Introduzione Nella società moderna l’aumento della complessità di contenuto e di regolamentazione dei servizi professionali ha comportato una contemporanea graduale crescita della complessità delle aziende deputate alla loro erogazione. Le aziende sanitarie, le università, le società di consulenza, gli studi legali e professionali, le imprese assicurative e di revisione, le aziende di servizi sociali, i centri di ricerca, le agenzie ad alto contenuto professionale, ecc., sono cresciute significativamente a partire dalla seconda metà del secolo scorso per dimensione e per differenziazione interna. Questa crescita è avvenuta in tutti i paesi industrializzati e fino agli anni ’80 in condizioni di grande tranquillità, a risorse crescenti e senza una vera competizione tra le aziende: il finanziamento delle attività era garantito da sistemi per lo più basati su logiche di pagamento a prestazione, con tariffe determinate dalla stessa azienda o, più frequentemente nel settore pubblico con la previsione della copertura dei costi di gestione da parte dell’istituzione terza pagante (Ministero, Regione, Comune, ecc.). In questo contesto l’azienda di servizi professionali, di seguito denominata brain-intensive a motivo della dominanza della risorsa professionale nella sua economia, ha prosperato crescendo con il modello della cosiddetta “burocrazia professionale”, in cui i professionisti mantenevano il controllo dei processi decisionali, ma si avvalevano di uno staff amministrativo per la gestione dei processi di supporto e l’esecuzione operativa di una parte delle scelte decisionali. Gli acquisti, l’amministrazione del personale, la contabilità aziendale, il supporto tecnicologistico erano garantiti da un apparato burocratico che dipendeva dalla linea gerarchica dei professionisti. Con la fine degli anni ’80 comincia tuttavia un periodo di turbolenza che investe le aziende brain-intensive a seguito dell’intensificarsi di quattro fenomeni principali: • la saturazione dei mercati dovuta all’ingresso di nuovi concorrenti ed alla crescita dimensionale di quelli storici ed il contestuale emergere di una reale competizione di livello locale, nazionale ed anche internazionale; XIII Management dell’azienda brain-intensive • una modifica nei sistemi di finanziamento pubblici, per lo più cambiati verso logiche di finanziamento a risultato o performance; • l’affermarsi di servizi ed aziende “sostituti”, come ad esempio nel caso degli ospedali con il trasferimento di molte attività ospedaliere a regimi di offerta ambulatoriali e ad aziende territoriali (ad esempio l’assistenza domiciliare, la riabilitazione, la lungo degenza, un parte della piccola chirurgia, ecc.) e come nel caso dell’educazione superiore con la nascita delle “università aziendali”, l’affermarsi delle business schools, lo sviluppo dell’attività formativa executive e non executive gestita direttamente dagli enti pubblici o da agenzie pubbliche, ecc.; • la sofisticazione dei quadri regolamentativi cui le aziende brain-intensive devono sottostare (in particolare se pubbliche, si pensi alle procedure di reclutamento, gestione degli acquisti, amministrazione in generale del personale, gestione tributaria, ecc.), che rafforza il ruolo dell’apparato burocratico in quanto sempre più indispensabile per il funzionamento dell’azienda, ma che finisce spesso tuttavia con inasprire anche il conflitto latente (di tipo culturale, spesso ideologico) tra area professionale ed area burocratica che rallenta l’azione strategica ed il cambiamento operativo; A partire dall’inizio degli anni ’90 comincia quindi una fase di cambiamenti strategici ed operativi che vedono le aziende brain-intensive impegnate a costruire nuove visioni di sviluppo, guadagnare competitività, ottimizzare l’efficienza operativa, ridisegnare i propri assetti organizzativi, ripensare le logiche di valorizzazione del capitale professionale, raccordare l’ordine della burocrazia con la spinta imprenditoriale dei professionisti. Le problematiche di gestione aumentano significativamente, e richiedono quindi la formazione di un management competente, dotato di chiavi di lettura capaci di interpretare il contesto professionale e di strumenti adeguati alla complessità organizzativa di queste particolari aziende. Come riportato - con riferimento al caso delle aziende sanitarie - da uno dei più eminenti studiosi di aziende, Henry Mintzberg (1997), “I have long suspected that running even the most complicated corporation must be a child’s play compared to managing almost any hospital”, le aziende brainintensive sono contesti caratterizzati da una ultracomplessità gestionale. Prendere le decisioni, gestire le persone, valorizzare l’innovazione e le conoscenze, misurare le performance, organizzare il lavoro sono attività tipiche del manager che presentano specifiche caratteristiche differenziali quando applicate ai problemi dell’ azienda brain-intensive, ancora più marcate se si tratta di azienda pubblica. In una ricerca del 1991, Piantoni e Salvemini ricordano come poco frequenti erano (e sono tutt’oggi) gli studi che esaminano le imprese di servizi professionali sul piano dello sviluppo manageriale ed organizzativo, e come sia paradossale che i professionisti che vi lavorano “così eccellenti nello svolgere il proprio compito professionale, quando sono alla guida delle imprese non trovino il tempo e la concentrazione sufficiente per dedicarsi ai compiti di gestione della loro impresa”. Da qui emerge uno spazio di riflessione teorica e pratica su questo settore di XIV Federico Lega aziende dalla connotazione particolare, per l’appunto ad alta intensità di capitale intellettuale o di conoscenza. Il contributo di Piantoni e Salvemini tuttavia si concentra esclusivamente sui problemi di gestione strategica ed operativa di una delle due grandi fattispecie di aziende brain-intensive, quella definita da Scott (1965) come “the autonomous professional organizations”, come lo studio legale, la società di consulenza, l’impresa di servizi finanziari, nate e sviluppate sotto la supervisione di uno o pochi professionisti. Per Scott in queste realtà il professionista è soggetto esclusivamente al controllo dei suoi pari (i partner). La seconda categoria di aziende brain-intensive individuata da Scott è quella delle “heteronomous professional organizations”, come i centri di ricerca, le agenzie e le autorithies, le aziende sanitarie, le università, dove il professionista “is subject to an external “often governmental” jurisdiction”. Cioè, aziende di tipo eteronomo 1 dove accanto alla linea professionale convive una linea amministrativa e/o manageriale chiamata a collaborare ed indirizzare l’attività dei professionisti verso le finalità per cui l’azienda è stata creata e nel quadro dei riferimenti normativi cui si deve ispirare o conformare. Questa seconda tipologia di aziende è l’oggetto primario di questo lavoro, includendo in essa anche quelle aziende originariamente autonomous professional organizations che a seguito di dinamiche di crescita importante si sono affrancate dalla gestione imprenditoriale originaria del singolo o del gruppo di professionisti per appoggiarsi in misura crescente su un management più strutturato ed affiancato da una line amministrativa più corposa, condizione caratterizzante proprio le heteronomous professional organizations. Benché i temi trattati siano nel complesso relativi a tutto il mondo delle aziende brain-intensive, con questo scritto si vuole quindi contribuire a rafforzare la comprensione delle specificità gestionali delle aziende eteronome, da cui derivare indicazioni strategiche ed operative per i manager chiamati a gestirne gli sviluppi organizzativi. In questa prospettiva il testo si rivolge sia allo studente interessato ad approfondire la conoscenza delle dinamiche organizzative e gestionali di contesti aziendali di primaria importanza nelle società moderne (l’ospedale, l’università, l’agenzia pubblica, l’authority, la grande società di consulenza o studio legale, l’impresa di brokeraggio, ecc.), sia al manager dell’azienda brain-intensive alla ricerca di logiche e strumenti da applicare nella sua attività gestionale e di una conferma delle chiavi di lettura con cui cerca di decifrare il contesto professionale privato o pubblico in cui opera. 1 L’aggettivo eteronomo indica “che riceve da fuori di sé la norma della propria azione”, cioè indica un soggetto che ha bisogno che qualcuno decida per lui o che gli imponga ad esempio un metodo di gestione. In questo caso il riferimento è chiaramente alle organizzazioni professionali, laddove sono “autonome” se i professionisti si auto-organizzano per la gestione sotto tutti gli aspetti, sono “eteronome” se ai professionisti si affianca un gruppo di manager di carriera (in alcuni casi anche exprofessionisti) chiamati a supportarne ed indirizzarne i comportamenti gestionali. XV