SINTESI DELLA CONFERENZA DI GIUSEPPE LUPO “ LA ROSA NEL CALAMAIO “
19/11/2012
Sceglie questa immagine pubblicitaria per testimoniare come già negli anni Venti e Trenta si avvii un
proficuo rapporto fra industria e cultura: infatti Fortunato Depero , artista futurista appartenente alla
prima fase di questa Avanguardia, nel 1926 crea per la azienda milanese lo "Squisito al Selz", un bozzetto
da mettere sopra i banconi dei bar, e nel 1931 scrive addirittura il "Numero Unico Futurista Campari", un
trattato teorico e critico del fare pubblicità. Il manifesto d’altra parte ricorre ad uno stile che ancor oggi non si
può far a meno di apprezzare.
Passando al secondo Dopoguerra, è Elio Vittorini che sottolinea l’importanza dei valori qualitativi, quale
discrimine della nuova pubblicità. Lo scrittore constata infatti che essa è spesso gridata o ripetitiva; questa
modalità spinge a lungo andare il pubblico verso l’indifferenza e il messaggio risulta di conseguenza
inefficace. Bisogna dunque rendere qualitativo il fatto quantitativo !
In questa prima metà del secolo XX in Italia fenomeni come la Pubblicità o la stessa Fabbrica attirano
l’attenzione di scrittori, artisti, intellettuali; essi portano in primo piano la città e il suo sviluppo a ridosso delle
sempre più numerose fabbriche e si fanno coinvolgere dalla loro multiforme realtà ( fisica, economica,
umana ) mettendone molto spesso in risalto gli aspetti negativi ed alienanti : cfr. Tre Operai di Carlo Bernari;
Richiami di Armando Meoni; Il Capofabbrica di Romano Bilenchi ( romanzi degli anni Trenta osteggiati dalla
censura fascista ).
Cita invece come esempio di rapporto positivo e fruttuoso fra Impresa e Letteratura nel Ventennio
l’ingegnere-poeta Leonardo Sinisgalli che suggerì alla Pirelli alcune immagini metaforiche per la pubblicità
delle macchine da scrivere da lei prodotte.
In questo celebre manifesto l’autore procede per accostamenti analogico-metaforici : l’antico calamaio e la
penna hanno abbandonato la loro funzione tradizionale, cioè lo scrivere, e d’ora in poi serviranno a scopo
ornamentale o per contenere una delicata e romantica rosa; è la macchina, allusa semplicemente dalla sua
denominazione commerciale, che prenderà il loro posto, non mancando anche lei di trasmettere grazia e
raffinatezza.
L’Olivetti e la Parker avevano allestito in Galleria a Milano negli anni Trenta dei negozi le cui vetrine
esponevano attraenti composizioni che non necessariamente dovevano riferirsi direttamente ai prodotti
del marchio. Il pubblico attendeva questi allestimenti come veri e propri eventi.
Ancora una volta i suggerimenti erano ideati
da
artisti come Sinisgalli per l’Olivetti ed Edoardo Persico,architetto ammiratore della Bauhaus giornalista
editore, morto a 35 anni nel 1936.
Sempre Sinisgalli nel Dopoguerra diede impulso alla rivista “Pirelli”, molto aperta al contributo degli
intellettuali e attenta al tema delle due culture, che troverà sistemazione critica nel celebre saggio di
Charles Snow del 1959. La rivista “Pirelli” nacque nel 1948 con l’intento principale di saldare la cultura
tecnico-scientifica e la cultura più largamente intesa. Temi relativi alla produzione, alla scienza, alla
tecnologia erano trattati con un linguaggio semplice e comprensibile a tutti, frammisti ad altri argomenti di
interesse generale. Redatta da uomini d’azienda ma anche da personalità estranee al mondo industriale, la
rivista, che voleva ispirarsi ai moderni rotocalchi, era rivolta al grande pubblico e uscì tra il 1948 e il 1972 a
cadenza prevalentemente bimestrale. Vi collaborarono alcuni tra i maggiori nomi del giornalismo e della
letteratura, da Eugenio Montale ad Alberto Ronchey, da Salvatore Quasimodo a Umberto Eco, da Elio
Vittorini a Dino Buzzati, e le sue pagine furono illustrate da artisti e disegnatori del calibro di Renato
Guttuso, Renzo Biasion, Fulvio Bianconi.
Questa è la copertina del primo numero della rivista; si caratterizza
subito per l’eleganza dei modelli e la perfetta fusione fra uomo e automobile.
Milano sembra la città italiana più adatta a diffondere una cultura contaminata, politecnica; ciò è frutto
della sua storia: infatti ricordiamo che i fratelli Verri e Beccaria fondarono nel 1764 Il Caffè, un periodico
che tra le sue finalità aveva quella di raggiungere la decompartimentazione dei saperi.
Alberto Arbasino, parlando delle ascendenze di un altro autore milanese “politecnico”, Carlo Emilio Gadda,
scrisse: «Non per nulla, gl'interessi enciclopedici dell'Ingegnere coincidono (fino al delirio di riversare tutta la
Funzione nell'Espressione) coi manifesti tracciati due secoli fa dagli impeccabili fratelli Verrri e da Cesare
Beccaria, risoluti a insultare programmaticamente la Crusca in nome di Galileo e di Newton, cioè a sviluppare
una cultura extraletteraria cosmopolita e un pensiero intellettuale «assolutamente moderno» a dispetto
della grammatica arcaica dei Pedanti. Insomma, «c'era già tutto» in quel progetto del «Caffè», che invece di
sublimare la Letteratura chiudendola a chiave in una soffitta-Parnaso, le riservava una sua piccola area
accanto alla Musica e al Commercio, all'Inghilterra e alla Storia e al Progresso, però tenendo tutte le porte
aperte fra i diversi istituti della Cultura, e che doveva funzionare come struttura portante nelle idee della
società civile lombarda fino al 1914, sottesa, al Romanticismo e al Manzoni, al Porta e al Positivismo e alla
Scapigliatura, al Socialismo e al lavurà.»
Infine non si può non citare la rivista di Elio Vittorini, Il Politecnico , fondata a Milano nel 1945. Elio Vittorini
scelse per il suo periodico lo stesso titolo della rivista ottocentesca di Carlo Cattaneo e delineò un
programma analogo, molto antiaccademico, pragmatico e divulgativo pur senza cedere al "popolare".
Mostra un altro cartellone pubblicitario celebre in cui da una prospettiva del tutto nuovo si esalta la
leggerezza delle suole di gomma Pirelli; fu ideato da Ermanno Scopinich nel 1948.
“Non ci sono oggetti, ma rappresentazioni, per cercare di spostare l’attenzione dall’aspetto materico della
moda al livello del sogno: un ritratto dell’immagine della moda”… scrive Umberto Eco in occasione della
mostra del 2011 alla Triennale milanese : L’anima di gomma- Estetica e tecnica al passo con la moda.
Anche la macchina da scrivere Valentine lasciò una impronta nel mondo letterario : infatti Franco Fortini ,
critico letterario e poeta ( 1917 – 1994 ) , ne riprese allusivamente il nome in una poesia : Oh Valentina,
portami con te!
Tra gli intellettuali ‘prestati’ all’industria si è già annoverata la figura di Leonardo Sinisgalli (1908-1981), che
nel proprio profilo assommava “le due culture”: laureatosi in Ingegneria a Roma nel 1932, era entrato in
contatto con gli ambienti artistici della capitale, legandosi in particolare a Giuseppe Ungaretti e al pittore
Scipione. Anch’egli poeta (Cuore, 1927; Campi Elisi, 1939; I nuovi Campi Elisi, 1947; La vigna vecchia, 1952),
nel 1953 fonda a Roma (e la dirigerà fino al 1958) per conto di Finmeccanica la rivista “Civiltà delle
Macchine”. Si trattava di un periodico assai innovativo sia dal punto di vista grafico (con copertine ispirate
alle creazioni del design contemporaneo) che da quello contenutistico. Sinisgalli infatti nella sua veste di
direttore del periodico coinvolge a scrivervi parecchi scrittori, intellettuali e artisti, il meglio
dell’intellighenzia di allora, chiedendo loro di confrontarsi con un mondo a cui di per sé erano estranei, cioè
quello dell’industria e della fabbrica.
Diversi scrittori, poeti e letterati – tra gli altri Giorgio Caproni, Carlo Emilio Gadda, Giovanni Arpino, Alfonso
Gatto, Giovanni Comisso, Emilio Tadini – vengono invitati a compiere delle “visite in fabbrica”, per
raccontare la realtà degli stabilimenti industriali dalla loro prospettiva di umanisti. Alcuni di questi
resoconti – davvero un nuovo genere letterario, sorta di diari impressionistici che descrivono la vita della
fabbrica – sono raccolti in un volume curato da Giuseppe Lupo e Gianni Lacorazza. Si tratta di un materiale
prezioso per una serie di ragioni: intanto per la rarità di questi testi (a volte ripresi dagli autori in volumi
successivi, ma più spesso dimenticati); poi per il valore documentario di interventi che narrano in presa
diretta le trasformazioni della realtà produttiva, economica e sociale del nostro Paese, alle soglie del boom
economico; e infine perché preludono a quel filone di opere incentrate sul binomio letteratura e industria,
al quale apparterrano capolavori come Donnarumma all’assalto (1959) di Ottiero Ottieri (1924-2002)
e Memoriale (1962) di Paolo Volponi (1924-1994). Ma come vedono la fabbrica questi scrittori? Spiega
Giuseppe Lupo: “Se nella cultura dell’Occidente capitalista il lavoro ha assunto una tale centralità, fino a
incarnare la religione laica del nostro tempo, l’immagine del capannone industriale, pieno di fumo e di
caligine, trasmigra verso l’idea sacrale del luogo dove si svolge un rito, una liturgia. L’immagine della
fabbrica-chiesa [...] si moltiplica prepotentemente nelle cronache di ‘Civiltà delle Macchine’”. A partire dalla
prima di esse, redatta da Giorgio Caproni: “Mi trovavo sul più eccelso fastigio angolare d’una delle più
meravigliose cattedrali che mai [...] mi fosse stato dato di visitare” (da Un poeta in visita ai cantieri
dell’Ansaldo).
Copertina del primo numero della rivista «Civiltà delle Macchine»,fondata da Leonardo Sinisgalli nel 1953 e
da lui diretta per cinque anni sino al 1957. Si ispira significativamente ai disegni leonardeschi sul volo.
Nel 1963 Libero Bigiaretti ( 1905 – 1993 ), direttore dell'ufficio stampa dell'Olivetti a Ivrea, fondatore a
Roma del Sindacato Nazionale Scrittori, narra nel romanzo Il Congresso le brevi giornate di un
congresso, ma anche la storia dell’incontro del protagonista con una donna, Anna.
“... Anna pretende che mi accorsi di lei subito, come se ne fossi stato colpito. Invece l’ho scoperta,
trovata, soltanto in una successiva occasione, molto tempo dopo. Sia lei che io, al secondo incontro, che
abbiamo voluto considerare memorabile, siamo stati presi da quella strenua avidità di ricercare
coincidenze e antecedenti cui si abbandonano gli innamorati, e abbiamo ricostruito una fitta serie di altri
incontri mancati per poco...”
Nei pochi giorni del congresso nasce un amore più che spontaneo determinato, voluto, quasi
deliberatamente perseguito dal protagonista: attrazione e trasgressione, interrogazione sulla vita
presente, sguardo sulla vita possibile.
Alla storia dei due amanti si intreccia la cronaca degli incontri congressuali. All’interno di questa è
memorabile il discorso del protagonista, provocatorio ed ardente, teso a mettere a nudo le ipocrisie della
politica aziendale “ illuminata” del tempo: “... le nostre teorie sul tempo libero, ad esempio, erano niente
altro che una sofisticata mistificazione dell’intenzione padronale di prolungare il proprio intervento e la
propria influenza ideologica, oltre che economica, di là dal tempo della prestazione lavorativa. A questo
solo criterio rispondevano, in effetti, secondo me, i servizi sociali, le biblioteche di fabbrica, i circoli
culturali...”. E a motivo di questo discorso si trova spesso il romanzo citato come “opera che affronta il
problema del rapporto tra intellettuale ed operaio”. Ma è pur vero che lo stesso protagonista afferma,
all’esordio della sua prolusione pubblica: “sentii insorgere in me la tentazione di parlare per Anna, come
se gli altri non ci fossero”.
L’autore già nel 1958 in un saggio era stato molto critico con la Pubblicità, gestita da veri e propri
persuasori occulti.
Nel 1963 Italo Calvino pubblica Marcovaldo, l’amore in città, dove nel racconto La Luna e Gnac fa trapelare
tutto il suo apocalittismo nei confronti della pubblicità.
Nel 1976, in un articolo pubblicato sul Mattino di Napoli e intitolato : La decadenza di Milano, Sinisgalli
critica aspramente le agenzie pubblicitarie perché ormai da specialisti del settore e secondo logiche
meramente di profitto sfornano slogan, manifesti , suggestioni sui più vari prodotti; ma non sono esenti da
colpa anche gli intellettuali che sdegnosamente si sono ritirati dall’impegno diretto in questo campo e
hanno preferito arroccarsi in biblioteche, giurie di premi letterari, case editrici ecc., snobbando gli uffici
delle aziende e gli ambienti delle fabbriche.
Immagine di Leonardo Sinisgalli ( www.fondazionesinisgalli.eu )