C op yr ig ht © Es se li br i S. p. A . . A p. S. TUTTI I DIRITTI RISERVATI Vietata la riproduzione anche parziale i Avviso agli esaminati Es se li br Invia alla redazione Esselibri CountDown (Via F. Russo, n. 33/D - Napoli) oppure via e-mail all’indirizzo [email protected] le domande più originali o complesse del tuo esame, anche corredate della tua risposta. I migliori suggerimenti saranno pubblicati. ht © Ideazione, organizzazione e revisione a cura del dott. Federico del Giudice (docente universitario) ig Hanno collaborato a questa edizione le dott.sse Giovanna Cammilli e Chiara Schettino yr Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A. (art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30) op Finito di stampare nel mese di febbraio 2009 dalla «Litografia di Enzo Celebrano» - Via Campana, n. 234 - Pozzuoli (NA) per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 Napoli C Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno . A p. S. PREMESSA C op yr ig ht © Es se li br i Hai letto il manuale? Lo hai ripassato? Hai appreso i concetti fondamentali? Bene … adesso comincia la fase più difficile: quella di attrezzarti al meglio per rispondere alle domande d’esame. Sappi che il docente, che ha una visione completa della disciplina, in sede d’esame si aspetta che il candidato, più che esporre pedissequamente il singolo istituto, ne individui la ratio, i principi di base, i collegamenti con altri istituti, operazione non semplice da compiere da parte dell’esaminando, ma di grande effetto. Ma c’è chi lo fa per te! Chi utilizza Count Down ha l’opportunità di «meditare», scorrendo le domande sui concetti appresi nella dimensione statica del testo istituzionale e di rielaborarli sotto l’aspetto dinamico del ragionamento, della riflessione e del giudizio personale. Count Down, in sostanza, costituisce un valore aggiunto al manuale, per trasformare la conoscenza istituzionale in un apprendimento consapevole. 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Es se li Vol. 2/2 • Compendio di diritto costituzionale pp. 400 • € 13,00 Questa nuova edizione del Compendio di Diritto Costituzionale tiene conto delle numerose novità legislative introdotte dall’attuale esecutivo; pertanto, pur mantenendo la consueta veste grafica innovativa e funzionale, essa presenta una approfondita rivisitazione dei contenuti e delle tematiche trattati. Tra i provvedimenti normativi di maggior rilievo si segnalano in particolare: la L. 23 luglio 2008, n. 124 (cd. lodo Alfano), che ha introdotto una nuova disciplina in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato; il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in L. 6 agosto 2008, n.133 (cd. manovra d’estate); il D.L. 16 maggio 2008, n. 85, conv. in L. 14 luglio 2008, n. 121, che ha provveduto all’adeguamento delle strutture di Governo in applicazione della legge finanziaria 2008. C op yr ig ht © Vol. IP2 • Ipercompendio di diritto pubblico e costituzionale pp. 192 • € 12,00 La collana si compone di dodici titoli e rappresenta la naturale evoluzione delle collane già affermate per la preparazione di esami e concorsi. Gli elementi che ne potranno decretare il successo sono da evidenziare nella sintesi, nell’esposizione e nella grafica. In linea con le più avanzate metodiche didattiche nasce questa collana di “manuali sintetici” che si giovano di una nuova e più vivace impostazione: una più accattivante grafica che, ricorrendo al secondo colore, consente di fissare le parole cardine ed evidenziare i persorsi di lettura; una trattazione semplice e completa per arrivare subito al “cuore” delle nozioni; una sistematica espositiva che permette di cogliere la corretta conseguenzialità dei concetti; una mirata scelta qualitativa e quantitativa degli argomenti fondanti potenzialmente oggetto di domanda d’esame. L’ipercompendio presenta, in appendice, un glossario dei principali argomenti, indispensabile per colmare rapidamente le lacune finali prima della prova d’esame. Vol. 2/3 • Schemi & schede di diritto pubblico e costituzionale pp. 208 • € 12,00 SCHEMI & SCHEDE presenta una serie di mappe di riferimento per preparare esami o concorsi. L’uso di tale supporto consente di orientarsi e «navigare» nella disciplina (ottimizzando le fasi di studio) e indirizzare al meglio le proprie energie per raggiungere rapidamente risultati di eccellenza. La rinnovata struttura di questa collana è corredata anche di nuove rubriche, quali: osservazioni, si puntualizzano concetti oggetto di dibattito in giurisprudenza e in dottrina; differenze e paralleli, che stimolano al confronto fra diversi istituti; «in sintesi», che offrono, alla fine di ciascun capitolo, un quadro riepilogativo dell’argomento trattato. . A p. S. PARTE PRIMA (*) NOZIONI DI TEORIA GENERALE Sezione Prima: Ordinamento giuridico, forme di Stato e di governo, storia costituzionale italiana 1. Che cosa si intende per ordinamento giuridico? ...... Pag. 9 » 11 » 13 » 15 » 18 » 22 br i 1 bis. Quali sono le principali teorie sull’ordinamento giuridico? 2. Quali sono le caratteristiche delle norme giuridiche? .. li 2 bis. Qual è la differenza tra le norme giuridiche e le norme morali e religiose? 2 ter. Quali sono gli altri caratteri delle norme giuridiche? se 3. Quali sono gli elementi costitutivi della norma giuridica? .............................................................................. Es 3 bis. Rispetto alle sanzioni come si possono classificare le norme? 3 ter. Esistono norme prive di precetto, ma dotate solo di sanzione? 3 quater. Tutte le norme sono cogenti, cioè sono imperative e contengono un comando? 4. Cosa si intende oggi con il termine «Stato»? ............. © 4 bis. Quali sono le caratteristiche dello Stato odierno? 4 ter. La «spersonalizzazione» del potere dei governanti è ancora un obiettivo perseguito al giorno d’oggi? 4 quater. Il termine «Stato» nell’uso comune conserva sempre lo stesso significato? ht 5. Quali sono gli elementi costitutivi dello Stato? ......... ig 5 bis. I concetti di popolazione e di Nazione. 5 ter. Differenza tra patria e nazione. 5 quater. Differenza tra etnia e razza. 5 quinquies. Chi sono gli italiani non appartenenti alla Repubblica? 5 sexies. Può esercitarsi la sovranità al di fuori del territorio nazionale? 6. Concetto ed applicazioni della cittadinanza .............. yr 6bis. Cosa è la cittadinanza europea? C op (*) Ciascuna questione è organizzata sotto forma di «breve tesina» che va subito al «cuore» del problema per far sì che il candidato si confronti con una risposta completa caratterizzata da una scelta essenziale dei principali concetti per ottenere una valutazione d’eccellenza. Per ulteriori approfondimenti o precisazioni concettuali, si consulti il Dizionario Giuridico Simone (cod. 581/1) che offre le definizioni fondamentali del diritto o il Lexikon di diritto pubblico e costituzionale (cod. LX2) che, in ordine alfabetico, espone più approfonditamente il lessico giuspubblicistico. . p. A 8bis. Cosa sono i Patti lateranensi? Pag. 26 S. 7. Quali sono gli effetti della globalizzazione sulla sovranità dello Stato? ..................................................... 8. Cos’ è lo Stato laico? Può dirsi che oggi il nostro Paese presenti tali caratteristiche? ....................................... » 27 » 29 » 30 » 32 » 33 » 35 » 37 » 40 br i 9. Quali sono le modalità attraverso le quali assumono rilevanza nel nostro ordinamento le norme di origine confessionale? ......................................................... 10. Quali sono i rapporti fra norme di provenienza bilaterale e norme costituzionali? ..................................... li 10 bis. Gli accordi di Villa Madama del 1984 hanno copertura costituzionale? se 11. Che cosa si intende per «forme di Stato» e quali sono le principali? ................................................................ 11 bis. Cosa si intende per Stato sociale? Es 12. Quali sono le differenze fra Stato federale, Stato regionale e Stato accentrato? ......................................... 13. Descrivere le principali differenze fra governo parlamentare e governo presidenziale. ............................ 13 bis. In cosa consiste la forma di governo semi-presidenziale? © 14. Quali sono i caratteri fondamentali dello Stato democratico e sociale sorto dalle ceneri del fascismo? . ht 14 bis. Concetti di Stato sociale e Stato socialista. 14 ter. Come si caratterizza oggi la forma di governo in Italia? ig 15. Descrivere sinteticamente le principali caratteristiche e differenze dello Statuto albertino rispetto alla Costituzione repubblicana. ......................................... C op yr 15 bis. Perché la Costituzione repubblicana è definita «rigida»? 15 ter. Esistono articoli della Costituzione che nemmeno una legge costituzionale può abrogare? 15 quater. Quali tipologie di norme sono contenute nella nostra Costituzione? 15 quinquies. Le norme contenute nella Costituzione hanno tutte identico valore? 15 sexies. Che differenza c’è tra Costituzione formale e Costituzione materiale? . A p. Pag. 44 S. 16. La tregua istituzionale e le vicende che portarono alla nascita della Repubblica italiana e all’emanazione della Costituzione. ....................................................... 16 bis. Come ebbe luogo dopo la caduta del fascismo la scelta della forma repubblicana? 16 ter. Cosa si intese nel 1948 con l’espressione conventio ad excludendum? 17 bis. Cosa si intende per partito di massa? br i 17. Descrivere il ruolo dei partiti nel passaggio dallo Stato liberale a quello democratico. ..................................... 18. Lo Stato democratico e sociale oggi ........................... » 47 » 49 » 52 » 53 » » 55 56 » 58 » 59 se li 18 bis. Oggi si parla insistentemente di Terza Repubblica nella quale il sistema essenzialmente bipartitico farebbe lentamente traslare la forma di governo da «parlamentare» a «presidenziale». 18 ter. Cos’è il Governo ombra (shadow cabinet)? Sezione Seconda: Le fonti del Diritto Es 19. Cosa si intende per teoria generale delle fonti? ........ 20. In che modo vengono risolti i conflitti fra norme poste da fonti collocate sullo stesso piano? .................... 20 bis. Cos’è il criterio della competenza? ht © 21. Le norme poste dai regolamenti parlamentari possono essere abrogate da una legge di rango costituzionale? ......................................................................... 22. Cosa si intende per fonti rinforzate? ......................... 22 bis. Le modifiche ai Patti lateranensi sono un esempio di fonti rinforzate? 23. Esistono limiti alla revisione costituzionale? ............. ig 23 bis. Cosa si intende per limiti impliciti? 24. La decretazione del Governo: decreto legislativo e decreto legge. ................................................................ C op yr 24 bis. Cos’è il decreto legislativo? 24 ter. Quali sono i presupposti della decretazione d’urgenza? 24 quater. È possibile legittimamente reiterare i decreti legge? 24 quinquies. Qual è la differenza fra legge formale e legge sostanziale? . A p. Pag. 63 S. 25. Quali sono i rapporti fra fronti comunitarie e fonti interne? Le modalità di attuazione degli obblighi comunitari. La legge comunitaria. ............................. 25 bis. Qual è stato l’atteggiamento della Corte costituzionale dinnanzi a tale problema? 25 ter. Oltre all’applicazione diretta delle norme comunitarie esistono altre modalità per eseguire o rendere operativi gli obblighi comunitari nel nostro Paese? br i 26. Che cosa si intende per «sussidiarietà» legislativa? . 27. Come opera il meccanismo della delegificazione? .... 27 bis. Cos’è la deregulation? 28 bis. Cosa sono le norme interposte? li 28. Chiarire i rapporti fra norme internazionali pattizie e legislazione statale e regionale. Le norme interposte . se 29. Individuare i diversi tipi di regolamenti governativi, il loro fondamento e i loro contenuti. ......................... » » 65 67 » 68 » 70 » 72 » 74 » 76 » 78 » » 80 81 29 bis. Con il termine «regolamento» si definiscono anche altri tipi di fonti? Es 30. Qual è la posizione degli Statuti degli enti locali nel sistema delle fonti? ...................................................... 31. Statuti delle Regioni speciali e Statuti delle Regioni ordinarie: differenze. ................................................... © 31 bis. Qual è la veste formale dello Statuto? 31 ter. Perché gli Statuti speciali hanno rango costituzionale? ht 32. Che cosa sono i testi unici e che rango hanno nel sistema delle fonti? ......................................................... 32 bis. Cosa sono i testi unici misti? ig 33. Che differenza c’è fra principio di legalità e riserva di legge? ........................................................................ 33 bis. Quanti tipi di riserve di legge esistono? yr 34. Cos’è l’interpretazione giuridica?.............................. 35. Cosa si intende per interpretazione analogica? ........ C op 35 bis. È possibile individuare altri metodi per coprire eventuali lacune del diritto? . A p. S. Sezione Prima Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana br i 1. Che cosa si intende per ordinamento giuridico? Le principali teorie. li Concetto iniziale: delineare i tratti distintivi dell’ordinamento giuridico quale espressione tipica del fenomeno sociale organizzato. se Caratteristiche: precisare gli elementi tipici dei fenomeni sociali organizzati: • pluralità di persone; • ordine di norme; • sovranità o potere di comando; • effettività del potere. Es Altri elementi da evidenziare: il dibattito filosofico sulla natura del fenomeno giuridico e la storica contrapposizione fra teoria normativista (Kelsen - Bobbio) e teoria istituzionalista (Santi - Romano). Articolazione della risposta C op yr ig ht © I gruppi sociali organizzati sono composti da una pluralità di persone e presentano un sistema di regole che ne disciplinano la vita di relazione (normazione). Tali regole devono essere prodotte da un potere sovrano e istituzionalizzato che assicuri l’effettiva realizzazione degli scopi comuni (organizzazione) e che abbia capacità di coazione (attraverso l’irrogazione di sanzioni in caso di trasgressione); inoltre, tale potere deve giovarsi della reale adesione dei componenti del gruppo ed essere da questi ultimi riconosciuto quale autorità sovraordinata, non derivata, finalizzata al perseguimento dell’interesse generale (effettività). Se esistono tutti questi presupposti le suddette regole sono dette «norme giuridiche» e concorrono alla costituzione del relativo ordinamento. Più precisamente, si definisce ordinamento giuridico (o diritto oggettivo) il sistema di norme giuridiche che disciplina la vita di relazione di un gruppo sociale stabile (altrimenti detto comunità). . 10 p. A Parte Prima - Sezione Prima S. Si noti come fenomeno sociale e fenomeno giuridico siano reciprocamente imprescindibili: come quest’ultimo si afferma solo laddove sorge una aggregazione umana, così lo sviluppo della società, per non cadere nell’anarchia, deve svolgersi all’interno di regole che disciplinino i rapporti fra i soggetti che la compongono (secondo l’antico brocardo ubi societas ibi ius). i 1 bis. Quali sono le principali teorie sull’ordinamento giuridico? yr ig ht © Es se li br Il concetto di ordinamento giuridico è da anni al centro del dibattito fra giuristi e filosofi del diritto. Una prima corrente di pensiero contemporanea identifica il fenomeno giuridico con le norme di diritto positivo, e viene denominata teoria normativista. Secondo il massimo esponente di questa teoria, il compianto giurista viennese Hans Kelsen, seguito in Italia da Norberto Bobbio, l’ordinamento giuridico costituisce un sistema di norme, ciascuna delle quali trova la sua legittimazione in una norma di grado superiore, secondo uno schema piramidale il cui vertice è rappresentato dalla Grundnorm, o norma fondamentale, che si colloca al di fuori dell’ordinamento giuridico (sia interno che internazionale) e organizza in unità la pluralità delle norme di cui quest’ultimo si compone. Si deve, invece, al giurista italiano Santi Romano l’idea, ispirata dalle riflessioni del transalpino Maurice Hauriou, che il fenomeno giuridico non possa ridursi esclusivamente ad un sistema di norme (cd. teoria istituzionalista). L’ordinamento giuridico si identifica, invece, con quella che Romano definisce «istituzione», ossia un corpo sociale organizzato sovrano, effettivo e connotato da una relativa stabilità pur nel divenire dei suoi elementi personale (popolo) e reale (territorio). È, in questo modo, ipotizzabile una pluralità di ordinamenti giuridici (internazionale, statale, regionale, della Chiesa, delle associazioni private etc.), ciascuno dei quali legato agli altri da rapporti di riconoscimento, di indifferenza o di ostilità (si pensi alle associazioni criminali che hanno anch’esse il carattere e gli elementi delle «istituzioni», ma che si contrappongono allo Stato). C op Istituti collegati: norma giuridica; soggetto giuridico; persona; suddito (cittadino, straniero, apolide); popolo; territorio; Stato; sovranità (art. 1 Cost.). . A S. 2. Quali sono le caratteristiche delle norme giuridiche? Differenza con le norme morali e religiose 11 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana Concetto iniziale: identificare le caratteristiche delle norme giuridiche. i Caratteristiche: precisare gli elementi caratteristici delle norme giuridiche: • imperatività; coercibilità; coattività; • generalità ed astrattezza; • novità e intersubbiettività. br Differenze: diversità fra norme giuridiche e altre norme (sociali, morali, religiose). li Articolazione della risposta © Es se Le norme giuridiche sono precetti o divieti imposti dallo Stato o altro ente dotato del potere coercitivo (1) e accompagnati dalla minaccia dell’irrogazione di una sanzione (pena, ammenda, multa, sanzione amministrativa) in caso di inosservanza. In ciò consiste la coercibilità, imperatività o coattività, carattere esclusivo della norma giuridica che connota l’ordinamento giuridico differenziandolo da altri ordinamenti (religioso, sportivo etc. dove le sanzioni sono prevalentemente di tipo ultraterreno o si limitano a comminare la sola espulsione dal gruppo sociale). Negli ordinamenti giuridici complessi come quelli contemporanei, tuttavia, non ogni singola norma può identificarsi in un comando o in un divieto o farsi accompagnare da una sanzione. yr ig ht Esistono, infatti, norme che attribuiscono capacità, diritti e poteri (permissive), norme che individuano fini da perseguire (programmatiche), norme che regolano la produzione di altre norme giuridiche (metanorme come, per esempio, la norma base o norma fondamentale di cui al quesito n. 1) o addirittura norme premiali (es.: sconti di pene ai cd. «pentiti»). In molte di queste norme il carattere precettivo sussiste, ma non è immediato, e la coercibilità va intesa come capacità effettiva dell’ordinamento giuridico nel suo complesso di affermarsi per ottenerne il rispetto con l’uso della forza o di altri meccanismi a ciò preordinati. op Le norme giuridiche sono, inoltre, astratte e generali in quanto si rivolgono ad un numero indeterminato di destinatari e sono suscettibili di regola- C (1) Tale enti possono essere nazionali (es.: Regioni), sovranazionali (es.: Unione europea), internazionali (es.: Nazioni Unite). . 12 p. A Parte Prima - Sezione Prima re un numero indefinito di casi (2). Ciò significa che tali norme disciplinano fattispecie astrattamente previste, e non già situazioni concrete. i S. La generalità e astrattezza non sono, tuttavia, caratteri immutabili, ma possono essere presenti nelle norme con una certa graduazione: le norme transitorie, ad esempio, regolando il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina, si rivolgono a cerchie ristrette di situazioni e destinatari, mentre le cd. leggi-provvedimento sono caratterizzate da contenuti privi della generalità e dell’astrattezza (es.: leggi sulle espropriazioni, leggi sulle nazionalizzazioni, leggi che conferiscono determinati benefici ad alcune categorie sociali: pensionati, disoccupati, piccoli imprenditori etc.). li br Le norme, infine, introducono prescrizioni che antecedentemente alla loro entrata in vigore non esistevano, oppure modificano o abrogano quelle preesistenti e, anche quando si limitano a reiterare precetti già presenti nell’ordinamento, sicuramente rinnovano almeno la fonte che li ha prodotti. La novità è, quindi, un altro carattere essenziale delle norme giuridiche. se 2 bis. Qual è la differenza tra le norme giuridiche e le norme morali e religiose? ht © Es Rispetto alle norme morali e religiose, le norme giuridiche si distinguono perché presentano il carattere della esteriorità, cioè incidono esclusivamente sui comportamenti esteriori dell’uomo, mentre le norme morali e religiose agiscono prima sulla sua coscienza (foro interno) e poi sull’azione. Solo le norme giuridiche, in quanto espressione della potestà d’imperio dello Stato (vedi domanda n. 1) sono in grado di comminare sanzioni che implicano, in caso di inosservanza del precetto, anche la coercizione fisica; tutte le altre organizzazioni sociali, invece, possono al massimo esprimere disapprovazione per i comportamenti dei propri componenti, fino ad arrivare alla espulsione di questi ultimi o alla minaccia di sanzioni. ig 2 ter. Quali sono gli altri caratteri delle norme giuridiche? yr Le norme giuridiche presentano ancora i caratteri della: — positività: esse fanno, cioè, riferimento ad interessi effettivamente vigenti nella comunità; il carattere della positività risulta, quindi, stretta- C op (2) Si noti che, in generale, i caratteri dell’astrattezza e della generalità connotano tutte le norme di carattere legislativo e i provvedimenti amministrativi generali; gli altri atti espressione della sovranità statale, invece, si caratterizzano per la loro determinatezza (es.: sentenze, licenze, autorizzazioni, che si indirizzano a soggetti concretamente identificati). . A 13 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana S. mente connesso a quello della effettività, intesa come concreta efficacia della norma; — intersubbiettività: esse sono tali, cioè, da creare relazioni ordinate tra i soggetti. br i Istituti collegati: precetto, sanzione, fonti del diritto (sezione seconda ); norme perfette-imperfette, programmatiche, permissive, suppletive; norme in bianco; norme corporative; abrogazione. 3. Quali sono gli elementi costitutivi della norma giuridica? li Concetto iniziale: identificare i concetti di precetto e di sanzione. Articolazione della risposta se Altri elementi da evidenziare: il concetto di norma in bianco; l’eccezione all’art. 25 (riserva di legge in materia penale) sancita dall’art. 90 (imputabilità del Presidente della Repubblica per alto tradimento e attentato alla Costituzione). yr ig ht © Es La norma giuridica, in quanto regola di comportamento obbligatoria per tutti i consociati, è composta da due elementi: — il precetto: cioè il comando in essa contenuto, con cui si impone al suddito (cittadino, straniero presente sul territorio, persona giuridica etc.) un certo comportamento che può essere positivo (es.: paga il debito) o negativo (non rubare); — la sanzione: cioè la minaccia di una punizione (pena detentiva, sanzione pecuniaria etc.) come reazione da parte dell’ordinamento in caso di inosservanza del precetto. Si noti che nell’evoluzione degli ordinamenti giuridici le norme talvolta non comminano una sanzione, ma prevedono la corresponsione di un premio a determinate condizioni (es.: sconti di pena ai «pentiti», riduzioni fiscali e/o altre facilitazioni per i soggetti che operino determinate assunzioni: donne, persone diversamente abili etc.). Pertanto oggi è venuto meno il binomio tradizionale precetto-sanzione. op 3 bis. Rispetto alle sanzioni come si possono classificare le norme? C In base alla sanzione, le norme si distinguono in norme perfette, ossia munite di sanzione (come le norme penali) e norme imperfette, che ne . 14 p. A Parte Prima - Sezione Prima S. sono, invece, prive (si pensi all’art. 315 c.c., che obbliga i figli a rispettare i genitori, ma non pone alcuna sanzione a carico di essi in caso di inosservanza). 3 ter. Esistono norme prive di precetto, ma dotate solo di sanzione? © Es se li br i Sì, esse sono dette norme in bianco: ne è esempio l’articolo 650 c.p., che punisce genericamente l’inosservanza dei provvedimenti delle autorità. In tali casi il precetto in realtà esiste ma è espresso in forma generica, rimandando per la sua determinazione ad altre fonti, eventualmente amministrative. La riserva di legge prevista dall’art. 25 Cost. (vedi domanda n. 33) in questi casi non è violata, in quanto essa è solo tendenzialmente assoluta e può essere integrata da fonti non legislative. Caso eclatante di norma in bianco in materia costituzionale è quello relativo ai reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, previsti dall’art. 90 Cost. con riferimento al Presidente della Repubblica. Tali reati si riferiscono a fattispecie indeterminate, che lasciano ampia discrezionalità nell’accertamento della loro configurabilità, nella determinazione concreta, cioè, di cosa debba intendersi per alto tradimento e attentato alla Costituzione da parte del Presidente. Ciò rappresenta una «rottura» (o quanto meno una deroga) della Costituzione, in quanto è contrario al citato principio della riserva di legge in materia penale sancito dall’art. 25 Cost. ht 3 quater. Tutte le norme sono cogenti, cioè sono imperative e contengono un comando? C op yr ig No, esistono norme «permissive» che non impongono ma consentono un determinato comportamento. Esistono, poi, norme che impongono un comportamento ma che possono essere derogate dai destinatari (norme derogabili). Così, ad esempio, se le stesse regolano un rapporto ma le parti possono disporre diversamente senza incorrere in sanzioni, si parla di norme dispositive, che sono valide purché i comportamenti in deroga non siano contrari all’ordine pubblico e al buon costume. Vi sono, inoltre, norme che regolano un rapporto solo in mancanza di una espressa volontà delle parti, e sono dette norme suppletive. . A 15 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana 4. Cosa si intende oggi con il termine «Stato»? S. Istituti collegati: rottura della Costituzione; Presidente della Repubblica; ordine pubblico; buon costume. i Concetto iniziale: lo Stato moderno e contemporaneo; le diverse accezioni del termini «Stato». br Altri elementi da evidenziare: la «spersonalizzazione» del potere Articolazione della risposta yr ig ht © Es se li Nella prima metà del XVII secolo, al progressivo declino della società feudale (organizzata in numerosi ed autonomi centri di potere) e della connessa economia curtense (basata prevalentemente sull’autoproduzione), fece eco, sul piano della elaborazione dottrinale dello Stato, il definitivo superamento della teoria dei due «soli» (il Papa e l’Imperatore del Sacro Romano Impero), elaborata da Dante in epoca medievale e da allora invocata a fondamento di una struttura marcatamente accentrata e verticistica della comunità internazionale. Al culmine di questo processo, nel 1648 il trattato di Westphalia pose fine al lungo conflitto tra Impero e monarchie nazionali, sancendo la definitiva affermazione di queste ultime e segnando la nascita dello Stato modernamente inteso. Nacque, così, lo Stato moderno, conseguenza anche della espansione economica e sociale dei ceti borghesi strettamente legati alla riunificazione dei feudi sotto le corone dei monarchi degli Stati assoluti, Stati in cui il sovrano gestiva tutti i poteri, essendo «absolutus», ossia sciolto da qualsiasi vincolo nei confronti dei sudditi e degli altri centri di potere (3). Lo Stato moderno era caratterizzato, oltre che da una notevole concentrazione di potere nelle mani del sovrano, anche da una burocrazia stabile (composta prevalentemente da «borghesi» fedeli alla corona), da un esercito e una diplomazia permanenti, tutti alle strette dipendenze del monarca. Originariamente il monarca era considerato l’unico, legittimo titolare della sovranità per volontà divina o per appartenenza alla dinastia regnante; suc- C op (3) Si ricordi che, al contrario, in Gran Bretagna, in conseguenza della contrapposizione alla Corona della nobiltà, furono emanati una serie di atti considerati gli antenati degli Statuti e Costituzione europee, dalla Magna Charta Libertatum (1215) alla Petition of Rights (1628), al Bill of Rights (1689), all’Act of Settlement (1701), che limitarono i poteri della corona nei confronti dei sudditi. . 16 p. A Parte Prima - Sezione Prima i S. cessivamente, a seguito di un processo di «spersonalizzazione» del potere, si affermò l’idea che la sovranità spettasse di diritto all’ente-Stato, inteso come soggetto distinto dai singoli individui preposti alla gestione del potere politico. Dopo la Rivoluzione francese si ebbe un’ulteriore evoluzione del concetto di «potere», parallelamente a quello di «nazione»: il potere sovrano appartenenva alla nazione, prima identificata nel ceto borghese, poi nell’intero corpo sociale (divenuto pertanto «popolo sovrano»). br 4 bis. Quali sono le caratteristiche dello Stato odierno? © Es se li Lo Stato, oggi, come detto (vedi domanda n. 1), costituisce una istituzione politica (perché diretta a fini generali) originaria, sovrana e indipendente (perché costituisce un’organizzazione che si autoafferma e non riconosce alcuna autorità superiore), giuridica (perché trova il proprio fondamento nel diritto e nel «monopolio legittimo dell’uso della forza» - WEBER), effettiva (in quanto idonea ad imporre la propria volontà ai consociati), spersonalizzata (perché prescinde dai soggetti che si succedono nell’esercizio del potere, perdendo, così, il carattere «dinastico» tipico dello Stato assoluto). Tra tali caratteri la «sovranità» è l’attributo che oggi sta gradatamente venendo meno, in quanto lo Stato progressivamente delega (vedi art. 11 Cost.) un fascio sempre più ampio di competenze ed attribuzioni ad organizzazioni regionali, internazionali e sovranazionali, anche se per queste utlime limitatamente a fini di pace e progresso civile, sociale ed economico. ht 4 ter. La «spersonalizzazione» del potere dei governanti è ancora un obiettivo perseguito al giorno d’oggi? C op yr ig Dal concetto di «spersonalizzazione» (vedi ante) deriva che i titolari dei pubblici poteri debbano esercitare gli stessi in nome e per conto dello Stato, perseguendo l’interesse generale e collettivo e non interessi dinastici, personali o particolari. Ciò è possibile, in uno Stato di diritto, grazie alla rigidità della Costituzione e alla portata delle leggi che presentano le caratteristiche della «generalità» ed «astrattezza» a tutela dei governati e spiega perché in uno Stato democratico viga il principio elementare secondo cui tutte le leggi vengono emanate a favore dell’intera collettività. La «spersonalizzazione» della legge è stata elaborata dal Costituente dell’800 (sebbene Jean Bodin avesse già definito lo Stato moderno come . A 17 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana se li br i S. ordinamento giuridico, impersonale ed astratto) in un’ottica ben precisa: «limitare» gli abusi del monarca, dopo l’entrata in vigore degli Statuti e delle Costituzioni, a garanzia dei cittadini e della collettività per cancellare ogni retaggio dello Stato assoluto nel quale il re agiva in veste di supremo legislatore, amministratore e giudice. Oggi si assiste ad una progressiva erosione del fenomeno della «spersonalizzazione» del diritto: — lo Stato sociale richiede sempre più spesso interventi mirati per determinate categorie di soggetti, considerati più deboli e quindi meritevoli di una disciplina differenziata, nel rispetto del contenuto degli artt. 2, 3, co. 2 e 6 Cost.; — nel nostro Paese è particolarmente attuale e acceso, altresì, il dibattito politico sulle legittimità delle «leggi ad personam», provvedimenti cioè, tesi a favorire determinati soggetti o esponenti politici o economici. Es 4 quater. Il termine «Stato» nell’uso comune conserva sempre lo stesso significato? C op yr ig ht © No, viene adoperato in diverse accezioni e indica fenomeni di diversa intensità e significato. In particolare si parla di: — Stato-comunità, per indicare tutta la comunità statale nel suo complesso, titolare esclusiva della sovranità che esercita indirettamente (attraverso lo Stato-apparato) e direttamente (attraverso il referendum e gli altri istituti di democrazia diretta). È detto anche Stato-ordinamento; — Stato-apparato, generica espressione che indica il complesso degli organi che esercitano le funzioni statali; — Stato-governo, con riferimento al complesso degli organi costituzionali espressione dello Stato-comunità. Tali organi partecipano tutti, in varia misura, alle funzioni dello Stato (costituente, politica, legislativa, amministrativa, giurisdizionale); — Stato-amministrazione, inteso come pubblica amministrazione, costituita dal complesso degli organi che operano per il perseguimento concreto di fini pubblici predeterminati, agendo nel rispetto della legge e sullo stesso piano degli altri soggetti dell’ordinamento, anche se con un relativo potere di supremazia su di essi. . 18 p. A Parte Prima - Sezione Prima i 5. Quali sono gli elementi costitutivi dello Stato? I concetti di nazione, etnia e razza. L’ultraterritorialità e l’extraterritorialità. S. Istituti collegati: ordinamento; organi costituzionali; organi di rilievo costituzionale; sovranità; leggi provvedimento. br Concetto iniziale: partire dalla nozione di Stato e identificare gli elementi che lo costituiscono. li Caratteristiche: precisare gli elementi costitutivi dello Stato: • sovranità; • territorio; • popolo. Articolazione della risposta se Altri elementi da evidenziare: precisare la differenza fra popolo, popolazione e nazione. I casi di ultraterritorialità. yr ig ht © Es Lo Stato è un ordinamento giuridico rivolto a fini generali che esercita in maniera esclusiva (4) il potere sovrano su un determinato territorio e a cui sono necessariamente subordinati i soggetti che ad esso appartengono. Da questa definizione si evincono i suoi elementi costitutivi: sovranità, territorio e popolo. La sovranità è la potestà di governo suprema, esclusiva ed originaria, che non riconosce, cioè, altri poteri a sé superiori, se non in via volontaria, e sorge al momento stesso della nascita dell’organizzazione statale. Essa appartiene esclusivamente al popolo che la esercita attraverso i suoi rappresentanti (assemblee legislative) o direttamente (es.: referendum). Lo stesso potere d’imperio, che si afferma nei confronti della comunità internazionale come effettiva e concreta indipendenza (sovranità esterna), si manifesta nei confronti della comunità nazionale come supremazia C op (4) Si noti che tale «esclusività» viene progressivamente a ridursi in vista dell’integrazione sempre più stretta con gli altri Stati e con le organizzazioni internazionale (es.: Nazioni Unite) e sovranazionali (es.: Unione europea). Ciò è previsto dall’art. 11 della Costituzione, ai sensi del quale, l’Italia, in condizioni di parità con altri Stati, consente alle limitazioni di sovranità necessarie per la costituzione e il mantenimento di un ordinamento (nazionale o sovranazionale) che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni. . A 19 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana li br i S. su ogni altro soggetto, ente od organizzazione (sovranità interna), e viene esercitato su tutta la popolazione (cittadini, stranieri e apolidi) che risiede sul territorio. L’esatta delimitazione del territorio, a cui presiedono sia norme interne che consuetudini (5) e accordi internazionali, rappresenta, quindi, il presupposto per l’esistenza dello Stato delimitandone la sfera d’azione, nonché una condizione essenziale per delineare per ciascuno Stato l’effettivo ambito spaziale di esercizio della sovranità e per assicurarne, così, l’autonomia e l’indipendenza rispetto agli altri. La comunità umana che costituisce lo Stato identifica il popolo, ossia l’insieme degli individui ai quali l’ordinamento giuridico statale attribuisce lo status di cittadino, riconoscendo ad essi in via esclusiva un complesso di diritti e doveri (civici, politici e di libertà). se 5 bis. I concetti di popolazione e di Nazione ht © Es Si ricordi che in un determinato territorio possono risiedere anche soggetti stranieri o soggetti privi di qualunque cittadinanza (apolidi), che insieme ai cittadini, ne costituiscono la popolazione (diversa, dunque, dal concetto di popolo, inteso quale insieme dei cittadini stabilmente residenti nel territorio dello Stato). Soprattutto al giorno d’oggi esiste negli Stati dell’Europa occidentale una tendenza plurirazziale derivante dalla forte immigrazione da altri paesi, per cui è caduta l’identità Popolo-Nazione che nell’età moderna e contemporanea è stata l’idea guida per la nascita e il consolidamento degli Stati. Ciò significa che oggi non tutti i cittadini di uno Stato debbono per forza appartenere alla stessa Nazione, come dimostra l’esistenza di Stati plurinazionali (in Europa, si pensi alla Svizzera o al preesistente Impero asburgico). op yr ig L’ideale di «Stato nazionale», che identifica la collettività etnico-sociale caratterizzata dalla comunanza di lingua, razza, costumi e religione, nel corso del XIX secolo ha dato vita all’unità d’Italia, cioè alla nascita dello Stato italiano (Regno d’Italia), riunendo tutti gli individui di «nazionalità» italiana presenti nella penisola che erano, precedentemente, sudditi di diversi Stati (Impero asburgico, Granducato di Toscana, Stato Pontificio, Regno delle due Sicilie, Regno di Sardegna ed altri minori). L’idea di Nazione, dunque, ha costituito il nucleo ideologico di aggregazione del nuovo Stato. C (5) Esistono, infatti, in materia di confini numerose regole consuetudinarie: ad esempio, se nell’ambito di un confine scorre un fiume, la linea coincide, per i fiumi navigabili, con il punto più alto della corrente (cd. thalweg), per quelli non navigabili è, invece, la linea mediana. . 20 p. A Parte Prima - Sezione Prima 5 ter. Differenza tra patria e nazione © Es se li br i S. Il concetto di patria (richiamato nella nostra Costituzione all’art. 52) identifica il bene supremo, comune ed indivisibile (art. 5 Cost.), nonché il patrimonio spirituale primario di tutti i cittadini. L’idea di «patria», come l’idea di «nazione», esprime comunanza di valori a prescindere dai particolarismi locali, ma si differenzia dalla nazione in quanto: — impone un limite positivo: che si sostanzia nell’impegno della sua difesa ad oltranza, fino al sacrificio personale, da parte dei cittadini (la nostra Costituzione parla di «sacro dovere»); — è necessariamente legata all’idea di «Stato»: essa coincide con il territorio, le istituzioni ed i principi costituzionali dello Stato, che il cittadino è chiamato a difendere. Lo stesso non può dirsi per la nazione, come dimostrano sia l’esistenza di numerosi Stati plurinazionali, sia la frammentazione di una stessa nazione in una pluralità d Stati (si pensi agli individui di lingua tedesca in Europa centrale o ai curdi in Medio Oriente); — adotta un simbolo formale: la bandiera, che accomuna i cittadini e che è espressamente menzionata e tutelata dalla Costituzione (art. 12) e dalle leggi penali. Essa sintetizza l’estensione simbolica, ma effettiva, del concetto di patria. Le tre bande verticali uguali, infine, simboleggiano i concetti di fratellanza, uguaglianza e libertà che rappresentano il fondamento degli Stati democratici. 5 quater. Differenza tra etnia e razza C op yr ig ht L’etnia è un concetto vicino a quello di nazione, in quanto anch’essa designa una comunità caratterizzata da una comunanza di valori storici, linguistici, culturali. Essa ha, però, anche un valore politico, in quanto è il fondamento del pluralismo democratico che tende a provocare il riconoscimento di particolari autonomie politiche e amministrative alle comunità stanziate su determinati territori ove esse rappresentino una cospicua parte della popolazione. Così l’art. 6 della Cost., riconoscendo la tutela delle minoranze linguistiche, protegge e tutela le minoranze, vietando anche ogni forma di discriminazione (conformemente all’art. 3 Cost.), e prescrive azioni positive a tutela delle stesse. La razza, invece, mette in evidenza la sola componente biologica e affonda le sue radici nei precedenti, non sempre condivisibili, della storia antica e recente. . A 21 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana br i S. Quando, infatti, si identifica il popolo con la «razza» si è di fronte a pericolose e non democratiche discriminazioni, contrarie ai diritti dell’uomo, e, come tali, bandite dall’ordinamento internazionale e dagli ordinamenti interni di tutti gli Stati democratici. Le non lontane vicende della Repubblica Sud-Africana e della Rhodesia (oggi Zimbabwe) ne sono un esempio; si trattava, infatti, di ordinamenti fondati istituzionalmente sulla discriminazione razziale (apartheid), e per questo motivo successivamente messi «al bando» da tutta la Comunità internazionale. 5 quinquies. Chi sono gli italiani non appartenenti alla Repubblica? ht © Es se li Con questa espressione la Costituzione (art. 51) designa coloro che, pur essendo di nazionalità italiana, non rivestono lo status di cittadini. Secondo una interpretazione restrittiva, in tale categoria, rientrano esclusivamente i residenti di nazionalità italiana dei territori ceduti, dopo la seconda guerra mondiale, alla Jugoslavia e alla Francia. Altri, invece, secondo orientamente attualmente consolidato, considerano tali anche gli emigrati dall’Italia che, soprattutto per motivi di lavoro, abbiano rinunciato alla cittadinanza italiana per acquisirne una straniera. A costoro, in particolare, si indirizzano le attenzioni del Paese che, attraverso il Consiglio generale degli italiani all’estero (istituito con L. 368/1989) ne promuove lo sviluppo delle condizioni di vita al fine di tener sempre vivi i vincoli con la nostra patria. Gli italiani non appartenenti alla Repubblica sono parificati ai cittadini per quanto riguarda l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive (D.P.R. 3/1957). ig 5 sexies. Può esercitarsi la sovranità al di fuori del territorio nazionale? C op yr Sì, in due casi. Nel caso di navi e aerei presenti in territorio internazionale se civili, dappertutto se militari. In questi casi si parla di «territorio fluttuante», che viene considerato convenzionalmente ambito di esercizio della sovranità. Nel caso delle rappresentanze diplomatiche all’estero, dove lo spazio concesso a queste ultime o alla residenza dell’agente diplomatico è considerato «immune» dalla sovranità dello Stato territoriale che non può accedervi, né esercitare su di esso il suo potere d’imperio, in applicazione del . 22 p. A Parte Prima - Sezione Prima S. principio «ne impediatur legatio». Con riferimento al caso in esame, si parla alternativamente di «ultraterritorialità» o di «extraterritorialità» a seconda che si consideri l’estensione della sovranità dello Stato di appartenenza o i limiti cui è soggetta la sovranità dello Stato ospite. i Istituti collegati: Stato; consuetudini internazionali; Stato fascista; Stato nazista. br 6. Concetto ed applicazioni della cittadinanza. In particolare la cittadinanza europea. li Riferimenti normativi: art. 22 Cost., L. 5-2-1992, n. 91; D.P.R. 18-4-1994, n. 362; art. 17 Trattato CE. se Concetto iniziale: il concetto di cittadinanza; la cittadinanza europea. © Es Caratteristiche: • acquisto della cittadinanza: per nascita, per estensione, per beneficio di legge, per naturalizzazione. • perdita della cittadinanza: rinunzia, assunzione d’impiego o prestazione del servizio militare in uno Stato estero. • riacquisto della cittadinanza: prestazione del servizio militare in Italia o accettazione d’impiego pubblico; rinuncia di ex cittadini alla cittadinanza estera; permanenza di un anno con residenza in Italia. • differenza tra cittadino e suddito. ht Articolazione della risposta ig La cittadinanza è la condizione giuridica di chi appartiene ad un determinato Stato; più propriamente è l’insieme dei diritti e dei doveri che l’ordinamento riconosce al cittadino. yr Mentre la «sudditanza» rappresenta la semplice sottoposizione dell’individuo (cittadino o straniero) all’ordinamento territoriale dello Stato, la cittadinanza implica quel rapporto stabile e indefettibile che lega il cittadino allo Stato (l’art. 22 della Costituzione, infatti, considera la cittadinanza un diritto inviolabile al pari del nome e della capacità giuridica e, quindi, vieta allo Stato di privarne, per motivi politici, il cittadino). C op Per la legge italiana, la cittadinanza si acquista: — per nascita: è cittadino il figlio di padre o di madre cittadini (ius sanguinis) e chi è nato nel territorio della Repubblica, se entrambi i genitori sono apolidi o ignoti, oppure se il figlio non segue la cittadi- . A 23 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana S. nanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono (ius soli); è inoltre cittadino per la nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza. br i Secondo quanto stabilito dall’art. 2 D.P.R. 572/1993, il figlio, nato in Italia da genitori stranieri, non acquista la cittadinanza italiana per nascita, qualora l’ordinamento del Paese di origine dei genitori preveda la trasmissione della cittadinanza al figlio nato all’estero, eventualmente anche subordinandola ad una dichiarazione di volontà da parte dei genitori o legali rappresentanti del minore, ovvero all’adempimento di alcune formalità amministrative da parte degli stessi; C op yr ig ht © Es se li — per estensione: il matrimonio fa acquistare al coniuge, straniero o apolide la cittadinanza italiana, quando questi risieda da almeno sei mesi nel territorio dello Stato, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussista separazione legale. Acquistano la cittadinanza anche il figlio riconosciuto o dichiarato giudizialmente che sia minore d’età (se è maggiorenne, può dichiarare, entro un anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione, di eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione) e il minore straniero adottato; — per beneficio di legge: lo straniero o l’apolide che abbia padre o madre o un ascendente in linea retta fino al secondo grado, cittadini per nascita, può acquistare la cittadinanza se: a) presta servizio militare o assume un pubblico impiego e dichiara preventivamente di voler acquistare la cittadinanza stessa; b) al raggiungimento della maggiore età risiede da almeno due anni in Italia e dichiara, entro un anno, di voler acquistare la cittadinanza italiana. Anche lo straniero, nato in Italia e che vi ha risieduto ininterrottamente, diviene cittadino se ne fa richiesta entro un anno dal raggiungimento della maggiore età; — per naturalizzazione: la cittadinanza può essere concessa con decreto presidenziale, sentito il Consiglio di Stato: a) allo straniero del quale il padre, la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica, e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni; b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano, se dopo l’adozione ha risieduto in Italia per almeno cinque anni; . 24 p. A Parte Prima - Sezione Prima yr ig ht © Es se li br i S. c) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica o che abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero quando ricorre un interesse eccezionale dello Stato; d) al cittadino di uno Stato membro della Comunità europea, se risiede da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica e all’apolide che vi risieda almeno da cinque; e) allo straniero che ha prestato servizio anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato. La cittadinanza italiana si può perdere: — per rinunzia, qualora il cittadino italiano risieda o stabilisce la residenza all’estero, oppure, essendo figlio di persona che ha acquistato o riacquistato la cittadinanza, abbia raggiunto la maggiore età e sia in possesso di altra cittadinanza; — per assunzione di un impiego o prestazione di servizio militare presso uno Stato estero, nel caso in cui non ottemperi, nel termine fissato, alla intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di abbandonare l’impiego, la carica o il servizio militare; — per assunzione di carica o impiego pubblico, prestazione di servizio militare, o acquisto volontario della cittadinanza presso uno Stato estero, in quel momento in stato di guerra con l’Italia. La cittadinanza italiana si può riacquistare: — per prestazione del servizio militare o accettazione di un impiego pubblico in Italia da parte di un ex cittadino, previa dichiarazione di volerla acquistare; — per rinuncia di un ex cittadino alla cittadinanza estera o all’impiego o servizio militare all’estero, con trasferimento, per almeno due anni, della propria residenza in Italia e dichiarazione di volerla riacquistare; — per dichiarazione di volerla riacquistare dopo aver ristabilito, da almeno un anno, la residenza nella Repubblica; — dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la residenza nel territorio della Repubblica, salvo espressa rinuncia entro lo stesso termine. 6bis. Cosa è la cittadinanza europea? C op In base ad essa il cittadino gode una serie di diritti (es.: diritto al voto, diritto a subire l’estradizione solo nei casi previsti dall’art. 26 Cost.), ma è soggetto anche ad oneri e obblighi (art. 54: fedeltà alla Repubblica, etc.) . A 25 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana i S. che condivide in maniera adeguata e paritaria con tutti gli altri cittadini. Dal 1° novembre 1993 (data dell’entrata in vigore del Trattato sull’Unione europea, meglio conosciuto come «Trattato di Maastricht») a tutti i cittadini degli Stati membri dell’Unione è stata riconosciuta, a complemento della cittadinanza nazionale, anche quella europea. L’art. 17 del Trattato CE (come modificato dal TUE) afferma che «è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro». ht © Es se li br Nei successivi articoli si precisano alcuni dei diritti che spettano al cittadino europeo: — il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, con facoltà di accordare la stessa libertà a quanti risiedano legalmente in uno Stato membro (art. 18 TCE); — il diritto di votare e di essere eletto nello Stato membro in cui risiede (diverso da quello della propria cittadinanza nazionale) in occasione delle elezioni del Parlamento europeo e di quelle comunali (art. 19 TCE); in Italia le modalità di esercizio di tale diritto sono state disciplinate dal D.Lgs. 197/1996; — il diritto alla tutela diplomatica e consolare, nei Paesi terzi nei quali lo Stato di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, da parte delle autorità competenti degli Stati membri diversi da quello di appartenenza (art. 20 TCE); — il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni e degli organi ed organismi dell’Unione, il diritto di rivolgersi al Mediatore europeo nei casi di cattiva amministrazione delle istituzioni e degli organi o organismi dell’Unione e il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo; questi diritti sono riconosciuti sia al cittadino europeo, sia al residente in uno Stato membro (art. 21 TCE). ig La cittadinanza europea è dunque un passo significativo verso una reale integrazione che coinvolga i cittadini e non solo gli Stati membri. C op yr Istituti collegati: estradizione; libertà dei cittadini europei (circolazione, stabilimento etc.). . 26 p. A Parte Prima - Sezione Prima S. 7. Quali sono gli effetti della globalizzazione sulla sovranità dello Stato? Il potere sovrazionale. La rinuncia parziale della sovranità Articolazione della risposta C op yr ig ht © Es se li br i La globalizzazione determina la creazione di un mercato mondiale in cui gli operatori economici travalicano i confini nazionali alla ricerca di vantaggi economici e competitivi (fattori produttivi più convenienti) che permettano loro di massimizzare i profitti e di espandersi oltre i confini del proprio Stato. La rivoluzione tecnologica, l’integrazione dei mercati finanziari, la mondializzazione delle banche e la nascita delle multinazionali hanno mutato completamente lo scenario economico-politico mondiale. Le multinazionali, in particolare, tendono alla massimizzazione del profitto, delocalizzando le attività produttive a basso contenuto tecnologico nei Paesi in via di sviluppo al fine di sfruttare il basso costo della mano d’opera non specializzata, a ciò spronati dalla ricerca, da parte dei paesi poveri, di investitori stranieri che con il loro supporto possano consentirne il «decollo» economico. La globalizzazione economica impone, poi, la ricerca di sedi internazionali dove definire le nuove regole che disciplinino la circolazione dei beni e delle risorse globali, con conseguente cessione di sovranità statale e impossibilità di definire autonomi indirizzi di politica economica e sociale da parte dei singoli Stati. La concorrenza si sviluppa non soltanto fra operatori economici, ma anche fra ordinamenti giuridici, volgendo spesso a vantaggio degli Stati che assicurino condizioni di profitto maggiori e costi inferiori (anche dal punto di vista dei costi legati alla sicurezza sul lavoro, alle politiche di redistribuzione della ricchezza, all’incremento del prelievo fiscale). Così, dopo la parziale rinuncia alla sovranità espressa dalla maggior parte degli Stati della Comunità internazionale (tra cui l’Italia, secondo quanto previsto dall’art. 11 Cost.), si apre un’altra voragine nella potestà d’imperio dello Stato: quella derivante dalla globalizzazione e dall’ingresso di soggetti economici multinazionali all’interno dei confini del «suolo patrio». . A 27 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana S. In relazione a tale fenomeno si è soliti parlare di «erosione della sovranità dall’alto». Istituti collegati: costituzione economica; politiche economiche comunitarie. br i 8. Cos’ è lo Stato laico? Può dirsi che oggi il nostro Paese presenti tali caratteristiche? I rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica li Riferimenti normativi: artt. 7, 8, 19, 20 Cost.; L. 810/75 (Esecuzione dei Patti Lateranensi); L. 121/1985 (Ratifica della modifica dei Patti). se Articolazione della risposta C op yr ig ht © Es In Italia e in Europa le Costituzioni e gli Statuti emanati, antecedenti alla Costituzione repubblicana, delineavano quasi tutti una forma di «Stato confessionale», cioè un modello di Stato che «sceglie» un credo e lo innalza a religione di Stato, limitandosi invece a tollerare gli altri culti. Così, in particolare, lo Statuto Albertino all’art. 1 recitava: «la religione cattolica, apostolica e Romana è la sola religione di Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi». L’ordinamento monarchico distingueva, quindi, in maniera netta, una religione istituzionale, chiamata a sostenere e legittimare le scelte operate dallo Stato, dagli altri culti, semplicemente tollerati e comunque destinati ad una disciplina discriminatoria (come effettivamente avvenne con la legge del 1929 sui culti ammessi). Del resto, la libertà di culto è una delle pietre angolari di un ordinamento democratico, insieme alla libertà di pensiero, e non può quindi ammettere discriminazioni fondate sul numero di adepti ad una determinata confessione. La Costituzione repubblicana, in netta rottura con questa tradizione, da una parte afferma, implicitamente ma chiaramente, il principio di laicità dello Stato, ex artt. 3, 8, 19 e 20 Cost., in base al quale lo Stato assume nei confronti di tutte le confessioni una posizione neutrale, garantendo la pari libertà e il diritto di ciascuno a far prevalere la propria coscienza sugli obblighi giuridici eventualmente in contrasto con essa (cd. obiezione di coscienza); dall’altra riconosce una diversità storica fra Chiesa cattolica e altre confessioni religiose. . 28 p. A Parte Prima - Sezione Prima Es se li br i S. Mentre la prima, infatti, è storicamente considerata un soggetto di diritto internazionale, sia in quanto tale che attraverso la Santa Sede (6), in grado di stipulare veri e propri accordi di diritto internazionale (i Concordati), le altre confessioni hanno invece una rilevanza puramente interna. Tuttavia, anche per esse vige il principio pattizio, per cui è possibile per esse definire in maniera concordata una disciplina che tenga conto delle proprie peculiarità (le intese). In ogni caso, la protezione del sentimento religioso, in quanto bene indivisibile, deve essere garantita in misura uguale a tutte le confessioni, insieme con la libertà di organizzarsi e di dare la forma desiderata ai propri culti. Viene quindi riconosciuta la piena libertà religiosa a tutte le confessioni, purché rispettino il limite del buon costume (che non viene esplicitato anche con riferimento alla Chiesa cattolica in considerazione della tradizione millenaria dei suoi culti, che mai hanno violato tale limite). La lettura combinata degli artt. 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, dunque, porta ad una conclusione univoca: pur essendo l’Italia la culla del Cattolicesimo e la sede del Papato, nessuna discriminazione è stata formalmente riconosciuta dal Costituente in materia di libertà di culto. 8bis. Cosa sono i Patti lateranensi? yr ig ht © Il 20 settembre 1870 l’esercito italiano, approfittando di una congiuntura internazionale favorevole, entra in Roma occupandola. Nasce così la questione romana, strettamente connessa al problema della salvaguardia dell’indipendenza del Pontefice. Il 13 marzo 1871 viene emanata dallo Stato italiano la cosiddetta legge delle guarentigie, che si prefigurava appunto di garantire rendite, immunità e privilegi al Sommo Pontefice, oltre a regolare i rapporti con la Chiesa. Si trattava di una legge nazionale concessa dallo Stato italiano e come tale non fu accettata dalla Chiesa, che ne contestava anche la stabilità, tenuto conto che poteva sempre essere modificata o abrogata unilateralmente da qualunque altra successiva legge nazionale di contenuto diverso. C op (6) La Santa Sede (città del Vaticano) è considerato uno Stato-enclave. L’enclave è un territorio di ridotte dimensioni (es. Andorra, San Marino, Lesotho etc.) richiuso in un territorio di altro Stato. Come tale ha, di fatto, limitate possibilità di esplicare in pieno la sua sovranità, tanto che si mette in dubbio la sua soggettività internazionale. Nel caso della Santa Sede, tuttavia, la soggettività internazionale è riconosciuta e garantita dall’Italia attraverso numerose disposizioni a partire dal Trattato del 1929. . A 29 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana © Es se li br i S. Negli anni successivi alla prima guerra mondiale i rapporti fra Stato-Chiesa tesero a rasserenarsi, e questa tendenza si intensificò con l’avvento al potere del Fascismo. Il nuovo regime, al fine di rafforzare la propria posizione all’interno del paese, cercò ed ottenne l’accordo con la Chiesa cattolica, ossia con l’unica altra potenza in grado di limitare od ostacolare tale rafforzamento. I Patti lateranensi del 1929, stipulati tra Mussolini e il cardinale Gasparri, costituirono per il diritto ecclesiastico italiano una svolta, in quanto si affermò il principio della contrattazione bilaterale con la Chiesa cattolica, trasportando sul piano internazionale i rapporti tra Stato italiano e Stato della Città del Vaticano. I Patti constano di tre distinti documenti: — il Trattato, che risolveva la questione romana con la definizione dei confini e il riconoscimento dello Stato della Città del Vaticano; — il Concordato, che regolava i rapporti fra Stato e Chiesa cattolica fra l’altro affermando il carattere di religione di Stato di quella cattolica, riconoscendo una serie di privilegi e di esoneri per gli ecclesiastici, riconoscendo gli effetti civili del matrimonio canonico, prevedendo l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole; — una Convenzione finanziaria con la quale furono regolate le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a seguito delle leggi eversive dell’ottocento. ht Istituti collegati: libertà di pensiero; laicità dello Stato, libertà di culto; concetto di buon costume; concordati e intese; Stato della Città del Vaticano; enclave. yr ig 9. Quali sono le modalità attraverso le quali assumono rilevanza nel nostro ordinamento le norme di origine confessionale? Articolazione della risposta C op Le norme confessionali possono essere prese in considerazione dall’ordinamento repubblicano ai fini della regolamentazione del fenomeno religioso. Ciò può avvenire attraverso tre tecniche fondamentali: rinvio formale, rinvio recettizio e presupposizione. . 30 p. A Parte Prima - Sezione Prima br i S. Il rinvio formale è la tecnica in base alla quale le norme confessionali acquistano efficacia nel nostro ordinamento, pur rimanendo le fonti che le producono estranee allo stesso. Con il rinvio recettizio le norme richiamate si distaccano dall’ordinamento di provenienza e si inseriscono nel nostro ordinamento cristallizzandosi. Infine, la presupposizione è la tecnica mediante la quale norme attinenti la vita e l’organizzazione delle confessioni religiose vengono semplicemente presupposte dall’ordinamento repubblicano al fine di applicare norme dell’ordinamento interno (si pensi ai casi in cui una norma statale richiami nozioni come quelle di ecclesiastico, parrocchia, ministro di culto ecc.). se li Istituti collegati: fonti di produzione del diritto; fonti comunitarie; fonti atipiche; accordi internazionali; principio pattizio Es 10. Quali sono i rapporti fra norme di provenienza bilaterale e norme costituzionali? Riferimenti normativi: artt. 7 e 8 Cost. Disciplina generale: individuare i criteri attraverso i quali nel nostro ordinamento sono regolati i rapporti fra norme pattizie e norme costituzionali © Elenco caratteristiche: precisare gli elementi del conflitto fra norme pattizie e norme costituzionali ht Domande consequenziali: la copertura costituzionale accordata ai Patti Lateranensi Articolazione della risposta C op yr ig Le norme che scaturiscono da accordi fra lo Stato e le confessioni religiose sono recepite in fonti statali che si caratterizzano per una efficacia rinforzata rispetto a fonti di pari rango: una legge che recepisce un’intesa con una confessione acattolica, ad esempio, potrà essere abrogata esclusivamente da una legge che recepisca una nuova intesa dai contenuti alternativi alla precedente. Per quanto riguarda, invece, i rapporti fra norme pattizie e norme costituzionali, bisogna distinguere a seconda che si tratti di accordi fra Stato e Chiesa oppure di intese con i culti acattolici. Nel secondo caso, infatti, le fonti di rango ordinario sono subordinate interamente alla Costituzione e alle sue norme. . A 31 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana br i S. Per quanto riguarda, invece, gli accordi con la Chiesa cattolica, l’art. 7 della Costituzione conferisce alle leggi che recepiscono i Patti lateranensi del 1929 una copertura costituzionale, nel senso che le relative norme si pongono come speciali rispetto a quelle costituzionali e non sono da queste ultime abrogate. Tuttavia, secondo la Corte costituzionale neppure le norme dei Patti possono derogare ai principi supremi dell’ordinamento, ossia a quei valori che qualificano il nostro ordinamento costituendone l’essenza. Rientrerebbero in tale categoria principi come quello di laicità dello Stato, il diritto alla tutela giurisdizionale, la tutela inderogabile dell’ordine pubblico. li 10 bis. Gli accordi di Villa Madama del 1984 hanno copertura costituzionale? Es se L’art. 7 della Costituzione stabilisce che le modif icazioni ai Patti lateranensi accettate sia dallo Stato che dalla Chiesa cattolica non necessitano del procedimento di revisione costituzionale. Pertanto, la legge che recepisce gli accordi di Villa Madama del 1984, con cui si è rivisto il Concordato del 1929, essendo frutto di una intesa fra Stato e Chiesa, non ha richiesto un procedimento aggravato per la sua formazione. ig ht © Gli accordi si compongono di: — un Preambolo in cui si fa riferimento alle trasformazioni della società italiana a partire dalla Costituzione repubblicana e all’importanza del Concilio Vaticano II; — 14 articoli in cui sono concentrati i principi ispiratori dei nuovi rapporti fra Stato e Chiesa cattolica; — un Protocollo addizionale di 7 punti che ha lo scopo di chiarire le norme dei Patti lateranensi e del nuovo Concordato al fine di garantire la migliore esecuzione degli stessi. C op yr Tali accordi, che sono esplicitamente qualificati come modificazioni dei Patti, sono soggetti alla stessa copertura costituzionale degli originari Patti lateranensi. In tal senso si è espressa la Corte costituzionale, secondo la quale le norme del 1984 integrano quelle del 1929 che regolano gli stessi istituti e non sono state esplicitamente abrogate. I nuovi accordi, peraltro, sono sostanzialmente in linea con i principi costituzionali in materia, per cui sarà difficile che si ripropongano i problemi di compatibilità con l’ordinamento costituzionale emersi nella vigenza dei Patti lateranensi. . 32 p. A Parte Prima - Sezione Prima Concetto iniziale: dare la nozione di forma di Stato. S. 11. Che cosa si intende per «forme di Stato» e quali sono le principali? Lo Stato sociale (Welfare State) br i Caratteristiche: precisare gli elementi in base ai quali si definiscono le forme di Stato: • il rapporto fra governanti e governati; • l’articolazione territoriale del potere. li Altri elementi essenziali: delineare il fondamento storico e i modelli delle diverse forme di Stato individuate dalla dottrina. Concetto di Stato sociale. Articolazione della risposta op yr ig ht © Es se La forma di Stato descrive le relazioni tra gli elementi costitutivi, in particolare il rapporto fra governanti e governati (popolo e sovranità) e l’articolazione territoriale del potere (territorio e sovranità), nonché il modo in cui i loro rapporti incidono sull’organizzazione dello Stato e sui criteri di legittimazione del suo potere (7). Rispetto ai rapporti fra popolo e sovranità, nel corso della storia si sono avute diverse forme di Stato: lo Stato assoluto, lo Stato liberale, lo Stato comunista, lo Stato fascista e lo Stato democratico e sociale contemporaneo. Rispetto al modo in cui la sovranità è territorialmente ripartita, si possono, invece, distinguere lo Stato unitario, lo Stato federale e lo Stato regionale (vedi domanda n. 12). La sovranità, in particolare, nello Stato assoluto era concentrata nelle sole mani del sovrano che si considerava «sciolto» (absolutus) da ogni vincolo derivante da qualsiasi altro potere nei confronti dei governati. Successivamente, sotto la pressione delle classi emergenti («nobiltà» e poi «borghesia» in Inghilterra, «borghesia» in Francia) la corona ha gradatamente ceduto parte del potere politico attraverso concessioni unilaterali che hanno preso la forma sia di solenni dichiarazioni: Magna Charta Libertatum, Habeas Corpus, Bill of Rights in Inghilterra, che di Statuti: Francia, Spagna, Stati della Penisola Italiana etc. (es.: Statuto Albertino). C (7) Si noti che i tratti distintivi di ognuna delle forme di Stato delineate dalla dottrina rappresentano un modello astratto, le cui caratteristiche non sono tutte esattamente riprodotte negli ordinamenti statali che si sono succeduti nel tempo. . A 33 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana 11 bis. Cosa si intende per Stato sociale? br i S. È così nato lo Stato liberale, caratterizzato da una forma dualista di potere (ripartito tra corona e Camera dei deputati, quest’ultima a carattere elettivo e, quindi, espressione della volontà della classe borghese (8)), grazie anche alla spinta culturale e filosofica nata in Francia in seguito al movimento denominato «l’Enciclopedia» e propagata dalla Rivoluzione francese. La principale conquista di tale rivoluzione è stata il riconoscimento dell’eguaglianza formale di tutti i cittadini, sintetizzata dalla frase «La legge è uguale per tutti». Es se li Lo Stato liberale successivamente si è trasformato sia degenerando in forme autoritarie (es.: regimi fascisti, franchisti, comunisti etc.) sia passando ad un modello più evoluto: lo Stato sociale, come la Repubblica italiana. In tale ultima forma lo Stato si fa anche carico, per garantire l’effettiva libertà e le pari opportunità di vita e di lavoro dei sudditi, di assurgere a protagonista della vita economica, attivando, tra l’altro, una serie di «ammortizzatori sociali» (borse di studio, sussidi di disoccupazione, assegni familiari etc.) per evitare che la libera iniziativa privata, lasciata a se stessa (cd. laissezfaire), determini solchi incolmabili e discriminazioni intollerabili nelle condizioni di vita fra le diverse classi sociali presenti nel paese, mettendo così in discussione anche i «principi dello Stato di diritto». ht © Istituti collegati: tutte le singole forme di Stato; suffragio universale e suffragio ristretto; eguaglianza dei cittadini; diritto pubblico dell’economia; costituzione economica. ig 12. Quali sono le differenze fra Stato federale, Stato regionale e Stato accentrato? op yr Concetto iniziale: partendo dal costituzionalismo multilivello definire le diverse forme di Stato e individuare i criteri in base ai quali poter operare le differenze fra di esse. C (8) Si noti che di regola negli Stati liberali il Senato era di nomina regia e, come nel caso dello Statuto Albertino, aveva poteri più limitati rispetto alla Camera (bicameralismo imperfetto), in quanto alcuni disegni di legge nelle principali materie dovevano essere presentati e approvati, in primis, alla Camera. . 34 p. A Parte Prima - Sezione Prima S. Caratteristiche: individuare la caratteristica essenziale della forma di Stato federale, ossia la compresenza su uno stesso territorio di un governo centrale e di diversi governi locali, ai quali viene riconosciuta una vera e propria sovranità o un’accentuata autonomia di rango costituzionale. i Paralleli e differenze: mettere in evidenza gli elementi qualitativi e quantitativi di differenziazione tra Stato federale e Stato regionale in relazione allo Stato accentrato nel quale non esistono altri centri di potere che si contrappongono allo Stato-persona. br Articolazione della risposta Es se li Il pluralismo, che connota gli Stati democratici, consente che nell’ambito della stessa comunità statale convivano differenti ordinamenti giuridici (cd. costituzionalismo plurilivello) ciascuno dei quali ha un suo fondamento ed una sua autonomia, anche se è tenuto a coordinarsi con gli altri. Lo Stato federale, ad esempio, è un ordinamento in cui al governo sovrano centrale si contrappongono più governi locali, che, per l’ampiezza dei poteri che sono ad essi riconosciuti, avrebbero titolo per essere considerati veri e propri «Stati negli Stati». © Lo Stato federale, nella maggior parte dei casi, è l’esito storico di processi di aggregazione di Stati originariamente autonomi e sovrani (si pensi agli Stati Uniti d’America o alla Germania), ma non sono pochi gli Stati federali che rappresentano l’evoluzione di un robusto decentramento di poteri all’interno di Stati originariamente unitari e accentrati (si pensi al Belgio o all’Austria del 1920 nonché alla situazione che sta gradatamente prendendo corpo in Italia, dopo la modifica in tal senso della Parte Seconda, Titolo Quinto della Costituzione). C op yr ig ht Secondo parte della dottrina costituzionalista, negli Stati federali allo Stato centrale è riservata in via esclusiva la sovranità nei rapporti esterni, mentre la sovranità interna è riconosciuta agli Stati membri e si estrinseca nell’esercizio di funzioni legislative, amministrative e talvolta anche giurisdizionali (come negli U.S.A.), oppure viene ripartita tra lo Stato centrale e gli Stati membri. Secondo altri, invece, agli Stati membri è riconosciuta soltanto un’ampia autonomia costituzionale, in quanto gli stessi sono in grado di dotarsi di Statuti propri ed esercitano attribuzioni garantite da norme di rango costituzionale, a presidio delle quali opera una Corte o un Tribunale o un Consiglio costituzionale. In quest’ultimo caso, però, riesce molto più difficile distinguere lo Stato federale da quella forma di Stato diffusasi soprattutto in Europa (Spagna, Italia della Prima Repubblica), che viene denominata Stato regionale. In questi Stati, infatti, ad alcune o a tutte le comunità territoriali vengono . A 35 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana Es se li br i S. riconosciute sfere di autonomia variamente articolate nel campo della legislazione, dell’amministrazione, delle finanze, pur sempre nei limiti del carattere derivato dei loro ordinamenti (9). Storicamente, peraltro, anche negli Stati federali tende ad affermarsi il principio secondo il quale il diritto federale prevale su quello degli Stati membri, per cui alle autorità centrali vengono riconosciuti poteri di intervento, soprattutto economico, sempre più penetranti, mentre gli Stati membri preferiscono cooperare con lo Stato federale e affermare i propri interessi all’interno di seconde Camere (es.: Bundesrat in Germania) rappresentative delle comunità territoriali (federalismo cooperativo). Le differenze fra Stato federale e Stato regionale appaiono, quindi, più di tipo quantitativo che di natura qualitativa. Lo Stato accentrato, infine, oggi è considerato antistorico e anti-democratico perché non riconosce nessuna forma di autonomia territoriale o istituzionale che possa dar corpo alla tutela degli interessi delle «formazioni sociali» intermedie tra lo Stato e i cittadini a garanzia della libertà dei singoli e del pluralismo democratico. Istituti collegati: confederazione e federazione; rapporti tra organizzazioni sovranazionali e Stati membri di Stati federali. ht © 13. Descrivere le principali differenze fra governo parlamentare e governo presidenziale. L’esperienza transalpina del governo semi-presidenziale Concetto iniziale: mettere in evidenza i tratti distintivi della forma di governo parlamentare rispetto a quella presidenziale. op yr ig Caratteristiche: individuare gli aspetti principali della forma di governo parlamentare: • rapporto di fiducia fra Governo e Parlamento; • compartecipazione dei due organi alla funzione di indirizzo politico; • presenza di un terzo organo, il Capo dello Stato, con funzioni neutrali di arbitro nei momenti di crisi del sistema. C (9) Si noti che con la modifica della L. cost. 3/2001 dell’intero Titolo Quinto della Parte Seconda della Costituzione alle singole Regioni è stato riconosciuto un significativo ampliamento delle sfere di potere, confermando il carattere autonomo dei rispettivi ordinamenti. . 36 p. A Parte Prima - Sezione Prima S. Paralleli e differenze: mettere in luce le diversità di funzionamento rispetto alla forma di governo presidenziale, ove il Capo dello Stato è anche Capo del Governo, è organo politico di vertice e concentra poteri molto significativi. Accennare alla soluzione ibrida del semipresidenzialismo. Articolazione della risposta C op yr ig ht © Es se li br i Il diverso atteggiarsi dei rapporti di forza fra gli organi di vertice dello Stato, titolari della funzione di indirizzo politico, caratterizza la forma di governo. Nella forma di governo parlamentare il Parlamento è in posizione di supremazia in quanto, oltre ad essere titolare della funzione legislativa, vincola con un rapporto di fiducia il Governo, titolare della funzione esecutiva. Il Governo, cioè, formula un indirizzo politico che si impegna a seguire e della cui attuazione è responsabile dinnanzi al Parlamento, che può, in qualsiasi momento, revocargli la fiducia. Il Governo non potrebbe, pertanto, realizzare il suo programma senza l’appoggio della maggioranza in Parlamento e, quindi, è tenuto a dare conto del suo operato a quest’ultimo che è l’organo direttamente rappresentativo della volontà popolare. Nella forma di governo parlamentare è, tuttavia, presente anche un terzo organo, il Capo dello Stato. Quest’ultimo, sia esso il Monarca o il Presidente della Repubblica, pur non essendo un organo investito di funzioni politiche, svolge la funzione neutrale di rappresentante dell’unità nazionale, ed ha importanti poteri di stimolo del sistema, come essere chiamato, nel caso in cui si presenti un intoppo del sistema legislativo (es. crisi non risolvibili), a sciogliere le Camere ed a indire nuove elezioni. Il Presidente della Repubblica è, cioè, l’organo legittimato ad intervenire negli snodi fondamentali della vita democratica di un paese consentendo agli altri organi costituzionali (prevalentemente Parlamento e Governo) di funzionare e di rinnovarsi. Assai diversa dalla forma di governo sopra descritta è la forma di governo presidenziale che si caratterizza per una più rigida separazione di poteri e per la presenza di un Capo dello Stato eletto direttamente dal popolo, che in seguito a tale investitura popolare è titolare del potere esecutivo di cui rappresenta il vertice. Esso svolge, dunque, una funzione politica, in quanto sceglie e revoca autonomamente i ministri (che sono solo suoi fiduciari) e gestisce l’indirizzo politico del paese senza nessun vincolo fiduciario. A tale organo, in una posizione di netta separazione, si contrappone un Parlamento anch’esso eletto dal popolo e titolare della funzione legislati- . A 37 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana S. va, che non può, però, imporre le dimissioni del Presidente e dei suoi collaboratori se non mettendoli sotto accusa (impeachment). 13 bis. In cosa consiste la forma di governo semi-presidenziale? Es se li br i Negli ultimi tempi in Francia si è affermato un’ulteriore forma di governo: il governo semi-presidenziale, o «a tendenza presidenziale» (DE VERGOTTINI), caratterizzato dalla presenza di un Presidente eletto direttamente dal popolo che, a sua volta, sceglie il Capo del Governo, il quale deve godere della fiducia del Parlamento. Questo sistema può presentare qualche inconveniente quando il Presidente è espressione di una maggioranza politica diversa da quella parlamentare: in tal caso si parla di «coabitazione», in quanto il vertice dell’esecutivo è rappresentato da un soggetto appoggiato da una maggioranza diversa da quella che ha votato il Capo dello Stato. Per ovviare a tale problema, in Francia la durata della carica presidenziale (originariamente di sette anni) è stata ridotta a cinque anni, equiparandola a quella dell’Assemblea Nazionale in modo da poter indire le elezioni presidenziali e parlamentari lo stesso anno e ridurre il rischio di coabitazione. © Istituti collegati: fiducia. Altre forme di governo: monarchia costituzionale, repubblica di assemblea (o direttoriale). ht 14. Quali sono i caratteri fondamentali dello Stato democratico e sociale sorto dalle ceneri del fascismo? Concetti di Stato sociale, Stato di diritto e Stato socialista ig Concetto iniziale: individuare i tratti distintivi della forma di Stato democratico e sociale. op yr Caratteristiche: evidenziare gli aspetti principali dello Stato democratico e sociale che sono: • la piena affermazione del principio democratico della sovranità popolare (art. 1 Cost.); • l’enunciazione di principi e valori indefettibili condivisi in Costituzioni rigide non suscettibili di essere modificate con leggi ordinarie (artt. 138-139 Cost.); • l’attenzione per il dovere di solidarietà (art. 2 Cost.). C Paralleli e differenze: descrivere la rottura radicale che questa forma di Stato rappresenta sia rispetto allo Stato liberale che rispetto allo Stato autoritario. . 38 p. A Parte Prima - Sezione Prima Articolazione della risposta ht © Es se li br i S. Nel continente europeo l’idea dello «Stato Sociale», già in nuce presente in alcune Costituzioni (come quella francese che parla espressamente di «fraternité», intesa come «solidarietà»), si afferma definitivamente alla fine della seconda guerra mondiale, come ipotesi correttiva del modello di «Stato liberale», le cui precedenti esperienze avevano, se non favorito, certamento non impedito l’ascesa dei regimi fascista, franchista e nazista, rispettivamente italiano, spagnolo e tedesco. Nel nuovo prototipo di Stato viene assicurata la piena partecipazione di tutti i cittadini, uomini e donne, alla vita politica, non solo attraverso i tradizionali istituti della democrazia rappresentativa, come le elezioni dei rappresentanti al Parlamento, ma anche nelle forme della democrazia diretta (iniziativa legislativa popolare, partecipazione ai referendum) e di quella libera e diffusa (iscrizione e partecipazione alla vita dei partiti politici e dei sindacati, adesione ad associazioni, gruppi di interesse e altre formazioni sociali, oltre al riconoscimento più ampio di poteri alle collettività locali). In netta contrapposizione alla concentrazione dei poteri nella figura del Capo carismatico o Duce, tipica del fascismo, viene riaffermato il principio di legalità, che si evolve in principio di costituzionalità attraverso l’enunciazione di alcuni principi e valori fondamentali (pluralismo, garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali, eguaglianza e solidarietà, spersonalizzazione della legge — vedi domanda 4 ter — etc.) «blindati» in Costituzioni rigide e, grazie alla teoria dei principi supremi dell’ordinamento, non suscettibili di revisione (10). 14 bis. Concetti di Stato sociale e Stato socialista yr ig Lo Stato democratico si caratterizza come Stato di diritto, ma soprattutto come Stato sociale, in cui il lavoro (11) (e non più il ceto) assume un valore fondante della comunità democratica (vedi anche domanda n. 11 bis). I pubblici poteri non solo prendono atto dell’esistenza del conflitto sociale tra classi più o meno agiate, connaturato alle condizioni delle moderne società industrializzate, C op (10) Si ricordi che le norme dello Statuto Albertino erano flessibili, cioè potevano essere modificate da qualsiasi legge ordinaria successiva. (11) Per alcuni autori (ONIDA) «Stato sociale» e «Stato fondato sul lavoro» sono due concetti omologhi, in quanto il Costituente pone il lavoro come parametro nodale della società. . A 39 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana S. ma intervengono attivamente a favore di quanti percepiscano redditi più bassi (classi meno agiate) per rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono la piena partecipazione dei cittadini e delle classi lavoratrici alla vita politica, economica e sociale del paese (art. 3 Cost.). ht © Es se li br i Da ciò la promozione di una forma di economia mista in cui l’iniziativa pubblica si accompagna a quella privata ed i diritti economici privati vengono concepiti e funzionalizzati in chiave sociale (esempio: riconoscimento della funzione sociale della proprietà (12)). Con la Costituzione repubblicana l’esperienza dello Stato liberale, che aveva ridimensionato i compiti dello Stato praticando il non interventismo in economia, viene superata per evitare che le tensioni tra le classi e i gruppi sociali possano sfociare in forme di Stato analoghe a quella affermatasi in Russia dopo la rivoluzione del 1917 (Stato socialista), che propugnavano, oltre all’eguaglianza giuridica, tipica dello Stato di diritto, anche quella economica, attraverso l’abolizione della proprietà privata degli strumenti di produzione, considerata fonte di arricchimento delle classi detentrici degli stessi e, quindi, fonte di discriminazioni sociali. Lo Stato sociale attuale, dopo aver enunciato il dovere di solidarietà all’art. 2 Cost., in particolare, prende atto, pur riconoscendo la libera iniziativa privata (art. 41 Cost.), della necessità di dover intervenire nel sistema per riequilibrare il gap tra le classi sociali (oggetto di una specifica azione statale ai sensi dell’art. 3 Cost.), sia con una maggiore pressione fiscale sui redditi più alti (art. 53 Cost.), che con provvidenze a favore dei cittadini meno ricchi (borse di studio, integrazioni salariali etc.) per consentire anche ad essi una vita libera e dignitosa e a tutti pari opportunità economiche e sociali, attribuendo ai cd. «diritti sociali» dignità di diritti fondamentali (artt. 29-40 Cost.). ig 14 ter. Come si caratterizza oggi la forma di governo in Italia? yr La nostra democrazia parlamentare, nella sua attuale evoluzione, non garantisce una effettiva dialettica Parlamento-Governo. Infatti, la selezione di parlamentari «fedeli» assicurata in fase elettorale grazie al sistema della C op (12) Tale riconoscimento, che garantisce il doppio interesse sia dello Stato che del singolo sui beni privati (con la prevalenza del primo se emergono necessità generali o pubbliche: es. espropriazione) espresso dall’art. 42 della Costituzione, era, in verità, già presente nel Codice Civile (1942) all’art. 832. . 40 p. A Parte Prima - Sezione Prima se li br i S. lista bloccata (13) consente capo del partito che compone la lista dei candidati di portare in Parlamento una maggioranza sostanzialmente concorde alla sua linea politica. Inoltre, l’istituto della questione di fiducia impiegato massicciamente per far convertire i decreti legge e, quindi, il ricorso alla decretazione d’urgenza svuotano di sostanza il dibattito parlamentare. Va inoltre ricordato che l’Italia ha tentato di ispirarsi al modello bipartitico inglese, come dimostrano le modifiche apportate alla legislazione elettorale a partire dal 1993, approdando però ad un fragile bipolarismo caratterizzato dalla presenza di due coalizioni contrapposte in cui i partiti minori esercitano spesso un ruolo disaggregante (vedi domanda n. 18 bis). Solo le recenti elezioni politiche (aprile 2008) hanno consegnato al Paese un sistema sostanzialmente bipartitico, sebbene i due partiti di nuova formazione (Popolo della Libertà e Partito Democratico) siano il risultato dell’aggregazione di una pluralità di forze politiche. Es Istituti collegati: principio della capacità contributiva; diritti sociali; doveri inderogabili. ht © 15. Descrivere sinteticamente le principali caratteristiche e differenze dello Statuto albertino rispetto alla Costituzione repubblicana. Concetto di Costituzione rigida e valore delle norme costituzionali. Costituzione formale e Costituzione materiale ig Concetto iniziale: individuare i tratti distintivi dello Statuto Albertino yr Caratteristiche: enunciare gli aspetti principali dello Statuto: • documento concesso unilateralmente «per grazia» dal Sovrano; • modificabile da legge ordinaria successiva; • composto da un numero limitato di articoli (cd. «Costituzione breve»). C op (13) La lista bloccata consiste nella imposizione dei candidati in ordine di eleggibilità in ciascuna lista elettorale, ordine deciso dalle segreterie dei partiti. L’elettore, dunque, non ha più la possibilità di scegliere nella rosa dei candidati quello che preferisce, ma deve limitarsi alla sola scelta della lista: in tal modo viene a cadere qualsiasi forma democratica di selezione dei candidati. . A 41 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana S. Paralleli e differenze: la diversità strutturale rispetto alla Costituzione repubblicana alla luce del nuovo concetto di sovranità, attributo istituzionale intangibile del popolo e non privilegio della dinastia regnante. Articolazione della risposta yr ig ht © Es se li br i Lo Statuto albertino fu concesso (octrayé) dal Re di Sardegna Carlo Alberto in occasione dei moti rivoluzionari che sconvolsero l’Europa e gli Stati italiani nel 1848. Con tale documento il Re rinunciava definitivamente a rivestire la qualifica di «sovrano assoluto» e associava i rappresentanti della nobiltà e, soprattutto, della borghesia piemontese, nell’esercizio del potere legislativo all’interno della Camera dei deputati, riservandosi la sola nomina diretta dei senatori. Una Costituzione di tal genere rappresentava, però, più un limite a tentazioni assolutistiche che una vera e propria guida per l’azione futura dei pubblici poteri. Il suo contenuto, che non era particolarmente esteso (solo 84 articoli comprese le norme transitorie), definiva la procedura con la quale sarebbero state prese le decisioni future: tale procedura prevedeva la partecipazione sia del Monarca, attraverso i poteri di iniziativa, di sanzione e promulgazione, che delle Camere, chiamate a discutere ed approvare, in veste di titolari della funzione legislativa, il testo della legge. Le leggi di seguito emanate avrebbero anche dato un significato concreto agli scarni principi formulati nello Statuto. Per questi motivi lo Statuto è definito Costituzione ottriata, ossia concessa dall’alto, flessibile, quindi modificabile da legge ordinaria, e breve, cioè dal contenuto e dall’estensione limitati. La Costituzione repubblicana del 1948, votata da un organo eletto dal popolo, l’Assemblea costituente, si caratterizza innanzitutto per la sua rigidità, cioè per la scelta dei Costituenti di sottrarre le decisioni fondamentali del Paese alle mutevoli maggioranze politiche, nonché per il fatto di disciplinare in maniera più esaustiva i diritti e doveri dei cittadini (Parte I) e l’ordinamento statale (Parte II). 15 bis. Perché la Costituzione repubblicana è definita «rigida»? C op La Costituzione del 1948 è una Costituzione rigida, modificabile soltanto con un procedimento aggravato di revisione che richiede il raggiungimento di una maggioranza parlamentare più ampia di quella che sostiene il Governo (vedi art. 138 Cost.). . 42 p. A Parte Prima - Sezione Prima li br i S. La valutazione della conformità alla Costituzione delle leggi ordinarie previgenti o successivamente approvate dal Parlamento è, poi, rimessa ad un apposito organo giurisdizionale in posizione neutrale e di terzietà, la Corte costituzionale, chiamata ad esercitare un controllo sulla costituzionalità delle leggi e, quindi, ad espungere dall’ordinamento quelle contrarie al dettato costituzionale e delle leggi costituzionali. La Costituzione non si limita, infine, a fissare solo regole procedurali, ma sancisce i principi e i valori posti a tutela dell’uomo e del cittadino che costituiscono il fondamento dell’ordinamento repubblicano, oltre a disciplinare dettagliatamente il funzionamento degli organi costituzionali e il rapporto fra lo Stato e le autonomie territoriali. Quella vigente oggi nel nostro Paese è, quindi, una Costituzione votata, rigida e lunga (14). se 15 ter. Esistono articoli della Costituzione che nemmeno una legge costituzionale può abrogare? yr ig ht © Es Sì, l’art. 139, da leggersi in stretta connessione con l’art. 1, che definisce la forma di stato democratico scelta del Costituente, così recita: «La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale», ovvero sancisce la perpetua non modificabilità del nuovo ordinamento repubblicano. Ciò significa che se viene meno la scelta di questo sistema la Costituzione non ha più ragione d’essere. Vigono, inoltre, alcuni principi supremi dell’ordinamento (così definiti dalla Corte costituzionale nella sentenza 1146/1988) che non possono essere in nessun caso sovvertiti o modificati: perché sanciscono valori insopprimibili sui quali si fonda la Costituzione: la sovranità popolare (sent. 18/82); il principio pluralistico (sent. 62/99); il principio di eguaglianza (art. 3), il dovere di solidarietà (art. 2), il principio di laicità (203/89 e ss.) la tutela del lavoro (art. 4), l’unità e indivisibilità della Repubblica (art. 5), il diritto alla difesa (18/82 e ss.); la libertà personale (236/86); la libertà e segretezza della corrispondenza (366/91); la parità del voto (261/95) (15). La stessa Corte costituzionale ha, inoltre, individuato nei diritti inviolabili della persona umana dei limiti assoluti al potere di revisione costitu- C op (14) Si consiglia la lettura della Costituzione esplicata di questa casa editrice (volime E5) che offre un’esauriente spiegazione di tutti gli articoli anche in comparazione con lo Statuto Albertino. (15) I numeri tra parentesi si riferiscono agli estremi delle sentenze di Cassazione che meglio li hanno esplicati. . A 43 p. Ordinamento giuridico, forme di Stato e forme di governo, storia costituzionale italiana S. zionale, in quanto diritti fondamentali (che fanno capo all’individuo) e sono preesistenti (secondo una concezione giusnaturalistica) all’ordinamento che quest’ultimo è tenuto a riconoscere e tutelare. 15 quater. Quali tipologie di norme sono contenute nella nostra Costituzione? Es se li br i La Costituzione prevede diversi tipi di norme: — norme di principio, che affermano e/o enunciano principi politico-ideologici di portata universale (comuni a tutte le Costituzioni democratiche), costituenti il nucleo centrale dei suoi contenuti ed aventi prevalentemente tenore etico, economico, sociale, programmatico etc.; — norme di scopo, che stabiliscono un obbiettivo, una meta che il Costituente si pone, affidando alla Repubblica, attraverso i suoi organi, il compito di portarli a termine (artt. 2, 3, 4, 5, 6 etc.); — norme organizzative, che istituiscono organi costituzionali e ne dettano la disciplina dettagliata (Parlamento, Governo, Corte costituzionale etc.) per evitare che il legislatore ordinario ne ridimensioni l’importanza e la portata. Altri organi, invece, sono semplicemente menzionati dalla Costituzione, che rinvia al legislatore ordinario per la relativa disciplina (es.: Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, Consiglio Superiore della Magistratura etc.). ht © 15 quinquies. Le norme contenute nella Costituzione hanno tutte identico valore? yr ig Sì. In passato si distinguevano le norme precettive (sempre e comunque applicabili) da quelle programmatiche, la cui efficacia ed applicabilità erano condizionate alla successiva emanazione di leggi di dettaglio e che, secondo alcuni giuristi, non avevano pertanto valore giuridico. Oggi la dottrina è unanime nel riconoscere la piena e completa precettività di tutte le norme costituzionali che, se non trovano immediata applicazione, costituiscono comunque criteri guida obbligatori per il legislatore. op 15 sexies. Che differenza c’è tra Costituzione formale e Costituzione materiale? C La Costituzione formale è il documento solenne contenente i principi e le norme supreme di organizzazione dello Stato. . 44 p. A Parte Prima - Sezione Seconda se li br i S. Può essere ottriata, se concessa unilateralmente dal Sovrano, o votata, se voluta dal popolo e scelta dal corpo elettorale, che ne delega la redazione ad una Assemblea costituente democraticamente eletta. È la «lex legum» (la legge delle leggi) al vertice della gerarchia delle fonti e connota il sistema; si tenga presente che negli ordinamenti di common law non esiste una Costituzione scritta, ma vigono una serie di principi consacrati nei cd. «Atti Storici» (Magna Charta Libertatum, Bill of Rights, Habeas Corpus, che affermano i principi di base del regime). La Costituzione materiale, secondo Costantino Mortati, è l’espressione dei principi e delle norme propugnati dalla classe di governo che «effettivamente» sono in vigore in un dato momento storico e che riflettono l’ideologia del gruppo politico dominante. Essa è, dunque, la forza normativa della volontà politica posta a fondamento del sistema per garantirne l’unità e colmarne le eventuali lacune. Es Istituti collegati: procedimento di revisione costituzionale; Corte costituzionale; organi costituzionali; organi di rilievo costituzionale. © 16. La tregua istituzionale e le vicende che portarono alla nascita della Repubblica italiana e all’emanazione della Costituzione. La scelta della forma repubblicana e il carattere compromissorio del testo costituzionale vigente Concetto iniziale: chiarire il significato di tregua istituzionale. yr ig ht Caratteristiche: individuare gli aspetti della tregua (Patto di Salerno) fra Monarchia e forze politiche antifasciste: • nomina di un Governo che fosse espressione dei partiti antifascisti; • decisione di rimettere ad un’istituenda Assemblea costituente la scelta della forma istituzionale e la deliberazione della nuova Costituzione dello Stato; • impegno a non compiere atti che pregiudicassero la soluzione della questione istituzionale. Altri elementi da evidenziare: analisi delle vicende successive che portarono all’emanazione della Costituzione. C op Paralleli e differenze: le innovazioni introdotte dal successivo decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98. . 45 p. A Le fonti del Diritto Articolazione della risposta Es se li br i S. Dopo la caduta del fascismo e l’occupazione nazista del Paese, l’Italia rimase divisa in due tronconi: le regioni del Nord, ancora in mano alle forze nazi-fasciste, con capitale a Salò (da cui il nome Repubblica di Salò), teatro della resistenza delle forze anti-fasciste coordinate dal Comitato di liberazione per l’alta Italia; il Meridione, progressivamente liberato dagli eserciti alleati, dove si instaurò, invece, il Regno del Sud. Liberato il Paese, dopo un primo periodo caratterizzato dalla ostilità fra partiti anti-fascisti e Monarchia, con il patto di Salerno nella primavera del 1944 si raggiunse una tregua istituzionale fra le parti in conflitto con i nazi-fascisti per decidere le future sorti dell’Italia. Il nuovo Governo Bonomi fu composto da esponenti di tutti e sei i partiti anti-fascisti, mentre il Re si ritirò a vita privata e la risoluzione della questione istituzionale, ossia la scelta fra Monarchia o Repubblica, fu rimessa ad una istituenda Assemblea costituente eletta dal popolo, con il compito di redigere la nuova Costituzione dello Stato. Infine, i ministri e i sottosegretari di Stato si impegnarono ufficialmente a non compiere, fino alla convocazione dell’Assemblea costituente, nessun atto che comunque potesse influenzare o pregiudicare la soluzione della questione istituzionale. © 16 bis. Come ebbe luogo dopo la caduta del fascismo la scelta della forma repubblicana? C op yr ig ht Rispetto ai contenuti della tregua di Salerno del 1944, il decreto legislativo luogotenenziale del 16 marzo 1946, n. 98, introdusse una sostanziale modifica: la scelta della forma istituzionale veniva rimessa direttamente alla volontà del popolo mediante referendum (o plebiscito, data l’importanza della decisione). Solo dopo la risoluzione della questione istituzionale da parte del popolo, l’Assemblea costituente avrebbe redatto la nuova Costituzione prendendo atto del risultato del referendum, definito appunto istituzionale. Il 9 maggio, però, il re Vittorio Emanuele, che in base al patto di Salerno si era ritirato a vita privata senza tuttavia abbandonare il trono, riapparve sulla scena e dichiarò di abdicare a favore del figlio Umberto II, nominandolo luogotenente del Regno e venendo così meno agli accordi sanciti in sede di tregua istituzionale. . 46 p. A Parte Prima - Sezione Seconda se li br i S. Fu in questo clima che il 2 giugno 1946 ebbe luogo il referendum istituzionale nel quale prevalse di stretta misura la scelta della forma repubblicana. Furono eletti i membri dell’Assemblea Costituente, che il 28 giugno elessero Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, e il luogotenente Umberto II fu costretto all’esilio. Per poter redigere il testo della Costituzione, in seno all’Assemblea, fu nominata la Commissione dei 75, presieduta dall’onorevole Ruini, che dopo sei mesi presentò il progetto di Costituzione. La Costituzione della Repubblica fu così promulgata da Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. La Costituzione, frutto dell’incontro delle parti sociali più eterogenee (209 deputati democristiani, 115 socialisti, 104 comunisti, oltre che liberali, repubblicani etc.), rappresentò un accordo compromissorio sintesi del pensiero e delle ideologie delle diverse componenti politiche a quei tempi del Paese, compromesso di cui sono frutto numerose affermazioni contenute nel testo costituzionale e che costituisce la chiave di lettura di molte disposizioni non sempre chiare ed intellegibili (16). Es Istituti collegati: Stato fascista; Statuto Albertino. 16 ter. Cosa si intese nel 1948 con l’espressione conventio ad excludendum? yr ig ht © Fu un accordo raggiunto nel 1948 tra i partiti centristi con il quale si escludeva pregiudizialmente ogni tipo di coalizione di governo con i partiti delle sinistre. Tale intesa, derivante da una contingenza internazionale (la cd. guerra fredda) tendeva ad escludere nei Paesi al di qua della «cortina», ogni ingerenza comunista, che, comunque, potesse costituire un avamposto occidentale del sistema sovietico. In conseguenza della conventio ad excludendum nel nostro Paese si è creata una situazione di democrazia bloccata nella quale è caduta ogni possibilità di alternanza al governo. Ulteriore effetto della conventio ad excludendum è stato il cd. congelamento della Costituzione, cioè l’impossibilità di qualsiasi modifica del sistema C op (16) Così, ad esempio, il voto, definito dall’art. 48 un «dovere unico», deve essere inteso eslcusivamente come diritto, coerentemente con il principio della libertà di manifestazione del pensiero. Tale manifestazione, infatti, può essere anche «negativa», cioè non oggettivarsi in una azione positiva quale è il recarsi alle urne. . 47 p. A Le fonti del Diritto br i S. costituzionale, attraverso il procedimento di revisione costituzionale; infatti il peso politico delle sinistre in Parlamento, pur se successivamente attenuato con l’ingresso dei socialisti nel governo (cd. centro-sinistra), è stato tale da impedire una maggioranza che potesse coagulare una convergenza dei 2/3 dei suffragi, quorum richiesto, salvo referendum, per l’emanazione di leggi costituzionali. Soltanto con la fine del periodo della guerra fredda e la riforma elettorale del 1993 la conventio ad excludendum fu superata. se li 17. Descrivere il ruolo dei partiti nel passaggio dallo Stato liberale a quello democratico. Dal partito come «movimento di opinione» al «partito di massa» Concetto iniziale: chiarire il ruolo dei partiti dopo l’affermazione del principio del suffragio universale e della democrazia di massa. Es Caratteristiche: individuare le caratteristiche principali dei partiti politici di massa: • presenza di una struttura organizzativa permanente e solida; • professionalizzazione degli esponenti di partito; • mobilitazione degli iscritti intorno ad un’idea forte e ad un conseguente programma politico. © Paralleli e differenze: le differenze con i partiti di «notabili» dello Stato liberale, che rappresentavano soprattutto «movimento di opinione». ht Articolazione della risposta op yr ig Un ruolo fondamentale nell’affermazione e nella individuazione dei tratti caratteristici della forma di Stato democratico in tutti gli ordinamenti contemporanei è assunto dai partiti politici. Con l’affermazione del principio del suffragio universale e la conseguente estensione del diritto di voto tendenzialmente a tutti i cittadini adulti (almeno quelli di sesso maschile) (17), si pose la necessità di organizzare la partecipazione alla vita politica del Paese di milioni di persone, alle quali dovevano essere presentati candidati e programmi intorno ai quali ricerca- C (17) Il suffragio universale maschile fu introdotto da Giovanni Giolitti con la L. 666/1912. La legge prevedeva l’estensione dell’elettorato attivo a tutti i cittadini maschi di età superiore ai 30 anni senza alcun requisito di censo né di istruzione; per i maggiorenni di età inferiore ai 30 anni restavano invece ferme le condizioni di censo o di regolare prestazione del servizio militare o il possesso di titoli di studio già richiesti in precedenza. . 48 p. A Parte Prima - Sezione Seconda li br i S. re il consenso: nacquero, così, i partiti di massa. Pur sorti con le stesse finalità, i partiti di notabili tipici dello Stato liberale avevano rappresentato solo dei movimenti di opinione, in quanto associazioni composte generalmente da un ristretto numero di persone, caratterizzate da una sostanziale omogeneità economica, sociale e culturale, e che svolgevano prevalentemente la funzione di comitato elettorale durante le elezioni. I candidati successivamente eletti, non vincolati da legami di partito troppo stretti e senza alcuna precisa ideologia, ricercavano il modo migliore di curare l’interesse generale (oltre a quello prevalente delle classi che rappresentavano) all’interno delle aule parlamentari: la differenziazione più significativa era quella tra Monarchici e Repubblicani. 17 bis. Cosa si intende per partito di massa? op yr ig ht © Es se Con il suffragio universale nacquero i partiti di massa, che rappresentavano tutti gli strati sociali: borghesi, operai, contadini. Soprattutto queste ultime due classi si dotarono da subito di un’organizzazione capillare, permanente e solida, in grado di reclutare iscritti e potenziali simpatizzanti per mobilitarli alla lotta politica non solo a fini elettorali, ma anche e soprattutto al fine di ottenere in sede parlamentare leggi che apportassero un miglioramento delle condizioni di vita delle classi più deboli. Nacquero, così, gli apparati di partito che professionalmente svolgono tale attività, traendo da essa i mezzi per la propria esistenza (cd. burocrazia di partito). I primi partiti di massa, dunque, sono espressione soprattutto di gruppi sociali emarginati, in particolare della classe operaia, che sfruttano la forza del numero e dell’aggregazione collettiva per equilibrare, ed eventualmente ribaltare, i rapporti di forza all’interno della Camera (18). Per questo motivo essi mobilitano i propri iscritti intorno ad un’idea forte (è il caso del partito socialista) e ad un programma politico coerente con i loro interessi. Anche i candidati eventualmente eletti in questa tipologia di partiti operavano in maniera diversa dai notabili del periodo liberale. Essi trasferivano in Parlamento le identità e i programmi del partito di appartenenza, assoggettandosi ad una rigida disciplina interna che consentiva ai partiti di ap- C (18) Si ricordi che nel «Senato del Regno» non esisteva una siffatta dialettica, essendo i senatori persone scelte dalla Corona e successivamente dal partito fascista (cd. «infornate di fascisti»). . 49 p. A Le fonti del Diritto S. partenenza di controllare e dirigere indirettamente, attraverso i propri rappresentanti, l’azione politica del Parlamento e del Governo. Istituti collegati: partiti politici; diritto di voto. i 18. Lo Stato democratico e sociale oggi br Concetto iniziale: descrivere la condizione in cui si trova oggi lo Stato democratico e sociale. se li Caratteristiche: individuare le caratteristiche dello Stato contemporaneo: • la frantumazione della società civile; • la crisi fiscale dello Stato; • la conseguente riduzione delle prestazioni sociali; • il difficile equilibrio fra spesa pubblica e obblighi internazionali di stabilità; • la sussidiarietà verticale e orizzontale come risposta. Paralleli e differenze: la forma di governo italiana nell’attuale congiuntura politica. Es Articolazione della risposta C op yr ig ht © Nel XXI secolo anche lo Stato democratico, uscito vincitore dalla contrapposizione con i regimi fascisti prima e con i regimi comunisti poi, attraversa una fase di profonde trasformazioni legate ai processi di globalizzazione, di integrazione sovranazionale e di frammentazione sociale. Tali cambiamenti possono essere sintentizzati così: — la società articolata in classi contrapposte ed organizzate in partiti e sindacati si frantuma in un arcipelago di gruppi sociali e di individui solo provvisoriamente e temporaneamente associati per la realizzazione di interessi comuni. I flussi migratori dai Paesi in via di sviluppo tendono, inoltre, ad immettere in collettività coese dal punto di vista etnico, religioso e linguistico significativi elementi di tensione e di conflittualità; — l’affermazione generalizzata dei principi liberisti nell’economia internazionale impone allo Stato di ridurre la pressione fiscale, per evitare che capitali e imprese si spostino dal territorio in cui esso esercita la sua sovranità per ricercare altrove condizioni di investimento più remunerative. La crisi fiscale dello Stato pone, però, limiti ingenti alla spesa pubblica e alle politiche di ridistribuzione delle risorse; — i diritti sociali, che implicano prestazioni nei confronti della collettività, sono conseguentemente condizionati dalle possibilità finanziarie dei singoli Stati; . 50 p. A Parte Prima - Sezione Seconda se li br i S. — lo Stato esclude per alcuni servizi sociali un’erogazione di carattere universalistico, indipendente cioè dal reddito di chi ne usufruisce, e incentiva il singolo a fronteggiare con i propri mezzi eventi della vita quali vecchiaia, malattie e infortuni. Lo Stato democratico sta in pratica cercando di risolvere un importante dilemma: come ridurre la spesa pubblica (nel caso europeo anche per effetto di parametri economici da rispettare per l’appartenenza all’Unione europea) continuando a garantire onerosi servizi, considerati ormai acquisiti dai propri cittadini (assistenza, pensione etc.); — compiti propri dello Stato sociale sono conferiti agli enti territoriali, affinché siano gestiti in modo più efficiente e sotto il controllo diretto dei cittadini (sussidiarietà verticale), o addirittura sono attribuiti a questi ultimi riuniti in formazioni sociali senza scopo di lucro (sussidiarietà orizzontale) (vedi parte IX, domanda n 7). Es 18 bis. Oggi si parla insistentemente di Terza Repubblica nella quale il sistema essenzialmente bipartitico farebbe lentamente traslare la forma di governo da «parlamentare» a «presidenziale». © La nostra Repubblica ha vissuto negli ultimi anni un periodo di debole «bipolarismo», caratterizzato dall’accorpamento delle forze politiche in due poli che hanno accorpato partiti portatori di ideologie ed interessi in netta contrapposizione, incapaci quindi di esprimere una visione politica coerente ed unitaria. op yr ig ht Proprio un contrasto fra le forze politiche presenti in seno alla maggioranza (caso Mastella) ha determinato la caduta del secondo Governo Prodi. Tutto ciò ha portato a nuove elezioni basate sul sistema delle liste bloccate (in base al quale la scelta dei parlamentari viene demandata esclusivamente alle segreterie dei partiti) e del premio di maggioranza, che hanno determinato la vittoria della coalizione di centro-destra guidata da Silvio Berlusconi. Le elezioni hanno determinato l’esclusione dalle aule parlamentari della sinistra radicale ed antagonista, lasciando all’opposizione soltanto tre partiti (UdC, Italia dei Valori e Partito Democratico). Il leader del principale di questi partiti, sull’esempio svedese e anglosassone, ha dato vita ad un cd. «governo-ombra» che, in contemporanea con i ministri del governo in carica, manifesta pubblicamente le sue strategie e i suoi programmi politici, esprimendo una visione alternativa dei problemi che si pongono nel governo quotidiano del Paese per sensibilizzare l’opinione pubblica ad una possibile alternativa di governo (vedi domanda 18 ter). C Tuttavia, la forma di governo attuale sconta il venir meno della centralità del Parlamento (la cui maggioranza è fedele al premier e difficilmente potrà contraddirlo né, tantomeno, «sfiduciarlo») e si caratterizza per una dialettica Go- . 51 p. A Le fonti del Diritto Es se li br i S. verno-Parlamento fortemente attenuata anche dalla possibilità del ricorso alla «questione di fiducia» che si traduce in dittatura assoluta della maggioranza. Alla centralità del Parlamento si sostituisce oggi una onnipotenza delle segreterie di partito, le quali, secondo l’interpretazione comunemente accolta dell’art. 49 Cost., non sono tenute a rispettare alcun limite di democrazia interna e di rendiconto agli elettori. Queste premesse, dunque, portano ad una concentrazione di poteri nelle mani del premier, che una volta assicuratosi il pieno appoggio del suo partito non è tenuto successivamente a doversi confrontare con altre forze o correnti politiche nell’ambito della maggioranza. La presenza di una opposizione divisa e debole accentua ulteriormente la centralità del leader di maggioranza. Questo stato di cose, grazie anche al premio di maggioranza che conferisce un ulteriore vantaggio a chi governa, avvicina nei fatti il nostro Paese ad un regime di tipo presidenziale, rispetto al quale, tuttavia, manca il momento fondante della scelta «democratica» dell’elezione diretta del leader da parte del popolo che, così, legittima l’assunzione degli ampi poteri conferiti al Presidente (come, ad esempio, accade nella forma di governo degli Stati Uniti). 18 ter. Cos’è il Governo ombra (shadow cabinet)? op yr ig ht © Nel sistema bipartitico l’organizzazione di vertice del partito di opposizione organizza il cd. «governo ombra», cioè nomina una serie di Ministri-ombra e fa da controaltare alle decisioni del governo in carica portando a conoscenza dell’opinione pubblica proposte di scelte politiche alternative. In Gran Bretagna tale carica è istituzionalizzata, in quanto il leader dell’opposizione è d’ufficio il Primo ministro ombra con diritto ad uno stipendio a spese dello Stato e vigila sull’operato del governo attraverso uno strumento efficace: le question time, che sono domande dirette rivolte ai ministri responsabili in relazione al concreto operato di governo: una specie, cioè, di interrogazioni cui, però, deve seguire una risposta e non una dichiarazione. È auspicabile che una opposizione seria nel formare un governo ombra coinvolga personalità competenti e di notorietà indiscussa per dare maggiore credibilità e credito alle sue proposte alternative e, così, guadagnare più facilmente l’attenzione e le preferenze dell’opinione pubblica. C Istituti collegati: Repubblica parlamentare; Repubblica presidenziale; sistemi elettorali; premio di maggioranza; differenza tra leader di governo e premier. . 52 p. A Parte Prima - Sezione Seconda 19. Cosa si intende per teoria generale delle fonti? Classificazione delle fonti S. Sezione Seconda Le fonti del Diritto i Concetto iniziale: nozione di teoria generale delle fonti. br Altri elementi da evidenziare: la classificazione delle fonti in fonti di produzione, fonti sulla produzione, fonti di cognizione. li Paralleli e differenze: indicare gli elementi di differenziazione tra fonti-atto e fonti-fatto. Articolazione della risposta yr ig ht © Es se La teoria generale delle fonti è quella parte della scienza giuridica che studia le relazioni fra le fonti, cioè quegli atti o fatti dai quali l’ordinamento fa discendere la creazione, modificazione ovvero estinzione delle norme che lo costituiscono. In particolare, le fonti in questione sono dette fonti di produzione del diritto. Ne sono altrettanti esempi la consuetudine (fonte-fatto) (19), la Costituzione e la legge (fonti-atto). Si noti che le fonti di produzione non sono equiordinate, ossia poste tutte sullo stesso piano (vedi infra). Esistono poi fonti che ci consentono di apprendere l’esistenza e il contenuto delle norme giuridiche, e sono dette fonti di cognizione, come alcuni documenti ufficiali (es: la Gazzetta Ufficiale della Comunità europea (G.U.C.E.), la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, il Bollettino Ufficiale della Regione (B.U.R.), etc.). Le fonti sulla produzione, infine, sono quelle che disciplinano i procedimenti formativi delle fonti di produzione, indicando l’autorità competente ad emanarle ed i modi della loro adozione. Tra le fonti sulla produzione si annoverano le Disposizioni sulla legge in generale, premesse al Codice civile, con le quali si dettano disposizioni ge- C op (19) Le fonti-fatto si caratterizzano per la loro legittimazione ex-post: mentre le fonti-atto sono oggetto di precise statuizioni da parte dello Stato, che ne determina a priori contenuti, limiti e portata, le fontifatto consistono in comportamenti umani o fatti sociali non esplicitamente previsti dalla legge, ma che, se tenuti dalla generalità dei consociati per un certo lasso di tempo (consuetudini), possono vedersi attribuita valenza normativa dall’ordinamento giuridico. . 53 p. A Le fonti del Diritto S. nerali in materia di fonti, nonché la stessa Costituzione, che, oltre ad essere la prima fonte di produzione statuale, costituisce anche una fonte sulla produzione, dal momento che disciplina i processi di produzione delle fonti del diritto (come, ad esempio, le leggi ordinarie e quelle costituzionali). br i Istituti collegati: ordinamento giuridico; norme consuetudine (intesa come fonte fatto); giuridiche; criterio gerarchico; criterio della competenza; criterio cronologico. li 20. In che modo vengono risolti i conflitti fra norme poste da fonti collocate sullo stesso piano? Criteri di risoluzione delle antinomie. La riserva di regolamento se Riferimento normativo: art. 15 disp. prel. c.c. Concetto iniziale: chiarire le modalità con le quali l’ordinamento giuridico italiano risolve i contrasti fra norme poste da fonti collocate sullo stesso piano. Es Caratteristiche: precisare quali sono i diversi tipi di abrogazione: • espressa; • tacita; • per nuova disciplina dell’intera materia. Paralleli e differenze: la differenza fra illegittimità e abrogazione delle norme. © Altri elementi da evidenziare: gli altri criteri di risoluzione delle antinomie: il criterio gerarchico e quello della competenza. ht Articolazione della risposta C op yr ig In un ordinamento giuridico democratico e pluralista come quello italiano, la eterogeneità delle fonti del diritto e la molteplicità dei relativi livelli di produzione (sovranazionale, nazionale, regionale etc.) rendono altamente probabile che una stessa fattispecie sia disciplinata in modo confliggente da norme poste da fonti diverse, da fonti appartenenti allo stesso tipo ma emanate in momenti e con modalità diverse. Tuttavia, l’esigenza di certezza del diritto impone che eventuali antinomie, cioè, contrasti tra le fonti, siano risolte attraverso l’applicazione di una serie di criteri generali che consentano di individuare l’unica ed effettiva norma da applicare al caso concreto. Quando due norme confliggenti sono poste da fonti dello stesso tipo, collocate, quindi, sullo stesso piano (ad esempio due leggi ordinarie), il crite- . 54 p. A Parte Prima - Sezione Seconda S. rio applicato per eliminare le antinomie è quello cronologico, in base al quale non si applica, perché si ritiene abrogata, la norma precedente, bensì quella successiva, in base al principio lex posterior derogat priori (20). L’abrogazione è il fenomeno giuridico in base al quale l’area di applicabilità di una norma viene circoscritta nel tempo da una norma successiva, nel senso che se prima essa era riferibile ad una serie indefinita di fatti futuri, dopo l’abrogazione trova applicazione solo ad una serie definita di fatti passati. se li br i L’art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile, che regola l’applicazione del criterio cronologico, individua tre diversi tipi di abrogazione: — espressa, quando è la stessa fonte a prevederla individuando espressamente le norme ad essa soggette; — tacita, quando la disciplina successiva è da considerarsi incompatibile con la precedente; — innominata, quando la fonte successiva regola l’intera materia già disciplinata da fonte anteriore. Es L’abrogazione si distingue dalla illegittimità relativa alle norme poste da fonti di grado inferiore che siano confliggenti con norme poste da fonti di grado superiore. In questo caso l’ordinamento utilizza il criterio gerarchico per risolvere le antinomie normative. 20 bis. Cos’è il criterio della competenza? yr ig ht © La Costituzione, fonte rigida, può introdurre un ulteriore criterio: quello della competenza, riservando così, ad una fonte determinata e solo ad essa, la disciplina di specifiche fattispecie con esclusione di tutte le altre fonti, comprese le leggi costituzionali. È il caso dell’art. 64 Cost. (vedi domanda seguente), che così recita: «ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti». Ciò significa che nemmeno una legge costituzionale può modificare o abrogare il regolamento di una Camera (cd. interna corporis), se non abrogando la norma costituzionale che introduce la «riserva di regolamento», la C op (20) Si noti che il criterio cronologico non trova applicazione quando la norma precedente ha carattere speciale, intervenendo in un settore già regolato da una legge generale e dettando un trattamento diverso rispetto ad un aspetto parziale: in tale circostanza la legge (generale) successiva non ha effetto abrogatorio sulla norma speciale. Anche nel caso di legge eccezionale (che pone per determinati valori ed interessi una particolare derogatoria) vale lo stesso principio. . 55 p. A Le fonti del Diritto se li br i S. quale consente a ciascuna assemblea, attraverso il potere regolamentare, di organizzare in totale autonomia la propria attività. Allo stesso modo, tutti gli altri organi costituzionali, per poter essere liberi, indipendenti e superiorem non recognoscentes, godono di una autonomia regolamentare, escludendo così qualsiasi altro potere da interferenze sulle proprie regole di funzionamento (21). Ciò però non significa che l’organo costituzionale possa operare indiscriminatamente in tal senso: così, ad esempio, i regolamenti parlamentari non possono escludere la pubblicità delle sedute, in quanto questa è prevista direttamente dalla Costituzione come regola che consente il controllo del popolo (sovrano) sulle istituzioni. Il criterio della competenza è particolarmente rilevante nel rapporto StatoRegioni e nell’individuazione delle materie di legislazione esclusiva statale o regionale e delle materie di legislazione concorrente (art. 117 Cost., così come modificato dalla L. cost. 3/2001 vedi parte nona). Es Istituti collegati: abrogazione; illegittimità della norma; regolamenti parlamentari. 21. Le norme poste dai regolamenti parlamentari possono essere abrogate da una legge di rango costituzionale? © Riferimenti normativi: artt. 64 e 72 Cost. Concetto centrale: chiarire che i rapporti fra legge ordinaria e regolamenti parlamentari sono regolati dal principio di competenza. ht Paralleli e differenze: il criterio di competenza e quello gerarchico. ig Articolazione della risposta op yr Secondo quanto prevede l’art. 64 della Costituzione, ciascuna Camera adotta il proprio regolamento, dettando le norme relativa alla propria organizzazione ed al proprio funzionamento. Ulteriori contenuti di tale fonte sono individuati dall’art. 72, che assegna ad essa il compito di integrare la Costituzione in tema di procedimenti di formazione delle leggi. C (21) La riserva di regolamento costituisce una garanzia da eventuali interferenze ad opera di poteri esterni che, se avessero la facoltà di dettare norme al riguardo, potrebbero avere l’occasione di paralizzare l’attività dell’organo stesso. . 56 p. A Parte Prima - Sezione Seconda li br i S. La Costituzione riserva a tale fonte alcune materie che non possono essere regolate dalla legge, pena la lesione dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta singolarmente a ciascun ramo del Parlamento. In questo caso l’eventuale antinomia normativa è risolta applicando il criterio della competenza, per cui prevale la norma posta dalla fonte a cui la Costituzione riserva la disciplina esclusiva di una determinata materia. La norma della legge che dovesse modificare un regolamento parlamentare è come tale illegittima, più precisamente incostituzionale, in quanto si pone in contrasto con la norma costituzionale che attribuisce ad altra fonte (cioè a ciascuna camera individualmente) la competenza, e viola il principio di autonomia organizzatoria, prerogativa irrinunciabile di ciascuna Camera e di ciascun organo costituzionale (22). se Istituti collegati: antinomie; criterio della competenza; organi costituzionali. Es 22. Cosa si intende per fonti rinforzate? Riferimenti normativi: artt. 7 e 132 Cost. Concetto iniziale: chiarire il concetto di «fonti rinforzate». © Caratteristiche: individuare nell’aggravamento del procedimento di formazione la caratteristica essenziale delle fonti rinforzate. ht Altri elementi da evidenziare: la collocazione delle fonti rinforzate nella più ampia categoria delle fonti atipiche. ig Articolazione della risposta yr Si definiscono «rinforzate» quelle fonti la cui emanazione richiede un procedimento aggravato. L’art. 132, co. 1, Cost., ad esempio, prevede che il procedimento di formazione delle leggi costituzionali che dispongono la fusione o la creazione di nuove Regioni sia aggravato in quanto, oltre alla «normale procedura», C op (22) Questa norma vale, ad esempio, anche per il contenzioso di lavoro relativo al personale delle due assemblee. Eventuali cause di lavoro, infatti, non sono azionabili presso i giudici ordinari, ma solo dinnanzi a organi appositamente istituiti presso le due assemblee. In tali casi si parla più propriamente di «autodichia» riconosciuta alle Camere. . 57 p. A Le fonti del Diritto se li br i S. richiede che sia accompagnato anche dalla preventiva richiesta di un determinato numero di Consigli comunali, dal parere dei Consigli regionali interessati e dal referendum delle popolazioni interessate. Per le fonti rinforzate, dunque, non è sufficiente il normale iter legislativo previsto perché la legge sia approvata. I normali requisiti richiesti dalla Costituzione, dunque, sono necessari, ma non sufficienti a che il nuovo testo legislativo entri in vigore, in quanto in questo caso il costituente richiede anche (tra l’altro) il preventivo consenso delle popolazioni interessate dalla modifica territoriale. Le fonti rinforzate rientrano nella più generale categoria delle fonti atipiche, differenziandosi dal tipo quanto alla forma. Le leggi atipiche in senso stretto sono, invece, quelle che godono di una forza attiva o passiva diversa dal tipo cui appartengono. Le leggi di bilancio, ad esempio, godono di una forza attiva depotenziata rispetto al tipo della legge ordinaria, in quanto non possono stabilire nuovi tributi o nuove spese ex art. 81 Cost. Es 22 bis. Le modifiche ai Patti lateranensi costituiscono esempio di fonti rinforzate? ig ht © Altro esempio è dato dall’art. 7 della Costituzione, il quale prevede che le modifiche dei Patti Lateranensi, pur non richiedendo procedimento costituzionale, necessitano di un preventivo patto (cd. principio pattizio) con cui lo Stato italiano stabilisca di comune accordo con la Chiesa (intesa come Stato della Città del Vaticano) ogni eventuale successiva modifica dei Patti. Si noti che anche i rapporti con le altre confessioni religiose sono regolati con intese tra le parti, ma rientrano nel diritto interno e non hanno rilievo internazionale (vedi ante domande n. 8 e 9). C op yr Istituti collegati: Regioni; rapporti tra Stato e Chiesa cattolica. . 58 p. A Parte Prima - Sezione Seconda 23. Esistono limiti alla revisione costituzionale? S. Riferimenti normativi: artt. 138 e 139 Cost. Concetto iniziale: chiarire che la revisione costituzionale non può mai produrre un mutamento dei principi fondamentali della Costituzione. br i Elenco caratteristiche: individuare i due tipi di limiti posti alla revisione costituzionale: • limiti espliciti, espressamente indicati dalla Costituzione; • limiti impliciti, ricavabili dai principi generali sanciti dalla Costituzione. Altri elementi da evidenziare: fare riferimento al carattere rigido della Costituzione repubblicana ed al procedimento aggravato previsto per la sua revisione. se Articolazione della risposta li Paralleli e differenze: differenza tra potere costituente e potere costituito. C op yr ig ht © Es La Costituzione, per il suo carattere di rigidità, può essere modificata esclusivamente da fonti di rango superiore alle leggi ordinarie, denominate leggi di revisione costituzionale, che hanno la forza di integrare, abrogare, sostituire o emendare gli articoli della Costituzione. Tuttavia, non tutte le norme ricavabili dalla Costituzione sono modificabili da tali leggi. Il potere di revisione è, infatti, un potere costituito, cioè destinato a svolgersi nei limiti previsti da una fonte che è espressione, invece, di un potere costituente, esauritosi con l’approvazione della stessa Costituzione repubblicana. Il primo dei limiti imposti dalla Costituzione è il procedimento aggravato di formazione della legge costituzionale previsto dall’art. 138; questo procedimento è affidato allo stesso Parlamento ed è lo stesso previsto per le altre leggi costituzionali. Esso, cioè, prevedendo maggioranza qualificata, doppia deliberazione ed eventuale referendum, mette la Costituzione al riparo da possibili colpi di mano della sola maggioranza assoluta (50% + uno), per consentire anche ad altre forze politiche di far sentire il loro peso decisionale nelle scelte fondamentali della comunità. Si noti che una eventuale legge di revisione costituzionale può prevedere una diversa disciplina dell’aggravamento, ma non ridimensionarne i contenuti. La Costituzione, poi, esclude espressamente (limite esplicito), all’art. 139, che la forma repubblicana possa essere oggetto di revisione. . 59 p. A Le fonti del Diritto 23 bis. Cosa si intende per limiti impliciti? br i S. Le disposizioni costituzionali che fanno riferimento alla forma repubblicana, la stessa denominazione di Costituzione repubblicana, nonché il carattere elettivo e temporaneo della carica di Capo dello Stato, non possono, pertanto, mai essere soggette a revisione. Tale limite, sancito espressamente, discende dal fatto che la scelta a favore della Repubblica fu operata direttamente dal popolo mediante referendum istituzionale il 2 giugno 1946, per cui tale materia fu sottratta alla disponibilità della stessa Assemblea costituente che approvò la Costituzione. ht © Es se li Ai limiti espliciti la Corte costituzionale ha affiancato anche altri limiti, detti «impliciti», identificabili nei principi supremi dell’ordinamento costituzionale che costituiscono l’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana e tra i quali rientrano i «diritti inviolabili dell’uomo». La revisione di tali principi implicherebbe, quindi, un vero e proprio mutamento della Costituzione. Appartengono a tale categoria l’inviolabilità dei diritti fondamentali, il valore fondante del lavoro, il principio di eguaglianza, il diritto di manifestazione del pensiero, la libertà di riunione e associazione, l’unità e indivisibilità della Repubblica, il riconoscimento delle autonomie territoriali, il diritto al voto etc. La ricognizione e l’aggiornamento di questi e altri principi fondamentali è affidata alla Corte costituzionale in sede di giudizio di legittimità costituzionale di leggi costituzionali e di revisione costituzionale. ig Istituti collegati: concetto di Repubblica democratica; Costituzione rigida; diritti dell’uomo; Corte costituzionale. yr 24. La decretazione del Governo: decreto legislativo e decreto legge. Il fenomeno della reiterazione del decreto legge op Riferimento normativo: artt. 70, 76 e 77 Cost. C Concetto iniziale: chiarire il concetto di «reiterazione» di un decreto-legge e quali sono le condizioni alle quali tale prassi può risultare conforme al disposto dell’art. 77 Cost. . 60 p. A Parte Prima - Sezione Seconda S. Caratteristiche: individuare l’unico caso in cui il contenuto di un decreto-legge può essere riprodotto in un successivo decreto-legge, ossia quando sussistano nuovi, autonomi e sopravvenuti motivi di necessità ed urgenza che giustifichino l’emanazione di un decreto-legge reiterativo dei contenuti del primo. Altri elementi da evidenziare: il controllo della Corte costituzionale sulla sussistenza dei presupposti della necessità ed urgenza. i Articolazione della risposta ht © Es se li br La funzione legislativa, in base all’art. 70 e nel rispetto del principio di separazione dei poteri, è attribuita al Parlamento. Esistono, tuttavia, delle circostanze che possono giustificare l’emanazione di atti normativi di rango primario anche da parte del Governo. È il caso di materie che richiedono una specializzazione tecnica e un insieme di conoscenze specialistiche che i parlamentari non posseggono, oppure situazioni che vanno fronteggiate con una tempestività che un’Assemblea come il Parlamento non è in grado di assicurare. Tali circostanze sono disciplinate dagli artt. 76 e 77. In base al primo, l’esercizio della funzione legislativa può essere delegato al Governo, purché ciò avvenga con legge e nel rispetto di alcune precise condizioni; in base al secondo, invece, il Governo può, di sua iniziativa e sotto la propria responsabilità, fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza mediante provvedimenti provvisori con forza di legge, che vanno necessariamente convertiti in legge pena la perdita della loro efficacia sin dall’inizio. Tratto comune agli atti aventi forza di legge è, dunque, la capacità di abrogare norme di legge e di resistere all’abrogazione da parte di fonti di rango inferiore (cd. forza di legge). ig 24 bis. Cos’è il decreto legislativo? C op yr Il decreto legislativo (o decreto delegato) è un atto con efficacia di legge formale emanato dal Governo in base ad una delega legislativa (e nei limiti di questa) del Parlamento. La delega del Parlamento è conferita con legge formale ordinaria. Destinatario della delegazione legislativa può essere soltanto il Governo: più precisamente è l’organo collegiale o Consiglio dei Ministri. Non è consentita la delega ai singoli Ministri o ad organi diversi dal Governo; allo stesso modo è vietata la sub-delegazione, per cui il Governo non può, a sua volta, delegare altro organo. . 61 p. A Le fonti del Diritto li br i S. La delega legislativa è normalmente conferita dal Parlamento nei casi di particolare complessità della materia sulla quale legiferare ovvero dell’iter formativo della legge. La legge di delega deve definire gli oggetti su cui il Governo potrà esercitare la delega: ovviamente si tratterà di materie su cui il Parlamento può intervenire (sono escluse, ad esempio, deleghe in materie riservate ai regolamenti parlamentari) e che non sono coperte da riserva formale di legge. La delega deve essere, inoltre, esercitata in un termine prefissato e nel rispetto di principi e criteri direttivi indicati nella legge. Accanto a tali limiti, fissati dalla Costituzione, la legge di delega può introdurne altri, ad esempio imponendo al Governo di ascoltare il parere di commissioni parlamentari. 24 ter. Quali sono i presupposti della decretazione d’urgenza? yr ig ht © Es se Il Governo, in casi straordinari di necessità ed urgenza può adottare provvedimenti provvisori aventi forza di legge, che, però, devono essere convertiti in legge dalle Camere entro 60 giorni a pena della perdita di efficacia degli stessi a partire dal momento in cui sono stati emanati (ex tunc). Il fondamento giuridico di tale istituto si differenzia da quello del decreto legislativo ed è quello della necessità come fonte autonoma di diritto. Il potere di emanare un decreto legge spetta soltanto al Governo come organo collegiale (Consiglio dei Ministri) e non anche ai singoli Ministri o ad altri organi. Oltre a quello, assai elastico, della necessità ed urgenza, altro limite alla decretazione d’urgenza riguarda l’impossibilità per il Governo di decretare in quelle materie (approvazione del bilancio o del suo esercizio provvisorio, autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, delegazione legislativa) per le quali è previsto il controllo politico del Parlamento sul Governo. L’art. 15 della legge 400/1988 ha inoltre precisato che il decreto legge non può rinnovare le disposizioni di un decreto legge del quale sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere, regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti legge non convertiti o ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale. C op Nel corso degli anni Novanta, in presenza di maggioranze parlamentari divise al proprio interno e tali da non poter esprimere una chiara volontà dell’assemblea, il Governo ha fatto un uso abnorme e distorto del decreto-legge, trasformandolo in uno strumento per forzare le Camere ad approvare in termini brevi proprie proposte che, se presentate secondo l’iter ordinario, avrebbero rischiato di essere affossate. Quando la conversione non interveniva . 62 p. A Parte Prima - Sezione Seconda S. nei 60 giorni, si è andata inoltre affermando una disdicevole prassi in base alla quale il Governo provvedeva a presentare un nuovo decreto-legge dal contenuto in tutto o in gran parte identico a quello non convertito. se li br i Ciò ha dato vita al fenomeno della reiterazione dei decreti-legge, che, di fatto, espropriava il Parlamento della funzione legislativa per un certo periodo di tempo. Tale espediente ha raggiunto ben presto dimensioni preoccupanti, dando vita a catene di dieci-quindici provvedimenti consecutivi che disciplinavano «provvisoriamente» una determinata materia per un periodo di tempo assai lungo (anche uno o due anni), abusando nello spirito e nella lettera dell’istituto della decretazione d’urgenza, trasformando di fatto il carattere di eccezionalità del decreto e violando il principio di certezza del diritto (garantito, invece, dalla legge posta in essere dal Parlamento). In questo modo si lasciavano nella incertezza gli operatori del diritto, sia sulla durata nel tempo delle norme reiterate che sulla effettiva conversione dell’ultimo dei decreti reiterati. Es 24 quater. È possibile legittimamente reiterare i decreti legge? C op yr ig ht © La Corte costituzionale, con la sentenza n. 360 del 1996, ha posto fine al fenomeno (reiterazione) precisando che la stessa si può avere reiterazione senza ledere il disposto dell’art. 77 Cost. soltanto quando il decreto che riproduce il contenuto o soltanto alcune delle disposizioni di un precedente decreto-legge si fonda su nuovi, autonomi e sopravvenuti presupposti straordinari di necessità ed urgenza. In tutti gli altri casi, la prassi della reiterazione altera la forma di governo, definita dalla Costituzione anche attraverso l’attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento. Il decreto-legge reiterato, infatti, nega il carattere provvisorio della decretazione d’urgenza, toglie valore al carattere straordinario di tale intervento normativo con forza di legge e attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito. Un siffatto costume legislativo, di fatto, espropria i poteri del legislativo, a vantaggio dell’Esecutivo. Con la successiva sentenza n. 171 del 2007, la Corte costituzionale ha anche precisato che il difetto del requisito del caso straordinario di necessità ed urgenza, una volta intervenuta la conversione in legge del decreto, si traduce pur sempre in un vizio in procedendo della relativa legge, che può essere fatto valere nell’impugnativa dinnanzi alla stessa Corte. . 63 p. A Le fonti del Diritto 24 quinquies. Qual è la differenza fra legge formale e legge sostanziale? li br i S. La legge formale, in quanto espressione del potere legislativo, viene posta in essere dalle Assemblee legislative (statali e regionali) secondo la procedura prevista per questo tipo di fonte. La legge in senso sostanziale (decreto legislativo e decreto-legge), pur consistendo in un atto materialmente legislativo e avendo forza di legge (con tutto ciò che ne deriva in applicazione del criterio gerarchico delle fonti), è posta in essere da un’autorità diversa (il Governo) con presupposti, sistemi e procedure (autoassunzione della responsabilità e delega del Parlamento) che ne legittimano l’adozione. se Istituti collegati: decreto legislativo; decreto-legge. Es 25. Quali sono i rapporti fra fronti comunitarie e fonti interne? Le modalità di attuazione degli obblighi comunitari. La legge comunitaria. Riferimento normativo: art. 11 Cost. © Concetto iniziale: precisare il fondamento dell’efficacia interna delle fonti comunitarie. ig ht Caratteristiche: individuare le tre fasi della giurisprudenza costituzionale sui rapporti fra diritto comunitario e diritto nazionale: • la sentenza n. 14 del 1964; • la sentenza n. 232 del 1975; • la sentenza n. 170 del 1984. Articolazione della risposta C op yr L’Italia nel 1951 aderisce alla CECA, nel 1957 alla CEE e alla CEEA (anche nota come EURATOM) e successivamente all’Unione europea, il cui ordinamento è costituito sia dai trattati istitutivi, che rappresentato fonti primarie, che dalle norme prodotte dalle istituzioni comunitarie, qualificabili come fonti derivate. Nell’ambito delle fonti derivate si collocano i regolamenti comunitari, che hanno portata generale e carattere obbligatorio in tutti i loro ele- . 64 p. A Parte Prima - Sezione Seconda Es se li br i S. menti (23) e le direttive, che vincolano lo Stato membro quanto ai risultati da raggiungere, lasciandolo libero quanto alla forma normativa e ai mezzi con cui realizzarli. Si ricordino, infine, le decisioni, anch’esse obbligatorie ma di portata individuale, cioè indirizzate a destinatari precisi (singoli Stati membri o persone fisiche o giuridiche) che acquistano efficacia con la semplice notifica ai destinatari (art. 254 Trattato CE). Le fonti comunitarie sono in grado di dispiegare i propri effetti anche nell’ordinamento nazionale di ciascuno degli Stati membri, e ciò, per la teoria generale del diritto, è possibile solo in quanto una norma di rango costituzionale lo autorizzi. Tale norma è rappresentata in Italia dall’art. 11 Cost., che consente limitazioni di sovranità, quale certamente è il riconoscimento dell’efficacia di fonti esterne nell’ordinamento nazionale, in condizioni di parità con gli altri Stati qualora le stesse siano necessarie alla creazione e allo sviluppo di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni (24). 25 bis. Qual è stato l’atteggiamento della Corte costituzionale dinnanzi a tale problema? ig ht © In un primo tempo (sentenza n. 14 del 1964), la Corte costituzionale ha ritenuto che tali limitazioni di sovranità fossero facoltative, per cui il legislatore successivo poteva sempre disciplinare una determinata materia in modo difforme da una precedente fonte comunitaria. In una fase intermedia, la Corte ha ritenuto che l’art.11 Cost. attribuisse alle fonti comunitarie una competenza riservata, che la stessa Corte avrebbe dovuto salvaguardare dichiarando l’incostituzionalità di quelle leggi che avessero riprodotto, integrato, sostituito o abrogato le norme comunitarie (sentenza n. 232 del 1975). C op yr (23) Si parla in questo caso di norme self-executing, che hanno diretta ed immediata applicazione in tutti gli Stati membri, senza cioè la necessità che lo Stato conferisca al regolamento la veste di una legge nazionale. (24) Si noti che il testo dell’art. 11 Cost. fu così redatto dal costituente per sancire, dinnanzi al mondo ed in maniera equivocabile, il carattere di «Stato amante della pace» del nostro Paese. Tale dichiarazione unilaterale costituiva il necessario presupposto per l’annessione dell’Italia alle Nazioni Unite, dal momento che, quando furono gettate le basi della sua istituzione, il nostro Paese era in posizione di belligerante proprio contro gli Stati fondatori (USA, URSS, Francia e Inghilterra). . 65 p. A Le fonti del Diritto S. Infine, con la sentenza n. 170 del 1984 la Corte ha sostenuto il carattere coordinato, ma pur sempre autonomo dell’ordinamento comunitario rispetto a quello nazionale, riconoscendo l’efficacia immediata delle fonti comunitarie nell’ordinamento italiano indipendentemente dalle fonti interne, che devono essere disapplicate dai giudici nazionali ogni volta che siano in conflitto con le fonti comunitarie. br i Le direttive che non siano autoapplicative, ossia che non contengano disposizioni chiare, precise e complete o che siano condizionate, dovranno essere necessariamente recepite dalle fonti interne, che potranno in ogni caso essere impugnate dinanzi alla Corte costituzionale qualora le recepiscano in maniera incompleta, erronea o impropria. se li 25 ter. Oltre all’applicazione diretta delle norme comunitarie esistono altre modalità per eseguire o rendere operativi gli obblighi comunitari nel nostro Paese? © Es L’art. 8 della L. 11/2005 (legge Buttiglione, che abroga la L. 86/1989 o legge La Pergola) impone al Presidente del Consiglio o al Ministro per le politiche comunitarie (oggi Ministro per le politiche europee) di presentare al Parlamento, entro il 31 gennaio di ciascun anno, un disegno di legge recante disposizioni per l’adempimento degli obblighi comunitari da parte dell’Italia. A loro volta, le Regioni attuano nelle materie di propria competenza le direttive comunitarie, eventualmente uniformandosi, per le materie di competenza legislativa concorrente, ai principi fondamentali dettati dalla legge ordinaria. Questo disegno di legge, terminato il suo iter, prende il nome di legge comunitaria. ht Istituti collegati: fonti comunitarie derivate; legge comunitaria. ig 26. Che cosa si intende per «sussidiarietà» legislativa? Riferimenti normativi: articoli 117 e 118 Cost. yr Concetto iniziale: chiarire il contenuto della sussidiarietà legislativa così come definita dalla Corte costituzionale. C op Caratteristiche: individuare i presupposti di tale sussidiarietà legislativa: • la valutazione dell’interesse sottostante all’assunzione di funzioni amministrative regionali da parte dello Stato sia proporzionata; • che non risulti irragionevole di uno scrutinio stretto di costituzionalità; • sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata. . 66 p. A Parte Prima - Sezione Seconda Articolazione della risposta yr ig ht © Es se li br i S. L’art. 117 Cost. ripartisce le competenze legislative dello Stato e delle Regioni secondo un rigido criterio di separazione. Lo Stato, cioè, esercita la potestà legislativa esclusiva nelle sole materie indicate dal co. 2, mentre alle Regioni spetta la competenza nelle materie di potestà legislativa concorrente di cui al co. 3 e la potestà residuale in tutte le altre materie non elencate nei commi precedenti. La realtà dei rapporti fra le diverse potestà legislative appare, tuttavia, più complessa. In omaggio al principio di sussidiarietà sancito dall’art. 118 Cost., lo Stato può, infatti, assumere l’esercizio di funzioni amministrative, che tendenzialmente dovrebbero essere attribuite ai livelli di governo più vicini ai cittadini, esclusivamente al fine di soddisfare o tutelare interessi di rilievo nazionale che richiedono l’esercizio in forma unitaria. In tal caso, però, il principio di legalità impone che le funzioni assunte per sussidiarietà siano organizzate e regolate dalla legge statale, evitando che ciò avvenga ad opera di discipline regionali potenzialmente differenziate che possono, così, violare il principio di uguaglianza. La deroga così operata al riparto di competenze legislative fissato dall’art. 117 Cost. può, tuttavia, essere consentita soltanto se l’intervento legislativo sia proporzionato, limitato cioè allo stretto indispensabile per il raggiungimento del fine prestabilito; se la valutazione dell’interesse pubblico non risulti affetta da irragionevolezza, secondo un esame che deve essere rigoroso in quanto si opera una deroga al normale riparto di competenze in materia legislativa e purché siano adottate procedure tali da assicurare la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione. Il principio di sussidiarietà integra quanto stabilito all’art. 5 Cost. contribuendo a bilanciare la difesa dell’unità politica della Repubblica con la promozione delle autonomie territoriali ed il riconoscimento di una potestà di indirizzo politico (Regioni) o politico-amministrativo (enti locali) indpendentemente dallo Stato-persona. C op Istituti collegati: Regioni; potestà legislativa; funzioni amministrative; principio di sussidiarietà. . 67 Riferimenti normativi: art. 17 L. 400/1988 e L. 59/97. S. 27. Come opera il meccanismo della delegificazione? La deregulation. p. A Le fonti del Diritto Concetto iniziale: chiarire come opera il meccanismo della delegificazione di determinate materie da parte dei regolamenti governativi. li br i Caratteristiche: individuare le condizioni alle quali è possibile operare la delegificazione: • una legge che autorizzi a delegificare, dettando le norme generali della materia; • una materia da delegificare che non sia coperta da riserva assoluta di legge; • l’effetto abrogativo determinato direttamente dalla legge; • l’emanazione del regolamento governativo che rappresenta la condizione all’avverarsi della quale si produce l’effetto abrogativo. Articolazione della risposta se Altri elementi da evidenziare: la deviazione dal modello disciplinato dall’art. 17. C op yr ig ht © Es I regolamenti governativi sono fonti del diritto secondarie, collocate gerarchicamente ad un livello inferiore a quello delle leggi ordinarie. Essi, pertanto, non possono eliminare o modificare norme poste da una fonte di grado superiore. Il fenomeno della delegificazione, che demanda la disciplina di una materia originariamente disciplinata da legge a norme poste da regolamenti (cioè alla competenza del potere esecutivo), viene regolato dall’art. 17 della L. 400/1988 in coerenza con il principio gerarchico. Tale articolo, infatti, prevede che l’esercizio della potestà regolamentare del Governo in materie non coperte da riserva assoluta di legge, ma disciplinate da legge, debba essere autorizzato da una legge, che predetermina le norme generali che regoleranno la materia e produce essa stessa l’effetto abrogativo delle norme di legge preesistenti, il cui dispiegarsi viene condizionato, però, all’entrata in vigore del regolamento. Il modello delineato dall’art. 17 è stato derogato dalla legislazione successiva. La L. 59/1997, ad esempio, ha introdotto la delegificazione nella materia dell’organizzazione e della disciplina degli uffici dei Ministeri, in relazione alla quale, però, la legge non introduce norme generali né tanto meno individua specificamente le norme della legislazione preesistente da abrogare. In questo modo il regolamento può dispiegare la sua efficacia anche abrogativa ricevendo una sorta di autorizzazione «in bianco» dalla legge e consentire più ampi margini di autonomia organizzativa ai singoli ministeri. . 68 p. A Parte Prima - Sezione Seconda 27 bis. Cos’è la deregulation? br i S. È la progressiva soppressione delle norme fissate dal potere pubblico che disciplinano soprattutto il settore economico, lasciato alla regolamentazione dei privati per consentirne uno sviluppo più vivace e semplice. Essa, in pratica, si traduce nell’abolizione dei controlli e delle restrizioni aventi finalità sociali che, comunque, limitano la libera iniziativa economica (esempio: abolizione delle licenze per determinati esercizi commerciali e liberalizzazione delle relative attività). Con essa viene a restringersi una fonte importante della materia chiamata «diritto pubblico dell’economia». li Istituti collegati: riserva di legge; regolamenti governativi; criterio gerarchico. se 28. Chiarire i rapporti fra norme internazionali pattizie e legislazione statale e regionale. Le norme interposte Es Riferimenti normativi: artt. 11, 80 e 117 Cost.; L. 131/2003. Concetto iniziale: individuare i rapporti fra norme internazionali pattizie e ordinamento interno. ht © Caratteristiche: precisare le modalità con cui vengono recepite nell’ordinamento interno le norme internazionali pattizie e la loro collocazione nel sistema delle fonti: • le norme pattizie vengono recepite nell’ordinamento interno o attraverso la loro riformulazione in norme interne, oppure attraverso un ordine di esecuzione; • le norme pattizie, ai sensi dell’art. 117 Cost., assumono il rango di norme interposte e come tali prevalgono sulle fonti di rango primario come le leggi ordinarie; ig Altri elementi da evidenziare: le norme internazionali pattizie sono comunque soggette alle norme costituzionali. Articolazione della risposta C op yr Le norme internazionali pattizie sono quelle poste in essere da trattati internazionali, e si differenziano dalle norme internazionali consuetudinarie poste in essere dalla consuetudine, fonte non scritta derivante dalla reiterazione nel tempo di uno stesso comportamento e dal riconoscimento, da parte della Comunità internazionale, del carattere necessario. In generale, l’entrata in vigore dei trattati internazionali è subordinata alla loro ratifica, ossia alla manifestazione di volontà di aderire all’accordo che . 69 p. A Le fonti del Diritto ht © Es se li br i S. deve essere espressa dall’organo nazionale competente, previa autorizzazione da parte del Parlamento nei casi previsti dall’art. 80 Cost. (trattati di natura politica, arbitrati, regolamenti giudiziari o trattati che importano variazioni del territorio o oneri finanziari o modificazioni di leggi). I trattati in forma semplificata sono, invece, quelli che non richiedono la ratifica per entrare in vigore, ma si considerano conclusi per effetto della sola sottoscrizione del testo. Le norme internazionali pattizie richiedono un procedimento di adattamento del diritto interno che può configurarsi come procedimento ordinario, che consente il recepimento delle norme in questione attraverso la riformulazione delle stesse in norme interne della stessa portata che ne riproducono, in genere integrandolo e adattandolo, il contenuto; oppure come procedimento speciale, che realizza l’adattamento attraverso un ordine di esecuzione con il quale il trattato viene integralmente e direttamente recepito nell’ordinamento interno. Il procedimento speciale è, di regola, quello più utilizzato, in considerazione della rapidità con cui l’adattamento viene realizzato. Tuttavia il procedimento ordinario deve considerarsi indispensabile nei casi in cui le norme pattizie da sole non siano suscettibili di produrre direttamente obblighi e diritti, ma necessitino di un’ulteriore attività normativa interna per trovare corretta applicazione. Le norme internazionali pattizie vincolano, oltre alla legislazione statale, anche quella regionale ai sensi dell’art. 117, co. 1 Cost., in quanto produttive di obblighi internazionalmente rilevanti. L’art. 1, co. 1 della L. 131/2003, infine, in attuazione della disposizione costituzionale sopra citata, fa riferimento a tutti i trattati internazionali, senza distinguere fra trattati ratificati e trattati in forma semplificata. ig 28 bis. Cosa sono le norme interposte? C op yr La Corte costituzionale, nelle recenti sentenze nn. 348 e 349 del 2007, ha ritenuto, peraltro, che norme contenute in trattati internazionali, la cui ratifica è stata autorizzata da legge ordinaria che le ha anche rese esecutive nel nostro ordinamento (nel caso di specie: le norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, nell’interpretazione che ad esse attribuisce la Corte europea dei diritti dell’uomo), si configurano come norme interposte rispetto al precetto dell’art. 117, co. 1 Cost., in quanto concretizzano uno degli obblighi internazionali a cui fa riferimento tale disposizione costituzionale e determinano, conseguentemente, l’inco- . 70 p. A Parte Prima - Sezione Seconda br i S. stituzionalità della legge ordinaria con esse contrastante. Tuttavia, perché possano essere considerate integrative del precetto costituzionale, le norme internazionali pattizie devono risultare conformi alla Costituzione. Tali norme, infatti, non possono essere confuse con quelle poste da organizzazioni sovranazionali come la Comunità europea, rispetto alle quali l’ordinamento italiano aprioristicamente accetta limitazioni di sovranità ai sensi dell’art. 11 Cost. fino al punto di consentire ad esse di derogare alle norme costituzionali, con l’unico limite dei principi supremi dell’ordinamento. se li Istituti collegati: fonti del diritto internazionale; legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati; Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Es 29. Individuare i diversi tipi di regolamenti governativi, il loro fondamento e i loro contenuti. I regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie Riferimenti normativi: art. 17 L. 400/1988 e art. 11 L. 11/2005. Concetto iniziale: il regolamento come fonte di rango secondario. ht © Caratteristiche: tipologie dei regolamenti governativi: • regolamenti di esecuzione; • regolamenti di attuazione e integrazione; • regolamenti indipendenti; • regolamenti di organizzazione; • regolamenti di delegificazione; • regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie. yr ig Altri elementi da evidenziare: il fondamento della potestà regolamentare. I regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie. Le diverse accezioni del termine «regolamento» nel nostro sistema. Articolazione della risposta C op I regolamenti statali sono atti formalmente amministrativi, in quanto emanati da organi del potere esecutivo, ma sostanzialmente normativi, in quanto presentano una caratteristica particolare, quella di contenere norme in grado di innovare l’ordinamento giuridico. . 71 p. A Le fonti del Diritto C op yr ig ht © Es se li br i S. I regolamenti sono fonti di rango secondario e, in quanto tali, non possono disporre in difformità o in deroga alla Costituzione, né porsi in contrasto con leggi ordinarie, tranne nei casi in cui siano queste ultime ad autorizzarli. Secondo quanto dispone l’art. 17 della L. 400/1988, i regolamenti governativi possono classificarsi in: — regolamenti di esecuzione, recanti la disciplina di dettaglio volta a specificare il contenuto di atti normativi di rango primario; — regolamenti di attuazione o integrazione di norme di rango statale, volti a completare il dettato di queste ultime; — regolamenti indipendenti, autorizzati a disciplinare materie in cui l’intervento di norme primarie non si sia ancora configurato, purché non si tratti di materie soggette a riserva assoluta o relativa di legge; — regolamenti di organizzazione dei pubblici uffici, che possono rientrare nei regolamenti esecutivi o in quelli attuativo-integrativi a seconda che la disciplina di rango legislativo che essi sono chiamati a completare abbia maggiore o minore estensione; — regolamenti di delegificazione, che, in materia non coperta da riserva assoluta, possono essere autorizzati dalla legge a sostituirsi a precedenti norme di legge. In tal caso la legge di autorizzazione detta le norme generali in materia e produce l’effetto abrogativo delle leggi preesistenti, restando quest’ultimo sospensivamente condizionato all’entrata in vigore del regolamento (vedi ante domanda 25). A questi regolamenti si aggiungono i regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie, previsti dall’art. 11 della legge n.11 del 2005, che possono essere autorizzati dalla legge comunitaria annuale ad attuare le direttive comunitarie in materie disciplinate dalla legge ma non ad essa riservate. Dalle considerazioni su esposte appare evidente che la potestà regolamentare trova il suo fondamento nella legge, che resta sempre la fonte normativa primaria, tenuto conto che la Costituzione si limita a regolare compiutamente soltanto le fonti-atto di livello costituzionale e di rango primario. . 72 p. A Parte Prima - Sezione Seconda 29 bis. Con il termine «regolamento» si definiscono anche altri tipi di fonti? li br i S. Nell’ordinamento italiano con il termine «regolamento» si definiscono altre fonti omonime molto differenti per natura, valore e portata e che non hanno niente in comune con i regolamenti dell’esecutivo. Esse sono: — i regolamenti delle Camere (cd. interna corporis di cui all’art. 64 Cost.: vedi domanda n. 19); — i regolamenti comunitari, che sono atti posti in essere da istituzioni sovranazionali (quelle dell’Unione europea) e che hanno diretta applicazione nel nostro ordinamento (vedi art. 249 Trattato CE e domanda n. 23). se Istituti collegati: altre fonti del potere esecutivo. Es 30. Qual è la posizione degli Statuti degli enti locali nel sistema delle fonti? Riferimenti normativi: art. 114 Cost. e art. 4 L. 131/2003 Concetto iniziale: qualificare gli Statuti degli enti locali come fonti subordinate alla Costituzione e ai principi inderogabili fissati dalle leggi statali. ig ht © Caratteristiche: precisare che gli Statuti degli enti locali devono: • rispettare i principi fissati dalla Costituzione; • essere in armonia con la Costituzione e con i principi generali in materia di organizzazione pubblica; • operare nel limite delle previsioni della legge statale che disciplina la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane. Altri elementi da evidenziare: la natura di fonte atipica degli Statuti. yr Articolazione della risposta C op L’art. 114 Cost., nella formulazione successiva all’entrata in vigore della L. cost. 3/2001, riconosce agli enti locali una potestà statutaria che si esplica secondo i principi fissati dalla Costituzione. La disposizione va, tuttavia, letta in combinato disposto con l’art. 117, co. 2, lett. p) Cost., che attribuisce alla legislazione statale il compito di definire il sistema elettorale locale, gli organi di governo e le funzioni fonda- . 73 p. A Le fonti del Diritto © Es se li br i S. mentali di Comuni, Province e Città metropolitane; e con l’art. 118 Cost., che attribuisce a leggi statali e regionali il potere di conferire agli enti locali le funzioni amministrative regolandone l’organizzazione e l’esercizio. L’art. 4 della L. 131/2003, dando attuazione all’art. 114 Cost., ha peraltro meglio definito l’ambito entro il quale si esplica la potestà statutaria locale. Lo Statuto deve certamente essere in armonia con la Costituzione, quindi rispettare sia le singole norme costituzionali che lo spirito della Costituzione, ossia i principi fondamentali relativi agli enti locali ricavabili dalla Carta costituzionale. Una conferma del significato di «armonia» inteso in questi termini si evince dal richiamo ai principi generali in materia di organizzazione pubblica, in particolare di quelli ricavabili dall’art. 97 Cost. (25) e dalle leggi di diretta attuazione come il testo unico sul pubblico impiego. L’art. 4 richiama, infine, la legge statale di cui all’art. 117, comma 2, lettera p) Cost. come ulteriore limite all’autonomia statutaria locale (26). Così delineata, la potestà statutaria degli enti locali si colloca nel sistema delle fonti ad un livello inferiore sia alla Costituzione che alle leggi ordinarie. Con riferimento a queste ultime, tuttavia, la giurisprudenza in alcune sentenze sembra affermare il valore dello Statuto come fonte atipica di rango subprimario, posta in posizione di supremazia rispetto ai regolamenti statali e regionali, ma al di sotto delle leggi statali che fissano principi inderogabili in materia. yr ig ht Istituti collegati: potere legislativo delle Regioni; rapporti tra Regioni ed enti locali. C op (25) L’articolo detta i due principi fondamentali, posti a tutela dei valori di democraticità, uguaglianza etc., che devono indirizzare l’attività amministrativa: l’imparzialità ed il buon andamento. Ad essi la L. 241/1990 ne ha aff iancati altri, come la trasparenza, desumibili dai principi generali del sistema. (26) In materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane. . 74 p. A Parte Prima - Sezione Seconda S. 31. Statuti delle Regioni speciali e Statuti delle Regioni ordinarie: differenze. Come si articola il procedimento di formazione degli Statuti regionali ordinari? Riferimento normativo: art. 123 Cost. br i Concetto iniziale: descrivere il procedimento di formazione degli Statuti delle Regioni ordinarie. Es se li Caratteristiche: individuare le fasi del procedimento di formazione degli Statuti regionali: • approvazione da parte del Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti con due deliberazioni successive; • pubblicazione notiziale della seconda delibera consiliare; • possibilità per il Governo di presentare ricorso per sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dello statuto entro trenta giorni dalla pubblicazione notiziale; • possibilità di sottoporre a referendum popolare la delibera consiliare se entro tre mesi dalla pubblicazione notiziale lo richiedano un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale; • promulgazione e pubblicazione necessaria dello Statuto qualora siano trascorsi i tre mesi senza proposizione del referendum oppure in caso di approvazione dalla maggioranza dei voti validi dello stesso referendum. © Altri elementi da evidenziare: i limiti alla potestà statutaria. Lo statuto come fonte rinforzata. ht Articolazione della risposta C op yr ig L’art. 123 Cost. riconosce alle Regioni ordinarie la potestà di darsi uno Statuto che determini la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione. Il procedimento di formazione di tale fonte regionale è regolato nelle sue linee essenziali dalla stessa Costituzione, che ne prevede l’adozione da parte del Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dai suoi componenti, mediante due deliberazioni successive ad intervallo non minore di due mesi. La seconda delibera deve essere pubblicata sul Bollettino Ufficiale delle Regioni; tale pubblicazione ha valore notiziale. Difatti, qualora entro tre mesi da essa ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti del Consiglio regionale, lo Statuto è sottoposto a referendum popolare. Se il referendum . A p. br i S. non viene proposto oppure lo Statuto è confermato a maggioranza dei voti validi, la relativa legge regionale deve essere promulgata dal Presidente della Regione e pubblicata in via definitiva. Tale pubblicazione costituisce inoltre il termine a partire dal quale è possibile per il Governo della Repubblica proporre ricorso alla Corte costituzionale avverso lo statuto per violazione della Costituzione. Il controllo della Corte sugli Statuti ha quindi natura preventiva e non successiva come accade per le altre leggi regionali. 31 bis. Qual è la veste formale dello Statuto? Es se li Lo Statuto si presenta come legge regionale atipica (in quanto soggetta a procedimento rinforzato) il cui contenuto deve essere in armonia con la Costituzione. Nella interpretazione della Corte costituzionale ciò va inteso nel senso che lo Statuto non solo deve rispettare puntualmente ogni singola disposizione costituzionale, ma deve anche conformarsi allo spirito della Costituzione. Qualora, però, manchi una disciplina costituzionale chiaramente riconoscibile, non è possibile far valere l’esistenza di soluzioni organizzative obbligate mediante semplici deduzioni da concetti generali. 31 ter. Perché gli Statuti speciali hanno rango costituzionale? yr ig ht © Per il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino Alto-Adige (Südtirol), la Valle d’Aosta (Valleé d’Aoste) e le Province autonome di Trento e Bolzano, la Costituzione, tenendo conto delle differenti condizioni linguistiche e culturali, ha previsto all’art. 116, co. 1, forme e condizioni particolari di autonomia. Gli statuti di tali Regioni, infatti, sono stati emanati con legge costituzionale (cd. regionalismo differenziato) per offrire la «blindatura» delle norme costituzionali a tutela della conservazione dei contenuti dei loro Statuti. I contenuti di tali Statuti, come è facile intuire, hanno un carattere autonomista più accentuato rispetto a quelli delle Regioni ordinarie. C op Istituti collegati: giudizio di costituzionalità; fonti atipiche; leggi costituzionali. . 76 p. A Parte Prima - Sezione Seconda S. 32. Che cosa sono i testi unici e che rango hanno nel sistema delle fonti? Concetto iniziale: individuare le caratteristiche dei testi unici distinguendo fra fonti di produzione e fonti di cognizione. br i Caratteristiche: individuare i diversi tipi di testi unici per determinare il loro rango nel sistema delle fonti: • testi unici di coordinamento; • testi unici di mera compilazione. Altri elementi da evidenziare: individuare le caratteristiche dei testi unici misti. li Articolazione della risposta C op yr ig ht © Es se I testi unici sono atti che raccolgono, ed eventualmente riformulano, disposizioni evinte da molteplici testi normativi succedutisi nel tempo, che in diversi momenti storici hanno disciplinato la stessa materia. La loro natura può variare a seconda che siano o meno in grado di innovare i contenuti delle norme che essi raccolgono. Sicuramente hanno valore normativo i testi unici di coordinamento, fra i quali possono essere annoverati i testi unici di leggi ordinarie adottati con legge del Parlamento, o dal Governo su delega parlamentare; i testi unici di disposizioni regolamentari adottati con regolamento; i testi unici di norme regionali adottati con legge regionale. In tali ipotesi i testi unici sono dotati della stessa forza e dello stesso valore delle disposizioni da unificare e coordinare, per cui sono capaci di modificarle ed abrogarle come qualunque altra fonte equiordinata. I testi unici di mera compilazione, invece, non hanno carattere innovativo e si limitano semplicemente a raccogliere, ordinare e semplificare il materiale normativo preesistente senza disporre della forza necessaria per modificarne i contenuti. Si tratta, pertanto, di fonti di mera cognizione. In questa categoria rientrano, ad esempio, i testi unici autorizzati ma non delegati dal legislatore al Governo, o quelli regionali, adottati dalla sola Giunta e non dal Consiglio regionale. Recentemente, è stata prevista una particolare categoria di testi unici di mera compilazione, quella dei decreti legislativi che individuano i principi fondamentali in materia di legislazione regionale concorrente. Secondo la Corte costituzionale, che si è pronunciata sul punto con diverse sentenze nel 2004, il legislatore delegato è tenuto soltanto a fornire un . 77 p. A Le fonti del Diritto S. mero quadro ricognitivo dei principi già esistenti, utilizzabile dalle Regioni in via transitoria fino a quando il nuovo assetto di competenze legislative delineato dalla riforma del Titolo V della Costituzione andrà completamente a regime. 32 bis. Cosa sono i testi unici misti? ig ht © Es se li br i Per alcuni anni il nostro ordinamento ha assistito all’emanazione di testi unici misti, ossia di testi unici considerati nello stesso tempo esercizio di potestà legislativa delegata, nella parte in cui coordinavano disposizioni contenute in fonti primarie, ed esercizio di potestà regolamentare delegificante, nella parte in cui delegificavano settori prima regolati da leggi e raccoglievano le conseguenti disposizioni di rango secondario (in tal senso si era espresso il Consiglio di Stato in sede consultiva nel 2000). Successivamente, la L. 340/2000, per superare i dubbi della dottrina circa la possibilità di configurare un atto che sia esercizio di due poteri diversi, legislativo e regolamentare, ha espressamente previsto l’emanazione di un testo unico di cognizione (testo A) che raccolga insieme le disposizioni di un decreto legislativo (testo B) e di un regolamento (testo C). A partire dalla L. 229/2003, che ha abrogato l’art. 7 della L. 50/1999 che li aveva introdotti, tuttavia, l’esperienza dei testi unici misti deve considerarsi conclusa e sostituita da quella dei codici di settore, finalizzati al riassetto di interi settori legislativi attraverso un’opera di codificazione realizzata mediante delega legislativa. In effetti, con la riforma costituzionale del 2001, il testo unico misto caratterizzato da un’ampia delegificazione avrebbe incontrato seri ostacoli ad affermarsi nelle materie di competenza legislativa regionale concorrente e residuale, stante il divieto, posto a carico dello Stato dall’art. 117, co. 6 Cost., di esercitare la potestà regolamentare al di fuori delle materie di competenza esclusiva statale. C op yr Istituti collegati: fonti di produzione e fonti di cognizione; decreti legislativi; regolamenti. . 78 p. A Parte Prima - Sezione Seconda 33. Che differenza c’è fra principio di legalità e riserva di legge? S. Concetto iniziale: individuare il significato di principio di legalità e i suoi tratti distintivi rispetto alla riserva di legge. br i Caratteristiche: individuare le caratteristiche del principio di legalità rispetto alla riserva di legge: • il primo impone un limite a poteri diversi da quello legislativo; • la seconda impone alla legge di regolare in tutto o in parte determinate materie e presuppone una Costituzione rigida. Altri elementi da evidenziare: la riduzione della distanza fra i due istituti nel principio di legalità sostanziale. li Articolazione della risposta Es se Il principio di legalità, norma ampia e generica, nonché corollario fondamentale dello Stato di diritto, che si fonda sul principio della separazione dei poteri, afferma che i pubblici poteri sono soggetti alla legge, e, dunque, esige che qualsiasi manifestazione di volontà dell’autorità amministrativa o giurisdizionale debba trovare il suo fondamento positivo nella previa norma di legge. Ciò spiega perché gli atti amministrativi e giurisdizionali richiedano, in assenza di deroga espressa, la cd. motivazione con l’estensore della sentenza o del provvedimento amministrativo deve dimostrare che, nell’emanazione dell’atto, ha applicato la legge. ht © Quella testé enunciata è l’accezione formale del principio di legalità, propria dello Stato di diritto (27), che impone ai poteri diversi da quello legislativo di trovare il fondamento delle proprie attribuzioni nella norma di legge, che costituisce l’espressione dell’unico potere direttamente rappresentativo della volontà popolo, il Parlamento. yr ig La riserva di legge si rivolge, invece, più specificamente, al potere legislativo, imponendo allo stesso di regolare, in tutto o in parte, determinate materie (28) sottraendole, per esempio, al potere esecutivo per assicurare C op (27) Ciò non si verificava negli Stati assoluti, nei quali il sovrano era «absolutus», sciolto cioè da ogni vincolo nei confronti del popolo, concentrava nelle sue mani tutti i poteri e poteva emanare indifferentemente provvedimenti di qualsiasi natura (legislativi, amministrativi, giudiziari). (28) Con la riserva di legge il Costituente ha voluto evitare che la disciplina di determinate materie molto delicate potesse cadere nelle mani dell’esecutivo (espressione della volontà delle sole forze di maggioranza), per far sì che le stesse materie fossero oggetto di procedimento legislativo il quale, come tale, coinvolge anche le forze di opposizione e rende, così, più democratico il dibattito politico. . 79 p. A Le fonti del Diritto S. una disciplina frutto del coinvolgimento degli organi rappresentativi del popolo e non della sola maggioranza di governo. La riserva presuppone, evidentemente, una Costituzione rigida: se così non fosse, infatti, qualunque legge ordinaria successiva potrebbe violare la riserva. br i La diversità fra i due istituti potrebbe ridursi se si accoglie un’accezione sostanziale del principio di legalità (29), secondo la quale alla legge spetta determinare anche le linee fondamentali della materia in cui il pubblico potere deve essere esercitato. In questo caso, infatti, la legalità si avvicina alla riserva di legge, fermo restando che la prima è compatibile con la presenza di Costituzioni flessibili, mentre la seconda è concepibile soltanto in regimi di Costituzione rigida. 33 bis. Quanti tipi di riserve di legge esistono? yr ig ht © Es se li L’istituto della riserva di legge non è omogeneo né unitario. Le riserve, infatti, si distinguono in: — riserve assolute, che escludono la possibilità di disciplinare certe materie con fonti di grado secondario, lasciando tale determinazione solo alla legge o agli atti aventi forza di legge (l’art. 13 Cost., ad esempio, prevede che sia soltanto la legge a individuare i casi e modi in cui può essere ristretta la libertà personale e a specificare tassativamente i casi eccezionali di necessità ed urgenza in cui i provvedimenti restrittivi possono essere assunti dall’autorità — amministrativa — di pubblica sicurezza in luogo dell’autorità giudiziaria); — riserve relative, in base alle quali l’intervento della legge è previsto solo per definire le caratteristiche fondamentali della disciplina, lasciando spazio alle fonti secondarie di intervenire per definire compiutamente la materia oggetto della riserva (l’art. 97 Cost. assegna, ad esempio, alla legge il compito di fissare i principi dell’organizzazione pubblica); — riserve di legge costituzionale, quando la materia è affidata a leggi costituzionali (ad es.: artt. 71, 116, 132, 137 co. 1) (30). In tal caso la riserva è sempre assoluta; — riserve di legge formale, quando si riferiscono solo alla legge formale, approvata dal Parlamento, e non anche agli atti equiparati alla legge o C op (29) In dottrina si distingue il concetto di legalità formale quando si richiede genericamente l’intervento del potere legislativo dalla legalità sostanziale se, invece, si richiede un esercizio del potere legislativo che si riferisca a norme specifiche. (30) Attribuzione ad altri soggetti dell’iniziativa legislativa (art. 71), istituzione di nuove Regioni a Statuto speciale (art. 116), fusione o creazione di nuove Regioni (art. 132), condizioni, forme e termini di proponibilità di giudizi di legittimità costituzionale (art. 137). . 80 p. A Parte Prima - Sezione Seconda li br i S. alla legge regionale (ad es.: artt. 77 e 78 Cost., relativi rispettivamente ai decreti legge ed alla deliberazione dello stato di guerra); — riserve rinforzate, quando la Costituzione, nel riservare la materia alla legge, determina anche ulteriori limiti di contenuto (ad es.: art. 16, che sancisce la libertà di circolazione attribuendo alla legge il potere di limitarla esclusivamente per motivi di sanità e sicurezza); — riserve implicite, quando non sono espressamente previste dalla Costituzione: ad esempio l’art. 72, nel riservare alcune leggi al procedimento ordinario, a maggior ragione, vuole escludere dall’ambito delle materie da esse disciplinate un eventuale intervento di fonti secondarie (es.: leggi relative alle ratifiche di trattati internazionali). se Istituti collegati: criterio della competenza; criterio gerarchico; rigidità della Costituzione. Es 34. Cos’è l’interpretazione giuridica? Riferimento normativo: art. 12 disp. prel. c.c. Concetto iniziale: definire il concetto di interpretazione. © Caratteristiche: individuare i diversi tipi di interpretazione delle fonti del diritto: • interpretazione letterale; • interpretazione logica; • interpretazione sistematica. ht Altri elementi da evidenziare: l’interpretazione autentica come vera e propria fonte del diritto. ig Articolazione della risposta C op yr È il processo logico attraverso il quale si individua, chiarisce e determina il contenuto di una legge, atto amministrativo, atto privato etc. in riferimento ai «valori supremi» della Costituzione e del Corpo sociale. È una operazione ermeneutica, cioè interpretativa, che può essere svolta da diversi soggetti e a diversi livelli. Se è la stessa legge a chiarire e definire il significato di una legge, per non ingenerare contrasti interpretativi, si parla di interpretazione autentica che, come tale, ha efficacia generale (vincola, cioè, tutti i consociati) e retroattiva; essa si distingue dalla interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, che . 81 p. A Le fonti del Diritto br i S. hanno rango e portata differenti, in relazione ai soggetti che l’hanno posta in essere. Rispetto al testo normativo, poi, l’interpretazione può essere letterale (se si limita all’esame del solo senso grammaticale delle parole), logica (se l’interprete va oltre il significato letterale-sintattico e, tenendo presente lo scopo della norma, trova una definizione più completa); sistematica (se si tiene conto del contesto più ampio delle altre norme e dei principi che regolano globalmente la materia). li Istituti collegati: interpretazione analogica; interpretazione estensiva e restrittiva, analogia. se 35. Cosa si intende per interpretazione analogica? Riferimenti normativi: artt. 12 e 14 disp. prel. c.c. Es Concetto iniziale: individuare la funzione dell’interpretazione analogica nel caso in cui si configura una lacuna del diritto. Caratteristiche: delineare le due figure di analogia: • analogia legis; • analogia iuris. © Altri elementi da evidenziare: casi in cui non è possibile ricorrere al ragionamento analogico. ht Articolazione della risposta C op yr ig Ogni ordinamento giuridico deve considerarsi completo, cioè idoneo a regolare tutte le situazioni concrete che si presentano nella vita sociale. Esistono, comunque, ipotesi in cui una fattispecie concreta non possa essere definita ricercando e applicando una norma di legge preesistente: si delinea in tal caso una lacuna del diritto. Per far fronte a tale situazione, inevitabile se si considera che il legislatore non può essere onniveggente e onniloquente, la dogmatica giuridica pone a disposizione dell’interprete diverse soluzioni e strumenti ermeneutici. In particolare, l’interprete può avvalersi del ragionamento analogico, vale a dire può applicare alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione la disciplina prevista per altre fattispecie, laddove ritenga di poter accomunare . 82 p. A Parte Prima - Sezione Seconda Es se li br i S. entrambe sotto la stessa ratio, dalla quale non può non derivare una stessa conseguenza giuridica (analogia legis). Qualora il ragionamento analogico non sia sufficiente a risolvere il caso concreto, l’interprete deve costruire il suo ragionamento ricorrendo all’applicazione dei principi generali dell’ordinamento (analogia iuris). Tuttavia il ricorso all’analogia è vietato in alcuni casi particolari: l’art. 14 disp. prel. c.c. vieta il ricorso all’analogia nel diritto penale. Il fondamento di tale divieto deve essere ravvisato nel principio sancito dall’art. 25, co. 2, Cost. ed espresso dall’antico brocardo «nullum crimen, nulla poena sine lege». Anche le leggi eccezionali, ossia le leggi che derogano ad altre leggi o a regole generali, per motivi contingenti non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati: ciò discende evidentemente dal carattere derogatorio di tali leggi. Si noti infine che numerosi e corretti ricorsi all’analogia si sono avuti in materia di navigazione aerea, la cui disciplina è stata mutuata dalle norme più antiche e sperimentate che regolano la navigazione marittima. 35 bis. È possibile individuare altri metodi per coprire eventuali lacune del diritto? ht © Il ricorso all’interpretazione estensiva (lex minus dixit quam voluit): con essa si fa rientrare la disciplina di una fattispecie «incerta» sotto una precisa norma di legge. Tale principio può essere anche invocato per risolvere il problema delle lacune: in tal caso si fa leva sugli scopi o le intenzioni del legislatore sottesi alla lettera della norma stessa ricorrendo in questo modo all’interpretazione estensiva della norma esistente. C op yr ig Istituti collegati: lacune dell’ordinamento giuridico; norme di chiusura. . A p. S. PARTE SECONDA PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA E DIRITTI DI LIBERTÀ br i 1. Quali sono le forme in cui si esplica il principio democratico nel nostro ordinamento? Il significato del «lavoro» nella Costituzione repubblicana ........................................................................... Pag. 87 » 89 » 91 » 93 » 97 » 98 » 100 » 101 » 103 li 1 bis. Il lavoro come fondamento della Repubblica. 1ter. Il significato del lavoro nella Costituzione repubblicana. 1 quater. Il lavoro è un diritto o un dovere per il cittadino? Es se 2. Cosa si intende per principio personalista? .............. 3. Principio di eguaglianza e giudizio di ragionevolezza delle leggi ...................................................................... 4. Quali sono le applicazioni concrete del principio d’uguaglianza? ......................................................................... 4 bis. L’uguaglianza dei sessi. 4 ter. Uguaglianza senza distinzione di razza o di lingua. 4 quater. Uguaglianza in materia di religione. 4 quinquies. Uguaglianza in materia di opinioni politiche e condizioni personali e sociali op yr ig ht © 5. Sono costituzionalmente legittime le norme a tutela delle minoranze linguistiche? ..................................... 6. Cosa si intende per principio pattizio in materia religiosa? ............................................................................ 7. In che modo venivano tutelati i diritti di libertà nello Statuto albertino? Differenza con la loro attuale tutela costituzionale .... 8. Quali sono i presìdi posti a tutela dei diritti fondamentali nella Costituzione repubblicana? ................. 9. Cosa si intende per diritti inviolabili ai sensi dell’art. 2 Cost.? I cd. diritti di nuova generazione ................................ C 9 bis. Quali sono i diritti di nuova generazione e come la dottrina li ha qualificati? 9 ter. In base alla giurisprudenza costi- . A p. S. tuzionale i diritti inviolabili rispetto a quali tipi di norme costituiscono un limite? 9 quater. Cosa si intende per tutela multilivello dei diritti inviolabili? 9 quinquies. La Costituzione in materia di applicazione di diritti inviolabili distingue tra cittadini e stranieri? Pag. 107 » 108 » » 110 112 » 113 » 115 » 117 » 119 » 121 br i 10. Come viene tutelato il diritto alla vita e all’integrità fisica nel nostro ordinamento? ................................... 11. Quali diritti fondamentali sono riconosciuti agli stranieri presenti in Italia? Il diritto di asilo Il diritto di circolazione e l’accordo di Schengen...... li 11 bis. I limiti alla libera circolazione e l’Accordo di Schengen Es se 12. In quali casi si può derogare alla riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost.? ................................ 13. Cosa si intende per libertà di domicilio? ................... 14. In quali modi può essere limitata la libertà e segretezza della corrispondenza? ........................................ 15. I cittadini possono riunirsi pacificamente e senza armi? Differenza tra riunione e associazione ....................... 15 bis. Qual è la differenza tra diritto di riunione e diritto di associazione? © 16. Quali sono i limiti alla libertà di associazione? Le associazioni segrete e le associazioni militari ....... ht 16 bis. Cosa sono le associazioni segrete? 16 ter. Il concetto di associazioni di carattere militare 17. Quali sono i limiti alla libertà di manifestazione del pensiero? ....................................................................... yr ig 17 bis. Esistono particolari limiti all’esercizio di tale libertà? 17 ter. Cos’è il segreto di Stato? 17 quater. Il legislatore prevede forme di diffusione mediatica diverse dalla parola e dallo scritto? 18. Come si articola la libertà di informazione? ............. C op 18 bis. Come viene disciplinata la libertà di stampa? 18 ter. In cosa consiste il diritto di cronaca? 18 quinquies. La disciplina della radiotelevisione . A p. S. 19. Sono ammissibili trattamenti sanitari obbligatori? I trattamenti volti ad accertare l’infezione da HIV. Il caso dei testimoni di Geova e dell’eutanasia consensuale .............................................................................. Pag. 125 » 128 » 130 » 131 » 131 » 133 » 135 i 19 bis. Qual è la posizione della Corte costituzionale nel caso dei trattamenti volti ad accertare l’infezione da HIV? 19 ter. Esiste un diritto a non curarsi? 19 quater. Può un malato terminale chiedere l’eutanasia? br 20. Quando si può definire politico un reato ai sensi dell’art. 26 Cost.? Il problema dell’estradizione ...................................... li 20 bis. Perché vige il divieto di estradizione per motivi politici? 20 ter. Può concedersi l’estradizione per un reato per il quale nel Paese richiedente è prevista la pena di morte? Es se 21. Chi è il giudice naturale? ............................................ 22. Perché la responsabilità penale ex art. 27 della Costituzione deve considerarsi «personale»? ................. 23. La Costituzione tutela la concorrenza? La disciplina nazionale ed europea L’Autorità garante della concorrenza e del mercato .. © 23 bis. Cosa stabilisce la disciplina europea? 23 ter. La disciplina nazionale e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ht 24. I sindacati attualmente operanti in Italia sono registrati? ............................................................................ ig 24 bis. Che senso ha un ordinamento interno a base democratica? 24 ter. Cosa sono i contratti collettivi con efficacia obbligatoria? 25. La Costituzione riconosce il diritto di sciopero senza alcun limite? ................................................................. C op yr 25 bis. Possono esercitare il diritto di sciopero indistintamente tutte le categorie di lavoratori? 25 ter. Qual è la differenza tra sciopero e serrata? . A p. S. 26. Quali sono i criteri che ispirano il sistema tributario italiano? La capacità contributiva. La posizione dello straniero. La progressività dell’imposta ................................ Pag. 137 » 140 » 141 » 144 » 145 26 bis. Cosa si intende per capacità contributiva? 26 ter. Cosa si intende per progressività dell’imposta? 26 quater. Anche gli stranieri sono tenuti a pagare i tributi? br i 27. In che modo è possibile oggi adempiere al sacro dovere della difesa della Patria? Il passaggio dal servizio di leva obbligatorio a quello volontario ..................................................................... li 27 bis. Qual è la situazione attuale? 27 ter. In cosa consiste il servizio civile nazionale? se 28. La famiglia di fatto è compatibile con il concetto di famiglia enunciato dalla Costituzione? ...................... Es 28 bis. I coniugi, in veste di educatori dei propri figli, sono in posizione di eguaglianza? 28 ter. Qual è il valore delle unioni omosessuali? C op yr ig ht © 29. Quali sono le caratteristiche dei diritti sociali? ........ 30. La libertà di insegnamento e la libertà di istituire scuole .................................................................................... . A p. S. 1. Quali sono le forme in cui si esplica il principio democratico nel nostro ordinamento? Il significato del «lavoro» nella Costituzione repubblicana Riferimenti normativi: artt. 1, 4, 5, 23, 38, 50, 67, 71, 134, 138 ss., Cost.; art. 23 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo i Definizione: precisare come si realizza il principio democratico. br Elenco caratteristiche: individuare le due forme in cui si attua la democrazia: • rappresentativa; • diretta. se Articolazione della risposta li Altri elementi essenziali: individuare gli istituti che impediscono alla democrazia di trasformarsi in tirannide della maggioranza. op yr ig ht © Es L’art. 1 Cost. afferma il principio democratico, che si sostanzia nel riconoscimento della sovranità in capo al popolo (1). Negli ordinamenti liberali contemporanei il popolo, partecipando attivamente alla vita politica, esercita la sovranità in via principale attraverso la scelta dei propri rappresentanti, innanzitutto nel Parlamento nazionale, ma anche in tutti gli organi rappresentativi delle diverse comunità territoriali (Regioni, Comuni etc.) in cui si articola la Repubblica (cd. «democrazia partecipativa»). Tuttavia, poiché la sovranità appartiene al popolo, non si può ritenere che vi siano luoghi o sedi dell’organizzazione costituzionale nella quale essa si possa esaurire, né classi sociali che, in base al loro censo o altro tipo di privilegio, possano costituirne i depositari privilegiati. Nei sistemi di democrazia rappresentativa, infatti, tutto il popolo concorre alla formazione della volontà politica anche attraverso la partecipazione ai partiti politici. Il carattere tendenzialmente rappresentativo del sistema italiano non esclude neppure la previsione costituzionale di alcuni istituti di democrazia diretta come il referendum (art. 75 Cost.), l’iniziativa legislativa popolare (art. 71 Cost.) e il diritto di petizione (art. 50 Cost.), nei quali il popolo fa sentire direttamente la sua volontà senza la mediazione dei propri rappresentanti. La sovranità popolare, pur essendo il fondamento della Repubblica, non può tuttavia trasformarsi in tirannide della maggioranza. C (1) Per la differenza tra popolo, nazione, patria si veda la Parte I, domanda n. 5 ter. Per il concetto di sovranità domanda n. 7 e passim Parte Prima. . 88 p. A Parte Seconda br i S. L’ordinamento impone, infatti, alcuni limiti al suo esercizio, tra i quali la rigidità della Costituzione, il divieto di mandato imperativo e l’esclusione dei principi supremi dell’ordinamento da qualsiasi forma di revisione costituzionale. In tale contesto assume rilievo fondamentale anche la presenza della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, la presenza di un ordine giudiziario autonomo e indipendente dagli altri poteri per la tutela delle violazioni delle leggi, la creazione di autorità amministrative indipendenti chiamate a regolare e controllare settori particolarmente delicati della vita economica e sociale in maniera neutrale e indipendente dall’influenza del potere politico. li 1 bis. Il lavoro come fondamento della Repubblica ht © Es se L’art. 1 della Costituzione pone il lavoro a fondamento della Repubblica; il principio lavorista rappresenta, quindi, la prima specificazione del principio democratico. Il lavoro è principio costitutivo e distintivo della forma di Stato, che implica la preminenza ed il riconoscimento di una posizione di tutela privilegiata di ogni forma di attività lavorativa (autonoma o subordinata) nel sistema dei diritti e dei doveri delineato dalla Costituzione. Il lavoro si pone come mezzo necessario allo sviluppo della personalità e, allo stesso tempo, come strumento del progresso materiale e spirituale della società; in esso si realizza la sintesi fra il principio personalista, in cui è implicita la pretesa all’esercizio di una attività lavorativa e il principio di solidarietà, che conferisce a questa attività carattere doveroso per ogni cittadino per il progresso economico e sociale della Repubblica. 1 ter. Il significato del lavoro nella Costituzione repubblicana C op yr ig Il lavoro assurge a fondamento sociale della Repubblica (art. 1 Cost.: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro»), destinato a condizionare l’interpretazione della Costituzione stessa e delle leggi, e principio caratterizzante della forma di Stato, non più basata sui privilegi dinastici o di classe, né tanto meno sul potere teocratico della Corona. La Repubblica, in particolare, riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e si fa carico di promuovere le condizioni che rendano effettivo tale diritto attraverso una politica di sviluppo e di massima occupazione volta a favorire il benessere di tutta la comunità. . 89 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. Corollario di tale diritto è il riconoscimento dei diritti sociali: la tutela di ogni forma di lavoro (art. 35 Cost.), l’elevazione professionale dei lavoratori (art. 35 Cost.), il diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente (art. 36 Cost.), alle ferie, al riposo settimanale (art. 36 Cost.), all’assistenza sociale (art. 38 Cost.) etc. i 1 quater. Il lavoro è un diritto o un dovere per il cittadino? ig ht © Es se li br Il diritto-dovere al lavoro, che la Costituzione riconosce nel 1° comma dell’art. 4, non dà luogo ad un diritto soggettivo perfetto ad ottenere automaticamente il posto di lavoro da parte dei cittadini, bensì indica un principio fondamentale che indirizza il legislatore ordinario a promuovere l’effettività di tale diritto con una politica del pieno impiego e con la lotta alla disoccupazione. Esso è, quindi, un diritto sociale, che si concretizza nella pretesa ad una occupazione retribuita (per realizzare la quale sono richieste specifiche prestazioni ai pubblici poteri), ed, allo stesso tempo, un diritto di libertà, che si concretizza nell’astensione da qualsiasi interferenza esterna nella scelta, nel modo d’esercizio e nello svolgimento della propria attività lavorativa. Il cittadino, pur essendo tenuto a svolgere un’attività lavorativa, deve essere libero di sceglierla e, comunque, anche se il 2° comma dell’art. 4 Cost. parla di dovere, esso non è un dovere giuridico, bensì un dovere esclusivamente morale. Questo dovere è espressione del principio di solidarietà, che impone a coloro che ne abbiano la possibilità ed i mezzi di adoperarsi per dare il proprio contributo alla collettività. Gli istituti di previdenza ed assistenza e i cd. «ammortizzatori sociali», in quest’ottica solidaristica, sono infatti predisposti a favore di chi sia privo di mezzi o inabile al lavoro (art. 381 Cost.) o temporaneamente senza occupazione. yr 2. Cosa si intende per principio personalista? op Riferimenti normativi: art. 2 Cost.; Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948). C Definizione: esporre i modi in cui si realizza nel nostro ordinamento il primato della persona. . 90 p. A Parte Seconda S. Elenco caratteristiche: il riconoscimento della persona sia come titolare individuale di diritti inviolabili che come appartenente alle formazioni sociali sintetizzato nella formula «non è l’uomo in funzione dello Stato, ma lo Stato in funzione dell’uomo» (MORTATI). Paralleli e differenze: la persona nei sistemi democratici e nei sistemi totalitari. Articolazione della risposta yr ig ht © Es se li br i La Repubblica riconosce (2) e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo (3). Tale affermazione di principio, contenuta nell’art. 2 della Costituzione, chiarisce che la persona umana è il centro d’imputazione (in quanto tale o all’interno di formazioni sociali) di una serie di situazioni giuridiche soggettive, preesiste allo Stato e ne determina il limite e il fine dell’agire. Non solo, infatti, l’intervento dei pubblici poteri non può superare il confine invalicabile dei diritti inviolabili dell’uomo, ma addirittura esso deve essere indirizzato ad assicurare la protezione degli stessi diritti contro le aggressioni provenienti da qualsiasi soggetto o autorità. L’uomo, peraltro, non può trovare la sua piena realizzazione sociale, giuridica, economica, etc. vivendo isolato dagli altri individui: la sua natura intrinsecamente socievole nonché l’esigenza di cooperare con i propri simili per il conseguimento di fini comuni lo portano, infatti, ad integrarsi in comunità dove vive e si sviluppa la sua personalità. La società democratica è, dunque, soprattutto una società pluralista, in cui la personalità umana si sviluppa e si arricchisce per la costante interazione dell’individuo con i propri simili all’interno di formazioni sociali, intermedie fra la persona fisica e lo Stato di cui sono titolari i singoli individui (scuola, famiglia, partiti politici, sindacati, confessioni religiose etc.). Ai singoli, dunque, è riconosciuta la più ampia libertà di aggregarsi o meno per il perseguimento delle proprie finalità in formazioni sociali delle dimensioni ritenute più opportune (vedi libertà di associazione), cui sono riconosciute le stesse libertà assicurate a ciascun individuo. C op (2) Il Costituente usa l’espressione «riconosce» per evidenziare che tali diritti non sono una sua invenzione, ma preesistono a tutte le Carte costituzionali e costituiscono attributi inviolabili dell’essere umano. (3) Si noti che i «diritti inviolabili dell’uomo» non si fermano a quelli consacrati negli artt. 13 ss. della Costituzione, ma partendo da tale coacervo essenziale, la dottrina e la giurisprudenza hanno identificato una serie di nuovi diritti che rientrano a pieno titolo nella categoria, come, ad esempio, il diritto alla riservatezza, alla identità personale e sessuale etc. . 91 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. L’autonomia organizzativa di tali formazioni, peraltro, non può definirsi assoluta, perché l’espressa previsione di specifiche limitazioni alla libertà di associarsi è necessaria per garantire il giusto contemperamento tra il principio personalistico e la tutela di interessi costituzionali di pari rango (come l’ordine pubblico). br i Negli ordinamenti democratici, pertanto, a differenza che nei regimi totalitari, la persona umana rappresenta sempre un fine e non uno strumento dell’azione dello Stato, come tale mai sacrificabile nell’interesse di entità superindividuali come la persona dello Stato, la nazione o la classe (vedi ante Parte Prima, domanda n. 5 bis). li Istituti collegati: principio pluralista; pluralismo; diritti dell’uomo; libertà di associazione (art. 18 Cost.) Riferimento normativo: art. 3 Cost. se 3. Principio di eguaglianza e giudizio di ragionevolezza delle leggi Es Definizione: focalizzare il principio di eguaglianza e le applicazioni della Corte costituzionale nel giudizio di ragionevolezza delle leggi. ht © Elenco caratteristiche: chiarire in che modo dal principio di eguaglianza si perviene alla valutazione della ragionevolezza delle leggi: • la tensione fra eguaglianza formale ed eguaglianza sostanziale; • situazioni eguali devono essere trattate in modo eguale, situazioni diverse in modo diverso; • la valutazione della razionalità delle scelte legislative che parificano o differenziano; • il criterio del tertium comparationis . Articolazione della risposta C op yr ig La Repubblica riconosce il principio per cui tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. Nella sua formulazione estrema, il principio di eguaglianza formale (art. 3 Cost., comma 1) imporrebbe l’obbligo per il legislatore di disporre sempre in via generale ed astratta, ossia con norme che andrebbero applicate nella generalità delle fattispecie concrete e nei confronti di soggetti non predeterminati. Sarebbero quindi illegittime, per contrasto con il principio di eguaglianza, le leggi ad personam, che vengono indirizzate a soggetti determinati (vedi ante Parte Prima, domanda n. 4 ter), e le norme speciali, . 92 p. A Parte Seconda br i S. che derogano alle leggi generali con riferimento a specifiche sottoclassi di soggetti o di fattispecie. In realtà, non sempre trattamenti differenziati sono di per sé illegittimi. La stessa Costituzione prevede la necessità di interventi che, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale, etnico, religioso, linguistico etc. che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, mirino a realizzare compiutamente l’eguaglianza attraverso specifiche misure che possono configurarsi, prima facie, come altrettante forme di disparità di trattamento fra situazioni o fra soggetti. se li È il caso questo, per esempio, dell’art. 6 Cost., che così recita: «la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche» (vedi domanda seguente): in questo caso un eventuale trattamento «di favore» di tali comunità non crea un privilegio rispetto al principio di uguaglianza, ma in ossequio al principio di pluralismo e non discriminazione, la Repubblica si impegna ad azioni positive a tutela di tali minoranze. ht © Es L’eguaglianza formale, cioè, va coniugata con la tendenza all’eguaglianza sostanziale o di fatto circoscritte più allo sviluppo della persona umana e alla partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese; concedendo, così, a tutti pari opportunità nel vivere e crescere nello Stato italiano. Ciò dà vita ad un’interpretazione più articolata del principio di eguaglianza, secondo la quale il legislatore deve trattare situazioni eguali in modo eguale e situazioni diverse in maniera razionalmente diversa. In questo modo il principio di eguaglianza si risolve nel giudizio di ragionevolezza delle leggi. Ogni trattamento differenziato introdotto per legge deve trovare una sua giustificazione in termini di razionalità, coerenza, proporzionalità, ma sono suscettibili di un giudizio di irragionevolezza anche le leggi che arbitrariamente equiparano tra loro situazioni strutturalmente diverse. yr ig Il giudizio di ragionevolezza delle leggi si articola in genere in una struttura ternaria: la norma di cui si sospetta la incostituzionalità viene confrontata, alla luce della norma costituzionale che sancisce il principio di eguaglianza, con altra norma di legge posta a raffronto (tertium comparationis). In molti casi la norma di raffronto è, però, un’altra norma costituzionale che assicura il godimento di un diritto costituzionalmente garantito. La norma incostituzionale, in questo caso, introduce una discriminazione irragionevole in tale godimento. C op Il giudizio di ragionevolezza è, poi, particolarmente significativo nei casi in cui le discriminazioni violino il nucleo forte del principio di eguaglianza, costituzionalmente garantito, ossia il divieto di discriminazioni fon- . 93 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. date sul sesso, la razza, la religione, la lingua, le opinioni politiche, le condizioni personali e sociali. Istituti collegati: principi supremi dell’ordinamento; limiti alla revisione costituzionale; divieto di discriminazioni. i 4. Quali sono le applicazioni concrete del principio d’uguaglianza? br Riferimento normativo: artt. 3, 6, 7, 29, 37, 48, 51, 117, co. 7, Cost. Definizione: descrivere gli aspetti in cui si esplicita il principio di eguaglianza. Articolazione della risposta se li Elenco degli aspetti: • eguaglianza dei sessi; • eguaglianza senza distinzione di razza o lingua; • eguaglianza in materia religiosa; • eguaglianza di opinioni politiche e condizioni personali e sociali. ig ht © Es L’art. 3 Cost. garantisce e disciplina il principio di uguaglianza, intesa come pari dignità sociale e come uguaglianza di fronte alla legge, vietando pertanto al legislatore di emanare leggi che contengano discriminazioni fondate su diverse qualificazioni personali (sesso, razza, lingua etc.) e affidando alla Repubblica (comma 2) il compito di creare le condizioni necessarie a trasformare l’eguaglianza giuridica, formale, in un tentativo di eguaglianza sostanziale che, però, non è assoluto, ma circoscritto allo sviluppo della persona umana e alla partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. L’art. 3 Cost., inoltre, elenca i parametri in base ai quali si valuta l’applicazione del suddetto principio. Esaminiamoli. 4 bis. L’uguaglianza dei sessi C op yr Il divieto di discriminazione in ragione dell’appartenenza all’uno o all’altro sesso è sancito in numerose norme della Costituzione. L’affermazione dell’eguaglianza giuridica dei sessi ha trovato un riscontro immediato nell’attribuzione del diritto di voto alle donne (art. 48 Cost.), diritto che esse hanno potuto esercitare soltanto nel 1946, in occasione della scelta referendaria tra la Repubblica e la Monarchia. . 94 p. A Parte Seconda Es se li br i S. Nella maggior parte dei casi l’attuazione del dettato costituzionale è stata molto lenta, infatti: — l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, pur prevista dall’art. 29 Cost., ha avuto riconoscimento soltanto con la L. 151/1975 di riforma del diritto di famiglia, che ha modificato gli equilibri all’interno del nucleo familiare, eliminando l’istituto della «potestà maritale» e ridimensionando il ruolo di assoluta preminenza del marito; — la parità di trattamento economico e giuridico tra lavoratori e lavoratrici, sancita dall’art. 37 Cost., è stata realizzata progressivamente in seguito a lunghe lotte sindacali. Un primo risultato è stato raggiunto con l’approvazione della L. 903/1977 che ha affermato il principio della parità di retribuzione per prestazioni uguali o di pari valore, mentre l’impegno a favore delle pari opportunità si è concretizzato con la L. 125/1991, che promuove «azioni positive» per la realizzazione della parità uomo-donna nel mondo del lavoro, e con la L. 215/1992, a sostegno dell’imprenditoria femminile. Estremamente contrastato è stato, invece, nel corso degli anni, il riconoscimento della facoltà di adottare azioni positive a favore di una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica. C op yr ig ht © I primi interventi legislativi del 1993 che riservavano una percentuale delle candidature alle elezioni a candidati di sesso femminile furono, infatti, bocciati dalla Corte costituzionale per l’incompatibilità delle relative disposizioni con il principio di uguaglianza formale, sotto il profilo della irrilevanza giuridica del sesso ai fini considerati (cfr. Corte Cost. n. 422 del 1995). Ciò spiega la necessaria modifica dell’articolo 117 e dell’articolo 51 della Costituzione, allo scopo di garantire adeguata copertura costituzionale a interventi legislativi di incentivo alla partecipazione delle donne alla vita politica nazionale e locale. Nel primo caso, l’art. 117, co. 7, Cost. (nel testo introdotto dalla L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3) cosi recita: «Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive»; nel secondo caso, l’art. 51, co. 1, nell’ultimo periodo, dedicato all’accesso agli uffici e alle cariche elettive, così recita: «La Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini» (il periodo è stato aggiunto dalla L. cost. 30 maggio 2003, n. 1). Una prima applicazione di tale modifica costituzionale risulta dall’art. 3 L. 90/2004, laddove prevede che, per le elezioni al Parlamento europeo, nelle liste «nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati». Nel caso in cui tale proporzione non fosse rispettata sono previste sanzioni sotto forma di riduzione dei rimborsi elettorali spettanti. Sono, comunque, inammissibili liste che non prevedano candidati di entrambi i sessi. . 95 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. Attualmente le disposizioni per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna sono confluite in un testo legislativo dettagliato e completo: Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198). 4 ter. Uguaglianza senza distinzione di razza o di lingua Es se li br i La norma sul divieto di discriminazione in base alla razza, come nota BARILE, costituisce una reazione polemica contro la politica antisemita del regime fascista. Il dettato costituzionale ha trovato attuazione nella L. 654/ 1975, che ha recepito la convenzione internazionale firmata a New York nel 1966 sull’abolizione di tutte le forme di discriminazione razziale, ed in varie leggi successive. Negli ultimi anni i problemi connessi all’immigrazione e alla conseguente diffusione nel nostro Paese di un modello di società multirazziale hanno reso necessaria l’adozione di una nuova disciplina sull’ingresso e sul soggiorno degli stranieri. Il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, che ha dato risposta a questa istanza, vieta ogni comportamento discriminatorio basato sulla razza, il colore della pelle, l’origine nazionale o etnica che neghi il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali. © Va ricordato, poi, il D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, che, all’art. 6, prevede l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio-Dipartimento per le pari opportunità, di un registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni. ig ht Per quanto riguarda il divieto di discriminazione in base alla lingua, il combinato disposto degli artt. 3 e 6 Cost. prescrive che le minoranze alloglotte (soprattutto in Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia) vadano tutelate, in quanto il patrimonio linguistico di tali comunità rappresenta un aspetto fondamentale della loro identità culturale (vedi infra domanda n. 5). C op yr Un’applicazione significativa dell’affermata tutela delle minoranze si è avuta con la sentenza della Corte costituzionale n. 28 del 1982, che ha riconosciuto alle popolazioni alloglotte il diritto di far uso, nella scuola, nella pubblica amministrazione, nei procedimenti giurisdizionali, della loro lingua (riconoscimento del bilinguismo e del separatismo linguistico). Il Parlamento ha approvato, in attuazione dell’art. 6 Cost., la L. 15 dicembre 1999, n. 482 in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche. Tale legge, in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene (a tal proposito vedi L. 38/ 2001) e croate e di quelle le cui lingue madri sono il francese, il franco-provenzale, il . 96 p. A Parte Seconda br i S. friulano, il ladino, l’occitano e il sardo. La legge prevede forme di attività promozionale di tali lingue attraverso, ad esempio, il diritto di utilizzare le lingue delle minoranze per lo svolgimento delle attività educative in ambito scolastico; il diritto di usare, in forma orale e scritta, la lingua minoritaria nei rapporti con le pubbliche amministrazioni; la possibilità di ottenere il ripristino dei nomi e cognomi originari; la previsione di somme per promuovere l’editoria e le trasmissioni televisive che utilizzano le lingue minoritarie. La normativa a tutela delle minoranze linguistiche si completa, poi, con le previsioni della legislazione regionale, soprattutto delle Regioni autonome dove risiedono consistenti gruppi linguistici non italiani. 4 quater. Uguaglianza in materia di religione ht © Es se li Nel nostro ordinamento, dopo il concordato del 1984, trova riconoscimento il principio della laicità dello Stato, in base al quale lo Stato garantisce a tutti la piena libertà di religione in un regime di pluralismo di confessioni e di culti. Tale principio si ricava dal co. 1 dell’art. 8 Cost., che riconosce a tutte le confessioni religiose eguale libertà davanti alla legge. I rapporti fra Stato e confessioni religiose sono disciplinati diversamente a seconda che si tratti del culto cattolico o di altre fedi. In omaggio alle tradizioni storiche e culturali del nostro Paese, l’art. 7 Cost. riconosce direttamente alla Chiesa cattolica la qualità di ordinamento giuridico sovrano, i rapporti col quale sono regolati da accordi bilaterali che già dal nome riecheggiano la sostanza dei trattati internazionali (Concordato). Alle confessioni acattoliche, invece, è solo riconosciuto il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purché non in contrasto con l’ordinamento italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze (art. 8, co. 2, Cost.) (vedi ante parte prima, domande 8, 9, 10). ig 4 quinquies.Uguaglianza in materia di opinioni politiche e condizioni personali e sociali C op yr L’uguaglianza in materia di opinioni politiche sancita dall’art. 3 Cost., si collega al disposto dell’art. 22 Cost. secondo cui nessuno può essere privato per motivi politici, della capacità d’agire, della cittadinanza, del nome. La ratio di queste due norme risiede nell’aver voluto impedire agli organi dello Stato di operare delle discriminazioni a danno degli oppositori politici, come invece avveniva nel regime fascista. Le condizioni personali e sociali non possono essere motivo di discriminazione tra i cittadini. . 97 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. Un’eccezione era prevista per gli ex Sovrani, consorti e discendenti maschi di Casa Savoia ai quali era vietato l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale, in attuazione della XIII disposizione finale della Costituzione. I primi due commi della XIII disp. sono stati ora abrogati dalla L. cost. 1/2002. Istituti collegati: Stato fascista; Statuto albertino; diritti fondamentali. br i 5. Sono costituzionalmente legittime le norme a tutela delle minoranze linguistiche? Riferimenti normativi: artt. 3, co. 1 e 6 Cost.; L. 482/1999. se li Definizione: spiegare le ragioni che giustificano norme volte ad introdurre trattamenti differenziati a favore delle minoranze linguistiche pur in presenza del principio di eguaglianza formale (vedi domanda precedente). Es Elenco caratteristiche: individuare le principali tipologie di trattamenti a favore delle minoranze linguistiche: • parificazione della lingua italiana con gli idiomi delle minoranze; • possibilità di usufruire dell’insegnamento nella lingua materna; • principio della proporzione linguistica nella assegnazione dei ruoli dei pubblici uffici. Paralleli e differenze: il fondamento costituzionale di tali discriminazioni che esclude la violazione del principio di eguaglianza (ex art. 3, co. 1). © Articolazione della risposta op yr ig ht La Repubblica riconosce e tutela le minoranze linguistiche che per ragioni storiche sono presenti sul territorio delle Regioni italiane. La presenza di minoranze linguistiche è maggiore nelle Regioni di confine come la Val d’Aosta e il Trentino Alto Adige (4), i cui Statuti, che hanno la forza di leggi costituzionali, prevedono diverse norme a tutela delle stesse. Gli interventi più rilevanti sono rappresentati dalla parificazione degli idiomi delle minoranze alla lingua italiana, considerati entrambi come «lingue C (4) Soprattutto in tali Regioni sono presenti, da molti anni, cittadini italiani di lingua franco-provenzale o tedesca. In altre regioni esistono minoranze non rilevanti di greci, albanesi, ladini (valli dolomitiche). Si noti che l’articolo si estende anche alle numerose popolazioni immigrate. . 98 p. A Parte Seconda Es se li br i S. ufficiali» nella Regione (5); dalla possibilità di usufruire dell’insegnamento linguistico nella lingua materna; dal principio della proporzione linguistica nell’assegnazione dei pubblici uffici, per cui gli stessi sono distribuiti fra i diversi gruppi in funzione della loro consistenza. Tali interventi si pongono apparentemente in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., soprattutto se si considera che il nucleo forte di tale norma vieta proprio le discriminazioni fondate sulla lingua. Tuttavia, è la stessa Costituzione, all’art. 6, a riconoscere la necessità di trattamenti differenziati a favore delle minoranze linguistiche vedi ante domanda n. 3), in quanto il patrimonio linguistico e culturale delle minoranze è un patrimonio di tutta la Nazione e deve essere salvaguardato anche al fine di rimuovere gli ostacoli che impediscono ai soggetti appartenenti a tali formazioni sociali locali di esprimere a pieno tutte le proprie potenzialità. Ciò in ossequio al principio pluralista (vedi domanda n. 1) e a quello di non discriminazione, in forza del quale la «lingua» non può costituire un elemento di discriminazione (tutela delle minoranze alloglotte). Istituti collegati: Regioni ordinarie e Regioni a Statuto speciale; principio di eguaglianza. © 6. Cosa si intende per principio pattizio in materia religiosa? Riferimenti normativi: artt. 7 e 8 Cost. ht Definizione: enunciare il principio pattizio come regola dei rapporti fra Stato e confessioni religiose. yr ig Elenco caratteristiche: specificare in che modo si concretizza il principio pattizio: • nei rapporti con la Chiesa cattolica, in relazione ai quali i Patti lateranensi possono essere modificati con legge ordinaria soltanto se tali modifiche siano concordate fra le parti; • nei rapporti con i culti acattolici, che possono essere regolati con legge sulla base di intese fra le parti. C op (5) L’uff icialità della lingua delle minoranze è ribadita nel nuovo testo (modificato dalla L. cost. 3/ 2001) dell’art. 116 Cost., che accanto alle denominazioni in lingua italiana riporta quelle francese e tedesca rispettivamente per la Valle d’Aosta (Vallée d’Aoste) e Trentino Alto-Adige (indicato con il toponimo Südtirol). . 99 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà Altri elementi essenziali: il carattere di fonti atipiche e rinforzate delle leggi che recepiscono gli accordi con le comunità religiose (vedi domanda n. 22, Parte Prima). S. Articolazione della risposta yr ig ht © Es se li br i Le comunità religiose sono formazioni sociali in cui può svilupparsi un aspetto importante della personalità umana, quello che consente di «aprirsi a qualcosa in più e di oltre a ciò che può essere osservato e verificato con i sensi e l’intelletto». La Costituzione riconosce l’importanza del ruolo della religione e garantisce la libertà religiosa in forma sia individuale che associata. Con riferimento al momento associativo, la Repubblica regola i rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose sulla base del principio pattizio, che prevede un accordo (intesa, concordato) con la Comunità religiosa di appartenza dei singoli. L’art. 8 Cost., infatti, stabilisce che tali relazioni siano regolate per legge sulla base di intese raggiunte fra le parti (vedi ante domanda n. 4 quater). Anche l’art. 7 Cost., che pure introduce disposizioni speciali con riferimento ai rapporti con la Chiesa cattolica, si fonda sul principio pattizio. I Patti lateranensi, che assurgono al rango di veri e propri trattati internazionali fra due ordinamenti indipendenti e sovrani, ciascuno nel proprio ordine, possono essere, infatti, modificati solo con il consenso di entrambe le parti senza che ciò richieda un procedimento di revisione costituzionale. Secondo l’avviso della prevalente dottrina, essi assurgono a rango costituzionale per effetto dei richiami fatti ai medesimi dal testo costituzionale (art. 7 Cost.). Si noti, comunque, che la Corte Costituzionale ha individuato specifici limiti all’immissione di norme concordatarie, le quali non possono mai derogare ai principi supremi dello Stato, al principio di eguaglianza (art. 3), al diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24), al principio del giudice naturale (art. 25), a quello della libertà religiosa (art. 19). In ogni caso, quindi, le leggi che recepiscono le intese o le modifiche ai Patti apportate consensualmente si configurano come fonti atipiche rinforzate (vedi Parte Prima, domanda n. 22), non potendo essere abrogate da leggi che non siano state adottate rispettando il principio pattizio che prevede l’accordo o l’intesa tra Stato e comunità religiosa. C op Istituti collegati: rapporti tra Stato e Chiesa e altre confessioni religiose; libertà di culto; eguaglianza nella «libertà» di culto; Concordato; intese; laicità dello Stato. . 100 p. A Parte Seconda S. 7. In che modo venivano tutelati i diritti di libertà nello Statuto albertino? Differenza con la loro attuale tutela costituzionale Riferimenti normativi: artt. 24-32 dello Statuto albertino; artt. 13 ss. Cost. i Definizione: chiarire il significato del riconoscimento dei diritti di libertà all’interno di un testo costituzionale nella forma di Stato liberale. Articolazione della risposta se li br Elenco caratteristiche: individuare la caratteristica fondamentale dei diritti di libertà nello Statuto: • nello Statuto era riconosciuto e affermato il diritto di libertà; • lo Statuto conteneva il rinvio alla legge per la compiuta definizione del contenuto e dei limiti di esercizio del diritto stesso; • differenze con il dettato costituzionale (artt. 13 ss.). Es Nella forma di Stato liberale i diritti di libertà erano concepiti e riconosciuti come libertà negative, ossia come libertà dallo Stato, e si configuravano come strumenti di tutela dell’autonomia individuale da possibili ingerenze dei poteri pubblici. Il riconoscimento e la codificazione degli stessi in un testo costituzionale rappresentava il passaggio dalla forma di Stato assoluta a quella liberale. yr ig ht © Nello Statuto albertino lo schema con cui erano disciplinati i diritti di libertà era identico per tutti e si articolava in due parti. Innanzitutto veniva affermato e riconosciuto il diritto in quanto tale, ma l’effettivo contenuto dello stesso e i limiti del suo esercizio erano definiti esclusivamente con legge. Si consideri, ad esempio, la formulazione dell’art. 27, dedicato alla libertà di domicilio: essa veniva definita inviolabile, ma immediatamente dopo si precisava che «Niuna visita domiciliare può aver luogo se non in forza della legge, e nelle forme che essa prescrive». Il rinvio alla legge si giustificava nel contesto di una forma di Stato liberale: si rimettevano alla volontà popolare consacrata nel testo della legge i limiti all’esercizio del diritto, sottraendoli alle decisioni esclusive del potere esecutivo. In questo modo, quando durante il periodo fascista le libertà fondamentali furono ridimensionate, non fu necessario abrogare lo Statuto, ma fu sufficiente riformulare il contenuto delle leggi che le disciplinavano. C op Oggi la Costituzione repubblicana garantisce il rispetto delle libertà fondamentali, ossia i diritti basilari che fanno capo all’individuo come tale (e non solo al cittadino) anche con un risvolto positivo: cioè se da un lato sono garantite la segretezza della corrispondenza, la libertà di circolazione, la libertà religiosa etc. in quanto resta vietata qualsiasi ingerenza del . A 101 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà br i S. potere pubblico, dall’altro lato è egualmente tutelato (risvolto positivo) il diritto a non render nota la corrispondenza, a permanere sempre nello stesso luogo, a non professare alcuna fede religiosa. Tali libertà infine sono riconosciute anche alle formazioni sociali (non solo ai singoli), quasi sempre a tutti (non solo ai cittadini), senza condizioni (le limitazioni delle stesse sono eccezionali e garantite da precise direttive e strumenti di controllo: ad esempio, atto motivato dell’autorità giudiziaria, riserva di legge etc. come nel caso della libertà personale tutelata dall’art. 13 Cost.). li Istituti collegati: riconoscimento delle libertà fondamentali ad opera del diritto internazionale e comunitario. se 8. Quali sono i presìdi posti a tutela dei diritti fondamentali nella Costituzione repubblicana? Es Riferimenti normativi: artt. 13-54 Cost. Definizione: individuare gli strumenti che la Costituzione repubblicana predispone per tutelare efficacemente i diritti fondamentali da essa riconosciuti e affermati. ig ht © Elenco caratteristiche: individuare gli strumenti di tutela che sono: • il carattere rigido della Costituzione repubblicana e l’esistenza di una Corte chiamata a giudicare della costituzionalità delle leggi; • la riserva di legge; • la riserva di giurisdizione; • i principi di imparzialità e legalità e l’obbligo di buon andamento della pubblica amministrazione; • il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti davanti ad un corpo di giudici sottratti alle influenze del potere politico. Paralleli e differenze: il confronto con lo Statuto albertino. yr Articolazione della risposta C op Le Costituzioni contemporanee, fra cui va annoverata anche la nostra, non solo prevedono un ampio riconoscimento di libertà e diritti fondamentali, ma predispongono un articolato sistema di tutela che ne impedisca sia l’abrogazione, sia un ridimensionamento rispetto alla portata originaria affermata nel testo costituzionale. . 102 p. A Parte Seconda S. In tale contesto va considerato anzitutto il carattere rigido della Costituzione repubblicana, che richiede un procedimento aggravato per poter essere modificata. Pertanto, leggi ordinarie che si pongano in contrasto con il contenuto dei diritti definito nella Carta costituzionale possono essere dichiarate incostituzionali da un organo creato a questo scopo, la Corte costituzionale. li br i La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana (cfr. Corte Cost., sentenza n. 1146 del 1988). ig ht © Es se La Costituzione italiana, poi, riserva alla legge la predisposizione di quegli aspetti della disciplina dei diritti e delle libertà fondamentali non formulati direttamente dalla Costituzione, escludendo che fonti di rango secondario (soprattutto atti del potere esecutivo) possano intervenire in materia se non al fine di dare esecuzione ai precetti della legge. Il carattere rigido della Costituzione esclude che la legge possa violare la riserva delegando la disciplina a fonti diverse, ad esempio ai regolamenti dell’Esecutivo. La Costituzione riserva, inoltre, al potere giudiziario in quanto autorità terza e neutrale, la decisione sulle eventuali restrizioni ai diritti fondamentali, sottraendo o limitando la possibilità di intervento dell’autorità amministrativa. Peraltro, la Costituzione assoggetta la pubblica amministrazione ai principi di legalità e imparzialità e all’obbligo di organizzarsi ed agire rispettando il criterio del buon andamento. yr Ciò significa che quando la compiuta realizzazione dei diritti fondamentali presuppone una prestazione da parte dei pubblici poteri, l’erogazione del servizio deve avvenire immediatamente, senza discriminazioni e secondo canoni di efficienza ed efficacia. C op La Costituzione riconosce, infine, a tutti il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, rivolgendosi ad un corpo di giudici terzi ed indipendenti, soggetti soltanto alla legge, ai quali la Carta costituzionale dedica diverse disposizioni, a presidio della loro terzietà rispetto alle parti del giudice alla legge. . A 103 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. Dalle considerazioni svolte, appare evidente la differenza tra Costituzione Repubblicana e Statuto albertino: essendo una Costituzione breve e flessibile, quest’ultimo si limitava soltanto a sancire le libertà fondamentali, rinviando per la concreta disciplina ad una legge successiva, ma lasciando le stesse in balia del legislatore al quale, in effetti, non poteva essere impedito di comprimerle, ridimensionarle etc. br i Istituti collegati: Corte Costituzionale; riserva di legge e di giurisdizione; principi costituzionali dell’azione amministrativa (art. 97); indipendenza della magistratura. Riferimento normativo: art. 2 Cost. se li 9. Cosa si intende per diritti inviolabili ai sensi dell’art. 2 Cost.? I cd. diritti di nuova generazione Es Definizione: chiarire tutti gli aspetti di disciplina che trovano la loro sintesi nella qualifica di diritto inviolabile. © Elenco caratteristiche: individuare le caratteristiche dei diritti inviolabili: • non possono essere oggetto di revisione costituzionale; • sono suscettibili di bilanciamento; • sono indisponibili e intrasmissibili; • sono immediatamente efficaci; • sono imprescrittibili; • sono riconosciuti all’individuo come singolo e come membro di formazioni sociali. ht Paralleli e differenze: tutela internazionale degli stessi e diritti di nuova generazione. Articolazione della risposta C op yr ig I diritti fondamentali sono definiti inviolabili in quanto non possono essere oggetto di revisione costituzionale nel loro contenuto essenziale, dal momento che incorporano le libertà ed i valori della persona umana, come tali irrinunciabili ed inalienabili; la loro soppressione o la distruzione del sistema di garanzie che li tutela determinerebbe, pertanto, un sovvertimento dell’assetto democratico. Inoltre, sono suscettibili di bilanciamento soltanto con altri valori e principi fondamentali o con altri diritti inviolabili, e il loro contenuto di valore non può subire restrizioni o limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se non in ragione dell’inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico . 104 p. A Parte Seconda primario costituzionalmente rilevante, sempreché l’intervento limitativo sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse. S. Così, ad esempio, il diritto alla riservatezza (che si ricava dal combinato disposto degli artt. 13, 14, 15 Cost. e che consiste nel diritto a non vedere divulgate situazioni e vicende personali) può essere limitato dal diritto di libertà di informazione e di manifestazione del proprio pensiero (cioè diffondere notizie o riceverne), il quale, a sua volta, è alla base del principio del pluralismo ideologico caratterizzante il nostro sistema democratico. Es se li br i I diritti inviolabili sono, inoltre, indisponibili e intrasmissibili da parte dei loro titolari, immediatamente efficaci anche nei rapporti intersoggettivi e imprescrittibili, cioè anche se non esercitati per lungo periodo, non cadono in prescrizione. Tali diritti sono riconosciuti all’uomo sia come singolo (es. diritti della personalità) che come membro delle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità: ad esempio la famiglia, la scuola, i partiti politici. Si ricordi, infine, che tali diritti, in considerazione delle dimensioni della loro portata, hanno formato oggetto di numerose Convenzioni internazionali, come, da ultimo, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000 che, oltre a richiamarsi ai numerosi accordi internazionali sanciti a presidio, aggiunge i diritti di nuova generazione, quei diritti, cioè, maturati progressivamente nell’evolversi delle società democratiche (vedi domanda n. 9bis). © 9 bis. Quali sono i diritti di nuova generazione e come la dottrina li ha qualificati? C op yr ig ht Con l’evoluzione della società civile gli studiosi hanno classificato i diritti e le libertà in «generazioni», facendo riferimento al periodo storico in cui sono maturati e si sono affermati nonché ai documenti che li hanno sanciti e tutelati. Si parla, pertanto, di: — libertà e diritti di prima generazione, che ricomprendono soprattutto libertà a carattere individuale, tipiche dello Stato di diritto, generalmente suddivise in libertà civili (tutelano la persona nella sua libertà di agire) e libertà politiche (consentono la partecipazione al governo e agli uffici pubblici del proprio Paese). Si tratta, sostanzialmente, dei diritti sanciti in tutte le Carte costituzionali e che, in rapida sintesi, sono: diritto alla vita e all’integrità fisica, nonché di tutti quei diritti legati alla libertà di pensiero, di religione, di espressione, di stampa, di associazione, il diritto alla partecipazione politica, all’elettorato attivo e passivo; . A 105 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà Es se li br i S. — libertà e diritti di seconda generazione, nella quale sono generalmente ricompresi diritti economici, sociali e culturali, tipici dello Stato sociale, come ad esempio il diritto ad un lavoro equamente retribuito e tutelato, al riposo e allo svago, alla casa, ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere personale e della propria famiglia, all’istruzione e alla partecipazione alla vita culturale della propria comunità familiare; — diritti e libertà di terza generazione, anche noti come diritti di solidarietà (cd. fraternité) perché non hanno come destinatario un singolo individuo ma interi gruppi o formazioni sociali (o popoli): si parla, così, di diritto all’autodeterminazione dei popoli, alla pace, allo sviluppo, all’equilibrio ecologico, al controllo delle risorse nazionali, alla difesa dell’ambiente sanciti prioritariamente dalla Carta delle Nazioni Unite. Ad essi si devono aggiungere quelli destinati alla tutela di determinate categorie di persone (come i minori e le donne) particolarmente esposte a pericoli di violazione dei propri diritti e, quindi, meritevoli di una più efficace tutela interna e internazionale; — diritti e libertà di quarta generazione. Si tratta di diritti ancora in fase di evoluzione relativi al campo delle manipolazioni genetiche e della bioetica, delle nuove tecnologie della comunicazione, del mondo degli animali. © 9 ter. In base alla giurisprudenza costituzionale i diritti inviolabili rispetto a quali tipi di norme costituiscono un limite? C op yr ig ht Rispetto a tutte. In particolare: — di fronte alle norme internazionali generalmente riconosciute in quanto l’art. 10 Cost. non potrà mai consentire l’adattamento di norme che violano tali diritti (sent. 48/79); — di fronte alle norme comunitarie in quanto le limitazioni di sovranità ex art. 11 Cost., che hanno consentito l’adesione dell’Italia alla CE non possono in alcun modo riferirsi a norme che violano i diritti inviolabili (sent. 183/73); — di fronte alle norme di revisione costituzionale in quanto i principi supremi dello Stato non possono essere in alcun modo limitati da tali norme (sent. 1146/88); — di fronte alla potestà legislativa regionale esclusiva (sent. 235/88) e potestà concorrente (sent. 289/2002). . 106 p. A Parte Seconda 9 quater. Cosa si intende per tutela multilivello dei diritti inviolabili? se li br i S. Oltre che dalla Costituzione e dalla Corte costituzionale i diritti inviolabili sono garantiti anche a livello internazionale e sovranazionale. Così tali diritti sono tutelati, oltre che in sede del Consiglio d’Europa, anche dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). In quest’ultimo caso, si tratta di una tutela più piena e diretta essendo consentito il ricorso individuale dinanzi alla CEDU (tipo di ricorso in Italia non previsto dinanzi alla Corte costituzionale). In tale campo, si noti che, dopo un primo orientamento giurisprudenziale a favore della diretta applicabilità nel nostro Paese delle norme CEDU (Cass. pen. 1101/89: causa Polocastro; Cass. pen. 2194/93: causa Medrano) da ultimo, le recenti sentenze della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 24-10-2007, hanno segnato un’inversione di tendenza, affermando la non idoneità del diritto internazionale pattizio a produrre effetti diretti negli ordinamenti interni degli Stati parte. Es 9 quinquies.La Costituzione in materia di applicazione di diritti inviolabili distingue tra cittadini e stranieri? yr ig ht © Nella Costituzione, quando si parla di diritti inviolabili, viene usata generalmente l’espressione «tutti …» riferendosi, cioè, indistintamente a tutti gli individui. Talvolta, il Costituente, però, usa il termine «i cittadini …» (es.: art. 16 libertà di circolazione; art. 17 libertà di riunione; art. 18 libertà di associazione; art. 48 diritto di voto) per restringere ai soli cittadini l’applicazione di alcuni diritti fondamentali ritenuti «più delicati». Con l’evoluzione dei tempi, la giurisprudenza ha mitigato, con numerose sentenze tale gap e le decisioni che hanno equiparato ai cittadini gli stranieri sono ormai sempre più numerose ed inoppugnabili. La giurisprudenza costituzionale, però, non ha mai in assoluto equiparato la condizione degli stranieri a quella dei cittadini, pur riconoscendo ai primi sempre la tutela di un nucleo irriducibile di diritti fondamentali (sent. 252/2001). C op Istituti collegati: Costituzione rigida; procedimento di revisione costituzionale; Statuto albertino. . 107 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà Riferimenti normativi: art. 27 Cost., art. 5 c.c. L. 194/78 S. 10. Come viene tutelato il diritto alla vita e all’integrità fisica nel nostro ordinamento? Definizione: specificare il contenuto del diritto alla vita e all’integrità fisica. Articolazione della risposta se li br i Elenco caratteristiche: individuare le forme di tutela del diritto alla vita e all’integrità fisica: • è un diritto fondamentale ed inviolabile ed è quindi soggetto a tutta la relativa disciplina; • sono vietati gli atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica o che siano contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume; • è predisposta una tutela penale attraverso la repressione di delitti come l’omicidio, le lesioni, le mutilazioni. C op yr ig ht © Es Il diritto alla vita e all’integrità fisica non è espressamente riconosciuto dalla Costituzione, pur costituendo la base di tutti i diritti e le libertà fondamentali. Se non fosse garantita l’incolumità personale, infatti, non avrebbe senso alcuno il poter godere delle libertà di domicilio, di corrispondenza, di pensiero. Un richiamo implicito a tale diritto si rinviene a contrario nell’art. 27 Cost. che, vietando la pena di morte in ogni caso, attribuisce alla vita umana il carattere di intangibilità, ponendola al di sopra della potestà punitiva dello Stato. Il diritto alla vita è riconosciuto sia alla persona già nata che al nascituro. Tuttavia, in tale ultimo caso va evidenziato che l’interesse costituzionalmente protetto relativo al concepito non ancora venuto ad esistenza può venire in collisione con altri beni (libertà di procreazione) che godono anch’essi di tutela costituzionale: l’esigenza di contemperare interessi contrapposti comporta che la legge non può dare al primo una prevalenza totale ed assoluta, negando ai secondi adeguata protezione. La L. 194/1978 ha, appunto, introdotto una disciplina che realizza un bilanciamento fra i valori in gioco, sul presupposto che in ogni caso la salvaguardia dell’embrione umano non può essere considerata equivalente al diritto alla vita e alla salute proprio di chi è già persona, come la madre. . 108 p. A Parte Seconda se li br i S. Per quanto riguarda i limiti alla possibilità di disporre del proprio corpo, l’art. 5 c.c. vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica o quando siano contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. Sono sempre consentiti ed espressamente disciplinati i trapianti terapeutici di organi di cadavere, il trapianto di rene di persone viventi, il trapianto parziale di fegato e la donazione di midollo osseo. Il diritto alla vita e all’integrità fisica, infine, trova la sua tutela anche a livello penale, dove sono configurati come reati sia l’omicidio che le lesioni personali. Recentemente sono state espressamente vietate anche le pratiche di mutilazione genitale femminile (cfr. L. 7/2006), diffusesi a seguito dell’immigrazione di persone provenienti da paesi in cui tali procedure sono legittimate da tradizioni secolari o da necessità demografiche, configurandole appunto come violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne. Es Istituti collegati: pena di morte; diritto alla salute; diritti fondamentali. © 11. Quali diritti fondamentali sono riconosciuti agli stranieri presenti in Italia? Il diritto di asilo Il diritto di circolazione e l’accordo di Schengen ht Riferimenti normativi: art. 10 Cost. e art. 2 D.Lgs. 286/1998. Definizione: chiarire l’ambito di tutela dei cittadini stranieri. C op yr ig Elenco caratteristiche: individuare le forme di tutela previste nel nostro ordinamento: • gli stranieri godono del trattamento loro riconosciuto dalla legge, in conformità alle norme e ai trattati internazionali; • i diritti inviolabili sono riconosciuti a tutti gli uomini, quindi anche agli stranieri; • ai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia sono riconosciuti i diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, eventualmente sulla base della clausola di reciprocità; • ai cittadini extracomunitari comunque presenti sul territorio italiano sono estesi i diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità, fatta eccezione per i diritti fondamentali che sono, comunque, riconosciuti a tutti gli individui. . A 109 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà Articolazione della risposta se li br i S. L’art. 10 Cost. prevede che la condizione giuridica dello straniero sia regolata dalla legge (6) in conformità delle norme e dei trattati internazionali. In questo modo possono essere estesi agli stranieri diritti fondamentali che la Costituzione riconosce soltanto ai cittadini. Ne è un esempio il recepimento in Italia della Convenzione Europea sui Diritti Umani (CEDU), alla quale aderiscono numerosi paesi europei anche non membri dell’Unione europea. Tale trattato riconosce diversi diritti fondamentali, rappresentando uno standard minimo di tutela per gli stranieri. D’altra parte, l’art. 2 Cost. riconosce e tutela i diritti inviolabili dell’uomo, nell’ambito dei quali possono essere sicuramente ricompresi tutti quei diritti, disciplinati negli artt. 13 ss. della Costituzione, che espressamente sono qualificati come tali. Tali diritti appartengono, quindi, all’uomo inteso come tale e non possono essere riconosciuti esclusivamente ai cittadini, anche quando così si esprime il testo costituzionale. Es Tale interpretazione è confermata anche dall’art. 2 del D.Lgs. 286/1998, testo unico sull’immigrazione, che riconosce allo straniero comunque presente in Italia i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno. yr ig ht © Ai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia, invece, sono estesi i diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, vale a dire i diritti di partecipazione ai rapporti economici, le garanzie poste a fondamento del diritto al lavoro, le prestazioni sociali e l’accesso ai servizi pubblici. Il testo unico sull’immigrazione in alcuni casi lega l’estensione dei diritti civili alla condizione di reciprocità, definendo anche i criteri e le modalità con cui la stessa viene accertata. La condizione di reciprocità per l’estensione dei diritti civili è richiamata anche dall’art. 16 delle disposizioni preliminari al codice civile, che trova, peraltro, la sua applicazione soltanto in via residuale, per i cittadini extracomunitari non residenti legalmente nel nostro territorio. C op (6) È questa una riserva rafforzata di legge in quanto il trattamento giuridico riservato allo straniero non viene lasciato all’arbitrio della Pubblica Amministrazione, ma è riservato alla sola legge e non può essere meno favorevole di quanto previsto nelle norme di diritto internazionale sia consuetudinario che pattizio. Ciò non esclude che il legislatore italiano possa predisporre un trattamento più favorevole, ponendosi così a modello di riferimento per la comunità internazionale. . 110 p. A Parte Seconda S. Si noti, infine, che l’Italia riconosce (ex art. 10 Cost., co. 3) il diritto di asilo a tutti gli stranieri ai quali nel Paese di provenienza non sia garantito l’esercizio delle libertà democratiche riconosciute dalla nostra Costituzione, cioè a coloro che siano vittime di regimi illiberali che il nostro sistema democratico non può tollerare, aprendo così a costoro, con le tutele, prescrizioni e garanzie previste, le porte del nostro Paese. br i 11 bis. I limiti alla libera circolazione e l’Accordo di Schengen ht © Es se li Il diritto dei cittadini dell’Unione europea di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri non implica, tuttavia, la soppressione dei controlli alle frontiere interne, dal momento che la stessa legislazione comunitaria prevede l’obbligo di esibire un valido documento di identità all’atto dell’attraversamento dei confini da uno Stato all’altro. La soppressione degli obblighi di controllo alle frontiere (se non giustificati da motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale) si applica soltanto agli Stati che hanno aderito all’Accordo di Schengen del 1985: in pratica tutti gli Stati membri dell’Unione europea (cui si aggiungono l’Islanda e la Norvegia) con l’eccezione del Regno Unito e dell’Irlanda, che non hanno aderito al Trattato, e di Cipro, della Romania e della Bulgaria, che non hanno ancora perfezionato tutti gli strumenti necessari per attuare il Trattato. L’adesione all’Unione europea, infatti, non significa automaticamente che un nuovo Stato membro sia autorizzato ad applicare l’integralità dell’acquis di Schengen, poiché a tal fine è necessaria una specifica decisione del Consiglio previa constatazione che lo Stato membro ha raggiunto il livello richiesto di sicurezza alle frontiere esterne. ig Istituti collegati: Convenzione Europea dei Diritti Umani; diritti dell’uomo; trattati internazionali e condizione di reciprocità. yr 12. In quali casi si può derogare alla riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost.? op Riferimenti normativi: art. 13 Cost., art. 6 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea C Definizione: chiarire in quali casi può essere derogata la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost. . A 111 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. Elenco caratteristiche: individuare le deroghe alla riserva di giurisdizione e la loro disciplina: • ragioni eccezionali di necessità ed urgenza che impediscano il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria; • le ipotesi devono essere tassativamente previste dalla legge; • in ogni caso la decisione definitiva spetta alla autorità giudiziaria in sede di convalida dei provvedimenti provvisori. br i Paralleli e differenze: la disciplina della libertà individuale nell’art. 26 dello Statuto albertino. Articolazione della risposta ht © Es se li L’art. 13 Cost., a tutela dell’inviolabilità della libertà personale, riserva all’autorità giudiziaria (7) il potere di assumere decisioni (8) relative alla restrizione di tale diritto fondamentale che è considerato un «diritto naturale» dell’individuo anche a livello internazionale. Tuttavia, la norma consente una deroga a favore del potere esecutivo (cioè autorità di pubblica sicurezza) qualora sussistano ragioni eccezionali di necessità ed urgenza che impediscano il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria. La previsione di tali casi deve essere tassativamente contenuta nella legge, cui la disposizione costituzionale riserva tale compito. Il codice di procedura penale, infatti, disciplina l’arresto in flagranza e il fermo di polizia (9), individuandone in modo dettagliato i presupposti e i limiti (10). Peraltro la deroga alla riserva di giurisdizione è soltanto temporanea, in quanto i provvedimenti adottati dalla polizia giudiziaria devono essere C op yr ig (7) La scelta dell’autorità giudiziaria per l’adozione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è una importante garanzia derivante dalla terzietà della stessa che, come tale, è libera da qualsiasi condizionamento (così come non potrebbe essere l’autorità amministrativa e, segnatamente chi svolge, in condizioni di sottoposizione gerarchica, attività di polizia). (8) Tali decisioni riguardano la detenzione (privazione della libertà personale), l’ispezione personale (perquisizione o esame diretto della persona alla ricerca, ad esempio, di tracce o corpo di reato) o qualsiasi restrizione che, comunque, non rientri nelle prime tre, a garanzia totale della persona umana. (9) Arresto in flagranza e fermo di polizia costituiscono misure precautelari di tipo custodiale, consentite soltanto in relazione alle ipotesi di delitto più gravi, per le quali, cioè, sia prevista una pena superiore ai limiti indicati dalle disposizioni codicistiche. (10) Dalla lettura combinata degli artt. 13 e 27, co. 3, in base al quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, l’Autorità giudiziaria, anche in applicazione della misura restrittiva, non può esercitare violenze o altre forme di coercizione fisica o morale sulla persona del fermato. . 112 p. A Parte Seconda br i S. comunicati all’autorità giudiziaria entro 48 ore e nelle successive 48 ore devono essere convalidati. Le considerazioni sopra esposte consentono di evidenziare le differenze rispetto alla tutela della libertà personale prevista dallo Statuto albertino. L’art. 26 dello Statuto, infatti, si limitava a riconoscere genericamente il principio di libertà individuale, ma rimandava poi alla legge tutta la disciplina delle limitazioni a tale diritto, senza che fosse prevista alcuna riserva di giurisdizione. Istituti collegati: diritti fondamentali; riserva di legge; riserva di giurisdizione. li 13. Cosa si intende per libertà di domicilio? se Riferimenti normativi: artt. 14, 32, 41, 53 Cost., art. 7 Carta diritti fondamentali U.E. Definizione: chiarire il significato della libertà di domicilio. Es Elenco caratteristiche: individuare i diversi significati della libertà di domicilio: • libertà di scegliere il luogo dove stabilire il proprio domicilio; • libertà di svolgere all’interno del proprio domicilio qualsiasi attività lecita; • diritto di impedire a chiunque, se non nei casi autorizzati dalla legge, di violare il proprio domicilio. © Altri elementi essenziali: la nozione di domicilio, le limitazioni della libertà di domicilio previste dalle leggi speciali. ht Articolazione della risposta yr ig L’art. 14 Cost. tutela la libertà personale nella sua proiezione spaziale, ossia la libertà di domicilio (10), che ne rappresenta una delle più importanti espressioni in quanto inscrive in un ambito più ampio la sfera di libertà del singolo. Nella disciplina costituzionale tale libertà è considerata intangibile, anche se il potere giudiziario e le autorità di polizia possono adottare misure C op (10) Rispetto al territorio l’individuo ha tre sedi in opzione: il domicilio che è il centro degli affari e degli interessi: pertanto ciascuno può avere un domicilio commerciale e uno fiscale, etc. La dimora che è il luogo dove esso si trova temporaneamente. La residenza che è data dalla dimora abituale. A queste tre sedi fanno capo diversi tipi di norme. . A 113 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà Es se li br i S. restrittive (12) nei soli casi ed in presenza delle particolari garanzie previsti dalla legge (13). Tale diritto consiste innanzitutto nella libertà di scegliere il luogo dove stabilire il proprio domicilio, nonché di svolgervi ogni attività lecita che si desideri. Inoltre tale libertà consiste anche nel diritto di impedire a chiunque, al di fuori dei casi consentiti, di violare il proprio domicilio. Quest’ultimo va identificato in qualunque spazio dal quale il titolare ha il diritto di escludere i terzi per realizzare la propria vita affettiva o i propri interessi spirituali, culturali e sociali. Rientrano in tale definizione, pertanto, non solo la propria abitazione privata, ma anche il luogo dove si svolge la propria attività lavorativa, una camera d’albergo o qualunque dimora occasionale (anche la stessa autovettura), purché risultino isolati dall’ambiente esterno. Una regola sempre valida prevista dall’art. 14, co. 3 riguarda gli accertamenti e le ispezioni dovuti a motivi di sanità e incolumità pubblica (art. 32 Cost.), fini economici (art. 42 Cost.) e fiscali (art. 53 Cost.), che sono previsti per motivi di interesse pubblico e disciplinati da leggi speciali. Istituti collegati: diritti fondamentali; riserva di legge. © 14. In quali modi può essere limitata la libertà e segretezza della corrispondenza? Riferimento normativo: art. 15 Cost. ig ht Definizione: chiarire come la Costituzione disciplina le limitazioni alla libertà e segretezza della corrispondenza. C op yr (12) Le misure previste dall’art. 14 Cost. riguardano le ispezioni locali (dirette ad accertare in un dato luogo la presenza delle tracce o di altri effetti materiali del reato, art. 246 c.p.p., artt. 118, 258-260 c.p.c.), le perquisizioni (tese ad acquisire il corpo del reato o cose pertinenti al reato: artt. 247-252 c.p.p.), i sequestri (vincoli di indisponibilità che spossessano temporaneamente il titolare del bene per accertare se lo stesso sia prova di reato (artt. 253-265 c.p.p.), per evitare la perdita di garanzie reali per il pagamento di eventuali pene pecuniarie, spese di giustizia etc. (artt. 316-320 c.p.p.) o per interrompere eventuali attività criminose (artt. 321-323 c.p.p.)). (13) Le garanzie, in particolare, riguardano l’atto motivato dell’autorità giudiziaria e la previsione legale dei casi e modi di eventuali limitazioni connessi alla gravità dei reati presunti, con le eccezioni di cui all’art. 13 Cost. (vedi domanda precedente). . 114 p. A Parte Seconda S. Elenco caratteristiche: individuare le tutele predisposte dall’ordinamento: • riserva di legge; • riserva di giurisdizione che non ammette deroghe; • obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. Altri elementi essenziali: i casi in cui la libertà di corrispondenza è limitata. i Articolazione della risposta op yr ig ht © Es se li br L’art. 15 Cost. tutela la libertà e segretezza dell’espressione del proprio pensiero a soggetti specificamente determinati, ossia la corrispondenza. In tale ambito rientrano diverse forme di comunicazione: da quella epistolare, telegrafica e telefonica sino alle nuove tecnologie di comunicazione quali, ad esempio, la posta elettronica. La disposizione costituzionale tutela sia la libertà di comunicare con altri soggetti, sia quella di mantenere segreta tale comunicazione (14). A tutela di tale diritto la Costituzione prevede una riserva di legge e una riserva di giurisdizione. Le limitazioni, quindi, possono avvenire soltanto nei casi e con le garanzie stabilite dalla legge e per atto motivato dell’autorità giudiziaria. In questo caso la riserva di giurisdizione è assoluta, non essendo previsto neppure l’intervento preventivo dell’autorità di pubblica sicurezza per motivi di necessità ed urgenza. Va peraltro evidenziato che la Corte costituzionale ha riconosciuto, in tema di fermo postale di corrispondenza, la possibilità di interventi amministrativi purché presentino carattere meramente strumentale e siano diretti esclusivamente a sollecitare l’intervento del giudice. L’evoluzione delle tecniche di investigazione criminale ha reso già da tempo possibile il ricorso a forme di controllo occulto delle comunicazioni private, tra le quali hanno un rilievo preminente le intercettazioni telefoniche. In base alla disciplina dettata dal codice di procedura penale, esse possono essere autorizzate dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, quando vi siano gravi indizi di reato e l’intercettazione risulti assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. La durata dell’intercettazione non può superare i quindici giorni, ma può essere prorogata dal giudice, con decreto motivato per periodi successivi di quindici giorni, sempre che permangano i presupposti sopra indicati. C (14) Malgrado il costituente non specifichi il destinatario della tutela (chi spedisce o chi riceve, cioè autore o destinatario) a tali due soggetti è riconosciuta pari tutela e dignità. . 115 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. Per quanto concerne le ipotesi in cui la libertà di corrispondenza può essere limitata, la legge prevede casi legati alla capacità giuridica dei soggetti coinvolti, ad esempio carcerati, minori, infermi di mente, falliti, oppure situazioni in cui viene in rilievo l’interesse pubblico a reprimere i reati e a perseguire in giudizio coloro che delinquono. br i Istituti collegati: diritti fondamentali; riserva di legge; riserva di giurisdizione. li 15. I cittadini possono riunirsi pacificamente e senza armi? Differenza tra riunione e associazione se Riferimenti normativi: artt. 15 e 18 Cost.; artt. 654 e 655 c.p.; L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori); Disp. finale Cost. n. XII. Concetto iniziale: la disciplina costituzionale del diritto di riunione. Es Altri elementi essenziali: la differenza tra diritto di riunione e diritto di associazione. Articolazione della risposta yr ig ht © Le riunioni sono convegni temporanei e volontari di più persone nello stesso luogo, sia esso pubblico o privato. L’art. 17 Cost. esclude la necessità del preavviso (15) alle autorità sia per le riunioni in luogo privato che per quelle aperte al pubblico (16), in cui l’accesso del pubblico è soggetto a regole determinate (selezione all’ingresso, esibizione di titoli di legittimazione, orari di apertura e chiusura). Tale obbligo sussiste, invece, qualora le riunioni si svolgano in un luogo pubblico, pur essendo interpretabile come mero obbligo di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza (e non di richiesta di autorizzazione). La nostra Costituzione limita il riconoscimento del diritto di riunione ai soli cittadini ma, in considerazione della partecipazione dell’Italia a numerose convenzioni internazionali che tale diritto riconoscono, e alla luce delle previsioni del testo unico sull’immigrazione, che estendono a tutti gli stranieri i diritti fondamentali riconosciuti dal diritto interno, dalle convenzio- C op (15) Il preavviso consiste in una comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza al f ine di consentire a quest’ultima di assolvere le proprie funzioni di vigilanza a tutela dei partecipanti. (16) Aperto al pubblico è quel luogo privato al quale è consentito l’accesso di una serie di persone anche non predeterminate (ad es.: un cinema, un teatro, uno stadio). . 116 p. A Parte Seconda S. ni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti, tale diritto è ormai patrimonio di tutti coloro che risiedono in Italia. Il Costituente, però, impone che tali riunioni costituiscano confronti civili, corretti, democratici e soprattutto pacifici, in cui i partecipanti possano essere facilmente identificati (17). br i 15 bis. Qual è la differenza tra diritto di riunione e diritto di associazione? yr ig ht © Es se li L’art. 18 Cost. disciplina il diritto di associazione, che è anch’esso costituzionalmente garantito, ma che — al contrario del diritto di riunione — non necessita del preavviso richiesto in caso di riunione in luoghi pubblici (piazze etc.). La Costituzione non fornisce una definizione del concetto di associazione, la cui determinazione è pertanto affidata all’interprete. Si può dire che il nucleo essenziale di tale fenomeno è dato dalla circostanza che più persone decidano di svolgere insieme una data attività per raggiungere i fini più vari e che l’elemento distintivo rispetto alla riunione sia costituito dal carattere di stabilità che contraddistingue la cooperazione tra gli associati. La libertà di associazione soggiace a particolari limiti posti a tutela di interessi costituzionali di pari rango, come l’ordine pubblico. In particolare sono vietate le associazioni segrete, quelle che perseguono anche indirettamente scopi politici mediante organizzazione di carattere militare, le associazioni sovversive e quelle antinazionali (artt. 270 e ss. c.p.). La Costituzione menziona e disciplina due particolari forme di associazionismo, quello sindacale (art. 39) e quello partitico (art. 49) che sono oggetto di specifiche norme costituzionali. Su queste ultime, comunque, la dizione costituzionale è sempre piuttosto generica per consentire a tali forme associazionistiche di crescere e svilupparsi senza alcuna preclusione normativa. op Istituti collegati: diritto di riunione; Stato fascista. C (17) La presenza di partecipanti coperti da caschi protettivi o altri mezzi che rendano difficoltoso il riconoscimento può, secondo la giurisprudenza, costituire causa di scioglimento se tali soggetti non possono essere facilmente isolabili e identificabili. . A S. 16. Quali sono i limiti alla libertà di associazione? Le associazioni segrete e le associazioni militari 117 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà br i Riferimenti normativi: art. 18, co. 2 Cost., XII disp. transitoria della Costituzione; artt. 270, 270bis (associazioni sovversive), 271 (associazioni antinazionali), 305 (cospirazione politica mediante associazioni), 306 (banda armata), 416 (associazioni per delinquere), 416bis (associazioni di tipo mafioso anche straniere) c.p.; D.Lgs. 43/1948 (divieto di associazioni di carattere militare); L. 17/1982 (scioglimento loggia P2); L. 55/1990 (norme antimafia). Definizione: chiarire in quali casi la Costituzione limita il diritto di associarsi. Articolazione della risposta se li Elenco caratteristiche: individuare tali casi: • il perseguimento di fini penalmente illeciti; • il carattere segreto dell’associazione; • le associazioni politiche a carattere paramilitare. yr ig ht © Es L’art. 18 Cost. riconosce e garantisce il diritto fondamentale di associazione. La nostra Costituzione è una delle più garantiste in materia, in quanto ritiene meritevole di tutela ogni associazione indipendentemente dal fine perseguito, purché si tratti di finalità che non sono vietate dalla legge penale. Al riguardo si noti che, mentre il regime fascista prevedeva un regime autorizzatorio da parte del Prefetto per ogni singola associazione, oggi per espresso dettato costituzionale, non è richiesta nessuna forma di autorizzazione: la Corta Costituzionale, infatti, con sentenza del 1967, n. 114 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 210 del TULPS (773/1931) che richiedeva il controllo dell’autorità amministrativa. Sono, quindi, ammissibili anche associazioni politiche che propugnano una forma diversa di potere rispetto all’attuale ordinamento democratico, purché ciò non avvenga attraverso metodi penalmente illeciti o sotto forma di associazioni segrete e sempreché l’attività di tali associazioni non inciti alla commissione di reati. L’unica eccezione è rappresentata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta la riorganizzazione sotto ogni forma del disciolto partito fascista. op 16 bis. Cosa sono le associazioni segrete? C L’art. 18 vieta, tuttavia, che l’associazione possa avere carattere di segretezza. La L. 17/1982 ha chiarito che per associazione segreta si deve . 118 p. A Parte Seconda li br i S. intendere quella che, occultando la propria esistenza, anche all’interno di associazioni palesi, o tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali, ovvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte ed anche reciprocamente, i nominativi dei soci, svolga attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, di enti pubblici nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale. Il legislatore, attuando il dettato costituzionale, non ha quindi vietato le associazioni segrete in sé, ma in quanto tale segretezza sia orientata a realizzare pericolose e incontrollabili interferenze nella vita economica, politica e democratica del Paese, come ad esempio si è verificato con le Logge Massoniche e la P2. se 16 ter. Il concetto di associazioni di carattere militare ig ht © Es Il secondo tipo di associazione vietata è quella che persegue, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Le associazioni che rientrano in tale categoria, così come individuate dal D.Lgs. 43/1948, sono quelle costituite mediante inquadramento degli associati in corpi, reparti o nuclei, con disciplina e ordinamento gerarchico interno analoghi a quelli militari, con l’eventuale adozione di gradi o di uniformi, e con un’organizzazione atta anche all’impiego collettivo di azioni di violenza o di minaccia. Il fine del divieto è quello di impedire l’esistenza di organizzazioni in cui lo spirito individuale venga coartato e sottomesso ai fini politici dell’associazione stessa. Il «fine politico» è, quindi, essenziale per vietare le organizzazioni paramilitari, come si evince dal fatto che l’associazione dei Boy Scout, che persegue invece fini solidali ed umanitari, è assolutamente lecita pur operando con uniformi e articolazioni interne di tipo gerarchico. C op yr Istituti collegati: diritto di riunione; delitti contro l’ordine pubblico; delitti contro la personalità dello Stato. . 119 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà 17. Quali sono i limiti alla libertà di manifestazione del pensiero? S. Riferimento normativo: art. 21 Cost.; L. 3-8-2007, n. 124. li Articolazione della risposta br Elenco caratteristiche: individuare tali limiti: • il buon costume; • la riservatezza e l’onorabilità della persona; • il segreto giudiziario; • il segreto di Stato; • l’apologia di reato. i Definizione: individuare i limiti alla libertà di manifestazione del pensiero. Es se L’art. 21 Cost. riconosce la libertà di manifestazione del pensiero, intesa come diritto assoluto e non funzionale. Ciò comporta che il diritto di manifestare il proprio pensiero non può essere condizionato ai contenuti che attraverso di esso si veicolano. La Costituzione italiana ammette, cioè, il dissenso più ampio, anche quello volto a mettere in discussione l’organizzazione e i principi che reggono la nostra Repubblica, purché ciò non si concretizzi in comportamenti penalmente rilevanti che costituiscano autonome figure di reato. © 17 bis. Esistono particolari limiti all’esercizio di tale libertà? ig ht La libertà di manifestazione del pensiero, pur essendo riconosciuta in termini molto ampi, non è per questo del tutto esente da limitazioni. Una di esse è espressamente prevista dall’art. 21 Cost., che vieta le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. yr Con tale espressione si intende il comune senso del pudore e della pubblica decenza, secondo il sentimento medio della comunità sociale. Non si tratta di un concetto morale, ma di un limite volto a garantire soprattutto coloro che, come i minori, richiedono forme di tutela più avanzata in considerazione della loro delicata fase di sviluppo psichico e morale. C op Altri limiti alla libertà di manifestazione del pensiero possono ricavarsi, a contrario, da altre norme che tutelano interessi costituzionalmente rilevanti. Il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero non può, infatti, ledere diritti fondamentali come la dignità, l’onore, la riservatezza. Tali valo- . 120 p. A Parte Seconda 17 ter. Cos’è il segreto di Stato? li br i S. ri sono tutelati sia a livello penale, attraverso la configurazione di reati come la diffamazione, l’ingiuria e l’oltraggio, che a livello civile. Altri limiti derivano dal tipo particolare di attività cui afferiscono, come nel caso del segreto giudiziario, giustificato dall’obbligo costituzionale di garantire il buon andamento della giustizia e allo stesso tempo anche la reputazione degli imputati, in omaggio al principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza dell’indagato/imputato fino all’emanazione della sentenza definitiva (art. 27 Cost.). Anche l’apologia di reato costituisce un limite alla manifestazione del pensiero, in quanto essa rappresenta un comportamento idoneo a provocare delitti e quindi penalmente illecito. © Es se Il segreto di Stato, invece, copre tutti gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altro dato la cui comunicazione sia idonea a recare danno all’integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi e alla difesa militare dello Stato. In questo caso vengono tutelati interessi molteplici, che si ricollegano al dovere di difesa della Patria, alla sicurezza nazionale, alla saldezza complessiva delle istituzioni democratiche della Repubblica. ht 17 quater. Il legislatore prevede forme di diffusione mediatica diverse dalla parola e dallo scritto? op yr ig Il Costituente, con molta lungimiranza, nel redigere il testo della Costituzione, ha utilizzato la generica espressione «ogni altro mezzo di diffusione», che oggigiorno ci consente di ricomprendere, oltre alla stampa, tutti gli altri mass media che l’evoluzione tecnologica è in grado di produrre. Radio, televisione, cinema, internet costituiscono i nuovi mezzi di diffusione del pensiero, in relazione ai quali trovano applicazione i principi democratici, pluralisti e di libertà enunciati dalla Costituzione con riferimento ai tradizionali mezzi di espressione del pensiero. C Istituti collegati: diritti fondamentali; pluralismo ideologico. . A 121 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà 18. Come si articola la libertà di informazione? S. Riferimento normativo: artt. 21 e 27 Cost. e Dichiarazione Universale dei diritti dell’umo. br i Oggetto: • libertà di informazione; • libertà di stampa; • libertà di antenna. Articolazione della risposta Es se li La libertà di manifestazione del pensiero viene concretamente esercitata attraverso una pluralità di mezzi, tra i quali rientrano la stampa, la telediffusione e la radiodiffusione, la pubblica affissione, gli spettacoli pubblici, le nuove tecnologie applicate alla comunicazione (internet etc.), di cui l’ordinamento deve garantire un ampio e democratico regime di pubblicità. La manifestazione del pensiero attraverso tali strumenti divulgativi rappresenta quel particolare aspetto del diritto sancito (anche se non esplicitamente) dall’art. 21 Cost., che viene denominato «libertà d’informazione». Essa si articola in una pluralità di diritti: di informare, di informarsi e di essere informati. ig ht © La libertà di informazione, che rientra nella più generale libertà di manifestazione del pensiero, trova il suo fondamento costituzionale, oltre che nell’art. 21 Cost., anche in tutte quelle libertà che garantiscono una scelta (in quanto per scegliere occorre prima «conoscere»), nonché nelle disposizioni che garantiscono il pieno sviluppo della persona umana (artt. 2 e 3 Cost.), l’uguaglianza dei cittadini (art. 3 Cost.) e la partecipazione alla organizzazione del Paese (art. 3, co. 2, Cost.). Il principio della libertà di informazione deve, inoltre, considerarsi giuridicamente vigente in Italia anche per effetto dell’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 10 dicembre 1948), nel quale si riconosce ad ogni individuo il diritto di ricercare informazioni e notizie servendosi di qualsiasi mezzo, anche oltrepassando le frontiere nazionali (LOIODICE). C op yr L’art. 21 Cost., redatto ed ideato in un’epoca in cui i mezzi di comunicazione di massa erano modesti, così come è concepito oggi non fornisce adeguata garanzia al pluralismo dell’informazione. Con l’evoluzione dei media, infatti, si rende necessario garantire — contro ogni tentativo monopolistico — il pluralismo dei mezzi di comunicazione per consentire a tutti di venire a conoscenza anche delle opinioni del dissenso e di quelle non «gradite» ai detentori del potere, alle lobbies economiche, ai gruppi . 122 p. A Parte Seconda S. dominanti, soprattutto se proprietari di importanti concentrazioni di testate giornalistiche o reti televisive. 18 bis. Come viene disciplinata la libertà di stampa? Es se li br i Il più antico, ma anche uno dei più importanti ed incisivi mezzi di manifestazione del pensiero, è la stampa. L’art. 21 Cost. sancisce in materia i seguenti principi: — esclusione di ogni forma di autorizzazione preventiva. Infatti chi intende pubblicare un libro o uno stampato non deve chiedere alcun consenso preventivo per poterlo diffondere (art. 21, co. 2); — esclusione di ogni forma di censura successiva alla redazione dello stampato, ma antecedente alla sua pubblicazione (art. 21, co. 2); — disciplina legislativa delle ipotesi di sequestro dello stampato. Questa misura repressiva posta in essere per impedirne la diffusione, dunque, deve seguire particolari procedure a garanzia della libertà di stampa (art. 21, co. 3 e 4); — possibilità di stabilire con legge dei controlli sui mezzi di finanziamento della stampa periodica (art. 21, co. 5). ht © La L. 416/1981 (Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria), modificata dalla L. 62/2001, prevede una dettagliata disciplina (sotto la tutela dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) per individuare i titolari delle imprese editoriali (che per motivi di trasparenza devono essere solo persone fisiche) ed impedire la concentrazione delle testate, che comporta pericolose situazioni monopolistiche nel settore e fa venire meno il regime di libera pubblicità della stampa. Per garantire il pluralismo ideologico e dell’informazione, sono considerati nulli tutti gli atti che, realizzando il trasferimento di testate (in qualsiasi forma e titolo), hanno per effetto la costituzione di una posizione dominante (cfr. art. 3, L. 67/1987); C op yr ig — la previsione della facoltà del legislatore di adottare controlli preventivi e mezzi repressivi contro la stampa che offenda il buon costume (art. 21, ult. co.). Il sequestro delle pubblicazioni, secondo il dettato dell’art. 21, co. 3, Cost. è possibile «solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria, nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge prescrive per l’individuazione dei responsabili». Al di fuori di questi due casi la Corte costituzionale ha ritenuto illegittimo ogni tipo e forma di sequestro di stampati. . A 123 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. Quando vi sia una assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che entro le 24 ore devono fare denuncia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle 24 ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto (art. 21, comma 4, Cost.). li br i La L. 47/1948 (Legge sulla stampa) prevede, inoltre, il divieto della stampa anonima, in quanto si pone in contrasto con i principi e le libertà costituzionali, essendo finalizzata ad occultare possibili soggetti responsabili di eventuali illeciti penali in essa contenuti. Per questo motivo tutte le pubblicazioni devono riportare le generalità ed il domicilio dello stampatore e dell’editore. Il codice penale si occupa dei reati commessi a mezzo stampa negli artt. 57-58bis come risultano dalle modifiche apportate dalla L. 127/1958. se 18 ter. In cosa consiste il diritto di cronaca? yr ig ht © Es Il diritto di cronaca costituisce una specificazione della libertà di manifestazione del pensiero (contra CHIOLA e BARILE). Infatti, il cronista non si limita solo a riferire e diffondere le notizie, ma altresì le interpreta e le commenta. L’attività del giornalista, cioè, non è mai «neutrale»; i fatti che vengono riferiti sono sempre in qualche modo influenzati dalle opinioni del cronista (CRISAFULLI e PIZZORUSSO) e, pertanto, la cronaca rappresenta, comunque, il risultato della elaborazione del pensiero dello stesso. Il diritto di cronaca presenta però alcuni limiti interni ed esterni che non possono essere travalicati: — i limiti interni: individuabili nella rilevanza pubblico-sociale, nella verità almeno soggettiva dei fatti riferiti (verificati, cioè, scrupolosamente) e, inoltre, nella forma utilizzata per la narrazione che non deve concretarsi in un linguaggio di per sé offensivo; — i limiti esterni, invece, sono finalizzati alla tutela di altri interessi rilevanti, come l’interesse ad una efficace amministrazione della giustizia (segreto di determinati atti o fasi processuali) o l’interesse alla difesa nazionale (segreto di Stato). C op Un’importante forma di tutela di cui gode il singolo per difendersi da un uso scorretto del diritto di cronaca è il diritto di rettifica (art. 42, L. 416/1981), che consente alla persona coinvolta dalla diffusione di notizie false o inesatte di chiedere la correzione o precisazione delle stesse. . 124 p. A Parte Seconda 18 quater. È ammessa la censura sugli spettacoli cinematografici e televisivi? S. L’art. 21 della Costituzione vieta non solo le pubblicazioni a stampa, ma anche gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. se li br i A questo scopo la L. 161/1962 prevede un articolato sistema di censura preventiva, ampiamente modificato da una serie di interventi normativi successivi. Tale legge oggi dispone un sistema di controllo per i film soggetti al nulla osta di un’apposita Commissione, che ne condiziona l’ingresso nel circuito distributivo o può apporre il divieto ai minori di 14 o 18 anni per la visione pubblica. Per quanto riguarda le opere teatrali, invece, un colpo definitivo alla censura è stato assestato dal D.Lgs. 3/1998, che ha abrogato gli artt. 11 e 12 della L. 161/1962. Di conseguenza, non è più richiesto alcun nulla osta per la rappresentazione di lavori teatrali in rivista o commedia musicale né per l’ammissione dei minori agli spettacoli. Restano, invece, in vigore le disposizioni concernenti gli spettacoli cinematografici e i programmi radio-televisivi, a tutela della particolare sensibilità dei minori. 18 quinquies. La disciplina della radiotelevisione C op yr ig ht © Es Nell’ultimo mezzo secolo un importante mezzo di manifestazione del pensiero, nonché strumento di diffusione di idee e notizie, è stata la radiotelevisione. La disciplina fondamentale di tale mezzo di comunicazione è ora contenuta nel D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico della radiotelevisione), predisposto in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 16 della L. 3 maggio 2004, n. 112 (meglio conosciuta come legge Gasparri), che elenca all’art. 3 i principi fondamentali che regolano il sistema radiotelevisivo italiano, così come garantiti dalla Costituzione, dal diritto comunitario, dalle norme internazionali vigenti nell’ordinamento italiano e dalle leggi statali e regionali: — la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva; — la tutela della libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la libertà di opinione e quella di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza limiti di frontiere; — l’obiettività, la completezza, la lealtà e l’imparzialità dell’informazione; — l’apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose; — la salvaguardia delle diversità etniche e del patrimonio culturale, artistico e ambientale, a livello nazionale e locale; . 125 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà li br i S. — il rispetto delle libertà e dei diritti, in particolare della dignità della persona; — la promozione e tutela del benessere, della salute e dell’armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore. Si tratta di principi faticosamente affermatisi negli ultimi decenni, frutto di un assetto del sistema radiotelevisivo italiano che ha conosciuto una evoluzione del tutto particolare. La storia dell’emittenza radiotelevisiva in Italia è stata, infatti, caratterizzata da ricorrenti interventi della Corte costituzionale, anche per supplire alle carenze del legislatore che per diversi anni non è stato in grado di elaborare una compiuta disciplina della materia (e, quando lo ha fatto, in genere si è limitato a ratificare la situazione già esistente). se Istituti collegati: diritti fondamentali; libertà di manifestazione del pensiero. Es 19. Sono ammissibili trattamenti sanitari obbligatori? I trattamenti volti ad accertare l’infezione da HIV. Il caso dei testimoni di Geova e dell’eutanasia consensuale Riferimento normativo: art. 32 Cost. © Definizione: chiarire in quali casi la Costituzione ammette la possibilità di trattamenti sanitari obbligatori. ht Elenco caratteristiche: individuare le cautele imposte dalla Costituzione all’ammissibilità di tali trattamenti, consistenti nella previsione di una riserva di legge rinforzata. ig Altri elementi essenziali: le analisi volte ad accertare l’infezione da HIV. Articolazione della risposta op yr L’art. 32 Cost. disciplina i «trattamenti sanitari», vale a dire tutte quelle attività diagnostiche e terapeutiche volte a prevenire e curare le malattie, di regola volontari (18), e le sottopone ad una disciplina rigorosa. C (18) Non esiste, infatti, un obbligo generico per i cittadini di curarsi se la legge non lo prevede e, comunque, i trattamenti sanitari obbligatori non possono mai ledere la dignità dell’individuo. . 126 p. A Parte Seconda Es se li br i S. Innanzitutto tali trattamenti non sono finalizzati solo a tutelare la salute del singolo individuo, ma anche a garantire lo stato di salute di terzi o dell’intera collettività. Questo limite non è espressamente previsto dall’art. 32 Cost., ma può implicitamente ricavarsi dalla definizione del «diritto alla salute» come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. In secondo luogo i trattamenti sanitari obbligatori possono, secondo il dettato costituzionale, essere disposti esclusivamente per legge. Si tratta di una riserva relativa di legge, nel senso che la legge dovrà fissare le linee essenziali della materia, demandando a fonti di rango subordinato e a provvedimenti concreti l’attuazione della disciplina. Si tratta inoltre di una riserva rinforzata, in quanto la disciplina di legge non potrà, comunque, mai violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana e della sua «dignità», in quanto rientranti nella categoria dei «diritti dell’uomo». Si tratta, infine, di una riserva di legge statale, affinché sia garantita l’uguaglianza di trattamento di tutti i cittadini a prescindere dalla Regione di residenza. 19 bis. Qual è la posizione della Corte costituzionale nel caso dei trattamenti volti ad accertare l’infezione da HIV? yr ig ht © Un caso emblematico esaminato dalla Corte costituzionale in tema di trattamenti sanitari obbligatori riguarda la disciplina dei trattamenti volti ad accertare l’infezione da HIV (cfr. Corte cost. 218/1994). La Corte ha ritenuto incostituzionale la norma che non prevedeva, limitatamente alle attività che per la loro particolare natura presentano il serio rischio di trasmissione dell’infezione (nel caso di specie si trattava di un’operatrice sanitaria), la possibilità di trattamenti sanitari, con garanzie di riservatezza, anche contro la volontà degli interessati. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il diritto alla salute implica e comprende anche il dovere dell’individuo di non ledere né porre in pericolo, con il proprio comportamento, la salute altrui. C op Pertanto, nel caso di accertamenti circoscritti sia nella determinazione dei destinatari, costituendo un onere per poter svolgere una determinata attività, sia nel contenuto degli esami, possono essere ritenuti costituzionalmente legittimi i trattamenti sanitari obbligatori, finalizzati a tutelare la salute dei terzi in ogni settore nel quale esista per essi il serio rischio di contagio trasmissibile. . A 127 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà 19 ter. Esiste un diritto a non curarsi? li br i S. Sebbene esso non sia espressamente previsto dalla legge, deve ritenersi che l’individuo, in quanto capace di intendere e di volere, abbia il diritto (ad esempio per motivi religiosi) di non accettare determinati trattamenti medici e lasciarsi morire. Di fronte al rifiuto della cura da parte del diretto interessato, c’è spazio per una strategia della persuasione da parte del medico, perché il compito di quest’ultimo è anche quello di offrire il supporto della massima solidarietà concreta nelle situazioni di debolezza e di sofferenza del paziente; e c’è, prima ancora, il dovere di verificare che quel rifiuto sia informato, autentico ed attuale. Es se Ma allorché il rifiuto abbia tali connotati non c’è possibilità di disattenderlo in nome di un dovere di curarsi come principio di ordine pubblico. Il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale. 19 quater. Può un malato terminale chiedere l’eutanasia? ht © È importante chiarire che il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, giacché tale rifiuto esprime piuttosto un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale. C op yr ig Tale fondamentale distinzione è alla base di una recentissima sentenza della Cassazione (n. 21748/2007) relativa ad un caso balzato agli onori della cronaca, in cui si afferma che quando il paziente è completamente incapace di esprimersi in merito alla prosecuzione del trattamento sanitario, esiste un principio generale, ricavabile da disposizioni interne e di accordi internazionali (in particolare la Convenzione di Oviedo che, pur se non ancora ratificata dall’Italia, rappresenta uno strumento interpretativo delle norme interne), secondo il quale in questi casi è il rappresentante legale del paziente a dover consentire al trattamento medico o dissentire dalla prosecuzione dello stesso sulla persona dell’incapace. Tuttavia, in questi casi egli deve agire non solo ricercando la soluzione migliore per il paziente, ma decidendo insieme con l’incapace, quindi ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente e tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, della sua personalità, del suo stile di vita, delle sue inclinazioni, dei suoi valori di riferimento e delle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche. . 128 p. A Parte Seconda S. Istituti collegati: diritto alla salute; consenso informato del paziente; responsabilità del medico. i 20. Quando si può definire politico un reato ai sensi dell’art. 26 Cost.? Il problema dell’estradizione br Riferimenti normativi: artt. 26 Cost. e 8 c.p.; artt. 13 c.p. e 697-713 c.p.p. (estradizione); L. Cost. 1/1967 (estradizione per motivi di genocidio); L. 69/2005 (mandato d’arresto europeo). li Definizione: chiarire la natura del reato politico ai fini del divieto di estradizione previsto dall’art. 26 Cost. e il medesimo fondamento con diritto di asilo. se Elenco caratteristiche: specificare le diverse concezioni di reato politico: • la nozione di reato politico presente nel codice penale; • la diversa ratio del divieto di estradizione per reati politici nella Costituzione. Es Altri elementi essenziali: l’esclusione del genocidio dalla nozione di reato politico. Articolazione della risposta C op yr ig ht © L’art. 26 Cost. vieta l’estradizione del cittadino italiano che abbia commesso reati politici. La disposizione va letta in combinato disposto con l’art. 10 Cost., che applica analogo divieto all’estradizione degli stranieri. L’estradizione è una forma di collaborazione fra Stati per la repressione della delinquenza consistente nell’obbligo assunto da uno Stato nei confronti di un altro di consegnare all’autorità giudiziaria straniera richiedente un soggetto, imputato o condannato per un reato commesso nel territorio dello Stato straniero, in modo che in esso abbia luogo il giudizio o l’esecuzione della pena. L’estradizione viene distinta in attiva e passiva, avendosi riguardo nel primo caso allo Stato richiedente l’individuo da consegnare e nel secondo caso allo Stato richiesto. La Costituzione, tuttavia, non fornisce autonoma definizione di reato politico, che si ritrova, invece, nell’art. 8 del codice penale. Secondo questa disposizione omnicomprensiva è delitto politico l’azione mirata ad offendere la personalità dello Stato o un diritto politico del cittadino, sia in via diretta ed intrinseca, sia in via indiretta, attraverso azioni aventi un fine in tutto o in parte politico. . A 129 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà 20 bis. Perché vige il divieto di estradizione per motivi politici? yr ig ht © Es se li br i S. La nozione di delitto politico contenuta nel codice penale (di matrice fascista) è, in realtà, ispirata da finalità repressive volte far valere la potestà punitiva dello Stato italiano, mentre la Costituzione, attraverso il divieto di estradizione per motivi politici, intende proteggere gli imputati o condannati da possibili persecuzioni politiche penali da parte dello Stato estero. I valori tutelati dall’art. 26 Cost. sembrano, quindi, essere gli stessi a fondamento del riconoscimento del diritto di asilo, compiuto dall’art. 10, co. 3 Cost. a favore di coloro ai quali sia impedito nel proprio paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche proclamate e garantite dalla Costituzione italiana. Pertanto, l’assenza di una definizione di reato politico nella Costituzione è, ad opinione di una parte della dottrina, soltanto apparente, in quanto tale previsione va ricavata dall’insieme dei principi costituzionali, ed in particolare dai co. 1 e 3 dell’art. 10 Cost., che impone all’ordinamento giuridico italiano di conformarsi alle norme generalmente riconosciute e ai trattati internazionali. L’estradizione va, quindi, negata tutte le volte in cui il reato politico sia commesso contro regimi non democratici, o comunque sia un fatto commesso per affermare un diritto di libertà garantito dalla Costituzione italiana. Non possono, comunque, essere compresi nel novero dei reati politici quei reati esclusi espressamente dalle norme internazionali, come, ad esempio, le azioni terroristiche che, costituendo un pericolo collettivo per la vita, l’integrità fisica o la libertà delle persone o facendo ricorso a mezzi crudeli, sono considerate dal diritto internazionale come delitti contra iura gentium (crimini contro l’umanità). È opportuno sottolineare che il legislatore, nel momento in cui ha voluto derogare alla nozione di delitto politico ricavabile dall’art. 8 c.p., lo ha fatto introducendo una norma costituzionale specifica. La L. cost. 1/1967, infatti, ha espressamente chiarito che nella nozione di delitto politico rilevante ai fini del divieto di estradizione non possono mai rientrare i delitti di genocidio. C op Ciò perché il Costituente proietta e difende sul piano internazionale, con il supporto di numerose convenzioni internazionali orientate in tal senso, l’ideale di libertà e giustizia che persegue. Ciò giustifica la norma costituzionale che vieta di «consegnare» allo Stato straniero colui che si oppone ad un regime non democratico che nega ai suoi sudditi le libertà . 130 p. A Parte Seconda S. universalmente riconosciute e tutelate dalle Convenzioni internazionali e che rientrano nel coacervo dei «diritti dell’uomo»; ma non può invece giustificare l’attivazione della garanzia del divieto di estradizione per reati commessi contro l’umanità, come il genocidio. 20 ter. Può concedersi l’estradizione per un reato per il quale nel Paese richiedente è prevista la pena di morte? li br i In forza dell’art. 27, comma 4, l’estradizione non può essere concessa dallo Stato italiano anche se lo Stato estradante, che prevede tale pena, dia al nostro Stato «sufficienti assicurazioni» che al reo estradato non verrà applicata la pena di morte. Ciò perché il bene essenziale della tutela della vita impone una «garanzia assoluta» da parte dello Stato straniero (Corte cost. 223/1996). 21. Chi è il giudice naturale? se Istituti collegati: Convenzioni internazionali; diritti di asilo; reati politici. Es Articolazione della risposta C op yr ig ht © In base all’art. 25 Cost. «Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge». Per giudice naturale precostituito per legge si intende l’ufficio giudiziario individuato dalla legge sulla base di criteri precisi e predeterminati rispetto all’insorgere della controversia. Tali criteri sono enunciati dalle norme che regolano la competenza per materia, per valore, per territorio o funzionale, che identificano in concreto il giudice chiamato a risolvere controversie. La prescrizione normativa che identifica ex ante la figura del «giudice naturale» ha il fine di escludere che tale individuazione possa avvenire ad opera di autorità diverse dal Parlamento (come il Governo o i capi degli uffici giudiziari o la stessa Corte di Cassazione), e impone al legislatore di operare sempre sulla base di una disciplina a carattere generale, senza introdurre eccezioni singolari ai criteri prefissati, in vista di una determinata controversia (vedi infra amplius Parte Settima, domanda n. 2). In tal modo il Costituente, assieme al divieto di istituire tribunali speciali, garantisce sempre la corretta terzietà della figura del giudice per ciascun processo. . A 131 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. 22. Perché la responsabilità penale ex art. 27 della Costituzione deve considerarsi «personale»? Articolazione della risposta © Es se li br i La responsabilità è la relazione tra un fatto e le sue conseguenze riferite ad un soggetto. Come tale può anche ricadere su terzi, come quella dei genitori sui danni dei figli, o dei datori di lavoro su quelle dei dipendenti ed è civilmente risarcibile. Quando, però, il nesso è tra un fatto costituente reato e i suoi effetti, il nostro ordinamento richiede che la persona fisica (non giuridica) sia l’unica responsabile per il fatto proprio con il conseguente divieto di imputare la responsabilità a terzi. È così venuto meno il concetto di responsabilità oggettiva che ricadeva, ad esempio, per i reati commessi a mezzo stampa in capo al direttore responsabile per eventuali articoli diffamatori o penalmente sancibili commessi da chi redige l’articolo incriminato. Questa, comunque, è una questione molto dibattuta, in quanto, il direttore responsabile è comunque imputabile per culpa in vigilando per non aver controllato con attenzione il contenuto illegale dell’articolo pubblicato. ht 23. La Costituzione tutela la concorrenza? La disciplina nazionale ed europea L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ig Riferimenti normativi: artt. 41 e 117, co. 2, lett. e) Cost.; L. 281/1998 (diritti dei consumatori); D.Lgs. 206/2005 (Codice del consumo). yr Definizione: chiarire che la tutela della libera iniziativa economica include anche la tutela della concorrenza C op Elenco caratteristiche: specificare in che modo la tutela della concorrenza sia ricavabile dal principio della libera iniziativa economica: • il riconoscimento della libertà di iniziativa economica vale sia nei confronti dei poteri pubblici che nei confronti degli altri imprenditori; • l’adesione dell’Italia all’Unione europea, che annovera fra i suoi fini istitutivi la tutela della concorrenza; • il riconoscimento di un autonomo valore giuridico con la L. 287/1990; . 132 A p. • Parte Seconda l’espresso riconoscimento costituzionale della tutela della concorrenza come compito istituzionale dello Stato nel novellato articolo 117 Cost. S. Articolazione della risposta se li br i L’art. 41 Cost. riconosce la libertà di iniziativa economica privata. Tale riconoscimento viene affermato innanzitutto nei confronti dei pubblici poteri, che possono indirizzare e condizionare l’iniziativa economica attraverso programmi e controlli in linea con l’indirizzo economico-finanziario previsto dal programma di governo, ma non sopprimerla del tutto, se non nei casi e secondo le modalità previste dall’art. 43 Cost. (fini espropriativi per pubblico interesse). La libertà di iniziativa economica, tuttavia, vale anche nei confronti degli altri soggetti che intraprendono un’attività economica. In tale ottica, deve essere negata ogni pretesa di esclusiva a vantaggio dell’imprenditore che, per primo, ha assunto una nuova iniziativa economica. In questo modo la garanzia dell’iniziativa economica evolve in tutela della concorrenza. 23 bis. Cosa stabilisce la disciplina europea? © Es Tale evoluzione è, peraltro, in linea con l’adesione dell’Italia alla Comunità europea, il cui Trattato istitutivo attribuisce alla Comunità il compito di introdurre un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno europeo. In omaggio all’art. 11 Cost., lo Stato italiano accetta tale limitazione della sovranità. ht 23 ter. La disciplina nazionale e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato yr ig Nel nostro ordinamento, una disciplina nazionale a tutela della concorrenza è stata posta soltanto a partire dalla L. 287/1990. Tale corpus normativo si ispira largamente ai principi comunitari, che espressamente vietano tutte le pratiche che abbiano per effetto od oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza. La legge ha istituito un’Autorità amministrativa indipendente (19), l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, cui è demandato il com- C op (19) Le autorità amministrative indipendenti sono enti o organi pubblici, indipendenti dal Governo, autonomi sotto il profilo organizzativo, finanziario e contabile, con competenze specifiche, che fanno sentire la loro voce nel paese vigilando sul corretto funzionamento e sul rispetto delle regole di concorrenza e in altri campi come le comunicazioni, i mercati finanziari, le assicurazioni e i servizi di pubblica utilità. . A 133 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà br i S. pito di vigilare sul rispetto della normativa antitrust, con ampi poteri di istruttoria e decisionali per il mantenimento e il ripristino di condizioni di concorrenza effettiva. Lo Stato, in linea con i dettami comunitari, è quindi impegnato a garantire una struttura concorrenziale del mercato attraverso interventi che correggano le eventuali disfunzioni del mercato stesso. Tale compito è stato espressamente riconosciuto anche a livello costituzionale dal novellato art. 117 Cost., che lo affida alla legislazione esclusiva statale, cioè allo Stato considerato nella sua unità. li Istituti collegati: espropriazione; mercato unico europeo; divieto di aiuti statali alle imprese. se 24. I sindacati attualmente operanti in Italia sono registrati? Es Riferimenti normativi: artt. 39 e 18 Cost.; art. 28 Carta diritti fondamentali dell’Unione europea; artt. 2067-2071 e 2077 c.c.; L. 300/1970 (statuto dei lavoratori); art. 36 Cost. Definizione: chiarire il significato della «registrazione» dei sindacati nell’ordinamento italiano e spiegare i motivi per cui attualmente i sindacati italiani non sono registrati. ig ht © Caratteristiche: individuare i contenuti della libertà di associazione sindacale: • la Costituzione riconosce il concetto di pluralismo sindacale, la libertà di associazione sindacale e il concetto di tutela degli interessi collettivi; • la registrazione rappresenta un onere per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica e l’efficacia erga omnes dei contratti da essi stipulati; • i sindacati attualmente operanti in Italia sono associazioni non riconosciute e l’art. 39 Cost., che impone ai sindacati registrati un ordinamento interno a base democratica, non ha mai trovato, sotto questo aspetto, applicazione. Articolazione della risposta op yr L’art. 39 Cost. riconosce la libertà dei lavoratori di organizzarsi sindacalmente. Tale riconoscimento, che si collega alla libertà di associazione (vedi ante domanda n. 16), implica sia la libertà di costituire anche più sindacati (cd. pluralismo sindacale) (20) per una medesima categoria, sia C (20) Conseguenza del pluralismo sindacale è che tutte le associazioni sindacali possono svolgere liberamente la loro attività e che a tutti i sindacati sono riconosciuti identici diritti. . 134 p. A Parte Seconda br i S. la libertà dei singoli lavoratori (subordinati o autonomi) di scegliere il sindacato cui aderire o di non aderire a nessuno di essi. La Costituzione stabilisce che l’unico obbligo che può essere imposto ai sindacati è quello della registrazione. In realtà, più che di obbligo si tratta di un onere, adempiendo il quale i sindacati possono acquisire la personalità giuridica e stipulare contratti collettivi che acquisiscono efficacia erga omnes, nei confronti cioè di tutti i lavoratori della categoria rappresentata, indipendentemente dalla loro adesione al sindacato. Condizione per la registrazione è il possesso di uno statuto che sanzioni un ordinamento interno a base democratica. li 24 bis. Che senso ha un ordinamento interno a base democratica? ht © Es se È questo un requisito indispensabile per l’ottenimento della registrazione del sindacato, purché tale «democraticità» si traduca nell’adozione di una serie di regole interne che consentano la piena partecipazione di tutti i lavoratori iscritti, la tutela delle «voci minoritarie», il carattere elettivo delle cariche sociali, il rispetto del principio di maggioranza. Le previsioni costituzionali in tema di registrazione non hanno, tuttavia, mai trovato attuazione, e pertanto i sindacati che operano attualmente in Italia costituiscono, come del resto i partiti, associazioni non riconosciute prive di personalità giuridica. Tale scelta è stata storicamente motivata anche dal timore che, attraverso l’introduzione di una disciplina di controlli finalizzati a verificare il carattere democratico degli ordinamenti interni in vista della registrazione, si consentisse qualsiasi forma di ingerenza statale nell’organizzazione e nell’attività dei sindacati. 24 ter. Cosa sono i contratti collettivi con efficacia obbligatoria? C op yr ig I contratti collettivi stipulati da tali associazioni sono, quindi, contratti di diritto comune i quali, come tutti i contratti, hanno efficacia soltanto per le parti che li stipulano. Tuttavia, per evitare disparità di trattamento fra i lavoratori, l’efficacia di tali contratti, malgrado la mancata registrazione, almeno per quanto riguarda la retribuzione, viene, di fatto estesa a tutti lavoratori della categoria; tali contratti acquistano così un’efficacia erga omnes, consentendo a tutti i lavoratori di beneficiare dei vantaggi derivanti dalla stipula (Cassaz. 2490/80, 5576/80, 190/81). . A 135 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà br i S. Il fondamento giuridico di tale estensione trova riscontro nel combinato disposto dell’art. 36 Cost., che riconosce al lavoratore il diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente, e dell’art. 2099 c.c., che attribuisce al giudice il compito di definire la misura della retribuzione in assenza di accordo fra le parti. Il giudice, infatti, fa riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di categoria, in particolar modo di quelli sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, per integrare il parametro costituzionale dell’art. 36 Cost. che richiede una retribuzione proporzionata al lavoro svolto e, comunque, sufficiente ad assicurare al prestatore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. se li Istituti collegati: libertà di associazione; pluralismo sindacale; effetti del contratto. 25. La Costituzione riconosce il diritto di sciopero senza alcun limite? Es Riferimenti normativi: art. 40 Cost. e art. 28 Carta diritti fondamentali dell’Unione europea; L. 146/1990 (esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali); L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori). Definizione: chiarire la natura giuridica del diritto di sciopero e precisare i limiti a cui viene assoggettato il suo esercizio. ig ht © Elenco caratteristiche: individuare i contenuti del diritto di sciopero: • lo sciopero viene considerato dalla Costituzione non solo come un’attività lecita, ma addirittura come un vero e proprio diritto; • la Costituzione riserva alla legge il compito di regolare il diritto di sciopero; • una regolamentazione del genere è stata introdotta soltanto con riferimento allo sciopero nei servizi pubblici essenziali; • in ogni caso la tutela del diritto di sciopero va bilanciata con quella di altri valori e interessi costituzionalmente rilevanti. yr Paralleli e differenze: sciopero e serrata; limiti soggettivi. Articolazione della risposta C op Lo sciopero consiste nell’astensione collettiva e concertata dal lavoro e rappresenta una forma di autotutela collettiva che i lavoratori hanno a disposizione per tutelare i propri interessi collettivi e sostenere le proprie rivendicazioni sociali ed economiche. . 136 p. A Parte Seconda br i S. Esso, in particolare, rappresenta un diritto soggettivo pubblico (21) di libertà che trova tutela anche a livello europeo (art. 28 Carta dei diritti fondamentali dell’U.E.), e tende a restituire al lavoratore, contraente più debole nel contratto di lavoro, almeno una parte della sua capacità contrattuale. La titolarità di tale diritto spetta a ciascun prestatore di lavoro (sia pubblico che privato), che lo può esercitare a prescindere dall’eventuale benestare dei sindacati. Lo sciopero è quindi un diritto individuale quanto alla sua titolarità, ma collettivo quanto al suo esercizio. se li Di fronte a tale fenomeno, l’ordinamento giuridico può in astratto considerarlo un’attività penalmente illecita sanzionandolo, oppure reputarlo un’attività lecita ma non riconosciuta, e, quindi, non tutelata. Traducendosi in una sospensione dell’adempimento degli obblighi contrattuali, lo sciopero potrebbe essere sanzionato civilmente dal datore di lavoro. ig ht © Es La Costituzione riconosce un vero e proprio diritto di sciopero, per cui il lavoratore che vi aderisce non solo non è penalmente sanzionabile, ma non può neppure essere oggetto di alcuna sanzione da parte del datore di lavoro. L’art. 40 Cost. riserva alla legge il delicato e difficile compito di disciplinare l’esercizio del diritto di sciopero. Ciò è avvenuto, esclusivamente con riferimento ai servizi pubblici essenziali, da parte della L. 146/1990: in tale settore, infatti, una disciplina di tale diritto appariva improcrastinabile in quanto entrano in gioco valori costituzionalmente rilevanti come i diritti della persona alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà di comunicazione. In caso di violazione dei suddetti vige in capo al Governo un diritto cd. di precettazione, ovvero l’ordine obbligatorio ai lavoratori di prestare la propria opera nonostante l’indizione dello sciopero. Del resto, ogni riconoscimento di un diritto fondamentale impone un bilanciamento fra valori ed interessi costituzionalmente rilevanti, nessuno dei quali può essere integralmente sacrificato a favore dell’altro (22). C op yr (21) Essendo l’esercizio dello sciopero un diritto soggettivo, la L. 604/1966 e poi lo statuto dei lavoratori (artt. 15, 16, 28) hanno dichiarato nullo il licenziamento del lavoratore determinato dalla partecipazione ad attività sindacale e, segnatamente, allo sciopero. (22) Proprio per l’importanza dei servizi pubblici essenziali si è tentata una autoregolamentazione degli stessi, richiedendo, per tali servizi, un congruo preavviso e un minimo di funzionalità dei servizi. Ciò ha portato all’affermazione del principio della «limitazione regolamentata» a difesa dei citati diritti costituzionalmente garantiti. Il mancato rispetto di tale principio legittima le autorità preposte alla cd. precettazione, cioè l’ordine obbligatorio ai prestatori di prestare la propria opera anche se è stato proclamato lo sciopero. . A 137 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà 25 bis. Possono esercitare il diritto di sciopero indistintamente tutte le categorie di lavoratori? br i S. No, è inammissibile per alcune categorie di lavoratori (militari, forze di polizia etc.), la cui eventuale astensione può ledere fondamentali e irrinunciabili beni e diritti costituzionalmente protetti (difesa dello Stato, libertà dei cittadini, ordine pubblico etc.). Così la L. 382/1978 all’art. 8 fa divieto ai militari di esercitare il diritto di sciopero e la L. 121/1981 fa altrettanto per gli appartenenti alla Polizia di Stato. 25 ter. Qual è la differenza tra sciopero e serrata? Es se li Dalle considerazioni su esposte, appare evidente la differenza, dal punto di vista costituzionale, fra lo sciopero e la serrata, ossia l’interruzione unilaterale delle attività produttive e delle prestazioni contrattuali da parte del datore di lavoro, consistente nella chiusura degli opifici e di tutti i luoghi dove si svolge normalmente l’attività produttiva. La serrata, in passato, era considerata vietata ex art. 520 c.p. Con sentenza 29/ 1960 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale norma, definendo la serrata «atto penalmente non vietato», ma, a differenza dello sciopero, privo di alcun riconoscimento costituzionale (artt. 505, 506, 507 c.p.). © Istituti collegati: forme anomale di sciopero e loro ammissibilità; sciopero politico. ig ht 26. Quali sono i criteri che ispirano il sistema tributario italiano? La capacità contributiva. La posizione dello straniero. La progressività dell’imposta yr Riferimenti normativi: artt. 2, 53 e 23 Cost.; L. 212/2000 (Disposizioni in materia di statuto del contribuente); L. 80/2003 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale). Definizione: chiarire i criteri in base ai quali deve organizzarsi il sistema tributario italiano. C op Elenco caratteristiche: individuare i due criteri affermati dall’art. 53 Cost.: • il principio della capacità contributiva; • il principio della progressività del sistema tributario. . 138 p. A Parte Seconda Articolazione della risposta se li br i S. L’art. 53 Cost. afferma che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e che il sistema tributario è informato a criteri di progressività. La disposizione in esame rappresenta una specificazione dei doveri inderogabili di solidarietà richiamati dall’art. 2 Cost., in quanto consente alla Repubblica di usufruire, attraverso il prelievo fiscale, delle risorse necessarie per predisporre servizi pubblici atti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini. Se il potere impositivo costituisce un sacrificio economico per il cittadino, è pur vero che questi trae vantaggio dalla contribuzione in quanto essa consente di finanziariare l’erogazione dei servizi pubblici che consentono la vitalità e lo sviluppo della società (23). 26 bis. Cosa si intende per capacità contributiva? ht © Es Il principio della capacità contributiva esprime la regola fondamentale che presiede alla creazione ed alla ripartizione dei tributi tra i consociati: esso vincola il legislatore a rapportare l’imposizione tributaria all’attitudine economica di ciascuno a sostenerne il peso, in modo che ognuno concorra alle spese pubbliche in ragione dell’attitudine medesima. La capacità contributiva presuppone, dunque, una certa ricchezza in capo al contribuente. Ne deriva che essa può essere riconosciuta ad un soggetto solo sulla base di indici obiettivi (quali il reddito complessivo, il patrimonio, etc.) che ne consentano l’adeguata valutazione. Il presupposto di ciascun tributo deve essere attuale ed effettivo. op yr ig «Attuale» significa che l’imposizione tributaria non può legittimamente colpire redditi o patrimoni che, pur economicamente valutabili, non siano più in grado, a causa della loro collocazione temporale, di assicurare al soggetto passivo le risorse con le quali adempiere l’obbligazione tributaria posta a suo carico. «Effettivo» significa, invece, che la base imponibile deve essere valutata secondo un riscontro di elementi reali e concreti e non secondo criteri e metodi di determinazione dell’imponibile elaborati in termini astratti e forfettari o su medie. C (23) Il potere impositivo spetta al Parlamento relativamente all’istituzione dei tributi, con l’ausilio del Governo, titolare dell’indirizzo di programmazione economica, per la determinazione delle singole aliquote. . 139 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà br i S. La capacità contributiva rappresenta, quindi, un limite alla discrezionalità del legislatore, anche se il controllo della Corte costituzionale si limita al profilo della non arbitrarietà e non irrazionalità dell’intervento legislativo. Il legislatore ed il Governo godono, quindi, di un ampio margine di scelta sia rispetto alla tipologia delle imposte che alla loro misura, in quanto tali determinazioni scaturiscono da una valutazione complessiva della situazione economica del Paese e delle esigenze della spesa pubblica oltre che dalla ideologia del governo, cioè se orientato a privilegiare i prestatori di lavoro o le classi più abbienti. li 26 ter. Cosa si intende per progressività dell’imposta? ht © Es se Il principio della capacità contributiva (che rappresenta la misura della partecipazione di ciascun contribuente alla spesa pubblica) costituisce l’applicazione in campo tributario del principio di eguaglianza formale, in quanto richiede una imposizione eguale per situazioni omogenee e un trattamento tributario diseguale per redditi diversi. Il principio di progressività, al contrario, si ispira al principio di eguaglianza sostanziale in quanto sulla sua base è possibile prevedere che l’obbligo impositivo non sia stabilito solo in misura proporzionale al reddito individuale delle persone fisiche, bensì sia funzione crescente della capacità contributiva del contribuente singolo. La progressività deve interessare non i singoli tributi, ma il sistema tributario nel suo complesso in ossequio al dovere di solidarietà sancito dall’art. 2 della Costituzione. 26 quater. Anche gli stranieri sono tenuti a pagare i tributi? op yr ig Con l’espressione «tutti» il Costituente accoglie il principio della universalità della imposta, in quanto l’obbligazione tributaria colpisce indistintamente cittadini, stranieri e apolidi purché producano redditi in Italia e limitatamente alla produzione di essi e senza applicare aliquote discriminatorie. Nessuna discriminazione, comunque, può essere fatta a svantaggio degli stranieri imponendo ad essi imposte specifiche legate alla loro condizione di estraneità. C Istituti collegati: doveri inderogabili; principio di eguaglianza. . 140 p. A Parte Seconda S. 27. In che modo è possibile oggi adempiere al sacro dovere della difesa della Patria? Il passaggio dal servizio di leva obbligatorio a quello volontario Riferimenti normativi: art. 52 Cost.; D.Lgs. 215/2001, L. 231/2001, L. 226/2004 (trasformazione del servizio militare e sospensione del servizio militare obbligatorio). br i Definizione: chiarire che il dovere della difesa della Patria può essere realizzato sia attraverso il servizio militare che quello civile. Elenco caratteristiche: individuare i due modi in cui la Patria può essere servita: • il servizio militare obbligatorio; • il servizio civile non armato. Articolazione della risposta se li Altri elementi essenziali: il passaggio dal servizio di leva obbligatorio a quello volontario. Es L’art. 52 Cost. definisce come «sacro» il dovere di difendere la Patria. Il carattere sacro di tale dovere lo pone in una condizione di preminenza rispetto agli altri doveri inderogabili sanciti dall’art. 2 Cost., in quanto il suo adempimento condiziona l’esistenza stessa dello Stato. C op yr ig ht © La Costituzione individuava una delle modalità attraverso le quali tale dovere deve essere adempiuto, il servizio militare obbligatorio. Tuttavia, la Corte costituzionale ha precisato che sono ammissibili altre forme di attuazione del dovere patriottico ugualmente capaci di realizzare il precetto costituzionale, pur sempre riconducibili all’idea di difesa o «servizio» della Patria. Su questa base è stata riconosciuta l’obiezione di coscienza come diritto soggettivo dell’individuo che, per contrarietà all’uso delle armi, non accetti l’arruolamento nelle forze armate, preferendo impegnarsi in attività socialmente utili come l’assistenza, la tutela dell’ambiente, la salvaguardia del patrimonio culturale. La L. 772/1972 ha così introdotto il servizio civile sostitutivo degli obblighi di leva, diverso per natura e autonomo rispetto al servizio militare. La materia è oggetto in questi ultimi anni di una profonda rivisitazione, in quanto il modello di difesa armata ereditato dalla Rivoluzione francese, basato sulla leva maschile obbligatoria, è ormai in crisi in tutto il mondo e viene gradualmente sostituito da un servizio militare volontario su base professionale. Venute meno le preoccupazioni che l’esistenza di un corpo armato di professionisti possa pericolosamente determinare il distacco delle forze armate dalla vita democratica del paese ed emersa, nel contempo, l’esigenza di disporre di uno strumento elastico ed efficace di intervento armato nelle diverse aree di crisi presenti a livello mondiale, oggi la difesa della Patria è assicurata da un servizio militare di tipo volontario. . A 141 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà 27 bis. Qual è la situazione attuale? se li br i S. La L. 331/2000, e i successivi provvedimenti di attuazione, fra i quali il D.Lgs. 215/2001 e la L. 226/2004, prevedono la sospensione del servizio militare obbligatorio a partire dal 1° gennaio 2005. Tale previsione è coerente con il disposto costituzionale, che rinvia alla legge circa i limiti dell’obbligatorietà del servizio militare, ma non sembra consentire una volontarietà assoluta dello stesso. La L. 231/2000, infatti, consente comunque di reclutare su base obbligatoria, salvo quanto previsto in materia di obiezione di coscienza, per far fronte ad insufficienze di organico non colmabili mediante il richiamo in servizio di personale militare volontario cessato dal servizio da non più di cinque anni. Tale reclutamento è ammesso, però, soltanto qualora lo stato di guerra, ovvero una grave crisi internazionale nella quale l’Italia sia coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale, giustifichino, un aumento della consistenza numerica delle forze armate. Es 27 ter. In cosa consiste il servizio civile nazionale? ht © A seguito della riforma della leva, il servizio civile sostitutivo oggi si chiama servizio civile nazionale, che consiste nella possibilità (non nell’obbligo), offerta ai giovani di entrambi i sessi, con età compresa fra i 18 e i 28 anni, di dedicare un anno della propria vita ad attività sociali retribuite che spaziano dai settori della difesa non armata della patria al sostegno ai bisognosi, alla salvaguardia del patrimonio culturale ed ambientale, etc. ig Istituti collegati: doveri inderogabili; Stato democratico; democraticità delle forze armate. yr 28. La famiglia di fatto è compatibile con il concetto di famiglia enunciato dalla Costituzione? op Riferimenti normativi: art. 29 Cost.; L. 151/1975 ( riforma del diritto di famiglia); art. 9 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. C Definizione: chiarire che il riconoscimento della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio non esclude la rilevanza giuridica della famiglia di fatto composta da persone che convivono senza essere sposate. . 142 p. A Parte Seconda S. Elenco caratteristiche: individuare l’evoluzione del concetto di famiglia: • secondo un orientamento originario, la famiglia riconosciuta a livello costituzionale è soltanto quella fondata sul matrimonio, religioso o civile; • una diversa connotazione della famiglia, intesa come strumento per la piena realizzazione degli interessi dei suoi componenti, favorisce il tendenziale riconoscimento anche della famiglia di fatto; • la famiglia di fatto caratterizzata da stabilità come formazione sociale in cui si realizza lo sviluppo della personalità umana. br i Altri elementi essenziali: il riconoscimento della non irragionevolezza di una disciplina giuridica della famiglia di fatto. li Articolazione della risposta Es se L’art. 29 Cost. riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Tale formulazione ha fatto in un primo tempo ritenere che la famiglia rappresentasse una formazione sociale preesistente al diritto, centro autonomo di situazioni giuridiche che i suoi membri esercitano non in quanto individui, bensì come appartenenti al gruppo. Questa società naturale, inoltre, sarebbe unicamente quella fondata sul matrimonio, per cui ogni forma di convivenza che non fosse legittimata dal crisma sacramentale (matrimonio religioso) o dal riconoscimento legale dello stato civile (matrimonio civile), sarebbe confinata nel giuridicamente irrilevante. ht © Tuttavia, l’interpretazione delle norme costituzionali ha subìto nel tempo un’evoluzione in coerenza con l’evoluzione sociale dei rapporti familiari. In particolare, si è ritenuto che la nozione di famiglia richiamata dall’art. 29 Cost. debba necessariamente risentire della concezione della stessa nei diversi momenti storici in cui la norma viene chiamata ad operare. C op yr ig Da ciò discende che i diritti della famiglia riconosciuti dalla Costituzione non sono i diritti della famiglia intesa come istituzione, ma costituiscono, invece, un’espressione sintetica per indicare i diritti dei singoli nell’ambito della relazione familiare. La famiglia, cioè, costituisce una delle formazioni sociali in cui si realizza lo sviluppo della personalità umana ai sensi dell’art. 2 Cost., a prescindere dall’evento-matrimonio. Questa evoluzione della nozione di famiglia ha reso possibile un nuovo orientamento sulla rilevanza giuridica delle famiglie di fatto, ossia di quelle convivenze non fondate sul matrimonio, ma pur sempre caratterizzate da stabilità dei rapporti ed eventualmente dall’assunzione di obblighi di mantenimento, educazione ed istruzione della prole. . A 143 p. Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà li br i S. La Corte costituzionale ha riconosciuto in alcune sue pronunce la posizione di privilegio attribuita dall’art. 29 Cost. alla famiglia legittima, individuando in essa una forma giuridicamente organizzata di convivenza, caratterizzata da certezza, stabilità di rapporti e serietà d’impegno, che si contrappone alla convivenza di fatto fondata, invece, sulla libera e sempre revocabile scelta di convivere, senza necessaria corrispettività di diritti e doveri. Tuttavia, la Corte ha anche ritenuto la famiglia di fatto meritevole di tutela qualora sia caratterizzata da un legame consolidato di stabilità, non risultando irragionevole una disciplina di rango legislativo che, pur riservando a tale forma di convivenza un’ampia autonomia, responsabilizzi i soggetti che ne fanno parte per tutelare in particolare i più deboli, soprattutto per gli aspetti patrimoniali. se 28 bis. I coniugi, in veste di educatori dei propri figli, sono in posizione di eguaglianza? ig ht © Es La disciplina del codice civile (1942) in passato si presentava fortemente discriminatoria in quanto la figura paterna, in veste di capofamiglia, era considerata, in primis, responsabile dell’educazione dei minori, come tale era esclusivo titolare della cd. «patria potestà». Con la riforma del diritto di famiglia (1975) è stato stabilito il piano di assoluta parità dei genitori che sono contitolari, allo stesso modo, della potestà parentale nell’esecizio della potestà sui figli e nel diritto-dovere all’assistenza dei figli minori. In conseguenza a tale principio si parla più frequentemente di imporre al figlio in aggiunta a quello del padre, anche il cognome della madre, come del resto da tempo in uso in numerosi paesi stranieri. 28 ter. Qual è il valore delle unioni omosessuali? C op yr Le unioni tra omosessuali che presentano le stesse caratteristiche della famiglia di fatto (stabilità etc.), pur essendo già riconosciute in alcuni paesi europei (es. Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi), non ricevono nel nostro ordinamento nessuna disciplina giuridica a causa del prevalente giudizio di riprovazione espresso dall’opinione pubblica e per la decisa posizione in merito delle gerarchie ecclesiastiche. Ciò spiega il silenzio in materia della Corte. . 144 p. A Parte Seconda Istituti collegati: doveri inderogabili; formazioni sociali. S. È da notare che la decisione di condividere l’esistenza riconosciuta è tutelata dall’ordinamento italiano solo se i conviventi sono di sesso diverso, altrimenti essi sono ignorati dal diritto. Ciò crea una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale che viola l’insopprimibile diritto di uguaglianza rispetto al sesso e di realizzazione della persona (art. 2 e 3 Cost.). br i 29. Quali sono le caratteristiche dei diritti sociali? Definizione: chiarire la natura giuridica dei diritti sociali (artt. 2, 3, 4, 31, 32, 33, 34 Cost.). Es se li Elenco caratteristiche: individuare le caratteristiche dei diritti sociali: • i diritti sociali sono diritti ad ottenere prestazioni da parte dei pubblici poteri; • il riconoscimento di tali diritti nella Costituzione italiana connota la Repubblica come Stato sociale; • anche se presuppongono un’attività da parte dei pubblici poteri, il loro riconoscimento costituzionale produce di per sé effetti giuridicamente vincolanti; • il contenuto essenziale di tali diritti non può essere compresso, anche se il legislatore può realizzare un bilanciamento fra gli stessi e le esigenze di finanza pubblica o di funzionalità dell’organizzazione; • una forma di tutela di tali diritti è la pronuncia di incostituzionalità delle leggi che riconoscono determinati benefici nella parte in cui escludono alcune categorie di possibili beneficiari. © Articolazione della risposta C op yr ig ht I diritti sociali sono quelle situazioni giuridiche attive il cui contenuto, a differenza dei diritti di libertà, è rappresentato da prestazioni che vengono fornite dai pubblici poteri. Il loro riconoscimento nel testo della Costituzione connota la forma di Stato italiana come «Stato sociale» (vedi Parte Prima, domanda n. 14bis), in quanto attraverso la loro attuazione la Repubblica, si impegna a superare gli ostacoli che impediscono la piena partecipazione dei lavoratori (rectius dei cittadini) alla vita economica, sociale e politica del paese. In tal modo si realizza l’aspirazione all’uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.), limitata, però, allo sviluppo della persona e alla partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Tuttavia, per la loro stessa natura i diritti sociali richiedono la predisposizione di una disciplina di rango legislativo e una effettiva attività dei pubblici poteri, volta a eseguire le prestazioni che ne costituiscono . 145 p. A Principi fondamentali della Costituzione Repubblicana e diritti di libertà S. il contenuto. Le norme costituzionali che li riconoscono delineano un programma immediato per il legislatore, ma ciò non significa che tali norme non abbiano anche un’efficacia giuridicamente vincolante (art. 4 Cost.). Il diritto al lavoro, ad esempio, oltre a costituire un principio ispiratore di politiche volte a realizzare e conservare la piena occupazione, di per sé implica anche la libertà di ciascun individuo di prestare l’attività lavorativa più adeguata alle sue aspirazioni e il diritto del lavoratore di conservare il proprio posto di lavoro contro ogni forma di licenziamento arbitrario. ig ht © Es se li br i Il legislatore, pur avendo ampi margini di discrezionalità nell’attuazione delle norme programmatiche che riconoscono i diritti sociali, non può mai arrivare al punto di comprimere il loro contenuto minimo, essenziale ed inderogabile. Sono, tuttavia, consentiti bilanciamenti fra il diritto alla prestazione ed eventuali esigenze di finanza pubblica o di funzionalità dell’organizzazione dei pubblici poteri che sono chiamati alla erogazione. La Corte costituzionale è in diverse ipotesi intervenuta a pronunciare l’incostituzionalità di leggi che prevedevano l’erogazione di determinati benefici discriminando irrazionalmente fra situazioni sostanzialmente simili. In questi casi la Corte è intervenuta mediante sentenze additive (vedi Parte Ottava, domanda n. 12 bis), al fine di includere categorie di beneficiari che la legge originariamente escludeva. La stessa Corte, tuttavia, in alcuni casi ha tenuto presente proprio le esigenze di finanza pubblica, pronunciando sentenze di incostituzionalità accertata ma non dichiarata, oppure sentenze-monito (vedi Parte Ottava, domanda n. 12 bis) nei confronti del legislatore, o ancora sentenze di incostituzionalità differita. Tali pronunce mirano sostanzialmente a differire nel tempo le ricadute sulla spesa pubblica di un riconoscimento diffuso di diritti di prestazione, oppure ad attivare un intervento del legislatore tutte quelle volte in cui l’effettiva realizzazione di un diritto sociale consente una pluralità di scelte discrezionali. yr Istituti collegati: sentenze della Corte costituzionale; doveri inderogabili; Stato sociale. op 30. La libertà di insegnamento e la libertà di istituire scuole Riferimento normativo: art. 33 Cost. C Definizione: le finalità del riconoscimento della libertà di insegnamento. . 146 p. A Parte Seconda i S. Elenco caratteristiche: individuare i limiti del riconoscimento della libertà d’insegnamento: • è una libertà personale del docente in qualunque ordine e grado di scuola; • è riconosciuta a vantaggio dell’insegnamento in sé e di coloro che lo ricevono, ossia gli alunni e la società in generale; • può subire delle limitazioni nell’ambito del bilanciamento con altri valori costituzionalmente rilevanti come la libertà della scuola. br Articolazione della risposta Es se li L’art. 33 Cost. riconosce la libertà di insegnamento, intesa come libertà personale del docente, detta «autonomia didattica», ossia libertà diretta a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni, pur nel rispetto della loro libertà di coscienza senza esercitare pressioni ideologiche o politiche. Il docente, cioè, è libero di professare qualsiasi tesi o dottrina e di svolgere l’insegnamento con un proprio metodo. In quanto tale, la libertà di insegnamento è funzionale non tanto al docente, quanto ai discenti e più in generale alla società che, attraverso tale forma di pluralismo, può progredire e rinnovarsi. La libertà di insegnamento si sostanzia nella: © — libertà di manifestare il proprio pensiero (art. 21 Cost.) con ogni mezzo possibile di diffusione; — libertà di professare qualunque tesi o teoria si ritenga degna di accettazione; — libertà di svolgere il proprio insegnamento secondo il metodo che appaia opportuno adottare. ht È riconosciuta al docente la libertà di esercitare le sue funzioni didattiche e di ricerca scientifica senza vincoli di ordine politico, religioso o, comunque, ideologico. yr ig La libertà di insegnamento trova tuttavia dei contemperamenti allorché si esplichi nelle scuole private di tendenza, ossia in quelle particolari organizzazioni scolastiche o universitarie che sono portatrici di precisi fedi religiose o particolari indirizzi culturali. In tal caso, l’insegnante di una di queste scuole, ideologicamente caratterizzata, è limitato necessariamente dalle finalità perseguite dall’ente. Sulla libertà di insegnamento, quindi, prevale in questi casi la libertà della scuola. C op Istituti collegati: libertà di pensiero; scuole pubbliche, private, confessionali; bilanciamento di valori.