Quali sono gli altri caratteri delle
norme giuridiche?
se
3. Quali sono gli elementi costitutivi della norma giuridica? ..............................................................................
Es
3 bis. Rispetto alle sanzioni come si possono classificare le
norme? 3 ter. Esistono norme prive di precetto, ma dotate
solo di sanzione? 3 quater. Tutte le norme sono cogenti, cioè
sono imperative e contengono un comando?
4. Cosa si intende oggi con il termine «Stato»? .............
©
4 bis. Quali sono le caratteristiche dello Stato odierno? 4 ter. La
«spersonalizzazione» del potere dei governanti è ancora un obiettivo perseguito al giorno d’oggi? 4 quater. Il termine «Stato»
nell’uso comune conserva sempre lo stesso significato?
ht
5. Quali sono gli elementi costitutivi dello Stato? .........
ig
5 bis. I concetti di popolazione e di Nazione. 5 ter. Differenza tra patria e nazione. 5 quater. Differenza tra etnia e
razza. 5 quinquies. Chi sono gli italiani non appartenenti
alla Repubblica? 5 sexies. Può esercitarsi la sovranità al di
fuori del territorio nazionale?
6. Concetto ed applicazioni della cittadinanza ..............
yr
6bis. Cosa è la cittadinanza europea?
C
op
(*) Ciascuna questione è organizzata sotto forma di «breve tesina» che va subito al «cuore»
del problema per far sì che il candidato si confronti con una risposta completa caratterizzata
da una scelta essenziale dei principali concetti per ottenere una valutazione d’eccellenza.
Per ulteriori approfondimenti o precisazioni concettuali, si consulti il Dizionario Giuridico
Simone (cod. 581/1) che offre le definizioni fondamentali del diritto o il Lexikon di diritto
pubblico e costituzionale (cod. LX2) che, in ordine alfabetico, espone più approfonditamente il lessico giuspubblicistico.
.
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8bis. Cosa sono i Patti lateranensi?
Pag.
26
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7. Quali sono gli effetti della globalizzazione sulla sovranità dello Stato? .....................................................
8. Cos’ è lo Stato laico? Può dirsi che oggi il nostro Paese
presenti tali caratteristiche? .......................................
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9. Quali sono le modalità attraverso le quali assumono
rilevanza nel nostro ordinamento le norme di origine confessionale? .........................................................
10. Quali sono i rapporti fra norme di provenienza bilaterale e norme costituzionali? .....................................
li
10 bis. Gli accordi di Villa Madama del 1984 hanno copertura costituzionale?
se
11. Che cosa si intende per «forme di Stato» e quali sono
le principali? ................................................................
11 bis. Cosa si intende per Stato sociale?
Es
12. Quali sono le differenze fra Stato federale, Stato regionale e Stato accentrato? .........................................
13. Descrivere le principali differenze fra governo parlamentare e governo presidenziale. ............................
13 bis. In cosa consiste la forma di governo semi-presidenziale?
©
14. Quali sono i caratteri fondamentali dello Stato democratico e sociale sorto dalle ceneri del fascismo? .
ht
14 bis. Concetti di Stato sociale e Stato socialista. 14 ter. Come
si caratterizza oggi la forma di governo in Italia?
ig
15. Descrivere sinteticamente le principali caratteristiche e differenze dello Statuto albertino rispetto alla
Costituzione repubblicana. .........................................
C
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yr
15 bis. Perché la Costituzione repubblicana è definita «rigida»? 15 ter. Esistono articoli della Costituzione che nemmeno una legge costituzionale può abrogare? 15 quater. Quali
tipologie di norme sono contenute nella nostra Costituzione?
15 quinquies. Le norme contenute nella Costituzione hanno
tutte identico valore? 15 sexies. Che differenza c’è tra Costituzione formale e Costituzione materiale?
.
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Pag.
44
S.
16. La tregua istituzionale e le vicende che portarono alla
nascita della Repubblica italiana e all’emanazione
della Costituzione. .......................................................
16 bis. Come ebbe luogo dopo la caduta del fascismo la scelta della forma repubblicana? 16 ter. Cosa si intese nel 1948
con l’espressione conventio ad excludendum?
17 bis. Cosa si intende per partito di massa?
br
i
17. Descrivere il ruolo dei partiti nel passaggio dallo Stato
liberale a quello democratico. .....................................
18. Lo Stato democratico e sociale oggi ...........................
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li
18 bis. Oggi si parla insistentemente di Terza Repubblica nella quale il sistema essenzialmente bipartitico farebbe lentamente traslare la forma di governo da «parlamentare» a «presidenziale». 18 ter. Cos’è il Governo ombra (shadow cabinet)?
Sezione Seconda: Le fonti del Diritto
Es
19. Cosa si intende per teoria generale delle fonti? ........
20. In che modo vengono risolti i conflitti fra norme poste da fonti collocate sullo stesso piano? ....................
20 bis. Cos’è il criterio della competenza?
ht
©
21. Le norme poste dai regolamenti parlamentari possono essere abrogate da una legge di rango costituzionale? .........................................................................
22. Cosa si intende per fonti rinforzate? .........................
22 bis. Le modifiche ai Patti lateranensi sono un esempio di
fonti rinforzate?
23. Esistono limiti alla revisione costituzionale? .............
ig
23 bis. Cosa si intende per limiti impliciti?
24. La decretazione del Governo: decreto legislativo e
decreto legge. ................................................................
C
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24 bis. Cos’è il decreto legislativo? 24 ter. Quali sono i presupposti della decretazione d’urgenza? 24 quater. È possibile legittimamente reiterare i decreti legge? 24 quinquies. Qual
è la differenza fra legge formale e legge sostanziale?
.
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63
S.
25. Quali sono i rapporti fra fronti comunitarie e fonti
interne? Le modalità di attuazione degli obblighi
comunitari. La legge comunitaria. .............................
25 bis. Qual è stato l’atteggiamento della Corte costituzionale
dinnanzi a tale problema? 25 ter. Oltre all’applicazione diretta
delle norme comunitarie esistono altre modalità per eseguire o
rendere operativi gli obblighi comunitari nel nostro Paese?
br
i
26. Che cosa si intende per «sussidiarietà» legislativa? .
27. Come opera il meccanismo della delegificazione? ....
27 bis. Cos’è la deregulation?
28 bis. Cosa sono le norme interposte?
li
28. Chiarire i rapporti fra norme internazionali pattizie e
legislazione statale e regionale. Le norme interposte .
se
29. Individuare i diversi tipi di regolamenti governativi,
il loro fondamento e i loro contenuti. .........................
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29 bis. Con il termine «regolamento» si definiscono anche
altri tipi di fonti?
Es
30. Qual è la posizione degli Statuti degli enti locali nel
sistema delle fonti? ......................................................
31. Statuti delle Regioni speciali e Statuti delle Regioni
ordinarie: differenze. ...................................................
©
31 bis. Qual è la veste formale dello Statuto? 31 ter. Perché
gli Statuti speciali hanno rango costituzionale?
ht
32. Che cosa sono i testi unici e che rango hanno nel sistema delle fonti? .........................................................
32 bis. Cosa sono i testi unici misti?
ig
33. Che differenza c’è fra principio di legalità e riserva
di legge? ........................................................................
33 bis. Quanti tipi di riserve di legge esistono?
yr
34. Cos’è l’interpretazione giuridica?..............................
35. Cosa si intende per interpretazione analogica? ........
C
op
35 bis. È possibile individuare altri metodi per coprire eventuali lacune del diritto?
.
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S.
Sezione Prima
Ordinamento giuridico,
forme di Stato e forme di governo,
storia costituzionale italiana
br
i
1. Che cosa si intende per ordinamento giuridico?
Le principali teorie.
li
Concetto iniziale: delineare i tratti distintivi dell’ordinamento giuridico quale
espressione tipica del fenomeno sociale organizzato.
se
Caratteristiche: precisare gli elementi tipici dei fenomeni sociali organizzati:
• pluralità di persone;
• ordine di norme;
• sovranità o potere di comando;
• effettività del potere.
Es
Altri elementi da evidenziare: il dibattito filosofico sulla natura del fenomeno
giuridico e la storica contrapposizione fra teoria normativista (Kelsen - Bobbio) e
teoria istituzionalista (Santi - Romano).
Articolazione della risposta
C
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©
I gruppi sociali organizzati sono composti da una pluralità di persone e
presentano un sistema di regole che ne disciplinano la vita di relazione
(normazione).
Tali regole devono essere prodotte da un potere sovrano e istituzionalizzato
che assicuri l’effettiva realizzazione degli scopi comuni (organizzazione) e
che abbia capacità di coazione (attraverso l’irrogazione di sanzioni in caso
di trasgressione); inoltre, tale potere deve giovarsi della reale adesione dei
componenti del gruppo ed essere da questi ultimi riconosciuto quale autorità sovraordinata, non derivata, finalizzata al perseguimento dell’interesse
generale (effettività).
Se esistono tutti questi presupposti le suddette regole sono dette «norme
giuridiche» e concorrono alla costituzione del relativo ordinamento. Più
precisamente, si definisce ordinamento giuridico (o diritto oggettivo) il
sistema di norme giuridiche che disciplina la vita di relazione di un gruppo
sociale stabile (altrimenti detto comunità).
.
10
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
S.
Si noti come fenomeno sociale e fenomeno giuridico siano reciprocamente
imprescindibili: come quest’ultimo si afferma solo laddove sorge una aggregazione umana, così lo sviluppo della società, per non cadere nell’anarchia,
deve svolgersi all’interno di regole che disciplinino i rapporti fra i soggetti
che la compongono (secondo l’antico brocardo ubi societas ibi ius).
i
1 bis. Quali sono le principali teorie sull’ordinamento giuridico?
yr
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Es
se
li
br
Il concetto di ordinamento giuridico è da anni al centro del dibattito fra
giuristi e filosofi del diritto.
Una prima corrente di pensiero contemporanea identifica il fenomeno giuridico con le norme di diritto positivo, e viene denominata teoria normativista. Secondo il massimo esponente di questa teoria, il compianto giurista
viennese Hans Kelsen, seguito in Italia da Norberto Bobbio, l’ordinamento giuridico costituisce un sistema di norme, ciascuna delle quali trova la
sua legittimazione in una norma di grado superiore, secondo uno schema
piramidale il cui vertice è rappresentato dalla Grundnorm, o norma fondamentale, che si colloca al di fuori dell’ordinamento giuridico (sia interno che internazionale) e organizza in unità la pluralità delle norme di cui
quest’ultimo si compone.
Si deve, invece, al giurista italiano Santi Romano l’idea, ispirata dalle
riflessioni del transalpino Maurice Hauriou, che il fenomeno giuridico non
possa ridursi esclusivamente ad un sistema di norme (cd. teoria istituzionalista). L’ordinamento giuridico si identifica, invece, con quella che Romano definisce «istituzione», ossia un corpo sociale organizzato sovrano,
effettivo e connotato da una relativa stabilità pur nel divenire dei suoi elementi personale (popolo) e reale (territorio).
È, in questo modo, ipotizzabile una pluralità di ordinamenti giuridici (internazionale, statale, regionale, della Chiesa, delle associazioni private
etc.), ciascuno dei quali legato agli altri da rapporti di riconoscimento, di
indifferenza o di ostilità (si pensi alle associazioni criminali che hanno
anch’esse il carattere e gli elementi delle «istituzioni», ma che si contrappongono allo Stato).
C
op
Istituti collegati: norma giuridica; soggetto giuridico; persona; suddito
(cittadino, straniero, apolide); popolo; territorio; Stato; sovranità (art. 1
Cost.).
.
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S.
2. Quali sono le caratteristiche delle norme giuridiche?
Differenza con le norme morali e religiose
11
p.
Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
Concetto iniziale: identificare le caratteristiche delle norme giuridiche.
i
Caratteristiche: precisare gli elementi caratteristici delle norme giuridiche:
• imperatività; coercibilità; coattività;
• generalità ed astrattezza;
• novità e intersubbiettività.
br
Differenze: diversità fra norme giuridiche e altre norme (sociali, morali, religiose).
li
Articolazione della risposta
©
Es
se
Le norme giuridiche sono precetti o divieti imposti dallo Stato o altro ente dotato del potere coercitivo (1) e accompagnati dalla minaccia
dell’irrogazione di una sanzione (pena, ammenda, multa, sanzione amministrativa) in caso di inosservanza. In ciò consiste la coercibilità,
imperatività o coattività, carattere esclusivo della norma giuridica che
connota l’ordinamento giuridico differenziandolo da altri ordinamenti
(religioso, sportivo etc. dove le sanzioni sono prevalentemente di tipo
ultraterreno o si limitano a comminare la sola espulsione dal gruppo
sociale).
Negli ordinamenti giuridici complessi come quelli contemporanei, tuttavia, non ogni singola norma può identificarsi in un comando o in un divieto o farsi accompagnare da una sanzione.
yr
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Esistono, infatti, norme che attribuiscono capacità, diritti e poteri (permissive), norme
che individuano fini da perseguire (programmatiche), norme che regolano la produzione di altre norme giuridiche (metanorme come, per esempio, la norma base o norma
fondamentale di cui al quesito n. 1) o addirittura norme premiali (es.: sconti di pene ai
cd. «pentiti»). In molte di queste norme il carattere precettivo sussiste, ma non è immediato, e la coercibilità va intesa come capacità effettiva dell’ordinamento giuridico nel
suo complesso di affermarsi per ottenerne il rispetto con l’uso della forza o di altri
meccanismi a ciò preordinati.
op
Le norme giuridiche sono, inoltre, astratte e generali in quanto si rivolgono ad un numero indeterminato di destinatari e sono suscettibili di regola-
C
(1) Tale enti possono essere nazionali (es.: Regioni), sovranazionali (es.: Unione europea), internazionali (es.: Nazioni Unite).
.
12
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Parte Prima - Sezione Prima
re un numero indefinito di casi (2). Ciò significa che tali norme disciplinano fattispecie astrattamente previste, e non già situazioni concrete.
i
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La generalità e astrattezza non sono, tuttavia, caratteri immutabili, ma possono essere presenti
nelle norme con una certa graduazione: le norme transitorie, ad esempio, regolando il passaggio
dalla vecchia alla nuova disciplina, si rivolgono a cerchie ristrette di situazioni e destinatari, mentre
le cd. leggi-provvedimento sono caratterizzate da contenuti privi della generalità e dell’astrattezza
(es.: leggi sulle espropriazioni, leggi sulle nazionalizzazioni, leggi che conferiscono determinati
benefici ad alcune categorie sociali: pensionati, disoccupati, piccoli imprenditori etc.).
li
br
Le norme, infine, introducono prescrizioni che antecedentemente alla loro
entrata in vigore non esistevano, oppure modificano o abrogano quelle
preesistenti e, anche quando si limitano a reiterare precetti già presenti
nell’ordinamento, sicuramente rinnovano almeno la fonte che li ha prodotti. La novità è, quindi, un altro carattere essenziale delle norme giuridiche.
se
2 bis. Qual è la differenza tra le norme giuridiche e le norme morali e religiose?
ht
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Rispetto alle norme morali e religiose, le norme giuridiche si distinguono
perché presentano il carattere della esteriorità, cioè incidono esclusivamente sui comportamenti esteriori dell’uomo, mentre le norme morali e religiose
agiscono prima sulla sua coscienza (foro interno) e poi sull’azione.
Solo le norme giuridiche, in quanto espressione della potestà d’imperio
dello Stato (vedi domanda n. 1) sono in grado di comminare sanzioni che
implicano, in caso di inosservanza del precetto, anche la coercizione fisica; tutte le altre organizzazioni sociali, invece, possono al massimo esprimere disapprovazione per i comportamenti dei propri componenti, fino ad
arrivare alla espulsione di questi ultimi o alla minaccia di sanzioni.
ig
2 ter. Quali sono gli altri caratteri delle norme giuridiche?
yr
Le norme giuridiche presentano ancora i caratteri della:
— positività: esse fanno, cioè, riferimento ad interessi effettivamente vigenti nella comunità; il carattere della positività risulta, quindi, stretta-
C
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(2) Si noti che, in generale, i caratteri dell’astrattezza e della generalità connotano tutte le norme di
carattere legislativo e i provvedimenti amministrativi generali; gli altri atti espressione della sovranità
statale, invece, si caratterizzano per la loro determinatezza (es.: sentenze, licenze, autorizzazioni, che si
indirizzano a soggetti concretamente identificati).
.
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Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
S.
mente connesso a quello della effettività, intesa come concreta efficacia
della norma;
— intersubbiettività: esse sono tali, cioè, da creare relazioni ordinate tra i
soggetti.
br
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Istituti collegati: precetto, sanzione, fonti del diritto (sezione seconda );
norme perfette-imperfette, programmatiche, permissive, suppletive; norme in bianco; norme corporative; abrogazione.
3. Quali sono gli elementi costitutivi della norma giuridica?
li
Concetto iniziale: identificare i concetti di precetto e di sanzione.
Articolazione della risposta
se
Altri elementi da evidenziare: il concetto di norma in bianco; l’eccezione all’art.
25 (riserva di legge in materia penale) sancita dall’art. 90 (imputabilità del Presidente della Repubblica per alto tradimento e attentato alla Costituzione).
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La norma giuridica, in quanto regola di comportamento obbligatoria per
tutti i consociati, è composta da due elementi:
— il precetto: cioè il comando in essa contenuto, con cui si impone al
suddito (cittadino, straniero presente sul territorio, persona giuridica
etc.) un certo comportamento che può essere positivo (es.: paga il debito) o negativo (non rubare);
— la sanzione: cioè la minaccia di una punizione (pena detentiva, sanzione pecuniaria etc.) come reazione da parte dell’ordinamento in caso di
inosservanza del precetto.
Si noti che nell’evoluzione degli ordinamenti giuridici le norme talvolta
non comminano una sanzione, ma prevedono la corresponsione di un premio a determinate condizioni (es.: sconti di pena ai «pentiti», riduzioni
fiscali e/o altre facilitazioni per i soggetti che operino determinate
assunzioni: donne, persone diversamente abili etc.). Pertanto oggi è venuto
meno il binomio tradizionale precetto-sanzione.
op
3 bis. Rispetto alle sanzioni come si possono classificare le norme?
C
In base alla sanzione, le norme si distinguono in norme perfette, ossia
munite di sanzione (come le norme penali) e norme imperfette, che ne
.
14
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Parte Prima - Sezione Prima
S.
sono, invece, prive (si pensi all’art. 315 c.c., che obbliga i figli a rispettare
i genitori, ma non pone alcuna sanzione a carico di essi in caso di inosservanza).
3 ter. Esistono norme prive di precetto, ma dotate solo di sanzione?
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Sì, esse sono dette norme in bianco: ne è esempio l’articolo 650 c.p., che
punisce genericamente l’inosservanza dei provvedimenti delle autorità. In
tali casi il precetto in realtà esiste ma è espresso in forma generica, rimandando per la sua determinazione ad altre fonti, eventualmente amministrative. La riserva di legge prevista dall’art. 25 Cost. (vedi domanda n. 33) in
questi casi non è violata, in quanto essa è solo tendenzialmente assoluta e
può essere integrata da fonti non legislative.
Caso eclatante di norma in bianco in materia costituzionale è quello relativo ai reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, previsti dall’art.
90 Cost. con riferimento al Presidente della Repubblica.
Tali reati si riferiscono a fattispecie indeterminate, che lasciano ampia
discrezionalità nell’accertamento della loro configurabilità, nella determinazione concreta, cioè, di cosa debba intendersi per alto tradimento e attentato alla Costituzione da parte del Presidente.
Ciò rappresenta una «rottura» (o quanto meno una deroga) della Costituzione, in quanto è contrario al citato principio della riserva di legge in
materia penale sancito dall’art. 25 Cost.
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3 quater. Tutte le norme sono cogenti, cioè sono imperative e contengono un comando?
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No, esistono norme «permissive» che non impongono ma consentono un
determinato comportamento. Esistono, poi, norme che impongono un comportamento ma che possono essere derogate dai destinatari (norme
derogabili).
Così, ad esempio, se le stesse regolano un rapporto ma le parti possono
disporre diversamente senza incorrere in sanzioni, si parla di norme
dispositive, che sono valide purché i comportamenti in deroga non siano
contrari all’ordine pubblico e al buon costume. Vi sono, inoltre, norme che
regolano un rapporto solo in mancanza di una espressa volontà delle parti,
e sono dette norme suppletive.
.
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15
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Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
4. Cosa si intende oggi con il termine «Stato»?
S.
Istituti collegati: rottura della Costituzione; Presidente della Repubblica; ordine pubblico; buon costume.
i
Concetto iniziale: lo Stato moderno e contemporaneo; le diverse accezioni del
termini «Stato».
br
Altri elementi da evidenziare: la «spersonalizzazione» del potere
Articolazione della risposta
yr
ig
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Es
se
li
Nella prima metà del XVII secolo, al progressivo declino della società feudale (organizzata in numerosi ed autonomi centri di potere) e della connessa economia curtense (basata prevalentemente sull’autoproduzione), fece
eco, sul piano della elaborazione dottrinale dello Stato, il definitivo
superamento della teoria dei due «soli» (il Papa e l’Imperatore del Sacro
Romano Impero), elaborata da Dante in epoca medievale e da allora invocata a fondamento di una struttura marcatamente accentrata e verticistica
della comunità internazionale. Al culmine di questo processo, nel 1648 il
trattato di Westphalia pose fine al lungo conflitto tra Impero e monarchie
nazionali, sancendo la definitiva affermazione di queste ultime e segnando
la nascita dello Stato modernamente inteso. Nacque, così, lo Stato moderno, conseguenza anche della espansione economica e sociale dei ceti borghesi strettamente legati alla riunificazione dei feudi sotto le corone dei
monarchi degli Stati assoluti, Stati in cui il sovrano gestiva tutti i poteri,
essendo «absolutus», ossia sciolto da qualsiasi vincolo nei confronti dei
sudditi e degli altri centri di potere (3).
Lo Stato moderno era caratterizzato, oltre che da una notevole concentrazione di potere nelle mani del sovrano, anche da una burocrazia stabile
(composta prevalentemente da «borghesi» fedeli alla corona), da un esercito
e una diplomazia permanenti, tutti alle strette dipendenze del monarca.
Originariamente il monarca era considerato l’unico, legittimo titolare della
sovranità per volontà divina o per appartenenza alla dinastia regnante; suc-
C
op
(3) Si ricordi che, al contrario, in Gran Bretagna, in conseguenza della contrapposizione alla Corona
della nobiltà, furono emanati una serie di atti considerati gli antenati degli Statuti e Costituzione europee, dalla Magna Charta Libertatum (1215) alla Petition of Rights (1628), al Bill of Rights (1689),
all’Act of Settlement (1701), che limitarono i poteri della corona nei confronti dei sudditi.
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cessivamente, a seguito di un processo di «spersonalizzazione» del potere, si affermò l’idea che la sovranità spettasse di diritto all’ente-Stato, inteso come soggetto distinto dai singoli individui preposti alla gestione del
potere politico. Dopo la Rivoluzione francese si ebbe un’ulteriore evoluzione del concetto di «potere», parallelamente a quello di «nazione»: il
potere sovrano appartenenva alla nazione, prima identificata nel ceto borghese, poi nell’intero corpo sociale (divenuto pertanto «popolo sovrano»).
br
4 bis. Quali sono le caratteristiche dello Stato odierno?
©
Es
se
li
Lo Stato, oggi, come detto (vedi domanda n. 1), costituisce una istituzione
politica (perché diretta a fini generali) originaria, sovrana e indipendente
(perché costituisce un’organizzazione che si autoafferma e non riconosce
alcuna autorità superiore), giuridica (perché trova il proprio fondamento nel
diritto e nel «monopolio legittimo dell’uso della forza» - WEBER), effettiva
(in quanto idonea ad imporre la propria volontà ai consociati), spersonalizzata
(perché prescinde dai soggetti che si succedono nell’esercizio del potere,
perdendo, così, il carattere «dinastico» tipico dello Stato assoluto).
Tra tali caratteri la «sovranità» è l’attributo che oggi sta gradatamente venendo meno, in quanto lo Stato progressivamente delega (vedi art. 11 Cost.)
un fascio sempre più ampio di competenze ed attribuzioni ad organizzazioni
regionali, internazionali e sovranazionali, anche se per queste utlime limitatamente a fini di pace e progresso civile, sociale ed economico.
ht
4 ter. La «spersonalizzazione» del potere dei governanti è ancora
un obiettivo perseguito al giorno d’oggi?
C
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ig
Dal concetto di «spersonalizzazione» (vedi ante) deriva che i titolari dei
pubblici poteri debbano esercitare gli stessi in nome e per conto dello Stato, perseguendo l’interesse generale e collettivo e non interessi dinastici,
personali o particolari.
Ciò è possibile, in uno Stato di diritto, grazie alla rigidità della Costituzione e alla portata delle leggi che presentano le caratteristiche della «generalità» ed «astrattezza» a tutela dei governati e spiega perché in uno Stato
democratico viga il principio elementare secondo cui tutte le leggi vengono emanate a favore dell’intera collettività.
La «spersonalizzazione» della legge è stata elaborata dal Costituente
dell’800 (sebbene Jean Bodin avesse già definito lo Stato moderno come
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ordinamento giuridico, impersonale ed astratto) in un’ottica ben precisa:
«limitare» gli abusi del monarca, dopo l’entrata in vigore degli Statuti e
delle Costituzioni, a garanzia dei cittadini e della collettività per cancellare
ogni retaggio dello Stato assoluto nel quale il re agiva in veste di supremo
legislatore, amministratore e giudice.
Oggi si assiste ad una progressiva erosione del fenomeno della «spersonalizzazione» del diritto:
— lo Stato sociale richiede sempre più spesso interventi mirati per determinate categorie di soggetti, considerati più deboli e quindi meritevoli
di una disciplina differenziata, nel rispetto del contenuto degli artt. 2, 3,
co. 2 e 6 Cost.;
— nel nostro Paese è particolarmente attuale e acceso, altresì, il dibattito
politico sulle legittimità delle «leggi ad personam», provvedimenti cioè,
tesi a favorire determinati soggetti o esponenti politici o economici.
Es
4 quater. Il termine «Stato» nell’uso comune conserva sempre lo stesso significato?
C
op
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No, viene adoperato in diverse accezioni e indica fenomeni di diversa intensità e significato.
In particolare si parla di:
— Stato-comunità, per indicare tutta la comunità statale nel suo complesso, titolare esclusiva della sovranità che esercita indirettamente (attraverso lo Stato-apparato) e direttamente (attraverso il referendum e gli
altri istituti di democrazia diretta). È detto anche Stato-ordinamento;
— Stato-apparato, generica espressione che indica il complesso degli organi che esercitano le funzioni statali;
— Stato-governo, con riferimento al complesso degli organi costituzionali espressione dello Stato-comunità. Tali organi partecipano tutti, in
varia misura, alle funzioni dello Stato (costituente, politica, legislativa,
amministrativa, giurisdizionale);
— Stato-amministrazione, inteso come pubblica amministrazione, costituita dal complesso degli organi che operano per il perseguimento concreto di fini pubblici predeterminati, agendo nel rispetto della legge e
sullo stesso piano degli altri soggetti dell’ordinamento, anche se con un
relativo potere di supremazia su di essi.
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5. Quali sono gli elementi costitutivi dello Stato?
I concetti di nazione, etnia e razza.
L’ultraterritorialità e l’extraterritorialità.
S.
Istituti collegati: ordinamento; organi costituzionali; organi di rilievo
costituzionale; sovranità; leggi provvedimento.
br
Concetto iniziale: partire dalla nozione di Stato e identificare gli elementi che lo
costituiscono.
li
Caratteristiche: precisare gli elementi costitutivi dello Stato:
• sovranità;
• territorio;
• popolo.
Articolazione della risposta
se
Altri elementi da evidenziare: precisare la differenza fra popolo, popolazione e
nazione. I casi di ultraterritorialità.
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Lo Stato è un ordinamento giuridico rivolto a fini generali che esercita in
maniera esclusiva (4) il potere sovrano su un determinato territorio e a
cui sono necessariamente subordinati i soggetti che ad esso appartengono.
Da questa definizione si evincono i suoi elementi costitutivi: sovranità, territorio e popolo.
La sovranità è la potestà di governo suprema, esclusiva ed originaria, che
non riconosce, cioè, altri poteri a sé superiori, se non in via volontaria, e
sorge al momento stesso della nascita dell’organizzazione statale. Essa
appartiene esclusivamente al popolo che la esercita attraverso i suoi rappresentanti (assemblee legislative) o direttamente (es.: referendum).
Lo stesso potere d’imperio, che si afferma nei confronti della comunità
internazionale come effettiva e concreta indipendenza (sovranità esterna), si manifesta nei confronti della comunità nazionale come supremazia
C
op
(4) Si noti che tale «esclusività» viene progressivamente a ridursi in vista dell’integrazione sempre più
stretta con gli altri Stati e con le organizzazioni internazionale (es.: Nazioni Unite) e sovranazionali
(es.: Unione europea). Ciò è previsto dall’art. 11 della Costituzione, ai sensi del quale, l’Italia, in
condizioni di parità con altri Stati, consente alle limitazioni di sovranità necessarie per la costituzione
e il mantenimento di un ordinamento (nazionale o sovranazionale) che assicuri la pace e la giustizia fra
le nazioni.
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su ogni altro soggetto, ente od organizzazione (sovranità interna), e viene
esercitato su tutta la popolazione (cittadini, stranieri e apolidi) che risiede
sul territorio.
L’esatta delimitazione del territorio, a cui presiedono sia norme interne
che consuetudini (5) e accordi internazionali, rappresenta, quindi, il presupposto per l’esistenza dello Stato delimitandone la sfera d’azione, nonché una condizione essenziale per delineare per ciascuno Stato l’effettivo
ambito spaziale di esercizio della sovranità e per assicurarne, così, l’autonomia e l’indipendenza rispetto agli altri.
La comunità umana che costituisce lo Stato identifica il popolo, ossia l’insieme degli individui ai quali l’ordinamento giuridico statale attribuisce lo
status di cittadino, riconoscendo ad essi in via esclusiva un complesso di
diritti e doveri (civici, politici e di libertà).
se
5 bis. I concetti di popolazione e di Nazione
ht
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Es
Si ricordi che in un determinato territorio possono risiedere anche soggetti
stranieri o soggetti privi di qualunque cittadinanza (apolidi), che insieme
ai cittadini, ne costituiscono la popolazione (diversa, dunque, dal concetto
di popolo, inteso quale insieme dei cittadini stabilmente residenti nel territorio dello Stato).
Soprattutto al giorno d’oggi esiste negli Stati dell’Europa occidentale una
tendenza plurirazziale derivante dalla forte immigrazione da altri paesi,
per cui è caduta l’identità Popolo-Nazione che nell’età moderna e contemporanea è stata l’idea guida per la nascita e il consolidamento degli Stati. Ciò
significa che oggi non tutti i cittadini di uno Stato debbono per forza appartenere alla stessa Nazione, come dimostra l’esistenza di Stati plurinazionali
(in Europa, si pensi alla Svizzera o al preesistente Impero asburgico).
op
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L’ideale di «Stato nazionale», che identifica la collettività etnico-sociale caratterizzata dalla
comunanza di lingua, razza, costumi e religione, nel corso del XIX secolo ha dato vita
all’unità d’Italia, cioè alla nascita dello Stato italiano (Regno d’Italia), riunendo tutti gli
individui di «nazionalità» italiana presenti nella penisola che erano, precedentemente, sudditi di diversi Stati (Impero asburgico, Granducato di Toscana, Stato Pontificio, Regno delle due Sicilie, Regno di Sardegna ed altri minori).
L’idea di Nazione, dunque, ha costituito il nucleo ideologico di aggregazione del nuovo Stato.
C
(5) Esistono, infatti, in materia di confini numerose regole consuetudinarie: ad esempio, se nell’ambito di
un confine scorre un fiume, la linea coincide, per i fiumi navigabili, con il punto più alto della corrente (cd.
thalweg), per quelli non navigabili è, invece, la linea mediana.
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5 ter. Differenza tra patria e nazione
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Il concetto di patria (richiamato nella nostra Costituzione all’art. 52) identifica il bene supremo, comune ed indivisibile (art. 5 Cost.), nonché il patrimonio spirituale primario di tutti i cittadini.
L’idea di «patria», come l’idea di «nazione», esprime comunanza di valori a
prescindere dai particolarismi locali, ma si differenzia dalla nazione in quanto:
— impone un limite positivo: che si sostanzia nell’impegno della sua difesa ad oltranza, fino al sacrificio personale, da parte dei cittadini (la
nostra Costituzione parla di «sacro dovere»);
— è necessariamente legata all’idea di «Stato»: essa coincide con il territorio, le istituzioni ed i principi costituzionali dello Stato, che il cittadino è
chiamato a difendere. Lo stesso non può dirsi per la nazione, come dimostrano sia l’esistenza di numerosi Stati plurinazionali, sia la frammentazione
di una stessa nazione in una pluralità d Stati (si pensi agli individui di lingua
tedesca in Europa centrale o ai curdi in Medio Oriente);
— adotta un simbolo formale: la bandiera, che accomuna i cittadini e che
è espressamente menzionata e tutelata dalla Costituzione (art. 12) e dalle leggi penali. Essa sintetizza l’estensione simbolica, ma effettiva, del
concetto di patria. Le tre bande verticali uguali, infine, simboleggiano i concetti di fratellanza, uguaglianza e libertà che rappresentano il
fondamento degli Stati democratici.
5 quater. Differenza tra etnia e razza
C
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L’etnia è un concetto vicino a quello di nazione, in quanto anch’essa designa una comunità caratterizzata da una comunanza di valori storici, linguistici, culturali.
Essa ha, però, anche un valore politico, in quanto è il fondamento del pluralismo democratico che tende a provocare il riconoscimento di particolari autonomie politiche e amministrative alle comunità stanziate su determinati territori ove esse rappresentino una cospicua parte della popolazione. Così l’art.
6 della Cost., riconoscendo la tutela delle minoranze linguistiche, protegge e
tutela le minoranze, vietando anche ogni forma di discriminazione (conformemente all’art. 3 Cost.), e prescrive azioni positive a tutela delle stesse.
La razza, invece, mette in evidenza la sola componente biologica e affonda le sue radici nei precedenti, non sempre condivisibili, della storia antica
e recente.
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Quando, infatti, si identifica il popolo con la «razza» si è di fronte a pericolose e non democratiche discriminazioni, contrarie ai diritti dell’uomo, e,
come tali, bandite dall’ordinamento internazionale e dagli ordinamenti interni di tutti gli Stati democratici.
Le non lontane vicende della Repubblica Sud-Africana e della Rhodesia
(oggi Zimbabwe) ne sono un esempio; si trattava, infatti, di ordinamenti
fondati istituzionalmente sulla discriminazione razziale (apartheid), e per
questo motivo successivamente messi «al bando» da tutta la Comunità internazionale.
5 quinquies. Chi sono gli italiani non appartenenti alla Repubblica?
ht
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Es
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Con questa espressione la Costituzione (art. 51) designa coloro che, pur
essendo di nazionalità italiana, non rivestono lo status di cittadini.
Secondo una interpretazione restrittiva, in tale categoria, rientrano esclusivamente i residenti di nazionalità italiana dei territori ceduti, dopo la seconda guerra mondiale, alla Jugoslavia e alla Francia.
Altri, invece, secondo orientamente attualmente consolidato, considerano tali anche gli emigrati dall’Italia che, soprattutto per motivi di lavoro,
abbiano rinunciato alla cittadinanza italiana per acquisirne una straniera. A
costoro, in particolare, si indirizzano le attenzioni del Paese che, attraverso
il Consiglio generale degli italiani all’estero (istituito con L. 368/1989)
ne promuove lo sviluppo delle condizioni di vita al fine di tener sempre
vivi i vincoli con la nostra patria.
Gli italiani non appartenenti alla Repubblica sono parificati ai cittadini per quanto riguarda l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche
elettive (D.P.R. 3/1957).
ig
5 sexies. Può esercitarsi la sovranità al di fuori del territorio nazionale?
C
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Sì, in due casi. Nel caso di navi e aerei presenti in territorio internazionale se
civili, dappertutto se militari. In questi casi si parla di «territorio fluttuante»,
che viene considerato convenzionalmente ambito di esercizio della sovranità.
Nel caso delle rappresentanze diplomatiche all’estero, dove lo spazio
concesso a queste ultime o alla residenza dell’agente diplomatico è considerato «immune» dalla sovranità dello Stato territoriale che non può accedervi, né esercitare su di esso il suo potere d’imperio, in applicazione del
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principio «ne impediatur legatio». Con riferimento al caso in esame, si
parla alternativamente di «ultraterritorialità» o di «extraterritorialità» a
seconda che si consideri l’estensione della sovranità dello Stato di appartenenza o i limiti cui è soggetta la sovranità dello Stato ospite.
i
Istituti collegati: Stato; consuetudini internazionali; Stato fascista; Stato nazista.
br
6. Concetto ed applicazioni della cittadinanza.
In particolare la cittadinanza europea.
li
Riferimenti normativi: art. 22 Cost., L. 5-2-1992, n. 91; D.P.R. 18-4-1994, n.
362; art. 17 Trattato CE.
se
Concetto iniziale: il concetto di cittadinanza; la cittadinanza europea.
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Es
Caratteristiche:
• acquisto della cittadinanza: per nascita, per estensione, per beneficio di
legge, per naturalizzazione.
• perdita della cittadinanza: rinunzia, assunzione d’impiego o prestazione
del servizio militare in uno Stato estero.
• riacquisto della cittadinanza: prestazione del servizio militare in Italia o
accettazione d’impiego pubblico; rinuncia di ex cittadini alla cittadinanza estera; permanenza di un anno con residenza in Italia.
• differenza tra cittadino e suddito.
ht
Articolazione della risposta
ig
La cittadinanza è la condizione giuridica di chi appartiene ad un determinato Stato; più propriamente è l’insieme dei diritti e dei doveri che
l’ordinamento riconosce al cittadino.
yr
Mentre la «sudditanza» rappresenta la semplice sottoposizione dell’individuo (cittadino o
straniero) all’ordinamento territoriale dello Stato, la cittadinanza implica quel rapporto
stabile e indefettibile che lega il cittadino allo Stato (l’art. 22 della Costituzione, infatti,
considera la cittadinanza un diritto inviolabile al pari del nome e della capacità giuridica e,
quindi, vieta allo Stato di privarne, per motivi politici, il cittadino).
C
op
Per la legge italiana, la cittadinanza si acquista:
— per nascita: è cittadino il figlio di padre o di madre cittadini (ius
sanguinis) e chi è nato nel territorio della Repubblica, se entrambi i
genitori sono apolidi o ignoti, oppure se il figlio non segue la cittadi-
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nanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono (ius soli); è inoltre cittadino per la nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di
altra cittadinanza.
br
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Secondo quanto stabilito dall’art. 2 D.P.R. 572/1993, il figlio, nato in Italia da genitori
stranieri, non acquista la cittadinanza italiana per nascita, qualora l’ordinamento del
Paese di origine dei genitori preveda la trasmissione della cittadinanza al figlio nato
all’estero, eventualmente anche subordinandola ad una dichiarazione di volontà da parte dei genitori o legali rappresentanti del minore, ovvero all’adempimento di alcune
formalità amministrative da parte degli stessi;
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— per estensione: il matrimonio fa acquistare al coniuge, straniero o apolide la cittadinanza italiana, quando questi risieda da almeno sei mesi
nel territorio dello Stato, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli
effetti civili e se non sussista separazione legale. Acquistano la cittadinanza anche il figlio riconosciuto o dichiarato giudizialmente che sia
minore d’età (se è maggiorenne, può dichiarare, entro un anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione, di eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione) e il minore straniero adottato;
— per beneficio di legge: lo straniero o l’apolide che abbia padre o madre
o un ascendente in linea retta fino al secondo grado, cittadini per nascita, può acquistare la cittadinanza se:
a) presta servizio militare o assume un pubblico impiego e dichiara
preventivamente di voler acquistare la cittadinanza stessa;
b) al raggiungimento della maggiore età risiede da almeno due anni in
Italia e dichiara, entro un anno, di voler acquistare la cittadinanza
italiana.
Anche lo straniero, nato in Italia e che vi ha risieduto ininterrottamente, diviene cittadino se ne fa richiesta entro un anno dal
raggiungimento della maggiore età;
— per naturalizzazione: la cittadinanza può essere concessa con decreto
presidenziale, sentito il Consiglio di Stato:
a) allo straniero del quale il padre, la madre o uno degli ascendenti in
linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è
nato nel territorio della Repubblica, e, in entrambi i casi, vi risiede
legalmente da almeno tre anni;
b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano, se dopo
l’adozione ha risieduto in Italia per almeno cinque anni;
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c) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica o che abbia reso eminenti servizi all’Italia,
ovvero quando ricorre un interesse eccezionale dello Stato;
d) al cittadino di uno Stato membro della Comunità europea, se risiede
da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica e all’apolide
che vi risieda almeno da cinque;
e) allo straniero che ha prestato servizio anche all’estero, per almeno
cinque anni alle dipendenze dello Stato.
La cittadinanza italiana si può perdere:
— per rinunzia, qualora il cittadino italiano risieda o stabilisce la residenza all’estero, oppure, essendo figlio di persona che ha acquistato o
riacquistato la cittadinanza, abbia raggiunto la maggiore età e sia in
possesso di altra cittadinanza;
— per assunzione di un impiego o prestazione di servizio militare presso
uno Stato estero, nel caso in cui non ottemperi, nel termine fissato, alla
intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di abbandonare l’impiego, la carica o il servizio militare;
— per assunzione di carica o impiego pubblico, prestazione di servizio
militare, o acquisto volontario della cittadinanza presso uno Stato
estero, in quel momento in stato di guerra con l’Italia.
La cittadinanza italiana si può riacquistare:
— per prestazione del servizio militare o accettazione di un impiego
pubblico in Italia da parte di un ex cittadino, previa dichiarazione di
volerla acquistare;
— per rinuncia di un ex cittadino alla cittadinanza estera o all’impiego
o servizio militare all’estero, con trasferimento, per almeno due anni,
della propria residenza in Italia e dichiarazione di volerla riacquistare;
— per dichiarazione di volerla riacquistare dopo aver ristabilito, da almeno un anno, la residenza nella Repubblica;
— dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la residenza nel territorio
della Repubblica, salvo espressa rinuncia entro lo stesso termine.
6bis. Cosa è la cittadinanza europea?
C
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In base ad essa il cittadino gode una serie di diritti (es.: diritto al voto,
diritto a subire l’estradizione solo nei casi previsti dall’art. 26 Cost.), ma è
soggetto anche ad oneri e obblighi (art. 54: fedeltà alla Repubblica, etc.)
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che condivide in maniera adeguata e paritaria con tutti gli altri cittadini.
Dal 1° novembre 1993 (data dell’entrata in vigore del Trattato sull’Unione
europea, meglio conosciuto come «Trattato di Maastricht») a tutti i cittadini degli Stati membri dell’Unione è stata riconosciuta, a complemento della cittadinanza nazionale, anche quella europea.
L’art. 17 del Trattato CE (come modificato dal TUE) afferma che «è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro».
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Nei successivi articoli si precisano alcuni dei diritti che spettano al cittadino europeo:
— il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli
Stati membri, con facoltà di accordare la stessa libertà a quanti risiedano legalmente in uno Stato membro (art. 18 TCE);
— il diritto di votare e di essere eletto nello Stato membro in cui risiede
(diverso da quello della propria cittadinanza nazionale) in occasione
delle elezioni del Parlamento europeo e di quelle comunali (art. 19 TCE);
in Italia le modalità di esercizio di tale diritto sono state disciplinate dal
D.Lgs. 197/1996;
— il diritto alla tutela diplomatica e consolare, nei Paesi terzi nei quali
lo Stato di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, da parte delle
autorità competenti degli Stati membri diversi da quello di appartenenza (art. 20 TCE);
— il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni e degli organi ed
organismi dell’Unione, il diritto di rivolgersi al Mediatore europeo
nei casi di cattiva amministrazione delle istituzioni e degli organi o organismi dell’Unione e il diritto di presentare petizioni al Parlamento
europeo; questi diritti sono riconosciuti sia al cittadino europeo, sia al
residente in uno Stato membro (art. 21 TCE).
ig
La cittadinanza europea è dunque un passo significativo verso una reale
integrazione che coinvolga i cittadini e non solo gli Stati membri.
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Istituti collegati: estradizione; libertà dei cittadini europei (circolazione,
stabilimento etc.).
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7. Quali sono gli effetti della globalizzazione sulla sovranità dello Stato?
Il potere sovrazionale.
La rinuncia parziale della sovranità
Articolazione della risposta
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La globalizzazione determina la creazione di un mercato mondiale in cui
gli operatori economici travalicano i confini nazionali alla ricerca di vantaggi economici e competitivi (fattori produttivi più convenienti) che permettano loro di massimizzare i profitti e di espandersi oltre i confini del
proprio Stato.
La rivoluzione tecnologica, l’integrazione dei mercati finanziari, la
mondializzazione delle banche e la nascita delle multinazionali hanno mutato
completamente lo scenario economico-politico mondiale.
Le multinazionali, in particolare, tendono alla massimizzazione del profitto, delocalizzando le attività produttive a basso contenuto tecnologico
nei Paesi in via di sviluppo al fine di sfruttare il basso costo della mano
d’opera non specializzata, a ciò spronati dalla ricerca, da parte dei paesi
poveri, di investitori stranieri che con il loro supporto possano consentirne
il «decollo» economico.
La globalizzazione economica impone, poi, la ricerca di sedi internazionali dove definire le nuove regole che disciplinino la circolazione dei beni
e delle risorse globali, con conseguente cessione di sovranità statale e impossibilità di definire autonomi indirizzi di politica economica e sociale da
parte dei singoli Stati.
La concorrenza si sviluppa non soltanto fra operatori economici, ma anche fra ordinamenti giuridici, volgendo spesso a vantaggio degli Stati che
assicurino condizioni di profitto maggiori e costi inferiori (anche dal punto
di vista dei costi legati alla sicurezza sul lavoro, alle politiche di
redistribuzione della ricchezza, all’incremento del prelievo fiscale).
Così, dopo la parziale rinuncia alla sovranità espressa dalla maggior parte degli Stati della Comunità internazionale (tra cui l’Italia, secondo quanto previsto dall’art. 11 Cost.), si apre un’altra voragine nella potestà
d’imperio dello Stato: quella derivante dalla globalizzazione e dall’ingresso di soggetti economici multinazionali all’interno dei confini del «suolo
patrio».
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Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
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In relazione a tale fenomeno si è soliti parlare di «erosione della sovranità
dall’alto».
Istituti collegati: costituzione economica; politiche economiche comunitarie.
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8. Cos’ è lo Stato laico? Può dirsi che oggi il nostro Paese presenti tali caratteristiche?
I rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica
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Riferimenti normativi: artt. 7, 8, 19, 20 Cost.; L. 810/75 (Esecuzione dei Patti
Lateranensi); L. 121/1985 (Ratifica della modifica dei Patti).
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Articolazione della risposta
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In Italia e in Europa le Costituzioni e gli Statuti emanati, antecedenti alla
Costituzione repubblicana, delineavano quasi tutti una forma di «Stato
confessionale», cioè un modello di Stato che «sceglie» un credo e lo innalza a religione di Stato, limitandosi invece a tollerare gli altri culti.
Così, in particolare, lo Statuto Albertino all’art. 1 recitava: «la religione
cattolica, apostolica e Romana è la sola religione di Stato. Gli altri culti
ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi».
L’ordinamento monarchico distingueva, quindi, in maniera netta, una religione istituzionale, chiamata a sostenere e legittimare le scelte operate
dallo Stato, dagli altri culti, semplicemente tollerati e comunque destinati
ad una disciplina discriminatoria (come effettivamente avvenne con la legge del 1929 sui culti ammessi). Del resto, la libertà di culto è una delle
pietre angolari di un ordinamento democratico, insieme alla libertà di pensiero, e non può quindi ammettere discriminazioni fondate sul numero di
adepti ad una determinata confessione.
La Costituzione repubblicana, in netta rottura con questa tradizione, da una
parte afferma, implicitamente ma chiaramente, il principio di laicità dello
Stato, ex artt. 3, 8, 19 e 20 Cost., in base al quale lo Stato assume nei confronti di tutte le confessioni una posizione neutrale, garantendo la pari libertà
e il diritto di ciascuno a far prevalere la propria coscienza sugli obblighi
giuridici eventualmente in contrasto con essa (cd. obiezione di coscienza);
dall’altra riconosce una diversità storica fra Chiesa cattolica e altre confessioni religiose.
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Parte Prima - Sezione Prima
Es
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S.
Mentre la prima, infatti, è storicamente considerata un soggetto di diritto
internazionale, sia in quanto tale che attraverso la Santa Sede (6), in grado
di stipulare veri e propri accordi di diritto internazionale (i Concordati), le
altre confessioni hanno invece una rilevanza puramente interna. Tuttavia,
anche per esse vige il principio pattizio, per cui è possibile per esse definire in maniera concordata una disciplina che tenga conto delle proprie
peculiarità (le intese).
In ogni caso, la protezione del sentimento religioso, in quanto bene indivisibile,
deve essere garantita in misura uguale a tutte le confessioni, insieme con la
libertà di organizzarsi e di dare la forma desiderata ai propri culti.
Viene quindi riconosciuta la piena libertà religiosa a tutte le confessioni,
purché rispettino il limite del buon costume (che non viene esplicitato
anche con riferimento alla Chiesa cattolica in considerazione della tradizione millenaria dei suoi culti, che mai hanno violato tale limite).
La lettura combinata degli artt. 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, dunque,
porta ad una conclusione univoca: pur essendo l’Italia la culla del Cattolicesimo e la sede del Papato, nessuna discriminazione è stata formalmente riconosciuta dal Costituente in materia di libertà di culto.
8bis. Cosa sono i Patti lateranensi?
yr
ig
ht
©
Il 20 settembre 1870 l’esercito italiano, approfittando di una congiuntura
internazionale favorevole, entra in Roma occupandola.
Nasce così la questione romana, strettamente connessa al problema della
salvaguardia dell’indipendenza del Pontefice. Il 13 marzo 1871 viene emanata dallo Stato italiano la cosiddetta legge delle guarentigie, che si
prefigurava appunto di garantire rendite, immunità e privilegi al Sommo
Pontefice, oltre a regolare i rapporti con la Chiesa. Si trattava di una legge
nazionale concessa dallo Stato italiano e come tale non fu accettata dalla
Chiesa, che ne contestava anche la stabilità, tenuto conto che poteva sempre
essere modificata o abrogata unilateralmente da qualunque altra successiva
legge nazionale di contenuto diverso.
C
op
(6) La Santa Sede (città del Vaticano) è considerato uno Stato-enclave. L’enclave è un territorio di
ridotte dimensioni (es. Andorra, San Marino, Lesotho etc.) richiuso in un territorio di altro Stato. Come
tale ha, di fatto, limitate possibilità di esplicare in pieno la sua sovranità, tanto che si mette in dubbio la
sua soggettività internazionale. Nel caso della Santa Sede, tuttavia, la soggettività internazionale è
riconosciuta e garantita dall’Italia attraverso numerose disposizioni a partire dal Trattato del 1929.
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A
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Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
©
Es
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Negli anni successivi alla prima guerra mondiale i rapporti fra Stato-Chiesa tesero a rasserenarsi, e questa tendenza si intensificò con l’avvento al
potere del Fascismo. Il nuovo regime, al fine di rafforzare la propria posizione all’interno del paese, cercò ed ottenne l’accordo con la Chiesa cattolica, ossia con l’unica altra potenza in grado di limitare od ostacolare tale
rafforzamento.
I Patti lateranensi del 1929, stipulati tra Mussolini e il cardinale Gasparri,
costituirono per il diritto ecclesiastico italiano una svolta, in quanto si affermò il principio della contrattazione bilaterale con la Chiesa cattolica, trasportando sul piano internazionale i rapporti tra Stato italiano e Stato della Città del Vaticano.
I Patti constano di tre distinti documenti:
— il Trattato, che risolveva la questione romana con la definizione dei
confini e il riconoscimento dello Stato della Città del Vaticano;
— il Concordato, che regolava i rapporti fra Stato e Chiesa cattolica fra
l’altro affermando il carattere di religione di Stato di quella cattolica,
riconoscendo una serie di privilegi e di esoneri per gli ecclesiastici, riconoscendo gli effetti civili del matrimonio canonico, prevedendo l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole;
— una Convenzione finanziaria con la quale furono regolate le questioni
sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a seguito delle leggi
eversive dell’ottocento.
ht
Istituti collegati: libertà di pensiero; laicità dello Stato, libertà di culto;
concetto di buon costume; concordati e intese; Stato della Città del Vaticano; enclave.
yr
ig
9. Quali sono le modalità attraverso le quali assumono
rilevanza nel nostro ordinamento le norme di origine confessionale?
Articolazione della risposta
C
op
Le norme confessionali possono essere prese in considerazione dall’ordinamento repubblicano ai fini della regolamentazione del fenomeno religioso. Ciò può avvenire attraverso tre tecniche fondamentali: rinvio formale, rinvio recettizio e presupposizione.
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Parte Prima - Sezione Prima
br
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S.
Il rinvio formale è la tecnica in base alla quale le norme confessionali
acquistano efficacia nel nostro ordinamento, pur rimanendo le fonti che le
producono estranee allo stesso.
Con il rinvio recettizio le norme richiamate si distaccano dall’ordinamento di provenienza e si inseriscono nel nostro ordinamento cristallizzandosi.
Infine, la presupposizione è la tecnica mediante la quale norme attinenti la
vita e l’organizzazione delle confessioni religiose vengono semplicemente
presupposte dall’ordinamento repubblicano al fine di applicare norme dell’ordinamento interno (si pensi ai casi in cui una norma statale richiami nozioni come quelle di ecclesiastico, parrocchia, ministro di culto ecc.).
se
li
Istituti collegati: fonti di produzione del diritto; fonti comunitarie; fonti
atipiche; accordi internazionali; principio pattizio
Es
10. Quali sono i rapporti fra norme di provenienza bilaterale e
norme costituzionali?
Riferimenti normativi: artt. 7 e 8 Cost.
Disciplina generale: individuare i criteri attraverso i quali nel nostro ordinamento sono regolati i rapporti fra norme pattizie e norme costituzionali
©
Elenco caratteristiche: precisare gli elementi del conflitto fra norme pattizie e
norme costituzionali
ht
Domande consequenziali: la copertura costituzionale accordata ai Patti
Lateranensi
Articolazione della risposta
C
op
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ig
Le norme che scaturiscono da accordi fra lo Stato e le confessioni religiose
sono recepite in fonti statali che si caratterizzano per una efficacia rinforzata
rispetto a fonti di pari rango: una legge che recepisce un’intesa con una confessione acattolica, ad esempio, potrà essere abrogata esclusivamente da una legge che recepisca una nuova intesa dai contenuti alternativi alla precedente. Per
quanto riguarda, invece, i rapporti fra norme pattizie e norme costituzionali,
bisogna distinguere a seconda che si tratti di accordi fra Stato e Chiesa oppure
di intese con i culti acattolici. Nel secondo caso, infatti, le fonti di rango ordinario sono subordinate interamente alla Costituzione e alle sue norme.
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A
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Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
br
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S.
Per quanto riguarda, invece, gli accordi con la Chiesa cattolica, l’art. 7
della Costituzione conferisce alle leggi che recepiscono i Patti lateranensi
del 1929 una copertura costituzionale, nel senso che le relative norme si
pongono come speciali rispetto a quelle costituzionali e non sono da queste ultime abrogate.
Tuttavia, secondo la Corte costituzionale neppure le norme dei Patti possono derogare ai principi supremi dell’ordinamento, ossia a quei valori
che qualificano il nostro ordinamento costituendone l’essenza. Rientrerebbero in tale categoria principi come quello di laicità dello Stato, il diritto alla tutela giurisdizionale, la tutela inderogabile dell’ordine pubblico.
li
10 bis. Gli accordi di Villa Madama del 1984 hanno copertura costituzionale?
Es
se
L’art. 7 della Costituzione stabilisce che le modif icazioni ai Patti
lateranensi accettate sia dallo Stato che dalla Chiesa cattolica non necessitano del procedimento di revisione costituzionale. Pertanto, la legge
che recepisce gli accordi di Villa Madama del 1984, con cui si è rivisto il
Concordato del 1929, essendo frutto di una intesa fra Stato e Chiesa, non
ha richiesto un procedimento aggravato per la sua formazione.
ig
ht
©
Gli accordi si compongono di:
— un Preambolo in cui si fa riferimento alle trasformazioni della società
italiana a partire dalla Costituzione repubblicana e all’importanza del
Concilio Vaticano II;
— 14 articoli in cui sono concentrati i principi ispiratori dei nuovi rapporti fra Stato e Chiesa cattolica;
— un Protocollo addizionale di 7 punti che ha lo scopo di chiarire le norme dei Patti lateranensi e del nuovo Concordato al fine di garantire la
migliore esecuzione degli stessi.
C
op
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Tali accordi, che sono esplicitamente qualificati come modificazioni dei
Patti, sono soggetti alla stessa copertura costituzionale degli originari Patti
lateranensi. In tal senso si è espressa la Corte costituzionale, secondo la
quale le norme del 1984 integrano quelle del 1929 che regolano gli stessi
istituti e non sono state esplicitamente abrogate. I nuovi accordi, peraltro,
sono sostanzialmente in linea con i principi costituzionali in materia, per
cui sarà difficile che si ripropongano i problemi di compatibilità con l’ordinamento costituzionale emersi nella vigenza dei Patti lateranensi.
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Parte Prima - Sezione Prima
Concetto iniziale: dare la nozione di forma di Stato.
S.
11. Che cosa si intende per «forme di Stato» e quali sono le principali?
Lo Stato sociale (Welfare State)
br
i
Caratteristiche: precisare gli elementi in base ai quali si definiscono le forme di
Stato:
• il rapporto fra governanti e governati;
• l’articolazione territoriale del potere.
li
Altri elementi essenziali: delineare il fondamento storico e i modelli delle diverse forme di Stato individuate dalla dottrina. Concetto di Stato sociale.
Articolazione della risposta
op
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La forma di Stato descrive le relazioni tra gli elementi costitutivi, in particolare il rapporto fra governanti e governati (popolo e sovranità) e l’articolazione territoriale del potere (territorio e sovranità), nonché il modo
in cui i loro rapporti incidono sull’organizzazione dello Stato e sui criteri
di legittimazione del suo potere (7).
Rispetto ai rapporti fra popolo e sovranità, nel corso della storia si sono avute
diverse forme di Stato: lo Stato assoluto, lo Stato liberale, lo Stato comunista, lo Stato fascista e lo Stato democratico e sociale contemporaneo.
Rispetto al modo in cui la sovranità è territorialmente ripartita, si possono,
invece, distinguere lo Stato unitario, lo Stato federale e lo Stato regionale (vedi domanda n. 12).
La sovranità, in particolare, nello Stato assoluto era concentrata nelle
sole mani del sovrano che si considerava «sciolto» (absolutus) da ogni vincolo derivante da qualsiasi altro potere nei confronti dei governati.
Successivamente, sotto la pressione delle classi emergenti («nobiltà» e poi
«borghesia» in Inghilterra, «borghesia» in Francia) la corona ha gradatamente ceduto parte del potere politico attraverso concessioni unilaterali che
hanno preso la forma sia di solenni dichiarazioni: Magna Charta Libertatum,
Habeas Corpus, Bill of Rights in Inghilterra, che di Statuti: Francia, Spagna,
Stati della Penisola Italiana etc. (es.: Statuto Albertino).
C
(7) Si noti che i tratti distintivi di ognuna delle forme di Stato delineate dalla dottrina rappresentano un
modello astratto, le cui caratteristiche non sono tutte esattamente riprodotte negli ordinamenti statali
che si sono succeduti nel tempo.
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Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
11 bis. Cosa si intende per Stato sociale?
br
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È così nato lo Stato liberale, caratterizzato da una forma dualista di potere
(ripartito tra corona e Camera dei deputati, quest’ultima a carattere elettivo
e, quindi, espressione della volontà della classe borghese (8)), grazie anche
alla spinta culturale e filosofica nata in Francia in seguito al movimento denominato «l’Enciclopedia» e propagata dalla Rivoluzione francese.
La principale conquista di tale rivoluzione è stata il riconoscimento dell’eguaglianza formale di tutti i cittadini, sintetizzata dalla frase «La legge è uguale
per tutti».
Es
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Lo Stato liberale successivamente si è trasformato sia degenerando in forme autoritarie (es.: regimi fascisti, franchisti, comunisti etc.) sia passando
ad un modello più evoluto: lo Stato sociale, come la Repubblica italiana.
In tale ultima forma lo Stato si fa anche carico, per garantire l’effettiva libertà e le pari opportunità di vita e di lavoro dei sudditi, di assurgere a protagonista della vita economica, attivando, tra l’altro, una serie di «ammortizzatori sociali» (borse di studio, sussidi di disoccupazione, assegni familiari etc.)
per evitare che la libera iniziativa privata, lasciata a se stessa (cd. laissezfaire), determini solchi incolmabili e discriminazioni intollerabili nelle condizioni di vita fra le diverse classi sociali presenti nel paese, mettendo così in
discussione anche i «principi dello Stato di diritto».
ht
©
Istituti collegati: tutte le singole forme di Stato; suffragio universale e
suffragio ristretto; eguaglianza dei cittadini; diritto pubblico dell’economia; costituzione economica.
ig
12. Quali sono le differenze fra Stato federale, Stato regionale e
Stato accentrato?
op
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Concetto iniziale: partendo dal costituzionalismo multilivello definire le diverse
forme di Stato e individuare i criteri in base ai quali poter operare le differenze
fra di esse.
C
(8) Si noti che di regola negli Stati liberali il Senato era di nomina regia e, come nel caso dello Statuto
Albertino, aveva poteri più limitati rispetto alla Camera (bicameralismo imperfetto), in quanto alcuni
disegni di legge nelle principali materie dovevano essere presentati e approvati, in primis, alla Camera.
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Parte Prima - Sezione Prima
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Caratteristiche: individuare la caratteristica essenziale della forma di Stato federale, ossia la compresenza su uno stesso territorio di un governo centrale e
di diversi governi locali, ai quali viene riconosciuta una vera e propria sovranità
o un’accentuata autonomia di rango costituzionale.
i
Paralleli e differenze: mettere in evidenza gli elementi qualitativi e quantitativi
di differenziazione tra Stato federale e Stato regionale in relazione allo Stato
accentrato nel quale non esistono altri centri di potere che si contrappongono
allo Stato-persona.
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Articolazione della risposta
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Il pluralismo, che connota gli Stati democratici, consente che nell’ambito
della stessa comunità statale convivano differenti ordinamenti giuridici (cd.
costituzionalismo plurilivello) ciascuno dei quali ha un suo fondamento ed
una sua autonomia, anche se è tenuto a coordinarsi con gli altri.
Lo Stato federale, ad esempio, è un ordinamento in cui al governo sovrano centrale si contrappongono più governi locali, che, per l’ampiezza dei
poteri che sono ad essi riconosciuti, avrebbero titolo per essere considerati
veri e propri «Stati negli Stati».
©
Lo Stato federale, nella maggior parte dei casi, è l’esito storico di processi di aggregazione di
Stati originariamente autonomi e sovrani (si pensi agli Stati Uniti d’America o alla Germania), ma non sono pochi gli Stati federali che rappresentano l’evoluzione di un robusto
decentramento di poteri all’interno di Stati originariamente unitari e accentrati (si pensi al
Belgio o all’Austria del 1920 nonché alla situazione che sta gradatamente prendendo corpo in
Italia, dopo la modifica in tal senso della Parte Seconda, Titolo Quinto della Costituzione).
C
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Secondo parte della dottrina costituzionalista, negli Stati federali allo Stato
centrale è riservata in via esclusiva la sovranità nei rapporti esterni, mentre la
sovranità interna è riconosciuta agli Stati membri e si estrinseca nell’esercizio
di funzioni legislative, amministrative e talvolta anche giurisdizionali (come
negli U.S.A.), oppure viene ripartita tra lo Stato centrale e gli Stati membri.
Secondo altri, invece, agli Stati membri è riconosciuta soltanto un’ampia
autonomia costituzionale, in quanto gli stessi sono in grado di dotarsi di
Statuti propri ed esercitano attribuzioni garantite da norme di rango costituzionale, a presidio delle quali opera una Corte o un Tribunale o un Consiglio costituzionale.
In quest’ultimo caso, però, riesce molto più difficile distinguere lo Stato
federale da quella forma di Stato diffusasi soprattutto in Europa (Spagna,
Italia della Prima Repubblica), che viene denominata Stato regionale. In
questi Stati, infatti, ad alcune o a tutte le comunità territoriali vengono
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Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
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riconosciute sfere di autonomia variamente articolate nel campo della legislazione, dell’amministrazione, delle finanze, pur sempre nei limiti del carattere derivato dei loro ordinamenti (9).
Storicamente, peraltro, anche negli Stati federali tende ad affermarsi il principio secondo il quale il diritto federale prevale su quello degli Stati membri, per cui alle autorità centrali vengono riconosciuti poteri di intervento,
soprattutto economico, sempre più penetranti, mentre gli Stati membri preferiscono cooperare con lo Stato federale e affermare i propri interessi all’interno di seconde Camere (es.: Bundesrat in Germania) rappresentative
delle comunità territoriali (federalismo cooperativo).
Le differenze fra Stato federale e Stato regionale appaiono, quindi, più
di tipo quantitativo che di natura qualitativa.
Lo Stato accentrato, infine, oggi è considerato antistorico e anti-democratico perché non riconosce nessuna forma di autonomia territoriale o
istituzionale che possa dar corpo alla tutela degli interessi delle «formazioni sociali» intermedie tra lo Stato e i cittadini a garanzia della libertà dei
singoli e del pluralismo democratico.
Istituti collegati: confederazione e federazione; rapporti tra organizzazioni sovranazionali e Stati membri di Stati federali.
ht
©
13. Descrivere le principali differenze fra governo parlamentare
e governo presidenziale.
L’esperienza transalpina del governo semi-presidenziale
Concetto iniziale: mettere in evidenza i tratti distintivi della forma di governo
parlamentare rispetto a quella presidenziale.
op
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Caratteristiche: individuare gli aspetti principali della forma di governo parlamentare:
• rapporto di fiducia fra Governo e Parlamento;
• compartecipazione dei due organi alla funzione di indirizzo politico;
• presenza di un terzo organo, il Capo dello Stato, con funzioni neutrali di
arbitro nei momenti di crisi del sistema.
C
(9) Si noti che con la modifica della L. cost. 3/2001 dell’intero Titolo Quinto della Parte Seconda della
Costituzione alle singole Regioni è stato riconosciuto un significativo ampliamento delle sfere di potere,
confermando il carattere autonomo dei rispettivi ordinamenti.
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Parte Prima - Sezione Prima
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Paralleli e differenze: mettere in luce le diversità di funzionamento rispetto alla
forma di governo presidenziale, ove il Capo dello Stato è anche Capo del Governo, è organo politico di vertice e concentra poteri molto significativi. Accennare alla soluzione ibrida del semipresidenzialismo.
Articolazione della risposta
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Il diverso atteggiarsi dei rapporti di forza fra gli organi di vertice dello
Stato, titolari della funzione di indirizzo politico, caratterizza la forma di
governo.
Nella forma di governo parlamentare il Parlamento è in posizione di
supremazia in quanto, oltre ad essere titolare della funzione legislativa,
vincola con un rapporto di fiducia il Governo, titolare della funzione esecutiva. Il Governo, cioè, formula un indirizzo politico che si impegna a
seguire e della cui attuazione è responsabile dinnanzi al Parlamento, che
può, in qualsiasi momento, revocargli la fiducia. Il Governo non potrebbe,
pertanto, realizzare il suo programma senza l’appoggio della maggioranza
in Parlamento e, quindi, è tenuto a dare conto del suo operato a quest’ultimo che è l’organo direttamente rappresentativo della volontà popolare.
Nella forma di governo parlamentare è, tuttavia, presente anche un terzo
organo, il Capo dello Stato. Quest’ultimo, sia esso il Monarca o il Presidente della Repubblica, pur non essendo un organo investito di funzioni politiche, svolge la funzione neutrale di rappresentante dell’unità nazionale, ed
ha importanti poteri di stimolo del sistema, come essere chiamato, nel caso
in cui si presenti un intoppo del sistema legislativo (es. crisi non risolvibili),
a sciogliere le Camere ed a indire nuove elezioni. Il Presidente della Repubblica è, cioè, l’organo legittimato ad intervenire negli snodi fondamentali
della vita democratica di un paese consentendo agli altri organi costituzionali (prevalentemente Parlamento e Governo) di funzionare e di rinnovarsi.
Assai diversa dalla forma di governo sopra descritta è la forma di governo
presidenziale che si caratterizza per una più rigida separazione di poteri e
per la presenza di un Capo dello Stato eletto direttamente dal popolo, che
in seguito a tale investitura popolare è titolare del potere esecutivo di cui
rappresenta il vertice. Esso svolge, dunque, una funzione politica, in quanto sceglie e revoca autonomamente i ministri (che sono solo suoi fiduciari)
e gestisce l’indirizzo politico del paese senza nessun vincolo fiduciario.
A tale organo, in una posizione di netta separazione, si contrappone un
Parlamento anch’esso eletto dal popolo e titolare della funzione legislati-
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Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
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va, che non può, però, imporre le dimissioni del Presidente e dei suoi collaboratori se non mettendoli sotto accusa (impeachment).
13 bis. In cosa consiste la forma di governo semi-presidenziale?
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Negli ultimi tempi in Francia si è affermato un’ulteriore forma di governo:
il governo semi-presidenziale, o «a tendenza presidenziale» (DE
VERGOTTINI), caratterizzato dalla presenza di un Presidente eletto direttamente dal popolo che, a sua volta, sceglie il Capo del Governo, il quale
deve godere della fiducia del Parlamento.
Questo sistema può presentare qualche inconveniente quando il Presidente
è espressione di una maggioranza politica diversa da quella parlamentare:
in tal caso si parla di «coabitazione», in quanto il vertice dell’esecutivo è
rappresentato da un soggetto appoggiato da una maggioranza diversa da
quella che ha votato il Capo dello Stato. Per ovviare a tale problema, in
Francia la durata della carica presidenziale (originariamente di sette anni)
è stata ridotta a cinque anni, equiparandola a quella dell’Assemblea Nazionale in modo da poter indire le elezioni presidenziali e parlamentari lo
stesso anno e ridurre il rischio di coabitazione.
©
Istituti collegati: fiducia. Altre forme di governo: monarchia costituzionale, repubblica di assemblea (o direttoriale).
ht
14. Quali sono i caratteri fondamentali dello Stato democratico
e sociale sorto dalle ceneri del fascismo?
Concetti di Stato sociale, Stato di diritto e Stato socialista
ig
Concetto iniziale: individuare i tratti distintivi della forma di Stato democratico e
sociale.
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Caratteristiche: evidenziare gli aspetti principali dello Stato democratico e sociale che sono:
• la piena affermazione del principio democratico della sovranità popolare (art.
1 Cost.);
• l’enunciazione di principi e valori indefettibili condivisi in Costituzioni rigide
non suscettibili di essere modificate con leggi ordinarie (artt. 138-139 Cost.);
• l’attenzione per il dovere di solidarietà (art. 2 Cost.).
C
Paralleli e differenze: descrivere la rottura radicale che questa forma di Stato
rappresenta sia rispetto allo Stato liberale che rispetto allo Stato autoritario.
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Parte Prima - Sezione Prima
Articolazione della risposta
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Nel continente europeo l’idea dello «Stato Sociale», già in nuce presente
in alcune Costituzioni (come quella francese che parla espressamente di
«fraternité», intesa come «solidarietà»), si afferma definitivamente alla
fine della seconda guerra mondiale, come ipotesi correttiva del modello di
«Stato liberale», le cui precedenti esperienze avevano, se non favorito,
certamento non impedito l’ascesa dei regimi fascista, franchista e nazista,
rispettivamente italiano, spagnolo e tedesco.
Nel nuovo prototipo di Stato viene assicurata la piena partecipazione di
tutti i cittadini, uomini e donne, alla vita politica, non solo attraverso i
tradizionali istituti della democrazia rappresentativa, come le elezioni dei
rappresentanti al Parlamento, ma anche nelle forme della democrazia diretta (iniziativa legislativa popolare, partecipazione ai referendum) e di
quella libera e diffusa (iscrizione e partecipazione alla vita dei partiti politici e dei sindacati, adesione ad associazioni, gruppi di interesse e altre
formazioni sociali, oltre al riconoscimento più ampio di poteri alle collettività locali).
In netta contrapposizione alla concentrazione dei poteri nella figura del
Capo carismatico o Duce, tipica del fascismo, viene riaffermato il principio di legalità, che si evolve in principio di costituzionalità attraverso
l’enunciazione di alcuni principi e valori fondamentali (pluralismo, garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali, eguaglianza e solidarietà,
spersonalizzazione della legge — vedi domanda 4 ter — etc.) «blindati» in
Costituzioni rigide e, grazie alla teoria dei principi supremi dell’ordinamento, non suscettibili di revisione (10).
14 bis. Concetti di Stato sociale e Stato socialista
yr
ig
Lo Stato democratico si caratterizza come Stato di diritto, ma soprattutto
come Stato sociale, in cui il lavoro (11) (e non più il ceto) assume un valore
fondante della comunità democratica (vedi anche domanda n. 11 bis).
I pubblici poteri non solo prendono atto dell’esistenza del conflitto sociale tra classi
più o meno agiate, connaturato alle condizioni delle moderne società industrializzate,
C
op
(10) Si ricordi che le norme dello Statuto Albertino erano flessibili, cioè potevano essere modificate
da qualsiasi legge ordinaria successiva.
(11) Per alcuni autori (ONIDA) «Stato sociale» e «Stato fondato sul lavoro» sono due concetti omologhi, in quanto il Costituente pone il lavoro come parametro nodale della società.
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Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
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ma intervengono attivamente a favore di quanti percepiscano redditi più bassi (classi
meno agiate) per rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono la piena partecipazione dei cittadini e delle classi lavoratrici alla vita politica, economica e sociale del paese
(art. 3 Cost.).
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Da ciò la promozione di una forma di economia mista in cui l’iniziativa
pubblica si accompagna a quella privata ed i diritti economici privati vengono concepiti e funzionalizzati in chiave sociale (esempio: riconoscimento della funzione sociale della proprietà (12)).
Con la Costituzione repubblicana l’esperienza dello Stato liberale, che
aveva ridimensionato i compiti dello Stato praticando il non interventismo
in economia, viene superata per evitare che le tensioni tra le classi e i gruppi sociali possano sfociare in forme di Stato analoghe a quella affermatasi
in Russia dopo la rivoluzione del 1917 (Stato socialista), che propugnavano,
oltre all’eguaglianza giuridica, tipica dello Stato di diritto, anche quella
economica, attraverso l’abolizione della proprietà privata degli strumenti
di produzione, considerata fonte di arricchimento delle classi detentrici
degli stessi e, quindi, fonte di discriminazioni sociali.
Lo Stato sociale attuale, dopo aver enunciato il dovere di solidarietà all’art.
2 Cost., in particolare, prende atto, pur riconoscendo la libera iniziativa
privata (art. 41 Cost.), della necessità di dover intervenire nel sistema per
riequilibrare il gap tra le classi sociali (oggetto di una specifica azione
statale ai sensi dell’art. 3 Cost.), sia con una maggiore pressione fiscale sui
redditi più alti (art. 53 Cost.), che con provvidenze a favore dei cittadini
meno ricchi (borse di studio, integrazioni salariali etc.) per consentire
anche ad essi una vita libera e dignitosa e a tutti pari opportunità economiche e sociali, attribuendo ai cd. «diritti sociali» dignità di diritti fondamentali (artt. 29-40 Cost.).
ig
14 ter. Come si caratterizza oggi la forma di governo in Italia?
yr
La nostra democrazia parlamentare, nella sua attuale evoluzione, non garantisce una effettiva dialettica Parlamento-Governo. Infatti, la selezione
di parlamentari «fedeli» assicurata in fase elettorale grazie al sistema della
C
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(12) Tale riconoscimento, che garantisce il doppio interesse sia dello Stato che del singolo sui beni
privati (con la prevalenza del primo se emergono necessità generali o pubbliche: es. espropriazione)
espresso dall’art. 42 della Costituzione, era, in verità, già presente nel Codice Civile (1942) all’art.
832.
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Parte Prima - Sezione Prima
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lista bloccata (13) consente capo del partito che compone la lista dei candidati di portare in Parlamento una maggioranza sostanzialmente concorde
alla sua linea politica.
Inoltre, l’istituto della questione di fiducia impiegato massicciamente per
far convertire i decreti legge e, quindi, il ricorso alla decretazione d’urgenza svuotano di sostanza il dibattito parlamentare.
Va inoltre ricordato che l’Italia ha tentato di ispirarsi al modello bipartitico
inglese, come dimostrano le modifiche apportate alla legislazione elettorale a partire dal 1993, approdando però ad un fragile bipolarismo caratterizzato dalla presenza di due coalizioni contrapposte in cui i partiti minori
esercitano spesso un ruolo disaggregante (vedi domanda n. 18 bis). Solo le
recenti elezioni politiche (aprile 2008) hanno consegnato al Paese un sistema sostanzialmente bipartitico, sebbene i due partiti di nuova formazione
(Popolo della Libertà e Partito Democratico) siano il risultato dell’aggregazione di una pluralità di forze politiche.
Es
Istituti collegati: principio della capacità contributiva; diritti sociali; doveri inderogabili.
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15. Descrivere sinteticamente le principali caratteristiche e differenze dello Statuto albertino rispetto alla Costituzione repubblicana.
Concetto di Costituzione rigida e valore delle norme costituzionali.
Costituzione formale e Costituzione materiale
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Concetto iniziale: individuare i tratti distintivi dello Statuto Albertino
yr
Caratteristiche: enunciare gli aspetti principali dello Statuto:
• documento concesso unilateralmente «per grazia» dal Sovrano;
• modificabile da legge ordinaria successiva;
• composto da un numero limitato di articoli (cd. «Costituzione breve»).
C
op
(13) La lista bloccata consiste nella imposizione dei candidati in ordine di eleggibilità in ciascuna lista
elettorale, ordine deciso dalle segreterie dei partiti. L’elettore, dunque, non ha più la possibilità di
scegliere nella rosa dei candidati quello che preferisce, ma deve limitarsi alla sola scelta della lista: in
tal modo viene a cadere qualsiasi forma democratica di selezione dei candidati.
.
A
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p.
Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
S.
Paralleli e differenze: la diversità strutturale rispetto alla Costituzione repubblicana alla luce del nuovo concetto di sovranità, attributo istituzionale intangibile
del popolo e non privilegio della dinastia regnante.
Articolazione della risposta
yr
ig
ht
©
Es
se
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Lo Statuto albertino fu concesso (octrayé) dal Re di Sardegna Carlo Alberto in
occasione dei moti rivoluzionari che sconvolsero l’Europa e gli Stati italiani nel
1848. Con tale documento il Re rinunciava definitivamente a rivestire la qualifica di «sovrano assoluto» e associava i rappresentanti della nobiltà e, soprattutto,
della borghesia piemontese, nell’esercizio del potere legislativo all’interno della
Camera dei deputati, riservandosi la sola nomina diretta dei senatori.
Una Costituzione di tal genere rappresentava, però, più un limite a tentazioni assolutistiche che una vera e propria guida per l’azione futura dei
pubblici poteri.
Il suo contenuto, che non era particolarmente esteso (solo 84 articoli comprese le norme transitorie), definiva la procedura con la quale sarebbero
state prese le decisioni future: tale procedura prevedeva la partecipazione
sia del Monarca, attraverso i poteri di iniziativa, di sanzione e
promulgazione, che delle Camere, chiamate a discutere ed approvare, in
veste di titolari della funzione legislativa, il testo della legge.
Le leggi di seguito emanate avrebbero anche dato un significato concreto
agli scarni principi formulati nello Statuto.
Per questi motivi lo Statuto è definito Costituzione ottriata, ossia concessa dall’alto, flessibile, quindi modificabile da legge ordinaria, e breve, cioè
dal contenuto e dall’estensione limitati.
La Costituzione repubblicana del 1948, votata da un organo eletto dal
popolo, l’Assemblea costituente, si caratterizza innanzitutto per la sua rigidità, cioè per la scelta dei Costituenti di sottrarre le decisioni fondamentali del Paese alle mutevoli maggioranze politiche, nonché per il fatto di
disciplinare in maniera più esaustiva i diritti e doveri dei cittadini (Parte I)
e l’ordinamento statale (Parte II).
15 bis. Perché la Costituzione repubblicana è definita «rigida»?
C
op
La Costituzione del 1948 è una Costituzione rigida, modificabile soltanto
con un procedimento aggravato di revisione che richiede il raggiungimento
di una maggioranza parlamentare più ampia di quella che sostiene il Governo (vedi art. 138 Cost.).
.
42
p.
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Parte Prima - Sezione Prima
li
br
i
S.
La valutazione della conformità alla Costituzione delle leggi ordinarie previgenti o successivamente approvate dal Parlamento è, poi, rimessa ad un
apposito organo giurisdizionale in posizione neutrale e di terzietà, la Corte
costituzionale, chiamata ad esercitare un controllo sulla costituzionalità delle leggi e, quindi, ad espungere dall’ordinamento quelle contrarie al dettato
costituzionale e delle leggi costituzionali.
La Costituzione non si limita, infine, a fissare solo regole procedurali, ma
sancisce i principi e i valori posti a tutela dell’uomo e del cittadino che costituiscono il fondamento dell’ordinamento repubblicano, oltre a disciplinare
dettagliatamente il funzionamento degli organi costituzionali e il rapporto
fra lo Stato e le autonomie territoriali.
Quella vigente oggi nel nostro Paese è, quindi, una Costituzione votata,
rigida e lunga (14).
se
15 ter. Esistono articoli della Costituzione che nemmeno una legge
costituzionale può abrogare?
yr
ig
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©
Es
Sì, l’art. 139, da leggersi in stretta connessione con l’art. 1, che definisce la
forma di stato democratico scelta del Costituente, così recita: «La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale», ovvero sancisce la perpetua non modificabilità del nuovo ordinamento repubblicano.
Ciò significa che se viene meno la scelta di questo sistema la Costituzione
non ha più ragione d’essere.
Vigono, inoltre, alcuni principi supremi dell’ordinamento (così definiti dalla
Corte costituzionale nella sentenza 1146/1988) che non possono essere in
nessun caso sovvertiti o modificati: perché sanciscono valori insopprimibili
sui quali si fonda la Costituzione: la sovranità popolare (sent. 18/82); il principio pluralistico (sent. 62/99); il principio di eguaglianza (art. 3), il dovere
di solidarietà (art. 2), il principio di laicità (203/89 e ss.) la tutela del lavoro
(art. 4), l’unità e indivisibilità della Repubblica (art. 5), il diritto alla difesa
(18/82 e ss.); la libertà personale (236/86); la libertà e segretezza della corrispondenza (366/91); la parità del voto (261/95) (15).
La stessa Corte costituzionale ha, inoltre, individuato nei diritti inviolabili della persona umana dei limiti assoluti al potere di revisione costitu-
C
op
(14) Si consiglia la lettura della Costituzione esplicata di questa casa editrice (volime E5) che offre
un’esauriente spiegazione di tutti gli articoli anche in comparazione con lo Statuto Albertino.
(15) I numeri tra parentesi si riferiscono agli estremi delle sentenze di Cassazione che meglio li hanno
esplicati.
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A
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p.
Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana
S.
zionale, in quanto diritti fondamentali (che fanno capo all’individuo) e sono
preesistenti (secondo una concezione giusnaturalistica) all’ordinamento
che quest’ultimo è tenuto a riconoscere e tutelare.
15 quater. Quali tipologie di norme sono contenute nella nostra Costituzione?
Es
se
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br
i
La Costituzione prevede diversi tipi di norme:
— norme di principio, che affermano e/o enunciano principi politico-ideologici di portata universale (comuni a tutte le Costituzioni democratiche), costituenti il nucleo centrale dei suoi contenuti ed aventi prevalentemente tenore etico, economico, sociale, programmatico etc.;
— norme di scopo, che stabiliscono un obbiettivo, una meta che il Costituente si pone, affidando alla Repubblica, attraverso i suoi organi, il
compito di portarli a termine (artt. 2, 3, 4, 5, 6 etc.);
— norme organizzative, che istituiscono organi costituzionali e ne dettano la disciplina dettagliata (Parlamento, Governo, Corte costituzionale
etc.) per evitare che il legislatore ordinario ne ridimensioni l’importanza e la portata. Altri organi, invece, sono semplicemente menzionati
dalla Costituzione, che rinvia al legislatore ordinario per la relativa disciplina (es.: Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Consiglio Nazionale
dell’Economia e del Lavoro, Consiglio Superiore della Magistratura etc.).
ht
©
15 quinquies. Le norme contenute nella Costituzione hanno tutte
identico valore?
yr
ig
Sì. In passato si distinguevano le norme precettive (sempre e comunque
applicabili) da quelle programmatiche, la cui efficacia ed applicabilità erano condizionate alla successiva emanazione di leggi di dettaglio e che, secondo alcuni giuristi, non avevano pertanto valore giuridico.
Oggi la dottrina è unanime nel riconoscere la piena e completa precettività
di tutte le norme costituzionali che, se non trovano immediata applicazione, costituiscono comunque criteri guida obbligatori per il legislatore.
op
15 sexies. Che differenza c’è tra Costituzione formale e Costituzione materiale?
C
La Costituzione formale è il documento solenne contenente i principi e le
norme supreme di organizzazione dello Stato.
.
44
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Parte Prima - Sezione Seconda
se
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S.
Può essere ottriata, se concessa unilateralmente dal Sovrano, o votata, se
voluta dal popolo e scelta dal corpo elettorale, che ne delega la redazione
ad una Assemblea costituente democraticamente eletta.
È la «lex legum» (la legge delle leggi) al vertice della gerarchia delle fonti
e connota il sistema; si tenga presente che negli ordinamenti di common
law non esiste una Costituzione scritta, ma vigono una serie di principi
consacrati nei cd. «Atti Storici» (Magna Charta Libertatum, Bill of Rights,
Habeas Corpus, che affermano i principi di base del regime).
La Costituzione materiale, secondo Costantino Mortati, è l’espressione
dei principi e delle norme propugnati dalla classe di governo che «effettivamente» sono in vigore in un dato momento storico e che riflettono l’ideologia del gruppo politico dominante. Essa è, dunque, la forza normativa
della volontà politica posta a fondamento del sistema per garantirne l’unità
e colmarne le eventuali lacune.
Es
Istituti collegati: procedimento di revisione costituzionale; Corte costituzionale; organi costituzionali; organi di rilievo costituzionale.
©
16. La tregua istituzionale e le vicende che portarono alla nascita
della Repubblica italiana e all’emanazione della Costituzione.
La scelta della forma repubblicana e il carattere compromissorio del testo costituzionale vigente
Concetto iniziale: chiarire il significato di tregua istituzionale.
yr
ig
ht
Caratteristiche: individuare gli aspetti della tregua (Patto di Salerno) fra Monarchia e forze politiche antifasciste:
• nomina di un Governo che fosse espressione dei partiti antifascisti;
• decisione di rimettere ad un’istituenda Assemblea costituente la scelta della
forma istituzionale e la deliberazione della nuova Costituzione dello Stato;
• impegno a non compiere atti che pregiudicassero la soluzione della questione istituzionale.
Altri elementi da evidenziare: analisi delle vicende successive che portarono
all’emanazione della Costituzione.
C
op
Paralleli e differenze: le innovazioni introdotte dal successivo decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98.
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Le fonti del Diritto
Articolazione della risposta
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S.
Dopo la caduta del fascismo e l’occupazione nazista del Paese, l’Italia rimase divisa in due tronconi: le regioni del Nord, ancora in mano alle forze
nazi-fasciste, con capitale a Salò (da cui il nome Repubblica di Salò), teatro della resistenza delle forze anti-fasciste coordinate dal Comitato di liberazione per l’alta Italia; il Meridione, progressivamente liberato dagli
eserciti alleati, dove si instaurò, invece, il Regno del Sud.
Liberato il Paese, dopo un primo periodo caratterizzato dalla ostilità fra
partiti anti-fascisti e Monarchia, con il patto di Salerno nella primavera
del 1944 si raggiunse una tregua istituzionale fra le parti in conflitto con
i nazi-fascisti per decidere le future sorti dell’Italia.
Il nuovo Governo Bonomi fu composto da esponenti di tutti e sei i partiti
anti-fascisti, mentre il Re si ritirò a vita privata e la risoluzione della questione istituzionale, ossia la scelta fra Monarchia o Repubblica, fu rimessa
ad una istituenda Assemblea costituente eletta dal popolo, con il compito di
redigere la nuova Costituzione dello Stato.
Infine, i ministri e i sottosegretari di Stato si impegnarono ufficialmente a
non compiere, fino alla convocazione dell’Assemblea costituente, nessun
atto che comunque potesse influenzare o pregiudicare la soluzione della
questione istituzionale.
©
16 bis. Come ebbe luogo dopo la caduta del fascismo la scelta della
forma repubblicana?
C
op
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ht
Rispetto ai contenuti della tregua di Salerno del 1944, il decreto legislativo luogotenenziale del 16 marzo 1946, n. 98, introdusse una sostanziale
modifica: la scelta della forma istituzionale veniva rimessa direttamente
alla volontà del popolo mediante referendum (o plebiscito, data l’importanza della decisione). Solo dopo la risoluzione della questione istituzionale da parte del popolo, l’Assemblea costituente avrebbe redatto la nuova
Costituzione prendendo atto del risultato del referendum, definito appunto istituzionale.
Il 9 maggio, però, il re Vittorio Emanuele, che in base al patto di Salerno si
era ritirato a vita privata senza tuttavia abbandonare il trono, riapparve sulla scena e dichiarò di abdicare a favore del figlio Umberto II, nominandolo
luogotenente del Regno e venendo così meno agli accordi sanciti in sede
di tregua istituzionale.
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Parte Prima - Sezione Seconda
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S.
Fu in questo clima che il 2 giugno 1946 ebbe luogo il referendum istituzionale nel quale prevalse di stretta misura la scelta della forma repubblicana. Furono eletti i membri dell’Assemblea Costituente, che il 28 giugno
elessero Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, e il luogotenente
Umberto II fu costretto all’esilio.
Per poter redigere il testo della Costituzione, in seno all’Assemblea, fu
nominata la Commissione dei 75, presieduta dall’onorevole Ruini, che dopo
sei mesi presentò il progetto di Costituzione.
La Costituzione della Repubblica fu così promulgata da Enrico De Nicola
il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948.
La Costituzione, frutto dell’incontro delle parti sociali più eterogenee (209 deputati democristiani, 115 socialisti, 104 comunisti, oltre che liberali, repubblicani etc.),
rappresentò un accordo compromissorio sintesi del pensiero e delle ideologie
delle diverse componenti politiche a quei tempi del Paese, compromesso di cui
sono frutto numerose affermazioni contenute nel testo costituzionale e che costituisce la chiave di lettura di molte disposizioni non sempre chiare ed intellegibili (16).
Es
Istituti collegati: Stato fascista; Statuto Albertino.
16 ter. Cosa si intese nel 1948 con l’espressione conventio ad
excludendum?
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Fu un accordo raggiunto nel 1948 tra i partiti centristi con il quale si escludeva pregiudizialmente ogni tipo di coalizione di governo con i partiti delle sinistre.
Tale intesa, derivante da una contingenza internazionale (la cd. guerra fredda) tendeva ad escludere nei Paesi al di qua della «cortina», ogni ingerenza
comunista, che, comunque, potesse costituire un avamposto occidentale
del sistema sovietico.
In conseguenza della conventio ad excludendum nel nostro Paese si è creata una situazione di democrazia bloccata nella quale è caduta ogni possibilità di alternanza al governo.
Ulteriore effetto della conventio ad excludendum è stato il cd. congelamento
della Costituzione, cioè l’impossibilità di qualsiasi modifica del sistema
C
op
(16) Così, ad esempio, il voto, definito dall’art. 48 un «dovere unico», deve essere inteso eslcusivamente
come diritto, coerentemente con il principio della libertà di manifestazione del pensiero. Tale manifestazione, infatti, può essere anche «negativa», cioè non oggettivarsi in una azione positiva quale è il
recarsi alle urne.
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47
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Le fonti del Diritto
br
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S.
costituzionale, attraverso il procedimento di revisione costituzionale; infatti il peso politico delle sinistre in Parlamento, pur se successivamente
attenuato con l’ingresso dei socialisti nel governo (cd. centro-sinistra), è
stato tale da impedire una maggioranza che potesse coagulare una convergenza dei 2/3 dei suffragi, quorum richiesto, salvo referendum, per l’emanazione di leggi costituzionali.
Soltanto con la fine del periodo della guerra fredda e la riforma elettorale
del 1993 la conventio ad excludendum fu superata.
se
li
17. Descrivere il ruolo dei partiti nel passaggio dallo Stato liberale a quello democratico.
Dal partito come «movimento di opinione» al «partito di
massa»
Concetto iniziale: chiarire il ruolo dei partiti dopo l’affermazione del principio
del suffragio universale e della democrazia di massa.
Es
Caratteristiche: individuare le caratteristiche principali dei partiti politici di massa:
• presenza di una struttura organizzativa permanente e solida;
• professionalizzazione degli esponenti di partito;
• mobilitazione degli iscritti intorno ad un’idea forte e ad un conseguente programma politico.
©
Paralleli e differenze: le differenze con i partiti di «notabili» dello Stato liberale,
che rappresentavano soprattutto «movimento di opinione».
ht
Articolazione della risposta
op
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ig
Un ruolo fondamentale nell’affermazione e nella individuazione dei tratti
caratteristici della forma di Stato democratico in tutti gli ordinamenti contemporanei è assunto dai partiti politici.
Con l’affermazione del principio del suffragio universale e la conseguente
estensione del diritto di voto tendenzialmente a tutti i cittadini adulti (almeno quelli di sesso maschile) (17), si pose la necessità di organizzare la
partecipazione alla vita politica del Paese di milioni di persone, alle quali
dovevano essere presentati candidati e programmi intorno ai quali ricerca-
C
(17) Il suffragio universale maschile fu introdotto da Giovanni Giolitti con la L. 666/1912. La legge prevedeva
l’estensione dell’elettorato attivo a tutti i cittadini maschi di età superiore ai 30 anni senza alcun requisito di
censo né di istruzione; per i maggiorenni di età inferiore ai 30 anni restavano invece ferme le condizioni di
censo o di regolare prestazione del servizio militare o il possesso di titoli di studio già richiesti in precedenza.
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Parte Prima - Sezione Seconda
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re il consenso: nacquero, così, i partiti di massa.
Pur sorti con le stesse finalità, i partiti di notabili tipici dello Stato liberale avevano rappresentato solo dei movimenti di opinione, in quanto associazioni composte generalmente da un ristretto numero di persone, caratterizzate da una sostanziale omogeneità economica, sociale e culturale, e che
svolgevano prevalentemente la funzione di comitato elettorale durante le
elezioni. I candidati successivamente eletti, non vincolati da legami di partito troppo stretti e senza alcuna precisa ideologia, ricercavano il modo
migliore di curare l’interesse generale (oltre a quello prevalente delle classi che rappresentavano) all’interno delle aule parlamentari: la differenziazione più significativa era quella tra Monarchici e Repubblicani.
17 bis. Cosa si intende per partito di massa?
op
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Con il suffragio universale nacquero i partiti di massa, che rappresentavano tutti gli strati sociali: borghesi, operai, contadini. Soprattutto queste ultime due classi si dotarono da subito di un’organizzazione capillare,
permanente e solida, in grado di reclutare iscritti e potenziali simpatizzanti per mobilitarli alla lotta politica non solo a fini elettorali, ma anche
e soprattutto al fine di ottenere in sede parlamentare leggi che apportassero un miglioramento delle condizioni di vita delle classi più deboli.
Nacquero, così, gli apparati di partito che professionalmente svolgono
tale attività, traendo da essa i mezzi per la propria esistenza (cd. burocrazia di partito).
I primi partiti di massa, dunque, sono espressione soprattutto di gruppi
sociali emarginati, in particolare della classe operaia, che sfruttano la forza
del numero e dell’aggregazione collettiva per equilibrare, ed eventualmente ribaltare, i rapporti di forza all’interno della Camera (18).
Per questo motivo essi mobilitano i propri iscritti intorno ad un’idea forte
(è il caso del partito socialista) e ad un programma politico coerente con i
loro interessi.
Anche i candidati eventualmente eletti in questa tipologia di partiti operavano in maniera diversa dai notabili del periodo liberale. Essi trasferivano
in Parlamento le identità e i programmi del partito di appartenenza, assoggettandosi ad una rigida disciplina interna che consentiva ai partiti di ap-
C
(18) Si ricordi che nel «Senato del Regno» non esisteva una siffatta dialettica, essendo i senatori persone
scelte dalla Corona e successivamente dal partito fascista (cd. «infornate di fascisti»).
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49
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Le fonti del Diritto
S.
partenenza di controllare e dirigere indirettamente, attraverso i propri rappresentanti, l’azione politica del Parlamento e del Governo.
Istituti collegati: partiti politici; diritto di voto.
i
18. Lo Stato democratico e sociale oggi
br
Concetto iniziale: descrivere la condizione in cui si trova oggi lo Stato democratico e sociale.
se
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Caratteristiche: individuare le caratteristiche dello Stato contemporaneo:
• la frantumazione della società civile;
• la crisi fiscale dello Stato;
• la conseguente riduzione delle prestazioni sociali;
• il difficile equilibrio fra spesa pubblica e obblighi internazionali di stabilità;
• la sussidiarietà verticale e orizzontale come risposta.
Paralleli e differenze: la forma di governo italiana nell’attuale congiuntura politica.
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Articolazione della risposta
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Nel XXI secolo anche lo Stato democratico, uscito vincitore dalla contrapposizione con i regimi fascisti prima e con i regimi comunisti poi, attraversa una fase di profonde trasformazioni legate ai processi di globalizzazione, di integrazione sovranazionale e di frammentazione sociale. Tali
cambiamenti possono essere sintentizzati così:
— la società articolata in classi contrapposte ed organizzate in partiti e sindacati si frantuma in un arcipelago di gruppi sociali e di individui solo
provvisoriamente e temporaneamente associati per la realizzazione di interessi comuni. I flussi migratori dai Paesi in via di sviluppo tendono,
inoltre, ad immettere in collettività coese dal punto di vista etnico, religioso e linguistico significativi elementi di tensione e di conflittualità;
— l’affermazione generalizzata dei principi liberisti nell’economia internazionale impone allo Stato di ridurre la pressione fiscale, per evitare
che capitali e imprese si spostino dal territorio in cui esso esercita la sua
sovranità per ricercare altrove condizioni di investimento più remunerative. La crisi fiscale dello Stato pone, però, limiti ingenti alla spesa
pubblica e alle politiche di ridistribuzione delle risorse;
— i diritti sociali, che implicano prestazioni nei confronti della collettività, sono
conseguentemente condizionati dalle possibilità finanziarie dei singoli Stati;
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Parte Prima - Sezione Seconda
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S.
— lo Stato esclude per alcuni servizi sociali un’erogazione di carattere
universalistico, indipendente cioè dal reddito di chi ne usufruisce, e
incentiva il singolo a fronteggiare con i propri mezzi eventi della vita
quali vecchiaia, malattie e infortuni. Lo Stato democratico sta in pratica
cercando di risolvere un importante dilemma: come ridurre la spesa
pubblica (nel caso europeo anche per effetto di parametri economici da
rispettare per l’appartenenza all’Unione europea) continuando a garantire onerosi servizi, considerati ormai acquisiti dai propri cittadini (assistenza, pensione etc.);
— compiti propri dello Stato sociale sono conferiti agli enti territoriali,
affinché siano gestiti in modo più efficiente e sotto il controllo diretto
dei cittadini (sussidiarietà verticale), o addirittura sono attribuiti a questi ultimi riuniti in formazioni sociali senza scopo di lucro (sussidiarietà
orizzontale) (vedi parte IX, domanda n 7).
Es
18 bis. Oggi si parla insistentemente di Terza Repubblica nella quale il
sistema essenzialmente bipartitico farebbe lentamente traslare
la forma di governo da «parlamentare» a «presidenziale».
©
La nostra Repubblica ha vissuto negli ultimi anni un periodo di debole
«bipolarismo», caratterizzato dall’accorpamento delle forze politiche in
due poli che hanno accorpato partiti portatori di ideologie ed interessi in
netta contrapposizione, incapaci quindi di esprimere una visione politica
coerente ed unitaria.
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Proprio un contrasto fra le forze politiche presenti in seno alla maggioranza (caso Mastella)
ha determinato la caduta del secondo Governo Prodi. Tutto ciò ha portato a nuove elezioni
basate sul sistema delle liste bloccate (in base al quale la scelta dei parlamentari viene demandata
esclusivamente alle segreterie dei partiti) e del premio di maggioranza, che hanno determinato la vittoria della coalizione di centro-destra guidata da Silvio Berlusconi. Le elezioni hanno
determinato l’esclusione dalle aule parlamentari della sinistra radicale ed antagonista, lasciando
all’opposizione soltanto tre partiti (UdC, Italia dei Valori e Partito Democratico).
Il leader del principale di questi partiti, sull’esempio svedese e anglosassone, ha dato vita
ad un cd. «governo-ombra» che, in contemporanea con i ministri del governo in carica,
manifesta pubblicamente le sue strategie e i suoi programmi politici, esprimendo una visione alternativa dei problemi che si pongono nel governo quotidiano del Paese per sensibilizzare
l’opinione pubblica ad una possibile alternativa di governo (vedi domanda 18 ter).
C
Tuttavia, la forma di governo attuale sconta il venir meno della centralità del
Parlamento (la cui maggioranza è fedele al premier e difficilmente potrà contraddirlo né, tantomeno, «sfiduciarlo») e si caratterizza per una dialettica Go-
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Le fonti del Diritto
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verno-Parlamento fortemente attenuata anche dalla possibilità del ricorso alla
«questione di fiducia» che si traduce in dittatura assoluta della maggioranza.
Alla centralità del Parlamento si sostituisce oggi una onnipotenza delle
segreterie di partito, le quali, secondo l’interpretazione comunemente accolta dell’art. 49 Cost., non sono tenute a rispettare alcun limite di democrazia interna e di rendiconto agli elettori.
Queste premesse, dunque, portano ad una concentrazione di poteri nelle
mani del premier, che una volta assicuratosi il pieno appoggio del suo partito non è tenuto successivamente a doversi confrontare con altre forze o
correnti politiche nell’ambito della maggioranza.
La presenza di una opposizione divisa e debole accentua ulteriormente la
centralità del leader di maggioranza.
Questo stato di cose, grazie anche al premio di maggioranza che conferisce un
ulteriore vantaggio a chi governa, avvicina nei fatti il nostro Paese ad un regime di tipo presidenziale, rispetto al quale, tuttavia, manca il momento fondante
della scelta «democratica» dell’elezione diretta del leader da parte del popolo
che, così, legittima l’assunzione degli ampi poteri conferiti al Presidente
(come, ad esempio, accade nella forma di governo degli Stati Uniti).
18 ter. Cos’è il Governo ombra (shadow cabinet)?
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Nel sistema bipartitico l’organizzazione di vertice del partito di opposizione
organizza il cd. «governo ombra», cioè nomina una serie di Ministri-ombra e
fa da controaltare alle decisioni del governo in carica portando a conoscenza
dell’opinione pubblica proposte di scelte politiche alternative.
In Gran Bretagna tale carica è istituzionalizzata, in quanto il leader dell’opposizione è d’ufficio il Primo ministro ombra con diritto ad uno stipendio
a spese dello Stato e vigila sull’operato del governo attraverso uno strumento
efficace: le question time, che sono domande dirette rivolte ai ministri responsabili in relazione al concreto operato di governo: una specie, cioè, di
interrogazioni cui, però, deve seguire una risposta e non una dichiarazione.
È auspicabile che una opposizione seria nel formare un governo ombra coinvolga personalità competenti e di notorietà indiscussa per dare maggiore
credibilità e credito alle sue proposte alternative e, così, guadagnare più facilmente l’attenzione e le preferenze dell’opinione pubblica.
C
Istituti collegati: Repubblica parlamentare; Repubblica presidenziale; sistemi elettorali; premio di maggioranza; differenza tra leader di governo e premier.
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Parte Prima - Sezione Seconda
19. Cosa si intende per teoria generale delle fonti?
Classificazione delle fonti
S.
Sezione Seconda
Le fonti del Diritto
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Concetto iniziale: nozione di teoria generale delle fonti.
br
Altri elementi da evidenziare: la classificazione delle fonti in fonti di produzione, fonti sulla produzione, fonti di cognizione.
li
Paralleli e differenze: indicare gli elementi di differenziazione tra fonti-atto e
fonti-fatto.
Articolazione della risposta
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Es
se
La teoria generale delle fonti è quella parte della scienza giuridica che
studia le relazioni fra le fonti, cioè quegli atti o fatti dai quali l’ordinamento fa discendere la creazione, modificazione ovvero estinzione delle
norme che lo costituiscono.
In particolare, le fonti in questione sono dette fonti di produzione del
diritto. Ne sono altrettanti esempi la consuetudine (fonte-fatto) (19), la
Costituzione e la legge (fonti-atto). Si noti che le fonti di produzione non
sono equiordinate, ossia poste tutte sullo stesso piano (vedi infra).
Esistono poi fonti che ci consentono di apprendere l’esistenza e il contenuto delle norme giuridiche, e sono dette fonti di cognizione, come alcuni
documenti ufficiali (es: la Gazzetta Ufficiale della Comunità europea
(G.U.C.E.), la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, il Bollettino
Ufficiale della Regione (B.U.R.), etc.).
Le fonti sulla produzione, infine, sono quelle che disciplinano i procedimenti formativi delle fonti di produzione, indicando l’autorità competente
ad emanarle ed i modi della loro adozione.
Tra le fonti sulla produzione si annoverano le Disposizioni sulla legge in
generale, premesse al Codice civile, con le quali si dettano disposizioni ge-
C
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(19) Le fonti-fatto si caratterizzano per la loro legittimazione ex-post: mentre le fonti-atto sono oggetto
di precise statuizioni da parte dello Stato, che ne determina a priori contenuti, limiti e portata, le fontifatto consistono in comportamenti umani o fatti sociali non esplicitamente previsti dalla legge, ma
che, se tenuti dalla generalità dei consociati per un certo lasso di tempo (consuetudini), possono vedersi attribuita valenza normativa dall’ordinamento giuridico.
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A
Le fonti del Diritto
S.
nerali in materia di fonti, nonché la stessa Costituzione, che, oltre ad essere
la prima fonte di produzione statuale, costituisce anche una fonte sulla produzione, dal momento che disciplina i processi di produzione delle fonti del
diritto (come, ad esempio, le leggi ordinarie e quelle costituzionali).
br
i
Istituti collegati: ordinamento giuridico; norme consuetudine (intesa
come fonte fatto); giuridiche; criterio gerarchico; criterio della competenza; criterio cronologico.
li
20. In che modo vengono risolti i conflitti fra norme poste da
fonti collocate sullo stesso piano?
Criteri di risoluzione delle antinomie. La riserva di regolamento
se
Riferimento normativo: art. 15 disp. prel. c.c.
Concetto iniziale: chiarire le modalità con le quali l’ordinamento giuridico italiano risolve i contrasti fra norme poste da fonti collocate sullo stesso piano.
Es
Caratteristiche: precisare quali sono i diversi tipi di abrogazione:
• espressa;
• tacita;
• per nuova disciplina dell’intera materia.
Paralleli e differenze: la differenza fra illegittimità e abrogazione delle norme.
©
Altri elementi da evidenziare: gli altri criteri di risoluzione delle antinomie: il
criterio gerarchico e quello della competenza.
ht
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
In un ordinamento giuridico democratico e pluralista come quello italiano,
la eterogeneità delle fonti del diritto e la molteplicità dei relativi livelli di
produzione (sovranazionale, nazionale, regionale etc.) rendono altamente
probabile che una stessa fattispecie sia disciplinata in modo confliggente
da norme poste da fonti diverse, da fonti appartenenti allo stesso tipo ma
emanate in momenti e con modalità diverse.
Tuttavia, l’esigenza di certezza del diritto impone che eventuali antinomie,
cioè, contrasti tra le fonti, siano risolte attraverso l’applicazione di una
serie di criteri generali che consentano di individuare l’unica ed effettiva
norma da applicare al caso concreto.
Quando due norme confliggenti sono poste da fonti dello stesso tipo, collocate, quindi, sullo stesso piano (ad esempio due leggi ordinarie), il crite-
.
54
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
S.
rio applicato per eliminare le antinomie è quello cronologico, in base al
quale non si applica, perché si ritiene abrogata, la norma precedente, bensì
quella successiva, in base al principio lex posterior derogat priori (20).
L’abrogazione è il fenomeno giuridico in base al quale l’area di applicabilità di una norma
viene circoscritta nel tempo da una norma successiva, nel senso che se prima essa era riferibile
ad una serie indefinita di fatti futuri, dopo l’abrogazione trova applicazione solo ad una
serie definita di fatti passati.
se
li
br
i
L’art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile, che regola l’applicazione del criterio cronologico, individua tre diversi tipi di abrogazione:
— espressa, quando è la stessa fonte a prevederla individuando espressamente le norme ad essa soggette;
— tacita, quando la disciplina successiva è da considerarsi incompatibile
con la precedente;
— innominata, quando la fonte successiva regola l’intera materia già disciplinata da fonte anteriore.
Es
L’abrogazione si distingue dalla illegittimità relativa alle norme poste da fonti di grado
inferiore che siano confliggenti con norme poste da fonti di grado superiore. In questo caso
l’ordinamento utilizza il criterio gerarchico per risolvere le antinomie normative.
20 bis. Cos’è il criterio della competenza?
yr
ig
ht
©
La Costituzione, fonte rigida, può introdurre un ulteriore criterio: quello
della competenza, riservando così, ad una fonte determinata e solo ad
essa, la disciplina di specifiche fattispecie con esclusione di tutte le altre
fonti, comprese le leggi costituzionali.
È il caso dell’art. 64 Cost. (vedi domanda seguente), che così recita: «ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei
suoi componenti».
Ciò significa che nemmeno una legge costituzionale può modificare o abrogare il regolamento di una Camera (cd. interna corporis), se non abrogando la norma costituzionale che introduce la «riserva di regolamento», la
C
op
(20) Si noti che il criterio cronologico non trova applicazione quando la norma precedente ha carattere
speciale, intervenendo in un settore già regolato da una legge generale e dettando un trattamento diverso rispetto ad un aspetto parziale: in tale circostanza la legge (generale) successiva non ha effetto
abrogatorio sulla norma speciale.
Anche nel caso di legge eccezionale (che pone per determinati valori ed interessi una particolare
derogatoria) vale lo stesso principio.
.
55
p.
A
Le fonti del Diritto
se
li
br
i
S.
quale consente a ciascuna assemblea, attraverso il potere regolamentare, di
organizzare in totale autonomia la propria attività.
Allo stesso modo, tutti gli altri organi costituzionali, per poter essere liberi, indipendenti e superiorem non recognoscentes, godono di una autonomia regolamentare, escludendo così qualsiasi altro potere da interferenze
sulle proprie regole di funzionamento (21).
Ciò però non significa che l’organo costituzionale possa operare indiscriminatamente
in tal senso: così, ad esempio, i regolamenti parlamentari non possono escludere la
pubblicità delle sedute, in quanto questa è prevista direttamente dalla Costituzione
come regola che consente il controllo del popolo (sovrano) sulle istituzioni.
Il criterio della competenza è particolarmente rilevante nel rapporto StatoRegioni e nell’individuazione delle materie di legislazione esclusiva statale o regionale e delle materie di legislazione concorrente (art. 117 Cost.,
così come modificato dalla L. cost. 3/2001 vedi parte nona).
Es
Istituti collegati: abrogazione; illegittimità della norma; regolamenti parlamentari.
21. Le norme poste dai regolamenti parlamentari possono essere abrogate da una legge di rango costituzionale?
©
Riferimenti normativi: artt. 64 e 72 Cost.
Concetto centrale: chiarire che i rapporti fra legge ordinaria e regolamenti parlamentari sono regolati dal principio di competenza.
ht
Paralleli e differenze: il criterio di competenza e quello gerarchico.
ig
Articolazione della risposta
op
yr
Secondo quanto prevede l’art. 64 della Costituzione, ciascuna Camera
adotta il proprio regolamento, dettando le norme relativa alla propria
organizzazione ed al proprio funzionamento.
Ulteriori contenuti di tale fonte sono individuati dall’art. 72, che assegna
ad essa il compito di integrare la Costituzione in tema di procedimenti di
formazione delle leggi.
C
(21) La riserva di regolamento costituisce una garanzia da eventuali interferenze ad opera di poteri
esterni che, se avessero la facoltà di dettare norme al riguardo, potrebbero avere l’occasione di paralizzare l’attività dell’organo stesso.
.
56
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
li
br
i
S.
La Costituzione riserva a tale fonte alcune materie che non possono essere
regolate dalla legge, pena la lesione dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta singolarmente a ciascun ramo del Parlamento.
In questo caso l’eventuale antinomia normativa è risolta applicando il
criterio della competenza, per cui prevale la norma posta dalla fonte a cui
la Costituzione riserva la disciplina esclusiva di una determinata materia.
La norma della legge che dovesse modificare un regolamento parlamentare è come tale illegittima, più precisamente incostituzionale, in quanto si
pone in contrasto con la norma costituzionale che attribuisce ad altra fonte
(cioè a ciascuna camera individualmente) la competenza, e viola il principio di autonomia organizzatoria, prerogativa irrinunciabile di ciascuna
Camera e di ciascun organo costituzionale (22).
se
Istituti collegati: antinomie; criterio della competenza; organi costituzionali.
Es
22. Cosa si intende per fonti rinforzate?
Riferimenti normativi: artt. 7 e 132 Cost.
Concetto iniziale: chiarire il concetto di «fonti rinforzate».
©
Caratteristiche: individuare nell’aggravamento del procedimento di formazione
la caratteristica essenziale delle fonti rinforzate.
ht
Altri elementi da evidenziare: la collocazione delle fonti rinforzate nella più
ampia categoria delle fonti atipiche.
ig
Articolazione della risposta
yr
Si definiscono «rinforzate» quelle fonti la cui emanazione richiede un
procedimento aggravato.
L’art. 132, co. 1, Cost., ad esempio, prevede che il procedimento di formazione delle leggi costituzionali che dispongono la fusione o la creazione di
nuove Regioni sia aggravato in quanto, oltre alla «normale procedura»,
C
op
(22) Questa norma vale, ad esempio, anche per il contenzioso di lavoro relativo al personale delle due
assemblee. Eventuali cause di lavoro, infatti, non sono azionabili presso i giudici ordinari, ma solo
dinnanzi a organi appositamente istituiti presso le due assemblee. In tali casi si parla più propriamente
di «autodichia» riconosciuta alle Camere.
.
57
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A
Le fonti del Diritto
se
li
br
i
S.
richiede che sia accompagnato anche dalla preventiva richiesta di un determinato numero di Consigli comunali, dal parere dei Consigli regionali interessati e dal referendum delle popolazioni interessate.
Per le fonti rinforzate, dunque, non è sufficiente il normale iter legislativo
previsto perché la legge sia approvata.
I normali requisiti richiesti dalla Costituzione, dunque, sono necessari, ma
non sufficienti a che il nuovo testo legislativo entri in vigore, in quanto in
questo caso il costituente richiede anche (tra l’altro) il preventivo consenso
delle popolazioni interessate dalla modifica territoriale.
Le fonti rinforzate rientrano nella più generale categoria delle fonti atipiche,
differenziandosi dal tipo quanto alla forma.
Le leggi atipiche in senso stretto sono, invece, quelle che godono di una
forza attiva o passiva diversa dal tipo cui appartengono. Le leggi di bilancio, ad esempio, godono di una forza attiva depotenziata rispetto al tipo
della legge ordinaria, in quanto non possono stabilire nuovi tributi o nuove
spese ex art. 81 Cost.
Es
22 bis. Le modifiche ai Patti lateranensi costituiscono esempio
di fonti rinforzate?
ig
ht
©
Altro esempio è dato dall’art. 7 della Costituzione, il quale prevede che le
modifiche dei Patti Lateranensi, pur non richiedendo procedimento costituzionale, necessitano di un preventivo patto (cd. principio pattizio)
con cui lo Stato italiano stabilisca di comune accordo con la Chiesa (intesa come Stato della Città del Vaticano) ogni eventuale successiva modifica dei Patti.
Si noti che anche i rapporti con le altre confessioni religiose sono regolati
con intese tra le parti, ma rientrano nel diritto interno e non hanno rilievo
internazionale (vedi ante domande n. 8 e 9).
C
op
yr
Istituti collegati: Regioni; rapporti tra Stato e Chiesa cattolica.
.
58
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Parte Prima - Sezione Seconda
23. Esistono limiti alla revisione costituzionale?
S.
Riferimenti normativi: artt. 138 e 139 Cost.
Concetto iniziale: chiarire che la revisione costituzionale non può mai produrre
un mutamento dei principi fondamentali della Costituzione.
br
i
Elenco caratteristiche: individuare i due tipi di limiti posti alla revisione costituzionale:
• limiti espliciti, espressamente indicati dalla Costituzione;
• limiti impliciti, ricavabili dai principi generali sanciti dalla Costituzione.
Altri elementi da evidenziare: fare riferimento al carattere rigido della Costituzione repubblicana ed al procedimento aggravato previsto per la sua revisione.
se
Articolazione della risposta
li
Paralleli e differenze: differenza tra potere costituente e potere costituito.
C
op
yr
ig
ht
©
Es
La Costituzione, per il suo carattere di rigidità, può essere modificata esclusivamente da fonti di rango superiore alle leggi ordinarie, denominate leggi di revisione costituzionale, che hanno la forza di integrare, abrogare,
sostituire o emendare gli articoli della Costituzione.
Tuttavia, non tutte le norme ricavabili dalla Costituzione sono modificabili
da tali leggi. Il potere di revisione è, infatti, un potere costituito, cioè destinato a svolgersi nei limiti previsti da una fonte che è espressione, invece, di
un potere costituente, esauritosi con l’approvazione della stessa Costituzione repubblicana.
Il primo dei limiti imposti dalla Costituzione è il procedimento aggravato
di formazione della legge costituzionale previsto dall’art. 138; questo
procedimento è affidato allo stesso Parlamento ed è lo stesso previsto per
le altre leggi costituzionali.
Esso, cioè, prevedendo maggioranza qualificata, doppia deliberazione ed
eventuale referendum, mette la Costituzione al riparo da possibili colpi di
mano della sola maggioranza assoluta (50% + uno), per consentire anche
ad altre forze politiche di far sentire il loro peso decisionale nelle scelte
fondamentali della comunità.
Si noti che una eventuale legge di revisione costituzionale può prevedere una
diversa disciplina dell’aggravamento, ma non ridimensionarne i contenuti.
La Costituzione, poi, esclude espressamente (limite esplicito), all’art. 139,
che la forma repubblicana possa essere oggetto di revisione.
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Le fonti del Diritto
23 bis. Cosa si intende per limiti impliciti?
br
i
S.
Le disposizioni costituzionali che fanno riferimento alla forma repubblicana, la stessa denominazione di Costituzione repubblicana, nonché il carattere elettivo e temporaneo della carica di Capo dello Stato, non possono,
pertanto, mai essere soggette a revisione. Tale limite, sancito espressamente, discende dal fatto che la scelta a favore della Repubblica fu operata
direttamente dal popolo mediante referendum istituzionale il 2 giugno 1946,
per cui tale materia fu sottratta alla disponibilità della stessa Assemblea
costituente che approvò la Costituzione.
ht
©
Es
se
li
Ai limiti espliciti la Corte costituzionale ha affiancato anche altri limiti,
detti «impliciti», identificabili nei principi supremi dell’ordinamento
costituzionale che costituiscono l’essenza dei valori supremi sui quali si
fonda la Costituzione italiana e tra i quali rientrano i «diritti inviolabili
dell’uomo».
La revisione di tali principi implicherebbe, quindi, un vero e proprio
mutamento della Costituzione.
Appartengono a tale categoria l’inviolabilità dei diritti fondamentali, il valore fondante del lavoro, il principio di eguaglianza, il diritto di manifestazione del pensiero, la libertà di riunione e associazione, l’unità e
indivisibilità della Repubblica, il riconoscimento delle autonomie territoriali, il diritto al voto etc.
La ricognizione e l’aggiornamento di questi e altri principi fondamentali è
affidata alla Corte costituzionale in sede di giudizio di legittimità costituzionale di leggi costituzionali e di revisione costituzionale.
ig
Istituti collegati: concetto di Repubblica democratica; Costituzione rigida; diritti dell’uomo; Corte costituzionale.
yr
24. La decretazione del Governo: decreto legislativo e decreto legge.
Il fenomeno della reiterazione del decreto legge
op
Riferimento normativo: artt. 70, 76 e 77 Cost.
C
Concetto iniziale: chiarire il concetto di «reiterazione» di un decreto-legge e
quali sono le condizioni alle quali tale prassi può risultare conforme al disposto
dell’art. 77 Cost.
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60
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Parte Prima - Sezione Seconda
S.
Caratteristiche: individuare l’unico caso in cui il contenuto di un decreto-legge
può essere riprodotto in un successivo decreto-legge, ossia quando sussistano
nuovi, autonomi e sopravvenuti motivi di necessità ed urgenza che giustifichino
l’emanazione di un decreto-legge reiterativo dei contenuti del primo.
Altri elementi da evidenziare: il controllo della Corte costituzionale sulla sussistenza dei presupposti della necessità ed urgenza.
i
Articolazione della risposta
ht
©
Es
se
li
br
La funzione legislativa, in base all’art. 70 e nel rispetto del principio di
separazione dei poteri, è attribuita al Parlamento. Esistono, tuttavia, delle
circostanze che possono giustificare l’emanazione di atti normativi di
rango primario anche da parte del Governo. È il caso di materie che
richiedono una specializzazione tecnica e un insieme di conoscenze specialistiche che i parlamentari non posseggono, oppure situazioni che vanno fronteggiate con una tempestività che un’Assemblea come il Parlamento non è in grado di assicurare.
Tali circostanze sono disciplinate dagli artt. 76 e 77. In base al primo, l’esercizio della funzione legislativa può essere delegato al Governo, purché
ciò avvenga con legge e nel rispetto di alcune precise condizioni; in base al
secondo, invece, il Governo può, di sua iniziativa e sotto la propria responsabilità, fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza mediante provvedimenti provvisori con forza di legge, che vanno necessariamente convertiti in legge pena la perdita della loro efficacia sin dall’inizio.
Tratto comune agli atti aventi forza di legge è, dunque, la capacità di abrogare norme di legge e di resistere all’abrogazione da parte di fonti di rango
inferiore (cd. forza di legge).
ig
24 bis. Cos’è il decreto legislativo?
C
op
yr
Il decreto legislativo (o decreto delegato) è un atto con efficacia di legge
formale emanato dal Governo in base ad una delega legislativa (e nei limiti di questa) del Parlamento.
La delega del Parlamento è conferita con legge formale ordinaria.
Destinatario della delegazione legislativa può essere soltanto il Governo:
più precisamente è l’organo collegiale o Consiglio dei Ministri.
Non è consentita la delega ai singoli Ministri o ad organi diversi dal Governo; allo stesso modo è vietata la sub-delegazione, per cui il Governo non
può, a sua volta, delegare altro organo.
.
61
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Le fonti del Diritto
li
br
i
S.
La delega legislativa è normalmente conferita dal Parlamento nei casi di
particolare complessità della materia sulla quale legiferare ovvero dell’iter
formativo della legge.
La legge di delega deve definire gli oggetti su cui il Governo potrà esercitare la delega: ovviamente si tratterà di materie su cui il Parlamento può
intervenire (sono escluse, ad esempio, deleghe in materie riservate ai regolamenti parlamentari) e che non sono coperte da riserva formale di legge.
La delega deve essere, inoltre, esercitata in un termine prefissato e nel rispetto di principi e criteri direttivi indicati nella legge. Accanto a tali limiti,
fissati dalla Costituzione, la legge di delega può introdurne altri, ad esempio
imponendo al Governo di ascoltare il parere di commissioni parlamentari.
24 ter. Quali sono i presupposti della decretazione d’urgenza?
yr
ig
ht
©
Es
se
Il Governo, in casi straordinari di necessità ed urgenza può adottare provvedimenti provvisori aventi forza di legge, che, però, devono essere convertiti in legge dalle Camere entro 60 giorni a pena della perdita di efficacia degli
stessi a partire dal momento in cui sono stati emanati (ex tunc).
Il fondamento giuridico di tale istituto si differenzia da quello del decreto
legislativo ed è quello della necessità come fonte autonoma di diritto.
Il potere di emanare un decreto legge spetta soltanto al Governo come organo collegiale (Consiglio dei Ministri) e non anche ai singoli Ministri o
ad altri organi.
Oltre a quello, assai elastico, della necessità ed urgenza, altro limite alla
decretazione d’urgenza riguarda l’impossibilità per il Governo di decretare in quelle materie (approvazione del bilancio o del suo esercizio provvisorio, autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, delegazione legislativa) per le quali è previsto il controllo politico del Parlamento sul Governo.
L’art. 15 della legge 400/1988 ha inoltre precisato che il decreto legge non
può rinnovare le disposizioni di un decreto legge del quale sia stata negata
la conversione in legge con il voto di una delle due Camere, regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti legge non convertiti o ripristinare
l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.
C
op
Nel corso degli anni Novanta, in presenza di maggioranze parlamentari divise al proprio
interno e tali da non poter esprimere una chiara volontà dell’assemblea, il Governo ha fatto
un uso abnorme e distorto del decreto-legge, trasformandolo in uno strumento per forzare
le Camere ad approvare in termini brevi proprie proposte che, se presentate secondo l’iter
ordinario, avrebbero rischiato di essere affossate. Quando la conversione non interveniva
.
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Parte Prima - Sezione Seconda
S.
nei 60 giorni, si è andata inoltre affermando una disdicevole prassi in base alla quale il
Governo provvedeva a presentare un nuovo decreto-legge dal contenuto in tutto o in gran
parte identico a quello non convertito.
se
li
br
i
Ciò ha dato vita al fenomeno della reiterazione dei decreti-legge, che, di
fatto, espropriava il Parlamento della funzione legislativa per un certo periodo di tempo.
Tale espediente ha raggiunto ben presto dimensioni preoccupanti, dando
vita a catene di dieci-quindici provvedimenti consecutivi che disciplinavano «provvisoriamente» una determinata materia per un periodo di tempo
assai lungo (anche uno o due anni), abusando nello spirito e nella lettera
dell’istituto della decretazione d’urgenza, trasformando di fatto il carattere
di eccezionalità del decreto e violando il principio di certezza del diritto
(garantito, invece, dalla legge posta in essere dal Parlamento).
In questo modo si lasciavano nella incertezza gli operatori del diritto, sia
sulla durata nel tempo delle norme reiterate che sulla effettiva conversione
dell’ultimo dei decreti reiterati.
Es
24 quater. È possibile legittimamente reiterare i decreti legge?
C
op
yr
ig
ht
©
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 360 del 1996, ha posto fine al
fenomeno (reiterazione) precisando che la stessa si può avere reiterazione
senza ledere il disposto dell’art. 77 Cost. soltanto quando il decreto che
riproduce il contenuto o soltanto alcune delle disposizioni di un precedente
decreto-legge si fonda su nuovi, autonomi e sopravvenuti presupposti
straordinari di necessità ed urgenza.
In tutti gli altri casi, la prassi della reiterazione altera la forma di governo,
definita dalla Costituzione anche attraverso l’attribuzione della funzione
legislativa ordinaria al Parlamento. Il decreto-legge reiterato, infatti, nega
il carattere provvisorio della decretazione d’urgenza, toglie valore al carattere straordinario di tale intervento normativo con forza di legge e attenua
la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito.
Un siffatto costume legislativo, di fatto, espropria i poteri del legislativo, a
vantaggio dell’Esecutivo.
Con la successiva sentenza n. 171 del 2007, la Corte costituzionale ha
anche precisato che il difetto del requisito del caso straordinario di necessità ed urgenza, una volta intervenuta la conversione in legge del decreto,
si traduce pur sempre in un vizio in procedendo della relativa legge, che
può essere fatto valere nell’impugnativa dinnanzi alla stessa Corte.
.
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Le fonti del Diritto
24 quinquies. Qual è la differenza fra legge formale e legge sostanziale?
li
br
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La legge formale, in quanto espressione del potere legislativo, viene posta
in essere dalle Assemblee legislative (statali e regionali) secondo la procedura prevista per questo tipo di fonte.
La legge in senso sostanziale (decreto legislativo e decreto-legge), pur
consistendo in un atto materialmente legislativo e avendo forza di legge
(con tutto ciò che ne deriva in applicazione del criterio gerarchico delle
fonti), è posta in essere da un’autorità diversa (il Governo) con presupposti, sistemi e procedure (autoassunzione della responsabilità e delega del
Parlamento) che ne legittimano l’adozione.
se
Istituti collegati: decreto legislativo; decreto-legge.
Es
25. Quali sono i rapporti fra fronti comunitarie e fonti interne?
Le modalità di attuazione degli obblighi comunitari. La legge comunitaria.
Riferimento normativo: art. 11 Cost.
©
Concetto iniziale: precisare il fondamento dell’efficacia interna delle fonti comunitarie.
ig
ht
Caratteristiche: individuare le tre fasi della giurisprudenza costituzionale sui
rapporti fra diritto comunitario e diritto nazionale:
• la sentenza n. 14 del 1964;
• la sentenza n. 232 del 1975;
• la sentenza n. 170 del 1984.
Articolazione della risposta
C
op
yr
L’Italia nel 1951 aderisce alla CECA, nel 1957 alla CEE e alla CEEA (anche nota come EURATOM) e successivamente all’Unione europea, il cui
ordinamento è costituito sia dai trattati istitutivi, che rappresentato fonti
primarie, che dalle norme prodotte dalle istituzioni comunitarie, qualificabili
come fonti derivate.
Nell’ambito delle fonti derivate si collocano i regolamenti comunitari,
che hanno portata generale e carattere obbligatorio in tutti i loro ele-
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Parte Prima - Sezione Seconda
Es
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menti (23) e le direttive, che vincolano lo Stato membro quanto ai risultati da raggiungere, lasciandolo libero quanto alla forma normativa e ai
mezzi con cui realizzarli.
Si ricordino, infine, le decisioni, anch’esse obbligatorie ma di portata individuale, cioè indirizzate a destinatari precisi (singoli Stati membri o persone fisiche o giuridiche) che acquistano efficacia con la semplice notifica ai
destinatari (art. 254 Trattato CE).
Le fonti comunitarie sono in grado di dispiegare i propri effetti anche nell’ordinamento nazionale di ciascuno degli Stati membri, e ciò, per la teoria
generale del diritto, è possibile solo in quanto una norma di rango costituzionale lo autorizzi.
Tale norma è rappresentata in Italia dall’art. 11 Cost., che consente limitazioni di sovranità, quale certamente è il riconoscimento dell’efficacia
di fonti esterne nell’ordinamento nazionale, in condizioni di parità con
gli altri Stati qualora le stesse siano necessarie alla creazione e allo sviluppo di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni
(24).
25 bis. Qual è stato l’atteggiamento della Corte costituzionale
dinnanzi a tale problema?
ig
ht
©
In un primo tempo (sentenza n. 14 del 1964), la Corte costituzionale ha
ritenuto che tali limitazioni di sovranità fossero facoltative, per cui il legislatore successivo poteva sempre disciplinare una determinata materia in
modo difforme da una precedente fonte comunitaria.
In una fase intermedia, la Corte ha ritenuto che l’art.11 Cost. attribuisse
alle fonti comunitarie una competenza riservata, che la stessa Corte avrebbe dovuto salvaguardare dichiarando l’incostituzionalità di quelle leggi che
avessero riprodotto, integrato, sostituito o abrogato le norme comunitarie
(sentenza n. 232 del 1975).
C
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(23) Si parla in questo caso di norme self-executing, che hanno diretta ed immediata applicazione in
tutti gli Stati membri, senza cioè la necessità che lo Stato conferisca al regolamento la veste di una
legge nazionale.
(24) Si noti che il testo dell’art. 11 Cost. fu così redatto dal costituente per sancire, dinnanzi al mondo
ed in maniera equivocabile, il carattere di «Stato amante della pace» del nostro Paese. Tale dichiarazione unilaterale costituiva il necessario presupposto per l’annessione dell’Italia alle Nazioni Unite,
dal momento che, quando furono gettate le basi della sua istituzione, il nostro Paese era in posizione di
belligerante proprio contro gli Stati fondatori (USA, URSS, Francia e Inghilterra).
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Le fonti del Diritto
S.
Infine, con la sentenza n. 170 del 1984 la Corte ha sostenuto il carattere
coordinato, ma pur sempre autonomo dell’ordinamento comunitario rispetto
a quello nazionale, riconoscendo l’efficacia immediata delle fonti comunitarie nell’ordinamento italiano indipendentemente dalle fonti interne, che
devono essere disapplicate dai giudici nazionali ogni volta che siano in
conflitto con le fonti comunitarie.
br
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Le direttive che non siano autoapplicative, ossia che non contengano disposizioni chiare,
precise e complete o che siano condizionate, dovranno essere necessariamente recepite
dalle fonti interne, che potranno in ogni caso essere impugnate dinanzi alla Corte costituzionale qualora le recepiscano in maniera incompleta, erronea o impropria.
se
li
25 ter. Oltre all’applicazione diretta delle norme comunitarie esistono altre modalità per eseguire o rendere operativi gli obblighi comunitari nel nostro Paese?
©
Es
L’art. 8 della L. 11/2005 (legge Buttiglione, che abroga la L. 86/1989 o legge La
Pergola) impone al Presidente del Consiglio o al Ministro per le politiche comunitarie (oggi Ministro per le politiche europee) di presentare al Parlamento,
entro il 31 gennaio di ciascun anno, un disegno di legge recante disposizioni per
l’adempimento degli obblighi comunitari da parte dell’Italia. A loro volta, le
Regioni attuano nelle materie di propria competenza le direttive comunitarie,
eventualmente uniformandosi, per le materie di competenza legislativa concorrente, ai principi fondamentali dettati dalla legge ordinaria. Questo disegno di
legge, terminato il suo iter, prende il nome di legge comunitaria.
ht
Istituti collegati: fonti comunitarie derivate; legge comunitaria.
ig
26. Che cosa si intende per «sussidiarietà» legislativa?
Riferimenti normativi: articoli 117 e 118 Cost.
yr
Concetto iniziale: chiarire il contenuto della sussidiarietà legislativa così come
definita dalla Corte costituzionale.
C
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Caratteristiche: individuare i presupposti di tale sussidiarietà legislativa:
• la valutazione dell’interesse sottostante all’assunzione di funzioni amministrative regionali da parte dello Stato sia proporzionata;
• che non risulti irragionevole di uno scrutinio stretto di costituzionalità;
• sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata.
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Parte Prima - Sezione Seconda
Articolazione della risposta
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Es
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S.
L’art. 117 Cost. ripartisce le competenze legislative dello Stato e delle Regioni secondo un rigido criterio di separazione.
Lo Stato, cioè, esercita la potestà legislativa esclusiva nelle sole materie
indicate dal co. 2, mentre alle Regioni spetta la competenza nelle materie
di potestà legislativa concorrente di cui al co. 3 e la potestà residuale in
tutte le altre materie non elencate nei commi precedenti.
La realtà dei rapporti fra le diverse potestà legislative appare, tuttavia, più
complessa. In omaggio al principio di sussidiarietà sancito dall’art. 118
Cost., lo Stato può, infatti, assumere l’esercizio di funzioni amministrative, che tendenzialmente dovrebbero essere attribuite ai livelli di governo
più vicini ai cittadini, esclusivamente al fine di soddisfare o tutelare interessi di rilievo nazionale che richiedono l’esercizio in forma unitaria.
In tal caso, però, il principio di legalità impone che le funzioni assunte per
sussidiarietà siano organizzate e regolate dalla legge statale, evitando che
ciò avvenga ad opera di discipline regionali potenzialmente differenziate
che possono, così, violare il principio di uguaglianza.
La deroga così operata al riparto di competenze legislative fissato dall’art.
117 Cost. può, tuttavia, essere consentita soltanto se l’intervento legislativo sia proporzionato, limitato cioè allo stretto indispensabile per il raggiungimento del fine prestabilito; se la valutazione dell’interesse pubblico
non risulti affetta da irragionevolezza, secondo un esame che deve essere
rigoroso in quanto si opera una deroga al normale riparto di competenze in
materia legislativa e purché siano adottate procedure tali da assicurare la
partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale
collaborazione.
Il principio di sussidiarietà integra quanto stabilito all’art. 5 Cost. contribuendo a bilanciare la difesa dell’unità politica della Repubblica con la
promozione delle autonomie territoriali ed il riconoscimento di una potestà di indirizzo politico (Regioni) o politico-amministrativo (enti locali)
indpendentemente dallo Stato-persona.
C
op
Istituti collegati: Regioni; potestà legislativa; funzioni amministrative;
principio di sussidiarietà.
.
67
Riferimenti normativi: art. 17 L. 400/1988 e L. 59/97.
S.
27. Come opera il meccanismo della delegificazione?
La deregulation.
p.
A
Le fonti del Diritto
Concetto iniziale: chiarire come opera il meccanismo della delegificazione di
determinate materie da parte dei regolamenti governativi.
li
br
i
Caratteristiche: individuare le condizioni alle quali è possibile operare la
delegificazione:
• una legge che autorizzi a delegificare, dettando le norme generali della materia;
• una materia da delegificare che non sia coperta da riserva assoluta di legge;
• l’effetto abrogativo determinato direttamente dalla legge;
• l’emanazione del regolamento governativo che rappresenta la condizione
all’avverarsi della quale si produce l’effetto abrogativo.
Articolazione della risposta
se
Altri elementi da evidenziare: la deviazione dal modello disciplinato dall’art. 17.
C
op
yr
ig
ht
©
Es
I regolamenti governativi sono fonti del diritto secondarie, collocate gerarchicamente ad un livello inferiore a quello delle leggi ordinarie. Essi, pertanto, non
possono eliminare o modificare norme poste da una fonte di grado superiore.
Il fenomeno della delegificazione, che demanda la disciplina di una materia originariamente disciplinata da legge a norme poste da regolamenti (cioè
alla competenza del potere esecutivo), viene regolato dall’art. 17 della L.
400/1988 in coerenza con il principio gerarchico.
Tale articolo, infatti, prevede che l’esercizio della potestà regolamentare
del Governo in materie non coperte da riserva assoluta di legge, ma disciplinate da legge, debba essere autorizzato da una legge, che predetermina
le norme generali che regoleranno la materia e produce essa stessa l’effetto
abrogativo delle norme di legge preesistenti, il cui dispiegarsi viene condizionato, però, all’entrata in vigore del regolamento.
Il modello delineato dall’art. 17 è stato derogato dalla legislazione successiva. La L. 59/1997, ad esempio, ha introdotto la delegificazione nella materia
dell’organizzazione e della disciplina degli uffici dei Ministeri, in relazione
alla quale, però, la legge non introduce norme generali né tanto meno individua specificamente le norme della legislazione preesistente da abrogare. In
questo modo il regolamento può dispiegare la sua efficacia anche abrogativa
ricevendo una sorta di autorizzazione «in bianco» dalla legge e consentire
più ampi margini di autonomia organizzativa ai singoli ministeri.
.
68
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
27 bis. Cos’è la deregulation?
br
i
S.
È la progressiva soppressione delle norme fissate dal potere pubblico che
disciplinano soprattutto il settore economico, lasciato alla regolamentazione
dei privati per consentirne uno sviluppo più vivace e semplice. Essa, in
pratica, si traduce nell’abolizione dei controlli e delle restrizioni aventi
finalità sociali che, comunque, limitano la libera iniziativa economica
(esempio: abolizione delle licenze per determinati esercizi commerciali e
liberalizzazione delle relative attività). Con essa viene a restringersi una
fonte importante della materia chiamata «diritto pubblico dell’economia».
li
Istituti collegati: riserva di legge; regolamenti governativi; criterio gerarchico.
se
28. Chiarire i rapporti fra norme internazionali pattizie e legislazione statale e regionale. Le norme interposte
Es
Riferimenti normativi: artt. 11, 80 e 117 Cost.; L. 131/2003.
Concetto iniziale: individuare i rapporti fra norme internazionali pattizie e ordinamento interno.
ht
©
Caratteristiche: precisare le modalità con cui vengono recepite nell’ordinamento
interno le norme internazionali pattizie e la loro collocazione nel sistema delle fonti:
• le norme pattizie vengono recepite nell’ordinamento interno o attraverso la loro
riformulazione in norme interne, oppure attraverso un ordine di esecuzione;
• le norme pattizie, ai sensi dell’art. 117 Cost., assumono il rango di norme
interposte e come tali prevalgono sulle fonti di rango primario come le leggi
ordinarie;
ig
Altri elementi da evidenziare: le norme internazionali pattizie sono comunque
soggette alle norme costituzionali.
Articolazione della risposta
C
op
yr
Le norme internazionali pattizie sono quelle poste in essere da trattati
internazionali, e si differenziano dalle norme internazionali consuetudinarie poste in essere dalla consuetudine, fonte non scritta derivante dalla
reiterazione nel tempo di uno stesso comportamento e dal riconoscimento,
da parte della Comunità internazionale, del carattere necessario.
In generale, l’entrata in vigore dei trattati internazionali è subordinata alla
loro ratifica, ossia alla manifestazione di volontà di aderire all’accordo che
.
69
p.
A
Le fonti del Diritto
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
deve essere espressa dall’organo nazionale competente, previa autorizzazione da parte del Parlamento nei casi previsti dall’art. 80 Cost. (trattati di
natura politica, arbitrati, regolamenti giudiziari o trattati che importano
variazioni del territorio o oneri finanziari o modificazioni di leggi).
I trattati in forma semplificata sono, invece, quelli che non richiedono la
ratifica per entrare in vigore, ma si considerano conclusi per effetto della
sola sottoscrizione del testo.
Le norme internazionali pattizie richiedono un procedimento di adattamento
del diritto interno che può configurarsi come procedimento ordinario, che
consente il recepimento delle norme in questione attraverso la riformulazione
delle stesse in norme interne della stessa portata che ne riproducono, in genere
integrandolo e adattandolo, il contenuto; oppure come procedimento speciale, che realizza l’adattamento attraverso un ordine di esecuzione con il quale il
trattato viene integralmente e direttamente recepito nell’ordinamento interno.
Il procedimento speciale è, di regola, quello più utilizzato, in considerazione della rapidità con cui l’adattamento viene realizzato. Tuttavia il procedimento ordinario deve considerarsi indispensabile nei casi in cui le norme
pattizie da sole non siano suscettibili di produrre direttamente obblighi e
diritti, ma necessitino di un’ulteriore attività normativa interna per trovare
corretta applicazione.
Le norme internazionali pattizie vincolano, oltre alla legislazione statale,
anche quella regionale ai sensi dell’art. 117, co. 1 Cost., in quanto produttive di obblighi internazionalmente rilevanti.
L’art. 1, co. 1 della L. 131/2003, infine, in attuazione della disposizione
costituzionale sopra citata, fa riferimento a tutti i trattati internazionali,
senza distinguere fra trattati ratificati e trattati in forma semplificata.
ig
28 bis. Cosa sono le norme interposte?
C
op
yr
La Corte costituzionale, nelle recenti sentenze nn. 348 e 349 del 2007, ha
ritenuto, peraltro, che norme contenute in trattati internazionali, la cui
ratifica è stata autorizzata da legge ordinaria che le ha anche rese esecutive
nel nostro ordinamento (nel caso di specie: le norme della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, nell’interpretazione che
ad esse attribuisce la Corte europea dei diritti dell’uomo), si configurano
come norme interposte rispetto al precetto dell’art. 117, co. 1 Cost., in
quanto concretizzano uno degli obblighi internazionali a cui fa riferimento
tale disposizione costituzionale e determinano, conseguentemente, l’inco-
.
70
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
br
i
S.
stituzionalità della legge ordinaria con esse contrastante.
Tuttavia, perché possano essere considerate integrative del precetto costituzionale, le norme internazionali pattizie devono risultare conformi alla
Costituzione.
Tali norme, infatti, non possono essere confuse con quelle poste da organizzazioni sovranazionali come la Comunità europea, rispetto alle quali l’ordinamento italiano aprioristicamente accetta limitazioni di sovranità ai sensi
dell’art. 11 Cost. fino al punto di consentire ad esse di derogare alle norme
costituzionali, con l’unico limite dei principi supremi dell’ordinamento.
se
li
Istituti collegati: fonti del diritto internazionale; legge di autorizzazione
alla ratifica dei trattati; Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo.
Es
29. Individuare i diversi tipi di regolamenti governativi, il loro
fondamento e i loro contenuti.
I regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie
Riferimenti normativi: art. 17 L. 400/1988 e art. 11 L. 11/2005.
Concetto iniziale: il regolamento come fonte di rango secondario.
ht
©
Caratteristiche: tipologie dei regolamenti governativi:
• regolamenti di esecuzione;
• regolamenti di attuazione e integrazione;
• regolamenti indipendenti;
• regolamenti di organizzazione;
• regolamenti di delegificazione;
• regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie.
yr
ig
Altri elementi da evidenziare: il fondamento della potestà regolamentare. I
regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie. Le diverse accezioni del
termine «regolamento» nel nostro sistema.
Articolazione della risposta
C
op
I regolamenti statali sono atti formalmente amministrativi, in quanto
emanati da organi del potere esecutivo, ma sostanzialmente normativi, in
quanto presentano una caratteristica particolare, quella di contenere norme
in grado di innovare l’ordinamento giuridico.
.
71
p.
A
Le fonti del Diritto
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
I regolamenti sono fonti di rango secondario e, in quanto tali, non possono
disporre in difformità o in deroga alla Costituzione, né porsi in contrasto
con leggi ordinarie, tranne nei casi in cui siano queste ultime ad autorizzarli. Secondo quanto dispone l’art. 17 della L. 400/1988, i regolamenti governativi possono classificarsi in:
— regolamenti di esecuzione, recanti la disciplina di dettaglio volta a specificare il contenuto di atti normativi di rango primario;
— regolamenti di attuazione o integrazione di norme di rango statale,
volti a completare il dettato di queste ultime;
— regolamenti indipendenti, autorizzati a disciplinare materie in cui l’intervento di norme primarie non si sia ancora configurato, purché non si
tratti di materie soggette a riserva assoluta o relativa di legge;
— regolamenti di organizzazione dei pubblici uffici, che possono rientrare nei regolamenti esecutivi o in quelli attuativo-integrativi a seconda che la disciplina di rango legislativo che essi sono chiamati a completare abbia maggiore o minore estensione;
— regolamenti di delegificazione, che, in materia non coperta da riserva
assoluta, possono essere autorizzati dalla legge a sostituirsi a precedenti norme di legge. In tal caso la legge di autorizzazione detta le norme
generali in materia e produce l’effetto abrogativo delle leggi preesistenti, restando quest’ultimo sospensivamente condizionato all’entrata in
vigore del regolamento (vedi ante domanda 25).
A questi regolamenti si aggiungono i regolamenti di attuazione delle
direttive comunitarie, previsti dall’art. 11 della legge n.11 del 2005, che
possono essere autorizzati dalla legge comunitaria annuale ad attuare le
direttive comunitarie in materie disciplinate dalla legge ma non ad essa
riservate.
Dalle considerazioni su esposte appare evidente che la potestà regolamentare trova il suo fondamento nella legge, che resta sempre la fonte normativa primaria, tenuto conto che la Costituzione si limita a regolare
compiutamente soltanto le fonti-atto di livello costituzionale e di rango
primario.
.
72
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
29 bis. Con il termine «regolamento» si definiscono anche altri tipi
di fonti?
li
br
i
S.
Nell’ordinamento italiano con il termine «regolamento» si definiscono altre fonti omonime molto differenti per natura, valore e portata e che non
hanno niente in comune con i regolamenti dell’esecutivo. Esse sono:
— i regolamenti delle Camere (cd. interna corporis di cui all’art. 64 Cost.:
vedi domanda n. 19);
— i regolamenti comunitari, che sono atti posti in essere da istituzioni
sovranazionali (quelle dell’Unione europea) e che hanno diretta applicazione nel nostro ordinamento (vedi art. 249 Trattato CE e domanda n. 23).
se
Istituti collegati: altre fonti del potere esecutivo.
Es
30. Qual è la posizione degli Statuti degli enti locali nel sistema
delle fonti?
Riferimenti normativi: art. 114 Cost. e art. 4 L. 131/2003
Concetto iniziale: qualificare gli Statuti degli enti locali come fonti subordinate
alla Costituzione e ai principi inderogabili fissati dalle leggi statali.
ig
ht
©
Caratteristiche: precisare che gli Statuti degli enti locali devono:
• rispettare i principi fissati dalla Costituzione;
• essere in armonia con la Costituzione e con i principi generali in materia di
organizzazione pubblica;
• operare nel limite delle previsioni della legge statale che disciplina la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni,
Province e Città metropolitane.
Altri elementi da evidenziare: la natura di fonte atipica degli Statuti.
yr
Articolazione della risposta
C
op
L’art. 114 Cost., nella formulazione successiva all’entrata in vigore della
L. cost. 3/2001, riconosce agli enti locali una potestà statutaria che si
esplica secondo i principi fissati dalla Costituzione.
La disposizione va, tuttavia, letta in combinato disposto con l’art. 117, co.
2, lett. p) Cost., che attribuisce alla legislazione statale il compito di definire il sistema elettorale locale, gli organi di governo e le funzioni fonda-
.
73
p.
A
Le fonti del Diritto
©
Es
se
li
br
i
S.
mentali di Comuni, Province e Città metropolitane; e con l’art. 118 Cost.,
che attribuisce a leggi statali e regionali il potere di conferire agli enti locali le funzioni amministrative regolandone l’organizzazione e l’esercizio.
L’art. 4 della L. 131/2003, dando attuazione all’art. 114 Cost., ha peraltro
meglio definito l’ambito entro il quale si esplica la potestà statutaria locale. Lo Statuto deve certamente essere in armonia con la Costituzione,
quindi rispettare sia le singole norme costituzionali che lo spirito della
Costituzione, ossia i principi fondamentali relativi agli enti locali ricavabili
dalla Carta costituzionale.
Una conferma del significato di «armonia» inteso in questi termini si evince
dal richiamo ai principi generali in materia di organizzazione pubblica,
in particolare di quelli ricavabili dall’art. 97 Cost. (25) e dalle leggi di
diretta attuazione come il testo unico sul pubblico impiego. L’art. 4 richiama, infine, la legge statale di cui all’art. 117, comma 2, lettera p) Cost.
come ulteriore limite all’autonomia statutaria locale (26).
Così delineata, la potestà statutaria degli enti locali si colloca nel sistema
delle fonti ad un livello inferiore sia alla Costituzione che alle leggi ordinarie. Con riferimento a queste ultime, tuttavia, la giurisprudenza in alcune sentenze sembra affermare il valore dello Statuto come fonte atipica di
rango subprimario, posta in posizione di supremazia rispetto ai regolamenti statali e regionali, ma al di sotto delle leggi statali che fissano principi inderogabili in materia.
yr
ig
ht
Istituti collegati: potere legislativo delle Regioni; rapporti tra Regioni
ed enti locali.
C
op
(25) L’articolo detta i due principi fondamentali, posti a tutela dei valori di democraticità, uguaglianza
etc., che devono indirizzare l’attività amministrativa: l’imparzialità ed il buon andamento. Ad essi la L.
241/1990 ne ha aff iancati altri, come la trasparenza, desumibili dai principi generali del sistema.
(26) In materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.
.
74
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
S.
31. Statuti delle Regioni speciali e Statuti delle Regioni ordinarie: differenze.
Come si articola il procedimento di formazione degli Statuti
regionali ordinari?
Riferimento normativo: art. 123 Cost.
br
i
Concetto iniziale: descrivere il procedimento di formazione degli Statuti delle
Regioni ordinarie.
Es
se
li
Caratteristiche: individuare le fasi del procedimento di formazione degli Statuti
regionali:
• approvazione da parte del Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei
suoi componenti con due deliberazioni successive;
• pubblicazione notiziale della seconda delibera consiliare;
• possibilità per il Governo di presentare ricorso per sollevare dinanzi alla Corte
costituzionale la questione di legittimità costituzionale dello statuto entro trenta
giorni dalla pubblicazione notiziale;
• possibilità di sottoporre a referendum popolare la delibera consiliare se entro tre mesi dalla pubblicazione notiziale lo richiedano un cinquantesimo degli
elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale;
• promulgazione e pubblicazione necessaria dello Statuto qualora siano trascorsi i tre mesi senza proposizione del referendum oppure in caso di approvazione dalla maggioranza dei voti validi dello stesso referendum.
©
Altri elementi da evidenziare: i limiti alla potestà statutaria. Lo statuto come
fonte rinforzata.
ht
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
L’art. 123 Cost. riconosce alle Regioni ordinarie la potestà di darsi uno
Statuto che determini la forma di governo e i principi fondamentali di
organizzazione e funzionamento della Regione.
Il procedimento di formazione di tale fonte regionale è regolato nelle sue
linee essenziali dalla stessa Costituzione, che ne prevede l’adozione da
parte del Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta
dai suoi componenti, mediante due deliberazioni successive ad intervallo
non minore di due mesi. La seconda delibera deve essere pubblicata sul
Bollettino Ufficiale delle Regioni; tale pubblicazione ha valore notiziale.
Difatti, qualora entro tre mesi da essa ne faccia richiesta un cinquantesimo
degli elettori della Regione o un quinto dei componenti del Consiglio regionale, lo Statuto è sottoposto a referendum popolare. Se il referendum
.
A
p.
br
i
S.
non viene proposto oppure lo Statuto è confermato a maggioranza dei voti
validi, la relativa legge regionale deve essere promulgata dal Presidente
della Regione e pubblicata in via definitiva. Tale pubblicazione costituisce inoltre il termine a partire dal quale è possibile per il Governo della
Repubblica proporre ricorso alla Corte costituzionale avverso lo statuto
per violazione della Costituzione. Il controllo della Corte sugli Statuti ha
quindi natura preventiva e non successiva come accade per le altre leggi
regionali.
31 bis. Qual è la veste formale dello Statuto?
Es
se
li
Lo Statuto si presenta come legge regionale atipica (in quanto soggetta a
procedimento rinforzato) il cui contenuto deve essere in armonia con la
Costituzione. Nella interpretazione della Corte costituzionale ciò va inteso
nel senso che lo Statuto non solo deve rispettare puntualmente ogni singola
disposizione costituzionale, ma deve anche conformarsi allo spirito della
Costituzione. Qualora, però, manchi una disciplina costituzionale chiaramente riconoscibile, non è possibile far valere l’esistenza di soluzioni organizzative obbligate mediante semplici deduzioni da concetti generali.
31 ter. Perché gli Statuti speciali hanno rango costituzionale?
yr
ig
ht
©
Per il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino Alto-Adige
(Südtirol), la Valle d’Aosta (Valleé d’Aoste) e le Province autonome di Trento
e Bolzano, la Costituzione, tenendo conto delle differenti condizioni linguistiche e culturali, ha previsto all’art. 116, co. 1, forme e condizioni
particolari di autonomia.
Gli statuti di tali Regioni, infatti, sono stati emanati con legge costituzionale (cd. regionalismo differenziato) per offrire la «blindatura» delle norme
costituzionali a tutela della conservazione dei contenuti dei loro Statuti.
I contenuti di tali Statuti, come è facile intuire, hanno un carattere
autonomista più accentuato rispetto a quelli delle Regioni ordinarie.
C
op
Istituti collegati: giudizio di costituzionalità; fonti atipiche; leggi costituzionali.
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76
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
S.
32. Che cosa sono i testi unici e che rango hanno nel sistema delle fonti?
Concetto iniziale: individuare le caratteristiche dei testi unici distinguendo fra
fonti di produzione e fonti di cognizione.
br
i
Caratteristiche: individuare i diversi tipi di testi unici per determinare il loro rango nel sistema delle fonti:
• testi unici di coordinamento;
• testi unici di mera compilazione.
Altri elementi da evidenziare: individuare le caratteristiche dei testi unici misti.
li
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
I testi unici sono atti che raccolgono, ed eventualmente riformulano, disposizioni evinte da molteplici testi normativi succedutisi nel tempo, che
in diversi momenti storici hanno disciplinato la stessa materia.
La loro natura può variare a seconda che siano o meno in grado di innovare i contenuti delle norme che essi raccolgono.
Sicuramente hanno valore normativo i testi unici di coordinamento, fra i
quali possono essere annoverati i testi unici di leggi ordinarie adottati con
legge del Parlamento, o dal Governo su delega parlamentare; i testi unici di
disposizioni regolamentari adottati con regolamento; i testi unici di norme
regionali adottati con legge regionale. In tali ipotesi i testi unici sono dotati
della stessa forza e dello stesso valore delle disposizioni da unificare e
coordinare, per cui sono capaci di modificarle ed abrogarle come qualunque altra fonte equiordinata.
I testi unici di mera compilazione, invece, non hanno carattere innovativo
e si limitano semplicemente a raccogliere, ordinare e semplificare il materiale normativo preesistente senza disporre della forza necessaria per modificarne i contenuti. Si tratta, pertanto, di fonti di mera cognizione.
In questa categoria rientrano, ad esempio, i testi unici autorizzati ma non
delegati dal legislatore al Governo, o quelli regionali, adottati dalla sola
Giunta e non dal Consiglio regionale.
Recentemente, è stata prevista una particolare categoria di testi unici di
mera compilazione, quella dei decreti legislativi che individuano i principi fondamentali in materia di legislazione regionale concorrente. Secondo la Corte costituzionale, che si è pronunciata sul punto con diverse
sentenze nel 2004, il legislatore delegato è tenuto soltanto a fornire un
.
77
p.
A
Le fonti del Diritto
S.
mero quadro ricognitivo dei principi già esistenti, utilizzabile dalle Regioni in via transitoria fino a quando il nuovo assetto di competenze legislative delineato dalla riforma del Titolo V della Costituzione andrà completamente a regime.
32 bis. Cosa sono i testi unici misti?
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
Per alcuni anni il nostro ordinamento ha assistito all’emanazione di testi
unici misti, ossia di testi unici considerati nello stesso tempo esercizio di
potestà legislativa delegata, nella parte in cui coordinavano disposizioni
contenute in fonti primarie, ed esercizio di potestà regolamentare
delegificante, nella parte in cui delegificavano settori prima regolati da
leggi e raccoglievano le conseguenti disposizioni di rango secondario (in
tal senso si era espresso il Consiglio di Stato in sede consultiva nel 2000).
Successivamente, la L. 340/2000, per superare i dubbi della dottrina circa
la possibilità di configurare un atto che sia esercizio di due poteri diversi,
legislativo e regolamentare, ha espressamente previsto l’emanazione di un
testo unico di cognizione (testo A) che raccolga insieme le disposizioni di
un decreto legislativo (testo B) e di un regolamento (testo C). A partire
dalla L. 229/2003, che ha abrogato l’art. 7 della L. 50/1999 che li aveva
introdotti, tuttavia, l’esperienza dei testi unici misti deve considerarsi conclusa e sostituita da quella dei codici di settore, finalizzati al riassetto di
interi settori legislativi attraverso un’opera di codificazione realizzata mediante delega legislativa.
In effetti, con la riforma costituzionale del 2001, il testo unico misto caratterizzato da un’ampia delegificazione avrebbe incontrato seri ostacoli ad
affermarsi nelle materie di competenza legislativa regionale concorrente e
residuale, stante il divieto, posto a carico dello Stato dall’art. 117, co. 6
Cost., di esercitare la potestà regolamentare al di fuori delle materie di
competenza esclusiva statale.
C
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Istituti collegati: fonti di produzione e fonti di cognizione; decreti legislativi; regolamenti.
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78
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Parte Prima - Sezione Seconda
33. Che differenza c’è fra principio di legalità e riserva di legge?
S.
Concetto iniziale: individuare il significato di principio di legalità e i suoi tratti
distintivi rispetto alla riserva di legge.
br
i
Caratteristiche: individuare le caratteristiche del principio di legalità rispetto
alla riserva di legge:
• il primo impone un limite a poteri diversi da quello legislativo;
• la seconda impone alla legge di regolare in tutto o in parte determinate materie e presuppone una Costituzione rigida.
Altri elementi da evidenziare: la riduzione della distanza fra i due istituti nel
principio di legalità sostanziale.
li
Articolazione della risposta
Es
se
Il principio di legalità, norma ampia e generica, nonché corollario fondamentale dello Stato di diritto, che si fonda sul principio della separazione dei poteri, afferma che i pubblici poteri sono soggetti alla legge, e,
dunque, esige che qualsiasi manifestazione di volontà dell’autorità amministrativa o giurisdizionale debba trovare il suo fondamento positivo nella
previa norma di legge.
Ciò spiega perché gli atti amministrativi e giurisdizionali richiedano, in assenza di deroga espressa, la cd. motivazione con l’estensore della sentenza o del provvedimento amministrativo deve dimostrare che, nell’emanazione dell’atto, ha applicato la legge.
ht
©
Quella testé enunciata è l’accezione formale del principio di legalità, propria dello Stato di diritto (27), che impone ai poteri diversi da quello legislativo di trovare il fondamento delle proprie attribuzioni nella norma di
legge, che costituisce l’espressione dell’unico potere direttamente rappresentativo della volontà popolo, il Parlamento.
yr
ig
La riserva di legge si rivolge, invece, più specificamente, al potere legislativo, imponendo allo stesso di regolare, in tutto o in parte, determinate
materie (28) sottraendole, per esempio, al potere esecutivo per assicurare
C
op
(27) Ciò non si verificava negli Stati assoluti, nei quali il sovrano era «absolutus», sciolto cioè da ogni
vincolo nei confronti del popolo, concentrava nelle sue mani tutti i poteri e poteva emanare indifferentemente provvedimenti di qualsiasi natura (legislativi, amministrativi, giudiziari).
(28) Con la riserva di legge il Costituente ha voluto evitare che la disciplina di determinate materie
molto delicate potesse cadere nelle mani dell’esecutivo (espressione della volontà delle sole forze di
maggioranza), per far sì che le stesse materie fossero oggetto di procedimento legislativo il quale,
come tale, coinvolge anche le forze di opposizione e rende, così, più democratico il dibattito politico.
.
79
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A
Le fonti del Diritto
S.
una disciplina frutto del coinvolgimento degli organi rappresentativi del
popolo e non della sola maggioranza di governo. La riserva presuppone,
evidentemente, una Costituzione rigida: se così non fosse, infatti, qualunque legge ordinaria successiva potrebbe violare la riserva.
br
i
La diversità fra i due istituti potrebbe ridursi se si accoglie un’accezione sostanziale del principio di legalità (29), secondo la quale alla legge spetta determinare anche le linee fondamentali
della materia in cui il pubblico potere deve essere esercitato. In questo caso, infatti, la legalità si
avvicina alla riserva di legge, fermo restando che la prima è compatibile con la presenza di
Costituzioni flessibili, mentre la seconda è concepibile soltanto in regimi di Costituzione rigida.
33 bis. Quanti tipi di riserve di legge esistono?
yr
ig
ht
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Es
se
li
L’istituto della riserva di legge non è omogeneo né unitario.
Le riserve, infatti, si distinguono in:
— riserve assolute, che escludono la possibilità di disciplinare certe materie con fonti di grado secondario, lasciando tale determinazione solo
alla legge o agli atti aventi forza di legge (l’art. 13 Cost., ad esempio,
prevede che sia soltanto la legge a individuare i casi e modi in cui può
essere ristretta la libertà personale e a specificare tassativamente i casi
eccezionali di necessità ed urgenza in cui i provvedimenti restrittivi possono essere assunti dall’autorità — amministrativa — di pubblica sicurezza in luogo dell’autorità giudiziaria);
— riserve relative, in base alle quali l’intervento della legge è previsto
solo per definire le caratteristiche fondamentali della disciplina, lasciando spazio alle fonti secondarie di intervenire per definire compiutamente
la materia oggetto della riserva (l’art. 97 Cost. assegna, ad esempio, alla
legge il compito di fissare i principi dell’organizzazione pubblica);
— riserve di legge costituzionale, quando la materia è affidata a leggi
costituzionali (ad es.: artt. 71, 116, 132, 137 co. 1) (30). In tal caso la
riserva è sempre assoluta;
— riserve di legge formale, quando si riferiscono solo alla legge formale,
approvata dal Parlamento, e non anche agli atti equiparati alla legge o
C
op
(29) In dottrina si distingue il concetto di legalità formale quando si richiede genericamente l’intervento del potere legislativo dalla legalità sostanziale se, invece, si richiede un esercizio del potere legislativo che si riferisca a norme specifiche.
(30) Attribuzione ad altri soggetti dell’iniziativa legislativa (art. 71), istituzione di nuove Regioni a
Statuto speciale (art. 116), fusione o creazione di nuove Regioni (art. 132), condizioni, forme e termini
di proponibilità di giudizi di legittimità costituzionale (art. 137).
.
80
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
li
br
i
S.
alla legge regionale (ad es.: artt. 77 e 78 Cost., relativi rispettivamente
ai decreti legge ed alla deliberazione dello stato di guerra);
— riserve rinforzate, quando la Costituzione, nel riservare la materia alla
legge, determina anche ulteriori limiti di contenuto (ad es.: art. 16, che
sancisce la libertà di circolazione attribuendo alla legge il potere di
limitarla esclusivamente per motivi di sanità e sicurezza);
— riserve implicite, quando non sono espressamente previste dalla Costituzione: ad esempio l’art. 72, nel riservare alcune leggi al procedimento
ordinario, a maggior ragione, vuole escludere dall’ambito delle materie da esse disciplinate un eventuale intervento di fonti secondarie (es.:
leggi relative alle ratifiche di trattati internazionali).
se
Istituti collegati: criterio della competenza; criterio gerarchico; rigidità
della Costituzione.
Es
34. Cos’è l’interpretazione giuridica?
Riferimento normativo: art. 12 disp. prel. c.c.
Concetto iniziale: definire il concetto di interpretazione.
©
Caratteristiche: individuare i diversi tipi di interpretazione delle fonti del diritto:
• interpretazione letterale;
• interpretazione logica;
• interpretazione sistematica.
ht
Altri elementi da evidenziare: l’interpretazione autentica come vera e propria
fonte del diritto.
ig
Articolazione della risposta
C
op
yr
È il processo logico attraverso il quale si individua, chiarisce e determina il
contenuto di una legge, atto amministrativo, atto privato etc. in riferimento
ai «valori supremi» della Costituzione e del Corpo sociale.
È una operazione ermeneutica, cioè interpretativa, che può essere svolta da
diversi soggetti e a diversi livelli.
Se è la stessa legge a chiarire e definire il significato di una legge, per non
ingenerare contrasti interpretativi, si parla di interpretazione autentica che,
come tale, ha efficacia generale (vincola, cioè, tutti i consociati) e retroattiva;
essa si distingue dalla interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, che
.
81
p.
A
Le fonti del Diritto
br
i
S.
hanno rango e portata differenti, in relazione ai soggetti che l’hanno posta
in essere.
Rispetto al testo normativo, poi, l’interpretazione può essere letterale (se
si limita all’esame del solo senso grammaticale delle parole), logica (se
l’interprete va oltre il significato letterale-sintattico e, tenendo presente lo
scopo della norma, trova una definizione più completa); sistematica (se si
tiene conto del contesto più ampio delle altre norme e dei principi che
regolano globalmente la materia).
li
Istituti collegati: interpretazione analogica; interpretazione estensiva e
restrittiva, analogia.
se
35. Cosa si intende per interpretazione analogica?
Riferimenti normativi: artt. 12 e 14 disp. prel. c.c.
Es
Concetto iniziale: individuare la funzione dell’interpretazione analogica nel caso
in cui si configura una lacuna del diritto.
Caratteristiche: delineare le due figure di analogia:
• analogia legis;
• analogia iuris.
©
Altri elementi da evidenziare: casi in cui non è possibile ricorrere al ragionamento analogico.
ht
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
Ogni ordinamento giuridico deve considerarsi completo, cioè idoneo a regolare tutte le situazioni concrete che si presentano nella vita sociale.
Esistono, comunque, ipotesi in cui una fattispecie concreta non possa essere definita ricercando e applicando una norma di legge preesistente: si delinea in tal caso una lacuna del diritto.
Per far fronte a tale situazione, inevitabile se si considera che il
legislatore non può essere onniveggente e onniloquente, la dogmatica
giuridica pone a disposizione dell’interprete diverse soluzioni e strumenti ermeneutici.
In particolare, l’interprete può avvalersi del ragionamento analogico, vale
a dire può applicare alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione la disciplina prevista per altre fattispecie, laddove ritenga di poter accomunare
.
82
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
Es
se
li
br
i
S.
entrambe sotto la stessa ratio, dalla quale non può non derivare una stessa
conseguenza giuridica (analogia legis).
Qualora il ragionamento analogico non sia sufficiente a risolvere il caso
concreto, l’interprete deve costruire il suo ragionamento ricorrendo all’applicazione dei principi generali dell’ordinamento (analogia iuris).
Tuttavia il ricorso all’analogia è vietato in alcuni casi particolari: l’art. 14
disp. prel. c.c. vieta il ricorso all’analogia nel diritto penale. Il fondamento di tale divieto deve essere ravvisato nel principio sancito dall’art. 25, co.
2, Cost. ed espresso dall’antico brocardo «nullum crimen, nulla poena sine
lege».
Anche le leggi eccezionali, ossia le leggi che derogano ad altre leggi o a
regole generali, per motivi contingenti non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati: ciò discende evidentemente dal carattere derogatorio
di tali leggi.
Si noti infine che numerosi e corretti ricorsi all’analogia si sono avuti in
materia di navigazione aerea, la cui disciplina è stata mutuata dalle norme
più antiche e sperimentate che regolano la navigazione marittima.
35 bis. È possibile individuare altri metodi per coprire eventuali lacune del diritto?
ht
©
Il ricorso all’interpretazione estensiva (lex minus dixit quam voluit): con
essa si fa rientrare la disciplina di una fattispecie «incerta» sotto una precisa norma di legge. Tale principio può essere anche invocato per risolvere il
problema delle lacune: in tal caso si fa leva sugli scopi o le intenzioni del
legislatore sottesi alla lettera della norma stessa ricorrendo in questo modo
all’interpretazione estensiva della norma esistente.
C
op
yr
ig
Istituti collegati: lacune dell’ordinamento giuridico; norme di chiusura.
.
A
p.
S.
PARTE SECONDA
PRINCIPI FONDAMENTALI
DELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA
E DIRITTI DI LIBERTÀ
br
i
1. Quali sono le forme in cui si esplica il principio democratico nel nostro ordinamento?
Il significato del «lavoro» nella Costituzione repubblicana ...........................................................................
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li
1 bis. Il lavoro come fondamento della Repubblica. 1ter. Il
significato del lavoro nella Costituzione repubblicana. 1 quater.
Il lavoro è un diritto o un dovere per il cittadino?
Es
se
2. Cosa si intende per principio personalista? ..............
3. Principio di eguaglianza e giudizio di ragionevolezza
delle leggi ......................................................................
4. Quali sono le applicazioni concrete del principio d’uguaglianza? .........................................................................
4 bis. L’uguaglianza dei sessi. 4 ter. Uguaglianza senza distinzione di razza o di lingua. 4 quater. Uguaglianza in materia di religione. 4 quinquies. Uguaglianza in materia di opinioni politiche e condizioni personali e sociali
op
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ig
ht
©
5. Sono costituzionalmente legittime le norme a tutela
delle minoranze linguistiche? .....................................
6. Cosa si intende per principio pattizio in materia religiosa? ............................................................................
7. In che modo venivano tutelati i diritti di libertà nello
Statuto albertino?
Differenza con la loro attuale tutela costituzionale ....
8. Quali sono i presìdi posti a tutela dei diritti fondamentali nella Costituzione repubblicana? .................
9. Cosa si intende per diritti inviolabili ai sensi dell’art.
2 Cost.?
I cd. diritti di nuova generazione ................................
C
9 bis. Quali sono i diritti di nuova generazione e come la dottrina li ha qualificati? 9 ter. In base alla giurisprudenza costi-
.
A
p.
S.
tuzionale i diritti inviolabili rispetto a quali tipi di norme costituiscono un limite? 9 quater. Cosa si intende per tutela
multilivello dei diritti inviolabili? 9 quinquies. La Costituzione in materia di applicazione di diritti inviolabili distingue
tra cittadini e stranieri?
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10. Come viene tutelato il diritto alla vita e all’integrità
fisica nel nostro ordinamento? ...................................
11. Quali diritti fondamentali sono riconosciuti agli
stranieri presenti in Italia?
Il diritto di asilo
Il diritto di circolazione e l’accordo di Schengen......
li
11 bis. I limiti alla libera circolazione e l’Accordo di Schengen
Es
se
12. In quali casi si può derogare alla riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost.? ................................
13. Cosa si intende per libertà di domicilio? ...................
14. In quali modi può essere limitata la libertà e segretezza della corrispondenza? ........................................
15. I cittadini possono riunirsi pacificamente e senza armi?
Differenza tra riunione e associazione .......................
15 bis. Qual è la differenza tra diritto di riunione e diritto di
associazione?
©
16. Quali sono i limiti alla libertà di associazione?
Le associazioni segrete e le associazioni militari .......
ht
16 bis. Cosa sono le associazioni segrete? 16 ter. Il concetto
di associazioni di carattere militare
17. Quali sono i limiti alla libertà di manifestazione del
pensiero? .......................................................................
yr
ig
17 bis. Esistono particolari limiti all’esercizio di tale libertà?
17 ter. Cos’è il segreto di Stato? 17 quater. Il legislatore prevede forme di diffusione mediatica diverse dalla parola e dallo scritto?
18. Come si articola la libertà di informazione? .............
C
op
18 bis. Come viene disciplinata la libertà di stampa? 18 ter. In
cosa consiste il diritto di cronaca? 18 quinquies. La disciplina della radiotelevisione
.
A
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S.
19. Sono ammissibili trattamenti sanitari obbligatori?
I trattamenti volti ad accertare l’infezione da HIV.
Il caso dei testimoni di Geova e dell’eutanasia consensuale ..............................................................................
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i
19 bis. Qual è la posizione della Corte costituzionale nel caso dei
trattamenti volti ad accertare l’infezione da HIV? 19 ter. Esiste
un diritto a non curarsi? 19 quater. Può un malato terminale
chiedere l’eutanasia?
br
20. Quando si può definire politico un reato ai sensi
dell’art. 26 Cost.?
Il problema dell’estradizione ......................................
li
20 bis. Perché vige il divieto di estradizione per motivi politici? 20 ter. Può concedersi l’estradizione per un reato per il
quale nel Paese richiedente è prevista la pena di morte?
Es
se
21. Chi è il giudice naturale? ............................................
22. Perché la responsabilità penale ex art. 27 della Costituzione deve considerarsi «personale»? .................
23. La Costituzione tutela la concorrenza?
La disciplina nazionale ed europea
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ..
©
23 bis. Cosa stabilisce la disciplina europea? 23 ter. La disciplina nazionale e l’Autorità garante della concorrenza e del
mercato
ht
24. I sindacati attualmente operanti in Italia sono registrati? ............................................................................
ig
24 bis. Che senso ha un ordinamento interno a base democratica? 24 ter. Cosa sono i contratti collettivi con efficacia obbligatoria?
25. La Costituzione riconosce il diritto di sciopero senza
alcun limite? .................................................................
C
op
yr
25 bis. Possono esercitare il diritto di sciopero indistintamente tutte le categorie di lavoratori? 25 ter. Qual è la differenza
tra sciopero e serrata?
.
A
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S.
26. Quali sono i criteri che ispirano il sistema tributario
italiano?
La capacità contributiva. La posizione dello straniero. La progressività dell’imposta ................................
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26 bis. Cosa si intende per capacità contributiva? 26 ter. Cosa
si intende per progressività dell’imposta? 26 quater. Anche
gli stranieri sono tenuti a pagare i tributi?
br
i
27. In che modo è possibile oggi adempiere al sacro dovere della difesa della Patria?
Il passaggio dal servizio di leva obbligatorio a quello
volontario .....................................................................
li
27 bis. Qual è la situazione attuale? 27 ter. In cosa consiste il
servizio civile nazionale?
se
28. La famiglia di fatto è compatibile con il concetto di
famiglia enunciato dalla Costituzione? ......................
Es
28 bis. I coniugi, in veste di educatori dei propri figli, sono in
posizione di eguaglianza? 28 ter. Qual è il valore delle unioni
omosessuali?
C
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yr
ig
ht
©
29. Quali sono le caratteristiche dei diritti sociali? ........
30. La libertà di insegnamento e la libertà di istituire scuole ....................................................................................
.
A
p.
S.
1. Quali sono le forme in cui si esplica il principio democratico
nel nostro ordinamento?
Il significato del «lavoro» nella Costituzione repubblicana
Riferimenti normativi: artt. 1, 4, 5, 23, 38, 50, 67, 71, 134, 138 ss., Cost.; art.
23 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
i
Definizione: precisare come si realizza il principio democratico.
br
Elenco caratteristiche: individuare le due forme in cui si attua la democrazia:
• rappresentativa;
• diretta.
se
Articolazione della risposta
li
Altri elementi essenziali: individuare gli istituti che impediscono alla democrazia di trasformarsi in tirannide della maggioranza.
op
yr
ig
ht
©
Es
L’art. 1 Cost. afferma il principio democratico, che si sostanzia nel riconoscimento della sovranità in capo al popolo (1).
Negli ordinamenti liberali contemporanei il popolo, partecipando attivamente
alla vita politica, esercita la sovranità in via principale attraverso la scelta dei
propri rappresentanti, innanzitutto nel Parlamento nazionale, ma anche in
tutti gli organi rappresentativi delle diverse comunità territoriali (Regioni,
Comuni etc.) in cui si articola la Repubblica (cd. «democrazia partecipativa»).
Tuttavia, poiché la sovranità appartiene al popolo, non si può ritenere che
vi siano luoghi o sedi dell’organizzazione costituzionale nella quale essa si
possa esaurire, né classi sociali che, in base al loro censo o altro tipo di
privilegio, possano costituirne i depositari privilegiati.
Nei sistemi di democrazia rappresentativa, infatti, tutto il popolo concorre
alla formazione della volontà politica anche attraverso la partecipazione ai partiti
politici. Il carattere tendenzialmente rappresentativo del sistema italiano non
esclude neppure la previsione costituzionale di alcuni istituti di democrazia
diretta come il referendum (art. 75 Cost.), l’iniziativa legislativa popolare (art.
71 Cost.) e il diritto di petizione (art. 50 Cost.), nei quali il popolo fa sentire
direttamente la sua volontà senza la mediazione dei propri rappresentanti.
La sovranità popolare, pur essendo il fondamento della Repubblica, non
può tuttavia trasformarsi in tirannide della maggioranza.
C
(1) Per la differenza tra popolo, nazione, patria si veda la Parte I, domanda n. 5 ter. Per il concetto di
sovranità domanda n. 7 e passim Parte Prima.
.
88
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A
Parte Seconda
br
i
S.
L’ordinamento impone, infatti, alcuni limiti al suo esercizio, tra i quali la rigidità della Costituzione, il divieto di mandato imperativo e l’esclusione dei principi supremi dell’ordinamento da qualsiasi forma di revisione costituzionale.
In tale contesto assume rilievo fondamentale anche la presenza della Corte
costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle
leggi e degli atti aventi forza di legge, la presenza di un ordine giudiziario
autonomo e indipendente dagli altri poteri per la tutela delle violazioni delle
leggi, la creazione di autorità amministrative indipendenti chiamate a regolare e controllare settori particolarmente delicati della vita economica e
sociale in maniera neutrale e indipendente dall’influenza del potere politico.
li
1 bis. Il lavoro come fondamento della Repubblica
ht
©
Es
se
L’art. 1 della Costituzione pone il lavoro a fondamento della Repubblica;
il principio lavorista rappresenta, quindi, la prima specificazione del principio democratico.
Il lavoro è principio costitutivo e distintivo della forma di Stato, che implica la preminenza ed il riconoscimento di una posizione di tutela privilegiata di ogni forma di attività lavorativa (autonoma o subordinata) nel sistema
dei diritti e dei doveri delineato dalla Costituzione.
Il lavoro si pone come mezzo necessario allo sviluppo della personalità e,
allo stesso tempo, come strumento del progresso materiale e spirituale della società; in esso si realizza la sintesi fra il principio personalista, in cui
è implicita la pretesa all’esercizio di una attività lavorativa e il principio di
solidarietà, che conferisce a questa attività carattere doveroso per ogni
cittadino per il progresso economico e sociale della Repubblica.
1 ter. Il significato del lavoro nella Costituzione repubblicana
C
op
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Il lavoro assurge a fondamento sociale della Repubblica (art. 1 Cost.:
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro»), destinato
a condizionare l’interpretazione della Costituzione stessa e delle leggi, e
principio caratterizzante della forma di Stato, non più basata sui privilegi
dinastici o di classe, né tanto meno sul potere teocratico della Corona.
La Repubblica, in particolare, riconosce a tutti i cittadini il diritto al
lavoro e si fa carico di promuovere le condizioni che rendano effettivo tale
diritto attraverso una politica di sviluppo e di massima occupazione volta a
favorire il benessere di tutta la comunità.
.
89
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A
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
Corollario di tale diritto è il riconoscimento dei diritti sociali: la tutela di
ogni forma di lavoro (art. 35 Cost.), l’elevazione professionale dei lavoratori (art. 35 Cost.), il diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente
(art. 36 Cost.), alle ferie, al riposo settimanale (art. 36 Cost.), all’assistenza
sociale (art. 38 Cost.) etc.
i
1 quater. Il lavoro è un diritto o un dovere per il cittadino?
ig
ht
©
Es
se
li
br
Il diritto-dovere al lavoro, che la Costituzione riconosce nel 1° comma
dell’art. 4, non dà luogo ad un diritto soggettivo perfetto ad ottenere automaticamente il posto di lavoro da parte dei cittadini, bensì indica un principio fondamentale che indirizza il legislatore ordinario a promuovere
l’effettività di tale diritto con una politica del pieno impiego e con la lotta
alla disoccupazione.
Esso è, quindi, un diritto sociale, che si concretizza nella pretesa ad una
occupazione retribuita (per realizzare la quale sono richieste specifiche
prestazioni ai pubblici poteri), ed, allo stesso tempo, un diritto di libertà,
che si concretizza nell’astensione da qualsiasi interferenza esterna nella
scelta, nel modo d’esercizio e nello svolgimento della propria attività lavorativa.
Il cittadino, pur essendo tenuto a svolgere un’attività lavorativa, deve essere libero di sceglierla e, comunque, anche se il 2° comma dell’art. 4 Cost.
parla di dovere, esso non è un dovere giuridico, bensì un dovere esclusivamente morale. Questo dovere è espressione del principio di solidarietà, che impone a coloro che ne abbiano la possibilità ed i mezzi di adoperarsi per dare il proprio contributo alla collettività.
Gli istituti di previdenza ed assistenza e i cd. «ammortizzatori sociali», in
quest’ottica solidaristica, sono infatti predisposti a favore di chi sia privo
di mezzi o inabile al lavoro (art. 381 Cost.) o temporaneamente senza occupazione.
yr
2. Cosa si intende per principio personalista?
op
Riferimenti normativi: art. 2 Cost.; Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948).
C
Definizione: esporre i modi in cui si realizza nel nostro ordinamento il primato
della persona.
.
90
p.
A
Parte Seconda
S.
Elenco caratteristiche: il riconoscimento della persona sia come titolare individuale di diritti inviolabili che come appartenente alle formazioni sociali sintetizzato
nella formula «non è l’uomo in funzione dello Stato, ma lo Stato in funzione dell’uomo» (MORTATI).
Paralleli e differenze: la persona nei sistemi democratici e nei sistemi totalitari.
Articolazione della risposta
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Es
se
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La Repubblica riconosce (2) e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo (3).
Tale affermazione di principio, contenuta nell’art. 2 della Costituzione,
chiarisce che la persona umana è il centro d’imputazione (in quanto tale o
all’interno di formazioni sociali) di una serie di situazioni giuridiche soggettive, preesiste allo Stato e ne determina il limite e il fine dell’agire.
Non solo, infatti, l’intervento dei pubblici poteri non può superare il confine invalicabile dei diritti inviolabili dell’uomo, ma addirittura esso deve
essere indirizzato ad assicurare la protezione degli stessi diritti contro le
aggressioni provenienti da qualsiasi soggetto o autorità.
L’uomo, peraltro, non può trovare la sua piena realizzazione sociale, giuridica, economica, etc. vivendo isolato dagli altri individui: la sua natura
intrinsecamente socievole nonché l’esigenza di cooperare con i propri simili per il conseguimento di fini comuni lo portano, infatti, ad integrarsi in
comunità dove vive e si sviluppa la sua personalità.
La società democratica è, dunque, soprattutto una società pluralista, in cui
la personalità umana si sviluppa e si arricchisce per la costante interazione
dell’individuo con i propri simili all’interno di formazioni sociali, intermedie fra la persona fisica e lo Stato di cui sono titolari i singoli individui (scuola, famiglia, partiti politici, sindacati, confessioni religiose etc.).
Ai singoli, dunque, è riconosciuta la più ampia libertà di aggregarsi o meno
per il perseguimento delle proprie finalità in formazioni sociali delle dimensioni ritenute più opportune (vedi libertà di associazione), cui sono
riconosciute le stesse libertà assicurate a ciascun individuo.
C
op
(2) Il Costituente usa l’espressione «riconosce» per evidenziare che tali diritti non sono una sua invenzione, ma preesistono a tutte le Carte costituzionali e costituiscono attributi inviolabili dell’essere
umano.
(3) Si noti che i «diritti inviolabili dell’uomo» non si fermano a quelli consacrati negli artt. 13 ss. della
Costituzione, ma partendo da tale coacervo essenziale, la dottrina e la giurisprudenza hanno identificato una serie di nuovi diritti che rientrano a pieno titolo nella categoria, come, ad esempio, il diritto
alla riservatezza, alla identità personale e sessuale etc.
.
91
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A
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
L’autonomia organizzativa di tali formazioni, peraltro, non può definirsi assoluta, perché
l’espressa previsione di specifiche limitazioni alla libertà di associarsi è necessaria per
garantire il giusto contemperamento tra il principio personalistico e la tutela di interessi
costituzionali di pari rango (come l’ordine pubblico).
br
i
Negli ordinamenti democratici, pertanto, a differenza che nei regimi totalitari, la persona umana rappresenta sempre un fine e non uno strumento
dell’azione dello Stato, come tale mai sacrificabile nell’interesse di entità
superindividuali come la persona dello Stato, la nazione o la classe (vedi
ante Parte Prima, domanda n. 5 bis).
li
Istituti collegati: principio pluralista; pluralismo; diritti dell’uomo; libertà
di associazione (art. 18 Cost.)
Riferimento normativo: art. 3 Cost.
se
3. Principio di eguaglianza e giudizio di ragionevolezza delle leggi
Es
Definizione: focalizzare il principio di eguaglianza e le applicazioni della Corte
costituzionale nel giudizio di ragionevolezza delle leggi.
ht
©
Elenco caratteristiche: chiarire in che modo dal principio di eguaglianza si
perviene alla valutazione della ragionevolezza delle leggi:
• la tensione fra eguaglianza formale ed eguaglianza sostanziale;
• situazioni eguali devono essere trattate in modo eguale, situazioni diverse in
modo diverso;
• la valutazione della razionalità delle scelte legislative che parificano o differenziano;
• il criterio del tertium comparationis .
Articolazione della risposta
C
op
yr
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La Repubblica riconosce il principio per cui tutti i cittadini sono eguali
davanti alla legge.
Nella sua formulazione estrema, il principio di eguaglianza formale (art.
3 Cost., comma 1) imporrebbe l’obbligo per il legislatore di disporre sempre in via generale ed astratta, ossia con norme che andrebbero applicate
nella generalità delle fattispecie concrete e nei confronti di soggetti non
predeterminati. Sarebbero quindi illegittime, per contrasto con il principio
di eguaglianza, le leggi ad personam, che vengono indirizzate a soggetti
determinati (vedi ante Parte Prima, domanda n. 4 ter), e le norme speciali,
.
92
p.
A
Parte Seconda
br
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S.
che derogano alle leggi generali con riferimento a specifiche sottoclassi di
soggetti o di fattispecie.
In realtà, non sempre trattamenti differenziati sono di per sé illegittimi. La
stessa Costituzione prevede la necessità di interventi che, rimuovendo gli
ostacoli di ordine economico e sociale, etnico, religioso, linguistico etc.
che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, mirino a realizzare compiutamente l’eguaglianza attraverso specifiche misure che possono
configurarsi, prima facie, come altrettante forme di disparità di trattamento fra situazioni o fra soggetti.
se
li
È il caso questo, per esempio, dell’art. 6 Cost., che così recita: «la Repubblica tutela con
apposite norme le minoranze linguistiche» (vedi domanda seguente): in questo caso un
eventuale trattamento «di favore» di tali comunità non crea un privilegio rispetto al principio di uguaglianza, ma in ossequio al principio di pluralismo e non discriminazione, la
Repubblica si impegna ad azioni positive a tutela di tali minoranze.
ht
©
Es
L’eguaglianza formale, cioè, va coniugata con la tendenza all’eguaglianza
sostanziale o di fatto circoscritte più allo sviluppo della persona umana e
alla partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del
Paese; concedendo, così, a tutti pari opportunità nel vivere e crescere nello
Stato italiano. Ciò dà vita ad un’interpretazione più articolata del principio
di eguaglianza, secondo la quale il legislatore deve trattare situazioni eguali
in modo eguale e situazioni diverse in maniera razionalmente diversa.
In questo modo il principio di eguaglianza si risolve nel giudizio di ragionevolezza delle leggi. Ogni trattamento differenziato introdotto per legge
deve trovare una sua giustificazione in termini di razionalità, coerenza,
proporzionalità, ma sono suscettibili di un giudizio di irragionevolezza anche
le leggi che arbitrariamente equiparano tra loro situazioni strutturalmente
diverse.
yr
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Il giudizio di ragionevolezza delle leggi si articola in genere in una struttura ternaria: la
norma di cui si sospetta la incostituzionalità viene confrontata, alla luce della norma costituzionale che sancisce il principio di eguaglianza, con altra norma di legge posta a raffronto
(tertium comparationis). In molti casi la norma di raffronto è, però, un’altra norma costituzionale che assicura il godimento di un diritto costituzionalmente garantito. La norma
incostituzionale, in questo caso, introduce una discriminazione irragionevole in tale godimento.
C
op
Il giudizio di ragionevolezza è, poi, particolarmente significativo nei casi
in cui le discriminazioni violino il nucleo forte del principio di eguaglianza, costituzionalmente garantito, ossia il divieto di discriminazioni fon-
.
93
p.
A
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
date sul sesso, la razza, la religione, la lingua, le opinioni politiche, le
condizioni personali e sociali.
Istituti collegati: principi supremi dell’ordinamento; limiti alla revisione
costituzionale; divieto di discriminazioni.
i
4. Quali sono le applicazioni concrete del principio d’uguaglianza?
br
Riferimento normativo: artt. 3, 6, 7, 29, 37, 48, 51, 117, co. 7, Cost.
Definizione: descrivere gli aspetti in cui si esplicita il principio di eguaglianza.
Articolazione della risposta
se
li
Elenco degli aspetti:
• eguaglianza dei sessi;
• eguaglianza senza distinzione di razza o lingua;
• eguaglianza in materia religiosa;
• eguaglianza di opinioni politiche e condizioni personali e sociali.
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ht
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Es
L’art. 3 Cost. garantisce e disciplina il principio di uguaglianza, intesa come
pari dignità sociale e come uguaglianza di fronte alla legge, vietando pertanto al legislatore di emanare leggi che contengano discriminazioni fondate su diverse qualificazioni personali (sesso, razza, lingua etc.) e affidando alla Repubblica (comma 2) il compito di creare le condizioni necessarie a trasformare l’eguaglianza giuridica, formale, in un tentativo di eguaglianza sostanziale che, però, non è assoluto, ma circoscritto allo sviluppo
della persona umana e alla partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’art. 3 Cost., inoltre, elenca i parametri in base ai quali si valuta l’applicazione del suddetto principio. Esaminiamoli.
4 bis. L’uguaglianza dei sessi
C
op
yr
Il divieto di discriminazione in ragione dell’appartenenza all’uno o all’altro sesso è sancito in numerose norme della Costituzione. L’affermazione
dell’eguaglianza giuridica dei sessi ha trovato un riscontro immediato nell’attribuzione del diritto di voto alle donne (art. 48 Cost.), diritto che esse
hanno potuto esercitare soltanto nel 1946, in occasione della scelta
referendaria tra la Repubblica e la Monarchia.
.
94
p.
A
Parte Seconda
Es
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li
br
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S.
Nella maggior parte dei casi l’attuazione del dettato costituzionale è stata
molto lenta, infatti:
— l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, pur prevista dall’art. 29
Cost., ha avuto riconoscimento soltanto con la L. 151/1975 di riforma
del diritto di famiglia, che ha modificato gli equilibri all’interno del
nucleo familiare, eliminando l’istituto della «potestà maritale» e ridimensionando il ruolo di assoluta preminenza del marito;
— la parità di trattamento economico e giuridico tra lavoratori e lavoratrici, sancita dall’art. 37 Cost., è stata realizzata progressivamente in
seguito a lunghe lotte sindacali. Un primo risultato è stato raggiunto
con l’approvazione della L. 903/1977 che ha affermato il principio della parità di retribuzione per prestazioni uguali o di pari valore, mentre
l’impegno a favore delle pari opportunità si è concretizzato con la L.
125/1991, che promuove «azioni positive» per la realizzazione della
parità uomo-donna nel mondo del lavoro, e con la L. 215/1992, a sostegno dell’imprenditoria femminile.
Estremamente contrastato è stato, invece, nel corso degli anni, il riconoscimento della facoltà di adottare azioni positive a favore di una maggiore
partecipazione delle donne alla vita politica.
C
op
yr
ig
ht
©
I primi interventi legislativi del 1993 che riservavano una percentuale delle candidature alle
elezioni a candidati di sesso femminile furono, infatti, bocciati dalla Corte costituzionale
per l’incompatibilità delle relative disposizioni con il principio di uguaglianza formale,
sotto il profilo della irrilevanza giuridica del sesso ai fini considerati (cfr. Corte Cost. n.
422 del 1995). Ciò spiega la necessaria modifica dell’articolo 117 e dell’articolo 51 della
Costituzione, allo scopo di garantire adeguata copertura costituzionale a interventi legislativi di incentivo alla partecipazione delle donne alla vita politica nazionale e locale.
Nel primo caso, l’art. 117, co. 7, Cost. (nel testo introdotto dalla L. cost. 18 ottobre 2001, n.
3) cosi recita: «Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità
degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la
parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive»; nel secondo caso, l’art. 51,
co. 1, nell’ultimo periodo, dedicato all’accesso agli uffici e alle cariche elettive, così recita:
«La Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini» (il periodo è stato aggiunto dalla L. cost. 30 maggio 2003, n. 1).
Una prima applicazione di tale modifica costituzionale risulta dall’art. 3 L. 90/2004, laddove
prevede che, per le elezioni al Parlamento europeo, nelle liste «nessuno dei due sessi può
essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati».
Nel caso in cui tale proporzione non fosse rispettata sono previste sanzioni sotto forma di
riduzione dei rimborsi elettorali spettanti. Sono, comunque, inammissibili liste che non
prevedano candidati di entrambi i sessi.
.
95
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Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
Attualmente le disposizioni per la promozione delle pari opportunità tra
uomo e donna sono confluite in un testo legislativo dettagliato e completo:
Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198).
4 ter. Uguaglianza senza distinzione di razza o di lingua
Es
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li
br
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La norma sul divieto di discriminazione in base alla razza, come nota BARILE, costituisce una reazione polemica contro la politica antisemita del
regime fascista. Il dettato costituzionale ha trovato attuazione nella L. 654/
1975, che ha recepito la convenzione internazionale firmata a New York
nel 1966 sull’abolizione di tutte le forme di discriminazione razziale, ed in
varie leggi successive.
Negli ultimi anni i problemi connessi all’immigrazione e alla conseguente
diffusione nel nostro Paese di un modello di società multirazziale hanno
reso necessaria l’adozione di una nuova disciplina sull’ingresso e sul soggiorno degli stranieri.
Il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, che ha dato risposta a questa istanza, vieta
ogni comportamento discriminatorio basato sulla razza, il colore della pelle,
l’origine nazionale o etnica che neghi il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
©
Va ricordato, poi, il D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, per la parità di trattamento tra le persone
indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, che, all’art. 6, prevede l’istituzione,
presso la Presidenza del Consiglio-Dipartimento per le pari opportunità, di un registro delle
associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni.
ig
ht
Per quanto riguarda il divieto di discriminazione in base alla lingua, il combinato disposto degli artt. 3 e 6 Cost. prescrive che le minoranze alloglotte (soprattutto in Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia) vadano tutelate, in quanto il patrimonio linguistico di tali comunità rappresenta un
aspetto fondamentale della loro identità culturale (vedi infra domanda n. 5).
C
op
yr
Un’applicazione significativa dell’affermata tutela delle minoranze si è avuta con la sentenza
della Corte costituzionale n. 28 del 1982, che ha riconosciuto alle popolazioni alloglotte il
diritto di far uso, nella scuola, nella pubblica amministrazione, nei procedimenti giurisdizionali,
della loro lingua (riconoscimento del bilinguismo e del separatismo linguistico).
Il Parlamento ha approvato, in attuazione dell’art. 6 Cost., la L. 15 dicembre 1999, n. 482 in
materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche. Tale legge, in armonia con i principi
generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, tutela la lingua e la cultura delle
popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene (a tal proposito vedi L. 38/
2001) e croate e di quelle le cui lingue madri sono il francese, il franco-provenzale, il
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96
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A
Parte Seconda
br
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S.
friulano, il ladino, l’occitano e il sardo. La legge prevede forme di attività promozionale di
tali lingue attraverso, ad esempio, il diritto di utilizzare le lingue delle minoranze per lo
svolgimento delle attività educative in ambito scolastico; il diritto di usare, in forma orale e
scritta, la lingua minoritaria nei rapporti con le pubbliche amministrazioni; la possibilità di
ottenere il ripristino dei nomi e cognomi originari; la previsione di somme per promuovere
l’editoria e le trasmissioni televisive che utilizzano le lingue minoritarie.
La normativa a tutela delle minoranze linguistiche si completa, poi, con le previsioni della
legislazione regionale, soprattutto delle Regioni autonome dove risiedono consistenti gruppi
linguistici non italiani.
4 quater. Uguaglianza in materia di religione
ht
©
Es
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li
Nel nostro ordinamento, dopo il concordato del 1984, trova riconoscimento il principio della laicità dello Stato, in base al quale lo Stato garantisce
a tutti la piena libertà di religione in un regime di pluralismo di confessioni
e di culti. Tale principio si ricava dal co. 1 dell’art. 8 Cost., che riconosce a
tutte le confessioni religiose eguale libertà davanti alla legge.
I rapporti fra Stato e confessioni religiose sono disciplinati diversamente a
seconda che si tratti del culto cattolico o di altre fedi.
In omaggio alle tradizioni storiche e culturali del nostro Paese, l’art. 7 Cost.
riconosce direttamente alla Chiesa cattolica la qualità di ordinamento giuridico sovrano, i rapporti col quale sono regolati da accordi bilaterali che
già dal nome riecheggiano la sostanza dei trattati internazionali (Concordato). Alle confessioni acattoliche, invece, è solo riconosciuto il diritto di
organizzarsi secondo i propri statuti, purché non in contrasto con l’ordinamento italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla
base di intese con le relative rappresentanze (art. 8, co. 2, Cost.) (vedi ante
parte prima, domande 8, 9, 10).
ig
4 quinquies.Uguaglianza in materia di opinioni politiche e condizioni personali e sociali
C
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L’uguaglianza in materia di opinioni politiche sancita dall’art. 3 Cost., si
collega al disposto dell’art. 22 Cost. secondo cui nessuno può essere privato per motivi politici, della capacità d’agire, della cittadinanza, del nome.
La ratio di queste due norme risiede nell’aver voluto impedire agli organi
dello Stato di operare delle discriminazioni a danno degli oppositori politici, come invece avveniva nel regime fascista.
Le condizioni personali e sociali non possono essere motivo di discriminazione tra i cittadini.
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Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
Un’eccezione era prevista per gli ex Sovrani, consorti e discendenti maschi di Casa Savoia
ai quali era vietato l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale, in attuazione della XIII
disposizione finale della Costituzione. I primi due commi della XIII disp. sono stati ora
abrogati dalla L. cost. 1/2002.
Istituti collegati: Stato fascista; Statuto albertino; diritti fondamentali.
br
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5. Sono costituzionalmente legittime le norme a tutela delle minoranze linguistiche?
Riferimenti normativi: artt. 3, co. 1 e 6 Cost.; L. 482/1999.
se
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Definizione: spiegare le ragioni che giustificano norme volte ad introdurre trattamenti differenziati a favore delle minoranze linguistiche pur in presenza del
principio di eguaglianza formale (vedi domanda precedente).
Es
Elenco caratteristiche: individuare le principali tipologie di trattamenti a favore
delle minoranze linguistiche:
• parificazione della lingua italiana con gli idiomi delle minoranze;
• possibilità di usufruire dell’insegnamento nella lingua materna;
• principio della proporzione linguistica nella assegnazione dei ruoli dei pubblici uffici.
Paralleli e differenze: il fondamento costituzionale di tali discriminazioni che
esclude la violazione del principio di eguaglianza (ex art. 3, co. 1).
©
Articolazione della risposta
op
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ig
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La Repubblica riconosce e tutela le minoranze linguistiche che per ragioni storiche sono presenti sul territorio delle Regioni italiane.
La presenza di minoranze linguistiche è maggiore nelle Regioni di confine come la Val d’Aosta e il Trentino Alto Adige (4), i cui Statuti, che
hanno la forza di leggi costituzionali, prevedono diverse norme a tutela
delle stesse.
Gli interventi più rilevanti sono rappresentati dalla parificazione degli idiomi
delle minoranze alla lingua italiana, considerati entrambi come «lingue
C
(4) Soprattutto in tali Regioni sono presenti, da molti anni, cittadini italiani di lingua franco-provenzale
o tedesca. In altre regioni esistono minoranze non rilevanti di greci, albanesi, ladini (valli dolomitiche).
Si noti che l’articolo si estende anche alle numerose popolazioni immigrate.
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Parte Seconda
Es
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S.
ufficiali» nella Regione (5); dalla possibilità di usufruire dell’insegnamento linguistico nella lingua materna; dal principio della proporzione linguistica nell’assegnazione dei pubblici uffici, per cui gli stessi sono distribuiti
fra i diversi gruppi in funzione della loro consistenza.
Tali interventi si pongono apparentemente in contrasto con il principio di
eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., soprattutto se si considera che il nucleo
forte di tale norma vieta proprio le discriminazioni fondate sulla lingua.
Tuttavia, è la stessa Costituzione, all’art. 6, a riconoscere la necessità di
trattamenti differenziati a favore delle minoranze linguistiche vedi ante
domanda n. 3), in quanto il patrimonio linguistico e culturale delle minoranze è un patrimonio di tutta la Nazione e deve essere salvaguardato anche al fine di rimuovere gli ostacoli che impediscono ai soggetti appartenenti a tali formazioni sociali locali di esprimere a pieno tutte le proprie
potenzialità.
Ciò in ossequio al principio pluralista (vedi domanda n. 1) e a quello di
non discriminazione, in forza del quale la «lingua» non può costituire un
elemento di discriminazione (tutela delle minoranze alloglotte).
Istituti collegati: Regioni ordinarie e Regioni a Statuto speciale; principio di eguaglianza.
©
6. Cosa si intende per principio pattizio in materia religiosa?
Riferimenti normativi: artt. 7 e 8 Cost.
ht
Definizione: enunciare il principio pattizio come regola dei rapporti fra Stato e
confessioni religiose.
yr
ig
Elenco caratteristiche: specificare in che modo si concretizza il principio pattizio:
• nei rapporti con la Chiesa cattolica, in relazione ai quali i Patti lateranensi
possono essere modificati con legge ordinaria soltanto se tali modifiche siano concordate fra le parti;
• nei rapporti con i culti acattolici, che possono essere regolati con legge sulla
base di intese fra le parti.
C
op
(5) L’uff icialità della lingua delle minoranze è ribadita nel nuovo testo (modificato dalla L. cost. 3/
2001) dell’art. 116 Cost., che accanto alle denominazioni in lingua italiana riporta quelle francese e
tedesca rispettivamente per la Valle d’Aosta (Vallée d’Aoste) e Trentino Alto-Adige (indicato con il
toponimo Südtirol).
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A
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
Altri elementi essenziali: il carattere di fonti atipiche e rinforzate delle leggi che
recepiscono gli accordi con le comunità religiose (vedi domanda n. 22, Parte Prima).
S.
Articolazione della risposta
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Es
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Le comunità religiose sono formazioni sociali in cui può svilupparsi un
aspetto importante della personalità umana, quello che consente di «aprirsi a qualcosa in più e di oltre a ciò che può essere osservato e verificato
con i sensi e l’intelletto».
La Costituzione riconosce l’importanza del ruolo della religione e garantisce la libertà religiosa in forma sia individuale che associata.
Con riferimento al momento associativo, la Repubblica regola i rapporti fra lo
Stato e le confessioni religiose sulla base del principio pattizio, che prevede un
accordo (intesa, concordato) con la Comunità religiosa di appartenza dei singoli.
L’art. 8 Cost., infatti, stabilisce che tali relazioni siano regolate per legge
sulla base di intese raggiunte fra le parti (vedi ante domanda n. 4 quater).
Anche l’art. 7 Cost., che pure introduce disposizioni speciali con riferimento ai rapporti con la Chiesa cattolica, si fonda sul principio pattizio.
I Patti lateranensi, che assurgono al rango di veri e propri trattati internazionali fra due ordinamenti indipendenti e sovrani, ciascuno nel proprio ordine,
possono essere, infatti, modificati solo con il consenso di entrambe le parti
senza che ciò richieda un procedimento di revisione costituzionale. Secondo
l’avviso della prevalente dottrina, essi assurgono a rango costituzionale per
effetto dei richiami fatti ai medesimi dal testo costituzionale (art. 7 Cost.).
Si noti, comunque, che la Corte Costituzionale ha individuato specifici
limiti all’immissione di norme concordatarie, le quali non possono mai
derogare ai principi supremi dello Stato, al principio di eguaglianza (art.
3), al diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24), al principio del giudice
naturale (art. 25), a quello della libertà religiosa (art. 19).
In ogni caso, quindi, le leggi che recepiscono le intese o le modifiche ai
Patti apportate consensualmente si configurano come fonti atipiche rinforzate (vedi Parte Prima, domanda n. 22), non potendo essere abrogate da
leggi che non siano state adottate rispettando il principio pattizio che prevede l’accordo o l’intesa tra Stato e comunità religiosa.
C
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Istituti collegati: rapporti tra Stato e Chiesa e altre confessioni religiose; libertà di culto; eguaglianza nella «libertà» di culto; Concordato; intese; laicità dello Stato.
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Parte Seconda
S.
7. In che modo venivano tutelati i diritti di libertà nello Statuto
albertino?
Differenza con la loro attuale tutela costituzionale
Riferimenti normativi: artt. 24-32 dello Statuto albertino; artt. 13 ss. Cost.
i
Definizione: chiarire il significato del riconoscimento dei diritti di libertà all’interno di un testo costituzionale nella forma di Stato liberale.
Articolazione della risposta
se
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Elenco caratteristiche: individuare la caratteristica fondamentale dei diritti di
libertà nello Statuto:
• nello Statuto era riconosciuto e affermato il diritto di libertà;
• lo Statuto conteneva il rinvio alla legge per la compiuta definizione del contenuto e dei limiti di esercizio del diritto stesso;
• differenze con il dettato costituzionale (artt. 13 ss.).
Es
Nella forma di Stato liberale i diritti di libertà erano concepiti e riconosciuti come libertà negative, ossia come libertà dallo Stato, e si configuravano come strumenti di tutela dell’autonomia individuale da possibili
ingerenze dei poteri pubblici. Il riconoscimento e la codificazione degli
stessi in un testo costituzionale rappresentava il passaggio dalla forma di
Stato assoluta a quella liberale.
yr
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©
Nello Statuto albertino lo schema con cui erano disciplinati i diritti di libertà era identico
per tutti e si articolava in due parti. Innanzitutto veniva affermato e riconosciuto il diritto in
quanto tale, ma l’effettivo contenuto dello stesso e i limiti del suo esercizio erano definiti
esclusivamente con legge. Si consideri, ad esempio, la formulazione dell’art. 27, dedicato
alla libertà di domicilio: essa veniva definita inviolabile, ma immediatamente dopo si precisava che «Niuna visita domiciliare può aver luogo se non in forza della legge, e nelle
forme che essa prescrive».
Il rinvio alla legge si giustificava nel contesto di una forma di Stato liberale: si rimettevano
alla volontà popolare consacrata nel testo della legge i limiti all’esercizio del diritto, sottraendoli alle decisioni esclusive del potere esecutivo. In questo modo, quando durante il periodo fascista le libertà fondamentali furono ridimensionate, non fu necessario abrogare lo
Statuto, ma fu sufficiente riformulare il contenuto delle leggi che le disciplinavano.
C
op
Oggi la Costituzione repubblicana garantisce il rispetto delle libertà fondamentali, ossia i diritti basilari che fanno capo all’individuo come tale (e
non solo al cittadino) anche con un risvolto positivo: cioè se da un lato
sono garantite la segretezza della corrispondenza, la libertà di circolazione, la libertà religiosa etc. in quanto resta vietata qualsiasi ingerenza del
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A
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Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
br
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S.
potere pubblico, dall’altro lato è egualmente tutelato (risvolto positivo) il
diritto a non render nota la corrispondenza, a permanere sempre nello stesso luogo, a non professare alcuna fede religiosa.
Tali libertà infine sono riconosciute anche alle formazioni sociali (non
solo ai singoli), quasi sempre a tutti (non solo ai cittadini), senza condizioni (le limitazioni delle stesse sono eccezionali e garantite da precise
direttive e strumenti di controllo: ad esempio, atto motivato dell’autorità
giudiziaria, riserva di legge etc. come nel caso della libertà personale tutelata dall’art. 13 Cost.).
li
Istituti collegati: riconoscimento delle libertà fondamentali ad opera
del diritto internazionale e comunitario.
se
8. Quali sono i presìdi posti a tutela dei diritti fondamentali nella Costituzione repubblicana?
Es
Riferimenti normativi: artt. 13-54 Cost.
Definizione: individuare gli strumenti che la Costituzione repubblicana predispone per tutelare efficacemente i diritti fondamentali da essa riconosciuti e
affermati.
ig
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Elenco caratteristiche: individuare gli strumenti di tutela che sono:
• il carattere rigido della Costituzione repubblicana e l’esistenza di una Corte
chiamata a giudicare della costituzionalità delle leggi;
• la riserva di legge;
• la riserva di giurisdizione;
• i principi di imparzialità e legalità e l’obbligo di buon andamento della pubblica amministrazione;
• il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti davanti ad un corpo di
giudici sottratti alle influenze del potere politico.
Paralleli e differenze: il confronto con lo Statuto albertino.
yr
Articolazione della risposta
C
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Le Costituzioni contemporanee, fra cui va annoverata anche la nostra, non
solo prevedono un ampio riconoscimento di libertà e diritti fondamentali, ma predispongono un articolato sistema di tutela che ne impedisca sia
l’abrogazione, sia un ridimensionamento rispetto alla portata originaria affermata nel testo costituzionale.
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Parte Seconda
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In tale contesto va considerato anzitutto il carattere rigido della Costituzione repubblicana, che richiede un procedimento aggravato per poter essere modificata. Pertanto, leggi ordinarie che si pongano in contrasto con il
contenuto dei diritti definito nella Carta costituzionale possono essere dichiarate incostituzionali da un organo creato a questo scopo, la Corte
costituzionale.
li
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La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti
o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da
altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente
prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra
quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana (cfr. Corte Cost., sentenza n. 1146 del 1988).
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La Costituzione italiana, poi, riserva alla legge la predisposizione di quegli aspetti della disciplina dei diritti e delle libertà fondamentali non formulati direttamente dalla Costituzione, escludendo che fonti di rango secondario (soprattutto atti del potere esecutivo) possano intervenire in materia se non al fine di dare esecuzione ai precetti della legge.
Il carattere rigido della Costituzione esclude che la legge possa violare la
riserva delegando la disciplina a fonti diverse, ad esempio ai regolamenti
dell’Esecutivo.
La Costituzione riserva, inoltre, al potere giudiziario in quanto autorità
terza e neutrale, la decisione sulle eventuali restrizioni ai diritti fondamentali, sottraendo o limitando la possibilità di intervento dell’autorità amministrativa.
Peraltro, la Costituzione assoggetta la pubblica amministrazione ai principi di legalità e imparzialità e all’obbligo di organizzarsi ed agire rispettando il criterio del buon andamento.
yr
Ciò significa che quando la compiuta realizzazione dei diritti fondamentali presuppone una
prestazione da parte dei pubblici poteri, l’erogazione del servizio deve avvenire immediatamente, senza discriminazioni e secondo canoni di efficienza ed efficacia.
C
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La Costituzione riconosce, infine, a tutti il diritto di agire in giudizio per
la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, rivolgendosi ad un corpo di
giudici terzi ed indipendenti, soggetti soltanto alla legge, ai quali la Carta
costituzionale dedica diverse disposizioni, a presidio della loro terzietà rispetto alle parti del giudice alla legge.
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Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
Dalle considerazioni svolte, appare evidente la differenza tra Costituzione Repubblicana e Statuto albertino: essendo una Costituzione breve e
flessibile, quest’ultimo si limitava soltanto a sancire le libertà fondamentali, rinviando per la concreta disciplina ad una legge successiva, ma lasciando le stesse in balia del legislatore al quale, in effetti, non poteva essere
impedito di comprimerle, ridimensionarle etc.
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Istituti collegati: Corte Costituzionale; riserva di legge e di giurisdizione; principi costituzionali dell’azione amministrativa (art. 97); indipendenza della magistratura.
Riferimento normativo: art. 2 Cost.
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9. Cosa si intende per diritti inviolabili ai sensi dell’art. 2 Cost.?
I cd. diritti di nuova generazione
Es
Definizione: chiarire tutti gli aspetti di disciplina che trovano la loro sintesi nella
qualifica di diritto inviolabile.
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Elenco caratteristiche: individuare le caratteristiche dei diritti inviolabili:
• non possono essere oggetto di revisione costituzionale;
• sono suscettibili di bilanciamento;
• sono indisponibili e intrasmissibili;
• sono immediatamente efficaci;
• sono imprescrittibili;
• sono riconosciuti all’individuo come singolo e come membro di formazioni sociali.
ht
Paralleli e differenze: tutela internazionale degli stessi e diritti di nuova generazione.
Articolazione della risposta
C
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I diritti fondamentali sono definiti inviolabili in quanto non possono
essere oggetto di revisione costituzionale nel loro contenuto essenziale,
dal momento che incorporano le libertà ed i valori della persona umana,
come tali irrinunciabili ed inalienabili; la loro soppressione o la distruzione del sistema di garanzie che li tutela determinerebbe, pertanto, un
sovvertimento dell’assetto democratico.
Inoltre, sono suscettibili di bilanciamento soltanto con altri valori e principi fondamentali o con altri diritti inviolabili, e il loro contenuto di valore
non può subire restrizioni o limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se
non in ragione dell’inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico
.
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Parte Seconda
primario costituzionalmente rilevante, sempreché l’intervento limitativo
sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse.
S.
Così, ad esempio, il diritto alla riservatezza (che si ricava dal combinato disposto degli
artt. 13, 14, 15 Cost. e che consiste nel diritto a non vedere divulgate situazioni e vicende
personali) può essere limitato dal diritto di libertà di informazione e di manifestazione
del proprio pensiero (cioè diffondere notizie o riceverne), il quale, a sua volta, è alla base
del principio del pluralismo ideologico caratterizzante il nostro sistema democratico.
Es
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I diritti inviolabili sono, inoltre, indisponibili e intrasmissibili da parte dei
loro titolari, immediatamente efficaci anche nei rapporti intersoggettivi e
imprescrittibili, cioè anche se non esercitati per lungo periodo, non cadono in
prescrizione. Tali diritti sono riconosciuti all’uomo sia come singolo (es. diritti
della personalità) che come membro delle formazioni sociali in cui si svolge
la sua personalità: ad esempio la famiglia, la scuola, i partiti politici.
Si ricordi, infine, che tali diritti, in considerazione delle dimensioni della
loro portata, hanno formato oggetto di numerose Convenzioni internazionali, come, da ultimo, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000 che, oltre a richiamarsi ai numerosi accordi
internazionali sanciti a presidio, aggiunge i diritti di nuova generazione,
quei diritti, cioè, maturati progressivamente nell’evolversi delle società
democratiche (vedi domanda n. 9bis).
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9 bis. Quali sono i diritti di nuova generazione e come la dottrina li
ha qualificati?
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Con l’evoluzione della società civile gli studiosi hanno classificato i diritti
e le libertà in «generazioni», facendo riferimento al periodo storico in cui
sono maturati e si sono affermati nonché ai documenti che li hanno sanciti
e tutelati. Si parla, pertanto, di:
— libertà e diritti di prima generazione, che ricomprendono soprattutto
libertà a carattere individuale, tipiche dello Stato di diritto, generalmente suddivise in libertà civili (tutelano la persona nella sua libertà di
agire) e libertà politiche (consentono la partecipazione al governo e agli
uffici pubblici del proprio Paese). Si tratta, sostanzialmente, dei diritti
sanciti in tutte le Carte costituzionali e che, in rapida sintesi, sono: diritto
alla vita e all’integrità fisica, nonché di tutti quei diritti legati alla libertà
di pensiero, di religione, di espressione, di stampa, di associazione, il
diritto alla partecipazione politica, all’elettorato attivo e passivo;
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Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
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— libertà e diritti di seconda generazione, nella quale sono generalmente ricompresi diritti economici, sociali e culturali, tipici dello Stato
sociale, come ad esempio il diritto ad un lavoro equamente retribuito e
tutelato, al riposo e allo svago, alla casa, ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere personale e della propria famiglia, all’istruzione e alla partecipazione alla vita culturale della propria comunità familiare;
— diritti e libertà di terza generazione, anche noti come diritti di solidarietà (cd. fraternité) perché non hanno come destinatario un singolo
individuo ma interi gruppi o formazioni sociali (o popoli): si parla, così,
di diritto all’autodeterminazione dei popoli, alla pace, allo sviluppo,
all’equilibrio ecologico, al controllo delle risorse nazionali, alla difesa
dell’ambiente sanciti prioritariamente dalla Carta delle Nazioni Unite.
Ad essi si devono aggiungere quelli destinati alla tutela di determinate
categorie di persone (come i minori e le donne) particolarmente esposte
a pericoli di violazione dei propri diritti e, quindi, meritevoli di una più
efficace tutela interna e internazionale;
— diritti e libertà di quarta generazione. Si tratta di diritti ancora in fase di
evoluzione relativi al campo delle manipolazioni genetiche e della bioetica,
delle nuove tecnologie della comunicazione, del mondo degli animali.
©
9 ter. In base alla giurisprudenza costituzionale i diritti inviolabili rispetto a quali tipi di norme costituiscono un limite?
C
op
yr
ig
ht
Rispetto a tutte.
In particolare:
— di fronte alle norme internazionali generalmente riconosciute in quanto
l’art. 10 Cost. non potrà mai consentire l’adattamento di norme che
violano tali diritti (sent. 48/79);
— di fronte alle norme comunitarie in quanto le limitazioni di sovranità
ex art. 11 Cost., che hanno consentito l’adesione dell’Italia alla CE non
possono in alcun modo riferirsi a norme che violano i diritti inviolabili
(sent. 183/73);
— di fronte alle norme di revisione costituzionale in quanto i principi
supremi dello Stato non possono essere in alcun modo limitati da tali
norme (sent. 1146/88);
— di fronte alla potestà legislativa regionale esclusiva (sent. 235/88) e
potestà concorrente (sent. 289/2002).
.
106
p.
A
Parte Seconda
9 quater. Cosa si intende per tutela multilivello dei diritti inviolabili?
se
li
br
i
S.
Oltre che dalla Costituzione e dalla Corte costituzionale i diritti inviolabili
sono garantiti anche a livello internazionale e sovranazionale.
Così tali diritti sono tutelati, oltre che in sede del Consiglio d’Europa, anche dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) e dalla Corte
europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
In quest’ultimo caso, si tratta di una tutela più piena e diretta essendo consentito il ricorso individuale dinanzi alla CEDU (tipo di ricorso in Italia
non previsto dinanzi alla Corte costituzionale). In tale campo, si noti che,
dopo un primo orientamento giurisprudenziale a favore della diretta
applicabilità nel nostro Paese delle norme CEDU (Cass. pen. 1101/89:
causa Polocastro; Cass. pen. 2194/93: causa Medrano) da ultimo, le recenti sentenze della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 24-10-2007, hanno
segnato un’inversione di tendenza, affermando la non idoneità del diritto
internazionale pattizio a produrre effetti diretti negli ordinamenti interni
degli Stati parte.
Es
9 quinquies.La Costituzione in materia di applicazione di diritti inviolabili distingue tra cittadini e stranieri?
yr
ig
ht
©
Nella Costituzione, quando si parla di diritti inviolabili, viene usata generalmente l’espressione «tutti …» riferendosi, cioè, indistintamente a tutti
gli individui.
Talvolta, il Costituente, però, usa il termine «i cittadini …» (es.: art. 16
libertà di circolazione; art. 17 libertà di riunione; art. 18 libertà di associazione; art. 48 diritto di voto) per restringere ai soli cittadini l’applicazione
di alcuni diritti fondamentali ritenuti «più delicati».
Con l’evoluzione dei tempi, la giurisprudenza ha mitigato, con numerose
sentenze tale gap e le decisioni che hanno equiparato ai cittadini gli stranieri sono ormai sempre più numerose ed inoppugnabili.
La giurisprudenza costituzionale, però, non ha mai in assoluto equiparato la
condizione degli stranieri a quella dei cittadini, pur riconoscendo ai primi sempre
la tutela di un nucleo irriducibile di diritti fondamentali (sent. 252/2001).
C
op
Istituti collegati: Costituzione rigida; procedimento di revisione costituzionale; Statuto albertino.
.
107
p.
A
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
Riferimenti normativi: art. 27 Cost., art. 5 c.c. L. 194/78
S.
10. Come viene tutelato il diritto alla vita e all’integrità fisica
nel nostro ordinamento?
Definizione: specificare il contenuto del diritto alla vita e all’integrità fisica.
Articolazione della risposta
se
li
br
i
Elenco caratteristiche: individuare le forme di tutela del diritto alla vita e all’integrità fisica:
• è un diritto fondamentale ed inviolabile ed è quindi soggetto a tutta la relativa
disciplina;
• sono vietati gli atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica o che siano contrari alla legge,
all’ordine pubblico e al buon costume;
• è predisposta una tutela penale attraverso la repressione di delitti come l’omicidio, le lesioni, le mutilazioni.
C
op
yr
ig
ht
©
Es
Il diritto alla vita e all’integrità fisica non è espressamente riconosciuto
dalla Costituzione, pur costituendo la base di tutti i diritti e le libertà fondamentali.
Se non fosse garantita l’incolumità personale, infatti, non avrebbe senso
alcuno il poter godere delle libertà di domicilio, di corrispondenza, di pensiero. Un richiamo implicito a tale diritto si rinviene a contrario nell’art.
27 Cost. che, vietando la pena di morte in ogni caso, attribuisce alla vita
umana il carattere di intangibilità, ponendola al di sopra della potestà punitiva dello Stato.
Il diritto alla vita è riconosciuto sia alla persona già nata che al nascituro.
Tuttavia, in tale ultimo caso va evidenziato che l’interesse costituzionalmente protetto relativo al concepito non ancora venuto ad esistenza può
venire in collisione con altri beni (libertà di procreazione) che godono anch’essi di tutela costituzionale: l’esigenza di contemperare interessi contrapposti comporta che la legge non può dare al primo una prevalenza totale ed assoluta, negando ai secondi adeguata protezione.
La L. 194/1978 ha, appunto, introdotto una disciplina che realizza un
bilanciamento fra i valori in gioco, sul presupposto che in ogni caso la
salvaguardia dell’embrione umano non può essere considerata equivalente al diritto alla vita e alla salute proprio di chi è già persona, come la
madre.
.
108
p.
A
Parte Seconda
se
li
br
i
S.
Per quanto riguarda i limiti alla possibilità di disporre del proprio corpo, l’art. 5 c.c. vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica o quando siano
contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. Sono sempre
consentiti ed espressamente disciplinati i trapianti terapeutici di organi di
cadavere, il trapianto di rene di persone viventi, il trapianto parziale di
fegato e la donazione di midollo osseo.
Il diritto alla vita e all’integrità fisica, infine, trova la sua tutela anche a
livello penale, dove sono configurati come reati sia l’omicidio che le lesioni personali.
Recentemente sono state espressamente vietate anche le pratiche di mutilazione genitale femminile (cfr. L. 7/2006), diffusesi a seguito dell’immigrazione di persone provenienti da paesi in cui tali procedure sono legittimate da tradizioni secolari o da necessità demografiche, configurandole
appunto come violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne.
Es
Istituti collegati: pena di morte; diritto alla salute; diritti fondamentali.
©
11. Quali diritti fondamentali sono riconosciuti agli stranieri presenti in Italia?
Il diritto di asilo
Il diritto di circolazione e l’accordo di Schengen
ht
Riferimenti normativi: art. 10 Cost. e art. 2 D.Lgs. 286/1998.
Definizione: chiarire l’ambito di tutela dei cittadini stranieri.
C
op
yr
ig
Elenco caratteristiche: individuare le forme di tutela previste nel nostro ordinamento:
• gli stranieri godono del trattamento loro riconosciuto dalla legge, in conformità alle norme e ai trattati internazionali;
• i diritti inviolabili sono riconosciuti a tutti gli uomini, quindi anche agli stranieri;
• ai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia sono riconosciuti
i diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, eventualmente sulla base
della clausola di reciprocità;
• ai cittadini extracomunitari comunque presenti sul territorio italiano sono
estesi i diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità, fatta
eccezione per i diritti fondamentali che sono, comunque, riconosciuti a tutti
gli individui.
.
A
109
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
Articolazione della risposta
se
li
br
i
S.
L’art. 10 Cost. prevede che la condizione giuridica dello straniero sia
regolata dalla legge (6) in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
In questo modo possono essere estesi agli stranieri diritti fondamentali
che la Costituzione riconosce soltanto ai cittadini. Ne è un esempio il
recepimento in Italia della Convenzione Europea sui Diritti Umani (CEDU),
alla quale aderiscono numerosi paesi europei anche non membri dell’Unione
europea. Tale trattato riconosce diversi diritti fondamentali, rappresentando uno standard minimo di tutela per gli stranieri.
D’altra parte, l’art. 2 Cost. riconosce e tutela i diritti inviolabili dell’uomo, nell’ambito dei quali possono essere sicuramente ricompresi tutti quei
diritti, disciplinati negli artt. 13 ss. della Costituzione, che espressamente
sono qualificati come tali. Tali diritti appartengono, quindi, all’uomo inteso come tale e non possono essere riconosciuti esclusivamente ai cittadini,
anche quando così si esprime il testo costituzionale.
Es
Tale interpretazione è confermata anche dall’art. 2 del D.Lgs. 286/1998, testo unico sull’immigrazione, che riconosce allo straniero comunque presente in Italia i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno.
yr
ig
ht
©
Ai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia, invece, sono estesi i diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano,
vale a dire i diritti di partecipazione ai rapporti economici, le garanzie poste a fondamento del diritto al lavoro, le prestazioni sociali e l’accesso ai
servizi pubblici. Il testo unico sull’immigrazione in alcuni casi lega l’estensione dei diritti civili alla condizione di reciprocità, definendo anche i criteri e le modalità con cui la stessa viene accertata.
La condizione di reciprocità per l’estensione dei diritti civili è richiamata anche dall’art. 16 delle disposizioni preliminari al codice civile,
che trova, peraltro, la sua applicazione soltanto in via residuale, per i
cittadini extracomunitari non residenti legalmente nel nostro territorio.
C
op
(6) È questa una riserva rafforzata di legge in quanto il trattamento giuridico riservato allo straniero
non viene lasciato all’arbitrio della Pubblica Amministrazione, ma è riservato alla sola legge e non può
essere meno favorevole di quanto previsto nelle norme di diritto internazionale sia consuetudinario che
pattizio. Ciò non esclude che il legislatore italiano possa predisporre un trattamento più favorevole,
ponendosi così a modello di riferimento per la comunità internazionale.
.
110
p.
A
Parte Seconda
S.
Si noti, infine, che l’Italia riconosce (ex art. 10 Cost., co. 3) il diritto di
asilo a tutti gli stranieri ai quali nel Paese di provenienza non sia garantito
l’esercizio delle libertà democratiche riconosciute dalla nostra Costituzione, cioè a coloro che siano vittime di regimi illiberali che il nostro sistema
democratico non può tollerare, aprendo così a costoro, con le tutele, prescrizioni e garanzie previste, le porte del nostro Paese.
br
i
11 bis. I limiti alla libera circolazione e l’Accordo di Schengen
ht
©
Es
se
li
Il diritto dei cittadini dell’Unione europea di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri non implica, tuttavia, la soppressione dei controlli alle frontiere interne, dal momento che la stessa legislazione comunitaria prevede l’obbligo di esibire un valido documento di identità all’atto dell’attraversamento dei confini da uno Stato all’altro. La soppressione degli obblighi di controllo alle frontiere (se non giustificati da
motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale) si applica soltanto agli
Stati che hanno aderito all’Accordo di Schengen del 1985: in pratica tutti
gli Stati membri dell’Unione europea (cui si aggiungono l’Islanda e la Norvegia) con l’eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda, che non hanno aderito al Trattato, e di Cipro, della Romania e della Bulgaria, che non hanno
ancora perfezionato tutti gli strumenti necessari per attuare il Trattato. L’adesione all’Unione europea, infatti, non significa automaticamente che un
nuovo Stato membro sia autorizzato ad applicare l’integralità dell’acquis
di Schengen, poiché a tal fine è necessaria una specifica decisione del Consiglio previa constatazione che lo Stato membro ha raggiunto il livello richiesto di sicurezza alle frontiere esterne.
ig
Istituti collegati: Convenzione Europea dei Diritti Umani; diritti dell’uomo; trattati internazionali e condizione di reciprocità.
yr
12. In quali casi si può derogare alla riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost.?
op
Riferimenti normativi: art. 13 Cost., art. 6 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
C
Definizione: chiarire in quali casi può essere derogata la riserva di giurisdizione
prevista dall’art. 13 Cost.
.
A
111
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
Elenco caratteristiche: individuare le deroghe alla riserva di giurisdizione e la
loro disciplina:
• ragioni eccezionali di necessità ed urgenza che impediscano il tempestivo
intervento dell’autorità giudiziaria;
• le ipotesi devono essere tassativamente previste dalla legge;
• in ogni caso la decisione definitiva spetta alla autorità giudiziaria in sede di
convalida dei provvedimenti provvisori.
br
i
Paralleli e differenze: la disciplina della libertà individuale nell’art. 26 dello Statuto albertino.
Articolazione della risposta
ht
©
Es
se
li
L’art. 13 Cost., a tutela dell’inviolabilità della libertà personale, riserva
all’autorità giudiziaria (7) il potere di assumere decisioni (8) relative alla
restrizione di tale diritto fondamentale che è considerato un «diritto naturale» dell’individuo anche a livello internazionale.
Tuttavia, la norma consente una deroga a favore del potere esecutivo (cioè
autorità di pubblica sicurezza) qualora sussistano ragioni eccezionali di
necessità ed urgenza che impediscano il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria.
La previsione di tali casi deve essere tassativamente contenuta nella legge, cui la disposizione costituzionale riserva tale compito.
Il codice di procedura penale, infatti, disciplina l’arresto in flagranza e il
fermo di polizia (9), individuandone in modo dettagliato i presupposti e i
limiti (10).
Peraltro la deroga alla riserva di giurisdizione è soltanto temporanea, in
quanto i provvedimenti adottati dalla polizia giudiziaria devono essere
C
op
yr
ig
(7) La scelta dell’autorità giudiziaria per l’adozione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale
è una importante garanzia derivante dalla terzietà della stessa che, come tale, è libera da qualsiasi
condizionamento (così come non potrebbe essere l’autorità amministrativa e, segnatamente chi svolge, in
condizioni di sottoposizione gerarchica, attività di polizia).
(8) Tali decisioni riguardano la detenzione (privazione della libertà personale), l’ispezione personale
(perquisizione o esame diretto della persona alla ricerca, ad esempio, di tracce o corpo di reato) o
qualsiasi restrizione che, comunque, non rientri nelle prime tre, a garanzia totale della persona umana.
(9) Arresto in flagranza e fermo di polizia costituiscono misure precautelari di tipo custodiale, consentite soltanto in relazione alle ipotesi di delitto più gravi, per le quali, cioè, sia prevista una pena superiore ai limiti indicati dalle disposizioni codicistiche.
(10) Dalla lettura combinata degli artt. 13 e 27, co. 3, in base al quale le pene non possono consistere in
trattamenti contrari al senso di umanità, l’Autorità giudiziaria, anche in applicazione della misura
restrittiva, non può esercitare violenze o altre forme di coercizione fisica o morale sulla persona del
fermato.
.
112
p.
A
Parte Seconda
br
i
S.
comunicati all’autorità giudiziaria entro 48 ore e nelle successive 48 ore
devono essere convalidati.
Le considerazioni sopra esposte consentono di evidenziare le differenze rispetto alla tutela della libertà personale prevista dallo Statuto albertino.
L’art. 26 dello Statuto, infatti, si limitava a riconoscere genericamente il principio di libertà individuale, ma rimandava poi alla legge tutta la disciplina
delle limitazioni a tale diritto, senza che fosse prevista alcuna riserva di giurisdizione.
Istituti collegati: diritti fondamentali; riserva di legge; riserva di giurisdizione.
li
13. Cosa si intende per libertà di domicilio?
se
Riferimenti normativi: artt. 14, 32, 41, 53 Cost., art. 7 Carta diritti fondamentali
U.E.
Definizione: chiarire il significato della libertà di domicilio.
Es
Elenco caratteristiche: individuare i diversi significati della libertà di domicilio:
• libertà di scegliere il luogo dove stabilire il proprio domicilio;
• libertà di svolgere all’interno del proprio domicilio qualsiasi attività lecita;
• diritto di impedire a chiunque, se non nei casi autorizzati dalla legge, di violare il proprio domicilio.
©
Altri elementi essenziali: la nozione di domicilio, le limitazioni della libertà di
domicilio previste dalle leggi speciali.
ht
Articolazione della risposta
yr
ig
L’art. 14 Cost. tutela la libertà personale nella sua proiezione spaziale, ossia la libertà di domicilio (10), che ne rappresenta una delle più importanti espressioni in quanto inscrive in un ambito più ampio la sfera di libertà
del singolo.
Nella disciplina costituzionale tale libertà è considerata intangibile, anche
se il potere giudiziario e le autorità di polizia possono adottare misure
C
op
(10) Rispetto al territorio l’individuo ha tre sedi in opzione: il domicilio che è il centro degli affari e
degli interessi: pertanto ciascuno può avere un domicilio commerciale e uno fiscale, etc. La dimora che
è il luogo dove esso si trova temporaneamente. La residenza che è data dalla dimora abituale. A queste
tre sedi fanno capo diversi tipi di norme.
.
A
113
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
Es
se
li
br
i
S.
restrittive (12) nei soli casi ed in presenza delle particolari garanzie previsti dalla legge (13).
Tale diritto consiste innanzitutto nella libertà di scegliere il luogo dove
stabilire il proprio domicilio, nonché di svolgervi ogni attività lecita che
si desideri.
Inoltre tale libertà consiste anche nel diritto di impedire a chiunque, al di
fuori dei casi consentiti, di violare il proprio domicilio.
Quest’ultimo va identificato in qualunque spazio dal quale il titolare ha il diritto di escludere i terzi per realizzare la propria vita affettiva o i propri interessi
spirituali, culturali e sociali. Rientrano in tale definizione, pertanto, non solo la
propria abitazione privata, ma anche il luogo dove si svolge la propria attività
lavorativa, una camera d’albergo o qualunque dimora occasionale (anche la
stessa autovettura), purché risultino isolati dall’ambiente esterno.
Una regola sempre valida prevista dall’art. 14, co. 3 riguarda gli accertamenti e le ispezioni dovuti a motivi di sanità e incolumità pubblica (art. 32
Cost.), fini economici (art. 42 Cost.) e fiscali (art. 53 Cost.), che sono previsti per motivi di interesse pubblico e disciplinati da leggi speciali.
Istituti collegati: diritti fondamentali; riserva di legge.
©
14. In quali modi può essere limitata la libertà e segretezza della
corrispondenza?
Riferimento normativo: art. 15 Cost.
ig
ht
Definizione: chiarire come la Costituzione disciplina le limitazioni alla libertà e
segretezza della corrispondenza.
C
op
yr
(12) Le misure previste dall’art. 14 Cost. riguardano le ispezioni locali (dirette ad accertare in un dato
luogo la presenza delle tracce o di altri effetti materiali del reato, art. 246 c.p.p., artt. 118, 258-260
c.p.c.), le perquisizioni (tese ad acquisire il corpo del reato o cose pertinenti al reato: artt. 247-252
c.p.p.), i sequestri (vincoli di indisponibilità che spossessano temporaneamente il titolare del bene per
accertare se lo stesso sia prova di reato (artt. 253-265 c.p.p.), per evitare la perdita di garanzie reali per
il pagamento di eventuali pene pecuniarie, spese di giustizia etc. (artt. 316-320 c.p.p.) o per interrompere eventuali attività criminose (artt. 321-323 c.p.p.)).
(13) Le garanzie, in particolare, riguardano l’atto motivato dell’autorità giudiziaria e la previsione
legale dei casi e modi di eventuali limitazioni connessi alla gravità dei reati presunti, con le eccezioni
di cui all’art. 13 Cost. (vedi domanda precedente).
.
114
p.
A
Parte Seconda
S.
Elenco caratteristiche: individuare le tutele predisposte dall’ordinamento:
• riserva di legge;
• riserva di giurisdizione che non ammette deroghe;
• obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.
Altri elementi essenziali: i casi in cui la libertà di corrispondenza è limitata.
i
Articolazione della risposta
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
L’art. 15 Cost. tutela la libertà e segretezza dell’espressione del proprio
pensiero a soggetti specificamente determinati, ossia la corrispondenza.
In tale ambito rientrano diverse forme di comunicazione: da quella
epistolare, telegrafica e telefonica sino alle nuove tecnologie di comunicazione quali, ad esempio, la posta elettronica. La disposizione costituzionale tutela sia la libertà di comunicare con altri soggetti, sia quella di mantenere segreta tale comunicazione (14).
A tutela di tale diritto la Costituzione prevede una riserva di legge e una
riserva di giurisdizione. Le limitazioni, quindi, possono avvenire soltanto
nei casi e con le garanzie stabilite dalla legge e per atto motivato dell’autorità giudiziaria.
In questo caso la riserva di giurisdizione è assoluta, non essendo previsto
neppure l’intervento preventivo dell’autorità di pubblica sicurezza per motivi di necessità ed urgenza. Va peraltro evidenziato che la Corte costituzionale ha riconosciuto, in tema di fermo postale di corrispondenza, la possibilità
di interventi amministrativi purché presentino carattere meramente strumentale e siano diretti esclusivamente a sollecitare l’intervento del giudice.
L’evoluzione delle tecniche di investigazione criminale ha reso già da tempo possibile il ricorso a forme di controllo occulto delle comunicazioni
private, tra le quali hanno un rilievo preminente le intercettazioni telefoniche. In base alla disciplina dettata dal codice di procedura penale, esse
possono essere autorizzate dal giudice, su richiesta del pubblico ministero,
quando vi siano gravi indizi di reato e l’intercettazione risulti assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. La durata dell’intercettazione non può superare i quindici giorni, ma può essere prorogata dal giudice, con decreto motivato per periodi successivi di quindici
giorni, sempre che permangano i presupposti sopra indicati.
C
(14) Malgrado il costituente non specifichi il destinatario della tutela (chi spedisce o chi riceve, cioè
autore o destinatario) a tali due soggetti è riconosciuta pari tutela e dignità.
.
115
p.
A
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
Per quanto concerne le ipotesi in cui la libertà di corrispondenza può essere limitata, la legge prevede casi legati alla capacità giuridica dei soggetti coinvolti, ad esempio carcerati, minori, infermi di mente, falliti, oppure
situazioni in cui viene in rilievo l’interesse pubblico a reprimere i reati e
a perseguire in giudizio coloro che delinquono.
br
i
Istituti collegati: diritti fondamentali; riserva di legge; riserva di giurisdizione.
li
15. I cittadini possono riunirsi pacificamente e senza armi?
Differenza tra riunione e associazione
se
Riferimenti normativi: artt. 15 e 18 Cost.; artt. 654 e 655 c.p.; L. 300/1970
(Statuto dei lavoratori); Disp. finale Cost. n. XII.
Concetto iniziale: la disciplina costituzionale del diritto di riunione.
Es
Altri elementi essenziali: la differenza tra diritto di riunione e diritto di associazione.
Articolazione della risposta
yr
ig
ht
©
Le riunioni sono convegni temporanei e volontari di più persone nello
stesso luogo, sia esso pubblico o privato. L’art. 17 Cost. esclude la necessità del preavviso (15) alle autorità sia per le riunioni in luogo privato che
per quelle aperte al pubblico (16), in cui l’accesso del pubblico è soggetto
a regole determinate (selezione all’ingresso, esibizione di titoli di
legittimazione, orari di apertura e chiusura). Tale obbligo sussiste, invece,
qualora le riunioni si svolgano in un luogo pubblico, pur essendo
interpretabile come mero obbligo di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza (e non di richiesta di autorizzazione).
La nostra Costituzione limita il riconoscimento del diritto di riunione ai
soli cittadini ma, in considerazione della partecipazione dell’Italia a numerose convenzioni internazionali che tale diritto riconoscono, e alla luce delle
previsioni del testo unico sull’immigrazione, che estendono a tutti gli stranieri i diritti fondamentali riconosciuti dal diritto interno, dalle convenzio-
C
op
(15) Il preavviso consiste in una comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza al f ine di consentire a
quest’ultima di assolvere le proprie funzioni di vigilanza a tutela dei partecipanti.
(16) Aperto al pubblico è quel luogo privato al quale è consentito l’accesso di una serie di persone
anche non predeterminate (ad es.: un cinema, un teatro, uno stadio).
.
116
p.
A
Parte Seconda
S.
ni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti, tale diritto è ormai patrimonio di tutti coloro che risiedono in Italia.
Il Costituente, però, impone che tali riunioni costituiscano confronti civili,
corretti, democratici e soprattutto pacifici, in cui i partecipanti possano
essere facilmente identificati (17).
br
i
15 bis. Qual è la differenza tra diritto di riunione e diritto di associazione?
yr
ig
ht
©
Es
se
li
L’art. 18 Cost. disciplina il diritto di associazione, che è anch’esso costituzionalmente garantito, ma che — al contrario del diritto di riunione — non
necessita del preavviso richiesto in caso di riunione in luoghi pubblici
(piazze etc.).
La Costituzione non fornisce una definizione del concetto di associazione,
la cui determinazione è pertanto affidata all’interprete. Si può dire che il
nucleo essenziale di tale fenomeno è dato dalla circostanza che più persone
decidano di svolgere insieme una data attività per raggiungere i fini più
vari e che l’elemento distintivo rispetto alla riunione sia costituito dal carattere di stabilità che contraddistingue la cooperazione tra gli associati.
La libertà di associazione soggiace a particolari limiti posti a tutela di interessi costituzionali di pari rango, come l’ordine pubblico.
In particolare sono vietate le associazioni segrete, quelle che perseguono
anche indirettamente scopi politici mediante organizzazione di carattere
militare, le associazioni sovversive e quelle antinazionali (artt. 270 e ss.
c.p.).
La Costituzione menziona e disciplina due particolari forme di
associazionismo, quello sindacale (art. 39) e quello partitico (art. 49) che
sono oggetto di specifiche norme costituzionali. Su queste ultime, comunque, la dizione costituzionale è sempre piuttosto generica per consentire a
tali forme associazionistiche di crescere e svilupparsi senza alcuna preclusione normativa.
op
Istituti collegati: diritto di riunione; Stato fascista.
C
(17) La presenza di partecipanti coperti da caschi protettivi o altri mezzi che rendano difficoltoso il
riconoscimento può, secondo la giurisprudenza, costituire causa di scioglimento se tali soggetti non
possono essere facilmente isolabili e identificabili.
.
A
S.
16. Quali sono i limiti alla libertà di associazione?
Le associazioni segrete e le associazioni militari
117
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
br
i
Riferimenti normativi: art. 18, co. 2 Cost., XII disp. transitoria della Costituzione; artt. 270, 270bis (associazioni sovversive), 271 (associazioni antinazionali),
305 (cospirazione politica mediante associazioni), 306 (banda armata), 416 (associazioni per delinquere), 416bis (associazioni di tipo mafioso anche straniere)
c.p.; D.Lgs. 43/1948 (divieto di associazioni di carattere militare); L. 17/1982
(scioglimento loggia P2); L. 55/1990 (norme antimafia).
Definizione: chiarire in quali casi la Costituzione limita il diritto di associarsi.
Articolazione della risposta
se
li
Elenco caratteristiche: individuare tali casi:
• il perseguimento di fini penalmente illeciti;
• il carattere segreto dell’associazione;
• le associazioni politiche a carattere paramilitare.
yr
ig
ht
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Es
L’art. 18 Cost. riconosce e garantisce il diritto fondamentale di associazione.
La nostra Costituzione è una delle più garantiste in materia, in quanto ritiene
meritevole di tutela ogni associazione indipendentemente dal fine perseguito,
purché si tratti di finalità che non sono vietate dalla legge penale.
Al riguardo si noti che, mentre il regime fascista prevedeva un regime
autorizzatorio da parte del Prefetto per ogni singola associazione, oggi per
espresso dettato costituzionale, non è richiesta nessuna forma di autorizzazione: la Corta Costituzionale, infatti, con sentenza del 1967, n. 114 ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 210 del TULPS (773/1931)
che richiedeva il controllo dell’autorità amministrativa.
Sono, quindi, ammissibili anche associazioni politiche che propugnano una
forma diversa di potere rispetto all’attuale ordinamento democratico, purché ciò non avvenga attraverso metodi penalmente illeciti o sotto forma di
associazioni segrete e sempreché l’attività di tali associazioni non inciti
alla commissione di reati. L’unica eccezione è rappresentata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta la
riorganizzazione sotto ogni forma del disciolto partito fascista.
op
16 bis. Cosa sono le associazioni segrete?
C
L’art. 18 vieta, tuttavia, che l’associazione possa avere carattere di segretezza. La L. 17/1982 ha chiarito che per associazione segreta si deve
.
118
p.
A
Parte Seconda
li
br
i
S.
intendere quella che, occultando la propria esistenza, anche all’interno di
associazioni palesi, o tenendo segrete congiuntamente finalità e attività
sociali, ovvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte ed anche reciprocamente, i nominativi dei soci, svolga attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, di enti pubblici nonché di servizi pubblici essenziali di interesse
nazionale.
Il legislatore, attuando il dettato costituzionale, non ha quindi vietato le
associazioni segrete in sé, ma in quanto tale segretezza sia orientata a realizzare pericolose e incontrollabili interferenze nella vita economica, politica e democratica del Paese, come ad esempio si è verificato con le Logge
Massoniche e la P2.
se
16 ter. Il concetto di associazioni di carattere militare
ig
ht
©
Es
Il secondo tipo di associazione vietata è quella che persegue, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Le associazioni che rientrano in tale categoria, così come individuate
dal D.Lgs. 43/1948, sono quelle costituite mediante inquadramento degli
associati in corpi, reparti o nuclei, con disciplina e ordinamento gerarchico
interno analoghi a quelli militari, con l’eventuale adozione di gradi o di
uniformi, e con un’organizzazione atta anche all’impiego collettivo di azioni
di violenza o di minaccia.
Il fine del divieto è quello di impedire l’esistenza di organizzazioni in cui
lo spirito individuale venga coartato e sottomesso ai fini politici dell’associazione stessa.
Il «fine politico» è, quindi, essenziale per vietare le organizzazioni
paramilitari, come si evince dal fatto che l’associazione dei Boy Scout,
che persegue invece fini solidali ed umanitari, è assolutamente lecita pur
operando con uniformi e articolazioni interne di tipo gerarchico.
C
op
yr
Istituti collegati: diritto di riunione; delitti contro l’ordine pubblico; delitti
contro la personalità dello Stato.
.
119
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A
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
17. Quali sono i limiti alla libertà di manifestazione del pensiero?
S.
Riferimento normativo: art. 21 Cost.; L. 3-8-2007, n. 124.
li
Articolazione della risposta
br
Elenco caratteristiche: individuare tali limiti:
• il buon costume;
• la riservatezza e l’onorabilità della persona;
• il segreto giudiziario;
• il segreto di Stato;
• l’apologia di reato.
i
Definizione: individuare i limiti alla libertà di manifestazione del pensiero.
Es
se
L’art. 21 Cost. riconosce la libertà di manifestazione del pensiero, intesa
come diritto assoluto e non funzionale. Ciò comporta che il diritto di manifestare il proprio pensiero non può essere condizionato ai contenuti che
attraverso di esso si veicolano.
La Costituzione italiana ammette, cioè, il dissenso più ampio, anche quello volto a mettere in discussione l’organizzazione e i principi che reggono
la nostra Repubblica, purché ciò non si concretizzi in comportamenti penalmente rilevanti che costituiscano autonome figure di reato.
©
17 bis. Esistono particolari limiti all’esercizio di tale libertà?
ig
ht
La libertà di manifestazione del pensiero, pur essendo riconosciuta in termini molto ampi, non è per questo del tutto esente da limitazioni. Una di
esse è espressamente prevista dall’art. 21 Cost., che vieta le pubblicazioni
a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon
costume.
yr
Con tale espressione si intende il comune senso del pudore e della pubblica decenza, secondo il sentimento medio della comunità sociale. Non si tratta di un concetto morale, ma di un
limite volto a garantire soprattutto coloro che, come i minori, richiedono forme di tutela più
avanzata in considerazione della loro delicata fase di sviluppo psichico e morale.
C
op
Altri limiti alla libertà di manifestazione del pensiero possono ricavarsi,
a contrario, da altre norme che tutelano interessi costituzionalmente rilevanti.
Il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero non può, infatti, ledere diritti fondamentali come la dignità, l’onore, la riservatezza. Tali valo-
.
120
p.
A
Parte Seconda
17 ter. Cos’è il segreto di Stato?
li
br
i
S.
ri sono tutelati sia a livello penale, attraverso la configurazione di reati
come la diffamazione, l’ingiuria e l’oltraggio, che a livello civile.
Altri limiti derivano dal tipo particolare di attività cui afferiscono, come
nel caso del segreto giudiziario, giustificato dall’obbligo costituzionale di
garantire il buon andamento della giustizia e allo stesso tempo anche la
reputazione degli imputati, in omaggio al principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza dell’indagato/imputato fino all’emanazione della sentenza definitiva (art. 27 Cost.).
Anche l’apologia di reato costituisce un limite alla manifestazione del
pensiero, in quanto essa rappresenta un comportamento idoneo a provocare delitti e quindi penalmente illecito.
©
Es
se
Il segreto di Stato, invece, copre tutti gli atti, i documenti, le notizie, le
attività e ogni altro dato la cui comunicazione sia idonea a recare danno
all’integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali,
alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi e
alla difesa militare dello Stato.
In questo caso vengono tutelati interessi molteplici, che si ricollegano al
dovere di difesa della Patria, alla sicurezza nazionale, alla saldezza complessiva delle istituzioni democratiche della Repubblica.
ht
17 quater. Il legislatore prevede forme di diffusione mediatica diverse dalla parola e dallo scritto?
op
yr
ig
Il Costituente, con molta lungimiranza, nel redigere il testo della Costituzione, ha utilizzato la generica espressione «ogni altro mezzo di diffusione», che oggigiorno ci consente di ricomprendere, oltre alla stampa, tutti
gli altri mass media che l’evoluzione tecnologica è in grado di produrre.
Radio, televisione, cinema, internet costituiscono i nuovi mezzi di diffusione del pensiero, in relazione ai quali trovano applicazione i principi democratici, pluralisti e di libertà enunciati dalla Costituzione con riferimento ai tradizionali mezzi di espressione del pensiero.
C
Istituti collegati: diritti fondamentali; pluralismo ideologico.
.
A
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p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
18. Come si articola la libertà di informazione?
S.
Riferimento normativo: artt. 21 e 27 Cost. e Dichiarazione Universale dei diritti
dell’umo.
br
i
Oggetto:
• libertà di informazione;
• libertà di stampa;
• libertà di antenna.
Articolazione della risposta
Es
se
li
La libertà di manifestazione del pensiero viene concretamente esercitata
attraverso una pluralità di mezzi, tra i quali rientrano la stampa, la telediffusione e la radiodiffusione, la pubblica affissione, gli spettacoli pubblici,
le nuove tecnologie applicate alla comunicazione (internet etc.), di cui l’ordinamento deve garantire un ampio e democratico regime di pubblicità.
La manifestazione del pensiero attraverso tali strumenti divulgativi rappresenta quel particolare aspetto del diritto sancito (anche se non esplicitamente) dall’art. 21 Cost., che viene denominato «libertà d’informazione».
Essa si articola in una pluralità di diritti: di informare, di informarsi e di
essere informati.
ig
ht
©
La libertà di informazione, che rientra nella più generale libertà di manifestazione del pensiero, trova il suo fondamento costituzionale, oltre che nell’art. 21 Cost., anche in tutte
quelle libertà che garantiscono una scelta (in quanto per scegliere occorre prima «conoscere»), nonché nelle disposizioni che garantiscono il pieno sviluppo della persona umana
(artt. 2 e 3 Cost.), l’uguaglianza dei cittadini (art. 3 Cost.) e la partecipazione alla organizzazione del Paese (art. 3, co. 2, Cost.).
Il principio della libertà di informazione deve, inoltre, considerarsi giuridicamente vigente
in Italia anche per effetto dell’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
(adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 10 dicembre 1948), nel quale si riconosce
ad ogni individuo il diritto di ricercare informazioni e notizie servendosi di qualsiasi mezzo, anche oltrepassando le frontiere nazionali (LOIODICE).
C
op
yr
L’art. 21 Cost., redatto ed ideato in un’epoca in cui i mezzi di comunicazione di massa erano modesti, così come è concepito oggi non fornisce adeguata garanzia al pluralismo dell’informazione. Con l’evoluzione dei
media, infatti, si rende necessario garantire — contro ogni tentativo
monopolistico — il pluralismo dei mezzi di comunicazione per consentire
a tutti di venire a conoscenza anche delle opinioni del dissenso e di quelle
non «gradite» ai detentori del potere, alle lobbies economiche, ai gruppi
.
122
p.
A
Parte Seconda
S.
dominanti, soprattutto se proprietari di importanti concentrazioni di testate
giornalistiche o reti televisive.
18 bis. Come viene disciplinata la libertà di stampa?
Es
se
li
br
i
Il più antico, ma anche uno dei più importanti ed incisivi mezzi di manifestazione del pensiero, è la stampa.
L’art. 21 Cost. sancisce in materia i seguenti principi:
— esclusione di ogni forma di autorizzazione preventiva. Infatti chi intende pubblicare un libro o uno stampato non deve chiedere alcun consenso preventivo per poterlo diffondere (art. 21, co. 2);
— esclusione di ogni forma di censura successiva alla redazione dello stampato, ma antecedente alla sua pubblicazione (art. 21, co. 2);
— disciplina legislativa delle ipotesi di sequestro dello stampato. Questa
misura repressiva posta in essere per impedirne la diffusione, dunque,
deve seguire particolari procedure a garanzia della libertà di stampa
(art. 21, co. 3 e 4);
— possibilità di stabilire con legge dei controlli sui mezzi di finanziamento della stampa periodica (art. 21, co. 5).
ht
©
La L. 416/1981 (Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria), modificata dalla L. 62/2001, prevede una dettagliata disciplina (sotto la tutela dell’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni) per individuare i titolari delle imprese editoriali
(che per motivi di trasparenza devono essere solo persone fisiche) ed impedire la concentrazione delle testate, che comporta pericolose situazioni monopolistiche nel settore
e fa venire meno il regime di libera pubblicità della stampa. Per garantire il pluralismo
ideologico e dell’informazione, sono considerati nulli tutti gli atti che, realizzando il
trasferimento di testate (in qualsiasi forma e titolo), hanno per effetto la costituzione di
una posizione dominante (cfr. art. 3, L. 67/1987);
C
op
yr
ig
— la previsione della facoltà del legislatore di adottare controlli preventivi e mezzi repressivi contro la stampa che offenda il buon costume (art.
21, ult. co.).
Il sequestro delle pubblicazioni, secondo il dettato dell’art. 21, co. 3, Cost.
è possibile «solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria, nel caso di
delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel
caso di violazione delle norme che la legge prescrive per l’individuazione
dei responsabili». Al di fuori di questi due casi la Corte costituzionale ha
ritenuto illegittimo ogni tipo e forma di sequestro di stampati.
.
A
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Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
Quando vi sia una assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità
giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia
giudiziaria, che entro le 24 ore devono fare denuncia all’autorità giudiziaria. Se questa non
lo convalida nelle 24 ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto
(art. 21, comma 4, Cost.).
li
br
i
La L. 47/1948 (Legge sulla stampa) prevede, inoltre, il divieto della stampa
anonima, in quanto si pone in contrasto con i principi e le libertà costituzionali, essendo finalizzata ad occultare possibili soggetti responsabili di eventuali illeciti penali in essa contenuti. Per questo motivo tutte le pubblicazioni
devono riportare le generalità ed il domicilio dello stampatore e dell’editore.
Il codice penale si occupa dei reati commessi a mezzo stampa negli artt.
57-58bis come risultano dalle modifiche apportate dalla L. 127/1958.
se
18 ter. In cosa consiste il diritto di cronaca?
yr
ig
ht
©
Es
Il diritto di cronaca costituisce una specificazione della libertà di manifestazione del pensiero (contra CHIOLA e BARILE). Infatti, il cronista non
si limita solo a riferire e diffondere le notizie, ma altresì le interpreta e le
commenta.
L’attività del giornalista, cioè, non è mai «neutrale»; i fatti che vengono
riferiti sono sempre in qualche modo influenzati dalle opinioni del cronista
(CRISAFULLI e PIZZORUSSO) e, pertanto, la cronaca rappresenta, comunque, il risultato della elaborazione del pensiero dello stesso.
Il diritto di cronaca presenta però alcuni limiti interni ed esterni che non
possono essere travalicati:
— i limiti interni: individuabili nella rilevanza pubblico-sociale, nella verità almeno soggettiva dei fatti riferiti (verificati, cioè, scrupolosamente) e, inoltre, nella forma utilizzata per la narrazione che non deve concretarsi in un linguaggio di per sé offensivo;
— i limiti esterni, invece, sono finalizzati alla tutela di altri interessi rilevanti, come l’interesse ad una efficace amministrazione della giustizia
(segreto di determinati atti o fasi processuali) o l’interesse alla difesa
nazionale (segreto di Stato).
C
op
Un’importante forma di tutela di cui gode il singolo per difendersi da un uso scorretto del
diritto di cronaca è il diritto di rettifica (art. 42, L. 416/1981), che consente alla persona
coinvolta dalla diffusione di notizie false o inesatte di chiedere la correzione o precisazione
delle stesse.
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124
p.
A
Parte Seconda
18 quater. È ammessa la censura sugli spettacoli cinematografici e
televisivi?
S.
L’art. 21 della Costituzione vieta non solo le pubblicazioni a stampa, ma
anche gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.
se
li
br
i
A questo scopo la L. 161/1962 prevede un articolato sistema di censura preventiva, ampiamente modificato da una serie di interventi normativi successivi. Tale legge oggi dispone un sistema di controllo per i film soggetti al nulla osta di un’apposita Commissione, che
ne condiziona l’ingresso nel circuito distributivo o può apporre il divieto ai minori di 14 o
18 anni per la visione pubblica. Per quanto riguarda le opere teatrali, invece, un colpo
definitivo alla censura è stato assestato dal D.Lgs. 3/1998, che ha abrogato gli artt. 11 e 12
della L. 161/1962. Di conseguenza, non è più richiesto alcun nulla osta per la rappresentazione di lavori teatrali in rivista o commedia musicale né per l’ammissione dei minori agli
spettacoli. Restano, invece, in vigore le disposizioni concernenti gli spettacoli cinematografici e i programmi radio-televisivi, a tutela della particolare sensibilità dei minori.
18 quinquies. La disciplina della radiotelevisione
C
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©
Es
Nell’ultimo mezzo secolo un importante mezzo di manifestazione del pensiero, nonché strumento di diffusione di idee e notizie, è stata la
radiotelevisione.
La disciplina fondamentale di tale mezzo di comunicazione è ora contenuta nel D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico della radiotelevisione),
predisposto in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 16
della L. 3 maggio 2004, n. 112 (meglio conosciuta come legge Gasparri),
che elenca all’art. 3 i principi fondamentali che regolano il sistema radiotelevisivo italiano, così come garantiti dalla Costituzione, dal diritto comunitario, dalle norme internazionali vigenti nell’ordinamento italiano e dalle
leggi statali e regionali:
— la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione
radiotelevisiva;
— la tutela della libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la libertà
di opinione e quella di ricevere o di comunicare informazioni o idee
senza limiti di frontiere;
— l’obiettività, la completezza, la lealtà e l’imparzialità dell’informazione;
— l’apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e
religiose;
— la salvaguardia delle diversità etniche e del patrimonio culturale, artistico e ambientale, a livello nazionale e locale;
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Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
li
br
i
S.
— il rispetto delle libertà e dei diritti, in particolare della dignità della persona;
— la promozione e tutela del benessere, della salute e dell’armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore.
Si tratta di principi faticosamente affermatisi negli ultimi decenni, frutto
di un assetto del sistema radiotelevisivo italiano che ha conosciuto una
evoluzione del tutto particolare. La storia dell’emittenza radiotelevisiva
in Italia è stata, infatti, caratterizzata da ricorrenti interventi della Corte
costituzionale, anche per supplire alle carenze del legislatore che per diversi anni non è stato in grado di elaborare una compiuta disciplina della
materia (e, quando lo ha fatto, in genere si è limitato a ratificare la situazione già esistente).
se
Istituti collegati: diritti fondamentali; libertà di manifestazione del pensiero.
Es
19. Sono ammissibili trattamenti sanitari obbligatori?
I trattamenti volti ad accertare l’infezione da HIV.
Il caso dei testimoni di Geova e dell’eutanasia consensuale
Riferimento normativo: art. 32 Cost.
©
Definizione: chiarire in quali casi la Costituzione ammette la possibilità di trattamenti sanitari obbligatori.
ht
Elenco caratteristiche: individuare le cautele imposte dalla Costituzione
all’ammissibilità di tali trattamenti, consistenti nella previsione di una riserva di
legge rinforzata.
ig
Altri elementi essenziali: le analisi volte ad accertare l’infezione da HIV.
Articolazione della risposta
op
yr
L’art. 32 Cost. disciplina i «trattamenti sanitari», vale a dire tutte quelle
attività diagnostiche e terapeutiche volte a prevenire e curare le malattie, di
regola volontari (18), e le sottopone ad una disciplina rigorosa.
C
(18) Non esiste, infatti, un obbligo generico per i cittadini di curarsi se la legge non lo prevede e,
comunque, i trattamenti sanitari obbligatori non possono mai ledere la dignità dell’individuo.
.
126
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A
Parte Seconda
Es
se
li
br
i
S.
Innanzitutto tali trattamenti non sono finalizzati solo a tutelare la salute del
singolo individuo, ma anche a garantire lo stato di salute di terzi o dell’intera collettività.
Questo limite non è espressamente previsto dall’art. 32 Cost., ma può implicitamente ricavarsi dalla definizione del «diritto alla salute» come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.
In secondo luogo i trattamenti sanitari obbligatori possono, secondo il dettato costituzionale, essere disposti esclusivamente per legge.
Si tratta di una riserva relativa di legge, nel senso che la legge dovrà fissare le linee essenziali della materia, demandando a fonti di rango subordinato e a provvedimenti concreti l’attuazione della disciplina.
Si tratta inoltre di una riserva rinforzata, in quanto la disciplina di legge
non potrà, comunque, mai violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana e della sua «dignità», in quanto rientranti nella categoria dei «diritti
dell’uomo».
Si tratta, infine, di una riserva di legge statale, affinché sia garantita l’uguaglianza di trattamento di tutti i cittadini a prescindere dalla Regione di residenza.
19 bis. Qual è la posizione della Corte costituzionale nel caso dei
trattamenti volti ad accertare l’infezione da HIV?
yr
ig
ht
©
Un caso emblematico esaminato dalla Corte costituzionale in tema di trattamenti sanitari obbligatori riguarda la disciplina dei trattamenti volti ad
accertare l’infezione da HIV (cfr. Corte cost. 218/1994).
La Corte ha ritenuto incostituzionale la norma che non prevedeva, limitatamente alle attività che per la loro particolare natura presentano il serio
rischio di trasmissione dell’infezione (nel caso di specie si trattava di un’operatrice sanitaria), la possibilità di trattamenti sanitari, con garanzie di
riservatezza, anche contro la volontà degli interessati.
In questo caso, la Corte ha ritenuto che il diritto alla salute implica e comprende anche il dovere dell’individuo di non ledere né porre in pericolo,
con il proprio comportamento, la salute altrui.
C
op
Pertanto, nel caso di accertamenti circoscritti sia nella determinazione dei destinatari, costituendo un onere per poter svolgere una determinata attività, sia nel contenuto degli esami,
possono essere ritenuti costituzionalmente legittimi i trattamenti sanitari obbligatori, finalizzati a tutelare la salute dei terzi in ogni settore nel quale esista per essi il serio rischio di
contagio trasmissibile.
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A
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Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
19 ter. Esiste un diritto a non curarsi?
li
br
i
S.
Sebbene esso non sia espressamente previsto dalla legge, deve ritenersi
che l’individuo, in quanto capace di intendere e di volere, abbia il diritto
(ad esempio per motivi religiosi) di non accettare determinati trattamenti medici e lasciarsi morire.
Di fronte al rifiuto della cura da parte del diretto interessato, c’è spazio per
una strategia della persuasione da parte del medico, perché il compito di
quest’ultimo è anche quello di offrire il supporto della massima solidarietà
concreta nelle situazioni di debolezza e di sofferenza del paziente; e c’è,
prima ancora, il dovere di verificare che quel rifiuto sia informato, autentico ed attuale.
Es
se
Ma allorché il rifiuto abbia tali connotati non c’è possibilità di disattenderlo in nome di un
dovere di curarsi come principio di ordine pubblico. Il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la
morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che
la malattia segua il suo corso naturale.
19 quater. Può un malato terminale chiedere l’eutanasia?
ht
©
È importante chiarire che il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi
di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita,
causando positivamente la morte, giacché tale rifiuto esprime piuttosto un
atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo
corso naturale.
C
op
yr
ig
Tale fondamentale distinzione è alla base di una recentissima sentenza della Cassazione (n.
21748/2007) relativa ad un caso balzato agli onori della cronaca, in cui si afferma che
quando il paziente è completamente incapace di esprimersi in merito alla prosecuzione del
trattamento sanitario, esiste un principio generale, ricavabile da disposizioni interne e di
accordi internazionali (in particolare la Convenzione di Oviedo che, pur se non ancora
ratificata dall’Italia, rappresenta uno strumento interpretativo delle norme interne), secondo il quale in questi casi è il rappresentante legale del paziente a dover consentire al trattamento medico o dissentire dalla prosecuzione dello stesso sulla persona dell’incapace. Tuttavia, in questi casi egli deve agire non solo ricercando la soluzione migliore per il paziente,
ma decidendo insieme con l’incapace, quindi ricostruendo la presunta volontà del paziente
incosciente e tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza,
della sua personalità, del suo stile di vita, delle sue inclinazioni, dei suoi valori di riferimento e delle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche.
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Parte Seconda
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Istituti collegati: diritto alla salute; consenso informato del paziente;
responsabilità del medico.
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20. Quando si può definire politico un reato ai sensi dell’art. 26
Cost.?
Il problema dell’estradizione
br
Riferimenti normativi: artt. 26 Cost. e 8 c.p.; artt. 13 c.p. e 697-713 c.p.p. (estradizione); L. Cost. 1/1967 (estradizione per motivi di genocidio); L. 69/2005 (mandato d’arresto europeo).
li
Definizione: chiarire la natura del reato politico ai fini del divieto di estradizione
previsto dall’art. 26 Cost. e il medesimo fondamento con diritto di asilo.
se
Elenco caratteristiche: specificare le diverse concezioni di reato politico:
• la nozione di reato politico presente nel codice penale;
• la diversa ratio del divieto di estradizione per reati politici nella Costituzione.
Es
Altri elementi essenziali: l’esclusione del genocidio dalla nozione di reato politico.
Articolazione della risposta
C
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L’art. 26 Cost. vieta l’estradizione del cittadino italiano che abbia commesso reati politici. La disposizione va letta in combinato disposto con
l’art. 10 Cost., che applica analogo divieto all’estradizione degli stranieri.
L’estradizione è una forma di collaborazione fra Stati per la repressione della
delinquenza consistente nell’obbligo assunto da uno Stato nei confronti di un
altro di consegnare all’autorità giudiziaria straniera richiedente un soggetto,
imputato o condannato per un reato commesso nel territorio dello Stato straniero, in modo che in esso abbia luogo il giudizio o l’esecuzione della pena.
L’estradizione viene distinta in attiva e passiva, avendosi riguardo nel
primo caso allo Stato richiedente l’individuo da consegnare e nel secondo
caso allo Stato richiesto.
La Costituzione, tuttavia, non fornisce autonoma definizione di reato politico, che si ritrova, invece, nell’art. 8 del codice penale. Secondo questa
disposizione omnicomprensiva è delitto politico l’azione mirata ad offendere la personalità dello Stato o un diritto politico del cittadino, sia in via
diretta ed intrinseca, sia in via indiretta, attraverso azioni aventi un fine in
tutto o in parte politico.
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Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
20 bis. Perché vige il divieto di estradizione per motivi politici?
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La nozione di delitto politico contenuta nel codice penale (di matrice fascista) è, in realtà, ispirata da finalità repressive volte far valere la potestà punitiva dello Stato italiano, mentre la Costituzione, attraverso il divieto di estradizione per motivi politici, intende proteggere gli imputati o condannati da
possibili persecuzioni politiche penali da parte dello Stato estero.
I valori tutelati dall’art. 26 Cost. sembrano, quindi, essere gli stessi a fondamento del riconoscimento del diritto di asilo, compiuto dall’art. 10, co.
3 Cost. a favore di coloro ai quali sia impedito nel proprio paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche proclamate e garantite dalla Costituzione italiana.
Pertanto, l’assenza di una definizione di reato politico nella Costituzione
è, ad opinione di una parte della dottrina, soltanto apparente, in quanto tale
previsione va ricavata dall’insieme dei principi costituzionali, ed in particolare dai co. 1 e 3 dell’art. 10 Cost., che impone all’ordinamento giuridico italiano di conformarsi alle norme generalmente riconosciute e ai trattati internazionali.
L’estradizione va, quindi, negata tutte le volte in cui il reato politico sia
commesso contro regimi non democratici, o comunque sia un fatto commesso per affermare un diritto di libertà garantito dalla Costituzione
italiana.
Non possono, comunque, essere compresi nel novero dei reati politici quei
reati esclusi espressamente dalle norme internazionali, come, ad esempio,
le azioni terroristiche che, costituendo un pericolo collettivo per la vita,
l’integrità fisica o la libertà delle persone o facendo ricorso a mezzi crudeli, sono considerate dal diritto internazionale come delitti contra iura gentium
(crimini contro l’umanità).
È opportuno sottolineare che il legislatore, nel momento in cui ha voluto
derogare alla nozione di delitto politico ricavabile dall’art. 8 c.p., lo ha
fatto introducendo una norma costituzionale specifica. La L. cost. 1/1967,
infatti, ha espressamente chiarito che nella nozione di delitto politico rilevante ai fini del divieto di estradizione non possono mai rientrare i delitti di
genocidio.
C
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Ciò perché il Costituente proietta e difende sul piano internazionale, con il supporto di
numerose convenzioni internazionali orientate in tal senso, l’ideale di libertà e giustizia che
persegue. Ciò giustifica la norma costituzionale che vieta di «consegnare» allo Stato straniero colui che si oppone ad un regime non democratico che nega ai suoi sudditi le libertà
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Parte Seconda
S.
universalmente riconosciute e tutelate dalle Convenzioni internazionali e che rientrano nel
coacervo dei «diritti dell’uomo»; ma non può invece giustificare l’attivazione della garanzia del divieto di estradizione per reati commessi contro l’umanità, come il genocidio.
20 ter. Può concedersi l’estradizione per un reato per il quale nel
Paese richiedente è prevista la pena di morte?
li
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In forza dell’art. 27, comma 4, l’estradizione non può essere concessa
dallo Stato italiano anche se lo Stato estradante, che prevede tale pena, dia
al nostro Stato «sufficienti assicurazioni» che al reo estradato non verrà
applicata la pena di morte.
Ciò perché il bene essenziale della tutela della vita impone una «garanzia
assoluta» da parte dello Stato straniero (Corte cost. 223/1996).
21. Chi è il giudice naturale?
se
Istituti collegati: Convenzioni internazionali; diritti di asilo; reati politici.
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Articolazione della risposta
C
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In base all’art. 25 Cost. «Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge».
Per giudice naturale precostituito per legge si intende l’ufficio giudiziario individuato dalla legge sulla base di criteri precisi e predeterminati
rispetto all’insorgere della controversia.
Tali criteri sono enunciati dalle norme che regolano la competenza per
materia, per valore, per territorio o funzionale, che identificano in concreto il giudice chiamato a risolvere controversie. La prescrizione normativa
che identifica ex ante la figura del «giudice naturale» ha il fine di escludere che tale individuazione possa avvenire ad opera di autorità diverse dal
Parlamento (come il Governo o i capi degli uffici giudiziari o la stessa
Corte di Cassazione), e impone al legislatore di operare sempre sulla base
di una disciplina a carattere generale, senza introdurre eccezioni singolari
ai criteri prefissati, in vista di una determinata controversia (vedi infra
amplius Parte Settima, domanda n. 2).
In tal modo il Costituente, assieme al divieto di istituire tribunali speciali,
garantisce sempre la corretta terzietà della figura del giudice per ciascun
processo.
.
A
131
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
22. Perché la responsabilità penale ex art. 27 della Costituzione
deve considerarsi «personale»?
Articolazione della risposta
©
Es
se
li
br
i
La responsabilità è la relazione tra un fatto e le sue conseguenze riferite
ad un soggetto.
Come tale può anche ricadere su terzi, come quella dei genitori sui danni
dei figli, o dei datori di lavoro su quelle dei dipendenti ed è civilmente
risarcibile.
Quando, però, il nesso è tra un fatto costituente reato e i suoi effetti, il
nostro ordinamento richiede che la persona fisica (non giuridica) sia l’unica
responsabile per il fatto proprio con il conseguente divieto di imputare la
responsabilità a terzi.
È così venuto meno il concetto di responsabilità oggettiva che ricadeva,
ad esempio, per i reati commessi a mezzo stampa in capo al direttore responsabile per eventuali articoli diffamatori o penalmente sancibili commessi da chi redige l’articolo incriminato.
Questa, comunque, è una questione molto dibattuta, in quanto, il direttore responsabile è comunque imputabile per culpa in vigilando per
non aver controllato con attenzione il contenuto illegale dell’articolo
pubblicato.
ht
23. La Costituzione tutela la concorrenza?
La disciplina nazionale ed europea
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato
ig
Riferimenti normativi: artt. 41 e 117, co. 2, lett. e) Cost.; L. 281/1998 (diritti dei
consumatori); D.Lgs. 206/2005 (Codice del consumo).
yr
Definizione: chiarire che la tutela della libera iniziativa economica include anche la tutela della concorrenza
C
op
Elenco caratteristiche: specificare in che modo la tutela della concorrenza sia
ricavabile dal principio della libera iniziativa economica:
• il riconoscimento della libertà di iniziativa economica vale sia nei confronti
dei poteri pubblici che nei confronti degli altri imprenditori;
• l’adesione dell’Italia all’Unione europea, che annovera fra i suoi fini istitutivi
la tutela della concorrenza;
• il riconoscimento di un autonomo valore giuridico con la L. 287/1990;
.
132
A
p.
•
Parte Seconda
l’espresso riconoscimento costituzionale della tutela della concorrenza come
compito istituzionale dello Stato nel novellato articolo 117 Cost.
S.
Articolazione della risposta
se
li
br
i
L’art. 41 Cost. riconosce la libertà di iniziativa economica privata. Tale riconoscimento viene affermato innanzitutto nei confronti dei pubblici poteri, che
possono indirizzare e condizionare l’iniziativa economica attraverso programmi e controlli in linea con l’indirizzo economico-finanziario previsto dal programma di governo, ma non sopprimerla del tutto, se non nei casi e secondo le
modalità previste dall’art. 43 Cost. (fini espropriativi per pubblico interesse).
La libertà di iniziativa economica, tuttavia, vale anche nei confronti degli
altri soggetti che intraprendono un’attività economica. In tale ottica, deve
essere negata ogni pretesa di esclusiva a vantaggio dell’imprenditore che,
per primo, ha assunto una nuova iniziativa economica. In questo modo la
garanzia dell’iniziativa economica evolve in tutela della concorrenza.
23 bis. Cosa stabilisce la disciplina europea?
©
Es
Tale evoluzione è, peraltro, in linea con l’adesione dell’Italia alla Comunità europea, il cui Trattato istitutivo attribuisce alla Comunità il compito di
introdurre un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata
nel mercato interno europeo. In omaggio all’art. 11 Cost., lo Stato italiano
accetta tale limitazione della sovranità.
ht
23 ter. La disciplina nazionale e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato
yr
ig
Nel nostro ordinamento, una disciplina nazionale a tutela della concorrenza è stata posta soltanto a partire dalla L. 287/1990. Tale corpus normativo
si ispira largamente ai principi comunitari, che espressamente vietano tutte
le pratiche che abbiano per effetto od oggetto di impedire, restringere o
falsare il gioco della concorrenza.
La legge ha istituito un’Autorità amministrativa indipendente (19), l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, cui è demandato il com-
C
op
(19) Le autorità amministrative indipendenti sono enti o organi pubblici, indipendenti dal Governo, autonomi sotto il profilo organizzativo, finanziario e contabile, con competenze specifiche, che fanno sentire la
loro voce nel paese vigilando sul corretto funzionamento e sul rispetto delle regole di concorrenza e in altri
campi come le comunicazioni, i mercati finanziari, le assicurazioni e i servizi di pubblica utilità.
.
A
133
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
br
i
S.
pito di vigilare sul rispetto della normativa antitrust, con ampi poteri di
istruttoria e decisionali per il mantenimento e il ripristino di condizioni di
concorrenza effettiva.
Lo Stato, in linea con i dettami comunitari, è quindi impegnato a garantire
una struttura concorrenziale del mercato attraverso interventi che correggano le eventuali disfunzioni del mercato stesso. Tale compito è stato espressamente riconosciuto anche a livello costituzionale dal novellato art. 117
Cost., che lo affida alla legislazione esclusiva statale, cioè allo Stato considerato nella sua unità.
li
Istituti collegati: espropriazione; mercato unico europeo; divieto di aiuti statali alle imprese.
se
24. I sindacati attualmente operanti in Italia sono registrati?
Es
Riferimenti normativi: artt. 39 e 18 Cost.; art. 28 Carta diritti fondamentali dell’Unione europea; artt. 2067-2071 e 2077 c.c.; L. 300/1970 (statuto dei lavoratori); art. 36 Cost.
Definizione: chiarire il significato della «registrazione» dei sindacati nell’ordinamento italiano e spiegare i motivi per cui attualmente i sindacati italiani non
sono registrati.
ig
ht
©
Caratteristiche: individuare i contenuti della libertà di associazione sindacale:
• la Costituzione riconosce il concetto di pluralismo sindacale, la libertà di
associazione sindacale e il concetto di tutela degli interessi collettivi;
• la registrazione rappresenta un onere per ottenere il riconoscimento della
personalità giuridica e l’efficacia erga omnes dei contratti da essi stipulati;
• i sindacati attualmente operanti in Italia sono associazioni non riconosciute
e l’art. 39 Cost., che impone ai sindacati registrati un ordinamento interno a
base democratica, non ha mai trovato, sotto questo aspetto, applicazione.
Articolazione della risposta
op
yr
L’art. 39 Cost. riconosce la libertà dei lavoratori di organizzarsi sindacalmente. Tale riconoscimento, che si collega alla libertà di associazione
(vedi ante domanda n. 16), implica sia la libertà di costituire anche più
sindacati (cd. pluralismo sindacale) (20) per una medesima categoria, sia
C
(20) Conseguenza del pluralismo sindacale è che tutte le associazioni sindacali possono svolgere liberamente la loro attività e che a tutti i sindacati sono riconosciuti identici diritti.
.
134
p.
A
Parte Seconda
br
i
S.
la libertà dei singoli lavoratori (subordinati o autonomi) di scegliere il sindacato cui aderire o di non aderire a nessuno di essi.
La Costituzione stabilisce che l’unico obbligo che può essere imposto ai
sindacati è quello della registrazione. In realtà, più che di obbligo si tratta
di un onere, adempiendo il quale i sindacati possono acquisire la personalità giuridica e stipulare contratti collettivi che acquisiscono efficacia
erga omnes, nei confronti cioè di tutti i lavoratori della categoria rappresentata, indipendentemente dalla loro adesione al sindacato.
Condizione per la registrazione è il possesso di uno statuto che sanzioni un
ordinamento interno a base democratica.
li
24 bis. Che senso ha un ordinamento interno a base democratica?
ht
©
Es
se
È questo un requisito indispensabile per l’ottenimento della registrazione
del sindacato, purché tale «democraticità» si traduca nell’adozione di una
serie di regole interne che consentano la piena partecipazione di tutti i
lavoratori iscritti, la tutela delle «voci minoritarie», il carattere elettivo delle
cariche sociali, il rispetto del principio di maggioranza.
Le previsioni costituzionali in tema di registrazione non hanno, tuttavia,
mai trovato attuazione, e pertanto i sindacati che operano attualmente in
Italia costituiscono, come del resto i partiti, associazioni non riconosciute
prive di personalità giuridica. Tale scelta è stata storicamente motivata anche dal timore che, attraverso l’introduzione di una disciplina di controlli
finalizzati a verificare il carattere democratico degli ordinamenti interni in
vista della registrazione, si consentisse qualsiasi forma di ingerenza statale
nell’organizzazione e nell’attività dei sindacati.
24 ter. Cosa sono i contratti collettivi con efficacia obbligatoria?
C
op
yr
ig
I contratti collettivi stipulati da tali associazioni sono, quindi, contratti di
diritto comune i quali, come tutti i contratti, hanno efficacia soltanto per
le parti che li stipulano.
Tuttavia, per evitare disparità di trattamento fra i lavoratori, l’efficacia di
tali contratti, malgrado la mancata registrazione, almeno per quanto riguarda la retribuzione, viene, di fatto estesa a tutti lavoratori della categoria; tali contratti acquistano così un’efficacia erga omnes, consentendo a
tutti i lavoratori di beneficiare dei vantaggi derivanti dalla stipula (Cassaz.
2490/80, 5576/80, 190/81).
.
A
135
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
br
i
S.
Il fondamento giuridico di tale estensione trova riscontro nel combinato
disposto dell’art. 36 Cost., che riconosce al lavoratore il diritto ad una
retribuzione proporzionata e sufficiente, e dell’art. 2099 c.c., che attribuisce al giudice il compito di definire la misura della retribuzione in assenza di accordo fra le parti. Il giudice, infatti, fa riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di categoria, in particolar modo di quelli sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, per integrare il
parametro costituzionale dell’art. 36 Cost. che richiede una retribuzione
proporzionata al lavoro svolto e, comunque, sufficiente ad assicurare al
prestatore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa.
se
li
Istituti collegati: libertà di associazione; pluralismo sindacale; effetti
del contratto.
25. La Costituzione riconosce il diritto di sciopero senza alcun
limite?
Es
Riferimenti normativi: art. 40 Cost. e art. 28 Carta diritti fondamentali dell’Unione
europea; L. 146/1990 (esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali); L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori).
Definizione: chiarire la natura giuridica del diritto di sciopero e precisare i limiti
a cui viene assoggettato il suo esercizio.
ig
ht
©
Elenco caratteristiche: individuare i contenuti del diritto di sciopero:
• lo sciopero viene considerato dalla Costituzione non solo come un’attività
lecita, ma addirittura come un vero e proprio diritto;
• la Costituzione riserva alla legge il compito di regolare il diritto di sciopero;
• una regolamentazione del genere è stata introdotta soltanto con riferimento
allo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
• in ogni caso la tutela del diritto di sciopero va bilanciata con quella di altri
valori e interessi costituzionalmente rilevanti.
yr
Paralleli e differenze: sciopero e serrata; limiti soggettivi.
Articolazione della risposta
C
op
Lo sciopero consiste nell’astensione collettiva e concertata dal lavoro e
rappresenta una forma di autotutela collettiva che i lavoratori hanno a disposizione per tutelare i propri interessi collettivi e sostenere le proprie
rivendicazioni sociali ed economiche.
.
136
p.
A
Parte Seconda
br
i
S.
Esso, in particolare, rappresenta un diritto soggettivo pubblico (21) di libertà che trova tutela anche a livello europeo (art. 28 Carta dei diritti fondamentali dell’U.E.), e tende a restituire al lavoratore, contraente più debole nel
contratto di lavoro, almeno una parte della sua capacità contrattuale.
La titolarità di tale diritto spetta a ciascun prestatore di lavoro (sia pubblico che privato), che lo può esercitare a prescindere dall’eventuale benestare dei sindacati.
Lo sciopero è quindi un diritto individuale quanto alla sua titolarità, ma
collettivo quanto al suo esercizio.
se
li
Di fronte a tale fenomeno, l’ordinamento giuridico può in astratto considerarlo un’attività
penalmente illecita sanzionandolo, oppure reputarlo un’attività lecita ma non riconosciuta, e, quindi, non tutelata.
Traducendosi in una sospensione dell’adempimento degli obblighi contrattuali, lo sciopero
potrebbe essere sanzionato civilmente dal datore di lavoro.
ig
ht
©
Es
La Costituzione riconosce un vero e proprio diritto di sciopero, per cui il
lavoratore che vi aderisce non solo non è penalmente sanzionabile, ma non
può neppure essere oggetto di alcuna sanzione da parte del datore di lavoro.
L’art. 40 Cost. riserva alla legge il delicato e difficile compito di disciplinare
l’esercizio del diritto di sciopero. Ciò è avvenuto, esclusivamente con riferimento ai servizi pubblici essenziali, da parte della L. 146/1990: in tale settore, infatti, una disciplina di tale diritto appariva improcrastinabile in quanto entrano in gioco valori costituzionalmente rilevanti come i diritti della
persona alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di
circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà
di comunicazione. In caso di violazione dei suddetti vige in capo al Governo
un diritto cd. di precettazione, ovvero l’ordine obbligatorio ai lavoratori di
prestare la propria opera nonostante l’indizione dello sciopero.
Del resto, ogni riconoscimento di un diritto fondamentale impone un
bilanciamento fra valori ed interessi costituzionalmente rilevanti, nessuno
dei quali può essere integralmente sacrificato a favore dell’altro (22).
C
op
yr
(21) Essendo l’esercizio dello sciopero un diritto soggettivo, la L. 604/1966 e poi lo statuto dei lavoratori (artt. 15, 16, 28) hanno dichiarato nullo il licenziamento del lavoratore determinato dalla partecipazione ad attività sindacale e, segnatamente, allo sciopero.
(22) Proprio per l’importanza dei servizi pubblici essenziali si è tentata una autoregolamentazione degli
stessi, richiedendo, per tali servizi, un congruo preavviso e un minimo di funzionalità dei servizi. Ciò ha
portato all’affermazione del principio della «limitazione regolamentata» a difesa dei citati diritti costituzionalmente garantiti. Il mancato rispetto di tale principio legittima le autorità preposte alla cd. precettazione,
cioè l’ordine obbligatorio ai prestatori di prestare la propria opera anche se è stato proclamato lo sciopero.
.
A
137
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
25 bis. Possono esercitare il diritto di sciopero indistintamente tutte
le categorie di lavoratori?
br
i
S.
No, è inammissibile per alcune categorie di lavoratori (militari, forze di
polizia etc.), la cui eventuale astensione può ledere fondamentali e
irrinunciabili beni e diritti costituzionalmente protetti (difesa dello Stato,
libertà dei cittadini, ordine pubblico etc.). Così la L. 382/1978 all’art. 8 fa
divieto ai militari di esercitare il diritto di sciopero e la L. 121/1981 fa
altrettanto per gli appartenenti alla Polizia di Stato.
25 ter. Qual è la differenza tra sciopero e serrata?
Es
se
li
Dalle considerazioni su esposte, appare evidente la differenza, dal punto di
vista costituzionale, fra lo sciopero e la serrata, ossia l’interruzione unilaterale delle attività produttive e delle prestazioni contrattuali da parte del
datore di lavoro, consistente nella chiusura degli opifici e di tutti i luoghi
dove si svolge normalmente l’attività produttiva.
La serrata, in passato, era considerata vietata ex art. 520 c.p. Con sentenza 29/
1960 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale norma, definendo la serrata «atto penalmente non vietato», ma, a differenza dello sciopero, privo di alcun riconoscimento costituzionale (artt. 505, 506, 507 c.p.).
©
Istituti collegati: forme anomale di sciopero e loro ammissibilità; sciopero politico.
ig
ht
26. Quali sono i criteri che ispirano il sistema tributario italiano?
La capacità contributiva. La posizione dello straniero. La progressività dell’imposta
yr
Riferimenti normativi: artt. 2, 53 e 23 Cost.; L. 212/2000 (Disposizioni in materia di statuto del contribuente); L. 80/2003 (Delega al Governo per la riforma del
sistema fiscale).
Definizione: chiarire i criteri in base ai quali deve organizzarsi il sistema tributario italiano.
C
op
Elenco caratteristiche: individuare i due criteri affermati dall’art. 53 Cost.:
• il principio della capacità contributiva;
• il principio della progressività del sistema tributario.
.
138
p.
A
Parte Seconda
Articolazione della risposta
se
li
br
i
S.
L’art. 53 Cost. afferma che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e che il sistema tributario è
informato a criteri di progressività.
La disposizione in esame rappresenta una specificazione dei doveri inderogabili di solidarietà richiamati dall’art. 2 Cost., in quanto consente
alla Repubblica di usufruire, attraverso il prelievo fiscale, delle risorse
necessarie per predisporre servizi pubblici atti a rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei
cittadini.
Se il potere impositivo costituisce un sacrificio economico per il cittadino,
è pur vero che questi trae vantaggio dalla contribuzione in quanto essa
consente di finanziariare l’erogazione dei servizi pubblici che consentono
la vitalità e lo sviluppo della società (23).
26 bis. Cosa si intende per capacità contributiva?
ht
©
Es
Il principio della capacità contributiva esprime la regola fondamentale che
presiede alla creazione ed alla ripartizione dei tributi tra i consociati: esso
vincola il legislatore a rapportare l’imposizione tributaria all’attitudine
economica di ciascuno a sostenerne il peso, in modo che ognuno concorra alle spese pubbliche in ragione dell’attitudine medesima.
La capacità contributiva presuppone, dunque, una certa ricchezza in capo
al contribuente. Ne deriva che essa può essere riconosciuta ad un soggetto
solo sulla base di indici obiettivi (quali il reddito complessivo, il patrimonio, etc.) che ne consentano l’adeguata valutazione.
Il presupposto di ciascun tributo deve essere attuale ed effettivo.
op
yr
ig
«Attuale» significa che l’imposizione tributaria non può legittimamente colpire redditi o
patrimoni che, pur economicamente valutabili, non siano più in grado, a causa della loro
collocazione temporale, di assicurare al soggetto passivo le risorse con le quali adempiere
l’obbligazione tributaria posta a suo carico.
«Effettivo» significa, invece, che la base imponibile deve essere valutata secondo un riscontro di elementi reali e concreti e non secondo criteri e metodi di determinazione dell’imponibile elaborati in termini astratti e forfettari o su medie.
C
(23) Il potere impositivo spetta al Parlamento relativamente all’istituzione dei tributi, con l’ausilio del
Governo, titolare dell’indirizzo di programmazione economica, per la determinazione delle singole
aliquote.
.
139
p.
A
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
br
i
S.
La capacità contributiva rappresenta, quindi, un limite alla discrezionalità
del legislatore, anche se il controllo della Corte costituzionale si limita al
profilo della non arbitrarietà e non irrazionalità dell’intervento legislativo.
Il legislatore ed il Governo godono, quindi, di un ampio margine di scelta
sia rispetto alla tipologia delle imposte che alla loro misura, in quanto tali
determinazioni scaturiscono da una valutazione complessiva della situazione economica del Paese e delle esigenze della spesa pubblica oltre che
dalla ideologia del governo, cioè se orientato a privilegiare i prestatori di
lavoro o le classi più abbienti.
li
26 ter. Cosa si intende per progressività dell’imposta?
ht
©
Es
se
Il principio della capacità contributiva (che rappresenta la misura della
partecipazione di ciascun contribuente alla spesa pubblica) costituisce l’applicazione in campo tributario del principio di eguaglianza formale, in
quanto richiede una imposizione eguale per situazioni omogenee e un trattamento tributario diseguale per redditi diversi.
Il principio di progressività, al contrario, si ispira al principio di eguaglianza sostanziale in quanto sulla sua base è possibile prevedere che l’obbligo impositivo non sia stabilito solo in misura proporzionale al reddito
individuale delle persone fisiche, bensì sia funzione crescente della capacità contributiva del contribuente singolo.
La progressività deve interessare non i singoli tributi, ma il sistema tributario nel suo complesso in ossequio al dovere di solidarietà sancito dall’art.
2 della Costituzione.
26 quater. Anche gli stranieri sono tenuti a pagare i tributi?
op
yr
ig
Con l’espressione «tutti» il Costituente accoglie il principio della universalità della imposta, in quanto l’obbligazione tributaria colpisce indistintamente cittadini, stranieri e apolidi purché producano redditi in Italia e limitatamente alla produzione di essi e senza applicare aliquote discriminatorie.
Nessuna discriminazione, comunque, può essere fatta a svantaggio degli
stranieri imponendo ad essi imposte specifiche legate alla loro condizione
di estraneità.
C
Istituti collegati: doveri inderogabili; principio di eguaglianza.
.
140
p.
A
Parte Seconda
S.
27. In che modo è possibile oggi adempiere al sacro dovere della
difesa della Patria?
Il passaggio dal servizio di leva obbligatorio a quello volontario
Riferimenti normativi: art. 52 Cost.; D.Lgs. 215/2001, L. 231/2001, L. 226/2004 (trasformazione del servizio militare e sospensione del servizio militare obbligatorio).
br
i
Definizione: chiarire che il dovere della difesa della Patria può essere realizzato sia attraverso il servizio militare che quello civile.
Elenco caratteristiche: individuare i due modi in cui la Patria può essere servita:
• il servizio militare obbligatorio;
• il servizio civile non armato.
Articolazione della risposta
se
li
Altri elementi essenziali: il passaggio dal servizio di leva obbligatorio a quello
volontario.
Es
L’art. 52 Cost. definisce come «sacro» il dovere di difendere la Patria. Il
carattere sacro di tale dovere lo pone in una condizione di preminenza rispetto agli altri doveri inderogabili sanciti dall’art. 2 Cost., in quanto il suo
adempimento condiziona l’esistenza stessa dello Stato.
C
op
yr
ig
ht
©
La Costituzione individuava una delle modalità attraverso le quali tale dovere deve essere
adempiuto, il servizio militare obbligatorio.
Tuttavia, la Corte costituzionale ha precisato che sono ammissibili altre forme di attuazione
del dovere patriottico ugualmente capaci di realizzare il precetto costituzionale, pur sempre
riconducibili all’idea di difesa o «servizio» della Patria. Su questa base è stata riconosciuta
l’obiezione di coscienza come diritto soggettivo dell’individuo che, per contrarietà all’uso
delle armi, non accetti l’arruolamento nelle forze armate, preferendo impegnarsi in attività
socialmente utili come l’assistenza, la tutela dell’ambiente, la salvaguardia del patrimonio
culturale. La L. 772/1972 ha così introdotto il servizio civile sostitutivo degli obblighi di
leva, diverso per natura e autonomo rispetto al servizio militare.
La materia è oggetto in questi ultimi anni di una profonda rivisitazione, in quanto il modello di difesa armata ereditato dalla Rivoluzione francese, basato sulla leva maschile obbligatoria, è ormai in crisi in tutto il mondo e viene gradualmente sostituito da un servizio
militare volontario su base professionale.
Venute meno le preoccupazioni che l’esistenza di un corpo armato di professionisti possa
pericolosamente determinare il distacco delle forze armate dalla vita democratica del paese
ed emersa, nel contempo, l’esigenza di disporre di uno strumento elastico ed efficace di
intervento armato nelle diverse aree di crisi presenti a livello mondiale, oggi la difesa della
Patria è assicurata da un servizio militare di tipo volontario.
.
A
141
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
27 bis. Qual è la situazione attuale?
se
li
br
i
S.
La L. 331/2000, e i successivi provvedimenti di attuazione, fra i quali il
D.Lgs. 215/2001 e la L. 226/2004, prevedono la sospensione del servizio
militare obbligatorio a partire dal 1° gennaio 2005. Tale previsione è coerente con il disposto costituzionale, che rinvia alla legge circa i limiti dell’obbligatorietà del servizio militare, ma non sembra consentire una
volontarietà assoluta dello stesso.
La L. 231/2000, infatti, consente comunque di reclutare su base obbligatoria, salvo quanto previsto in materia di obiezione di coscienza, per far fronte ad
insufficienze di organico non colmabili mediante il richiamo in servizio di
personale militare volontario cessato dal servizio da non più di cinque anni.
Tale reclutamento è ammesso, però, soltanto qualora lo stato di guerra,
ovvero una grave crisi internazionale nella quale l’Italia sia coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale, giustifichino, un aumento della consistenza numerica delle
forze armate.
Es
27 ter. In cosa consiste il servizio civile nazionale?
ht
©
A seguito della riforma della leva, il servizio civile sostitutivo oggi si chiama servizio civile nazionale, che consiste nella possibilità (non nell’obbligo), offerta ai giovani di entrambi i sessi, con età compresa fra i 18 e i 28
anni, di dedicare un anno della propria vita ad attività sociali retribuite che
spaziano dai settori della difesa non armata della patria al sostegno ai bisognosi, alla salvaguardia del patrimonio culturale ed ambientale, etc.
ig
Istituti collegati: doveri inderogabili; Stato democratico; democraticità
delle forze armate.
yr
28. La famiglia di fatto è compatibile con il concetto di famiglia
enunciato dalla Costituzione?
op
Riferimenti normativi: art. 29 Cost.; L. 151/1975 ( riforma del diritto di famiglia);
art. 9 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
C
Definizione: chiarire che il riconoscimento della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio non esclude la rilevanza giuridica della famiglia di fatto
composta da persone che convivono senza essere sposate.
.
142
p.
A
Parte Seconda
S.
Elenco caratteristiche: individuare l’evoluzione del concetto di famiglia:
• secondo un orientamento originario, la famiglia riconosciuta a livello costituzionale è soltanto quella fondata sul matrimonio, religioso o civile;
• una diversa connotazione della famiglia, intesa come strumento per la piena
realizzazione degli interessi dei suoi componenti, favorisce il tendenziale
riconoscimento anche della famiglia di fatto;
• la famiglia di fatto caratterizzata da stabilità come formazione sociale in cui
si realizza lo sviluppo della personalità umana.
br
i
Altri elementi essenziali: il riconoscimento della non irragionevolezza di una
disciplina giuridica della famiglia di fatto.
li
Articolazione della risposta
Es
se
L’art. 29 Cost. riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Tale formulazione ha fatto in un primo tempo ritenere che la famiglia rappresentasse una formazione sociale preesistente al
diritto, centro autonomo di situazioni giuridiche che i suoi membri esercitano non in quanto individui, bensì come appartenenti al gruppo.
Questa società naturale, inoltre, sarebbe unicamente quella fondata sul matrimonio, per cui ogni forma di convivenza che non fosse legittimata dal crisma
sacramentale (matrimonio religioso) o dal riconoscimento legale dello stato
civile (matrimonio civile), sarebbe confinata nel giuridicamente irrilevante.
ht
©
Tuttavia, l’interpretazione delle norme costituzionali ha subìto nel tempo un’evoluzione in
coerenza con l’evoluzione sociale dei rapporti familiari. In particolare, si è ritenuto che la
nozione di famiglia richiamata dall’art. 29 Cost. debba necessariamente risentire della concezione della stessa nei diversi momenti storici in cui la norma viene chiamata ad operare.
C
op
yr
ig
Da ciò discende che i diritti della famiglia riconosciuti dalla Costituzione
non sono i diritti della famiglia intesa come istituzione, ma costituiscono,
invece, un’espressione sintetica per indicare i diritti dei singoli nell’ambito della relazione familiare.
La famiglia, cioè, costituisce una delle formazioni sociali in cui si realizza
lo sviluppo della personalità umana ai sensi dell’art. 2 Cost., a prescindere
dall’evento-matrimonio.
Questa evoluzione della nozione di famiglia ha reso possibile un nuovo
orientamento sulla rilevanza giuridica delle famiglie di fatto, ossia di quelle
convivenze non fondate sul matrimonio, ma pur sempre caratterizzate da
stabilità dei rapporti ed eventualmente dall’assunzione di obblighi di mantenimento, educazione ed istruzione della prole.
.
A
143
p.
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
li
br
i
S.
La Corte costituzionale ha riconosciuto in alcune sue pronunce la posizione di privilegio attribuita dall’art. 29 Cost. alla famiglia legittima, individuando in essa una forma giuridicamente organizzata di convivenza,
caratterizzata da certezza, stabilità di rapporti e serietà d’impegno, che
si contrappone alla convivenza di fatto fondata, invece, sulla libera e
sempre revocabile scelta di convivere, senza necessaria corrispettività
di diritti e doveri.
Tuttavia, la Corte ha anche ritenuto la famiglia di fatto meritevole di tutela qualora sia caratterizzata da un legame consolidato di stabilità, non
risultando irragionevole una disciplina di rango legislativo che, pur riservando a tale forma di convivenza un’ampia autonomia, responsabilizzi i
soggetti che ne fanno parte per tutelare in particolare i più deboli, soprattutto per gli aspetti patrimoniali.
se
28 bis. I coniugi, in veste di educatori dei propri figli, sono in posizione di eguaglianza?
ig
ht
©
Es
La disciplina del codice civile (1942) in passato si presentava fortemente
discriminatoria in quanto la figura paterna, in veste di capofamiglia, era
considerata, in primis, responsabile dell’educazione dei minori, come tale
era esclusivo titolare della cd. «patria potestà».
Con la riforma del diritto di famiglia (1975) è stato stabilito il piano di
assoluta parità dei genitori che sono contitolari, allo stesso modo, della
potestà parentale nell’esecizio della potestà sui figli e nel diritto-dovere
all’assistenza dei figli minori.
In conseguenza a tale principio si parla più frequentemente di imporre al
figlio in aggiunta a quello del padre, anche il cognome della madre, come
del resto da tempo in uso in numerosi paesi stranieri.
28 ter. Qual è il valore delle unioni omosessuali?
C
op
yr
Le unioni tra omosessuali che presentano le stesse caratteristiche della famiglia di fatto (stabilità etc.), pur essendo già riconosciute in alcuni paesi
europei (es. Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi), non ricevono nel nostro
ordinamento nessuna disciplina giuridica a causa del prevalente giudizio
di riprovazione espresso dall’opinione pubblica e per la decisa posizione in
merito delle gerarchie ecclesiastiche. Ciò spiega il silenzio in materia della
Corte.
.
144
p.
A
Parte Seconda
Istituti collegati: doveri inderogabili; formazioni sociali.
S.
È da notare che la decisione di condividere l’esistenza riconosciuta è tutelata dall’ordinamento italiano solo se i conviventi sono di sesso diverso, altrimenti essi sono ignorati dal diritto.
Ciò crea una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale che viola l’insopprimibile
diritto di uguaglianza rispetto al sesso e di realizzazione della persona (art. 2 e 3 Cost.).
br
i
29. Quali sono le caratteristiche dei diritti sociali?
Definizione: chiarire la natura giuridica dei diritti sociali (artt. 2, 3, 4, 31, 32, 33,
34 Cost.).
Es
se
li
Elenco caratteristiche: individuare le caratteristiche dei diritti sociali:
• i diritti sociali sono diritti ad ottenere prestazioni da parte dei pubblici poteri;
• il riconoscimento di tali diritti nella Costituzione italiana connota la Repubblica come Stato sociale;
• anche se presuppongono un’attività da parte dei pubblici poteri, il loro riconoscimento costituzionale produce di per sé effetti giuridicamente vincolanti;
• il contenuto essenziale di tali diritti non può essere compresso, anche se il
legislatore può realizzare un bilanciamento fra gli stessi e le esigenze di
finanza pubblica o di funzionalità dell’organizzazione;
• una forma di tutela di tali diritti è la pronuncia di incostituzionalità delle leggi
che riconoscono determinati benefici nella parte in cui escludono alcune
categorie di possibili beneficiari.
©
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
ht
I diritti sociali sono quelle situazioni giuridiche attive il cui contenuto, a
differenza dei diritti di libertà, è rappresentato da prestazioni che vengono
fornite dai pubblici poteri.
Il loro riconoscimento nel testo della Costituzione connota la forma di Stato italiana come «Stato sociale» (vedi Parte Prima, domanda n. 14bis), in
quanto attraverso la loro attuazione la Repubblica, si impegna a superare
gli ostacoli che impediscono la piena partecipazione dei lavoratori (rectius
dei cittadini) alla vita economica, sociale e politica del paese. In tal modo
si realizza l’aspirazione all’uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.), limitata, però, allo sviluppo della persona e alla partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Tuttavia, per la loro stessa natura i diritti sociali richiedono la
predisposizione di una disciplina di rango legislativo e una effettiva attività dei pubblici poteri, volta a eseguire le prestazioni che ne costituiscono
.
145
p.
A
Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà
S.
il contenuto. Le norme costituzionali che li riconoscono delineano un programma immediato per il legislatore, ma ciò non significa che tali norme
non abbiano anche un’efficacia giuridicamente vincolante (art. 4 Cost.).
Il diritto al lavoro, ad esempio, oltre a costituire un principio ispiratore di politiche volte a
realizzare e conservare la piena occupazione, di per sé implica anche la libertà di ciascun
individuo di prestare l’attività lavorativa più adeguata alle sue aspirazioni e il diritto del lavoratore di conservare il proprio posto di lavoro contro ogni forma di licenziamento arbitrario.
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
Il legislatore, pur avendo ampi margini di discrezionalità nell’attuazione delle
norme programmatiche che riconoscono i diritti sociali, non può mai arrivare
al punto di comprimere il loro contenuto minimo, essenziale ed inderogabile.
Sono, tuttavia, consentiti bilanciamenti fra il diritto alla prestazione ed
eventuali esigenze di finanza pubblica o di funzionalità dell’organizzazione dei pubblici poteri che sono chiamati alla erogazione.
La Corte costituzionale è in diverse ipotesi intervenuta a pronunciare
l’incostituzionalità di leggi che prevedevano l’erogazione di determinati
benefici discriminando irrazionalmente fra situazioni sostanzialmente simili. In questi casi la Corte è intervenuta mediante sentenze additive (vedi
Parte Ottava, domanda n. 12 bis), al fine di includere categorie di beneficiari
che la legge originariamente escludeva.
La stessa Corte, tuttavia, in alcuni casi ha tenuto presente proprio le esigenze di finanza pubblica, pronunciando sentenze di incostituzionalità
accertata ma non dichiarata, oppure sentenze-monito (vedi Parte Ottava, domanda n. 12 bis) nei confronti del legislatore, o ancora sentenze di
incostituzionalità differita.
Tali pronunce mirano sostanzialmente a differire nel tempo le ricadute sulla
spesa pubblica di un riconoscimento diffuso di diritti di prestazione, oppure ad
attivare un intervento del legislatore tutte quelle volte in cui l’effettiva realizzazione di un diritto sociale consente una pluralità di scelte discrezionali.
yr
Istituti collegati: sentenze della Corte costituzionale; doveri inderogabili; Stato sociale.
op
30. La libertà di insegnamento e la libertà di istituire scuole
Riferimento normativo: art. 33 Cost.
C
Definizione: le finalità del riconoscimento della libertà di insegnamento.
.
146
p.
A
Parte Seconda
i
S.
Elenco caratteristiche: individuare i limiti del riconoscimento della libertà d’insegnamento:
• è una libertà personale del docente in qualunque ordine e grado di scuola;
• è riconosciuta a vantaggio dell’insegnamento in sé e di coloro che lo ricevono, ossia gli alunni e la società in generale;
• può subire delle limitazioni nell’ambito del bilanciamento con altri valori costituzionalmente rilevanti come la libertà della scuola.
br
Articolazione della risposta
Es
se
li
L’art. 33 Cost. riconosce la libertà di insegnamento, intesa come libertà
personale del docente, detta «autonomia didattica», ossia libertà diretta a
promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena
formazione della personalità degli alunni, pur nel rispetto della loro libertà
di coscienza senza esercitare pressioni ideologiche o politiche.
Il docente, cioè, è libero di professare qualsiasi tesi o dottrina e di svolgere
l’insegnamento con un proprio metodo.
In quanto tale, la libertà di insegnamento è funzionale non tanto al docente, quanto ai discenti e più in generale alla società che, attraverso tale forma di pluralismo, può progredire e rinnovarsi.
La libertà di insegnamento si sostanzia nella:
©
— libertà di manifestare il proprio pensiero (art. 21 Cost.) con ogni mezzo possibile di
diffusione;
— libertà di professare qualunque tesi o teoria si ritenga degna di accettazione;
— libertà di svolgere il proprio insegnamento secondo il metodo che appaia opportuno adottare.
ht
È riconosciuta al docente la libertà di esercitare le sue funzioni didattiche
e di ricerca scientifica senza vincoli di ordine politico, religioso o, comunque, ideologico.
yr
ig
La libertà di insegnamento trova tuttavia dei contemperamenti allorché si esplichi nelle scuole
private di tendenza, ossia in quelle particolari organizzazioni scolastiche o universitarie che sono
portatrici di precisi fedi religiose o particolari indirizzi culturali. In tal caso, l’insegnante di una di
queste scuole, ideologicamente caratterizzata, è limitato necessariamente dalle finalità perseguite
dall’ente. Sulla libertà di insegnamento, quindi, prevale in questi casi la libertà della scuola.
C
op
Istituti collegati: libertà di pensiero; scuole pubbliche, private, confessionali; bilanciamento di valori.