La percezione della crisi da parte delle imprese

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NOTA SULL’ECONOMIA DELLE PROVINCE MOLISANE
La percezione della crisi da parte
delle imprese
Maggio 2009
INDICE
CAPITOLO 1 - Origine ed evoluzione dell’attuale crisi ....................................................................... 3
1.1 - L’origine e la dinamica della crisi economica e finanziaria mondiale ................................................3
1.2 - Le prospettive dell’economia italiana con la crisi economica mondiale .............................................6
CAPITOLO 2 - La reazione dell’economia del Molise a fronte della crisi economica e finanziaria
mondiale ......................................................................................................................................... 9
2.1 - L’impostazione dell’indagine sull’economia molisana ......................................................................9
2.2 - I risultati dell’indagine sull’economia molisana ............................................................................ 10
2.3 – L’evoluzione dell’accesso al credito delle imprese molisane .......................................................... 27
2
CAPITOLO 1 - Origine ed evoluzione dell’attuale crisi
1.1 - L’origine e la dinamica della crisi economica e finanziaria mondiale
L’economia mondiale, dopo il lungo ciclo espansivo degli ultimi anni, ha registrato un forte rallentamento per
effetto delle ripercussioni della crisi creditizia statunitense sui mercati finanziari e sull’economia reale.
Per individuare l’origine di tale processo è necessario tornare a metà degli anni novanta quando le
Amministrazioni statunitensi, per contrastare la riduzione del potere d’acquisto e l’aumento delle
disuguaglianze dei redditi, hanno perseguito una politica monetaria accomodante e una serie di interventi di
sostegno al mercato immobiliare. Tale politica, che ha consentito di sostenere consumi e investimenti,
immettendo elevata liquidità nei circuiti economici, ha avuto effetti positivi di carattere economico e sociale,
agevolando l’acquisto di abitazioni da parte degli strati meno abbienti della popolazione.
Famiglie, imprese e fondi finanziari di vario genere sono riusciti ad ottenere crediti a condizioni
particolarmente vantaggiose per l’acquisto non solo di abitazioni, ma anche di uffici e locali commerciali. La
crescente domanda immobiliare ha fatto sì che nell’ultimo decennio tale settore, insieme a quello del credito,
assumessero un ruolo guida nella crescita economica statunitense, con effetti positivi sul sistema mondiale.
La politica monetaria espansiva e l’utilizzo di strumenti creditizi particolari, tra i quali i “mutui cash”1, oltre a
sostenere il mercato immobiliare, ha influenzato positivamente la capacità finanziaria e di indebitamento
delle famiglie, alimentando la domanda interna di beni di consumo2.
Tali processi, se da un lato hanno sostenuto la crescita economica, dall’altro hanno determinato un aumento
dei valori immobiliari ben più elevato di quello dei redditi, e un incremento dei prezzi al consumo,
determinata in parte dalla elevata domanda interna e in parte importata (aumento dei prezzi del petrolio e
delle materie prime derivanti dalla crescita del fabbisogno mondiale e in particolare di Cina ed India). Il
successivo aumento del costo del denaro, necessario per contenere le spinte inflative, ha comportato una
maggiore sofferenza per coloro che detenevano debiti; in tale contesto, considerando che il processo di
scelta allocativa dei finanziamenti era stato distorto dal naturale equilibrio rischio-rendimento (si stima che i
mutui ad “alto rischio”, o mutui sub-prime3 possano raggiungere anche un quarto del totale), il sistema
creditizio è precipitato, fin dall’inizio del 2007, in uno stato di generalizzata insolvenza, comunemente
indicato come crisi sub-prime.
L’insolvenza di milioni di debitori ha alimentato l’esigibilità ipotecaria delle banche e degli istituti finanziari
creditori che, a loro volta, hanno riallocato sul mercato numerose proprietà immobiliari, determinando
un’offerta superiore alla domanda ed una conseguente riduzione dei valori di tali proprietà che non ha
1
I mutui cash sono finanziamenti erogati per sostenere i consumi attraverso l’ipoteca di beni immobiliari e si caratterizzano per un
costo del finanziamento più elevato di quello dei mutui convenzionali.
2
Si ricorda che i consumi interni sono alla base del modello di sviluppo economico di quei paesi, tra cui gli U.S.A., che non presentano
un’ elevata apertura commerciale.
3
Per mutui sub prime si intendono quei finanziamenti ipotecari in cui il mutuatario è nella fascia più bassa della qualità creditizia con
una probabilità di insolvenza relativamente alta e, dunque, più sensibile ai mutamenti del costo del denaro ed agli aumenti dei
pagamenti mensili al servizio del debito.
3
permesso di coprire il costo sopportato dalle banche per i crediti inesigibili. Lo scoppio della bolla immobiliare
ha avuto pesanti riflessi sul mondo puramente finanziario in quanto, i mutui erogati (e tra questi, soprattutto i
subprime) sono stati largamente utilizzati come garanzia per sostenere il valore di altri titoli azionari ed
obbligazionari.
In pratica, le società di prestiti immobiliari, seguendo quanto da tempo già facevano gli istituti bancari, hanno
agito per un’estesa cartolarizzazione dei loro crediti (sia verso clienti finanziariamente solidi che verso clienti
c.d. “subprime”), incorporando i diritti derivanti da tali crediti in un titolo cedibile sul mercato. In questo modo
banche e società di prestiti immobiliari hanno ottenuto nuovi capitali prontamente disponibili all’impiego e,
riducendo il livello dei crediti a rischio ascrivibili in bilancio, hanno ottenuto un miglior rating sul mercato in
modo da ottenere liquidità a tassi di interesse più bassi. I prodotti finanziari derivanti dalla cartolarizzazione
sono stati venduti a diversi gruppi di investitori coinvolgendo a macchia d’olio numerosi titoli e fondi. Tale
contesto è stato reso più grave dalla contestuale perdita di valore di altri strumenti finanziari derivati, quali
futures4 e options5, che scommettevano su una crescita continua del prezzo delle materie prime,
energetiche, minerali e alimentari, crescita invece che si è rapidamente arrestata, per trasformarsi ben
presto in una discesa accelerata, come dimostra la vicenda del petrolio, che è passato dai quasi 150 dollari a
barile di luglio 2008 a circa 30-40 dollari nell’autunno 2008.
Questa situazione ha innescato, soprattutto a seguito del fallimento di una famosa banca d’affari americana,
la Lehman Brothers, un crollo del valore delle azioni di tutte le banche americane, e subito dopo di tante altre
società quotate statunitensi, per effetto di una generale perdita di fiducia sull’evoluzione dell’economia.
In questo contesto, visto che la finanza è, forse, l’unico “vero” mercato mondiale, tale “inquinamento” ha
notevolmente influito anche sui valori dei listini europei coinvolgendo di conseguenza l’economia del vecchio
continente.
Inoltre, la riduzione dei valori immobiliari e dei titoli azionari ed obbligazionari ha comportato una minore
capitalizzazione delle banche, circostanza che ha determinato un razionamento del credito, che a sua volta
ha provocato un peggioramento del clima di fiducia all’interno del sistema bancario. Nel complesso, quindi,
quella che è nata come una crisi del credito e che trova le sue origini fin dagli inizi degli anni novanta, si è
presto trasformata in crisi finanziaria e, successivamente, in crisi dell’economia reale; inoltre, come
evidenziato in precedenza, quella che è nata come crisi americana, si è presto trasformata in crisi mondiale.
Il passaggio dalla crisi finanziaria a quella reale è stato determinato in buona misura dalla perdita di
ricchezza delle famiglie, che soprattutto negli Usa è detenuta in misura significativa in titoli quotati, e questo
ha comportato un arresto immediato nella dinamica degli acquisti e degli investimenti, che ha messo in crisi il
sistema produttivo americano e quello dei paesi esportatori.
4
Il future è un contratto standardizzato di acquisto o di vendita di una quantità e qualità standard di una commodity (o di un altro
strumento finanziario, come azioni, obbligazioni, o gruppi di strumenti, e quindi anche indici) ad un determinato prezzo da realizzare in
una precisa data futura (delivery date).
5
L’option è un contratto che assicura al titolare il diritto (ma non l'obbligo) di acquistare (call) o vendere (put) una commodity (o uno
strumento finanziario) ad un certo prezzo in una data futura o entro una data futura.
4
In realtà l’intensità con cui la crisi americana ha influenzato l’andamento dell’economia europea è diversa in
funzione della struttura economica e del grado di coinvolgimento che i vari paesi sperimentano nei confronti
della crisi subprime e delle difficoltà dei consumi americani e, quindi, dell’import che ne discende. A tal
proposito è opportuno rilevare come in Italia il rallentamento dei valori immobiliari, unito ad una crescita del
costo del denaro, nonostante abbia prodotto un traumatico quanto organico ridimensionamento dell’attività
economica, non sembra aver destabilizzato il sistema bancario se non, in via indiretta, attraverso
partecipazioni estere.
La motivazione è riconducibile al fatto che il sistema bancario italiano, grazie ad un modello di attività
fondamentalmente sano, basato su un quadro normativo orientato alla prudenza e su un’estesa attività
patrimoniale, ha subito in misura inferiore, rispetto alle altre economie, l’urto proveniente dalla crisi. Inoltre, le
famiglie italiane presentano rispetto a quelle di origine anglosassone ed europea una minore propensione
all’indebitamento; a tal proposito si evidenzia come nel 2005 i debiti finanziari delle famiglie italiane
ammontavano ad appena il 43% del reddito disponibile, a fronte del 66% in Francia, del 100% in Germania,
del 112% in Spagna e del 148% nel Regno Unito.
In sintesi, pur tra molte difficoltà, non si è istaurato quel meccanismo di insolvenze e crisi bancarie che,
invece, ha caratterizzato i sistemi economici anglosassoni. Tuttavia, se il sistema del credito e quello
finanziario risultano sostanzialmente solidi, almeno rispetto a quelli degli altri paesi, lo stesso non si può dire
per ciò che riguarda l’economia reale. Infatti, nonostante i miglioramenti accorsi tra il 2006 ed il 2007,
l’economia italiana si caratterizza, fin dall’introduzione dell’euro, per una stagnazione della crescita, legata a
molteplici fattori tra i quali la debolezza dei consumi interni (un fenomeno ulteriormente accentuato
dall’ultima crescita del livello di inflazione), la contenuta produttività del lavoro, l’elevato debito pubblico, la
rigidità dei mercati, l’elevata vocazione verso settori tradizionali e l’impossibilità di avviare politiche di
svalutazione monetaria, largamente utilizzate in passato per dare maggiore competitività all’export italiano.
5
1.2 - Le prospettive dell’economia italiana con la crisi economica mondiale
Il razionamento dei finanziamenti verso le imprese previsto per il 2009 provocherà, con ogni probabilità,
difficoltà di gestione alle aziende e, quindi, una riduzione della loro attività produttiva, che comporterà
maggiori licenziamenti e, pertanto, un calo dell’occupazione e del reddito disponibile delle famiglie, che
alimenterà una ulteriore riduzione dei consumi.
La stagnazione dei consumi, dovuta anche alla stretta sul fronte del credito al consumo, insieme alla
riduzione dell’export verso i paesi più colpiti dalla crisi, si sta ripercuotendo pesantemente su un sistema
economico dove il settore manifatturiero contribuisce alla creazione della ricchezza per un quinto, come
quello italiano; a dicembre 2008, infatti, l’industria italiana ha registrato una contrazione del fatturato (-10,3%
in termini tendenziali), della produzione (-12,2%) e degli ordini (-15,4%) particolarmente sostenuta.
L’andamento negativo degli ordini, che rappresenta inoltre un utile indicatore del clima di fiducia/sfiducia e
un segnale anticipatore dell’andamento dell’economia, costituisce un fattore di preoccupazione in
considerazione degli effetti a breve termine sulla produzione e sull’occupazione, con il rischio di avvio di una
spirale negativa caratterizzata da una ulteriore riduzione dei consumi e degli investimenti.
A tal proposito è interessante rilevare le previsioni macroeconomiche per l’Italia per l’anno in corso elaborate
dalla Commissione Europea, dal Fondo Monetario Internazionale e dall’OCSE; focalizzando l’attenzione
sulle aspettative della Commissione Europea che, essendo state elaborate a gennaio scorso, sono più
aggiornate e riescono quindi in maggior misura a stimare gli effetti dell’attuale crisi economica e finanziaria, è
possibile rilevare la fase recessiva dell’economia italiana, con una riduzione del Pil (-2%), dei consumi (0,3%), degli investimenti (-6,3%) ed una contrazione dell’interscambio commerciale, sia in entrata (-4,3%)
che in uscita (-5,8%). Tuttavia in questo contesto appare opportuno nuovamente precisare che le cause
della recessione dell’economia nazionale non sono tanto associabili, almeno direttamente, alla crisi dei
crediti subprime ed all’indebitamento della popolazione quanto alla presenza di shock esogeni derivanti dal
peggioramento del quadro economico internazionale sia dal punto di vista generale che per ciò che riguarda
i settori più colpiti.
All’interno del territorio nazionale le diverse realtà economiche, in base alle caratteristiche strutturali, alle
vocazioni economiche e al livello di apertura internazionale potranno risentire in misura differente dell’attuale
crisi economica e finanziaria; a tal proposito, al fine di monitorare gli effetti del ciclo economico negativo nei
sistemi economici provinciali, si propone una clusterizzazione (in cinque livelli) sull’esposizione provinciale
agli shock esterni al territorio di riferimento. La riflessione che sta alla base di tale analisi è relativa al fatto
che se un sistema produttivo ha maggiori relazioni con le economie esterne, con ogni probabilità, risentirà
maggiormente della fase ciclica in crescita o flessione. Questo è proprio il caso dell’Italia che dalle
esportazioni ottiene circa il 23,5% del Pil (365 miliardi di esportazioni nel 2008, su circa 1.550 miliardi di Pil).
Chiaramente, l’esposizione agli shock esterni può essere valutata positivamente o negativamente a seconda
del tipo di shock esogeno.
6
Tab. 1.1 – Previsioni macroeconomiche per l’Italia per l’anno 2009 (Variazioni percentuali, salvo diversa indicazione)
Commissione
FMI
OCSE
Europea
(ottobre/novembre
(novembre 2008)*
(gennaio 2009)
2008)
Pil
Importazioni
-2,0
-0,6
-1,0
-4,3
0,2
-0,7
Esportazioni
-5,8
0,6
-0,6
Consumi delle famiglie
-0,3
-0,3
-0,3
Investimenti fissi lordi
-6,3
0,2
-4,6
- macchine e attrezzature
-10,2
n.d.
-4,4
- costruzioni
-3,0
n.d.
-4,7
Tasso di disoccupazione
8,2
6,6
7,8
Tasso di inflazione
1,2
1,9
1,5**
Indebitamento netto delle A.P. (in % del Pil)
-3,8
-2,9
-2,9
*Le previsioni per le grandezze di contabilità nazionale sono effettuate su dati corretti per il diverso numero di giorni lavorati;
**armonizzato
Fonte: Commissione Europea, FMI e OCSE
La mappatura che segue è il risultato dell’elaborazione di un indicatore sintetico, composto da cinque
indicatori semplici, quali la propensione all’export, l’incidenza della Pubblica Amministrazione sul totale della
ricchezza prodotta in provincia, l’esposizione finanziaria del patrimonio delle famiglie, l’incidenza dei consumi
non alimentari e il ROE (Return on Equity6) delle imprese localizzate nel territorio di riferimento. Tale
indicatore rappresenta una “proxy” dell’esposizione strutturale dei sistemi economici provinciali a fattori
congiunturali esterni, quali ad esempio, il rapporto euro/dollaro piuttosto che eventuali bolle finanziarie
internazionali.
Ovviamente, vista la natura dell’indicatore sintetico, le province che maggiormente potranno risentire degli
shock esogeni provenienti dall’esterno e riconducibili all’attuale crisi finanziaria, ben presto tramutata in crisi
dell’economia reale, saranno, secondo il modello proposto, prevalentemente quelle del Nord in quanto
incentrate su modelli di sviluppo a vocazione manifatturiera o integrata (manifatturiero e terziario) e più
connesse all’economia internazionale attraverso l’attività di esportazione. Nel complesso, infatti, tra le 21
province individuate che risultano più esposte alla crisi economica internazionale, ben 19 appartengono al
Nord Italia (in particolare del Veneto, dell’Emilia Romagna, della Lombardia e del Piemonte, ossia laddove è
più alta la vocazione manifatturiera e la propensione all’export) e solo due al Centro-Sud.
Diversamente le province del Sud Italia, grazie ad un modello di sviluppo più incentrato nel settore pubblico
e nei servizi “di base” alla persona, con una minore propensione all’export ed una limitata esposizione
finanziaria delle famiglie, più orientate ad asset patrimoniali reali (terreni e fabbricati), risultano, almeno nel
breve periodo, meno esposte agli shock della domanda. Per questo motivo è possibile attendersi per il
prossimo futuro un recupero competitivo del Sud Italia rispetto al più avanzato Centro-Nord.
6
Il R.O.E. (Return On Equity), misura il risultato economico della gestione delle società di capitale, inteso come remunerazione (o
mancata remunerazione) del capitale imprenditoriale. In altri termini, analizza la redditività del capitale rispetto ai risultati attesi.
7
Le province del Molise, sulla base delle caratteristiche economiche del territorio, sembrano presentare un
livello di esposizione agli shock esterni sostanzialmente basso. Più precisamente, la provincia di Isernia
presenta una sensibilità medio-bassa, mentre la provincia di Campobasso ne mostra una bassa.
Questa circostanza può essere dovuta al fatto che, come altre zone dell’Italia meridionale, l’economia del
Molise ha una minor propensione all’esportazione e, quindi, risulta meno dipendente dall’andamento dei
mercati mondiali, rispetto a molte aree del Centro-Nord.
Fig. 1.1 – Sensibilità delle province agli shock esogeni provenienti dalla crisi
Fonte: Istituto G. Tagliacarne
8
CAPITOLO 2 - La reazione dell’economia del Molise a fronte della crisi economica e
finanziaria mondiale
2.1 - L’impostazione dell’indagine sull’economia molisana
Al fine di cogliere il punto di vista (c.d. “sentiment”) delle aziende molisane sui primi effetti della crisi
economica e finanziaria e sulla vitalità del sistema imprenditoriale regionale, si è proceduto ad effettuare
un’indagine (utilizzando il metodo C.A.TI.) su un panel di 205 imprese attive nella regione, che ha avuto
luogo nella terza settimana di Aprile 2009. 120 delle imprese intervistate operano nella provincia di
Campobasso, e le rimanenti 85 nella provincia di Isernia.
Gli imprenditori intervistati appartengono a 4 settori produttivi: 68 operano nel commercio, 67 nelle
costruzioni, 50 nell’industria alimentare e 20 nel tessile-abbigliamento. Gli operatori del tessile-abbigliamento
sono tutti localizzati nella provincia di Isernia e quelli dell’industria alimentare solamente in quella di
Campobasso.
Dato il numero contenuto di interviste previste, si è preferito concentrare l’indagine su operatori di comparti
particolarmente significativi per l’economia del Molise7.
Le domande poste agli operatori vertono sia sugli effetti della crisi, in termini di andamento del fatturato, di
conseguenze per la collettività e per la propria impresa, di stretta creditizia, sia sulle aspettative di
evoluzione della crisi (es. periodo in cui ci sarà una ripresa economica, il momento più difficile, etc.).
Le risposte degli intervistati sono state classificate in funzione di vari parametri, oltre al settore di
appartenenza e alla provincia di provenienza. Si è, infatti, considerata la dimensione dell’azienda, sulla base
del fatturato e del numero di addetti, e l’ampiezza della sua operatività, utilizzando al riguardo come
parametri il numero di clienti.
La rapidità di realizzazione dell’indagine ha consentito di cogliere appieno il “clima di aspettativa” vissuto al
momento dagli operatori economici delle due province, e di fornire in “tempo reale” una valutazione
qualitativa (comunque significativa) del trend congiunturale dei primi mesi del 2009, rispetto allo stesso
periodo dell’anno precedente, le prospettive di breve periodo, le conseguenze dell’attuale crisi economica e
finanziaria sulle principali variabili aziendali ed economiche, e le strategie da porre in essere per contrastare
gli effetti della fase recessiva dell’economia.
L’indagine ha consentito, quindi, di analizzare aspetti e fenomeni difficilmente rilevabili dalle “statistiche
ufficiali”, necessari per comprendere tempestivamente gli effetti dell’attuale crisi economica e finanziaria e
7
L’indagine sul campo ha interessato un campione di 205 imprese operanti nel Molise. Il metodo statistico utilizzato per estrarre i
soggetti/imprese da intervistare è stato quello del campione stratificato, finalizzato ad un’indagine qualitativa multiscopo. La
stratificazione è avvenuta considerando il peso dei comparti più importanti di attività economica per ciascuna delle due province del
Molise: Industria alimentare, costruzioni e commercio per la provincia di Campobasso, Industria tessile-abbigliamento, costruzioni e
commercio per la provincia di Isernia. L’estrazione all’interno dei gruppi è stata effettuata attraverso l’utilizzo di apposite tavole di numeri
casuali. L’indagine campionaria, quindi, ha coinvolto 205 imprese attive, intervistate telefonicamente, utilizzando il metodo C.A.T.I.
(Computer Assisted Telephone Interviewing), attraverso la somministrazione ai Titolari/Responsabili delle imprese di un questionario
strutturato.
9
alcune dinamiche in atto di particolare importanza per l’adozione di politiche e strategie di sviluppo. Inoltre,
l’analisi che ne è conseguita è di particolare interesse proprio per la considerazione delle risposte in funzione
della tipologia di intervistato, valutata secondo i parametri di classificazione sopra riportati, circostanza che
consente, fra l’altro, di tracciare l’identikit dell’impresa che riesce a resistere meglio all’attuale recessione.
E’ opportuno però ribadire che la base campionaria, necessaria per la rapidità di esecuzione della ricerca,
non è dimensionata per affermare con certezza che i risultati emersi dalle interviste rappresentino l’opinione
dell’intera classe imprenditoriale del Molise, bensì che indichino tendenze che con buona probabilità
possono essere considerate rappresentative del mondo produttivo locale.
2.2 - I risultati dell’indagine sull’economia molisana
La crisi economica e finanziaria mondiale ha “bussato alla porta del Molise”. Oltre il 70% degli imprenditori
intervistati nelle due province ha riconosciuto che il proprio fatturato è diminuito in questi primi mesi del 2009,
e 3 su 4 degli interpellati hanno constatato che gli effetti tipici della crisi, come la riduzione dei consumi delle
famiglie e l’aumento dell’indebitamento delle aziende, si sono già manifestati.
La recessione in corso viene percepita esclusivamente come fonte di problemi per l’azienda per l’80% del
campione, mentre solo il 2% delle imprese si è azzardato ad affermare che la crisi offrirà opportunità. Oltre il
70% degli imprenditori molisani, inoltre, è d’accordo nell’individuare nella riduzione degli ordini il principale
effetto negativo dell’attuale congiuntura per la propria azienda.
Per quanto riguarda l’evoluzione della crisi, solo una minoranza (13,5%) ritiene che possa esservi una
ripresa già nel corso del 2009, sebbene la maggioranza (circa il 70%) pensa che il momento peggiore della
crisi si situi tra il primo ed il secondo semestre del 2009.
Per migliorare le cose praticamente tutti si attendono un intervento pubblico, ed in particolare agevolazioni
fiscali (65% dei casi) ed incentivi per gli investimenti (circa il 40%).
Passando ora all’esame di dettaglio dell’indagine, il primo elemento che emerge (vedi grafico 2.1) è la
contrazione del fatturato, che è stata sperimentata, a seguito della crisi economica internazionale, esplosa a
inizio autunno 2008, dal 71% delle imprese molisane coinvolte nell’indagine. Solo il 6,3% degli intervistati
segnala un fatturato in aumento, mentre un altro 20,8% non ha riscontrato sensibili variazioni.
Non risulta, inoltre, che vi siano significative differenze tra le imprese di Campobasso e quelle di Isernia. Si
può solo rilevare che nell’area di Campobasso vi è una percentuale maggiore (8,3%) di imprese che hanno
sperimentato un aumento del fatturato, rispetto ad Isernia (3,4%), circostanza che potrebbe portare alla
conclusione che gli effetti della crisi sembrano essere per il momento leggermente minori nella provincia
capoluogo di regione. Ma la differenza non è tale da consentire di affermare che la recessione stia avendo
conseguenze sensibilmente diverse nelle due province molisane.
10
Graf. 2.1 – Andamento del fatturato aziendale nei primi mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente nelle
province del Molise (Valori percentuali sul totale intervistati)
0,8
3,4
1,9
71,7
70,1
71,0
100%
80%
Non sa/non risponde
60%
In diminuzione
Stabile
In aumento
40%
20%
19,2
8,3
23,0
20,8
3,4
6,3
0%
Campobasso
Isernia
Molise
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Se a livello territoriale la crisi si sta manifestando dunque in modo sostanzialmente omogeneo, non
altrettanto si può affermare per quanto riguarda i diversi settori economici considerati dall’indagine.
Tab. 2.1 – Andamento del fatturato aziendale nei primi mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente per
provincia (Valori percentuali sul totale intervistati)
Campobasso
Isernia
Molise
In aumento
8,3
3,4
6,3
Stabile
19,2
23,0
20,8
In diminuzione
71,7
70,1
71,0
Saldo*
-63,4
-66,7
-64,7
0,8
3,4
1,9
Non sa/non risponde
(*) Dati ottenuti dalla differenza tra imprese che hanno registrato un aumento e quelle che invece hanno registrato una diminuzione
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
L’industria più sensibile al ciclo, ossia le costruzioni, mostra la percentuale più bassa di imprese che hanno
visto ridursi i ricavi, ed al tempo stesso l’industria più tipicamente slegata alla congiuntura, ovvero quella
alimentare, presenta il maggior numero di aziende con un andamento negativo delle vendite. Da rilevare che
pochissime aziende del tessile-abbigliamento intervistate hanno dichiarato un miglioramento dei conti,
sebbene non si possa affermare che questo settore produttivo stia uscendo totalmente sconfitto da questi
primi mesi di recessione.
11
Tab. 2.2 – Andamento del fatturato aziendale nei primi mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente per
settore di attività (Valori percentuali sul totale intervistati)
Tessile-Abbigliamento
Alimentare
Costruzioni
Commercio
Totale imprese
In aumento
5,0
8,0
5,9
5,8
6,3
Stabile
30,0
12,0
30,9
14,5
20,8
In diminuzione
65,0
78,0
61,8
76,8
71,0
Saldo*
-60,0
-70,0
-55,9
-71,0
-64,7
0,0
2,0
1,5
2,9
1,9
Non sa/non risponde
(*) Dati ottenuti dalla differenza tra imprese che hanno registrato un aumento e quelle che invece hanno registrato una diminuzione.
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Merita, inoltre, di essere sottolineato come siano pochissime le imprese (2%) che non hanno saputo (o
voluto) rispondere, a dimostrazione che il tema della crisi economica è sentito da tutto il mondo
imprenditoriale molisano come rilevante per la situazione della propria azienda.
L’analisi delle risposte in funzione della classe di fatturato dell’azienda intervistata mostra che le aziende con
un fatturato più grande (sopra 1 milione di euro) riescono a resistere meglio alla crisi. Infatti, se da una parte
vi sono solo il 20% delle aziende con un fatturato inferiore a 1 milione di euro che registrano un turnover
immutato, dall’altra vi è la metà delle imprese con ricavi superiori a tale soglia che sono riuscite a mantenere
i ritmi di vendita di prima. Agli stessi risultati si perviene se si considera il parametro del numero di addetti. In
pratica, a fronte del 76% delle imprese che hanno fino a 5 addetti, che mostrano risultati in diminuzione, si
ha solo il 61% delle aziende con un numero di addetti superiore a 5 che si trovano nella medesima negativa
situazione, ed il 43% di quelle con oltre 10 addetti.
Considerando l’ampiezza dell’operatività delle aziende, basata sul numero di clienti, si ha conferma che le
difficoltà maggiori sono sentite dalle imprese con pochi committenti (meno di 5) rispetto a quelle con una
clientela diversificata (5 ed oltre). Infatti, nella prima classe sono quasi l’85% le imprese con un fatturato in
riduzione, contro il 70% delle altre imprese (quelle con 5 o più committenti).
Dunque una recessione che sta facendo sentire pesantemente i suoi effetti, in particolare sulle
imprese più piccole. Ma quando se ne uscirà? A questa domanda gli imprenditori hanno risposto in modo
non tanto ottimistico.
Un imprenditore su 3 ritiene, infatti, che bisogna aspettare il 2011 per vedere una ripresa. La maggioranza
relativa degli intervistati (quasi il 40%) punta sul 2010 come l’anno della svolta. Come già anticipato, solo
una minoranza (il 13,5%) si sente in grado di scommettere che il rilancio dell’economia possa cominciare già
nel corso del 2009. Più o meno altrettanti (13,5%) non hanno saputo dare una risposta. Questa quota
piuttosto contenuta di incerti denota, ancora una volta, che la classe imprenditoriale molisana ha comunque
idee chiare su questa crisi economica mondiale, sebbene non uniformi, come dimostra la diversità di vedute
per quanto concerne l’anno della ripresa.
12
Graf. 2.2 – Periodo in cui le imprese prevedono che si potranno riscontrare i primi segnali di ripresa economica (Valori
percentuali sul totale intervistati)
5,7
100%
13,5
19,2
32,2
80%
32,9
33,3
Non sa/non risponde
60%
Nel 2011
Nel 2010
44,8
40%
Entro il 2009
40,1
36,7
20%
10,8
17,2
13,5
0%
Campobasso
Isernia
Molise
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Dall’analisi delle risposte a seconda del territorio di provenienza dell’intervistato risultano leggermente più
ottimisti gli imprenditori di Isernia, mentre fra quelli di Campobasso risulta significativa la percentuale degli
incerti. Si tratta di un risultato in controtendenza con quello emerso dalla domanda sull’andamento del
fatturato, visto che le cose sembravano andare meglio nella provincia di Campobasso, circostanza che
avrebbe giustificato un maggiore, sebbene cauto, ottimismo.
Tab. 2.3 – Periodo in cui le imprese prevedono che si potranno riscontrare i primi segnali di ripresa economica per provincia
(Valori percentuali sul totale intervistati)
Campobasso
Isernia
Molise
Entro il 2009
10,8
17,2
13,5
Nel 2010
36,7
44,8
40,1
Nel 2011
33,3
32,2
32,9
Non sa/non risponde
19,2
5,8
13,5
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Si può, inoltre, constatare che i rappresentanti del comparto tessile sono più ottimisti (il 25% punta sul 2009
come anno della ripresa), seguiti a non molta distanza dagli esponenti del commercio (18,8%), mentre
risultano molto più cauti gli industriali dell’alimentare (8%) e delle costruzioni (8,8%), che scommettono più
sul 2010 ed il 2011 come anni di rilancio dell’economia. Fra questi i più pessimisti sono i costruttori, che
hanno la maggiore percentuale (38,2%) di intervistati che si attendono una ripresa solo nel 2011. Da rilevare
che gli esponenti dell’industria alimentare sono più incerti sulle prospettive della crisi, circostanza che non
deve sorprendere visto che sono quelli che stanno soffrendo maggiormente la recessione, come dimostra
l’elevata percentuale di imprese con ricavi in diminuzione (78%).
13
Tab. 2.4 – Periodo in cui le imprese prevedono che si potranno riscontrare i primi segnali di ripresa economica per settore di
attività (Valori percentuali sul totale intervistati)
Tessile-Abbigliamento
Alimentare
Costruzioni
Commercio
Totale imprese
Entro il 2009
25,0
8,0
8,8
18,8
13,5
Nel 2010
45,0
36,0
42,6
39,1
40,1
Nel 2011
15,0
32,0
38,2
33,3
32,9
Non sa/non risponde
15,0
24,0
10,3
8,7
13,5
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
E’ il caso di segnalare che le risposte si differenziano in parte in funzione della dimensione dell’impresa.
Quelle con il fatturato più ampio (superiore a 1 milione di euro) tendono a concentrare le loro risposte sul
2010 (60%), mentre gli imprenditori con ricavi inferiori a tale limite si suddividono equamente tra quelli che
indicano il 2010 (35%) e quelli che segnalano il 2011 (35%), segno che nelle imprese più piccole serpeggia
maggiormente il timore che la crisi possa essere più lunga. Tale tendenza è confermata dall’analisi delle
risposte in funzione del numero di addetti dell’impresa. Infatti, il 60% di quelle con più di 10 addetti sono
convinte che la ripresa si avrà nel 2010, contro una media del 40% delle imprese con un numero minore di
dipendenti.
Invece l’operatività dell’azienda (espressa in termini di ampiezza della clientela) non sembra influenzare in
modo significativo le risposte degli interpellati. Si rileva solo che è più alta la percentuale degli imprenditori
che vedono nel 2011 l’anno di uscita dalla crisi nella classe di imprese con fino a 5 addetti (45%) rispetto alle
altre classi (30% delle imprese con 5-50 addetti, e 35% con più di 50 addetti). Ancora una volta si constata
che la piccola dimensione aziendale tende ad accentuare il pessimismo dell’imprenditore nei confronti delle
prospettive.
Graf. 2.3 – Misura in cui l’attuale crisi economica e finanziaria ha prodotto effetti negativi sui principali fattori economici per le
aziende molisane (Molto/abbastanza: voto tra 6 e 10; poco/per niente:voto da 1 a 5)
73,9
Consumi delle famiglie
Consumi/spesa dei turisti
50,3
49,6
68,6
Livelli occupazionali
Investimenti delle imprese
27,1
63,8
32,4
73,0
Indebitamento delle imprese
Fallimenti/cessazioni di imprese
25,1
18,8
54,6
36,3
Molto/abbastanza
Poco/per niente
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
14
La conseguenza negativa di maggiore rilevanza della crisi economica mondiale è stata per circa 3
imprenditori molisani su 4 la riduzione dei consumi delle famiglie. Più o meno la stessa percentuale
(73%) ritiene che l’indebitamento delle imprese sia stato l’altro prezzo da pagare alla recessione. Un buon
68,6% del campione riconosce che l’attuale situazione si stia riverberando anche sui livelli occupazionali,
mentre il 63,8% concorda sul fatto che vi sono già ripercussioni sul fronte degli investimenti delle imprese.
Solo la metà del campione ha riscontrato un aumento dei fallimenti (54,6%) ed uno “stop” del turismo
(50,3%).
Graf. 2.4 – Misura in cui l’attuale crisi economica e finanziaria ha prodotto effetti negativi sui principali fattori economici per le
aziende della provincia di Campobasso (Molto/abbastanza: voto tra 6 e 10; poco/per niente:voto da 1 a 5)
69,2
Consumi delle famiglie
Consumi/spesa dei turisti
46,7
32,5
56,7
38,3
68,3
Indebitamento delle imprese
Fallimenti/cessazioni di imprese
39,1
61,6
Livelli occupazionali
Investimenti delle imprese
29,2
19,2
48,3
40,9
Molto/abbastanza
Poco/per niente
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Graf. 2.5 – Misura in cui l’attuale crisi economica e finanziaria ha prodotto effetti negativi sui principali fattori economici per le
aziende della provincia di Isernia (Molto/abbastanza: voto tra 6 e 10; poco/per niente:voto da 1 a 5)
80,4
Consumi delle famiglie
Consumi/spesa dei turisti
Livelli occupazionali
Investimenti delle imprese
Indebitamento delle imprese
Fallimenti/cessazioni di imprese
19,5
55,1
40,2
78,2
19,5
73,5
24,1
79,3
18,3
63,2
Molto/abbastanza
19,9
Poco/per niente
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Si constata che in generale gli imprenditori di Isernia riconoscono una maggiore intensità degli effetti della
crisi su tutti i fronti, rispetto ai loro colleghi di Campobasso, in particolare in modo sensibile sul lato dei livelli
occupazionali e degli investimenti delle imprese, che ad Isernia vengono percepiti più gravemente (78,2%
degli intervistati riconosce un effetto molto o abbastanza negativo sull’occupazione ed il 73,5% lo stesso
15
sugli investimenti), che a Campobasso (rispettivamente il 61,6% ed il 56,7%). Tale risultato si può
considerare in linea con il trend, già evidenziato sul fronte dell’andamento del fatturato, di una maggiore
influenza negativa della recessione sulla provincia di Isernia rispetto a quella di Campobasso.
Analizzando le risposte in funzione del settore di appartenenza degli intervistati e della propria situazione in
termini di andamento del fatturato e delle prospettive, si segnala che gli appartenenti al settore tessileabbigliamento vedono in generale conseguenze più gravi della crisi, in particolare sui consumi delle famiglie
e sugli investimenti delle imprese, mentre gli addetti al commercio tendono a percepire in modo un po’ meno
pesante gli effetti della recessione, salvo che sul fronte dei fallimenti delle imprese (valore superiore alla
media dei settori).
Tab. 2.5 - Misura in cui l’attuale crisi economica e finanziaria ha prodotto effetti negativi sui principali fattori economici per
settore di attività (Molto: voti da 8 a 10; abbastanza: 6-7; poco: 4-5; per niente: 1-3)
Settori
TessileAbbigliamento
Alimentare
Totale imprese
Costruzioni
Commercio
Consumi delle famiglie
Molto
61,5
48,0
50,0
43,5
48,8
Abbastanza
23,0
24,0
29,4
24,6
25,1
Poco
15,5
20,0
20,6
20,3
20,3
Per niente
0,0
6,0
0,0
10,1
4,8
Consumi dei turisti
Molto
20,0
30,0
32,4
30,4
30,0
Abbastanza
15,0
20,0
20,6
21,7
20,3
Poco
15,0
26,0
26,5
18,8
22,7
Per niente
45,0
12,0
10,3
18,8
16,9
Investimenti delle imprese
Molto
69,5
42,0
41,2
27,5
39,6
Abbastanza
0,0
18,0
29,4
29,0
24,2
Poco
23,0
14,0
25,0
24,6
21,3
Per niente
7,5
20,0
2,9
14,5
11,1
Livelli occupazionali
Molto
61,5
56,0
52,9
46,4
52,7
Abbastanza
7,5
12,0
17,6
20,3
15,9
Poco
0,0
18,0
20,6
20,3
17,9
Per niente
30,5
8,0
7,4
8,7
9,2
Fallimenti/cessazioni di imprese
Molto
45,0
28,0
30,9
40,6
34,8
Abbastanza
25,0
24,0
17,6
18,8
19,8
Poco
30,0
34,0
26,5
23,2
26,6
16
Settori
TessileAbbigliamento
Per niente
0,0
Totale imprese
Alimentare
Costruzioni
Commercio
10,0
11,8
10,1
9,7
Indebitamento delle imprese
Molto
55,0
44,0
48,5
40,6
46,4
Abbastanza
15,0
22,0
29,4
31,9
26,6
Poco
10,0
14,0
13,2
14,5
13,5
Per niente
10,0
2,0
5,9
5,8
5,3
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
A livello settoriale merita di essere evidenziato che oltre il 30% degli esponenti del tessile abbigliamento non
ha rilevato conseguenze negative per l’occupazione, così come 1 industria alimentare su 5 per ora non vede
riflessi sugli investimenti delle imprese.
Tab. 2.6 - Misura in cui l’attuale crisi economica e finanziaria ha prodotto effetti negativi sui principali fattori economici, per
provincia, andamento del fatturato e prospettive a breve termine (Molto: voti da 8 a 10; abbastanza: 6-7; poco: 4-5; per niente:
1-3)
Province
Andamento del fatturato
In
Campobasso Isernia
aumento/
stabile
In
diminuzione
Prospettive
Totale
Positive
Negative
imprese
Consumi delle famiglie
Molto
41,7
58,6
32,1
52,4
38,5
48,3
48,8
Abbastanza
27,5
21,8
32,1
24,5
26,9
28,6
25,1
Poco
22,5
17,2
26,4
18,2
26,9
17,7
20,3
Per niente
6,7
2,3
9,4
3,5
7,7
4,8
4,8
Consumi dei turisti
Molto
29,2
31,0
15,1
37,1
26,9
30,6
30,0
Abbastanza
17,5
24,1
22,6
20,3
30,8
21,8
20,3
Poco
23,3
21,8
28,3
21,0
11,5
26,5
22,7
Per niente
15,8
18,4
22,6
11,9
23,1
12,2
16,9
Investimenti delle imprese
Molto
34,2
47,1
24,5
44,1
42,3
35,4
39,6
Abbastanza
22,5
26,4
22,6
23,8
11,5
28,6
24,2
Poco
22,5
19,5
34,0
18,2
30,8
20,4
21,3
Per niente
15,8
4,6
17,0
9,8
11,5
12,2
11,1
Livelli occupazionali
Molto
45,8
62,1
35,8
58,0
38,5
55,8
52,7
Abbastanza
15,8
16,1
17,0
16,1
26,9
15,0
15,9
Poco
20,0
14,9
34,0
13,3
19,2
16,3
17,9
17
Province
Andamento del fatturato
In
Campobasso Isernia
aumento/
stabile
Per niente
12,5
4,6
7,5
Prospettive
Totale
In
diminuzione
9,8
Positive
Negative
imprese
11,5
10,9
9,2
Fallimenti/cessazioni di imprese
Molto
30,8
40,2
26,4
35,7
34,6
33,3
34,8
Abbastanza
17,5
23,0
22,6
18,9
15,4
21,8
19,8
Poco
29,2
23,0
28,3
28,0
34,6
27,2
26,6
Per niente
11,7
6,9
15,1
8,4
7,7
8,8
9,7
Indebitamento delle imprese
Molto
43,3
50,6
37,7
48,3
30,8
46,3
46,4
Abbastanza
25,0
28,7
34,0
23,8
26,9
30,6
26,6
Poco
12,5
14,9
13,2
14,7
19,2
14,3
13,5
Per niente
6,7
3,4
9,4
4,2
3,8
5,4
5,3
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Le imprese con un andamento del fatturato in diminuzione, come era da attendersi, percepiscono in maniera
più grave le conseguenze della recessione, in particolare sui consumi delle famiglie (inclusi quelli dei turisti)
e sugli investimenti delle imprese, che, si ricorda, sono due fondamentali componenti della domanda, dalle
quali dipende l’evoluzione della produzione. Anche sul piano dell’occupazione si registra una maggiore
preoccupazione delle aziende con ricavi in regresso.Dopo aver analizzato gli effetti della crisi sull’economia,
si passa ad esaminare le conseguenze della recessione sulla propria azienda. La grande maggioranza (oltre
l’80%) degli intervistati vede conseguenze solo negative dalla crisi economica. Un 13% circa degli intervistati
assume una posizione neutra (conseguenze né positive, né negative), e solo il 2% si mostra fiducioso che la
recessione possa rivelarsi un’opportunità.
Graf. 2.6 – Tipologie di conseguenze prodotte per l’impresa dall’attuale crisi economica e finanziaria (Valori percentuali sul
totale intervistati)
100%
90%
10,8
5,0
14,9
12,6
3,4
4,3
80%
70%
Né positive né negative
60%
50%
Positive e negative
81,7
80,5
81,2
Solo positive
Solo negative
40%
30%
20%
10%
0%
Campobasso
Isernia
Molise
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
18
Non si rilevano, poi, significative differenze tra gli intervistati delle due province, salvo per il fatto che ad
Isernia vi è una percentuale (14,9%) un po’ più alta rispetto a Campobasso (10,8%) di imprenditori che non
vedono di per sé conseguenze solo negative dalla recessione.
Tab. 2.7 – Tipologie di conseguenze prodotte per l’impresa dall’attuale crisi economica e finanziaria per provincia (Valori
percentuali sul totale intervistati)
Campobasso
Isernia
Molise
81,7
80,5
81,2
Solo negative
Solo positive
Saldo*
2,5
1,1
2,0
-79,2
-79,4
-79,2
Positive e negative
5,0
3,4
4,3
Né positive, né negative
10,8
14,9
12,6
(*) Dati ottenuti dalla differenza tra imprese che hanno registrato solo conseguenze positive e quelle che invece denunciano solo
conseguenze negative
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Si nota, invece, una qualche diversità tra gli imprenditori impegnati nella produzione di beni di consumo
(abbigliamento e alimentare) e gli altri (costruzioni e commercio) per quanto concerne la negatività delle
conseguenze della crisi, essendo i primi un po’ più pessimisti dei secondi, mentre fra i secondi si trovano più
spesso intervistati che esprimono una posizione più neutra relativamente agli effetti della recessione.
Tab. 2.8 – Tipologie di conseguenze prodotte per l’impresa dall’attuale crisi economica e finanziaria per settore di attività
(Valori percentuali sul totale intervistati)
Tessile-Abbigliamento
Alimentare
Costruzioni
Commercio
Totale imprese
Solo negative
85,0
86,0
77,9
79,7
81,2
Solo positive
0,0
2,0
2,9
1,4
2,0
Saldo*
-85,0
-84,0
-75,0
-78,3
-79,2
Positive e negative
10,0
4,0
2,9
4,3
4,3
Né positive, né negative
5,0
8,0
16,2
14,5
12,6
(*) Dati ottenuti dalla differenza tra imprese che hanno registrato solo conseguenze positive e quelle che invece denunciano solo
conseguenze negative
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
L’esame delle reazioni degli imprenditori per dimensione del fatturato mostra come le aziende più grandi
tendano ad essere meno negative. Infatti, quasi la metà degli operatori con più di 1 milione di fatturato
dichiara che la propria azienda non sa risentendo significativamente della crisi, contro l’8,5% delle imprese
con un fatturato inferiore a 300 mila euro, ed il 19,4% delle aziende che hanno un fatturato compreso tra 300
mila ed 1 milione di euro. Stessa situazione si registra considerando il numero di addetti. In sostanza, a
fronte del 83% delle imprese con meno di 5 addetti ed il 78% di quelle con 5-10 addetti, vi sono solo il 67%
delle imprese con più di 10 addetti che hanno constatato solo conseguenze negative dall’attuale congiuntura
economica.
Anche se non in modo così marcato come nel caso della dimensione aziendale, anche l’operatività
dell’impresa sembra condizionare la percezione delle conseguenze della crisi. In pratica, con la crescita del
numero di clienti, diminuisce la percentuale di imprese che vedono solo conseguenze negative dalla
recessione. Infatti, se da una parte vi sono oltre il 90% delle imprese con meno di 5 committenti a vedere
19
solo effetti negativi, dall’altra vi è “solo” un 80% delle imprese delle altre classi (per numero di clienti) a
percepire nello stesso modo l’attuale situazione congiunturale.
Entrando nel merito delle tipologie di conseguenze negative vissute dalle imprese in questi tempi di crisi si
nota, come anticipato nell’apertura di questo paragrafo, che la preoccupazione più comune si è dimostrata
essere:
1. la riduzione degli ordini da parte della clientela (accomuna il 71,8% degli intervistati):
2. la minore liquidità, temuta dal 42,4% del campione;
3. la difficoltà di incasso (solo il 18,6% delle persone interpellate ha sperimentato tale situazione),
4. la riduzione degli ordini ai fornitori (16,4%).
Graf. 2.7 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria per le aziende molisane
(Valori percentuali sul totale intervistati)
71,8
Riduzione degli ordini da parte della clientela
42,4
Minore liquidità
18,6
Maggiori difficoltà ad incassare pagamenti dai clienti
16,4
Riduzione degli ordini ai fornitori
8,5
Minore competitività sui prodotti/servizi offerti
6,8
Riduzione del personale
5,1
Compressione dei margini
Maggior ricorso all’indebitamento bancario
Maggiore fragilità dal punto di vista organizzativo
Altro
1,1
1,1
4,0
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Gli imprenditori di Isernia hanno sperimentato più frequentemente (76,7% dei casi) una riduzione degli ordini
della clientela rispetto ai loro colleghi di Campobasso (68,3% dei casi), mentre il problema della liquidità è
maggiormente sentito nella provincia del capoluogo di regione (48,1%) rispetto all’altra provincia (34,2%).
Questa situazione può sembrare in contraddizione con il dato relativo alle difficoltà di incasso, che risultano
più diffuse ad Isernia (21,9%) rispetto a Campobasso (16,3%).
Coerentemente con le risposte date in materia di effetti della crisi sull’economia (cfr. graff. 2.4 e 2.5) anche in
questo caso gli imprenditori di Isernia si sono dimostrati più pessimisti sugli effetti occupazionali della crisi
(questa volta riferendosi alla propria azienda). Infatti, mentre solo il 3,8% delle imprese di Campobasso ha
stimato che ci possano essere ripercussioni sul personale della propria azienda, le imprese di Isernia hanno
espresso tale negativa previsione nell’11% dei casi.
20
Graf. 2.8 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria per le aziende di
Campobasso (Valori percentuali sul totale intervistati)
68,3
Riduzione degli ordini da parte della clientela
48,1
Minore liquidità
17,3
Riduzione degli ordini ai fornitori
16,3
Maggiori difficoltà ad incassare pagamenti dai clienti
5,8
Minore competitività sui prodotti/servizi offerti
Riduzione del personale
3,8
Compressione dei margini
3,8
Maggior ricorso all’indebitamento bancario
Maggiore fragilità dal punto di vista organizzativo
1,0
1,0
4,8
Altro
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Graf. 2.9 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria per le aziende di Isernia
(Valori percentuali sul totale intervistati)
76,7
Riduzione degli ordini da parte della clientela
34,2
Minore liquidità
21,9
Maggiori difficoltà ad incassare pagamenti dai clienti
15,1
Riduzione degli ordini ai fornitori
12,3
Minore competitività sui prodotti/servizi offerti
11,0
Riduzione del personale
6,8
Compressione dei margini
Maggior ricorso all’indebitamento bancario
Maggiore fragilità dal punto di vista organizzativo
Altro
1,4
1,4
2,7
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Considerando gli imprenditori in funzione del loro settore economico di appartenenza, il primo dato che
risalta è che quasi tutti gli operatori del tessile (89,5%) hanno constatato una riduzione degli ordini dalla
clientela, mentre negli altri settori la percentuale che ha sperimentato questa situazione si aggira intorno al
65-70%, con una quota più modesta per il settore delle costruzioni (63,6%). Questa circostanza si può
spiegare probabilmente per la differente programmazione temporale degli ordini nei vari comparti. E’
evidente che gli ordini di beni di consumo, in particolare di quelli più sensibili al ciclo economico,
come l’abbigliamento, risentono immediatamente del cambiamento di congiuntura, mentre i settori la
cui attività è frutto di una programmazione degli ordini molto anticipata, quale per esempio l’edilizia, gli effetti
di una recessione non si sentono subito, ma al tempo stesso la ripresa darà effetti posticipati rispetto al
momento dell’inversione del trend dell’economia.
21
Tab. 2.9 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria per settore di attività (Valori
percentuali sul totale intervistati)
Totale
TessileAlimentare Costruzioni Commercio
imprese
Abbigliamento
Minore competitività sui prodotti/servizi offerti
10,5
6,7
3,6
13,8
8,5
Maggiore fragilità dal punto di vista organizzativo
5,3
2,2
0,0
0,0
1,1
Compressione dei margini
15,8
2,2
3,6
5,2
5,1
Riduzione degli ordini ai fornitori
36,8
13,3
7,3
20,7
16,4
Riduzione degli ordini da parte della clientela
89,5
68,9
63,6
75,9
71,8
Minore liquidità
31,6
46,7
54,5
31,0
42,4
Maggior ricorso all’indebitamento bancario
0,0
2,2
0,0
1,7
1,1
Maggiori difficoltà ad incassare pagamenti dai clienti
5,3
11,1
38,2
10,3
18,6
Riduzione del personale
15,8
2,2
14,5
0,0
6,8
Altro
5,3
4,4
3,6
3,4
4,0
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Un’altra sensibile differenza tra i vari comparti è la diffusione del problema della liquidità, che colpisce
un’impresa su 2 dell’alimentare e delle costruzioni, mentre solo una su 3 del commercio e del tessile. Questa
circostanza può essere spiegata per i diversi termini di pagamento riconosciuti ai propri clienti, che spesso
possono essere mediamente più brevi nel commercio piuttosto che nel settore delle costruzioni. Non
sorprende poi che siano proprio gli operatori del commercio a riconoscere maggiormente che la recessione
avrà effetti anche sugli ordini rivolti ai propri fornitori.
Considerando la dimensione aziendale (in base al fatturato) si rileva che le aziende più grandi (fatturato oltre
il milione di euro) considerano relativamente più importante l’effetto di perdita di competitività, mentre quelle
più piccole segnalano più frequentemente problemi di liquidità. Anche se è condiviso il concetto che la
piccola dimensione può aiutare in momenti di crisi, l’analisi delle risposte conferma ancora una volta che
la sofferenza in tempi di crisi è più forte presso gli operatori molto piccoli, piuttosto che in quelli di
media dimensione.
Analizzando le risposte degli imprenditori classificati in funzione del numero di addetti, si scopre invece che
con la crescita della dimensione aumentano i problemi di incasso, mentre la riduzione degli ordini viene
percepita molto di più (3 su 4) dalle imprese molto piccole (fino a 5 addetti) o da quelle più grandi (oltre 10
addetti), rispetto alle altre (1 su 3 di quelle con 5-10 unità). La presenza strutturale di pochi clienti sembra far
sentire maggiormente i rischi della recessione sul fronte della competitività e dei tagli del personale, mentre
non deve costituire una sorpresa che siano le imprese con tanti clienti a percepire maggiori difficoltà di
incasso.
Individuate le conseguenze della crisi e le prospettive di uscita, resta ora da capire quando si supererà il
periodo più critico. Su questo punto gli imprenditori in buona misura convergono sull’idea che il momento
peggiore sia nel 2009, come risulta chiaro dal grafico 2.10, e la maggioranza di essi (39,5%) pensa che sia
proprio questo primo semestre del 2009 a costituire lo scoglio da superare. Un po’ meno di un terzo degli
intervistati ritiene invece che il peggio ci attende nei prossimi mesi. Solo un imprenditore su 7 pensa che il
grosso delle difficoltà ce lo siamo lasciato alle spalle con il 2008, mentre solo il 6,2% degli intervistati
22
prevede che la crisi sarà più acuta nel primo semestre del 2010. Praticamente nessuno pensa che sarà un
evento ancora più lontano nel tempo.
Graf. 2.10 – Periodo in cui si è verificato o si verificherà la fase più acuta per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria
per le aziende molisane (Valori percentuali sul totale intervistati)
29,4
15,8
39,5
6,2
7,9
0,6
Nel 2008
I semestre 2009 II semestre 2009 I semestre 2010 II semestre 2010
Non sa/non
risponde
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Gli imprenditori di Isernia si mostrano più sicuri nell’indicare il 2009 come l’anno culmine della crisi, mentre le
risposte degli intervistati residenti a Campobasso si disperdono maggiormente sulle varie ipotesi (compresa
l’assenza di previsioni, che ha riguardato oltre il 10,6% del campione). Tale maggiore sicurezza si riscontra
anche nell’altro quesito relativo all’anno della ripresa (vedi tabella 2.3), dove gli imprenditori di Isernia solo
nel 5,8% dei casi non si sentivano nella condizione di rispondere, contro il circa 20% dei loro colleghi di
Campobasso.
Graf. 2.11 – Periodo in cui si è verificato o si verificherà la fase più acuta per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria
per le aziende di Campobasso (Valori percentuali sul totale intervistati)
27,9
14,4
38,5
8,7
10,6
0,0
Nel 2008
I semestre 2009 II semestre 2009 I semestre 2010 II semestre 2010
Non sa/non
risponde
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
23
Graf. 2.12 – Periodo in cui si è verificato o si verificherà la fase più acuta per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria
per le aziende di Isernia (Valori percentuali sul totale intervistati)
31,5
17,8
41,1
2,7
Nel 2008
4,1
1,4
I semestre 2009 II semestre 2009 I semestre 2010 II semestre 2010
Non sa/non
risponde
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
La tabella 2.10 ci introduce all’esame delle risposte sul momento peggiore della crisi, analizzandole in
funzione dell’attività dell’impresa interrogata. Dai dati risulta che gli imprenditori del tessile sono più propensi
ad avvicinare ai nostri giorni il culmine della crisi, mentre sono gli operatori del commercio che risultano più
“negativi” per quanto concerne il periodo in cui va a situarsi l’apice della recessione. Da rilevare che un
imprenditore su 2 delle costruzioni ritiene che il peggio dovrebbe essere superato con la fine del primo
semestre 2009. Tale opinione è coerente con il fatto che è proprio il settore delle costruzioni ad avere la
percentuale più bassa di imprese con un calo del fatturato (vedi tabella 2.2), ossia circa il 60%, contro una
media del 70%.
Tab. 2.10 – Periodo in cui si è verificato o si verificherà la fase più acuta per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria
per settore di attività (Valori percentuali sul totale intervistati)
Tessile-Abbigliamento
Alimentare
Costruzioni
Commercio Totale imprese
Nel 2008
47,4
15,6
16,4
5,2
15,8
I semestre 2009
21,1
40,0
47,3
37,9
39,5
II semestre 2009
26,3
26,7
27,3
34,5
29,4
I semestre 2010
0,0
6,7
5,5
8,6
6,2
II semestre 2010
0,0
0,0
0,0
1,7
0,6
Non sa/non risponde
0,0
11,1
3,6
12,1
7,9
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Se si osservano le risposte degli imprenditori in base al loro fatturato troviamo una distribuzione delle
risposte che ricalca quanto osservato in merito alla risposta sull’anno della ripresa economica (vedi grafico
2.2). Anche in questo caso si constata come le imprese più grandi (ossia con un fatturato che va oltre il
milione di euro) siano tutte concordi nell’anticipare l’evoluzione della crisi, in questo caso individuando nel
2009 l’anno peggiore della crisi, ed in particolare nel primo semestre, mentre alcuni operatori più piccoli non
escludono che la crisi possa esplodere più tardi, oppure riconoscono di non avere un’opinione al riguardo.
Alle stesse conclusioni si arriva osservando le risposte degli intervistati suddivisi in base al numero degli
addetti. Anche in questo caso si constata una concentrazione delle risposte sul 2009 da parte delle imprese
più grandi (con più di 10 addetti), sebbene la distribuzione delle risposte avvenga in questo caso in misura
paritaria tra i due semestri. Più disperse sono invece le risposte delle aziende con meno di 10 unità.
24
Per contro, l’elevato numero di clienti sembra spingere gli imprenditori a posticipare la fase più acuta della
crisi. Infatti quasi il 40% di coloro che hanno meno di 5 clienti hanno individuato nel 2008 il momento
peggiore, contro il 15% di coloro che hanno fra 5 e 50 committenti, e il 10% di quelli con oltre 50. Al tempo
stesso si rileva che fra coloro che hanno una clientela composta da più di 5 unità vi è un maggior numero di
indecisi (circa il 10%), effetto probabilmente dei contrastanti segnali provenienti dai propri numerosi
interlocutori.
In tema di policy per superare la crisi, si osserva poi che la leva fiscale viene invocata dalla maggioranza
degli intervistati. Ben 2 aziende su 3 si sono trovate d’accordo, infatti, sulla necessità di agevolazioni fiscali
alle imprese. Sorprende, invece, che le misure di sostegno per l’accesso al credito abbiano trovato un
riscontro inferiore (35,3% dei casi) a quello degli incentivi agli investimenti (41,5%). Tale circostanza non
sorprende più di tanto se si pensa che solo l’1,1% degli intervistati (vedi grafico 2.7) ha dichiarato che la crisi
ha comportato un maggior ricorso all’indebitamento bancario, nonostante le difficoltà di liquidità denunciate
dal 42,4% delle imprese.
Queste risposte si possono considerare come beneauguranti, visto che la richiesta di incentivi agli
investimenti presuppone la volontà di investire, che costituisce uno degli ingredienti per il rilancio
dell’economia.
Graf. 2.13 – Politiche da porre in essere per contrastare gli effetti dell’attuale crisi economica e finanziaria secondo le imprese
molisane (Valori percentuali sul totale intervistati)
66,2
Agevolazioni fiscali alle imprese
41,5
Incentivi agli investimenti
35,3
Sostegno per l'accesso al credito
19,8
Semplificazione amministrativa
15,0
Riduzione del costo del lavoro
Sostegno alle esportazioni
4,3
Sostegno alla creazione di reti di impresa
1,9
Sostegno alla formazione di manager
1,9
Altro
12,6
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Trova, altresì, interesse in un imprenditore su 5 l’ipotesi di semplificazione amministrativa ed in uno su 7 la
riduzione del costo del lavoro, che però non sembra alla stragrande maggioranza degli imprenditori una
questione prioritaria di questi tempi. Lo scarso rilievo dato al sostegno alle esportazioni (4,3%) evidenza
come il sistema produttivo del Molise risulti poco aperto ai mercati esteri.
25
Graf. 2.14 – Politiche da porre in essere per contrastare gli effetti dell’attuale crisi economica e finanziaria secondo le imprese
della provincia di Campobasso (Valori percentuali sul totale intervistati)
69,2
Agevolazioni fiscali alle imprese
47,5
Incentivi agli investimenti
35,0
Sostegno per l'accesso al credito
19,2
Semplificazione amministrativa
14,2
Riduzione del costo del lavoro
6,7
Sostegno alle esportazioni
Sostegno alla creazione di reti di impresa
Sostegno alla formazione di manager
1,7
0,0
Altro
10,8
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Una prima differenza di rilevo che si riscontra è il maggior interesse degli imprenditori di Campobasso verso
le agevolazioni fiscali (69,2%) rispetto ai loro colleghi di Isernia (62,1%). Per contro, gli intervistati di Isernia
mostrano di gradire di più misure di facilitazione di accesso al credito, piuttosto che incentivi agli
investimenti, sebbene entrambe le misure trovano sostanzialmente un analogo riscontro (circa un terzo degli
intervistati).
Graf. 2.15 – Politiche da porre in essere per contrastare gli effetti dell’attuale crisi economica e finanziaria secondo le imprese
della provincia di Isernia (Valori percentuali sul totale intervistati)
62,1
Agevolazioni fiscali alle imprese
35,6
Sostegno per l'accesso al credito
33,3
Incentivi agli investimenti
20,7
Semplificazione amministrativa
16,1
Riduzione del costo del lavoro
4,6
Sostegno alla formazione di manager
Sostegno alla creazione di reti di impresa
Sostegno alle esportazioni
Altro
2,3
1,1
14,9
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Se si analizzano le risposte in funzione del settore economico, si rileva che i più convinti assertori della leva
fiscale risultano essere gli operatori dell’alimentare (74% dei casi), mentre la questione dell’accesso al
credito risulta essere maggiormente sentita soprattutto nel comparto del tessile (40%). La semplificazione
amministrativa, come era facile immaginare, è una opzione che interessa in particolare gli operatori delle
costruzioni (25%).
26
Tab. 2.11 – Politiche da porre in essere per contrastare gli effetti dell’attuale crisi economica e finanziaria per settore di attività
(Valori percentuali sul totale intervistati)
Tessile-Abbigliamento
Alimentare
Costruzioni
Commercio Totale imprese
Agevolazioni fiscali alle imprese
70,0
74,0
61,8
63,8
66,2
Incentivi agli investimenti
40,0
44,0
45,6
36,2
41,5
Sostegno alle esportazioni
0,0
8,0
4,4
2,9
4,3
Sostegno per l'accesso al credito
40,0
32,0
39,7
31,9
35,3
Semplificazione amministrativa
25,0
16,0
25,0
15,9
19,8
Riduzione del costo del lavoro
30,0
22,0
7,4
13,0
15,0
Sostegno alla formazione di manager
5,0
0,0
2,9
1,4
1,9
Sostegno alla creazione di reti di impresa
0,0
2,0
1,5
2,9
1,9
Altro
15,0
8,0
14,7
13,0
12,6
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
La circostanza che la formazione dei manager non attira l’interesse degli imprenditori (addirittura zero per
l’alimentare) richiama l’annosa questione della scarsa sensibilità delle imprese italiane a questo fattore che
può invece incidere significativamente sulla competitività.
Per ultimo si segnala che prendendo in esame la dimensione delle imprese degli intervistati si scopre (senza
sorpresa) che minore è il fatturato dell’azienda, maggiore è la richiesta di agevolazioni fiscali, mentre con la
crescita del fatturato diventa più frequente la richiesta di incentivi agli investimenti. Costituisce, invece, una
curiosità la circostanza che praticamente nessuna piccola impresa (fatturato sotto i 300 mila euro) richieda
misure di sostegno per la creazione di reti di impresa, tra l’altro recentemente introdotte con la legge 33/2009
(di conversione del decreto legge 5/2009).
Considerando il numero di addetti si trova conferma del maggiore interesse da parte delle imprese più
piccole (fino a 5 addetti) verso le agevolazioni fiscali, mentre non sembra costituire una ragione per chiedere
una riduzione del costo del lavoro l’elevato numero di addetti, interessando tale misura in modo più o meno
omogeneo poco più del 10% del campione di tutte le classi di addetti.
2.3 – L’evoluzione dell’accesso al credito delle imprese molisane
Sul tema del credito è poi interessante analizzare il punto di vista degli operatori molisani sui principali
parametri che regolano l’offerta di finanziamenti nella regione. Si tratta di una componente interessante, non
solo perché fa luce in dettaglio su uno dei possibili effetti della crisi economica, ma anche perché
rappresenta una sorta di barometro dei rapporti tra imprese e banche.
La valutazione dell’offerta bancaria proposta agli intervistati è stata effettuata sulla base di 6 parametri:
1. la quantità di credito disponibile,
2. la tipologia di strumenti offerti (in sostanza la qualità del credito),
3. i tempi di risposta alle richieste di fido,
4. i tassi applicati,
5. le garanzie richieste,
27
6. i costi delle operazioni.
I risultati evidenziano in primo luogo una generale insoddisfazione delle imprese sul fronte della offerta di
credito visto che la quantità di credito disponibile è adeguata solo per il 24% delle imprese. Anche sugli
strumenti offerti solo il 25,5% del campione è soddisfatto, mentre il giudizio è migliore sui tempi di attesa
(31,5% dei casi). Si riscontrano poi elevate criticità sul versante delle condizioni che regolano i rapporti di
affidamento visto che il 72% delle imprese lamenta che i tassi applicati sono onerosi e il 68% dichiara
onerose le garanzie richieste; sul costo di finanziamento la maggioranza delle aziende molisane è poi
insoddisfatta (60%).
I risultati differiscono parzialmente tra le due province per quanto riguarda gli aspetti dell’offerta (tab. 2.12),
risultando le imprese di Campobasso un po’ più soddisfatte sul lato dei tempi (35%, contro il 26,3% di quelle
di Isernia), mentre un poco più convinte dell’adeguatezza degli strumenti risultano essere le aziende
residenti ad Isernia (30%, contro il 22,5% delle imprese del capoluogo di regione).
Per quanto concerne le condizioni di finanziamento si nota come particolarmente elevato sia il malcontento
delle imprese di Isernia sui tassi applicati visto che oltre l’82% degli imprenditori giudica questi onerosi.
Discorso similare vale per le garanzie e i costi che sembrano più critici, appunto, per gli operatori della
provincia di Isernia (Tab.2.13).
Tab. 2.12 - Giudizio espresso dalle aziende sull’adeguatezza rispetto alle esigenze delle imprese locali dell’offerta di
finanziamenti da parte delle banche che operano nel contesto locale, per provincia (Valori percentuali sul totale intervistati)
Campobasso
Isernia
Molise
Quantità di credito disponibile
Adeguata
25,0
22,5
24,0
Inadeguata
60,8
72,5
65,5
Non sa/non risponde
14,2
5,0
10,5
Totale
100,0
100,0
100,0
Tipologia strumenti finanziari offerti
Adeguata
22,5
30,0
25,5
Inadeguata
60,8
62,5
61,5
Non sa/non risponde
16,7
7,5
13,0
Totale
100,0
100,0
100,0
Tempi accettazione richieste fido
Adeguato
35,0
26,3
31,5
Inadeguato
46,7
58,8
51,5
Non sa/non risponde
18,3
15,0
17,0
Totale
100,0
100,0
100,0
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
28
Tab. 2.13 - Giudizio espresso dalle aziende sull’adeguatezza, rispetto alla solidità finanziaria delle imprese locali, delle
principali condizioni di finanziamento applicate dalle banche che operano nel contesto locale, per provincia (Valori percentuali
sul totale intervistati)
Campobasso
Isernia
Molise
Tasso applicato
Inadeguato/oneroso
65,0
82,5
72,0
Adeguato/Accettabile
25,8
13,8
21,0
Non sa/non risponde
9,2
3,8
7,0
100,0
100,0
100,0
Totale
Garanzie richieste
Inadeguato/oneroso
62,5
76,3
68,0
Adeguato/Accettabile
23,3
21,3
22,5
Non sa/non risponde
14,2
2,5
9,5
Totale
100,0
100,0
100,0
Costo complessivo operazione
Inadeguato/oneroso
54,2
68,8
60,0
Adeguato/Accettabile
30,8
20,0
26,5
Non sa/non risponde
15,0
11,3
13,5
Totale
100,0
100,0
100,0
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
L’analisi delle risposte per settore produttivo di appartenenza (vedi tabelle 2.14 e 2.15) evidenzia una
maggiore sofferenza nel rapporto con le banche da parte delle imprese delle costruzioni per quanto
concerne la quantità e la qualità (ossia la tipologia di strumenti) del credito. Invece le aziende del commercio
lamentano più frequentemente la problematica della tempistica, circostanza che si può mettere in relazione
con i rapporti più frequenti che essi hanno con i fornitori rispetto alle industrie.
Tab. 2.14 - Giudizio espresso dalle aziende sull’adeguatezza rispetto alle esigenze delle imprese locali dell’offerta di
finanziamenti da parte delle banche che operano nel contesto locale, per settore di attività economica (Valori percentuali sul
totale intervistati)
TessileAbbigliamento
Alimentare
Costruzioni
Commercio
Totale
imprese
Quantità di credito disponibile
Adeguata
25,0
24,0
17,6
30,4
24,0
Inadeguata
60,0
60,0
76,5
58,0
65,5
15,0
16,0
5,9
11,6
10,5
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Non sa/non
risponde
Totale
Tipologia strumenti finanziari offerti
Adeguata
35,0
22,0
19,1
31,9
25,5
Inadeguata
50,0
56,0
70,6
58,0
61,5
15,0
22,0
10,3
10,1
13,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Non sa/non
risponde
Totale
29
TessileAbbigliamento
Alimentare
Costruzioni
Commercio
Totale
imprese
Tempi accettazione richieste fido
Adeguato
25,0
36,0
33,8
26,1
31,5
Inadeguato
55,0
44,0
54,4
52,2
51,5
20,0
20,0
11,8
21,7
17,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Non sa/non
risponde
Totale
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Sul fronte delle condizioni applicate, spicca la minor incidenza delle imprese tessili nel giudicare
insoddisfacenti le garanzie richieste (1 impresa su 2) rispetto alla media dei settori, mentre l’atteggiamento
più critico sui tassi e le garanzie investe il settore delle costruzioni.
Tab. 2.15 - Giudizio espresso dalle aziende sull’adeguatezza, rispetto alla solidità finanziaria delle imprese locali, delle
principali condizioni di finanziamento applicate dalle banche che operano nel contesto locale, per settore di attività economica
(Valori percentuali sul totale intervistati)
TessileAbbigliamento
Alimentare
Costruzioni
Commercio
Totale
imprese
Tasso applicato
Inadeguato/oneroso
70,0
68,0
76,5
66,7
72,0
Adeguato/Accettabile
10,0
22,0
19,1
26,1
21,0
Non sa/non risponde
20,0
10,0
4,4
7,2
7,0
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Garanzie richieste
Inadeguato/oneroso
50,0
70,0
75,0
60,9
68,0
Adeguato/Accettabile
30,0
16,0
19,1
29,0
22,5
Non sa/non risponde
20,0
14,0
5,9
10,1
9,5
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Costo complessivo operazione
Inadeguato/oneroso
60,0
56,0
58,8
60,9
60,0
Adeguato/Accettabile
20,0
26,0
30,9
24,6
26,5
Non sa/non risponde
20,0
18,0
10,3
14,5
13,5
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
Sull’evoluzione dei rapporti con il sistema bancario emerge poi che 2 imprese su 3 non riscontrano sensibili
cambiamenti, mentre solo un’azienda su 7 ha segnalato che le banche hanno richiesto maggiori garanzie.
Infine, si segnala che circa un imprenditore su 10 ha lamentato un aggravio degli oneri conseguenti ai
finanziamenti, ed uno su 25 un allungamento dei tempi di concessione dei prestiti.
30
Tab. 2.16 – Cambiamenti riscontrati negli ultimi mesi nel rapporto con la banca/banche con cui azienda opera abitualmente,
per provincia (Valori percentuali sul totale intervistati)
Campobasso
Isernia
Molise
Nessun cambiamento
68,3
61,3
65,5
Tempi più lunghi nella risposta alla domanda di finanziamento
2,5
6,3
4,0
Condizioni economiche più onerose per i finanziamenti
10,0
13,8
11,5
Richiesta di maggiori garanzie per i finanziamenti
10,0
18,8
13,5
Richiesta di rientro per i finanziamenti in essere
5,0
1,3
3,5
Altri cambiamenti
9,2
5,0
7,5
Non sa/non risponde
5,0
8,8
6,5
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
In definitiva non emerge un particolare peggioramento dei rapporti tra le banche e le imprese nel
Molise. Si segnala però che le imprese di Isernia risultano aver percepito qualche cambiamento in più
rispetto alle aziende di Campobasso, un dato coerente con quanto emerso in precedenza, visto che le prime
si dichiaravano in misura più frequente insoddisfatte del rapporto con la banca. Guardando ai settori, si nota
come ancora una volta sono gli operatori delle costruzioni a risultare più toccati da eventuali modifiche del
rapporto impresa-banca a seguito della crisi. Quasi uno su 2 ha riconosciuto che qualche cambiamento c’è
stato, ed in particolare che questo ha riguardato le garanzie (22,1% degli intervistati) ed i tassi di interesse
(17,6%).
Tab. 2.17 – Cambiamenti riscontrati negli ultimi mesi nel rapporto con la banca/banche con cui azienda opera abitualmente,
per settore di attività economica (Valori percentuali sul totale intervistati)
Tessile-Abbigliamento Alimentare
Nessun cambiamento
Tempi più lunghi nella risposta alla domanda
di finanziamento
Condizioni economiche più onerose per i
finanziamenti
Richiesta di maggiori garanzie per i
finanziamenti
Richiesta di rientro per i finanziamenti in
essere
Costruzioni
Commercio
Totale imprese
80,0
74,0
55,9
65,2
65,5
0,0
2,0
7,4
2,9
4,0
10,0
4,0
17,6
13,0
11,5
5,0
6,0
22,1
11,6
13,5
0,0
4,0
2,9
4,3
3,5
Altri cambiamenti
0,0
6,0
10,3
7,2
7,5
Non sa/non risponde
5,0
10,0
4,4
5,8
6,5
*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale può essere diverso da 100
Fonte: Nota sull’economia del Molise, 2009
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