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In collaborazione con
Ensemble Noctis
dell’Orchestra Sinfonica
Nazionale della Rai
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Saint-Saëns
Šostakovič
Fuga
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LA BELLA MUSICA NEL TUO QUARTIERE
Camille Saint-Saëns
(1835-1921)
Settimino in mi bemolle maggiore op. 65 per tromba, pianoforte,
due violini, viola, violoncello e contrabbasso
Préambule. Allegro moderato. Più allegro
Menuet. Tempo di minuetto moderato
Intermède. Andante
Gavotte et Final. Allegro non troppo. Animato
Dmitrij Šostakovič
(1906-1975)
Quintetto in sol minore op. 57 per pianoforte, due violini,
viola e violoncello
Preludio. Lento. Poco piu mosso. Lento
Fuga. Adagio
Scherzo. Allegretto
Intermezzo. Lento
Finale. Allegretto
Sandro Fuga
(1906-1994)
Andante lento dal Concertino per tromba e archi
Ensemble Noctis
dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Ercole Ceretta, tromba
Valentina Busso,
Elisa Schack, violini
Margherita Sarchini, viola
Michelangelo Mafucci, violoncello
Antonello Labanca, contrabbasso
Francesco Bergamasco, pianoforte
In collaborazione con
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Si ringraziano per la collaborazione
Assai noto per la produzione sinfonica e concertistica, Camille SaintSaëns non è immediatamente associato alle sue numerose composizioni cameristiche. In realtà, «non c’è nulla che mi piaccia più della musica da camera», confidò il compositore al violinista Johannes Wolff nel
1894, tanto che nel corso della sua carriera ne scrisse per vari organici:
Sonate e brani in duo per archi e fiati; Trii, Quartetti e un Quintetto
con pianoforte; Quartetti per archi; addirittura un Settimino.
Quest’ultimo fu commissionato dall’ingegnere e matematico Emile
Lemoine, musicista dilettante, per la sua società di musica da camera,
che curiosamente aveva chiamato “La trompette” (il suo strumento):
Saint-Saëns prese parte regolarmente ai suoi concerti, insieme a
noti musicisti del tempo quali Diémer, Marsick e Philipp. L’organico
prescelto fu decisamente singolare (e tale è rimasto): pianoforte, due
violini, viola, violoncello, contrabbasso e, appunto, tromba. Il lavoro,
di carattere decisamente neoclassico, è formato da un Préambule,
che Saint-Saëns aveva composto come regalo natalizio a Lemoine nel
1869, seguito da Menuet, Intermède, Gavotte et Final.
Dopo aver stupito il mondo a soli vent’anni con la Prima Sinfonia
nel 1926, Šostakovič attese altri dodici anni prima di cimentarsi in
una composizione da camera, il lirico Primo Quartetto per archi, che
egli stesso descrisse come un “quartetto di primavera”. Ascoltatolo
con entusiasmo, i membri del Quartetto Beethoven chiesero subito
al compositore di scrivere un Quintetto con pianoforte: ultimato nel
settembre del 1940, fu eseguito il 23 novembre dagli stessi artisti e da
Šostakovič, valente pianista, al Conservatorio di Mosca. Un successo
straordinario di pubblico e critica, tanto da ricevere l’anno successivo il primo Premio Stalin, con in dote la somma di centomila rubli,
devoluta poi in beneficenza dal compositore stesso.
Il Quintetto segnò il ritorno di Šostakovič alle forme più tradizionali
dopo una fase sperimentale piuttosto tormentata: l’unica concessione
all’innovazione consiste nella struttura in cinque movimenti, che a un
livello superiore si raggruppano in tre parti: lo Scherzo centrale, che
diventerà il pezzo più applaudito, è affiancato da una parte a baroccheggianti Preludio e Fuga, dall’altra a Intermezzo e Finale.
Nel Preludio iniziale emerge subito il tipo di scrittura scelta per il
pianoforte: uso frequente dei registri estremi dello strumento, zone
non coperte dagli archi, e alternanza di momenti in cui il pianoforte
accompagna gli archi ad altri in cui questi lo seguono. Il Quintetto
è strumentato con grande parsimonia: raramente tutti gli strumenti
suonano insieme (accade solo nello Scherzo). La sezione centrale, più
animata, è scritta in maniera più leggera e più trasparente.
Nella Fuga Šostakovič raggiunge ciò che fu sempre caro al padre della
musica russa, Mikhail Glinka, cioè “il matrimonio tra la canzone popolare russa e il contrappunto occidentale”. Il soggetto della Fuga, molto
introspettivo, è scritto appunto nello stile di una melodia popolare
russa e viene presentato a turno dai quattro archi e infine dal pianoforte nel registro grave. Prima dello stretto appare lontano un’eco del
Preludio e il movimento si spegne su una nota di rassegnato dolore.
Lo Scherzo è assai sarcastico nel tono, il pianoforte espone una
melodia volutamente sardonica con delle semplici triadi di accompagnamento: poi l’atmosfera cambia improvvisamente, così, dal
nulla; nel Trio le terzine conferiscono un’atmosfera vagamente
spagnoleggiante (vista dalla Russia!). Venne bissato praticamente a
ogni esecuzione...
L’Intermezzo, che ristabilisce il clima un po’ mesto dei primi due
tempi, si apre con una scrittura a due parti, violino e violoncello, in
cui il primo espone la melodia e l’altro accompagna con un pizzicato regolare, quasi haendeliano: poi il pianoforte, nel registro acuto,
espone tutt’altre note con un effetto cromatico assolutamente non
barocco.
Il Finale ricorda, secondo alcuni, il mondo sereno del Classicismo
viennese, ma è subito contrapposto a un ritmo di bolero vagamente militaresco che perviene gradatamente a una sonora apoteosi.
Una citazione del Preludio (in verità presente anche in tutti gli
altri tempi) nei registri acuti degli strumenti porta l’ascoltatore alle
atmosfere rilassate dell’inizio del movimento, un carattere che si
mantiene fino all’ultima pagina.
Esiguo, dicevamo, il repertorio di musica da camera con la tromba. Si aggiunge, nella versione cameristica, l’Andante lento dal
Concertino per tromba e archi di Sandro Fuga, allievo, insegnante e, dal 1966 al 1976, direttore del Conservatorio di Torino. La
tromba, accompagnata soavemente dai violini, espone una dolce
melodia, con una sottile sfumatura melanconica che ben si addice
allo strumento. Dopo un Tutti sempre in pianissimo la tromba, ora
con la sordina, declama un breve interludio, per poi riprendere la
sua melopea iniziale e concludere dialogando con il violoncello nel
Più calmo finale.
Alberto Fiabane
I complessi da camera formatisi in seno all’Orchestra Sinfonica
Nazionale della Rai sono costituiti dalle prime parti e dai
professori d’orchestra, che spesso sono protagonisti nella Stagione
Sinfonica della Rai sostenendo parti solistiche. Ogni gruppo si
propone l’obiettivo di far conoscere e apprezzare le possibilità
tecniche ed espressive di ciascuno strumento e delle varie combinazioni, sfruttando la versatilità e la potenzialità dei singoli elementi,
presentando un repertorio che va dal periodo classico al contemporaneo. Accolti sempre da un pieno successo di pubblico e di critica,
i solisti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai integrano la
loro attività concertistica con registrazioni e proficue collaborazioni
con varie case discografiche, unendosi sovente a solisti d’eccezione.