S ommario Commentary 3 È solo un arrivederci... di Claudio Romano Topic High Light 4 Intervista a Alessio Fasano Terapia non dietetica della celiachia di Mariella Baldassarre Continuing Medical Education Activities 7 La Sindrome del vomito ciclico di Raffaella Mallamace, Donatella Comito e Claudio Romano Pediatric Hepatology Outside Box 11 Epatite cronica C nel bambino: dalla diagnosi alla terapia di Flavia Bortolotti e Maria Guido Pediatric Nutrition Outside Box 14 La nutrizione artificiale in pediatria di Salvatore Accomando e Claudia Albino Training and Educational Corner 17 Small Intestine Contrast Ultrasonography (SICUS): ovvero l'ecografia con MDC orale, quali applicazioni? di Nadia Pallotta, Giuseppina Vincoli e Enrico Corazziari 19 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology I nuovi procinetici di Silvia Salvatore 22 Fellow’s Clinical Case Una strana causa di addome acuto di Stefano Martelossi e Nagua Giurici S ommario Endoscopy Learning Library 24 Blue Rubber Bleb Nevus Syndrome di Maura Agnese, Livio Cipolletta, Maria Antonia Bianco, Paolo Quitadamo, Annamaria Staiano e Erasmo Miele Endoscopy Learning Library 26 Uno strano caso di "intolleranza alle proteine del latte vaccino" di Paola Soriani, Patrizia Perazzo, Cristina Calzolari, Francesca Vincenzi, Fabiola Fornaroli, Alessia Ghiselli, Barbara Bizzarri e Carmen Madia 31 PedGl Snapshots I nuovi criteri ESPGHAN per la diagnosi di celiachia di Renata Auricchio e Riccardo Troncone CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP Presidente Annamaria Staiano Vice-Presidente Valerio Nobili Segretario Sandra Brusa Tesoriere Flavia Indrio Consiglieri Giovanni Di Nardo, Daniela Knafelz, Tiziana Guadagnini, Silvia Salvatore Con il contributo di E d ito r e Area Qualità S.r.l. Azienda certificata da I.M.Q. in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certificato CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com © 2011 Area Qualità S.r.l. Come si diventa Soci della Dire t tore Res pons a bil e L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - dall'anno 2012 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni: - dal 2012 solo quota associativa annuale SIGENP - senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - dal 2012 quota associativa annuale SIGENP + abbonamento DLD (anno solare) € 85. Specializzandi: invariata quota sociale dal 2012 - iscrizione SIGENP (anno solare) € 30 previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità. Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 02 55 12 322 - e-mail: [email protected] impagina zione Giovanna Clerici [email protected] Elena Ribolini Responsa b i l e Commis s ione editoria Redazione e Amministrazione Area Qualità S.r.l. 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Via Console Flaminio, 1 - 20134 Milano Questa rivista è stampata su carta proveniente da fonti gestite in maniera responsabile e con inchiostri vegetali senza uso di alcol isopropilico. Gestione operativa spedizioni postali Staff srl - 20090 Buccinasco MI Periodico trimestrale registrato presso il Tribunale di Milano al n. 208 del 29/04/09 Poste Italiane Spa - Sped in A.P.D.L. 353/03 (conv. in L. 27.02.04, n° 46) art. 1, c. 1 LO/MI Volume III - N°4/2011 - Trimestrale Area Qualità S.r.l. - Via Comelico 3 - 20135 MI La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Questa rivista è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e altre pubblicazioni. Ai sensi della legge n. 196/03 è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso. C ommentary È solo un arrivederci... Claudio Romano Capo Redattore Giornale SIGENP Completiamo con questo numero il programma editoriale relativo al 2011 del Giornale di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. È solo un arrivederci essendo già in cantiere la programmazione editoriale del 2012 che contiamo possa mantenere o migliorare ulteriormente il livello scientifico e culturale del Giornale SIGENP. Non ci poteva essere migliore conclusione dell'anno considerando i contenuti di questo numero. La celiachia e le relative novità in tema di diagnosi e terapie alternative alla dieta occupano un sostanziale spazio in questo fascicolo ed appare necessario sottolineare inoltre l’autorevolezza degli autori (Riccardo Troncone ed Alessio Fasano). Tanti dubbi relativi alla gestione clinica dell’epatite C nel bambino sono chiarite dal contributo di Flavia Bortolotti per l’angolo di epatologia. Spesso nella pratica clinica abbiamo necessità di ricorrere all’utilizzo della nutrizione artificiale (enterale e parenterale) ed un aggiornamento sulle indicazioni, controindicazioni e modalità di esecuzione è presente nel Topic coordinato da Salvatore Accomando. La diagnostica strumentale si arricchisce in questo numero del contributo sull’ecografia con mezzo di contrasto orale per la diagnosi e follow-up delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali: questa tecnica non invasiva consente di identificare più precocemente segni indiretti di attività di malattia o la presenza di complicanze (stenosi); in questo ambito non poteva essere scelto un gruppo più autorevole di quello di Nadia Pallotta ed Enrico Corazziari. Specie in età pediatrica, dopo le esperienze con la cisapride, abbiamo sofferto, nel corso dell’ultimo decennio, l’assenza di un vero procinetico nel trattamento dei disordini della motilità gastro-intestinale spesso di tipo funzionale. Silvia Salvatore, massima esperta nel settore, ci introduce le novità della ricerca farmacologica nel settore tra agenti antidopaminergici, serotoninergici, agonisti di recettori della motilina ed agonisti dei recettori della ghrelina. Infine appare sempre utile ricordare che la sindrome del vomito ciclico rappresenta una condizione clinica frequente nel bambino, spesso ai limiti tra una gestione gastroenterologica e neuropsichiatrica, per cui è importante ricordare i criteri diagnostici ed i mezzi per una adeguata gestione farmacologica della profilassi e della fase acuta. Completano l’ultimo numero del 2011, tre intriganti casi clinici di grande interesse sul piano clinico e diagnostico. A questo punto buona lettura, auguri per tutti ed un arrivederci...ad aprile ...2012. Claudio Romano 3 t igh N L igh GHA di H P a E pic NAS a curSARR o T NS DA A AL B H LA PG EL ES ARI M Il Prof. Alessio Fasano è tra quegli italiani all'estero che hanno contribuito a rendere grande il nostro Paese. Ricercatore nel più autentico senso del termine, è tra coloro che hanno contribuito a definire la fisiopatologia della malattia celiaca. Si devono a lui, infatti, alcune tra le più recenti scoperte che hanno rivoluzionato conoscenze precedenti sulla celiachia ed hanno portato all'aprirsi di nuove strade per il trattamento di tale patologia. Il suo amore per la Scienza si coniuga a doti umane e professionali di raro riscontro, oltre che ad una notevole dose di simpatia e “sense of humor”. 4 I ntervista a A lessio F asano Terapia non dietetica della celiachia MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari Quali sono le novità terapeutiche, alternative alla dieta priva di glutine, attualmente in sperimentazione o già utilizzabili nel trattamento della celiachia? Il trattamento di elezione della malattia celiaca è l’aderenza a vita ad una dieta strettamente priva di glutine e, quindi, dei cereali che ne sono fonte. C’è però da tener presente che i prodotti a base di glutine sono estremamente diffusi (ed in molti paesi nemmeno identificati da un’etichettatura dei prodotti) nella dieta quotidiana, rappresentando perciò un grosso rischio di “challenge” nascosti per i pazienti celiaci. L’aderenza alla dieta è in genere non ottimale, fallendo in più del 50% dei pazienti. Inoltre, anche quando l’aderenza alla dieta non rappresenta un problema, un’alta percentuale di pazienti celiaci a dieta priva di glutine asintomatici e con sierologia negativa presentano un danno intestinale autoimmunitario persistente. Al momento non c'è alcun farmaco alternativo e/o integrativo alla dieta priva di glutine utilizzabile in clinica. Sono tuttavia in corso 15 trials clinici in atto per la sperimentazione di terapie alternative, nessuno dei quali ha però completato l’iter necessario per essere posto in commercio, tra cui quelli che utilizzano enzimi batterici per completare la digestione del glutine o farmaci per bloccare la permeabilità intestinale. Quest'ultimo approccio basato sull'inibitore della zonulina, una molecola che rende l'intestino permeabile e prodotta in eccesso dai pazienti celiaci, è quello nella fase più avanzata di sperimentazione, con risultati molto promettenti sia di efficacia che di mancanza di effetti collaterali. Tradizionalmente le funzioni primarie del tratto gastrointestinale sono state considerate essere limitate alla digestione ed assorbimento di nutrienti ed elettroliti ed all’omeostasi dell’acqua. Un’analisi più attenta dell’organizzazione anatomica e funzionale del tratto gastrointestinale ci suggerisce che la sua funzione/barriera e l’abilità di regolare il traffico di macromolecole tra ambiente (lume intestinale) ed ospite (sottomucosa e circolo ematico) sono funzioni altrettanto importanti di quest’organo. In concerto con il tessuto linfoide intestinale ed il network neuroendocrino, la barriera epiteliale intestinale con le sue tight junctions (tj) intercellulari controlla l’equilibrio tra tolleranza e risposta immunitaria verso antigeni non-self. Quando questo traffico di macromolecole controllato così attentamente viene a perdersi in soggetti geneticamente predisposti, si possono sviluppare malattie infiammatorie ed autoimmunitarie che possono colpire sia l’intestino che organi extra-intestinali. Questo nuovo paradigma sovverte le classiche teorie sull’autoimmunità basate sul molecular mimicry ed il bystander effect, suggerendo che il processo autoimmunitario potrebbe essere bloccato se si previene l’intergioco tra geni e fattori scatenanti ambientali attraverso un ripristino della funzione di barriera intestinale. In base a queste evidenze, è possibile ipotizzare che la rimozione di uno qualsiasi dei tre elementi necessari allo sviluppo di immunità (predisposizione genetica, esposizione allo Alessio Fasano stimolo ambientale, o correzione del difetto di barriera intestinale) potrebbe rappresentare una valida opzione terapeutica. Poiché l’eliminazione dei geni predisponenti non è proponibile e la rimozione dell’antigene scatenante (un’opzione disponibile solo per la celiachia) ha i suoi problemi intrinseci (vedi sopra), la correzione dei difetti di barriera intestinale associato ad un’alterazione del sistema della zonulina potrebbe rappresentare una terapia innovativa alternativa. L’uso del larazotide acetato, un inibitore della zonulina che corregge i difetti di barriera intestinale, è stato già proposto con successo in un modello animale di autoimmunità e più recentemente in una serie di trial clinici in doppio cieco nell’uomo che ne hanno provato tollerabilità, mancanza di effetti collaterali ed efficacia clinica. Finora più di 300 soggetti sono stati trattati con larazotide acetato senza riportare un aumento di effetti collaterali quando paragonati al gruppo placebo. Circa il 70% di pazienti celiaci in remissione esposti ad una dose singola di glutine hanno registrato un’aumentata permeabilità intestinale, mentre non si sono osservati cambiamenti nei soggetti che avevano ricevuto, oltre al glutine, anche il farmaco. In un successivo trial in doppio cieco in cui pazienti celiaci in remissione sono stati esposti per 6 settimane a dosi giornaliere di 2.5 g di glutine si è visto un aumento dei sintomi gastrointestinali tipici della celiachia, associati ad un aumento significativo della comparsa di anticorpi anti-tTG ed all’aumento della produzione di citochine infiammatorie, incluso IFN-γ. L’assunzione concomitante di larazotide acetato ha significativamente ridotto la frequenza di sintomi gastrointestinali ed ha prevenuto l’aumento degli anticorpi antitTG e della produzione di citochine infiammatorie. Quali sono le prospettive future? Alessio Fasano è Professore Ordinario di Pediatria, Medicina e Fisiologia nella facoltà di Medicina dell'Università del Maryland ed è attualmente direttore del Centro di Ricerca di biologia delle Mucose e del Centro Ricerche per la Celiachia della stessa Università. Il Prof. Fasano è nato in Italia dove ha completato il suo training in gastroenterologia pediatrica. Nel 1993 si è trasferito presso l'Università del Maryland dove ha fondato la Divisione di Gastroenterologia e Nutrizione pediatrica. Nel 1996 ha istituito il Centro di Ricerche per la Celiachia, struttura unica nel suo genere che offre la possibilità di conoscere lo stato dell'arte della ricerca, dell'insegnamento e dell'esperienza clinica per ciò che riguarda prevenzione, diagnosi e trattamento della malattia celiaca. Negli ultimi anni le ricerche del Prof. Fasano sono state rivolte allo studio della fisiopatologia delle "tight junction" intercellulari nella patogenesi di malattie autoimmuni quali la malattia celiaca ed il diabete di tipo I. Il Prof. Fasano ha pubblicato oltre 190 lavori su riviste internazionali ed ha presentato oltre 160 domande di brevetto, la maggior parte dei quali sono stati approvati. Il Prof. Fasano è stato eletto membro dell'American Society for Clinical Investigation. Ha ricevuto numerosi premi per la sua scienza traslazionale: "Innovator of the Year Award" dallo Stato del Maryland (2005), finalista per il "NIH Director's Pioneer Award" (2005), "Best Academic/Industry Collaboration Award" dalla "Greater Baltimore Committee" (2006), "Entepreneur of the Year Award" dalla Università del Maryland (2006), "Researcher of the Year Award" dalla Università del Maryland (2009), "Arnold Silverman, M.D. Lectureship in Pediatric GI, Hepatology, and Nutrition" (2010), "Influential Marylander in Health Care Award" (2011) e lo "Student Council Faculty Preclinical Award" (2011). Le sue ricerche sono state supportate dal National Institutes of Health (NIH) dal 1995 sino ad oggi senza interruzione. Il Prof. Fasano è stato membro permanente dal 2005 al 2008 della sezione di studio NIH della Biologia Cellulare e Molecolare Gastrointestinale, ed ha continuato la sua attività come revisore "ad hoc". Nel febbraio 2010 è stato eletto come membro del Collegio dei Revisori del Centro per le Revisioni Scientifiche Americane. Terapie enzimatiche - È da tempo noto che l’alto contenuto di un un aminoacido chiamato prolina che caratterizza la gliadina rende questa proteina estrememente resistente alla digestione da parte di enzimi pancreatici e del brush-border intestinale. Pertanto è stato proposto l’uso di enzimi batterici (prolyl-endopeptidasi) in grado di digerire completamente la gliadina, distruggendone così gli epitopi tossici riconosciuti dalle cellule immunitarie dei soggetti celiaci. Quello che rimane da stabilire è se questo supplemento enzimatico in vivo è capace di digerire completamente e quindi di detossificare, peptidi gliadinici particolarmente tossici che sono presenti in grandi quantità nell’intestino prossimale nella fase immediatamente post-prandiale. In alternativa, questi enzimi supplementari batterici potrebbero essere usati per pre-trattare il glutine utilizzato per la preparazione di cibi a base di grani potenzialmente tossici per i celiaci che risulterebbero più economici e palatabili dei prodotti correnti a base di cereali alternativi naturalmente non contenti glutine. A tal proposito sono già state utilizzate con successo proteasi isolate da lattobacilli. Ingegneria genetica dei grani ed uso di peptide gliadinici inibitori - Vi sono programmi di incrocio genetico di grani e/o tecnologie transgeniche che potrebbero portare allo sviluppo di frumento in cui le sequenze tossiche della gliadina sono state 5 Topic High Light ESPGHAN - NASPGHAN Key Points aco •Non esiste ancora alcun farm alla o rativ integ e/o alternativo dieta priva di glutine utilizzabile in clinica; vi sono 15 trials clinici attivi o completati, nessuno dei quali ha finito l'iter necessario per essere posto in commercio •Il trial clinico che utilizza l'inibitore della zonulina (larazotide) a è quello nella fase più avanzat ndo ave ne, tazio di sperimen già coinvolto 300 pazienti con risultati molto promettenti sia di efficacia che di mancanza di effetti collaterali •Il vaccino, anche se si tratta di una possibile soluzione definitiva al problema, è l'approccio tecnicamente più complesso e probabilmente necessita di molti anni per esser sviluppato ed implementato eliminate. È stato anche proposto di generare mutazioni puntiformi del frumento senza cambiarne le sue caratteristiche organolettiche, ma questo approccio è reso difficile dal grosso numero e dalle molte ripetizioni delle sequenze tossiche. L’identificazione di epitopi specifici potrebbe anche fornirci un bersaglio specifico per l’immunomodulazione di antigeni peptidici. A seconda della natura degli aminoacidi presenti nella posizione che interagisce con specifici recettori delle cellule T, il riconoscimento peptidico potrebbe portare ad un’attivazione cellulare (peptidi agonistici), ad incapacità a riconoscere il peptide (peptidi null), o addirittura alla mancata risposta nota anche come anergia (peptidi antagonisti). Ovviamente, le possibilità di successo con l’uso di peptide-analoghi per modulare la risposta immunitaria specifica potrebbe essere minata dalla grande eterogeicità degli epitopi gliadinici che interagiscono con le cellule T finora identificati. Pertanto sarà importante studiare la gerarchia degli epitopi gliadinici tossici per poter impostare una terapia mirata basata sull’ingegneria genetica di questi peptidi. Strategie immunomodulatorie - L’enzima autoantigene transglutaminasi tissutale (tTG) è prevalentemente espresso nella lamina propria intestinale e la sua espressione è aumentata da molti stimoli, tra cui lo stress meccanico ed infezioni batteriche e/o virali, in corso di malattia celiaca attiva. L’enzima catalizza la transamidazione tra un residuo di glutamina di una proteina glutamino-donatrice ed uno di lisina di una proteina glutamino-accettrice, unendo queste proteine ed aumentandone il loro tasso di fagocitosi da parte di cellule presentanti l’antigene (APC).Inibitori selettivi della tTG intestinale potrebbero rappresentare una strategia potenziale per bloccare la risposta immunotossica ai peptidi gliadinici in corso di celiachia. L’efficacia ed i possibili effetti collaterali di un’approccio di questo tipo rimangono da stabilirsi. Il ruolo cruciale dell’HLA rende questo bersaglio un’altro approccio possible per interventi terapeutici che blocchino la presentazione peptidica da parte del DQ2 o DQ8. Altri targets di tipo immunomodulatorio, compresa l‘IL10, potrebbero rappresentare delle alternative valide per indurre tolleranza. C’è però da tener presente che si cominciano ad accumulare evidenze abbastanza solide che la la tossicità al glutine non solo dipende da una risposta T-mediata, ma anche dal coinvolgimento di una risposta immunitaria di tipo innato. Pertanto sono stati proposti trattamenti con anticorpi anti-IL15 soprattutto nella celiachia refrattaria, in considerazione del ruolo di questa citochina nell’attivare i linfociti intraepiteliali. Ciononostante, bisogna tener conto del fatto che una celiachia in remissione è una condizione tutto sommato benigna e che il trattamento dietoterapeutico, per quanto difficile e strenuo, è scevro di effetti collaterali. Qualsiasi approccio terapeutico di tipo immunomodulatorio dovrebbe avere un profilo di “safety” quanto meno equivalente a quello della dieta, ma con il vantaggio di una compliance migliore. Si parla da anni di un "vaccino" per la celiachia: a che punto siamo? Recentemente i ricercatori dell’istituto Walter and Eliza Hall (Australia) hanno sviluppato la combinazione di tre peptidi che stanno alla base del vaccino chiamato Nexvax2. Il Nexvax2 mira a desensibilizzare i pazienti ai tre peptidi specifici del glutine che sono stati identificati dal gruppo australiano. La prima fase di studio ha mostrato che questo vaccino sembrerebbe privo di effetti collaterali. Comunque sia, siamo alle primissime fasi di un cammino lungo che molto probabilmente necessita di decenni prima di stabilire se ci troviamo di fronte ad una strategia valida che possa curare la celiachia anche nei soggetti che hanno già la malattia. Potrà esserci un giorno in cui i celiaci potranno fare a meno della dieta senza glutine? 6 Di questo non ne sono totalmente sicuro. Mentre vedo fattibile l'uso di terapie integrative quali "reti di protezione" alla cross-contaminazione, soprattutto quando si è fuori casa, credo che sia molto più difficile che si possa ottenere una terapia alternativa che sia così efficace e priva di complicazioni come la dieta priva di glutine. l ica s d e ie g M tivit di n i c u r a ELE A n u I a cO M nti ion SM Co ucat ERA Ed Cyclic Vomiting Syndrome (SVC) is a potential incapaciting disorder characterized by recurrent, self-limited stereotypical attacks of nausea, unremitting vomiting, lethargy and dysautonomic features with intercritical periods sign-free. This condition can affect mostly children (age 5-8 yrs) with associated migraine family history. The management is based on a correct diagnosis after the exclusion of the organic diseases, identification of possible triggers and on a prophylactic and supportive therapy for the acute phase. There is not a currently evidence-based therapy for CVS. La Sindrome del vomito ciclico Raffaella Mallamace, Donatella Comito e Claudio Romano Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, Università di Messina INTRODUZIONE La Sindrome del Vomito Ciclico (SVC) è un disordine caratterizzato da episodi acuti, stereotipati e ricorrenti di intensa nausea con vomito incoercibile, della durata da poche ore a qualche giorno, e che talvolta possono associarsi a sintomi neurologici (cefalea, fotofobia) o sintomi gastrointestinali (epigastralgia). Sin dalla prima segnalazione nella letteratura francese da parte di Heberden (1) nel 1806 a quella di Gee (2) nel 1882, la SVC è stata considerata una entità clinica tipica dell’età pediatrica. In seguito, sono stati segnalati casi anche ad insorgenza in età adulta ma associati ad ansia, crisi di panico e stati depressivi. Nel bambino viene segnalata una prevalenza dal 1.9% al 2.3% (3), mentre è sconosciuta nell’età adulta. L’esordio dei sintomi è nella maggior parte dei casi in età scolare (in media 5 anni), con una maggiore incidenza nelle femmine rispetto ai maschi (3:2) e tende a risolversi verso i 10 anni di età. La ricorrenza degli episodi determina una riduzione della frequenza scolastica e della qualità di vita dei pazienti con multiple ospedalizzazioni per disidratazione acuta ed un costo annuale di circa 17.035 dollari per singolo paziente. Nel 2010 Hejazi et al (4) hanno evidenziato, in uno studio su 162 soggetti adulti affetti da SVC, una prevalenza della razza caucasica (89%) rispetto a quella afro-americana (10%) o ispanica (1%). L’etiopatogenesi non è chiara ma la genesi sembra essere mutifattoriale nel contesto di ipotesi correlabili con il sospetto di enzimopatie mitocondriali, disordini della motilità gastrointestinale, disfunzione del sistema nervoso autonomo e fattori genetici (5). Welch et al (6) hanno avanzato l’ipotesi che la SVC possa essere considerata una variante dell’emicrania infatti una familiarità positiva per emicrania è prevalente nei pazienti affetti (3%) rispetto alla popolazione generale (0.4-2.0%). Talche (7) ha sostenuto che l’ipotesi che l’eziologia della SVC sia correlata ad una alterata produzione di corticotropin-realising factor in risposta ad uno stimolo ambientale scatenante quale stress psicofisico, febbre, infezioni respiratorie ricorrenti intercorrenti, attività fisica, alimenti specifici (cioccolato, formaggio), ciclo mestruale e crisi asmatiche. Una componente genetica è stata segnalata (mutazione A3243G del gene MTTL1 del DNA mitocondriale) in 4 membri di una famiglia italiana affetti da SVC evidenziandone una correlazione direttamente proporzionale con la severità della presentazione clinica (8). Nel corso degli ultimi anni sono stati definiti i criteri diagnostici della SVC utili per differenziare tale entità da cause organiche di vomito migliorandone l’approccio diagnostico e terapeutico. Boles et al (9) hanno segnalato un sottogruppo di pazienti con SVC e coesistenti disordini neuromuscolari, quali ritardo cognitivo, miopatia ed epilessia, definendo tale condizione con il termine di SVC-plus. Tale entità presenta un’incidenza del 25% dei casi di SVC e rappresenta la conferma che la SVC possa essere inquadrata nell’ambito di una disfunzione del sistema nervoso autonomo. La definizione di SVC deve rispettare i seguenti criteri diagnostici: International Classification of Headache Disorder 2004 (ICHD-II) 1. Almeno 5 attacchi che rispettino i criteri 2 e 3 2. Episodi, stereotipati nel singolo paziente, di intensa nausea e vomito di durata compresa tra un’ora e cinque giorni 3. Assenza di sintomi tra un episodio e l’altro 4. Non riconducibile ad altre patologie 7 Continuing Medical Education Activities Nel 2006, per la popolazione adulta, la SVC è stata inquadrata nell’ambito dei Criteri di Roma III tra i disordini funzionali gastrointestinali (DFGI) con una diagnosi basata sul rispetto dei seguenti criteri clinici presenti da almeno 3 mesi, negli ultimi 6 mesi di: 1. episodi di vomito con caratteristiche stereotipate di insorgenza e durata (< 1 settimana); 2. tre o più episodi in un periodo di un anno; 3. assenza di nausea e vomito negli intervalli di tempo tra gli attacchi; 4. assenza di patologie metaboliche, gastrointestinali, del SNC o biochimiche; 5. criterio supplementare: storia personale o familiare di emicrania. Per l’età pediatrica, nel 2008, la North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutritional (NASPGHAN) ha definito i seguenti criteri diagnostici: 1. presenza di almeno 5 attacchi in qualunque periodo di tempo, oppure un minimo di 3 attacchi in un periodo di 6 mesi; 2. episodici attacchi di intensa nausea e vomito di durata compresa tra 1 ora e 10 giorni, intervallati da un periodo di almeno 1 settimana; 3. modalità di presentazione dei sintomi stereotipata nel singolo paziente; 4. ricorrenza del vomito durante gli attacchi superiore a 4 volte in un’ora; 5. ripresa delle normali condizioni di salute nei periodi intercritici; 6. assenza di altre patologie. Infine, nel 2010, l’International Classification of Headache Disorders, Second Edition,ha incluso la SVC nell’ambito delle Sindromi Periodiche dell’infanzia insieme all’emicrania addominale e la vertigine parossistica. OBIETTIVO DELLA REVISIONE Un’attenta rivalutazione degli studi condotti su pazienti in età pediatrica affetti da SVC ha lo scopo di chiarire e schematizzare l’approccio diagnostico ai bambini con sospetta SVC e personalizzare la terapia in base ai sintomi caratteristici di ogni paziente. METODOLOGIA DELLA RICERCA BIBLIOGRAFICA È stata condotta una sistematica review della Letteratura per identificare tutti gli articoli scientifici e le Consensus di esperti pubblicati fino al 2011 sull’argomento, in particolare sui dati epidemiologici, la presentazione clinica, l’iter diagnostico e l’efficacia e sicurezza dell’approccio terapeutico. RISULTATI Durante gli ultimi 15 anni sono stati identificati oltre 90 contributi scientifici sulla SVC in età pediatrica e solo 2 segnalazioni di mortalità correlata alla grave disidratazione (10). È stata confermata un’età media di insorgenza dei sintomi tra 5-7 anni con un ritardo medio di diagnosi di 2.7 anni. La frequenza delle crisi acute varia da 1-70 volte/anno con una media di 12 crisi/anno. È possibile differenziare 2 pattern clinici della SVC, una forma severa con frequenza di 1.9 episodi/mese ed un picco, durante la crisi acuta, di 12.6 episodi di vomito/ora, distinta da una forma lieve-moderata caratterizzata da 1.5 episodi/ora nella fase acuta ed una media di 0.5 episodi/mese (11). La crisi spesso insorge nelle prime ore del mattino ed è associata a sintomi gastrointestinali (dolori addominali e nausea). Un approccio sistematico al sospetto di SVC può presupporre: 8 Valutazione clinica e anamnestica • Criteri diagnostici per SVC • Esclusione di segni e sintomi d’allarme per malattia organica Indagini diagnostiche • Emocromo, funzionalità epatica, renale e pancreatica, elettroliti sierici, glicemia, esame urine • Rxcontrastografico apparato digerente Presenza di segni e sintomi d’allarme/alterazioni indagini diagnostiche • Alterazioni metaboliche: Esami ematochimici specifici (lattato, piruvato, acidi organici, amminoacidemia, carnitina e acilcarnitina, cortisolo) • Segni/sintomi GI: ecografia dell’addome, TC dell’addome, EGDS • Segni/sintomi neurologici: EEG, RM encefalo È opportuno differenziare 4 fasi nella presentazione clinica del SVC: 1. Fase prodromica: può comprendere la presenza di alterazioni del tono dell’umore, aura comune nell’emicrania, dolori addominali, dispepsia, nausea, facile affaticabilità, ansia, cefalea, etc. Talvolta è di difficile definizione o individuazione; 2. Fase emetica: caratterizzata dalla ricorrenza del vomito con frequenza variabile in termini di episodi/ora e con una durata in genere tra 2-18 ore; 3. Fase di benessere: scomparsa degli episodi acuti con persistenza talvolta di nausea per qualche ora; 4. Fase intercritica: assenza assoluta di sintomi. Assenza di segni e sintomi d’allarme/ negatività indagini diagnostiche Considerare la diagnosi di SVC Tab. 1 Terapia per la profilassi e la prevenzione nella SVC BAMBINI AL DI SOTTO DEI 5 ANNI DI ETÀ Antistaminici Ciproeptadina e pizotifene (disponibile in Gran Bretagna e Canada) Ciproeptadina 0.25-0.5mg/kg/die Effetti collaterali: aumeno dell’appetito, incremento ponderale, sedazione Beta-bloccanti Propanololo 0.25-1.0mg /kg/die per 1-2 settimane Effetti collaterali: letargia, ridotta tolleranza all’esercizio fisico Controindicazioni: asma, diabete, cardiopatie, depressione BAMBINI AL DI SOPRA DEI 5 ANNI DI ETÀ Antidepressivi triciclici Amitriptilina dose iniziale 0.25-0.5 mg/kg; incremento settimanale fino a 1.0-1.5 mg/kg Monitorare intervallo QTc tramite ECG Effetti collaterali: costipazione, sedazione, aritmia, alterazioni comportamentali Beta-bloccanti Nell’approccio terapeutico alla SVC Propanololo 0.25-1.0mg /kg/die per 1-2 settimane Effetti collaterali: letargia, ridotta tolleranza all’esercizio fisico possono essere identificati vari livelli di Controindicazioni: asma, diabete, cardiopatie, depressione intervento (12): Fase di benessere: potrebbero esseAltri agenti re identificati eventuali triggers o fattoAnticonvulsivanti: fenobarbital 2 mg/kg ri scatenanti ed in taluni casi alcune Alternative: topiramato, acido valproico L-carnitina: 50-100mg/kg modifiche allo stile di vita (sovrappeso) Coenzima Q10: 10mg/kg/die possono ridurre la frequenza degli attacchi acuti. Accorgimenti preventivi utili potrebbero essere: compilazione di un diario delle crisi, evitare la deprivazione di sonno, escludere dalla dieta alimenti identificati come possibili trigger (cioccolato, formaggi), assumere dosi supplementari di carboidrati, praticare attività fisica aerobica regolarmente e moderare l’assunzione di caffeina (13,14). Un tentativo di terapia profilattica delle crisi acute è opportuno che venga avviato se le crisi sono in numero > a 4/anno. Essa può essere differenziata in base all’età [Tabella 1]: nei bambini al di sotto dei 5 anni di età si possono utilizzare farmaci antistaminici (ciproeptadina) e beta-bloccanti (propanololo); al di sopra dei 5 anni di età si può ricorrere, oltre ai beta-bloccanti, ad antidepressivi triciclici (amitriptilina) ed anticonvulsivanti (fenobarbital). Le molecole più raccomandate in assoluto in ogni fascia di 9 Continuing Medical Education Activities Tab. 2 Terapia fase prodromica ed emetica TERAPIA DI SUPPORTO Fluidi, elettroliti e management nutrizionale Antiemetici (antagonisti 5HT3) Ondansetron 0.3-0.4mg/kg ev ogni 4-6 h (fino a 20 mg) Effetti collaterali: costipazione Sedativi Difenidramina 1.0-1.25mg/kg ev ogni 6 h Lorazepam 0.05-0.1 mg/kg ev ogni 6 h Effetti collaterali: depressione respiratoria, allucinazioni Clorpromazina 0.5-1.0 mg/kg ev ogni 6 h Alternative: morfina ev, fentanyl Trattamento segni e sintomi specifici Dolore epigastrico: H2Ra o PPI (ranitidina o pantoprazolo ev) Diarrea: antidiarroici (loperamide) Ipertensione arteriosa: ACE inibitori (captopril) Trattamento complicanze specifiche Disidratazione e squilibrio elettrolitico: reintegro delle perdite Acidosi metabolica: determinare e trattare la causa SIADH: restrizione introiti idrici Ematemesi: H2Ra o PPI ev Perdita di peso: nutrizione nasogastrica o parenterale TERAPIA ABORTIVA Antiemicranici (triptani) Sumatriptan: 20 mg intranasali Effetti collaterali: dolore/bruciore al collo, vasospasmo coronarico Controindicazioni: emicrania dell’arteria basilare età sono la ciproeptadina ed il propanololo (livello II di evidenza) (15). In caso di mancata risposta alla terapia, si può ricorrere ad un’associazione farmacologica tra amitriptilina ed un secondo farmaco, oppure introdurre una terapia complementare costituita da carnitina, coenzima Q, contraccettivi estrogenici orali, agopuntura o psicoterapia. Fase prodromica ed emetica: il ricorso tempestivo alla terapia abortiva può interrompere la crisi [Tabella 2]. Durante la fase emetica, il vomito intenso e prolungato può determinare disidratazione e squilibrio idroelettrolitico; per tale motivo, in tali occasioni, può rendersi necessaria una terapia reidratante per via endovenosa (16). CONCLUSIONI E PROSPETTIVE La SVC è una condizione benigna ma fortemente invalidante la qualità di vita dei pazienti e spesso misconosciuta e sottodiagnosticata. Futuri studi indirizzati a chiarire i meccanismi eziopatogenetici e il ruolo della genetica potranno essere utili per identificare sottogruppi di pazienti con SVC e migliorarne l’approccio diagnostico e terapeutico. L’adeguata conoscenza dei criteri diagnostici può consentire una più precoce identificazione di questa condizione orientando un corretto approccio diagnostico e terapeutico. La terapia della SVC è a tutt’oggi empirica, sebbene alcuni farmaci si siano dimostrati efficaci nel ridurre la frequenza e l’intensità dei sintomi. BIBLIOGRAFIA Key Points • La sindrome del vomito ciclico è caratterizzata da episodi acuti stereotipati e ricorrenti di intensa nausea con vomito incoercibile, a cui si possono associare sintomi neurologici e/o gastrointestinali • È una condizione benigna ma fortemente invalidante con un’età media di insorgenza tra 5-7 anni. I meccanismi eziopatogenici sono ancora ignoti • Un approccio diagnostico sistematico prevede il riconoscimento dei criteri diagnostici e l’esclusione di segni e sintomi d’allarme per il sospetto di cause organiche • Il trattamento medico è orientato verso la profilassi della crisi e la terapia abortiva della fase acuta 10 1. Heberden W. 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The combination of PEGIFN α-2b and ribavirin can induce sustained viral response in about 50% of children with genotype 1 and up to 100% in those with genotypes 2 and 3. CHI È OGGI IL BAMBINO CON EPATITE C? L’infezione da virus dell’epatite C (HCV) è un problema sanitario di rilevanza globale. Una quota minoritaria della popolazione infetta è costituita da bambini e adolescenti. In Italia nei primi anni ’90, la prevalenza di anticorpi anti-HCV era 3% nella popolazione generale, ma era 0.3% nel bambino/adolescente. Le principali modalità di contagio per la popolazione pediatrica erano le trasfusioni di sangue ed emoderivati e la positività della madre per HCV-RNA. A distanza di un decennio, l’Osservatorio per l’infezione da HCV e l’epatite C nel bambino italiano, creato nel 1998 in ambito SIGENP, registrava l’assenza di nuovi casi di epatite post-trasfusionale dopo il 1992 e una riduzione del 40% dei nuovi casi d’infezione nel quinquennio 2000-2004 rispetto al quinquennio precedente (1). Le nuove infezioni erano causate, per il 90-95% dei casi, dalla trasmissione perinatale di HCV da madre HCV RNA positiva al figlio. LA DIAGNOSTICA VIROLOGICA Nel bambino esposto a rischio di contagio in epoca perinatale, la diagnosi di infezione si basa sul rilievo di HCV-RNA nel siero in due occasioni tra 3 e 6 mesi di vita. Il test per anti-HCV non si può considerare diagnostico nei primi 18 mesi di vita per il possibile trasferimento passivo di anticorpi materni (2). HCV è dotato di notevole variabilità genetica, il che spiega la difficoltà d’ottenere un vaccino e giustifica l’esistenza di diversi genotipi virali (da 1 a 6 i maggiori) che è necessario determinare anche nel bambino HCV RNA positivo, in quanto predittivi di risposta alla terapia con interferone (IFN). Sono favoriti i genotipi 2 e 3 rispetto ai tipi 1 e 4. EVOLUZIONE SPONTANEA DELL'EPATITE C "PERINATALE" Ampi studi policentrici hanno dimostrato che, in definitiva, 80% circa dei bambini infettati con virus C in epoca perinatale, sviluppa infezione cronica, asintomatica nella maggior parte dei casi. L’evoluzione dell’epatite C nell’arco di 10 anni è stata valutata in uno studio dell’Osservatorio Italiano che includeva 359 bambini altrimenti sani dell’età media di 9.5 anni, consecutivamente visti in 15 centri (4). Durante l’osservazione 8% dei pazienti eliminava persistentemente la viremia entro i primi cinque anni di vita; il 92% la manteneva con ALT elevate (42%), fluttuanti (35%) o sempre normali (23%). Sei (2%) pazienti inoltre, sviluppavano segni e sintomi di cirrosi, mediamente all’età di 9.6 anni (3). La persistenza di replicazione virale nel corso degli anni, spesso accompagnata da segni di citolisi, fa supporre che la malattia epatica del bambino possa progredire, per lo più in modo subdolo, fino all’età adulta. L’APPROCCIO TERAPEUTICO Il primo approccio alla terapia dell’epatite C nel bambino procede dalle esperienze con l’interferone nell’adulto. Una meta analisi di 19 studi pediatrici evidenziava, mediamente, una risposta sostenuta alla terapia del 36%. Le tappe successive, sono state la combinazione dell’IFN-α con la ribavirina, che ne potenzia l’effetto, e la peghilazione (PEG) dell’IFN che ne prolunga l’emivita permettendo, tra l’altro, il passaggio alla mono somministrazione settimanale. 11 Pediatric Hepatology Outside Box Obiettivo primario della terapia è l’eradicazione stabile dell’infezione (Sustained Viral Response=SVR), che rappresenta l’eliminazione dell’HCV RNA circolante (ovvero riduzione dei livelli dell’HCV RNA sierico al di sotto di 50 IU/ml in RT PCR) 24 settimane dopo la sospensione della terapia. Nell’adulto sono predittivi di SVR la rapid viral response (RVR) che rappresenta l'eliminazione della viremia già nelle prime 4 settimane di terapia, e la early viral response (EVR) definita come clearance della viremia entro 12 settimane di terapia. Questi parametri trovano applicazione pratica nel ridurre la durata e il dosaggio della terapia nel singolo paziente, ma non sono ancora validati per la popolazione pediatrica. LA TERAPIA APPROVATA PER IL BAMBINO Non sono disponibili linee guida internazionali per la terapia di combinazione con PEGIFN-α e ribavirina in età pediatrica. Il numero degli studi pubblicati in esteso è limitato, ed uno solo di essi è randomizzato e controllato con placebo. Tuttavia, i risultati sono concordi nel dimostrare che la terapia di combinazione migliora il tasso di clearance della viremia, specialmente nei bambini con genotipo 2 e 3. La Tabella 1 sintetizza i risultati di 6 studi pubblicati in esteso tra il 2005 e il 2011 che arruolavano almeno 30 casi ciascuno, per un totale di oltre 300 pazienti dell’età media di 10 anni (5-10). I protocolli di terapia erano basati su un’unica somministrazione settimanale sottocutanea di PEGIFN-α-2a oppure di PEG-IFN-α-2b entrambi in associazione con ribavirina. Seguendo le esperienze dell’adulto, la durata della terapia è stata di 24 settimane per i genotipi 2 e 3 e di 48 settimane per i genotipi 1 e 4. La terapia di combinazione sperimentata da Wirth e coll. (8) basata sui dati di 107 pazienti trattati con PEG-IFN-α-2b è stata approvata dalla FDA (Food and Drug Adminstration, USA), dall’EMEA (European Medicines Agency) ed infine dall’Associazione Italiana del Farmaco (settembre 2010). Pertanto può essere prescritta ai bambini Italiani. Di seguito, sono sintetizzati alcuni punti chiave nella gestione del paziente che dovrà comunque essere indirizzato ad un centro specialistico. Tab. 1 Risposta virale sostenuta in 6 trials di terapia di combinazione PEG-IFN-α e Ribavirina Autore Pazienti (n) PEG-INF Ribavirina* Totale Wirth S, 2005 (5) 62 α-2b 1.5 µg /Kg/sett 59 SVR (%) Gen 1 Gen 2-3 48 100 Gen 4 -------- Jara P, 2010 (6) 30 α-2b 1 µg /Kg/sett 50 46 100 -------- Tajiri H, 2009 (7) 33 α-2b 1.5 µg /Kg/sett 82 80 85 -------- Wirth S, 2010 (8) 107 α-2b 60µg /m2/sett 65 53 93 80 Sokal EM, 2010 (9) 65 α-2a 100 µg /m2/sett 69 58 94 59 Schwarz KA, 2011 (10) 55 α-2a 180 µg /1.73 m2/ sett 53 47 80 -------- *Dosaggio della Ribavirina: 15 mg/Kg/die per os in tutti i trials, tranne che in Tajiri et al. (15 mg/Kg/die nei pazienti < 40 kg; 600 mg tra 40 e 60 kg; 800 mg tra 60 e 80 kg; 1 g > 80 kg). CARATTERISTICHE DELL’ARRUOLAMENTO Chi candidare a terapia? Bambini di età superiore a 3 anni, HCV RNA positivi da almeno 6 mesi, non trattati in precedenza. Chi deve essere escluso dal trattamento? Bambini con co-infezione da HBV o HIV; con malattia epatica cronica scompensata, con malattie neurologiche o psichiatriche, anemia, neutropenia o piastrinopenia o con presenza di autoanticorpi (ANA, SMA, LKM1). 12 Epatite cronica C nel bambino: dalla diagnosi alla terapia GESTIONE DEL PAZIENTE È necessaria la biopsia epatica per il trattamento? La biopsia epatica rimane la modalità più sicura per valutare la severità della malattia e, in particolare, la gravità della fibrosi, ma non è obbligatoria per iniziare il trattamento. Quali sono i fattori predittivi di risposta alla terapia? I genotipi 2/3 hanno più alta probabilità di risposta rispetto ai genotipi 1/4; la carica virale < 600.000 UI/l è un fattore favorevole nel bambino con genotipo 1. Il polimorfismo genetico della IL28B, che ha grande significato predittivo nell’adulto, non è stato ancora studiato nel bambino. Quali sono gli effetti avversi della terapia di combinazione? Comuni, e di solito non gravi, le sindromi simil-influenzali, neutropenia e anemia; il ritardo di crescita durante la terapia sembra essere reversibile; le complicanze oftalmologiche sono definite poco frequenti. CONCLUSIONI Nell’ultimo decennio si è molto discusso sull’opportunità di trattare il bambino HCV RNA positivo con minima fibrosi epatica, trascurabili livelli di ALT e scarsa progressione di malattia, considerando anche il limitato successo terapeutico dell’IFN, gli effetti avversi ed i costi. Oggi il problema si ripropone, ma l’accento si è spostato sulla persistenza della viremia fino all’età adulta e sulla possibile comparsa di cirrosi già in età pediatrica. L’efficacia elevata della terapia nei genotipi più favorevoli, la possibilità di usare schemi terapeutici di breve durata e la disponibilità di fattori predittivi di risposta alla terapia, sono altrettanti argomenti a favore di una sempre migliore gestione del paziente pediatrico, in attesa che nuove strategie di prevenzione e cura diventino operanti. Key Points •In età pediatrica, l'infezione da virus C è generalmente trasmessa dalla madre HCV-RNA positiva al figlio in epoca perinatale •L'infezione perinatale cronicizza nell'80% circa dei casi e, in età pediatrica, ha un decorso asintomatico con trascurabili livelli di ALT, minima fibrosi epatica e scarsa progressione di malattia •La replicazione virale si mantiene frequentemente fino all’età adulta, spesso accompagnata da citolisi, così da far supporre che la malattia epatica possa decorrere in maniera subdola nel tempo •La terapia con PEG interferone e ribavirina è disponibile oggi anche in Italia ed il tasso di clearance virale è elevato soprattutto nei bambini con genotipo 2 e 3 •Oltre al genotipo favorevole, l’efficacia della terapia è migliorata da schemi terapeutici di breve durata e disponibilità di fattori predittivi di risposta BIBLIOGRAFIA 1. Bortolotti F, Iorio R, Resti M et al. 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Gastroenterology 2011;140:450-458. 13 ion x t i tr o Nu ide B a di c s ri ur ERA iat Out a cBAR d NO Pe IA GRA Z The Artificial Nutrition (AN) is a therapeutic procedure by which you can fully meet the nutritional needs of patients unable to feed themselves sufficiently by natural means. The AN can be made by enteral or parenteral way. Enteral Nutrition (EN) has many advantages over total parenteral nutrition (TPN): anatomical and functional preservation of the integrity of the intestinal mucosa, improved utilization of nutritional substrates, ease of administration, safety and lowest cost. The access to the EN are: tube nose-enteral, gastrostomy and jejunostomy. Enteral Nutrition can be administered by continuous infusion or split meals. The NE can be made by elementary, semi-elemental or polymeric formulas. The NE is a method of treatment generally safe and well accepted by patients. 14 La nutrizione artificiale in pediatria Salvatore Accomando E Claudia Albino Sezione di Pediatria, Dipartimento Materno Infantile e di Andrologia e Urologia, Università degli Studi di Palermo INTRODUZIONE La Nutrizione Artificiale (NA) è una procedura terapeutica mediante la quale è possibile soddisfare integralmente i fabbisogni nutrizionali di pazienti altrimenti non in grado di alimentarsi sufficientemente per via naturale. La NA è indicata nelle seguenti condizioni: • presenza di malnutrizione; • rischio di malnutrizione; • presenza di ipercatabolismo; • alterazioni dell’assorbimento, del transito intestinale o della digestione del cibo nelle sue varie fasi, gravi e non rapidamente reversibili. In una quota più limitata di pazienti l’indicazione alla NA nasce per l’esigenza di mantenere un “riposo intestinale” o per somministrare substrati che sono importanti per il supporto metabolico di organi o apparati il cui trofismo è cruciale per la sopravvivenza in condizioni critiche particolari (1). Nel paziente ospedalizzato la malnutrizione è la risultante di un deficit acuto o cronico, sia di calorie (substrati energetici) che di proteine (substrati plastici) che configurano il quadro della cosiddetta malnutrizione proteico- calorica (2). Il principale parametro utilizzato per valutare l’entità della malnutrizione è la perdita del peso corporeo (calo ponderale negli ultimi mesi ≥ 10%). I fabbisogni nutrizionali del bambino non vanno a coprire solo le richieste del metabolismo di base, ma una grande quota è destinata all’anabolismo, cioè alla crescita, fenomeno dinamico, destinato a variare ed a modificarsi con l’età e che è influenzato dalle patologie. La malnutrizione in età pediatrica si caratterizza per il rallentamento o arresto della crescita; in genere l’arresto di crescita in altezza o consensuale di peso ed altezza è legato a malnutrizione cronica, mentre un evento acuto ha maggiori rilievi sul solo peso. Le patologie acute e croniche sono spesso causa di malnutrizione in età pediatrica, perché causano anoressia e perché possono determinare ipercatabolismo, come le malattie infiammatorie (2,3). La copertura dei fabbisogni dei nutrienti diventa l’obiettivo fondamentale della dietoterapia per il paziente pediatrico malnutrito per evitare il conseguente arresto di crescita . La NA può essere condotta per via enterale e parenterale. La Nutrizione Enterale (NE) presenta molti vantaggi rispetto alla Nutrizione Parenterale totale (NPT): mantenimento dell’integrità anatomo-funzionale della mucosa intestinale, migliore utilizzazione dei substrati nutritivi, facilità e sicurezza di somministrazione e minor costo(1,4). Può essere utilizzata per brevi periodi per favorire i tempi di recupero e ridurre i tempi di degenza (atresia esofagea, intestinale) o come complemento nello svezzamento dalla NPT (5). Vi sono condizioni cliniche in cui la NE dovrebbe essere ritenuta terapia routinaria, da associare alla NP se i fabbisogni nutrizionali non possono essere altrimenti assicurati (6,7) [Tabella 1]. Le principali condizioni cliniche nelle quali la NE è controindicata sono descritte nella Tabella 2. Gli aspetti peculiari della NE sono legate oltre che alla tipologia di nutrimento, alla via di infusione ed alle modalità di somministrazione. Tab. 1 Indicazioni Cliniche alla Nutrizione Enterale Gastroparesi Possibile l’infusione sottopilorica se non coesiste ostacolo più distale al transito Ileo paralitico Permane la funzione assorbente dell’enterocita e l’infusione di nutrienti per via enterale stimola la peristalsi Fistole enteriche a bassa portata Effetto positivo sulla loro chiusura Resezioni intestinali massive Valutare la tollerabilità alla NE in relazione alla lunghezza dell’intestino residuo Malattia di Crohn La NE esclusiva è considerata il trattamento di prima linea ACCESSI PER LA NUTRIZIONE ENTERALE L’accesso enterale deve essere scelto considerando sia lo stato clinico del paziente, sia l’accessibilità e le capacità di assorbimento del suo apparato digerente, sia infine la durata prevista del trattamento nutrizionale. Qualora la durata della NA sia prevedibilmente breve (≤ 30 giorni), non vi sia rischio di aspirazione della miscela nelle vie aeree e non vi siano stenosi delle alte vie digestive, la sonda naso-enterica (naso-gastrica, duodenale, digiunale) può essere preferita ad una stomia. La nutrizione con sonda naso-gastrica è la tecnica più usata, la lunghezza del sondino che deve essere introdotta è pari alla distanza tra naso ed ombelico ed ha una bassa incidenza di complicanze. È necessario procedere a confezionare una stomia quando si preveda una lunga durata del trattamento nutrizionale (>4 settimane) o in caso di impossibilità ad utilizzare la via naturale, come nella ingestione da caustici o nelle malformazioni dell’alto tratto digestivo (8). La gastrostomia, in particolare quella eseguita per via endoscopica (PEG o Percutaneous Endoscopic Gastrostomy), è l’accesso enterale più utilizzato per trattamenti a lungo termine ed è frequentemente impiegata nei pazienti cerebropatici. La digiunostomia è meno impiegata, ma rimane indicata nei casi di impossibilità al confezionamento di gastrostomia e laddove ci sia un consistente rischio di inalazione (vomito intrattabile, malattie neurologiche gravi, gastroparesi). La digiunostomia può essere confezionata in corso di intervento chirurgico, o per via percutanea endoscopica (PEJ o Percutaneous Endoscopic Jejunostomy) (9). Tab. 2 Controindicazioni alla Nutrizione Enterale Occlusione o sub occlusione cronica intestinale di origine meccanica Grave ischemia intestinale su base non ipovolemica Fistole digiunali o ileali ad alta portata Grave alterazione della funzione intestinale secondaria ad enteropatia MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE L’infusione continua (su 24 ore o notturna) è preferita e meglio tollerata in qualsiasi tipo di paziente, soprattutto se neonato, se sottoposto ad intervento chirurgico o se in condizioni critiche. In questo modo si migliora la tolleranza, anche perché spesso il bambino presenta un rallentato svuotamento gastrico che rende la somministrazione a boli meno facile. Altra modalità di somministrazione è a flusso intermittente (pasti frazionati). L’alimentazione a pasti frazionati è più fisiologica e permette di rispettare i ritmi dell’alimentazione naturale. La somministrazione a flusso continuo deve essere fatta necessariamente con nutripompa. La modalità intermittente è generalmente attuata con siringa (1). La velocità di infusione della soluzione, il tipo e l’osmolarità della soluzione nutritiva sono correlati ai tempi di svuotamento gastrico e devono essere presi in considerazione per evitare complicanze respiratorie o digestive; sono ben tollerati una velocità di infusione inferiore a 3 Kcal/min e una soluzione nutritiva con concentrazione calorica inferiore a 1 Kcal/ml e con osmolarità di 320 mOsm/l (10). TIPI DI FORMULA DIETETICA Sono disponibili formulazioni sia in polvere che liquide. La componente glucidica è rappresentata da carboidrati sotto forma di amidi, polisaccaridi ed oligosaccaridi. La quota proteica è costituita da amminoacidi liberi, peptidi o da proteine intere. La componente lipidica è costituita da trigliceridi sotto forma di esteri. Le formulazioni per NE si sono raffinate sempre più, vengono addizionate sostanze nutrizionali considerate benefiche e utili: tra esse la fibra. Nei pazienti in NE si ritiene che la fibra possa contribuire alla modulazione del transito intestinale nel piccolo intestino con miglioramento dell’assorbimento di acqua e nutrienti ed alla fornitura di un adeguato substrato alla microflora del colon. 15 Pediatric Nutrition Outside Box Key Points •La Nutrizione Artificiale (NA) è una procedura terapeutica mediante la quale è possibile soddisfare integralmente i fabbisogni nutrizionali di pazienti altrimenti non in grado di alimentarsi sufficientemente per via naturale •La copertura dei fabbisogni dei nutrienti diventa l’obiettivo fondamentale della dietoterapia per il paziente pediatrico malnutrito per evitare l’eventualità di arresto di crescita •La Nutrizione Enterale (NE) presenta molti vantaggi rispetto alla Nutrizione Parenterale totale (NPT): mantenimento dell’ integrità anatomo-funzionale della mucosa intestinale, migliore utilizzazione dei substrati nutritivi, facilità e sicurezza di somministrazione ed il minor costo •L’accesso enterale deve essere scelto considerando sia lo stato clinico del paziente, sia l’accessibilità e le capacità di assorbimento del suo apparato digerente, sia infine la durata prevista del trattamento nutrizionale •L’infusione continua (su 24 ore o notturno) è di solito preferita e meglio tollerata in qualsiasi tipo di paziente, soprattutto se neonato, se sottoposto ad intervento chirurgico o se in condizioni critiche. Altra modalità di somministrazione è a flusso intermittente (pasti frazionati) •La NA in età pediatrica ha certamente contribuito a modificare in modo sostanziale la prognosi in alcune patologie La NE può essere effettuata mediante formule elementari, semielementari o polimeriche (1). • Le formule elementari sono costituite da miscele di L-aminoacidi liberi, glucosio, acidi grassi, minerali ed oligoelementi, nutrienti già pronti per l’assorbimento. Sono indicate nelle gravi sindromi da malassorbimento e nelle allergie gravi. • Le formule semi-elementari (idrolisati) contengono idrolisati parziali di proteine con peptidi di lunghezza variabile, maltodestrine a catena corta, trigliceridi a catena media, minerali ed oligoelementi. Sono indicate in caso di riduzione della superficie assorbitiva o di rialimentazione dalla nutrizione parenterale. • Le formule polimeriche sono costituite da miscele di proteine intere (caseina, soia, sieroproteine del latte), amidi idrolisati o maltodestrine, trigliceridi a media e/o lunga catena, minerali, vitamine ed oligoelementi, virtualmente privi di lattosio e glutine, in gran parte iso-osmolari. Il loro impiego presuppone un attività gastrica e d’assorbimento non compromessa. Le formule polimeriche possono essere utilizzate per lunghi periodi di tempo sia come integrazione calorica sia come dieta esclusiva. Le formule elementari e semi-elementari, molto costose e poco palatabili, necessitano solitamente di somministrazione attraverso sondino naso-gastrico (SNG). Le formule polimeriche, meno costose e di gusto più gradevole hanno una efficacia pari a quella gli altri due tipi di formule. EFFETTI AVVERSI CORRELATI ALLA NUTRIZIONE ENTRALE Dalla letteratura emerge come la NE sia una metodica di trattamento sicura ed in genere abbastanza accettata dai pazienti. Può determinare talvolta modesti effetti indesiderati quali nausea, addominalgia, flatulenza o diarrea; tali effetti sono comunque di natura transitoria (1). Le complicanze infettive possono essere legate al tipo di tecnica utilizzata e alla via di somministrazione. Le infezioni delle prime vie respiratorie sono correlate alla presenza del sondino naso-gastrico soprattutto se questo viene mantenuto in sede per periodi molto lunghi; le broncopolmoniti da aspirazione sono una complicanza della nutrizione per via gastrica. La contaminazione della soluzione nutritiva al momento della preparazione o per conservazione a temperatura al di sopra dei 4°C può causare una sepsi: pertanto attenzione va posta alla manipolazione del sondino, delle sacche e delle soluzioni nutritive. BIBLIOGRAFIA 1. A.S.P.E.N. Board of Directors. 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American Gastroenterological Association. Technical review on tube feeding for enteral nutrition. Gastroenterl 1995;108:1282-301. 9. Faries MB, RombeauJI. Use of gastrostomy and combined gastrojejunostomy tubes for enteral feeding. Word J Surg 1999;23:603-7. 16 d an r g e n ini Corn di a ra Tr nal u I a c IZZARRI NZ tio B NCE a I c ARA V u Ed E B CA S BARCE N RA F Small Intestine Contrast Ultrasonography (SICUS): ovvero l’ecografia con MDC orale, quali applicazioni? Nadia Pallotta, Giuseppina Vincoli E Enrico Corazziari Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Università “Sapienza” di Roma With Small Intestine Contrast Ultrasonography (SICUS) the entire small bowel (SB) can be visualized. SICUS has an high diagnostic accuracy in the assessment of presence, site, number and extension of SB lesions. In patients with ileal Crohn’s disease (CD) SICUS accurately assesses presence of CD complications. In CD SICUS is more accurate than standard ultrasonography (TUS). SICUS can be proposed as a primary radiation-free, inexpensive method in the follow-up of patients with CD of SB . INTRODUZIONE A tutt’oggi la diagnosi delle patologie intestinali è largamente basata su criteri morfologici derivati da esami radiologici ed endoscopici. Tuttavia a causa del rischio biologico legato alle radiazioni, particolarmente nella popolazione pediatrica, negli ultimi decenni hanno acquisito un ruolo sempre più importante, nello studio dell’intestino tenue metodiche che non richiedono l’utilizzo delle radiazioni come l’ecografia e la risonanza magnetica. Ambedue oltre a non essere invasive valutano la parete nella sua interezza. La risonanza è una metodica costosa, di non facile accesso e non sempre è possibile ottenere la distensione ottimale del lume intestinale pur impiegando 2 litri di soluzione. La ultrasonografia transaddominale (UST) è una metodica ampiamente disponibile, non costosa, ma, a causa della presenza di gas endoluminale che ostacola la riflessione degli ultrasuoni, non è in grado di valutare dettagliatamente la struttura della parete e del lume intestinale. Pertanto le applicazioni della UST per lo studio delle patologie dell’intestino tenue, sono limitate per lo più allo studio dell’ultima ansa nella malattia di Crohn (MC), in presenza di grossolani ispessimenti della parete, o alla valutazione delle anse a monte di una stenosi per la presenza di secreti che ne distendono il lume, mentre limitato è stato finora il suo uso come indagine di screening (1-4). L’assunzione di contrasto orale costituito da una soluzione di polietilen glicole (PEG 4000), distendendo il lume intestinale con liquido anecogeno consente di valutare in dettaglio la parete intestinale e di dissociare ogni singola ansa intestinale dalle altre indipendentemente dalla presenza di aria. Il PEG è una macromolecola che, non sottoposta ai processi di digestione, assorbimento e fermentazione lega l’acqua nel lume intestinale, impedendone l’assorbimento, e dopo assunzione orale progredisce lungo l’intero intestino fino all’evacuazione con le feci. Con l’ecografia contrastografica (Small Intestine Contrast Ultrasonography: SICUS) nei soggetti normali l’intestino tenue appare come una struttura anecogena e le valvole conniventi come sottili indentazioni ecogene aggettanti nel lume (5) [Figura 1]. Con il SICUS è possibile visualizzare in modo ottimale e riproducibile l’intero intestino tenue, dall’angolo del Treitz al ceco utilizzando una dose media di 200 ml e 375 ml di soluzione, rispettivamente nei bambini e negli adulti, in intervalli di tempo compresi tra 17 e 65 min. Le dosi somministrate sono ben tollerate e prive di effetti collaterali. Il SICUS ha consentito di definire, nell’adulto, i valori di normalità dello spessore della parete (≤ 3 mm) e del lume intestinale (≤ 25 mm) e la descrizione della struttura multistrato della parete (6). APPLICAZIONE DIAGNOSTICA DELL’ECOGRAFIA CONTRASTOGRAFICA NEI PAZIENTI CON SOSPETTA PATOLOGIA DEL TENUE MESENTERIALE Fig. 1 SICUS: ecografia delle anse intestinali dopo assunzione di contrasto orale in soggetto normale. Nella foto sono rappresentate alcune anse digiunali. Le valvole conniventi appaiono come sottili indentazioni ecogene aggettanti nel lume (frecce) In pazienti consecutivi con sospetta patologia del tenue mesenteriale, il SICUS si è dimostrato avere un’elevata sensibilità (100%) ed un’alta specificità (97%) con un’accuratezza diagnostica pari a quella della radiologia standard, nella diagnosi di alterazioni della parete riscontrabili in patologie quali il linfoma intestinale, il morbo celiaco, i polipi intestinali, il morbo di Crohn e le neoplasie intestinali (7-8). Risultati preliminari indicano l’utilità del SICUS nei bambini affetti da anemia sideropenica e nella valutazione della manifestazione gastrointestinale della graft-versus-host nei pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo. Nella maggioranza dei casi le condizioni cliniche dei pazienti sottoposti a trapianto sono talmente gravi da impedire l’esecuzione di esami invasivi o radiologici e soprattutto sarebbe auspicabile identificare segni precoci della sindrome. 17 Training and Educational Corner APPLICAZIONE DIAGNOSTICA DELL’ECOGRAFIA CONTRASTOGRAFICA NEL MORBO DI CROHN Fig. 2 Paziente con morbo di Crohn. Lo spessore della parete appare uniformemente aumentato (frecce). Da notare la normale rappresentazione della struttura multistrato Scopo delle tecniche di imaging nel morbo di Crohn è non solo quello di identificare la lesione intestinale, ma di descriverne accuratamente la sede, l’estensione, le caratteristiche strutturali e le possibili complicanze come stenosi, fistole e ascessi sia alla diagnosi che durante il follow-up. Ecograficamente in presenza della MC la parete intestinale appare ispessita e variabilmente ipoecogena [Figura 2]. Nei pazienti adulti e pediatrici con MC la SICUS ha un’accuratezza diagnostica comparabile a quella della radiologia standard (9-10) ed alla chirurgia (11) nella definizione della presenza, numero, sedi coinvolte ed estensione delle lesioni e significativamente superiore a quella della UST che sottostima l’estensione delle lesioni intestinali e non identifica correttamente le sedi coinvolte. Anche nella valutazioni delle complicanze, quali fistole, ascessi e stenosi la SICUS ha un’elevata sensibilità e specificità nella valutazione della presenza, sede e numero delle complicanze (11) [Tabella 1]. Tab. 1 Risultati dell’analisi statistica dell’accuratezza diagnostica dell’ecografia contrastografica (SICUS) e dell’ecografia standard senza mezzo di contrasto (UST) nella diagnosi delle complicanze della malattia di Crohn. Lo standard di riferimento è la chirurgia e i reperti istopatologici UST Reperti chirurgici Stenosi (n=40) Fistole (n=28) Ascessi (n=10) Almeno una (n=45) K: kappa statistica Sensibilità Specificità (95% CI) (95% CI) 80% (65-90) 56% (37-72) 89% (56-98) 82% (69-91) 75% (40-93) 100% (85-100) 95% (83-99) 75% (30-95) SICUS K 0.42 0.54 0.78 0.15 Sensibilità Specificità (95% CI) (95% CI) 97.5% (87-100) 96% (82-99) 100% (72-100) 98% (88-99.5) 100% (68-100) 90.5% (71-97) 95% (83-98.6) 100% (44-100) K 0.93 0.88 0.89 0.75 CONCLUSIONI Le patologie dell’intestino tenue sono poco frequenti, hanno una sintomatologia spesso non specifica e la diagnosi obbliga per l’inaccessibilità della sede ad eseguire esami invasivi, che espongono a radiazioni, costosi, disponibili solo in centri di riferimento e che risultano negativi nella maggioranza dei casi. I risultati ottenuti suggeriscono in considerazione della non invasività, dell’assenza di radiazioni, dei bassi costi e dell’elevata tollerabilità della metodica da parte dei pazienti, di proporre l’ecografia contrastografica (SICUS) come indagine di screening in tutti i casi in cui si sospetti una patologia intestinale e nel follow-up dei pazienti affetti da patologie accertate dell’intestino tenue. Particolarmente vantaggioso è l’uso dell’ecografia contrastografica nella popolazione pediatrica. CI: intervalli di confidenza BIBLIOGRAFIA 1. Sonnenberg A, Erckenbrecht J, Peter P et al. Detection of Crohn’s disease by ultrasound. Gastroenterology 1982;83:430-4. 2. Sheridan MB, Nicholson DA, Martin DF. Transabdominal ultrasonography as the primary investigation in patients with suspected Crohn’s disease or recurrence: a prospective study. Clin Radiol 1993;48:402-404. 3. Gasche C, Moser G, Turetschek K et al. 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Del Ponte”, Università dell’Insubria di Varese az New prokinetics are an heterogeneous group of drugs that increase motility through different mechanisms: serotonin, motilin and ghrelin receptor agonism, antidopaminergic action, colonic chloride secretion. Compared to old serotonin agonists the new molecules show higher selectivity and higher affinity to 5-HT4 receptors and safe cardiac profiles. Promising data are emerging from human clinical trials but the efficacy and safety profiles of these agents in children with dismotility disorders still need to be demonstrated. I nuovi procinetici gastrointestinali sono una classe eterogenea di farmaci che stimolano la motilità gastrica e/o intestinale attraverso diversi meccanismi: agonismo recettoriale della serotonina (in particolare 5HT4), della grelina e della motilina (TZP 101, mitemcinal), agenti anti-dopaminergici (itopride), attivatori del canale del cloro (lubiprostone) e della guanilato ciclasi (linaclotide) (1). NUOVI AGONISTI DEI RECETTORI 5-HT (4) Premessa La serotonina [5-hydroxytryptamina (5-HT)] è una molecola di segnale ubiquitaria sintetizzata da neuroni serotoninergici nel sistema nervoso centrale anche se la maggior quantità di 5-HT è presente nell’intestino e specificamente, nelle cellule enterocromaffini (EC) della mucosa gastrointestinale (GI) e, in minor quantità, negli interneuroni discendenti. Dopo stimolazione mucosale o pasto, le cellule EC secernono una gran quantità di 5-HT che in parte va nel lume intestinale e nella circolazione portale. La 5-HT attiva i neuroni afferenti primari intrinseci (IPANs), che poi rilasciano acetilcolina (ACh) e il peptide calcitonina gene correlato (CGRP). Questi neurotrasmettitori si connettono via interneuroni a neuroni ascendenti eccitatori (con rilascio di ACh e/o tachichinine) e motoneuroni discendenti inibitori (che rilasciano ossido nitrico (NO) e/o peptide intestinale vasoattivo (VIP) e/o ATP), determinando contrazioni ascendenti e rilasciamento discendente. Pertanto la 5-HT può influenzare tutti i componenti del riflesso peristaltico (2). La 5-HT esercita la sua azione interagendo con 7 sottotipi di recettori, 5 dei quali presenti nel tratto GI (5-HT1, 5-HT2, 5-HT3, 5-HT4 and 5-HT7) che, a loro volta, hanno un’attivazione diversa a seconda della differente porzione Cterminale intercellulare. Inoltre l’efficienza di legame recettoriale e la densità dei recettori può determinare una selettività tessutale con differente azione “regionale” (3). L’attivazione dei recettori 5-HT4 sui neuroni efferenti eccitatori mienterici, portando ad un aumentato rilascio di ACh e quindi ad un’aumentata contrazione, rappresenta probabilmente il meccanismo predominante dell’effetto sulla motilità gastrica e intestinale degli agonisti recettoriali 5-HT4. Inoltre i recettori 5-HT4 sono espressi sui neuroni eccitatori non-adrenergici non-colinergici (NANC) e sui neuroni inibitori nel colon dell’uomo. Recettori 5-HT4 che causano rilassamento sono stati dimostrati anche nel muscolo liscio del colon umano. Oltre a questi effetti motori, l’attivazione dei recettori 5-HT4 agisce sulla regolazione della secrezione intestinale aumentando la secrezione di bicarbonato e cloro. La differente espressione dei recettori 5-HT4 può contribuire ai meccanismi regionali e/o tempo di rilassamento-contrazione (2). I nuovi agonisti recettoriali della serotonina (prucalopride, ATI-7505, e velusetrag) si differenziano dai “vecchi” (metoclopramide, cisapride, tegaserod e, più recentemente, renzapride e mosapride) per una maggior selettività e affinità verso i recettori 5-HT4 che determina, in particolare, una netta riduzione di possibili effetti cardiologici (disritmie e alterazioni cardiovascolari) (1-5). La prucalopride è una benzofurancarboxamide altamente selettiva per i recettori 5-HT4. Ha mostrato, in adulti (in particolare donne, per le quali c’è l’autorizzazione dell’EMEA) con stipsi, aumento del transito nello stomaco, nel piccolo intestino e nel colon (6-7). 19 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology L’ATI-7505 è derivata dalla cisapride con modifiche volte ad eliminare l’affinità verso il canale HERG cardiaco e il citocromo p450. Uno studio su volontari sani ha confermato le proprietà procinetiche della molecola. Sono in corso trial clinici su adulti con stipsi cronica e dispepsia funzionale (1-3). Il velusetrag (TD-5108) è un altro agonista recettoriale selettivo 5-HT4 in corso di valutazione in pazienti con stipsi cronica (3). Il TD-8954 ha alta affinità e selettività per i recettori 5-HT4(c). Studi animali hanno mostrato aumentata motilità antrale, duodenale e digiunale (1). Il Daikenchuto (TU-100) è una medicina tradizionale giapponese (Kampo) usata per trattare l’ileo post-chirurgico con proprietà procinetiche GI mediate da meccanismi colinergici e serotoninergici dimostrate in studi animali ma attualmente non confermate sull’uomo. AGENTI ANTI-DOPAMINERGICI Il razionale dell’utilizzo di agenti antidopaminergici si basa sulla presenza di recettori D2, inibitori della motilità, nel sistema GI. Il blocco di questi recettori inibitori attraverso antagonismo selettivo, come mostrato dal domperidone e dalla metoclopramide, ha effetti pro cinetici (1). L’itopride è un antagonista della dopamina D2 e inibitore dell’acetilcolinesterasi. In adulti sani e diabetici non ha mostrato un significativo effetto sullo svuotamento gastrico (1). AGONISTI DEI RECETTORI DELLA MOTILINA L’eritromicina è stato il primo farmaco a dimostrare agonismo recettoriale con la motilina e proprietà procinetiche. Da allora diverse molecole agonisti recettoriali della motilina senza effetti antibiotici sono state valutate senza dimostrare, finora, significativi benefici in confronto a placebo. È stato riportato che la motilina inibisce l’accomodazione gastrica e induce sazietà precoce e ciò potrebbe causare sintomi che negativamente influenzano la motilità gastrica. Il GM 611 (mitemcinal) è un derivato dell’eritromicina agonista recettoriale della motilina ancora oggetto di studio (1,8). AGONISTI DEI RECETTORI DELLA GHRELINA La ghrelina è un peptide di 28 aminoacidi correlato alla motilina ed è il legando naturale del recettore secretagogo dell’ormone della crescita ma ha mostrato differenti effetti GI: stimolazione della motilità gastrica interdigestiva, aumentato svuotamento gastrico (in adulti sani e con gastroparesi), inibizione dell’accomodazione gastrica. Agonisti non peptidi della ghrelina sono attualmente in corso di studio (1,8). ATTIVATORI DEL CANALE DEL CLORO L’effetto procinetico GI è attribuito all’aumentata secrezione di cloro e acqua tramite attivazione del canale CIC-2 sulle cellule intestinali. Risultati promettenti del lubiprostone sono stati riportati in studi umani (9). ATTIVATORI DELLA GUANILATO CICLASI L’attivazione della guanilato ciclasi C stimola indirettamente la secrezione di cloro e bicarbonati con possibile effetto procinetico intestinale. La Linaclotide ha mostrato un miglioramento della frequenza dell’evacuazione in adulti con stipsi (1,9). CONCLUSIONI Esistono diverse molecole di nuovi procinetici GI che mostrano una miglior selettività e affinità recettoriale e quindi una maggior efficacia locale con riduzione degli effetti collaterali specialmente extraintestinali. I risultati clinici più promettenti (in adulti sani e con 20 I nuovi procinetici Fig. 1 Targets dei nuovi procinetici (modificata da Tack J. in Curr Opinion of Pharmacol 2008) dismotilità GI) sono rappresentati dai nuovi agonisti recettoriali 5-HT4 e dagli attivatori del canale del cloro. La difficoltà di stabilire un beneficio di questi farmaci è però ancora spesso determinata da una mancata correlazione tra il miglioramento dei sintomi e della funzione motoria oltre all’eterogeneità patofisiologica dei pazienti e all’assenza di accordo sugli end-points. BIBLIOGRAFIA 1. Tack J. Prokinetics and fundic relaxants in upper functional GI disorders. 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Lubiprostone: chronic constipation and irritable bowel syndrome with constipation. Expert Opin Pharmacother 2009 Jan;10(1):143-52. Key Points rsi •I nuovi procinetici utilizzano dive o nism ago ne: azio di ismi can mec selettivo recettoriale (verso la serotonina, la motilina e la ghrelina) e secrezione di cloro 4 •I nuovi agonisti recettoriali 5-HT mostrano molta maggior selettività e affinità recettoriale riducendo gli effetti collaterali (specialmente cardiaci) •La prucalopride e il lubiprostone tti hanno mostrato significativi effe in adulti con stipsi •I nuovi procinetici sono ancora in fase sperimentale e nessuno tra questi è ancora autorizzato in età pediatrica 21 se a lC i ad ica ur ANO n c i l a OM R ’s C O w o l AUDI l L C Fe Una strana causa di addome acuto Stefano Martelossi e Nagua Giurici Dipartimento di Gastroenterologica Pediatrica, IRCCS Burlo Garofolo, Università di Trieste Acute abdomen is a common presentation in a pediatric emergency room setting. Although rarely, acute abdomen can be caused by an intestinal vasculitis. We report a case of acute abdomen that was the presenting sign of systemic lupus erithematosus. PRESENTAZIONE CLINICA M. è un ragazzo di 16 anni che arriva alle ore 00.30 in Pronto Soccorso per la comparsa di dolore addominale ai quadranti addominali inferiori di destra associato a febbre elevata (40°C). La sintomatologia dura da circa 48 ore. ESAME OBIETTIVO Il ragazzo si presenta in condizioni generali scadenti: pallido, sofferente, deambula con difficoltà. Il tempo di ricircolo è inferiore ai 2 secondi, la cute e le mucose sono pallide ma ben idratate. Nulla da segnalare all’obiettività di cuore e torace. L’addome è dolente alla palpazione profonda elettivamente in fossa iliaca destra. SVILUPPO DEL CASO CLINICO 1 Gli esami eseguiti in urgenza in Pronto Soccorso mostrano un aumento degli indici di flogosi (Proteina C Reattiva 24.4 mg/dL (v.n. < 0.5), VES 113 mm/hr (v.n. 0-20) con leucocitosi e lieve piastrinopenia (GB 13.700/mmc PLT 117.000/mmc). Dopo consulenza chirurgica il paziente viene portato in sala operatoria con diagnosi di sospetta appendicite acuta per una laparotomia d’urgenza. All’intervento si rileva una notevole quantità di liquido emorragico in cavità addominale con un’appendicite necrotica e perforata che è quindi stata rimossa; l’ileo terminale si presentava edematoso e flogistico. SVILUPPO DEL CASO CLINICO 2 Nei giorni successivi all’intervento le condizioni del ragazzo non migliorano, persiste il dolore, sempre presente febbricola, compare in terza giornata enterorragia massiva con importante anemizzazione (l’emoglobina passa da 12.3 g/dL a 8.1 g/dL). Gli indici di flogosi persistono elevati (VES 100 mm/hr, pcr 12 mg/dL). Le prove emogeniche sono risultate alterate con un INR di 5 con indici di citolisi epatica nella norma. Il ragazzo è stato sottoposto a ripetute trasfusioni di plasma ed emoderivati senza sostanziale beneficio. Un’ecografia oltre al versamento in fossa iliaca destra in sede di intervento dimostra ispessimento marcato delle anse intestinali e coliche con ipervascolarizzazione. IPOTESI DIAGNOSTICHE • Infarto intestinale • Morbo di Crohn • TB intestinale • Vasculite intestinale • Rettocolite ulcerosa Viene eseguito un ecodoppler dei vasi mesenterici che mostra un iperafflusso, senza segni di stasi venosa o riduzione del flusso. Intradermoreazione Mantoux negativa. 22 Intanto la situazione clinica si aggrava, persiste enteroraggia massiva con comparsa di ipoprotidemia nonostante trasfusioni di emazie, plasma e terapia antibiotica triplice. La positività del test dell’anticoagulante lupico, il complemento basso (C3 9 mg/dL C4 8 mg/dL) la positività per ANA (1:160 immunofluorescenza), anti DNA (ELISA test 130.69 IU/mL) e anticorpi anti cardiolipina (ELISA test 10.87 U/mL) fanno porre diagnosi di vasculite intestinale e viene avviata terapia corticosteroidea (prednisone 1 mg/kg/giorno ev). Per la persistenza di enteroraggia massiva dopo 4 giorni di terapia, nel tentativo di identificare il sito di sanguinamento M. è stato sottoposto a una TAC addome e una scintigrafia con colloidi senza successo per cui viene sottoposto a un nuovo intervento di laparotomia. La laparotomia ha mostrato edema e dilatazione dell’ileo terminale e del ceco con sanguinamento dal lato mucosale e sierosale. È stata quindi eseguita una resezione ileo-cecale di circa 40 cm con anastomosi ileo-colica diretta. L’analisi istologica dell’intestino resecato ha mostrato edema e infiltrato emorragico della sub mucosa e del mesentere con vasculite diffusa delle venule. I vasi di piccolo e medio calibro mostravano un infiltrato misto di cellule infiammatorie con prevalenza di polimorfonucelati. È stata quindi formalizzata la diagnosi di Lupus Eritematoso Sistemico. Una rivalutazione della storia precedente rivela 2 episodi di fugace rasch malare un mese prima dell’esordio della malattia. Viene iniziata terapia con Ciclofosfamide (1 grammo) e steroide ev (2 mg/kg/ev) con rapida risoluzione dell’enteroraggia. PUNTI CRITICI DELLA DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE La diagnosi clinica di appendicite era inevitabile in quanto la presentazione clinica e gli esami di laboratorio erano compatibili tale diagnosi. Tuttavia, non sempre un’addome acuto è un’appendicite acuta. Come dimostra il caso di M., anche le vasculiti possono esordire come malattia intestinale. Nonostante i sintomi gastrointestinali siano frequenti tra i pazienti con LES, riguardando circa il 30% dei casi e l’addome acuto in corso di LES si verifichi nel 13% dei casi, la vasculite mesenterica come sintomo di presentazione rappresenta un evenienza molto rara. Secondo una recente casistica su 540 casi di LES uno solo ha presentato un esordio con addome acuto. I segni e i sintomi di vasculite mesenterica non sono tipici e spesso la diagnosi differenziale è molto difficile. BIBLIOGRAFIA 1. Rodriguez LR, Carpo G, Gertner M. Acute gastrointestinal vasculitis as the initial presentation of SLE. Am J Emerg Med 2001;19:90-91. 2. Lepore L, Facchin S, Codrich D, Pelizzo G et al. Acute abdomen: the Presenting Sign of Systemic Lupus Erythematosus in Childhood. JPGN 2002;35:570-572. 3. Zizic TM, Classen JN, Stevens MB. Acute abdominal complications of systemic lupus erythematosus and polyarteritis nodosa. AmJ Med 1982;73:525-31. 4. Drenkard C, Villa AR, Reyes E, Abello M, Alarcon-Segovia D.Vasculitis in systemic lupus erythematosus. Lupus 1997;6:235-42. Key Points QUALI TAKE HOME MESSAGE? esordire come addome acuto Il Lupus Eritematoso Sistemico può 23 y op y c s r do ra En Lib ura dNi I g O a cORR O nin r ea L EG T NARD PO IP NI DI L I F AN V IO Blue Rubber Bleb Nevus Syndrome MAURA Agnese1, Livio Cipolletta2, Maria Antonia Bianco2, PAOLO Quitadamo1, Annamaria Staiano1 e Erasmo Miele1 1Dipartimento di Pediatria, Università “Federico II” di Napoli 2Divisione di Gastroenterologia, Ospedale “A. Maresca’’ di Torre del Greco (NA) Blue Rubber Bleb Nevus Syndrome (BRBNS) is a rare condition with multiple venous malformations in skin and gastrointestinal (GI) tract, intestinal haemorrhage and anaemia. We describe a 10-year-old girl who presented numerous venous malformations, a severe episode of gastric bleeding, chronic anaemia. GI endoscopy revealed spread giant venous malformations. Endoscopy is the gold standard technique for the diagnosis and immediate therapeutic measures of BRBNS. Descriviamo il caso di una bimba di 10 anni, giunta alla nostra osservazione per dolori addominali e anemia cronica sideropenica, resistente alla terapia marziale. Presenti fin dalla nascita numerosi angiomi cutanei, di cui la biopsia ne confermò la natura vascolare, e una lesione linfangiomatosa alla gamba destra. La RMN escluse un interessamento cerebrale e addominale. Alcune lesioni escisse chirurgicamente a 2 anni d’età, recidivarono. A 5 anni presentò un episodio acuto di anemia grave, trattato con trafusione di emazie, legato al sanguinamento di un angioma gastrico. Posta in terapia con Inibitori di Pompa Protonica (IPP) e supplementazione marziale, non Fig. 1 Tipiche lesioni cutanee angiomatose moriformi di colore si ottenne la scomparsa né del deficit di ferro, né del blu, sul dorso della paziente sangue occulto nelle feci. Per il sovrapporsi di dolori addominali giunse alla nostra osservazione. All’ingesso mostrava pallore cutaneo, più di 40 angiomi, blu, moriformi, diffusi a cute e mucose e gonfiore alla gamba destra, causa di andatura claudicante [Figura 1]. Le indagini di laboratorio evidenziarono lieve anemia sideropenica con test assorbitivi intestinali e ricerca di sangue occulto nelle feci negativi. Le indagini radiologiche (USG e RMN) mostrarono una lesione suggestiva di linfangioma alla guancia; zone iperintense al muscolo massetere; nulla ad encefalo e addome. L’endoscopia del tratto gastrointestinale (GI) evidenziò, invece, numerosi angiomi, sia piatti che peduncolati, in tutti i segmenti GI [Figura 2]. Poiché nessuna lesione mostrava segni di sanguinamento fu deciso un atteggiamento conservativo. Date le caratteristiche tipiche delle lesioni e dell’andamento clinico si sono potuto escludere le principali angiomatosi e porre diagnosi di S. di Bean (1) o Blue Rubber Bleb Nevus Syndrome (BRBNS). Questa è una condizione rara caratterizzata da angiomi multipli cutanei e degli organi interni, soprattutto GI.Tali lesioni, presenti alla nascita o nella prima infanzia, aumentano col tempo in numero e dimensioni e recidivano dopo escissione chirurgica; sono caratterizzate da vasi ectasici e non sono soggette a trasformazione maligna (2-9). La diagnosi è clinica, basata sulla presenza delle caratteristiche lesioni associate a sanguinamento GI (positività dell’occult- test sulle feci). Le indagini radiologiche possono riscontrare eventuali lesioni interne. L’endoscopia è il gold standard per la valutazione delle lesioni GI e consente trattamenti terapeutici immediati come la coagulazione con argon o con il laser, la terapia sclerosante o bendaggi. Non esiste ancora una standardizzazione delle tecniche migliori utilizzabili in questa patologia, essendo la letteratura basata solo su case report, per la estrema rarità della patologia. La 24 A B Fig. 2 Quadro endoscopico (A) 2 angiomi esofagei; (B) lesione angiomatosa gigante allo stomaco; (C, D) tipiche lesioni disseminate alla mucosa colica capsula endoscopica sta diventando un importante aiuto per la valutazione del piccolo intestino e per poter stabilire con migliore C D precisione la tecnica terapeutica più adeguata in base a numero, localizzazione e dimensioni delle lesioni e ai sintomi associati. Se le lesioni sono confinate ad un unico tratto GI può essere utile la resezione, viceversa un atteggiamento conservativo può essere la scelta se i sintomi sono moderati (10). In questi casi la terapia si basa su supplementazioni di ferro o emotrasfusioni. In letteratura sono anche descritti trattamenti farmacologici basati su corticosteroidi, interferon a, vicristina o octreotide, per ridurre la proliferazione endoteliale e arrestare la formazione, la crescita e i sanguinamenti delle lesioni. La nostra paziente presentava una forma moderata della patologia e il nostro è stato quindi un atteggiamento conservativo basato sulla terapia marziale e con PPI e un attento follow-up ematologico ed endoscopico per escludere nuove lesioni o sanguinamenti. BIBLIOGRAFIA 1. Bean WB. Vascular spiders and related lesions of the skin. Springfield, IL, USA: Charles C Thomas Publisher 1958:178-85. 2. Dobru D, Seuchea N, Dorin M, Careianu V. Blue rubber bleb nevus syndrome. Rom J Gastroenterol 2004;13:237-40. 3. Ertem D, Acar Y, Kotiloglu E, Yucelten D, Pehlivanoglu E. Blue rubber bleb nevus syndrome. Pediatrics 2001;107:418-20. 4. Boente MD, Cordisco MR, Frontini MD, Asial RA. Blue rubber bleb nevus (Bean syndrome): evolution of four cases and clinical response to pharmacologic agents. Pediatr Dermatol 1999;16: 222-7. 5. Robinowitz LE, Esterly NB. Blue rubber bleb nevus syndrome. In: Schachner LA, Hansen RC, editors. Pediatric dermatology, 2nd ed. New York: Churchill Livingstone 1995:969-70. 6. Carr MM, Jamieson CG, Lal G. Blue rubber bleb nevus syndrome. Can J Surg 1996; 39:59-62. 7. Wong SH, Lau WY. Blue rubber bleb nevus syndrome. Dis Colon Rectum 1982;25:371-4. 8. Jennings M, Ward P, Maddocks JL. Blue rubber bleb nevus disease: an uncommon cause of gastrointestinal tract bleeding. Gut 1988;29:1408-12. 9. Tyrrel RT, Baumgartner BR, Montemayor KA. Blue Rubber Bleb Nevus Syndrome: CT diagnosis of intussusception. Am J Roentgenol 1990;154:105-6. 10.De Bona M, Bellumat A, De Boni M. Capsule endoscopy for the diagnosis and follow-up of blue rubber bleb nevus syndrome. Dig Liver Dis 2005;37:451-3. Key Points inale, che possono di lesioni angiomatose del tratto gastrointest • La BRBNS è caratterizzata dalla presenza provocare sanguinamenti zzazione delle lesioni di valutare il numero, la grandezza e la locali • L’endoscopia è l’unica tecnica in grado su cui si stabilisce base la sono he teristic carat Tali di sanguinamenti. e l’eventuale presenza e punto d’origine il tipo di trattamento della patologia bendaggi, scleroterapia) mento immediato (coagulazione con laser, • L’endoscopia può inoltre consentire un tratta inamento occulto, diventando sempre più utile, nei casi di sangu • L’utilizzo della capsula endoscopica sta per valutare il piccolo intestino 25 y op y c s r do ra En Lib ura dNi I g O a cORR O nin ar Le EG T NARD PO IP NI DI L I F AN V IO Uno strano caso di “intolleranza alle proteine del latte vaccino” Paola Soriani, Patrizia Perazzo, Cristina Calzolari, Francesca Vincenzi, Fabiola Fornaroli, Alessia Ghiselli, Barbara Bizzarri e carmen madia U.O.C. di Gastroenterologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Oesophageal stenosis (OES) is a rare clinical condition of childhood. The definitive diagnosis often is difficult to make and the ideal therapeutic strategy remains controversial. We report the case of one-year-old child with OES with previous diagnosis of cow’s milk allergy and gastroesophageal reflux disease. A upper endoscopy has enabled a correct diagnosis and treatment (dilatation). Caso Clinico Descrizione del caso/Diagnostica differenziale G.T., maschio di 1 anno, presenta vomiti ricorrenti fin dalla nascita e rifiuto per i cibi solidi dal divezzamento, senza tuttavia aver manifestato un significativo calo ponderale. Durante i primi mesi di vita il bambino, per la persistenza della sintomatologia, ha assunto vari tipi di formule anche speciali (latte di soia, latte anti-rigurgito ed idrolisato estensivo) nel sospetto di allergia alle proteine del latte vaccino. È stato inoltre sottoposto ad ecografia addominale con successivo avvio di ciclo di terapia con inibitore della secrezione acida (ranitidina prima ed inibitore della pompa protonica dopo). Appena giunto alla nostra osservazione, per la storia clinica riferita di vomito e cronico che si era accentuato in coincidenza dello svezzamento e dell’aumento di consistenza dei pasti, è stato sottoposto ad una esofagogastroduodenoscopia del tratto digestivo superiore con evidenza di una stenosi invalicabile (del diametro di circa 2-3 mm) a livello dell’esofago medio-inferiore. Ha completato con esecuzione di TC del torace che ha escluso la presenza anelli vascolari, lesioni espansive del mediastino o compressioni ab estrinseco. Ipotesi di terapia endoscopica (dilatazione esofagea) Il trattamento della stenosi esofagea ha previsto l’esecuzione in anestesia generale di dilatazione perendoscopica attraverso l’utilizzo di sonde di Savary di calibro progressivo da 7 a 9 mm. Tale approccio è stato ripetuto a distanza di 3 settimane con utilizzo di sonda di Savary di 10 e 11 mm: infine, attraverso utilizzo di sonda pneumatica, si è raggiunto un calibro di 12 mm. In atto, sono state eseguite 3 sedute di dilatazione endoscopica con brillanti risultati sul piano clinico e ripresa di una regolare alimentazione in assenza di sintomi degni di nota. 26 Fig. 1 Stenosi esofagea Fig. 2 Stenosi pre-dilatazione Conclusioni e messaggi pratici • Le stenosi esofagee congenite non sono patologie frequenti (1:25.000-50.000 nati vivi), ma in casi di disfagia severa all’introduzione di cibi solidi o semi-solidi, devono comunque essere prese in considerazione nella diagnostica differenziale. • Nel bambino con vomito cronico che si accentua in coincidenza dello svezzamento deve essere presa in considerazione l’ipotesi di una disfagia secondaria ad alterazioni congenite o secondarie del calibro dell’esofago. • L’endoscopia digestiva svolge un ruolo fondamentale, insieme allo studio radiologico, nell’iter diagnostico-terapeutico. Fig. 3 Esofago post dilatazione a 11 mm con sonda di Savary • Appare sempre necessario differenziare stenosi esofagee primitive o secondarie (malformazioni cardiovascolari o lesioni mediastiniche). BIBLIOGRAFIA 1. Harrison M.W. Congenital oesophageal stenosis: a case report and review of the literature. Eur J Pediatr Surg 2004; 14:283-286. 2. Jones D.W. Congenital oesophageal stenosis: the differential diagnosis and management. Pediatr Surg Int 2010; 26:547-551. Fig. 4 Esofago post dilatazione con sonda pneumatica a 12 mm Per vedere i video accedere al portale www.sigenp.org, entrare nell’area Editoria > Giornale SIGENP 2011 > Volume III - n.4 Dicembre 2011 e selezionare la Rubrica con al suo interno il video di vostro interesse 27 10 mg RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. LUCEN 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Ogni bustina contiene: 10 mg di esomeprazolo (come magnesio triidrato). Eccipienti: saccarosio 6,8 mg e glucosio 2,8 mg. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. Granuli fini giallo pallido. Possono essere visibili granuli bruni. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Lucen sospensione orale è principalmente indicato per il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) nei bambini da 1 a 11 anni di età. Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente; - trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Lucen sospensione orale, può essere usato anche nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire le compresse gastroresistenti dispersibili di Lucen. Per le indicazioni nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Per la dose da 10 mg, svuotare il contenuto di una bustina da 10 mg in un bicchiere contenente 15 ml di acqua. Per la dose da 20 mg, svuotare il contenuto di due bustine da 10 mg in un bicchiere contenente 30 ml di acqua. Non usare acqua gasata. Mescolare il contenuto fino ad ottenere la dispersione del granulato e lasciare addensare per alcuni minuti. Mescolare di nuovo e bere il contenuto entro 30 minuti. I granuli non devono essere masticati o frantumati. Sciacquare il bicchiere con 15 ml di acqua per assumere tutti i granuli. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: vedere paragrafo 6.6 per la preparazione e le istruzioni per la somministrazione. Bambini da 1 a 11 anni di età con peso corporeo ≥ 10 kg Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - Trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente Peso ≥ 10 - <20 kg: 10 mg una volta al giorno per 8 settimane. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg una volta al giorno per 8 settimane. - Trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) 10 mg una volta al giorno fino ad 8 settimane. Dosi superiori a 1 mg/kg/die non sono state studiate. Adulti ed adolescenti dai 12 anni di età Per la posologia nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. Bambini al di sotto di 1 anno di età o < 10 kg Lucen non deve essere impiegato nei bambini al di sotto dell’anno di vita o nei bambini con peso < 10 kg in quanto non sono disponibili dati. Pazienti con funzionalità renale ridotta Nei pazienti con ridotta funzionalità renale non sono necessari adattamenti di dosaggio. In considerazione della limitata esperienza clinica, i pazienti con grave insufficienza renale devono essere trattati con cautela (vedere paragrafo 5.2). Pazienti con funzionalità epatica ridotta Nei pazienti con compromissione epatica lieve o moderata non è richiesto un adattamento della dose. Nei pazienti di età ≥ 12 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg di Lucen. Nei bambini di 1-11 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 10 mg (vedere paragrafo 5.2). 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità nota verso l’esomeprazolo, verso i sostituti benzimidazolici o verso qualunque altro componente della formulazione. L’esomeprazolo non deve essere usato in concomitanza con nelfinavir (vedere paragrafo 4.5). 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. In presenza di qualsiasi sintomo allarmante (per esempio significativa perdita di peso non intenzionale, vomito ricorrente, disfagia, ematemesi o melena) e quando si sospetta o è confermata la presenza di un’ulcera gastrica, la natura maligna dell’ulcera deve essere esclusa in quanto la terapia con Lucen potrebbe alleviare i sintomi e ritardare la diagnosi. Pazienti trattati per un lungo periodo (in particolare quelli sottoposti a trattamento per più di un anno) devono essere controllati regolarmente. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). I pazienti in regime terapeutico di trattamento al bisogno devono essere istruiti a contattare il loro medico qualora i sintomi avvertiti dovessero assumere un carattere diverso. Il trattamento al bisogno non è stato studiato nei bambini e quindi non è indicato in questo gruppo di pazienti. Nei pazienti che seguono questo regime terapeutico devono essere tenute in considerazione le implicazioni dovute alle fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche dell’esomeprazolo per le interazioni con altri farmaci (vedere paragrafo 4.5). La specialità medicinale contiene saccarosio e glucosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio, da malassorbimento di glucosio-galattosio, o da insufficienza di sucrasi isomaltasi, non devono assumere questo medicinale. La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5). Se l’associazione di atazanavir con un inibitore di pompa protonica è inevitabile, si raccomanda uno stretto monitoraggio clinico in associazione ad un aumento della dose di atazanavir a 400 mg con 100 mg di ritonavir; la dose di esomeprazolo non deve superare i 20 mg. L’esomeprazolo è un inibitore del CYP2C19. All’inizio o alla fine del trattamento con esomeprazolo deve essere considerata la potenziale interazione con farmaci metabolizzati dal CYP2C19. È stata osservata un’interazione tra clopidogrel e omeprazolo (vedere paragrafo 4.5). La rilevanza clinica di questa interazione è incerta. A titolo precauzionale, deve essere scoraggiato l’uso concomitante di esomeprazolo e clopidogrel. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Influenza dell’esomeprazolo sulla farmacocinetica di altri farmaci. Prodotti medicinali con assorbimento dipendente dal pH La ridotta acidità intragastrica correlata al trattamento con esomeprazolo può aumentare o diminuire l’assorbimento di alcuni farmaci, se il loro meccanismo di assorbimento è influenzato dall’acidità gastrica. Come osservato per altri inibitori della secrezione acida o antiacidi, l’assorbimento di ketoconazolo e itraconazolo può diminuire durante il trattamento con esomeprazolo. Sono state segnalate interazioni tra omeprazolo e alcuni inibitori della proteasi. La rilevanza clinica e i meccanismi di tali interazioni non sono sempre noti. Un aumento del pH gastrico durante il trattamento con omeprazolo può modificare l’assorbimento degli inibitori della proteasi. Altri possibili meccanismi di interazione avvengono attraverso inibizione del CYP2C19. È stata segnalata una diminuzione dei livelli sierici di atazanavir e nelfinavir quando somministrati con omeprazolo e pertanto la somministrazione concomitante non è raccomandata. La somministrazione concomitante di omeprazolo (40 mg/die) con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg nei volontari sani determina una sostanziale riduzione dell’esposizione ad atazanavir (una diminuzione di circa il 75% dell’AUC, Cmax e Cmin). Un aumento della dose di atazanavir a 400 mg non compensa l’impatto dell’omeprazolo sull’esposizione ad atazanavir. La co-somministrazione di omeprazolo (20mg/die) atazanavir 400 mg/ritonavir 100 mg in volontari sani è risultata in una diminuzione di circa il 30% nell’esposizione ad atazanavir rispetto all’esposizione osservata con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg/die senza omeprazolo 20 mg/die. La co-somministrazione di omeprazolo (40 mg/die) ha ridotto l’AUC, la Cmax e la Cmin medi di nelfinavir del 36–39% e l’AUC, la Cmax e la Cmin medi del metabolita farmacologicamente attivo M8 del 75–92%. Sono stati segnalati aumentati livelli sierici (80-100%) di saquinavir (in co-somministrazione con ritonavir) durante il trattamento concomitante con omeprazolo (40 mg/die). Il trattamento con omeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di darunavir (in co-somministrazione con ritonavir) e amprenavir (in co-somministrazione con ritonavir). Il trattamento con esomeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di amprenavir (con e senza co-somministrazione di ritonavir). Il trattamento con omeprazolo 40 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di lopinavir (in co-somministrazione con ritonavir). La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata e la co-somministrazione di esomeprazolo e nelfinavir è controindicata a causa degli effetti farmacodinamici e delle proprietà farmacocinetiche simili di omeprazolo ed esomeprazolo. Farmaci metabolizzati dal CYP2C19 L’esomeprazolo inibisce il suo principale enzima metabolizzante, il CYP2C19. Quando l’esomeprazolo è associato ad altri farmaci metabolizzati attraverso il CYP2C19, come diazepam, citalopram, imipramina, clomipramina, fenitoina, ecc., le concentrazioni plasmatiche di questi farmaci potrebbero essere aumentate e potrebbe rendersi necessaria una riduzione delle dosi. Ciò va tenuto in particolare considerazione quando l’esomeprazolo viene prescritto al bisogno. La somministrazione concomitante di esomeprazolo 30 mg promuove una riduzione del 45% della clearance del diazepam, substrato del CYP2C19. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo promuove nei pazienti epilettici un innalzamento dei livelli plasmatici minimi della fenitoina del 13%. Si raccomanda di monitorare le concentrazioni plasmatiche della fenitoina quando si inizia o si sospende il trattamento con esomeprazolo. L’omeprazolo (40 mg/die) aumenta la Cmax e l’AUCt del voriconazolo (substrato del CYP2C19) rispettivamente del 15% e del 41%. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo a pazienti in trattamento con warfarin ha evidenziato, in uno studio clinico, che i tempi di coagulazione rimanevano entro un intervallo di normalità. Tuttavia, dopo la commercializzazione del prodotto, durante il trattamento concomitante, sono stati segnalati alcuni casi isolati di innalzamento dei valori di INR di rilevanza clinica. Si raccomanda il monitoraggio del pazienteall’inizio ed al termine del trattamento concomitante con esomeprazolo durante la terapia con warfarin o altri derivati cumarinici. Nei volontari sani, la somministrazione concomitante di esomeprazolo 40 mg e cisapride promuove un innalzamento del 32% dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo (AUC) e un prolungamento del 31% dell’emivita di eliminazione (t½), ma non un aumento significativo dei picchi di concentrazione plasmatica della cisapride. Il lieve prolungamento dell’intervallo QTc osservato dopo somministrazione della cisapride da sola non è ulteriormente allungato in seguito all’ associazione di cisapride ed esomeprazolo. È stato dimostrato che l’esomeprazolo non ha effetti clinici rilevanti sulla farmacocinetica di amoxicillina e chinidina. Non sono state evidenziate interazioni farmacocinetiche clinicamente rilevanti negli studi a breve termine in cui è stata valutata la somministrazione concomitante di esomeprazolo con naprossene o con rofecoxib. In uno studio clinico cross-over, clopidogrel (dose di carico 300 mg seguita da 75 mg/die) è stato somministrato per 5 giorni in monoterapia e con omeprazolo (80 mg somministrati insieme a clopidogrel). L’esposizione al metabolita attivo di clopidogrel è diminuita del 46% (giorno 1) e del 42% (giorno 5) quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati. Quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati si è avuta una diminuzione del 47% (24 ore) e del 30% (giorno 5) dell’inibizione media dell’aggregazione piastrinica (IPA). In un altro studio è stato dimostrato che la somministrazione di clopidogrel e omeprazolo in tempi differenti non previene la loro interazione, che sembra guidata dall’azione inibitrice dell’omeprazolo sul CYP2C19. Sono stati segnalati dati non univoci, provenienti da studi osservazionali e clinici, sulle implicazioni cliniche di questa interazione farmacocinetica/farmacodinamica in termini di eventi cardiovascolari maggiori. Influenza di altri farmaci sulla farmacocinetica dell’esomeprazolo L’esomeprazolo è metabolizzato attraverso il CYP2C19 e il CYP3A4. Il trattamento concomitante con esomeprazolo e un inibitore del CYP3A4, claritromicina (500 mg b.i.d.) promuove un raddoppio dell’esposizione (AUC) all’esomeprazolo. La somministrazione concomitante di esomeprazolo ed un inibitore combinato del CYP2C19 e del CYP3A4 può portare ad un’esposizione di esomeprazolo più che raddoppiata. Il voriconazolo, inibitore del CYP2C19 e del CYP3A4, innalza l’AUCt dell’omeprazolo del 280%. Un adattamento della dose di esomeprazolo non è regolarmente richiesto in entrambe le sopra menzionate situazioni, tuttavia, deve essere preso in considerazione nei pazienti con compromissione epatica grave e nei casi in cui è indicato un trattamento a lungo termine. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). 4.6. Gravidanza e allattamento. Per Lucen i dati clinici sull’esposizione in gravidanza sono insufficienti. Con l’omeprazolo, miscela racemica, non sono state osservate malformazioni o effetti fetotossici negli studi epidemiologici condotti su un vasto numero di donne in gravidanza. Studi condotti negli animali con esomeprazolo non indicano effetti dannosi diretti o indiretti a carico dello sviluppo embriofetale. Studi condotti negli animali con la miscela racemica non indicano effetti dannosi diretti o indiretti sulla gravidanza, parto o sviluppo postnatale. La prescrizione del farmaco a donne in gravidanza deve avvenire con cautela. Non è noto se l’esomeprazolo venga escreto nel latte materno. Non sono stati condotti studi nelle donne che allattano, pertanto Lucen non deve essere usato durante l’allattamento. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non è stato osservato nessun effetto. 4.8. Effetti indesiderati. Le seguenti reazioni avverse sono state identificate sospettate durante gli studi clinici condotti con l’esomeprazolo e dopo la commercializzazione. Nessuna di queste è risultata dose-correlata. Le reazioni sono state classificate in base alla frequenza: molto comune > 1/10; comune >1/100, <1/10; non comune ≥1/1000, <1/100; raro ≥1/10.000, <1/1000; molto raro < 1/10.000; non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Rare: malessere, aumentata sudorazione. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Rare: broncospasmo. Patologie del sistema emolinfopoietico Rare: leucopenia, trombocitopenia. Molto rare: agranulocitosi, pancitopenia. Patologie del sistema nervoso Comuni: cefalea. Non comuni: capogiri, parestesia, sonnolenza. Rare: disturbi del gusto. Disturbi del sistema immunitario Rare: reazioni di ipersensibilità quali ad esempio febbre, angioedema e reazione/shock anafilattico. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comuni: dermatite, prurito, eruzione cutanea, orticaria. Rare: alopecia, fotosensibilità. Molto rare: eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica (TEN). Patologie epatobiliari Non comuni: innalzamento dei valori degli enzimi epatici. Rare: epatiti con o senza ittero. Molto rare: insufficienza epatica, encefalopatia nei pazienti con malattia epatica preesistente. Patologie gastrointestinali Comuni: dolore addominale, costipazione, diarrea, flatulenza, nausea/vomito. Non comuni: secchezza della bocca. Rare: stomatite, candidosi gastrointestinale. Disturbi del metabolismo e della nutrizione Non comuni: edema periferico. Rare: iponatriemia. Molto rare: ipomagnesiemia. Patologie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo Rare: artralgia, mialgia. Molto rare: debolezza muscolare. Patologie renali e urinarie Molto rare: nefrite interstiziale. Disturbi psichiatrici Non comuni: insonnia. Rare: agitazione, confusione, depressione. Molto rare: aggressività, allucinazioni. Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Molto rare: ginecomastia. Patologie dell’occhio Rare: offuscamento della vista. Patologie dell’orecchio e del labirinto Non comuni: vertigini. 4.9. Sovradosaggio. L’esperienza sul sovradosaggio intenzionale è attualmente molto limitata. Sintomi gastrointestinali e debolezza sono stati descritti in relazione all’assunzione di 280 mg. Dosi singole di 80 mg di esomeprazolo non hanno causato conseguenze. Non è noto un antidoto specifico. L’esomeprazolo è ampiamente legato alle proteine plasmatiche e pertanto non è velocemente dializzabile. Come in tutti i casi di sovradosaggio, il trattamento deve essere sintomatico, adottando misure di supporto generiche. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: inibitori della pompa acida. Codice ATC: A02BC05. L’esomeprazolo è lisomero S dell’omeprazolo e riduce la secrezione acida gastrica mediante un meccanismo di azione specifico e selettivo. L’esomeprazolo è un inibitore specifico della pompa acida a livello della cellula parietale. Entrambi gli isomeri dell’omeprazolo, R e S, hanno attività farmacodinamica simile. Sito e meccanismo di azione L’esomeprazolo è una base debole ed è concentrato e convertito nella forma attiva nell’ambiente fortemente acido dei canalicoli intracellulari della cellula parietale, dove inibisce l’enzima H+K+-ATPasi - pompa acida promuovendo un’inibizione della secrezione acida basale e stimolata. Effetti sulla secrezione acida gastrica Dopo la somministrazione orale di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’effetto sulla secrezione acida si manifesta entro 1 ora. Dopo somministrazioni ripetute con esomeprazolo da 20 mg una volta al giorno per 5 giorni, il picco medio di secrezione acida dopo stimolazione con pentagastrina risulta ridotto del 90% quando valutato 6-7 ore dopo la dose del quinto giorno. Dopo 5 giorni di somministrazione orale con esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, il pH intragastrico viene mantenuto a valori superiori a 4 rispettivamente per un tempo medio di 13 e 17 ore su 24 nei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo sintomatica. La proporzione dei pazienti che mantiene il pH intragastrico a valori superiori a 4 per almeno 8, 12 e 16 ore è rispettivamente pari al 76%, 54% e 24% per l’esomeprazolo da 20 mg, e pari al 97%, 92% e 56% per l’esomeprazolo da 40 mg. È stata dimostrata una correlazione tra l’esposizione al farmaco e l’inibizione della secrezione acida usando l’AUC come parametro surrogato della concentrazione plasmatica. Effetti terapeutici sull’inibizione acida L’esomeprazolo da 40 mg promuove la guarigione dell’esofagite da reflusso in circa il 78% dei pazienti dopo 4 settimane e nel 93% dopo 8 settimane. Altri effetti correlati all’inibizione acida Durante il trattamento con farmaci antisecretori è stato osservato un innalzamento dei livelli sierici di gastrina in risposta alla diminuita secrezione acida. Un aumento del numero delle cellule ECL, possibilmente correlato ad un aumento dei livelli della gastrinemia, è stato osservato in alcuni pazienti durante il trattamento a lungo termine con esomeprazolo. Durante il trattamento a lungo termine con farmaci antisecretori, è stato osservato un aumento della frequenza di comparsa di cisti ghiandolari gastriche che rappresentano la fisiologica conseguenza della pronunciata inibizione della secrezione acida. Dette formazioni sono di natura benigna e appaiono reversibili. Bambini con malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) da 1 a 11 anni di età In uno studio multicentrico a gruppi paralleli, 109 pazienti con MRGE dimostrata endoscopicamente (da 1 a 11 anni di età) sono stati trattati con Lucen una volta al giorno per 8 settimane al fine di valutare la sicurezza e la tollerabilità. Il dosaggio per peso corporeo del paziente era il seguente: Peso < 20 kg: 5 mg o 10 mg di esomeprazolo una volta al giorno. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg di esomeprazolo una volta al giorno. I pazienti sono stati caratterizzati endoscopicamente in base alla presenza o assenza di esofagite erosiva. 53 pazienti avevano al tempo basale esofagite erosiva. Dei 45 pazienti sottoposti a follow-up endoscopico, 43 (93,3%) erano guariti dall’esofagite erosiva durante le 8 settimane di trattamento. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Assorbimento e distribuzione L’esomeprazolo è sensibile all’ambiente acido ed è somministrato per via orale in forma di granuli gastroresistenti. In vivo, la conversione a R-isomero è irrilevante. L’assorbimento dell’esomeprazolo è rapido, con picchi di livelli plasmatici riscontrabili approssimativamente 1-2 ore dopo l’assunzione della dose. La biodisponibilità totale è pari al 64% dopo una singola somministrazione di 40 mg ed arriva all’89% dopo somministrazioni giornaliere ripetute. Per il dosaggio da 20 mg di esomeprazolo i valori corrispondenti sono pari rispettivamente al 50% e al 68%. Il volume di distribuzione apparente allo stato stazionario nei soggetti sani è di circa 0,22 l/kg di peso corporeo. Il 97% di esomeprazolo si lega alle proteine plasmatiche. L’assunzione di cibo ritarda e diminuisce l’assorbimento dell’esomeprazolo, sebbene questo non abbia alcuna significativa influenza sull’effetto dell’esomeprazolo sull’acidità intragastrica. Metabolismo ed eliminazione L’esomeprazolo è metabolizzato completamente dal sistema del citocromo P450 (CYP). La maggior parte del metabolismo dell’esomeprazolo è dipendente dal CYP2C19 polimorficamente espresso, responsabile della formazione di idrossie desmetil metaboliti di esomeprazolo. La parte restante dipende da un’altra isoforma specifica, CYP3A4, responsabile della formazione di esomeprazolo sulfonato, che rappresenta il principale metabolita plasmatico. I parametri sotto riportati riflettono principalmente la farmacocinetica negli individui metabolizzatori rapidi, forniti di un enzima CYP2C19 funzionante. La clearance plasmatica totale è pari a circa 17 l/h dopo una singola dose e pari a circa 9 l/h dopo somministrazioni ripetute. L’emivita di eliminazione plasmatica dell’esomeprazolo è di circa 1,3 ore dopo somministrazioni giornaliere ripetute. La farmacocinetica dell’esomeprazolo è stata studiata fino a dosi di 40 mg b.i.d. L’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo aumenta con la somministrazione ripetuta di esomeprazolo. Questo aumento è dose dipendente e porta ad un aumento dell’AUC più che proporzionale alla dose dopo somministrazioni ripetute. Questa dose-dipendenza e tempo-dipendenza sono dovute alla diminuzione dell’effetto di primo passaggio metabolico e della clearance sistemica, probabilmente dovuta all’inibizione dell’enzima CYP2C19 causata dall’esomeprazolo e/o dal suo metabolita sulfonato. Nell’intervallo di tempo tra le somministrazioni, l’esomeprazolo è completamente eliminato dal plasma e non ha tendenza all’accumulo quando somministrato una volta al giorno. I maggiori metaboliti dell’esomeprazolo non hanno effetti sulla secrezione acida. Quasi l’80% di una dose orale di esomeprazolo viene escreto come metaboliti nelle urine, il rimanente si ritrova nelle feci. Meno dell’1% del farmaco di origine si ritrova nelle urine. Popolazione di pazienti particolari Approssimativamente il 2,9±1,5% della popolazione, denominata metabolizzatori lenti, ha una funzionalità insufficiente dell’enzima CYP2C19. In questi individui è probabile che il metabolismo dell’esomeprazolo sia principalmente catalizzato attraverso il CYP3A4. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo era approssimativamente più alta del 100% nei metabolizzatori lenti rispetto ai soggetti con l’enzima CYP2C19 funzionante (rapidi metabolizzatori). Il picco medio di concentrazione plasmatica era aumentato di circa il 60%. Queste osservazioni non hanno implicazioni sulla posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo non è modificato significativamente nei soggetti anziani (71-80 anni). Dopo una singola somministrazione di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/ tempo è approssimativamente più alta del 30% nelle donne rispetto agli uomini. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute non è stata osservata alcuna differenza tra i sessi. Queste osservazioni non hanno implicazioni per la posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo nei pazienti con disfunzioni epatiche lievi – moderate può essere compromesso. La velocità metabolica è diminuita nei pazienti con gravi disfunzioni epatiche con conseguente raddoppiamento dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo dell’esomeprazolo. Quindi nei pazienti con disfunzione grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg. L’esomeprazolo e i suoi metaboliti principali non mostrano alcuna tendenza all’accumulo quando somministrati una volta al giorno. Non sono stati condotti studi nei pazienti con ridotta funzionalità renale. Poiché il rene è responsabile dell’escrezione dei metaboliti dell’esomeprazolo ma non dell’eliminazione del composto di origine, si ritiene che il metabolismo dell’esomeprazolo non venga modificato nei pazienti con funzionalità renale ridotta. Popolazione pediatrica Adolescenti dai 12 ai 18 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’esposizione totale (AUC) ed il tempo di raggiungimento della massima concentrazione plasmatica del farmaco (tmax) negli adolescenti di 12-18 anni sono risultati simili a quelli osservati negli adulti. Bambini da 1 a 11 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di 10 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) osservata all’interno dell’intervallo di età da 1 a 11 anni è risultata simile, e l’esposizione era simile a quella degli adolescenti e degli adulti trattati con la dose di 20 mg. Dopo somministrazioni ripetute di 20 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) era più elevata nei bambini da 6 a 11 anni rispetto a quella osservata negli adolescenti e negli adulti trattati con la medesima dose. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Gli studi preclinici convenzionali di tossicità, genotossicità e tossicità della riproduzione con somministrazioni ripetute non hanno evidenziato particolari rischi per l’uomo. Gli studi di cancerogenesi nei ratti trattati con la miscela racemica hanno evidenziato un’iperplasia delle cellule gastriche ECL e carcinoidi. Tali modificazioni osservate nei ratti sono il risultato di un’elevata e pronunciata ipergastrinemia secondaria all’inibizione acida e sono state osservate nel ratto dopo trattamenti protratti nel tempo con gli inibitori della secrezione acida gastrica. Rispetto a quanto osservato negli animali adulti, non sono stati osservati effetti tossici nuovi o inattesi nei ratti e nei cani giovani in seguito a somministrazione di esomeprazolo per 3 mesi. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Granuli di esomeprazolo: Glicerolo monostearato 40-55, Idrossipropil cellulosa, Ipromellosa, Magnesio stearato, Acido metacrilico etile acrilato copolimero (1:1) dispersione al 30%, Polisorbato 80, Saccarosio sfere (saccarosio e amido di mais), Talco, Trietil citrato. Granuli inerti: Acido citrico anidro (per la regolazione del pH), Crospovidone, Glucosio, Idrossipropil cellulosa, Ferro ossido giallo (E172), Gomma Xantana. 6.2. Incompatibilità. Non pertinente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni. Il prodotto deve essere assunto entro 30 minuti dalla ricostituzione. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Non ci sono istruzioni particolari per la conservazione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Confezione da 28 bustine. Bustine (contenenti granuli) formate da 3 strati: polietilene tereftalato (PET), alluminio, polietilene a bassa densità (LDPE) che protegge i granuli dall’umidità. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: 1) Per somministrare una dose di 10 mg, aggiungere il contenuto di una bustina da 10 mg a 15 ml di acqua. 2) Per somministrare una dose di 20 mg, aggiungere il contenuto di due bustine da 10 mg a 30 ml di acqua. 3) Mescolare. 4) Lasciare addensare per alcuni minuti. 5) Mescolare di nuovo. 6) Prelevare la sospensione con una siringa. 7) Iniettare attraverso il sondino, di diametro pari a 6 French o superiore, nello stomaco entro 30 minuti dalla ricostituzione. 8) Riempire di nuovo la siringa con 15 ml di acqua per la dose da 10 mg e con 30 ml di acqua per la dose da 20 mg. 9) Agitare ed iniettare il contenuto rimasto dal sondino nasogastrico o gastrico nello stomaco. La sospensione non utilizzata deve essere scartata. 7. TITOLARE DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A. Via Lungo L’Ema 7 – 50015 Bagno a Ripoli (FI). 8. nuMERO DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Lucen 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, confezione da 28 bustine – AIC: 035367554/M. 9. DAtA DELLA PRIMA AutORIzzAzIOnE/RInnOVO DELL’AutORIzzAzIOnE. Prima autorizzazione: 02 Aprile 2009. Data dell’ultimo rinnovo: 10 Marzo 2010. 10. DAtA DI REVISIOnE DEL tEStO. Febbraio 2011. CONFEZIONI 10 mg 28 bustine PREZZO AL PUBBLICO 18,42* CLASSE A *Prezzo comprensivo delle riduzioni temporanee di cui alle determinazioni AIFA 30 dicembre 2005, 3 luglio 2006 e 27 settembre 2006. NOTA 48+1 ots h ps na d Pe S Gl o at lv a s r di r a do u n a c ma co c ea I nuovi criteri ESPGHAN per la diagnosi di celiachia Renata Auricchio E Riccardo Troncone Dipartimento di Pediatria e Istituto Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti, Univeristà “Federico II” di Napoli Intestinal biopsy and villous atrophy have always been considered central in the diagnosis of CD. Otherwise, recently many authors have demonstrated the high accuracy of new diagnostic non invasive tests, such as anti–tissue transglutaminase in the serum and HLA typing. That’s the reason why the intestinal biopsy is not longer considerated fundamental for the diagnosis of CD. INTRODUZIONE La malattia celiaca è stata da sempre considerata una enteropatia e per questo la biopsia intestinale ha sempre avuto un ruolo centrale nell’iter diagnostico (1). La letteratura in tutti questi decenni si è arricchita di lavori che hanno tentato di sostituire la biopsia con tecniche meno invasive. L’ESPGHAN ha recentemente rivisitato le linee guida per la diagnosi. L’aspetto più innovativo delle nuove linee guida si basa su un numero crescente di lavori che riportano una forte correlazione tra titolo degli anticorpi antitransglutaminasi e severità del danno intestinale (2). In particolare, quando i titoli eccedono 10 volte i valori normali, l’atrofia dei villi è presente nel 100% dei casi. Su questa base le nuove linee guida suggeriscono che il primo approccio diagnostico deve essere basato sul dosaggio delle IgA antitransglutaminasi (3) e delle IgA totali (per escludere un possibile deficit di IgA-4). La biopsia intestinale può essere omessa se il paziente ha sintomi suggestivi di celiachia, e, al tempo stesso, presenta valori di anticorpi antitransglutaminasi superiori di 10 volte i valori normali. Gli estensori delle linee guida hanno avvertito, in queste circostanze, l’esigenza di rafforzare con altre due evidenze la diagnosi: la positività degli anticorpi antiendomisio e la presenza degli alleli HLA DQ2/8 (5). In altri casi la tipizzazione HLA è riservata solo ai casi più problematici. Per converso, la biopsia resta indispensabile in tutte le altre circostanze, in particolare in tutti i bambini asintomatici (es familiari di primo grado di pazienti celiaci, diabetici) e in coloro sintomatici, ma con titoli di anticorpi antitransglutaminasi inferiori a 10 volte i valori normali. Nella pagina seguente vi presentiamo due flow-chart di sintesi: • Pazienti con sintomi suggestivi di celiachia • Pazienti asintomatici a rischio genetico di celiachia. BIBLIOGRAFIA 1. Report of Working Group of European Society of Paediatric Gastroenterology and Nutrition. Revised Criteria for Diagnosis of Coeliac Disease. 65th ed. Arch Dis Child 1990 Aug;65(8):909-11. 2. Hill PG, Holmes GK. Coeliac disease: a biopsy is not always necessary for diagnosis. Aliment Pharmacol Ther 2008;27:572-7. 3. Korponay-Szabo IR, Halttunen T, Szalai Z et al. In vivo targeting of intestinal and extraintestinal transglutaminase 2 by coeliac autoantibodies.Gut 2004;53:641-8. 4. Cataldo F, Lio D, Marino V et al. IgG(1) antiendomysium and IgG antitissue transglutaminase (anti-tTG) antibodies in coeliac patients with selective IgA deficiency. Working Groups on Celiac Disease of SIGENP and Club del Tenue. Gut 2000;47:366-9. 5. Monsuur AJ, Wijmenga C. Understanding the molecular basis of celiac disease: what genetic studies reveal. Ann Med 2006;38:578-91. 31 Pazienti sintomatici PedGl Snapshots Pazienti con sintomi suggestivi di celiachia Anti-TG2 e IgA totali Anti-TG2 positivi No Celiachia Anti-TG2 negativi Considerare: - Deficit IgA - Età < 2 anni - Altro (intake glutine, farmaci, severità, sintomi, malattie associate) Trasferimento Centro di Gl Pediatrica Anti-TG2 > 10 x normale Anti-TG2 < 10 x normale Non disponibili EMA e HLA DQ2/DQ8 EMA pos HLA pos EMA pos HLA neg EMA neg HLA neg Celiachia Considerare biopsia EMA neg HLA pos EGDS e biopsie Marsh 0 e 1 Considerare falsa pos anti-TG2 Casi non chiari, potenziali, etc DSG e follow-up Marsh 2 e 3 Celiachia DSG e follow-up Pazienti asintomatici Pazienti asintomatici a rischio genetico di celiachia Spiegare il significato di un test genetico positivo e chiedere consenso HLA DQ2/DQ8 (± anti-TG2) HLA DQ2 e/o DQ8 positivo HLA DQ2 e/o DQ8 negativo Anti-TG2 e IgA totali Anti-TG2 > 3 x normale EGDS e biopsie multiple (5) Marsh 2 e 3 Celiachia Marsh 0 e 1 Anti-TG2 < 3 x normale Ritestare ad intervallo o per sintomi Anti-TG2 negativi Casi non chiari, follow-up a dieta libera, falsi positivi, potenziali no CD Considerare falsi negativi, intake glutine, deficit IgA e farmaci EMA EMA positivi No Celiachia nessun rischio EMA negativi Falsi positivi anti-TG2, follow-up a dieta libera e ripetere dosaggi DSG e follow-up DSG: dieta senza glutine GI: gastroenterologia HLA: antigene umano di istocompatibilità IgA: immunoglobuline A TG2: transglutaminasi tipo 2 EGDS: esofagogastroduodenoscopia