La danza
dei fotoni
Da Einstein
al teletrasporto
quantistico
Anton Zeilinger
Traduzione di Valeria Lucia Gili
Anton Zeilinger
La danza dei fotoni
Da Einstein al teletrasporto quantistico
Titolo originale
Dance of the Photons
From Einstein to Quantum Teleportation
Copyright © 2010 by Anton Zeilinger
All rights reserved
Progetto grafico: Limiteazero + Cristina Chiappini
Impaginazione: Maria Beatrice Zampieri
Redazione: Maria Romanazzo
Coordinamento produttivo: Enrico Casadei
Stampa e legatura: Puntoweb s.r.l.
Stabilimento di Ariccia (Roma), 2012
© 2012 Codice edizioni, Torino
ISBN 978-88-7578-335-8
Tutti i diritti sono riservati
L’Editore desidera ringraziare Valentina Schettini
per il prezioso aiuto durante la lavorazione del volume.
Indice
Prologo
3 Sotto il Danubio
Capitolo 1
11 I viaggi spaziali
Capitolo 2
13 Quella cosa chiamata luce
Capitolo 3
19 I cani da pastore e le particelle di luce di Einstein
Capitolo 4
28 Einstein, ossia come nasce un premio Nobel
Capitolo 5
30 Il conflitto
Capitolo 6
32 L’aspetto determinante dell’indeterminazione
Capitolo 7
36 L’indeterminazione quantistica: una conseguenza
della nostra ignoranza o il mondo funziona davvero così?
Capitolo 8
45 La meccanica quantistica è contro il teletrasporto?
Indice
Capitolo 9
48L’entanglement quantistico accorre in aiuto
Capitolo 10
62 Alice e Bob nel laboratorio di fisica quantistica
Capitolo 11
71 La polarizzazione della luce: a lezione
dal professor Quantinger
Capitolo 12
91 Alice e Bob scoprono i gemelli…
Capitolo 13
104 John presenta Einstein, Podolsky e Rosen
Capitolo 14
128 Sulle variabili nascoste locali
Capitolo 15
133 L’esperimento di Alice e Bob dà strani risultati
Capitolo 16
138 La storia di John Bell
Capitolo 17
147 Alice e Bob scoprono che le cose non sono come sembrano
Capitolo 18
151 La velocità della luce e i viaggi nel tempo
Capitolo 19
156 Alice, Bob e la velocità della luce
Capitolo 20
164 Le falle dei primi esperimenti
Capitolo 21
170 Tra le montagne del Tirolo
VI
Indice
Capitolo 22
182 La lotteria quantistica
Capitolo 23
189 La lotteria quantistica con due fotoni
Capitolo 24
200 Il denaro quantistico: un dramma per i falsari
Capitolo 25
207 Un camion quantistico riesce a trasportare
più di quanto possa caricare
Capitolo 26
212 Le sorgenti atomiche di particelle entangled:
i primi esperimenti
Capitolo 27
216 La supersorgente: progressi nelle falle sugli esperimenti
Capitolo 28
220 Teletrasporto quantistico tra le sponde del Danubio
Capitolo 29
231 Il multifotone: una sorpresa e, come per incanto,
il teletrasporto quantistico
Capitolo 30
238 Teletrasportare l’entanglement
Capitolo 31
251 Gli altri esperimenti
Capitolo 32
257 L’informazione quantistica
Capitolo 33
261 Il futuro del teletrasporto quantistico
VII
Indice
Capitolo 34
267 Segnali dal cielo su Tenerife
Capitolo 35
272 Gli sviluppi recenti e alcune questioni aperte
Capitolo 36
279 Che cosa significa tutto ciò?
Appendice
285L’entanglement: un puzzle quantistico
305Glossario
309
VIII
Indice analitico
La danza dei fotoni
Prologo
Sotto il Danubio
Ogni primo gennaio il concerto di Capodanno della Filarmonica di Vienna inaugura l’inizio dell’anno nuovo. Dalla splendida
Sala d’Oro del Musikverein, sede della tradizionale società musicale viennese, il concerto viene trasmesso in tutto il mondo, dove
milioni di persone attendono impazienti di ascoltare i meravigliosi
valzer, le polke, le ouverture e gli altri brani composti dalla famiglia
degli Strauss e dai loro contemporanei. Terminata la scaletta ufficiale ci uniamo agli applausi del pubblico, tutti in attesa dei brani
fuori programma. Ed ecco che parte il suono profondo degli archi
e, riconoscendo il pezzo che aspettavano, tutti ricominciano ad applaudire. Poi l’orchestra si ferma, e il direttore augura un felice
anno nuovo a tutto il pubblico in sala e in ogni parte del mondo. A
quel punto, gli strumenti riprendono a vibrare e la sala risuona delle note del famoso valzer Sul bel Danubio blu, composto da Johann
Strauss figlio e spesso definito l’inno non ufficiale dell’Austria. Non
esistono al mondo molti altri brani musicali capaci di comunicare
sia il piacere, sia l’innata melanconia dell’esistenza umana; composto per i grandi balli di corte nelle sale della Vienna imperiale,
ancora oggi questo valzer viene suonato ogni anno durante la stagione dei balli.
Molti tra i presenti e tra chi segue l’evento alla televisione non
sanno che, poco lontano dalla Sala d’Oro, entro i confini della città di Vienna, alcuni scienziati stanno conducendo un esperimento
all’avanguardia della tecnologia moderna, un esperimento che, studiando le conseguenze delle teorie che spiegano come funziona il
mondo che ci circonda, sfida l’immaginazione ed esplora idee che
prima d’ora avevano trovato spazio solo nella fantascienza.
Prologo
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L’ultimo bis, la Marcia di Radetzky di Johann Strauss padre,
uno dei brani più vibranti e allegri mai scritti, segna la fine del
concerto, e noi lasciamo la sala, diretti verso le sponde del Danubio. È una bellissima giornata d’inverno: il primo gennaio è festa
nazionale e non ci sono molte persone in giro. Attraverso Vienna, il
Danubio si ramifica e forma nel mezzo un’isola lunga e sottile, che
raggiungiamo da una delle sponde del fiume passando su un ponte
non aperto al pubblico e sconosciuto addirittura al nostro navigatore gps. Esclusi i mezzi in missione ufficiale, l’isola è interdetta al
traffico automobilistico.
Superato il ponte, ci dirigiamo verso un edificio che, nascosto
dietro una serie di alberi, ospita il sistema di pompe che regolano
la rete fognaria della città. Sotto il fiume passa un canale fognario
enorme che collega le due parti della città e che trasporta gli scarichi raccolti a est del fiume, in quella zona che i viennesi chiamano
amorevolmente “Transdanubien”, la città oltre il Danubio, verso
un enorme impianto di smaltimento dei rifiuti dall’altro lato. In tal
modo i viennesi, sensibili alle tematiche ambientali, sono sicuri che
gli scarichi non vengano riversati direttamente nel fiume.
Entriamo nell’edificio, prendiamo l’ascensore e scendiamo di
due piani, fin sotto il livello del fiume. In pochi passi ci troviamo
a destra e a sinistra i due imbocchi di un grosso tunnel che collega
le due sponde del fiume, Transdanubien e la Vienna propriamente
detta. L’enorme tunnel è percorso da tubi che trasportano liquami
e che corrono paralleli a una moltitudine di cavi. Adiacente a uno
dei due ingressi e un po’ nascosto, ci accoglie uno scenario completamente diverso.
In un angolo, lontana da noi, scorgiamo una piccola stanza dalle
pareti di vetro. Avvicinandoci notiamo che all’interno ci sono laser
e altri strumenti tecnologici d’avanguardia, come moderni apparati
elettronici, computer e cose simili, e incontriamo Rupert, uno studente di dottorato dell’università di Vienna. Rupert sta lavorando
alla sua tesi, che, ci confida, spera di finire presto per ottenere così
il titolo di Ph.D. Il suo progetto di ricerca è intitolato Teletrasporto
quantistico a lunga distanza. Chiediamo dunque a Rupert se ci può
spiegare in poche parole che cosa siano tutti i macchinari intorno a
noi, e lui ci racconta che lo scopo dell’esperimento su cui sta lavorando è di teletrasportare una particella di luce, un fotone, dalla riva
dell’Isola del Danubio all’altra sponda del fiume, dal lato di Vienna.
Sotto il Danubio
Rupert si accorge che non stiamo capendo un granché, e quindi
ci spiega che il teletrasporto è un po’ come un’«incursione» nel
campo della fantascienza «ma non più di tanto» e, con un gran
sorriso, prosegue la sua spiegazione. Noi continuiamo a non capirci
molto, ma lo ascoltiamo sempre più affascinati. Ci promette che
più tardi ci descriverà il tutto in maniera dettagliata; per il momento, quindi, vogliamo solo acquisire familiarità con l’argomento e
con i concetti che sta studiando, con il linguaggio che usa, e conoscere un po’ gli strani strumenti che ci circondano.
Impariamo così che i laser nella stanza servono a produrre un
tipo di luce davvero particolare. La luce è formata da particelle, i
cosiddetti fotoni, e questi laser producono coppie speciali di fotoni
detti entangled, ossia correlati quantisticamente l’uno con l’altro.
Come impareremo meglio tra poco, questo significa che i fotoni
della coppia sono strettamente legati e interconnessi tra loro e che,
quando eseguiamo una misura su uno dei due fotoni, l’altro ne sarà
istantaneamente influenzato, non importa quanto distante si trovi.
Il concetto di entanglement, o correlazione quantistica, fu introdotto nel 1935 dal fisico austriaco Erwin Schrödinger per descrivere una situazione davvero particolare. Qualche tempo prima Albert
Einstein aveva accennato a un nuovo e interessante fenomeno che
appariva in meccanica quantistica, descrivendolo in un articolo che
pubblicò insieme ai suoi giovani colleghi Boris Podolsky e Nathan
Rosen.
Per capire qualcosa sul concetto di entanglement, consideriamo
due particelle che abbiano interagito in qualche modo l’una con
l’altra. Supponiamo, per esempio, che si siano scontrate, come due
palle da biliardo, per poi allontanarsi. Nella fisica classica (la fisica,
diciamo, “tradizionale”), se una palla si muove verso destra, l’altra
va a sinistra. Inoltre, se conosciamo la velocità della palla in movimento, in che modo essa ha colpito la palla a riposo, e anche la
velocità e la direzione in cui si muove la palla colpita dopo l’urto,
possiamo calcolare esattamente dove quest’ultima andrà a finire.
In pratica, si tratta del piccolo esercizio che un buon giocatore di
biliardo fa ogni volta che colpisce una palla con la stecca.
Le palle da biliardo quantistiche si comportano in maniera molto più insolita; anche loro si allontanano dopo l’urto, ma con alcune strane e davvero interessanti differenze rispetto al caso classico.
Anzitutto nessuna delle due palle ha una velocità ben definita, e
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Prologo
non si muove neppure in una direzione specifica. In realtà, pur allontanandosi l’una dall’altra, dopo la collisione le due palle non
hanno proprio una velocità o una direzione del moto assegnate.
Il fulcro della questione è che, non appena osserviamo una delle palle da biliardo quantistiche, essa istantaneamente assume una
certa velocità e si muove lungo una certa direzione, allontanandosi
dal punto dell’impatto. In quel preciso istante, ma non prima, l’altra
palla assume la velocità e la direzione corrispondenti; questo avviene
a prescindere da quanto le due palle siano distanti in quel momento.
Quindi, le palle da biliardo quantistiche sono entangled, sono
gemellate quantisticamente. Ovviamente non è possibile osservare
questo tipo di fenomeno usando palle da biliardo vere e proprie,
tuttavia è qualcosa di perfettamente normale per le particelle elementari. Due particelle che collidono rimangono intimamente connesse anche a grandi distanze; è il vero e proprio atto di osservare
una delle due particelle che influenza istantaneamente l’altra, non
importa quanto lontano questa sia andata.
Questo strano comportamento non piaceva ad Einstein: egli infatti lo definì una «misteriosa azione a distanza»1, e sperava che i
fisici potessero trovare un modo per liberarsene. Al contrario di
Einstein, Schrödinger accettò questo fenomeno come qualcosa di
completamente nuovo, e coniò per esso il termine entanglement.
L’entanglement è la caratteristica distintiva della fisica quantistica,
che ci costringe ad abbandonare tutte le nostre amate convinzioni
su come funzioni il mondo.
Quando gli chiediamo a che cosa servano i suoi fotoni entangled, Rupert sorride e risponde: «Proprio qui sta il trucco». Mentre
uno dei due fotoni viene trattenuto all’interno del suo minilaboratorio sotto il livello dell’acqua, l’altro viene inviato lungo una fibra
ottica verso un ricevitore che si trova dall’altro lato del fiume.
Rupert inizia a parlare di una certa “Alice” e di un tal “Bob”,
due persone, pare, che comunicano tra loro mentre si scambiano
fotoni. Ben presto capiamo che si tratta di due scienziati immaginari: Alice sta qui nel suo laboratorio, mentre Bob si trova dall’altro
lato del fiume.
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Spukhafte Fernwirkung in tedesco, espressione apparsa in una lettera che Einstein scrisse a Max Born nel 1947. Il termine Spuk indica proprio una manifestazione soprannaturale, misteriosa e inquietante, un fantasma. [N.d.T.]
Sotto il Danubio
Quando gli chiediamo perché chiami questi due proprio Alice e
Bob, Rupert ci spiega che i nomi non sono una sua invenzione, ma
che il loro utilizzo è nato all’interno della comunità dei crittografi, dove è estremamente importante che un messaggio scambiato
tra due persone non possa venire letto o intercettato da terzi non
autorizzati. Iniziamo subito a pensare a spie che operano in situazioni misteriose ed emozionanti, ma Rupert ci riporta con i piedi
per terra. Oggi, spiega, la crittografia è usata in maniera capillare; quando, per esempio, ci colleghiamo a internet e trasmettiamo
i dati della nostra carta di credito, queste informazioni vengono
criptate in modo tale che nessun altro le possa leggere. «All’inizio»
continua «le persone chiamavano il mittente e il destinatario del
messaggio semplicemente “A” e “B”, ma un bel giorno qualcuno ha
pensato che fosse meglio chiamarli “Alice” e “Bob”, di modo che
parlare di loro diventasse più semplice».
Rupert ci mostra la sottile fibra ottica in cui entra il fotone di
Bob, una fibra di vetro simile a quelle oggi ampiamente utilizzate
nel settore delle telecomunicazioni. Seguiamo con gli occhi il cavo in
fibra ottica che, partendo dal laser di Rupert, attraversa il muro del
suo piccolo laboratorio e si va a unire a tutti gli altri cavi che corrono
lungo il grande tunnel sotto il Danubio. Rupert nota la nostra curiosità e chiede: «Volete vedere dove va a finire?». Annuiamo entusiasti,
e così ha inizio il nostro breve viaggio nei sotterranei di Vienna.
Entriamo in un tunnel circolare di circa quattro metri di diametro che scende ripido. Sotto di noi intravediamo due tubi che
trasportano i liquami, entrambi del diametro di circa un metro.
Per fortuna sono ben sigillati, e la loro presenza non ci provoca
disagi particolari, anche se l’aria è leggermente permeata da uno
strano odore. Riusciamo a camminare eretti senza difficoltà, ma lo
spazio a nostra disposizione non è particolarmente vasto: sia alla
nostra destra che alla nostra sinistra corrono fasci di cavi e in uno
di questi, da qualche parte, c’è anche la nostra piccola fibra ottica.
Inoltre, come fa notare uno di noi, sembra di stare nel film Il terzo
uomo, uno dei più belli mai girati, ambientato nella Vienna del
secondo dopoguerra. Alcune tra le migliori scene sono state girate
proprio nel sistema fognario della città, e da un momento all’altro
ci aspettiamo di vedere sbucare da dietro l’angolo Orson Welles,
mentre già ci pare di sentire il tema di Harry Lime suonato dalla
cetra di Anton Karas.
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Prologo
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Dopo un po’ arriviamo al punto più basso del percorso, dove,
spiega Rupert, il fiume è proprio sopra le nostre teste. È difficile
non immaginare che cosa potrebbe succedere se per qualche motivo si dovesse aprire una crepa e l’acqua iniziasse a filtrare nel
tunnel: in che direzione sarebbe meglio fuggire? Per fortuna non
accade nulla, e possiamo continuare la nostra passeggiata. La strada inizia a salire leggermente, e in breve sbuchiamo in una piccola
stanza; guardando fuori, notiamo che non abbiamo solo attraversato il fiume, ma anche un piccolo parco, la ferrovia e un’ampia
strada.
Nella stanza la nostra fibra ottica lascia il suo involucro di plastica e si infila in un assembramento di strumenti che ricorda quello
che abbiamo visto sull’isola, solo molto più piccolo. Esattamente
come nell’altra stanza, accanto all’apparato ci sono un computer e
alcuni dispositivi ottici, come prismi e specchi, e un sacco di strumentazione elettronica. Rupert ci spiega che lì si eseguono le misure
sul fotone teletrasportato, per verificare che le sue caratteristiche e
proprietà siano intatte. Di tutti i cavi che arrivano al piccolo tavolo
di Rupert uno sale verso l’alto e sbuca sul tetto dell’edificio in cui ci
troviamo. Con una punta d’orgoglio, Rupert ci comunica che quello è il canale classico che collega Bob e Alice: si tratta di un normale
collegamento radio tra i due. A questo punto, siamo un po’ confusi.
A che cosa serve il canale classico? Che cosa intende Rupert quando parla di fotoni entangled? E che cosa è il teletrasporto?
Prima di cercare una risposta a queste domande saliamo sul tetto dell’edificio, dove il nostro sforzo viene premiato da una vista
magnifica. L’edificio in cui si trova Alice è sulla riva opposta; nel
mezzo, il fiume scorre deciso, solcato da navi che avanzano lente ma
costanti, mentre qualche anatra e qualche cigno si godono l’acqua
pulita. Dal nostro lato del fiume, proprio a fianco dell’edificio su cui
ci troviamo, c’è una piccola pagoda costruita dalla comunità buddista di Vienna. Domande di carattere filosofico invadono all’istante
la nostra mente: qual è il significato di tutto ciò, qual è il nostro ruolo nell’universo, che cosa facciamo esattamente quando osserviamo
il mondo, e che cosa diamine c’entra la fisica quantistica?
A ovest scorgiamo le colline della Selva Viennese, l’estremo
orientale delle Alpi, mentre a est, i margini delle grandi pianure
ungheresi. I nostri pensieri si volgono alla storia; arrivando da est,
infatti, i turchi cercarono di conquistare la città in due occasioni,
Sotto il Danubio
fallendo ogni volta. Possiamo facilmente immaginare come un loro
eventuale successo avrebbe cambiato la storia; questo ci porta a
considerare come il tipo di domande che ci poniamo, le domande
profonde, quelle sul significato della nostra esistenza, dipendano
dalla nostra cultura, buddista, islamica o cristiana. Comincia a fare
freddo lassù, e lentamente decidiamo di tornare alla vita della Vienna moderna.
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