Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Come si crea un modello? Ciò che comunemente intendiamo per "comprendere" coincide con "semplificare": senza una profonda semplificazione, il mondo intorno a noi sarebbe un groviglio infinito e indefinito, che sfiderebbe la nostra capacità di orientarci e di decidere le nostre azioni. Siamo insomma costretti a ridurre il conoscibile a schema: a questo scopo tendono i mirabili strumenti che ci siamo costruiti nel corso dell’evoluzione e che sono specifici del genere umano, il linguaggio ed il pensiero concettuale. [...] Questo desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è. E’ un’ipotesi di lavoro, utile in quanto sia riconosciuta come tale e non scambiata per la realtà; la maggior parte dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, e non semplici della semplicità che piacerebbe a noi. P. Levi, I sommersi e i salvati Credo che queste parole di Primo Levi diano una descrizione molto efficace del processo e delle motivazioni che conducono a formulare un modello di un sistema, ossia di un settore limitato della realtà, o di un fenomeno, ossia di un particolare comportamento esibito dal sistema. Il termine "modello" possiede un ampio spettro di significati. In ambito scientifico, per modello di un sistema si intende, in generale, una schematizzazione che ne considera solo gli aspetti essenziali: enucleando dal sistema le sole funzioni o caratteristiche che determinano un particolare fenomeno, se ne semplifica notevolmente l’analisi e se ne garantisce la riproducibilità. Questo processo di astrazione di peculiarità non vuole fornire una rappresentazione fotografica della realtà, bensì mira ad essere strumento per interpretarla e per individuare e analizzare le regolarità che in essa si manifestano. Nell'ambito di questo corso, ci concentreremo su sistemi dinamici e in particolare su modelli di neuroni. Un modello matematico di un sistema dinamico S è costituito da equazioni, una o più, le cui singole soluzioni in risposta a un dato ingresso rappresentino una buona approssimazione delle corrispondenti variabili misurate in S: le equazioni, in generale, sono non 10 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace lineari e possono includere equazioni algebriche, equazioni differenziali ordinarie, equazioni differenziali alle derivate parziali e/o equazioni integrali. Spesso si ricava un modello matematico realistico combinando le leggi fisiche di base che governano il sistema con uno "scheletro" di modello la cui topologia è basata sulla geometria e sulla struttura del sistema (esempio: transistor). E’ importante notare che un modello di un sistema S non è, in generale, un sistema equivalente a S, perchè nessun sistema reale può essere imitato esattamente da un modello matematico: un dato sistema può anche avere modelli distinti, a seconda dell’applicazione. Non sempre esiste dunque un modello ottimale valido per tutte le occasioni: in ogni data situazione, il modello migliore è il modello più semplice in grado di produrre soluzioni realistiche. Un modello deve soddisfare alcuni requisiti fondamentali. In primo luogo deve essere ben posto, nel senso che, connesso con altri modelli ben posti, non deve dar adito a situazioni non fisiche. In secondo luogo un modello deve possedere una buona capacità di simulazione: i risultati ottenuti utilizzando il modello devono fornire una buona approssimazione di un insieme finito di soluzioni ammissibili detto insieme di verifica - misurate a priori sul sistema. Il terzo requisito è la somiglianza qualitativa: il modello deve esibire lo stesso comportamento qualitativo manifestato dal sistema. Se, per esempio, in certe condizioni S dà luogo a una risposta periodica, nelle stesse condizioni il modello deve esibire lo stesso comportamento. 11 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Il quarto requisito riguarda la capacità predittiva: essa riguarda la possibilità che il modello sia in grado di predire modi di funzionamento non noti a priori, suggerendo così nuovi esperimenti e applicazioni. Infine, il modello deve possedere una certa stabilità strutturale: le sue proprietà qualitative non devono cambiare in seguito a piccole perturbazioni dei parametri. Per i sistemi lineari esiste un teorema di rappresentazione che permette, ad esempio, di stabilire l'equivalenza di modelli lineari, confrontando la risposta del modello con quella del sistema da rappresentare per uno stesso insieme di eccitazioni sinusoidali. Purtroppo la validità di questi risultati è circoscritta ai sistemi lineari. Il teorema di rappresentazione per sistemi non lineari dovuto a Wiener richiede, per fornire una caratterizzazione completa, un insieme infinito di coefficienti e non esiste una prova costruttiva per ricavarli, per cui non è facilmente utilizzabile a fini modellistici. La definizione di un modello avviene, finchè è possibile, seguendo procedimenti ormai assestati nell’ambito della teoria dei sistemi e affidandosi per il resto all’esperienza e all’abilità individuale. Per definire modelli che esibiscano un buon grado di similitudine con il comportamento qualitativo di sistemi reali, si fa riferimento di frequente a due procedimenti: uno di tipo fisico, detto physical approach, e uno di tipo sistemistico, detto black-box approach. In entrambi i casi occorre, preliminarmente, ricavare una descrizione matematica che approssimi il comportamento del sistema. Poichè lo scopo di un modello è "simulare" il più accuratamente possibile un dato sistema fisico S, è essenziale individuare tutte le proprietà 12 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace importanti e tutti i comportamenti interessanti di S: è questa la considerazione su cui si basa il physical approach. Il criterio più sicuro e più logico per estrarre l’informazione su che cosa il modello deve simulare consiste in un accurato studio dei meccanismi fisici e funzionali del sistema: in tal caso, la validità del modello dipende dalla validità della rappresentazione fisica del sistema e da quella di ogni approssimazione cui si fa ricorso nel processo di approdo al modello finale. L'efficacia di questo metodo presuppone la comprensione dettagliata dei meccanismi fisici di funzionamento del sistema da modellare. Sfortunatamente tale comprensione è spesso incompleta o grossolana. Inoltre l'identificazione con la struttura interna del sistema richiede molte ipotesi semplificative e idealizzazioni. Nell'ambito del corso, ci concentreremo sul black-box approach, a cui tipicamente si ricorre quando la fisica del sistema e i meccanismi di funzionamento non sono del tutto chiari, o quando il sistema è talmente complesso che il physical approach sarebbe improponibile. Schematicamente si distinguono, ancora una volta, quattro passi, l'ultimo dei quali si riferisce alla sintesi (per esempio, circuitale) del modello. 1) Il sistema viene sottoposto a diversi segnali di prova (per esempio, impulsi, "piccoli segnali" sinusoidali a varie frequenze, segnali in continua e a gradino di differenti ampiezze, segnali periodici sinusoidali, triangolari e rettangolari di diverse ampiezze e periodi, ecc.) e ogni risposta viene misurata e memorizzata per la successiva verifica quantitativa. Dalle misure ottenute occorre estrarre anche il maggior numero possibile di proprietà qualitative. Per esempio, la presenza di un ciclo di isteresi di una certa forma è un’importante 13 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace proprietà qualitativa; un'altra può essere l’esistenza di una risposta subarmonica a particolari eccitazioni. Queste proprietà sono necessarie per il successivo processo di verifica qualitativa. 2) Si sintetizza un modello matematico in grado di simulare la totalità o quasi delle proprietà osservate al passo precedente. Se possibile, si cerca di trovare un sistema di equazioni algebriche non lineari e di equazioni differenziali ordinarie le cui soluzioni soddisfino tali proprietà. 3) Si analizza il modello matematico elaborato: si determina se esso è in grado di riprodurre (e, in tal caso, con quale grado di approssimazione) i dati misurati e le proprietà qualitative osservate. Questa procedura di verifica è in genere costituita da due fasi: nella fase di verifica quantitativa si applicano al modello gli stessi segnali di ingresso usati per le misure effettuate al primo passo e si confronta la corrispondente risposta simulata al calcolatore con la risposta misurata; nella fase di verifica qualitativa si sviluppa una dimostrazione matematica per provare che il modello esibisce tutte le proprietà qualitative estratte al primo passo. Questo passo è essenziale per conferire al modello capacità predittive, dato che il modello non si basa sulla fisica del dispositivo nè su meccanismi funzionali interni. 4) Posto che al passo 3) si sia riusciti a definire un elemento dinamico a parametri concentrati come modello matematico di S, il passo 4) consiste nel sintetizzare un modello (circuitale, meccanico, ecc.) a parametri concentrati. Se, viceversa, non è stato possibile ricondursi a un modello a parametri concentrati, giunti al passo 4) si sintetizza un modello che comprenda sia elementi a parametri concentrati, sia 14 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace elementi a parametri distribuiti (per esempio linee di trasmissione, nel caso dei circuiti). Un illustre esempio di modello ottenuto seguendo il black-box approach è il modello di Hodgkin e Huxley, che consente di riprodurre il comportamento caratteristico della membrana di un neurone. Partendo da osservazioni sperimentali sulla propagazione del potenziale d’azione sull’assone (gigante) del calamaro, negli anni ‘50 Alan Lloyd Hodgkin e Andrew Fielding Huxley ottennero un sistema di equazioni che consentì loro di ricavare il modello della membrana neuronale. Per quanto riguarda il problema dell’identificazione dei parametri di uno specifico modello, comunque lo si sia ottenuto, occorre essenzialmente un sistema di misura efficiente direttamente associato a un’efficace procedura di ottimizzazione computerizzata. Sta all’abilità e all’esperienza del modellista "dosare" nel modo più appropriato gli "ingredienti" a disposizione (le entità identificabili nel dispositivo) e sfruttare al meglio gli strumenti concettuali di cui può usufruire per riuscire ad ottenere il modello migliore nel senso specificato in precedenza. A tal fine, egli dovrà usare con perizia il "rasoio di Ockham", in modo da chiamare in causa le sole entità necessarie e sufficienti a ottenere il risultato voluto (le semplificazioni "giustificate" di Levi): "Non sunt multiplicanda entia sine necessitate"[1]. Il modello del sistema dinamico, una volta ricavato, va sottoposto ad analisi (passo 3 del black box approach) per studiare esistenza e unicità [1] Versione vulgata della formulazione ockhamistica "Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora" (Guglielmo di Ockham, in "Expositio aurea super totam artem veterem"), ossia "Si fa inutilmente con molte cose ciò che si può fare con poche cose". 15 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace della soluzione, proprietà delle soluzioni, loro espressioni analitiche o approssimazioni numeriche, ecc. Nel caso di sistemi dinamici non lineari, tipicamente non esistono soluzioni in forma chiusa, per cui occorre ricorrere ad altri sistemi. I principali metodi di analisi sono due: • metodo geometrico, introdotto verso la fine dell'800 da Poincaré, che risulta applicabile a sistemi di complessità non troppo elevata; • metodi numerici, di integrazione numerica o di continuazione. Nel secolo scorso, un enorme impulso allo sviluppo dell'analisi numerica fu dato dall'introduzione dei moderni calcolatori (subito prima e durante la seconda guerra mondiale) e dall'introduzione di linguaggi di programmazione ad alto livello. Alan Mathison Turing e John von Neumann furono pionieri in questo ambito. I metodi di analisi numerica vengono programmati su calcolatori e, applicati ad esempi significativi, forniscono risultati: l'analisi dei risultati numerici può portare a nuove idee, nuovi algoritmi e perfino a nuove teorie (è esattamente quanto accadde con il caos e i frattali). Per questo l'analisi numerica può essere definita come un misto di analisi matematica e calcolo numerico. 16 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Modelli di neuroni Un modello di neurone biologico è una descrizione matematica delle proprietà di cellule nervose (neuroni) sufficientemente accurata nel descrivere e predire processi biologici. Non appartengono a questa categoria i cosiddetti neuroni artificiali, che sono modelli più orientati all'efficienza computazionale (reti neurali artificiali) che alla aderenza al sistema a cui sono ispirati. NEURONI ARTIFICIALI Il modello più semplice di un neurone (supponiamo il j-esimo all'interno di una rete) consiste di una variabile di uscita yj ottenuta applicando una funzione non lineare φ (detta a volte funzione di attivazione) a una somma di variabili di ingresso xi provenienti da altri neuroni, ciascuna moltiplicata per un peso sinaptico wij: ⎛ ⎞ y j = φ ⎜ ∑ w ij x i ⎟ ⎝ i ⎠ Questo tipo di modello, estremamente astratto, viene impiegato nelle reti neurali artificiali e non lo considereremo nell'ambito del corso. IL NEURONE BIOLOGICO Nel caso dei modelli di neurone biologico si utilizzano analogie fisiche piuttosto che astrazioni quali i pesi e la funzione di attivazione. Il neurone è una cellula eccitabile del sistema nervoso ed è in grado di elaborare e trasmettere informazione mediante meccanismi elettrochimici. Ci sono neuroni specializzati per determinate funzioni: sensoriali (per rispondere al tatto, al suono, alla luce, agli odori e ad altri stimoli), motori 17 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace (che causano contrazioni dei muscoli a seguito di stimoli da parte del cervello), di collegamento (i cosiddetti interneuroni), ecc. Tutti i neuroni rispondono a stimoli e/o comunicano la presenza di stimoli al sistema nervoso centrale, che elabora l'informazione e invia le risposte alle opportune parti del corpo. I segnali inviati/ricevuti sono di natura elettrochimica. Esistono neuroni di diverse forme e dimensioni. L'anatomista Camillo Golgi ne individuò 2 classi: di tipo I, caratterizzati da lunghi assoni per trasportare i segnali a lunghe distanze e di tipo II, privi di assone o con assoni molto corti. Una cellula neuronale di tipo I può essere schematizzata come nella figura sottostante: Dendrite Nodo di Ranvier Terminale assonico Soma Assone Cellula di Schwann Guaina mielinica Nucleo Il corpo cellulare (o soma) contiene il nucleo e ha molte propaggini: alcune sono più corte (dendriti) e hanno il compito di facilitare la ricezione di segnali da altri neuroni; una è molto più lunga e sottile (assone), è ricoperta dalla guaina mielinica (formata da cellule gliali, come le cellule di Schwann) e ha il compito di trasmettere segnali a distanza. La guaina mielinica ha proprio la funzione di mantenere pressoché inalterato il segnale trasmesso. 18 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace L'assone termina ramificandosi nei terminali assonici, che sono in grado di rilasciare particelle dotate di carica (neurotrasmettitori) negli interstizi (detti sinapsi) che li separano dai dendriti di un altro neurone. Della funzione dei cosiddetti nodi di Ranvier parleremo più avanti. La membrana del neurone non è uniforme e ha la proprietà di essere elettricamente eccitabile: questo significa che, in risposta a stimoli elettrochimici, può produrre un segnale elettrico detto potenziale d'azione. Vediamo meglio come è fatta la membrana dell'assone e del soma. La membrana dell'assone e del soma è formata da un doppio strato lipidico, con teste idrofiliche all'esterno e code idrofobiche all'interno: Le membrane sono stabilizzate e gli ioni presenti all'interno e all'esterno in soluzioni acquose non sono in grado di permearle in numero significativo, a causa dei ponti idrogeno che le teste dei lipidi formano con le molecole 19 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace di acqua. La presenza di uno strato isolante in mezzo a 2 strati conduttori permette di assimilare la membrana cellulare a un condensatore. La differenza di concentrazione ionica all'interno e all'esterno della membrana determina una differenza di potenziale (tensione) ai suoi capi. In condizioni di "riposo", la tensione di membrana (potenziale interno meno potenziale esterno) è di circa -65mV: questo significa che la concentrazione di ioni negativi è più alta all'interno che all'esterno della cellula. La tensione di membrana gioca un ruolo molto importante nelle dinamiche neuronali. Quando il valore assoluto della tensione di membrana diminuisce, si dice che la membrana si depolarizza; quando invece aumenta, si dice che la membrana si iperpolarizza. Oltre ai lipidi, le membrane contengono anche canali ionici, ossia delle proteine che costituiscono percorsi specializzati nella conduzione di ioni attraverso la membrana: Il canale ha una sorta di "collo di bottiglia" in cui si ha un'alta probabilità di trovare uno ione e che serve come filtro, per selezionare il passaggio di determinati ioni. 20 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace "Foto" al microscopio elettronico di un canale: Alcuni canali sono sempre "aperti" (con il meccanismo di filtraggio descritto) e costituiscono dei "pori" nella membrana. Questi canali possono essere rappresentati come resistori lineari collegati in serie a un generatore di tensione costante che tiene conto dello sbilanciamento di carica tra interno ed esterno della membrana. Esistono poi altri canali (che si concentrano nei nodi di Ranvier dell'assone) la cui apertura e chiusura dipende dalla tensione di membrana: quelli più importanti riguardano il passaggio di ioni sodio (Na+), potassio (K+) e, in misura minore, calcio (Ca++) e cloro (Cl−). 21 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace La variazione di tensione che induce l'apertura di questi canali può avvenire a causa del passaggio ionico attraverso i pori della membrana (lento, passivo, dovuto a diffusione), oppure a causa di un flusso di correnti ioniche indotto in qualche modo dall'esterno. Quando per effetto di questi flussi ionici la membrana si depolarizza rispetto alla situazione di riposo, la tensione di membrana sale verso lo zero: se raggiunge un valore di soglia (intorno ai −55mV), la tensione di membrana comincia a salire rapidamente per poi ridiminuire altrettanto rapidamente. È questo il cosiddetto potenziale d'azione (o spike) caratteristico delle dinamiche neuronali. Il potenziale d'azione può propagarsi lungo il neurone, causando a sua volta l'apertura/chiusura dei canali. Ciascuno di questi canali può essere modellato elettricamente da un resistore con resistenza (o conduttanza) che dipende dalla tensione (o dal tempo) collegato in serie a un generatore di tensione costante. Quando la cellula è "a riposo" il flusso di ioni verso l'esterno è perfettamente bilanciato da quello verso l'interno. 22 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Vediamo ora come è fatta la membrana dei terminali assonici. I terminali assonici possono essere direttamente collegati con i dendriti, il soma o (più raramente) l'assone di un altro neurone tramite sinapsi elettriche, che permettono la trasmissione diretta di un potenziale d'azione. Oppure, la trasmissione del potenziale di azione può essere mediata da processi chimici: in questo caso, l'arrivo del potenziale d'azione stimola il rilascio di neurotrasmettitori (particelle dotate di carica contenute in vescicole) da parte del terminale assonico (del neurone presinaptico) negli interstizi che li separano dai dendriti di un altro neurone (post-sinaptico): gli interstizi vengono superati tramite processi diffusivi e attivano dei recettori nel neurone post-sinaptico. In questo caso si parla di sinapsi chimiche o elettrochimiche. 23 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Le sinapsi possono essere eccitatorie o inibitorie: nel primo caso stimolano l'attività elettrica del neurone post-sinaptico, ossia depolarizzano la membrana agevolando il raggiungimento della soglia di generazione del potenziale d'azione; nel secondo caso iperpolarizzano la membrana, allontanando così la tensione dalla soglia e inibendo l'attività elettrica del neurone. Il potenziale d'azione si propaga lungo il neurone: l'assone funge da cavo di trasmissione, grazie alla mielinizzazione (che riduce le perdite) e grazie alla presenza dei nodi di Ranvier che rinforzano il segnale. Il cervello umano contiene circa 1011 neuroni, ciascuno dei quali ha in media 7000 connessioni sinaptiche con altri neuroni. PRINCIPALI COMPORTAMENTI DINAMICI Quando la membrana è attraversata da una corrente (ionica), che si stabilizza a un valore costante, la tensione di membrana può dare luogo a dinamiche molto diverse, a seconda del valore di corrente e delle condizioni sperimentali (tipo di neurone, sue caratteristiche, caratteristiche ambientali, ecc.). Lasciando per un attimo da parte il transitorio, i principali tipi di regime conseguibili sono 4: -) regime stazionario (comportamento quiescente): la tensione di membrana è al valore di riposo (o nelle vicinanze); -) regime periodico "spiking": il neurone genera a intervalli regolari uno spike; -) regime periodico "bursting": il neurone genera a intervalli regolari una raffica ("burst") di spike; -) regime caotico: il neurone genera spike a intervalli irregolari. 24 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Analizzando anche il transitorio, uno dei comportamenti tipici è il cosiddetto adattamento della frequenza di spiking (spike frequency adaptation), in base al quale prima di raggiungere un regime periodico spiking un neurone varia la propria frequenza "di sparo", riducendola progressivamente. MODELLI DI NEURONE BIOLOGICO Il neurone può essere modellato a diversi livelli. Se si tiene conto degli effetti propagativi, occorre fare ricorso o a equazioni differenziali alle derivate parziali o a modelli a compartimenti, come per le linee elettriche. Se invece si suppone che la propagazione del potenziale d'azione sia pressoché istantanea rispetto alla scala dei tempi di generazione dello stesso, si possono definire modelli (detti a singolo compartimento) definiti da equazioni differenziali ordinarie ed equazioni algebriche. Nell'ambito dei modelli di neurone biologico a singolo compartimento, esistono fondamentalmente 2 categorie di modelli: quelli di tipo "integrate and fire" e quelli "conductance-based". Modelli "integrate and fire" I modelli di tipo "integrate and fire" sono caratterizzati da un elevato livello di astrazione. In altri termini, l'aderenza a quanto accade nei processi bioelettrochimici che originano il comportamento dei neuroni è molto bassa, ma si cattura l'evento più eclatante, ossia la generazione di un potenziale d'azione o "spike". Hanno il vantaggio di poter essere utilizzati per simulare reti di neuroni anche di elevate dimensioni. 25 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Il modello originale, introdotto da Lapicque nel 1907 tiene conto dei soli effetti capacitivi di membrana: I(t) = CM dv/dt dove CM è la capacità di una porzione di membrana [F/cm2], v è la tensione ai capi della stessa [V/cm2] e I(t) è la corrente (ionica) che viene iniettata nella membrana [A/cm2]. Dunque l'equivalente elettrico è questo: v I(t) CM Applicando una corrente positiva in ingresso al modello, la tensione comincia a crescere con velocità costante finché non raggiunge un valore di soglia VTH: a questo punto, il modello impone che v(t) produca un impulso e ritorni quindi al valore di riposo, dopodiché si riparte con il comportamento lineare. Da qui il nome "integra e spara". Difetti del modello: trascura molti aspetti della natura del neurone; la frequenza di sparo cresce linearmente senza limiti al crescere della corrente di ingresso. Un modello più accurato ("Leaky Integrate and Fire" o LIF) tiene conto degli effetti di "perdita" dovuti alla presenza dei canali passivi nella membrana: 26 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace v RL I(t) + CM VL Dunque il modello diventa: I(t) = CM dv/dt + (v−VL)/RL Ossia (esprimendo RL come 1/gL): CM dv/dt = − gL(v−VL) + I(t) Nuovamente, quando v(t) raggiunge la soglia VTH l'uscita del neurone "spara" e la tensione (variabile di stato) viene riportata al valore di riposo VRE. Modelli "conductance-based" In questo caso, la membrana viene modellata in maniera decisamente più accurata, tenendo conto anche delle correnti ioniche attraverso i canali "attivi": Esterno della cellula v I(t) CM gNa gK gL iNa + VNa iK + VK + VL Interno della cellula N.B.: v è la tensione di membrana (potenziale interno meno potenziale esterno) cambiata di segno. Oltre agli elementi già noti, compaiono due rami che modellano i canali del sodio e del potassio. Le conduttanze gNa e gK sono non lineari e 27 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace controllate in tensione: il loro valore dipende in modo non banale dalla tensione di membrana v. Quello appena descritto è il modello di Hodgkin e Huxley (1952) dell'assone gigante del calamaro, che si può formalizzare in termini analitici come segue: I(t) = CM dv/dt + gL(v−VL) + iNa + iK iNa = (v−VNa) gNa(v) = (v−VNa) GNa m3h iK = (v−VK) gK(v) = (v−VK) GK n4 con m, n e h variabili di stato (dette anche "gating variables" perchè descrivono l'apertura/chiusura dei canali sodio e potassio) governate dalle seguenti equazioni (ricavate empiricamente da Hodgkin e Huxley): v ⎛ ⎞ dn 0.01(v + 10) 80 n 0.125e = (1 − n) − ⎜ ⎟= v +10 dt ⎝ ⎠ e 10 − 1 n (v) − n = (1 − n)α n (v) − nβn (v) = ∞ τn (v) ⎛ 18v ⎞ dm 0.1(v + 25) = (1 − m) v+25 − m ⎜ 4e ⎟ = dt ⎝ ⎠ e 10 − 1 m (v) − m = (1 − m)α m (v) − mβm (v) = ∞ τm (v) v dh 20 = (1 − h)0.07e − h dt 1 v +30 10 = +1 h (v) − h = (1 − h)α h (v) − hβh (v) = ∞ τh (v) e Nome delle variabili: m attivazione del sodio, h inattivazione del sodio, n attivazione del potassio. Le equazioni possono essere espresse equivalentemente in termini delle funzioni αj(v) e βj(v) (originariamente 28 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace introdotte da Hodgkin e Huxley), oppure delle funzioni j∞(v) e τj(v), con j = m,n,h. Queste ultime sono legate alle precedente dalle seguenti relazioni: τ j (v) = 1 α j (v) + β j (v) j∞ (v) = α j (v)τ j (v) = α j (v) α j (v) + β j (v) e hanno un vantaggio intepretativo: le variabili j∞(v) rappresentano il regime a cui tendono le variabili j (= m,n,h), mentre i termini τj(v) sono le "costanti" di tempo (dipendenti da v) che governano la dinamica di ciascuna variabile. Come sappiamo, a seconda del valore di v la dinamica di ciascuna variabile può essere più lenta o più veloce. Le figure seguenti, mostrano gli andamenti delle variabili j∞(v) e τj(v) al variare di v: 29 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Quindi il modello complessivo (del quarto ordine) è: CM dv = I(t) − (v − VNa )G Na m3h − (v − VK )G K n 4 − (v − VL )g L dt v dn 0.01(v + 10)(1 − n) 80 = − 0.125e n v +10 dt e 10 − 1 v dm 0.1(v + 25)(1 − m) 18 = − 4e m v + 25 dt e 10 − 1 v dh 20 = 0.07 e (1 − h) − dt h e v +30 10 +1 Le tensioni sono espresse in mV, le correnti in μA/cm2, la capacità in μF/cm2 e il tempo in ms; le variabili m, n e h sono adimensionali e sono nell'intervallo [0,1] perchè rappresentano la frazione di canali aperti. . Parametri (per l'assone del calamaro a 6.3ºC, con potenziale di riposo scalato a 0V): CM = 1 [μF/cm2] GNa = 120 [mS/cm2]; GK = 36 [mS/cm2]; gL = 0.3 [mS/cm2]; VNa = −115 [mV]; VK = 12 [mV]; VL = −10.6 [mV]. I modelli conductance-based sono tutti riconducibili a questo tipo di descrizione: si possono tenere in conto canali diversi, si possono cambiare le equazioni, ma il principio di funzionamento è quello descritto. Al variare dei parametri, si possono ottenere tutti i comportamenti dinamici descritti in precedenza. Vediamo qualche altro modello appartenente a questa categoria. 30 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Il modello di FitzHugh-Nagumo (1962) è una semplificazione del modello di Hodgkin e Huxley: perde aderenza con la fisica del neurone, ma riesce a riprodurne le dinamiche essenziali. Le semplificazioni sono legate alle osservazioni seguenti (dovute a Richard FitzHugh, 1961): -) le variabili n e h hanno dinamiche più lente rispetto alla variabile m; -) per i parametri specificati da Hodgkin e Huxley, la somma n+h rimane circa costante al valore 0.8. Dunque le equazioni del modello di Hodgkin e Huxley possono essere semplificate così: CM dv = I(t) − (v − VNa )G Na m3∞ (v)(0.8 − n) − (v − VK )G K n 4 − (v − VL )g L dt τn (v) dn = n ∞ (v) − n dt Normalizzando le variabili e facendo qualche ulteriore semplificazione, il modello si riduce a queste 2 ODE: dv v3 = v − − w + I(t) dt 3 dw = 0.08(v + 0.7 − 0.8w) dt Generalizzabili a queste due: dv = f (v) − w + I(t) , con f(v) polinomio di terzo grado dt dw = a(bv − cw) dt 31 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace Nonostante si perda il significato fisico e le variabili siano adimensionali, manteniamo la notazione v per la variabile che riproduce la tensione di membrana e I(t) per la variabile che emula la corrente esterna. La variabile w (che rappresenta l'attivazione del sodio) ha una dinamica più lenta della variabile v. I parametri a, b, c sono costanti, con a << 1. L'ingegnere giapponese Jin-Ichi Nagumo realizzò nel 1962 un circuito elettronico (contenente un diodo tunnel per realizzare la nonlinearità cubica) governato dalle equazioni di FitzHugh, per cui il modello è noto con entrambi i nomi. Anche il modello di Morris-Lecar (Cathy Morris e Harold Lecar, 1981) è una riduzione del modello di Hodgkin e Huxley, in cui si considera il canale calcio anziché quello sodio: CM dv = I(t) − (v − VCa )G Ca m ∞ (v) − (v − VK )G K n − (v − VL )g L dt dn = λ n (v)[n ∞ (v) − n] dt con ⎡ ⎛ v − V1 ⎞ ⎤ m ∞ (v) = 0.5 ⎢1 + tanh ⎜ ⎟⎥ ⎝ V2 ⎠ ⎦ ⎣ ⎡ ⎛ v − V3 ⎞ ⎤ n ∞ (v) = 0.5 ⎢1 + tanh ⎜ ⎟⎥ V ⎝ ⎠⎦ 4 ⎣ λ n (v) = ⎛ V − V3 ⎞ 1 cosh ⎜ ⎟ T0 ⎝ 2V4 ⎠ Parametri (per un particolare tipo di neurone di un crostaceo): CM = 5 [μF/cm2] GCa = 4.4 [mS/cm2]; GK = 8 [mS/cm2]; gL = 2 [mS/cm2]; 32 Sistemi Dinamici e Modelli Neuronali Marco Storace VCa = 120 [mV]; VK = −84 [mV]; VL = −60 [mV]; V1 = −1.2 [mV]; V2 = 18 [mV]; V3 = 2 [mV]; V4 = 30 [mV]; T0 può variare in un ampio range per cellule diverse ed è molto sensibile alla temperatura. Si hanno comportamenti diversi dal punto di vista delle biforcazioni al variare di I per T0 = 15 [ms] e per T0 = 25 [ms]. Il modello di Hindmarsh-Rose (1984) è un modello fenomenologico (non derivato direttamente da misure/osservazioni sperimentali) che può essere visto sia come una generalizzazione delle equazioni di FitzHugh sia come una semplificazione del modello di Hodgkin e Huxley. Il modello permette di riprodurre anche l'adattamento della frequenza di sparo, oltre ai comportamenti di regime più tipici (stazionario, spiking periodico, bursting periodico, spiking irregolare o caotico). È descritto dalle seguenti equazioni, espresse in termini di variabili adimensionali: x = y − x 3 + bx 2 + I − z y = 1 − 5x 2 − y z = μ[s(x − x rest ) − z] dove x gioca il ruolo della tensione di membrana, I quello della corrente, b è un parametro di controllo che permette di cambiare il comportamento dinamico del sistema, μ controlla la velocità di variazione della variabile (lenta) z ossia l'efficienza dei canali lenti nello scambiare ioni, s permette di controllare l'adattamento della frequenza di spiking, xrest corrisponde al potenziale di riposo. Al variare dei parametri, il modello produce dinamiche di vario tipo. In particolare ci concentreremo sui parametri I e b. 33