stagione 2009-10, numero 13, 5 maggio 2010 in questo numero ›Copenhagen ›La casa di Ramallah ›Scaffale XXI ›The Fame Game ›Trieste per la Danza 2010 VOLETE OTTENERE A CASA VOSTRA UN ESPRESSO INCREDIBILE? ECCO IL METODO. IL METODO IPERESPRESSO Un espresso eccellente è fatto di 6,7 grammi di ottima miscela, e di temperatura, pressione, tempi esatti: l’arte del barista. illy ha tradotto tutto questoinmacchineeincapsuleprotette dacinquebrevetti. Con le capsule e le macchine Iperespresso il risultato è sempre perfetto. Ottenete un espresso intenso e vellutato, aromatico, perfino se non avete mai fatto un caffè in vita vostra. 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Il 5x1000 si aggiunge, senza essere in alternativo, all’8 per mille. maggio dom 16 maggio lun 20.30 PRI la casa di ramallah di Antonio Tarantino regia di Antonio Calenda con Giorgio Albertazzi, Marina Confalone Deniz Özdogan Platea A-B 2★ Platea C - Gallerie 1★ Platea A-B € 29/€ 24 Platea C € 21/€ 17 Gallerie € 16/€ 13 16.00 E 20.30 A 20.30 B 20.30 C 16.00 D 17 17.00 21.00 18 17.00 21.00 maggio mar maggio mer 19 maggio gio Bravomabasta! con Andro Merkù ore 22.00 11.00 VIENNA’S ENGLISH THEATRE THE FAME GAME di Philip Dart regia di Jeremy Bond spettacolo in lingua inglese Posto unico 1★ Biglietti Posto unico interi € 16 ridotti € 13 20 maggio ven 21 maggio sab 22 maggio dom 21.00 PINOCCHIO IMMAGINARIO 23 maggio lun 24 maggio mar ★ 25 maggio aterballetto “romeo and JUliet” 20.30 DAN coreografia di Mauro Bigonzetti musiche di Sergej Prokof ’ev 20.30 Platea A-B 3★ Platea C- I Gall. 2★ II Gall. 1★ Platea A-B € 40/€ 34 Platea C € 36/€ 30 I Galleria € 30/€ 25 II Galleria € 25/€ 20 Logg. €7.50 irene grandi in tour Platea A-B € 46/€ 44 Platea C € 40/€ 38 I Galleria € 34,5/€ 32 II Galleria € 28,5/€ 27 Logg. € 11 20.30 21.00 mer 21.00 26 22.30 27 22.30 28 22.30 29 22.30 30 21.00 maggio gio maggio ven maggio sab maggio dom maggio La compagnia ArteffettoDanza in collaborazione con il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia presenta: trieste per la danza 2010 Posto unico 1★ Biglietti Posto unico interi € 16 ridotti € 13 Lo spettacolo arriva al Politeama Rossetti in occasione del d Quando Bohr incontra Con Copenhagen di Michael Frayn prosegue il percorso dedica Copenhagen è un testo contemporaneo, scritto nel 1998 dall’eclettico drammaturgo inglese Michael Frayn: autore divenuto celeberrimo per la fortunatissima commedia sul mondo del teatro Rumori fuori scena, ma a cui si devono molti altri titoli interessanti, fra cui un’opera-documento molto impegnativa sulla Germania di Willy Brandt, come Democracy. Al pari di Rumori fuori scena, anche Copenaghen è immediatamente diventata un caso mondiale, tradotta e messa in scena in oltre trenta Paesi, in versioni teatrali, operistiche e addirittura televisive (con Stephen Rea e Daniel Craig). In Italia, è arrivata molto presto – nel 1999 – grazie all’intuizione del CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia e di Emilia Romagna Teatro Fondazione, che ne hanno prodotto un allestimento molto interessante, firmato da Mauro Avogadro. Allestimento che lo Stabile regionale avrebbe voluto fin dall’inizio proporre al suo pubblico ma che, per una serie di complesse coincidenze, approda finalmente al palcoscenico del Politeama Rossetti ora, in occasione del riallestimento per il decimo “compleanno” dello spettacolo, un traguardo molto significativo. La forza di questo spettacolo risiede di certo nella sua terribile 4 prosa: “COPENHAGEN” e vitale attualità e contemporaneamente, sul piano della messinscena, sulla perfezione di un cast di raro rilievo, con protagonisti Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice. I temi su cui s’incentra Copenhagen sono cari allo Stabile regionale, che già con Vita di Galileo di Brecht si era interrogato sui rapporti fra potere politico e scienza, sull’opportunità che il progresso venga condizionato da scelte etiche, sui limiti e le responsabilità umane di chi si dedica alla ricerca scientifica. Nel corso di questa stagione, la riflessione è stata portata avanti da Le fiamme e la ragione, in cui Corrado Augias raccontava il pensiero di Giordano Bruno, e ora da questo bellissimo esempio di drammarugia tesa e necessaria, coinvolgente e ricca d’induzioni. Copenaghen consiste infatti in un’incandescente disputa etica e scientifica a tre voci, densa di angoscianti riflessioni e interrogativi, alla vigilia del primo deva- decimo anniversario di programmazione Copenhagen ato agli incroci tra scienza e teatro abbonamento prosa Politeama Rossetti dal 5/5 al 9/5/2010 durata 1h e 45’ senza intervallo a Heisenberg... stante uso della bomba atomica. La vicenda è ambientata nel 1941 nella capitale nordeuropea occupata dai nazisti e ricostruisce l’incontro di due scienziati, entrambi Premi Nobel, un tempo maestro e allievo. Due ex compagni di ricerche costretti dalla guerra a guardarsi da nemici. L’ebreo danese Niels Bohr (padre della fisica quantistica) e il tedesco Werner Heisenberg (che formulò per primo il Principio di Indeterminazione) nella piéce sono imprigionati in un labirinto di domande che stentano a trovare risposta. Nella scenografia di Giacomo Andrico costruita come un’aula universitaria con lunghe lavagne fitte di simboli e formule matematiche, Umberto Orsini interpreta il fisico Bohr, un uomo umbratile e umorale. Una sera Bohr e la moglie Margrethe (Giuliana Lojodice) ricevono la visita inattesa di Werner Heisenberg (Massimo Popolizio): quali saranno i veri motivi della sua visita? Mentre dialogano con l’ospite, le menti dei padroni di casa sono percorse da ipotesi: il fisico tedesco, in nome della vecchia amicizia, vuole far sapere a Bohr - ormai schierato con la ricerca Alleata - che il Terzo Reich ancora non possiede la formula della bomba? Oppure è lì per trovare un accordo e bloccare o rallentare, in maniera bilaterale, le ricerche sulle armi nucleari? O magari, è semplicemente lì per offrirgli protezione, forse in cambio di qualche segreto? Tutte ipotesi lecite e tutte in parte con un fondo di verità che non troveranno una risposta univoca, nemmeno nelle considerazioni che i tre personaggi esprimono oggi, supponendo di tornare dal passato: le ambiguità delle situazioni e della personalità dei protagonisti disegnano semmai un nuovo, simbolico e attualissimo corrispettivo del Principio di Indeterminazione. di..............................................Michael Frayn regia di..............................Mauro Avogadro scene di..........................Giacomo Andrico costumi di...........................Gabriele Mayer musiche di.................... Andrea Liberovici produzione.................................................CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna Teatro Fondazione personaggi........................................interpreti Niels Bohr......................... Umberto Orsini Werner Heisenberg... Massimo Popolizio Margrethe Bohr.............Giuliana Lojodice diretto da Antonio Calenda Venerdì 7 maggio 2010 - ore 18.00 Cafè Rossetti Peter Brown presenta lo spettacolo “Copenhagen” di Michael Frayn ingresso libero 5 Giorgio Albertazzi e Marina Confalone protagonisti di un viagg Sul treno, tra la vita e La casa di Ramallah di Antonio Tarantino è la nuova produzione Possono due genitori accompagnare la loro unica figlia a farsi esplodere? Possono prepararla, guardarla vestire di bianco, come se andasse sposa, e sapere che quel bianco si tingerà del rosso del suo stesso sangue e di quello di tanti innocenti, bambini, donne, che si troveranno casualmente nel supermercato scelto per l’atto terroristico? E si può spiegare, capire una guerra che – da un lato e dall’altro – colpisce i civili, devastando i loro pochi beni, una casa, le rare caprette, un magrissimo cane? Si può permettere che per qualcuno – Israeliani, Palestinesi, da anni sconvolti da un confronto durissimo e crudo – questa realtà fatta di bombe, carri armati, violenza divenga la quotidianità, raccontata con la stessa naturalezza con cui si parla del pranzo, della cena, dei piccoli impegni che scandiscono la giornata? La casa di Ramallah testo che Antonio Tarantino ha scritto nel 2004, racconta una storia dolente, un viaggio metafisico attraverso la Palestina martoriata, e attraverso tale narrazione sollecita nel pubblico queste e molte altre domande. Non è uno spettacolo pacificante, dunque, quello che Antonio Calenda ha realizzato, dando corpo alla scrittura di Tarantino – uno dei più significativi drammaturghi contemporanei – e coinvolgendo nel progetto un cast di 6 prosa: “LA CASA DI RAMALLAH” straordinaria rilevanza, Giorgio Albertazzi, Marina Confalone, la giovane Deniz Özdogan, intensi e vibranti nei loro non facili ruoli. Interpretano un padre e una madre, gente povera, semplice, che attraversano la Palestina per accompagnare la loro unica figlia nel luogo dove compirà un attentato contro Israele, facendosi esplodere. La storia è brutale, dura; il dialogo dei tre nell’angusto scompartimento del treno su cui viaggiano (la scena è del trie- stino Pier Paolo Bisleri), è claustrofobico, teso, talvolta anche ironico, solo sfiorato da qualche tenerezza, e – negli accenti della ragazza – drammatico. I genitori infatti intrecciano le riflessioni sulla guerra, il racconto dei loro morti, degli sfregi subiti, a quello dei piccoli fatti quotidiani, come se avessero ormai accondisceso a vivere così… Si perdono fra i ricordi del loro primo incontro nella Piana di Thamma, dove raccoglievano pomodori per radunare qualche gio metafisico nella Palestina martoriata e la morte... e dello Stabile diretta da Antonio Calenda risparmio, vagheggiano ancora adesso una casa bianca a Ramallah, da cui poter vedere il mare. Alla figlia, poco più di una bambina, anche questa poca tenerezza è stata negata, assieme ai sogni, alle utopie e lo si sente, dalla violenza delle sue parole, dal tono crudo e spietato dei suoi racconti: spietato come tutto ciò che ha dovuto subire dall’“organizzazione” che l’ha preparata a immolarsi per un Dio giovane, che è il migliore – le suggeriscono negli ultimi inuma- ni istanti prima dell’esplosione – perché ha quattromila anni meno di quello degli avversari… Estremismo, odio, annullamento della volontà: nell’unico istante in cui la ragazza vorrebbe voltare le spalle al suo ruolo di vittima sacrificale, è il destino a tarparle le ali e a chiuderle la via della fuga. Non c’è consolazione nella scrittura di Tarantino, ma un guardare alla realtà da un punto di vista forse provocatorio, ma necessario, singolare, visionario ma anche vero: nel suo percorso attraverso la drammaturgia d’autore vivente Antonio Calenda ha voluto dare spazio e sostanza scenica a questo suo coraggioso sguardo sulla storia. Una storia che, anch’essa, davanti all’assurdità della guerra e della violenza, perde di significato. Lo chiarisce l’ultimo monito della kamikaze, che risuona dopo l’esplosione «Io, che ormai sono un miliardo di miliardi di particelle che vagano, vedo tutto e di tutto posso dar conto: e cioè che dio non esiste, che pace e guerra sono destinate a inseguirsi nel cerchio rovente del tempo, come s’inseguono amore e odio, salute e malattia, giorno e notte, sole e pioggia, padri e figli, noi e loro, la loro storia e la nostra: e nessuno ha ragione, completamente ragione, né completamente torto». di Ilaria Lucari La casa di Ramallah abbonamento prosa Politeama Rossetti dal 18/5 al 23/5/2010 durata 1h e 30’ senza intervallo di.....................................Antonio Tarantino scene di...........................Pier Paolo Bisleri costumi di............................. Elena Mannini musiche di....... Germano Mazzocchetti luci di.............................. Nino Napoletano regia di.............................Antonio Calenda produzione diretto da Antonio Calenda personaggi........................................interpreti Il Padre.......................... Giorgio Albertazzi La Madre.........................Marina Confalone La Figlia.................................Deniz Özdogan Giorgio Albertazzi La casa di Ramallah di Antonio Tarantino con Marina Confalone e con regia di ˘ Deniz Özdogan Antonio Calenda scene Pier Paolo Bisleri Mannini costumi Elena musiche Germano Mazzocchetti Napoletano luci Nino dal 13 al 18 maggio 2010 POLITEAMA ROSSETTI -TRIESTE 7 “Il dialogo dei due genitori è intessuto di una quotidianità ch Una via Crucis dei gio Intervista ad Antonio Calenda: “Nella scrittura di Tarantino vi è un «Il grande dilemma del confronto fra Palestina e Israele, continua a determinare gli equilibri internazionali, il corso della storia e il nostro presente: ognuno di noi assiste quotidianamente alla disperazione che esso genera, eppure nessuno è in grado di sapere o nemmeno ipotizzare come o quando esso potrà terminare. Ritenendo shakespearianamente che il teatro debba essere specchio e testimonianza del reale, il fatto di trovare un testo che rifletta su questa condizione storica, immanente, incombente sulle nostre vite, mi è sembrato molto intrigante». Il testo a cui Antonio Calenda fa riferimento è La casa di Ramallah di Antonio Tarantino, un’opera da cui il regista è rimasto fortemente colpito e al cui progetto di messinscena ha lavorato con profonda convinzione, apprezzando la rifrazione di suggestioni, punti di vista, induzioni che di frase in frase la drammaturgia di questo autore contemporaneo sa regalare. «Antonio Tarantino – prosegue infatti – è un autore molto particolare, mai scontato, la sua scrittura vive di ossimori drammaturgici, possiede una propria universalità, nel momento stesso in cui si inoltra in una realtà ne palesa il dato metafisico. Ed è proprio questo, ritengo, il compito e lo stigma del grande teatro: rendere universali anche realtà 8 prosa: “LA CASA DI RAMALLAH” contingenti». L’autore vi affronta questo tema delicatissimo, immaginando il viaggio di una coppia di anziani genitori, che accompagnano la giovanissima figlia kamikaze nel luogo dove si farà esplodere… «Si tratta di un viaggio astratto, attraverso un’ossessionata topografia ferroviaria, che sembra avvenga talvolta in una dimensione onirica, eppure contempora- neamente presente e concreto nel suo svolgersi… Siamo in un treno di seconda classe, che ci rimanda all’immagine di certi viaggi del passato, attraverso le reti ferroviarie disastrate del sud, con vetture anguste e calde, e porte dei bagni che non chiudono mai bene. A questo quadro realistico, duro, si interseca la dimensione fortemente drammatica legata alle ragioni del viaggio, ai due anziani palestinesi con he si spalanca su voragini angoscianti” orni nostri... n senso apocalittico della sofferenza umana” i loro ricordi, alla via crucis – non a caso il testo è scandito in “stazioni” – percorsa dalla ragazza votata alla morte. Il viaggio attraverso la Palestina rappresenta infine metaforicamente la terra che i palestinesi non possiedono, una mancanza che li fa sentire sradicati. È questa sofferenza a prendere corpo nell’ossessiva litania di luoghi, città, stazioni evocate dai due protagonisti: come se volessero consistere, attraverso le parole, in una terra che non c’è». Questa dimensione odeporica proietta i pensieri dei personaggi in direzioni diverse, mentre la ragazza guarda alla sua missione, i genitori sembrano assurdamente presi da piccole quotidianità e dal loro passato… «Quello dei genitori è un dialogo intessuto di quotidianità, ma che si spalanca continuamente su voragini angoscianti: i loro ricordi sono scanditi da bombardamenti, attacchi di elicotteri su case civili, carri armati, cannoni, abitazioni distrutte… C’è l’incombere dello spionaggio israeliano, del Mossad e dello Shin Beth e quello della stessa “Organizzazione” che lotta per i palestinesi. Sul loro passato e sul presente incombono la minaccia di persecuzione fisica, il senso di precarietà del vivere… L’unico ricordo in qualche modo sereno, riguarda il loro lavoro di raccoglitori nella Piana di Thamma, una pianura dalle temperature infuocate dove si coltivano pomodori, ma lì è nata la loro unione e hanno iniziato a procreare. Ma i loro figli maschi ormai sono tutti ormai assorbiti dall’Organizzazione, non si sa dove si trovino e anche la ragazzina è destinata a farsi esplodere in un supermercato vicino al Check Point Kalandìa. Il suo è un viaggio verso il sacrificio ed è pervaso di umanità come pure di allusioni all’impossibilità di sapere, ormai, perché e per chi si muore. C’è una sorta di giudizio apocalittico, espresso soprattutto attraverso le parole della giovane kamikaze, sull’ingiustizia della storia, che sembra non avere più senso come viene chiarito in un suggestivo post eventum. Un momento in cui la ragazza – nonostante non sia più in vita – parla ancora ai genitori e racconta il calvario che l’ha condotta al sacrificio estremo… Vi è dunque questo senso apocalittico della sofferenza umana, forse della sua inutilità nella scrittura di Tarantino, che attraverso ai personaggi si pone una coraggiosa domanda sul significato di certe guerre, di certe forti contraddizioni che la storia non potrà mai sublimare. Resta un disfacimento ultimo di ogni senso, di ogni valore etico o religioso, di ogni possibile consolazione». Si può leggere in ciò un monito alla pace? «Non trovo che il testo possieda intenti finalistici né teleologia, ha invece forte immanenza, si iscrive a buon diritto nel grande teatro della tradizione del nuovo, della minaccia, del mistero che ci circonda. Il pacifismo potrebbe essere solamente una condivisione catartica da parte del pubblico». Ha menzionato la scrittura concreta e visionaria di Tarantino. Cosa le ha ispirato a livello di messinscena e come l’ha affrontata con lo straordinario cast dello spettacolo? «Abbiamo affrontato una drammaturgia molto originale le cui strutture portanti sono monologhi interiori, esternati, o flussi di pensieri… Quest’ambiguità strutturale è una peculiarità dell’autore. La sua prosa è metaforica ma concisa, drammatica, attinente. Non v’è mai un pleonasmo o un eccesso: è una scrittura che si mette in scena con grande congruità ma che presenta per gli interpreti anche delle notevoli difficoltà tecniche. Perciò ho coinvolto attori di grande forza, che sanno usare la parola come potente mezzo allusivo. Giorgio Albertazzi nel ruolo del Padre, Marina Confalone in quello della Madre e questa giovane attrice molto duttile, Deniz Özdogan che è la kamikaze, mi hanno garantito un lavoro attento di analisi, di restituzione della sottile inquietudine che serpeggia nelle battute, di studio di un linguaggio drammaturgico che evoca sogni non sognati, vite non vissute, attraverso un rammarico dolente, pesante che non cade mai nel facile lirismo». 9 Le Operette morali diventano lo spunto per la pièce teatrale s L’incredibile modernit La compagnia L’Argante ritorna alla Sala Bartoli con Scaffale È ormai una gradita consuetudine incontrare – nel corso della stagione teatrale della Sala Bartoli – una proposta di compagnie emergenti nel panorama teatrale del territorio. Il gruppo triestino L’Argante appartiene a pieno titolo a questa rosa e offre nell’ambito del cartellone “altripercorsi” Scaffale XXI – Capriccio sopra le Operette morali di Giacomo Leopardi. Un titolo complesso per dimostrare però qualcosa di molto piacevole: che il grande poeta Giacomo Leopardi si può incontrare anche su un palcoscenico teatrale e che – in questa nuova dimensione – può addirittura farci sorridere… Se si pensa a Leopardi, infatti, salgono subito alla memoria liriche raffinate e immortali come L’infinito, Il sabato del villaggio, Il passero solitario e molte altre, la musicalità e la bellezza dei versi leopardiani... E ritornano alla mente anche il suo pessimismo, il suo cinismo, la sua disperazione che danno di lui un’immagine desolata. Invece, nel pensiero di Leopardi, c’era spazio anche per intense riflessioni sull’allegria, quella “madre di benignità e d’indulgenza” che, col suo potere di distrarre e consolare, dovrebbe essere “la condizione più frequente della vita”. Il poeta nutriva anche una certa stima per la commedia, perché la considerava capace di far conoscere ai 10 altri percorsi: “SCAFFALE XXI” giovani le storture del mondo tramite il “ridicolo”, ma pensava che questo “ridicolo”, per poter giovare e non annoiare, dovesse riguardare sempre temi seri ed importanti. Prendendo le mosse proprio da questi presupposti, e col desiderio di “scuotere la sua povera patria”, visto che “delle cose veramente ridicole nella società o negl’individui è ben raro trovar chi ne rida”, Leopardi scrisse una raccolta di dialoghi e prose: le Operette morali. È vero che gli argomenti trattati, in sé e per sé, sono seri, ma sono svolti quasi sempre in tono, appunto, “ridicolo”. Basti dire che vi s’incontrano personaggi piacevoli come i folletti, gli gnomi, i maghi, le mummie, e poi la Terra, la Luna, il Sole... Ciò che fa stupire di più, comunque, è l’incredibile modernità del pensiero, e la lucida critica alla società contemporanea, senza contare la deliziosa, sottile ironia, che a volte diventa vero e proprio umorismo, o si adden- scritta e diretta da Corrado Travan Scaffale XXI XXI dopo il successo di Sala d’attesa abbonamento altri percorsi Politeama Rossetti dal 4/5 al 9/5/2010 durata 2h con intervallo tà di Leopardi sa in schietta comicità, secondo un intento preciso e dichiarato: «Ne’ miei dialoghi io cercherò di portar la commedia a quello che finora è stato proprio della tragedia, cioè i vizi dei grandi, gli assurdi della politica, la somma delle cose, della società, della civiltà presente, le infamie non degli uomini ma dell’uomo. E credo che le armi del ridicolo, massime in questo ridicolissimo e freddissimo tempo, potranno giovare più di quelle della passione, dell’eloquenza, e anche di quelle del ragionamento». E tutto questo è, naturalmente, scritto in un italiano soffuso di incantevoli suggestioni poetiche. Le Operette morali, quindi, sono nate come piccole commedie: amare, sì, anche ciniche, ma commedie. E allora perché non portarle in teatro? È quanto ha pensato Corrado Travan, autore e regista di questo lavoro della compagnia L’Argante. Ha selezionato alcuni passi fra i più efficaci e godibili, “cucendoli” attraverso la musica di Shostakovich, eseguita al pianoforte dal vivo, e brevi e garbati intermezzi che incornicino le perle di questo piccolo scrigno leopardiano. Nell’interpretazione, Travan ha chiesto ai suoi attori di tenere presente la chiave semicomica voluta dall’autore, e anche la sua tensione di denuncia sociale e civile. Di fondere tutto in una sorta di “capriccio”, come si chiamavano, nei secoli passati, certi componimenti musicali estrosi e fantasiosi, vagamente umoristici… Piace poi ricordare che, paradossalmente, le Operette morali di Leopardi – molto criticate dalla Chiesa – finirono, una volta pubblicate, sullo Scaffale XXI della immensa biblioteca privata, a Recanati, del padre del poeta. Paradossalmente, era quella la sezione dedicata ai libri scandalosi, ai libri proibiti. capriccio sopra le operette morali di Giacomo Leopardi di.......................................... Corrado Travan costumi di...................... Francesca Novati scene di.............................Raimondo Pasin ................................................ Sheila Perossa luci di.......................................... Enrico Saba regia di................................ Corrado Travan produzione.................................... L’Argante personaggi........................................interpreti Isabella.........................................Sara Alzetta Filippo............................... Adriano Braidotti Giacinta.....................Francesca Campello Leonardo............................... Giulio Morgan Brigida................................... Chiara Beccari Sebastiano............................Marco Barbato Anselmo..............................Corrado Travan Scaffale XXI Capriccio sopra le Operette morali di Giacomo Leopardi di Corrado Travan personaggi Isabella Filippo Giacinta Leonardo Brigida Sebastiano Anselmo diretto da Antonio Calenda dal 4 al 9 maggio 2010 SALA BARToLI -TRIESTE costumi scene luci regia interpreti Sara Alzetta Adriano Braidotti Francesca Campello Giulio Morgan Chiara Beccari Marco Barbato Corrado Travan Francesca Novati Raimondo Pasin Sheila Perossa Enrico Saba Corrado Travan 11 Il Vienna’s English Theatre ritorna alla Sala Bartoli A teatro s’impara l’inglese The Fame Game è una commedia sul mondo dei reality Il Vienna’s English Theatre, fondato nel 1963, è il più antico e il più famoso teatro di lingua straniera in Europa. Durante i suoi quarant’anni di storia ha presentato prime europee e mondiali di autori americani, inglesi, australiani e si sono esibite sul palcoscenico importanti personalità della televisione e del cinema come Larry Hagman, Leslie Nielsen, Linday Gray. Accanto all’attività portata avanti nella capitale austriaca, il Vienna’s English Theatre organizza ogni anno numerosi spettacoli per i tour nelle scuole con programmi educativi e spettacoli facilmente fruibili da spettatori anche molto giovani non di madrelingua inglese. L’esperienza di assistere a uno spettacolo teatrale in lingua straniera è infatti una delle più formative per gli studenti e per chiunque sia interessato ad arricchire il proprio bagaglio linguistico. E non è un caso che il Vienna’s English Theatre sia stato chiamato in passato quasi tutti gli anni a Trieste, in primo luogo dallo storico British Film Club cittadino e, negli anni più recenti dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Tre stagioni or sono arrivò infatti alla Sala Bartoli uno dei classici della drammaturgia contemporanea inglese, Look back in 12 anger di John Osborne, mentre l’anno successivo fu la volta del divertente Wild Weekend. Ora, dopo un anno di interruzione, il Vienna’s English Theatre ritorna alla Sala Bartoli da lunedì 17 a mercoledì 19 maggio con una novità assoluta, la commedia The Fame Game, di Philp Dart. Si tratta di uno spettacolo che vede protagonisti due ragazzi affascinati dal mondo dei talent show, e dalle false illusioni che questi spettacoli creano soprattutto negli adolescenti. Ma la fama e la celebrità spesso nascondono del lati oscuri, del tutto imprevedibili, che rischiano di mettere in crisi la propria vita e di rovinare dei rapporti che sembrano inossidabili. È questo quello che succede ai due protagonisti dello spettacolo, Chloe e Davy, che diventano famosi da un giorno all’altro e sono al centro dell’attenzione di tutti i media, e che vengono FUORI ABBONAMENTO: “THE FAME GAME” The Fame Game fuori abbonamento Sala Bartoli dal 17/5 al 19/5/2010 durata 1h e 15’ senza intervallo di......................................Philp Dart produzione .......... Vienna’s English Theatre con.....................................Jill Regan, ................................ Daniel Doidge, ..............................Benjamin Wells, .................................. Felicity skiera Spettacolo in lingua inglese messi altrettanto velocemente da parte una volta che la loro storia non fa più audience. La prevendita dei biglietti per le cinque recite di The Fame Game è in corso. Sono previste riduzioni per i gruppi scolastici, ed è possibile utilizzare gli abbonamenti con le stelle. Nove appuntamenti dal 25 al 30 maggio, anche all’aperto Trieste per la danza 2010 Il festival organizzato da Arteffetto ritorna alla Sala Bartoli Dal 25 maggio prenderà il via l’ottava edizione del Festival Trieste per la danza 2010 – danza & dintorni contemporanei, realizzata per il quinto anno dalla Compagnia ArteffettoDanza in collaborazione con lo Stabile regionale. Il nuovo programma prevede 6 appuntamenti di “nuova danza” eseguiti alla Sala Bartoli, a cui si aggiungono, per la prima volta, alcune performances all’aperto: come di consueto, ci si può abbonare alla rassegna completa oppure acquistare i singoli biglietti, già in vendita. Le compagnie italiane e internazionali coinvolte dal direttore artistico Corrado Canulli, si esibiranno fino al 30 maggio, intrecciandosi al balletto Romeo & Juliet coreografato da Mauro Bigonzetti per Aterballetto del cartellone Danza e dintorni. Un modo per completare la vetrina di Trieste per la danza 2010, affiancando ai gioielli in assolo o in piccoli gruppi, proposti da Arteffetto, una coreografia contemporanea eseguita da un grande ensemble. Il Festival s’inaugura dunque il 25 maggio alle ore 21 con Butterfly della Compagnia ErsiliaDanza di Verona per la coreografia e regia di Laura Corradi, su musiche di Giacomo Puccini. Il 26 maggio con inizio alle 22.30 (per permettere al pubblico di godere sia di questo appuntamento sia del Romeo & Juliet) sarà la volta di Roommate dell’interessante coreografa slovena Sanja Neškovic Peršin. Questa edizione apre una finestra sull’attività coreografica in Slovenia, paese molto giovane e vitalissimo in campo artistico: sono infatti dello stesso Paese i protagonisti e coreografi di Duet 012 Rosana Hribar e Gregor Luštek, in scena il 27 maggio alle 22.30. Il giorno successivo si assisterà al primo spettacolo “open”: Anemos, produzione di Arteffetto per la coreografia di Nadia Scarpa, che si terrà alle 19 davanti alla chiesa di Sant’Antonio Nuovo. Il balletto è ispirato al vento: un omaggio alla poesia romantica di Shelley ma anche alla Bora di Trieste. Alle 22.30 si rientrerà alla Sala Bartoli per rivedere un successo di qualche stagione fa: Futil della Thomas Noone Dance. Sabato 29 maggio continuerà ad essere protagonista la compagnia di Noone con due nuove coreografie, Tort e The chaos quartet. Per la sezione “open” invece il pubblico potrà godere della performance dello sloveno Jurij Konjar A moment’s landscape alle 19 in Piazza Cavana. Il Festival si chiude il 30 maggio alle ore 21 con Ulysses di Jurij Konjar. DANZA: “trieste per la danza” IL PROGRAMMA 25 maggio 2010 ore 21 Sala Bartoli BUTTERFLY Compagnia ErsiliaDanza 26 maggio 2010 ore 22.30 Sala Bartoli ROOMMATE Compagnia Sanja Neškovic Peršin 27 maggio 2010 ore 22.30 Sala Bartoli DUET 012 Rosana Hribar e Gregor Luštek 28 maggio 2010 ore 19 Piazza Sant’Antonio Nuovo ANEMOS Compagnia ArteffettoDanza Nadia Scarpa 28 maggio 2010 ore 22.30 Sala Bartoli FUTIL Thomas Noone Dance 29 maggio 2010 ore 19 Piazza Cavana A moment’s landscape Jurij Konjar 29 maggio 2010 ore 22.30 Sala Bartoli TORT/CHAOS Thomas Noone Dance 30 maggio 2010 ore 19 Piazza Sant’Antonio Nuovo ANEMOS Compagnia ArteffettoDanza Nadia Scarpa 30 maggio 2010 ore 21 Sala Bartoli ULYSSES Jurij Konjar 13 news da Antonio Calenda Il tour italiano diretto dello spettacolo sarà presentato a Palazzo Vecchio a Firenze Sono iniziati i preparativi per Evita Al Rossetti le selezioni per il coro dei bambini che parteciperanno al musical “Santa, santa Evita” è questa l’aria di Andrew Lloyd Webber che un coro di bambini intona durante un’importante scena del musical Evita. E per le repliche a Trieste della grande produzione internazionale in programma allo Stabile dall’8 al 13 giugno, è stato necessario cercare una trentina di bambini fra i 6 e gli 11 anni che divenissero, a tutti gli effetti, parte del cast. Il Politeama Rossetti, lo scorso 28 aprile, è stato preso d’assalto per il casting da quasi 70 aspiranti artisti tutti lodevoli, simpatici e tenerissimi, fra i quali, per la commissione è stato davvero difficile selezionare i piccoli coristi. Si esibiranno cantando e impegnandosi come comparse, accanto a protagonisti di primo livello nel mondo del musical internazionale: star come Abigail Jaye nel ruolo di Evita, Mark Powell che sarà il Che e Mark Heenehan che applaudiremo come Peron. Il tour italiano dello spettacolo, che partirà dal Rossetti di Trieste e toccherà poi Firenze (Giardino dei Boboli) e Forlì (per il Ravenna Festival di Muti) sarà presentato in una conferenza stampa a Palazzo Vecchio lunedì 10 maggio, alla presenza del regista e dei protagonisti. Lorenzo Pilat ritorna al Rossetti Il concerto in programma sabato 15 maggio Vojo far el sindaco avverte il cantautore e show man triestino Lorenzo Pilat dall’altro dei suoi manifesti che campeggiano nelle vie della città: scherzerà o dirà sul serio? Lo scopriranno coloro che si affretteranno ad acquistare gli ultimi biglietti disponibili per il suo nuovo concerto-spettacolo. È infatti questo lo spiritoso titolo del suo ormai Da oltre un secolo il giornale della tua città cronaca, notizie, sport, approfondimenti 14 IL ROSSETTI news tradizionale appuntamento programmato “fuori abbonamento” al Politeama Rossetti: quest’anno la serata dedicata alla musica e allo humor di Pilat è quella del 15 maggio, con inizio alle ore 21. In programma non possono mancare tutte le sue più amate canzoni, qualche simpatica chiacchierata e naturalmente tante sorprese. www.ilpiccolo.it Dalla Sala Bartoli al Politeama: prosegue il viaggio degli Oblivion Due recite staordinarie il 13 e 14 maggio dopo il tutto esaurito di marzo Li abbiamo applauditi alla Sala Bartoli, per due settimane fitte di repliche affollatissime, li abbiamo apprezzati alla tv (hanno fatto breccia alla Rai, assumendo il ruolo di house band a Parla con me, al fianco di Simona Dandini)... E ora eccoli nuovamente per due date, il 13 e 14 maggio, al Politeama: gli Oblivion sono un vero caso del teatro italiano. Arrivano Giacobazzi, Biondi e Irene Grandi La loro fama parte da internet, ma il loro talento trova piena espressione sul palcoscenico, dove divertono e si fanno apprezzare per le loro capacità interpretative e musicali. Dal Quartetto Cetra a Monty Python, ogni ispirazione è buona per affinare la formula sapiente degli Oblivion, che regalano al pubblico serate all’insegna del sorriso e della qualità. Tre “fuori abbonamento” nel mese di maggio Una primavera ricca di “fuori abbonamento” al Politeama Rossetti: come ogni anno infatti la già ricca stagione dello stabile è costellata di altri appuntamenti che ampliano ancor più il ventaglio delle scelte e delle possibilità offerte al pubblico. A maggio saranno protagoniste la grande musica e la comicità. In programma infatti il Periodico del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia redazione Viale XX Settembre, 45 34126 Trieste tel. 040-3593511 fax 040-3593555 www.ilrossetti.it [email protected] Anno XIX - numero 193 5 maggio 2010 Aut. Tribunale di Trieste n° 846 del 30.7.1992 stampa Stella Arti Grafiche,Trieste direttore responsabile Stefano Curti redazione Ilaria Lucari Greta Petronio 10 maggio Una vita da pavura dell’irresistibile Giuseppe Giacobazzi, comico che gli appassionati di Zelig Circus conoscono e apprezzano sicuramente. Il giorno successivo si cambia registro: la raffinata voce black di Mario Biondi sarà protagonista sul palcoscenico dello Stabile in esclusiva regionale: una data ambitissima del suo Spazio Tempo Tour. Musica d’autore anche quella di Irene Grandi il 30 maggio alla ribalta con un concerto intitolato Alle porte del sogno e tutto ispirato alla ricerca di emozioni ed armonia. Andro Merkù è Bravomabasta! Cabaret al Cafè Rossetti il 6 e 19 maggio Dopo quattro mesi di serate “sold out” Andro Merkù prosegue la sua avventura al Café Rossetti: il 6 e il 19 maggio è di scena con il suo Bravomabasta! fiammeggiante cabaret di cui è autore e protagonista. Vi crea un mai scontato collage di musiche, gags e di imitazioni che dedica ai più famosi vip italiani e corregionali. Biglietti a € 10 alla Biglietteria dello Stabile: coloro che cenano al Café Rossetti alle ore 20, avranno diritto ad assistere gratuitamente a Bravomabasta. 15 la cultura, Ci sono infiniti buoni motivi per incoraggiare e sostenere la cultura in tutte le sue migliori espressioni. La Fondazione lo crede da sempre. quasi un processo di “geminazione” Leggere un libro. Visitare una mostra. Ascoltare un concerto. Raramente si pensa che si tratta di autentici “privilegi”: oggi condivisi da molti, ma ancora (anche se può apparire strano) preclusi ai più. La cultura, per progredire, richiede continue “chiavi di accesso”. Dalle più elementari (come il saper leggere) ad altre più sofisticate, che la cultura stessa, quasi per “geminazione”, crea di continuo. Chiavi che ci consentono di scrutare orizzonti sempre più affascinanti e impegnativi (percepire l’enigma di una statua greca, di un quadro astratto o di un brano musicale, al di là della mera contemplazione). Chiavi che durano per sempre. Che affinano gusto e capacità di giudizio. Che non possiamo smarrire e che nessuno ci potrà mai rubare. Che potremo condividere e scambiare con altri. La cultura, innegabile segno di benessere sociale. Ma anche matrice di autentica felicità individuale. il colore del benessere sociale