Fascicolo 4 - Anno 2011

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S
ommario
Commentary
3
È solo un arrivederci...
di Claudio Romano
Topic High Light
4
Intervista a Alessio Fasano
Terapia non dietetica della celiachia
di Mariella Baldassarre
Continuing Medical Education Activities
7
La Sindrome del vomito ciclico
di Raffaella Mallamace, Donatella Comito e Claudio Romano
Pediatric Hepatology Outside Box
11
Epatite cronica C nel bambino: dalla diagnosi alla terapia
di Flavia Bortolotti e Maria Guido
Pediatric Nutrition Outside Box
14
La nutrizione artificiale in pediatria
di Salvatore Accomando e Claudia Albino
Training and Educational Corner
17
Small Intestine Contrast Ultrasonography (SICUS):
ovvero l'ecografia con MDC orale, quali applicazioni?
di Nadia Pallotta, Giuseppina Vincoli e Enrico Corazziari
19
News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
I nuovi procinetici
di Silvia Salvatore
22
Fellow’s Clinical Case
Una strana causa di addome acuto
di Stefano Martelossi e Nagua Giurici
S
ommario
Endoscopy Learning Library
24
Blue Rubber Bleb Nevus Syndrome
di Maura Agnese, Livio Cipolletta, Maria Antonia Bianco, Paolo Quitadamo,
Annamaria Staiano e Erasmo Miele
Endoscopy Learning Library
26
Uno strano caso di "intolleranza alle proteine del latte vaccino"
di Paola Soriani, Patrizia Perazzo, Cristina Calzolari, Francesca Vincenzi, Fabiola
Fornaroli, Alessia Ghiselli, Barbara Bizzarri e Carmen Madia
31
PedGl Snapshots
I nuovi criteri ESPGHAN per la diagnosi di celiachia
di Renata Auricchio e Riccardo Troncone
CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP
Presidente
Annamaria Staiano
Vice-Presidente
Valerio Nobili
Segretario
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Tesoriere
Flavia Indrio
Consiglieri
Giovanni Di Nardo, Daniela Knafelz,
Tiziana Guadagnini, Silvia Salvatore
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C
ommentary
È solo un arrivederci...
Claudio Romano
Capo Redattore Giornale SIGENP
Completiamo con questo numero il programma editoriale relativo al 2011 del Giornale di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.
È solo un arrivederci essendo già in cantiere la programmazione editoriale del 2012 che contiamo possa mantenere o migliorare ulteriormente il livello scientifico e culturale del Giornale SIGENP. Non ci poteva essere migliore
conclusione dell'anno considerando i contenuti di questo numero.
La celiachia e le relative novità in tema di diagnosi e terapie alternative alla dieta occupano un sostanziale spazio
in questo fascicolo ed appare necessario sottolineare inoltre l’autorevolezza degli autori (Riccardo Troncone ed
Alessio Fasano). Tanti dubbi relativi alla gestione clinica dell’epatite C nel bambino sono chiarite dal contributo di
Flavia Bortolotti per l’angolo di epatologia.
Spesso nella pratica clinica abbiamo necessità di ricorrere all’utilizzo della nutrizione artificiale (enterale e parenterale) ed un aggiornamento sulle indicazioni, controindicazioni e modalità di esecuzione è presente nel Topic
coordinato da Salvatore Accomando.
La diagnostica strumentale si arricchisce in questo numero del contributo sull’ecografia con mezzo di contrasto orale
per la diagnosi e follow-up delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali: questa tecnica non invasiva consente
di identificare più precocemente segni indiretti di attività di malattia o la presenza di complicanze (stenosi); in questo ambito non poteva essere scelto un gruppo più autorevole di quello di Nadia Pallotta ed Enrico Corazziari.
Specie in età pediatrica, dopo le esperienze con la cisapride, abbiamo sofferto, nel corso dell’ultimo decennio, l’assenza di un vero procinetico nel trattamento dei disordini della motilità gastro-intestinale spesso di tipo funzionale.
Silvia Salvatore, massima esperta nel settore, ci introduce le novità della ricerca farmacologica nel settore tra agenti
antidopaminergici, serotoninergici, agonisti di recettori della motilina ed agonisti dei recettori della ghrelina.
Infine appare sempre utile ricordare che la sindrome del vomito ciclico rappresenta una condizione clinica frequente nel bambino, spesso ai limiti tra una gestione gastroenterologica e neuropsichiatrica, per cui è importante ricordare i criteri diagnostici ed i mezzi per una adeguata gestione farmacologica della profilassi e della fase acuta.
Completano l’ultimo numero del 2011, tre intriganti casi clinici di grande interesse sul piano clinico e diagnostico.
A questo punto buona lettura, auguri per tutti ed un arrivederci...ad aprile ...2012.
Claudio Romano
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Il Prof. Alessio Fasano
è tra quegli italiani all'estero
che hanno contribuito
a rendere grande il nostro
Paese. Ricercatore nel
più autentico senso
del termine, è tra coloro
che hanno contribuito
a definire la fisiopatologia
della malattia celiaca.
Si devono a lui, infatti,
alcune tra le più recenti
scoperte che hanno
rivoluzionato conoscenze
precedenti sulla celiachia
ed hanno portato
all'aprirsi di nuove strade
per il trattamento di tale
patologia. Il suo amore per
la Scienza si coniuga
a doti umane e professionali
di raro riscontro,
oltre che ad una notevole
dose di simpatia e
“sense of humor”.
4
I ntervista a A lessio F asano
Terapia non dietetica della celiachia
MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari
Quali sono le novità terapeutiche, alternative alla dieta priva di glutine, attualmente in sperimentazione o già utilizzabili nel trattamento della celiachia?
Il trattamento di elezione della malattia celiaca è l’aderenza a vita ad una dieta strettamente priva di glutine e, quindi, dei cereali che ne sono fonte. C’è però da tener presente che i prodotti a base di glutine sono estremamente diffusi (ed in molti paesi nemmeno
identificati da un’etichettatura dei prodotti) nella dieta quotidiana, rappresentando perciò un grosso rischio di “challenge” nascosti per i pazienti celiaci. L’aderenza alla dieta è
in genere non ottimale, fallendo in più del 50% dei pazienti. Inoltre, anche quando l’aderenza alla dieta non rappresenta un problema, un’alta percentuale di pazienti celiaci a
dieta priva di glutine asintomatici e con sierologia negativa presentano un danno intestinale autoimmunitario persistente.
Al momento non c'è alcun farmaco alternativo e/o integrativo alla dieta priva di glutine
utilizzabile in clinica. Sono tuttavia in corso 15 trials clinici in atto per la sperimentazione
di terapie alternative, nessuno dei quali ha però completato l’iter necessario per essere
posto in commercio, tra cui quelli che utilizzano enzimi batterici per completare la digestione del glutine o farmaci per bloccare la permeabilità intestinale. Quest'ultimo approccio basato sull'inibitore della zonulina, una molecola che rende l'intestino permeabile e
prodotta in eccesso dai pazienti celiaci, è quello nella fase più avanzata di sperimentazione, con risultati molto promettenti sia di efficacia che di mancanza di effetti collaterali.
Tradizionalmente le funzioni primarie del tratto gastrointestinale sono state considerate
essere limitate alla digestione ed assorbimento di nutrienti ed elettroliti ed all’omeostasi
dell’acqua. Un’analisi più attenta dell’organizzazione anatomica e funzionale del tratto
gastrointestinale ci suggerisce che la sua funzione/barriera e l’abilità di regolare il traffico di macromolecole tra ambiente (lume intestinale) ed ospite (sottomucosa e circolo
ematico) sono funzioni altrettanto importanti di quest’organo. In concerto con il tessuto
linfoide intestinale ed il network neuroendocrino, la barriera epiteliale intestinale con le
sue tight junctions (tj) intercellulari controlla l’equilibrio tra tolleranza e risposta immunitaria verso antigeni non-self.
Quando questo traffico di macromolecole
controllato così attentamente viene a perdersi
in soggetti geneticamente predisposti, si possono sviluppare malattie infiammatorie ed
autoimmunitarie che possono colpire sia l’intestino che organi extra-intestinali. Questo
nuovo paradigma sovverte le classiche teorie
sull’autoimmunità basate sul molecular mimicry
ed il bystander effect, suggerendo che il processo
autoimmunitario potrebbe essere bloccato se
si previene l’intergioco tra geni e fattori scatenanti ambientali attraverso un ripristino della
funzione di barriera intestinale.
In base a queste evidenze, è possibile ipotizzare che la rimozione di uno qualsiasi dei tre
elementi necessari allo sviluppo di immunità
(predisposizione genetica, esposizione allo
Alessio Fasano
stimolo ambientale, o correzione del difetto di barriera intestinale) potrebbe rappresentare una valida
opzione terapeutica. Poiché l’eliminazione dei geni
predisponenti non è proponibile e la rimozione
dell’antigene scatenante (un’opzione disponibile solo per la celiachia) ha i suoi problemi intrinseci (vedi
sopra), la correzione dei difetti di barriera intestinale
associato ad un’alterazione del sistema della zonulina
potrebbe rappresentare una terapia innovativa alternativa. L’uso del larazotide acetato, un inibitore della zonulina che corregge i difetti di barriera intestinale, è stato già proposto con successo in un modello
animale di autoimmunità e più recentemente in una
serie di trial clinici in doppio cieco nell’uomo che ne
hanno provato tollerabilità, mancanza di effetti collaterali ed efficacia clinica. Finora più di 300 soggetti sono stati trattati con larazotide acetato senza riportare un aumento di effetti collaterali quando
paragonati al gruppo placebo. Circa il 70% di pazienti celiaci in remissione esposti ad una dose singola di glutine hanno registrato un’aumentata permeabilità intestinale, mentre non si sono osservati
cambiamenti nei soggetti che avevano ricevuto, oltre al glutine, anche il farmaco. In un successivo trial
in doppio cieco in cui pazienti celiaci in remissione
sono stati esposti per 6 settimane a dosi giornaliere
di 2.5 g di glutine si è visto un aumento dei sintomi
gastrointestinali tipici della celiachia, associati ad un
aumento significativo della comparsa di anticorpi
anti-tTG ed all’aumento della produzione di citochine infiammatorie, incluso IFN-γ. L’assunzione
concomitante di larazotide acetato ha significativamente ridotto la frequenza di sintomi gastrointestinali ed ha prevenuto l’aumento degli anticorpi antitTG e della produzione di citochine infiammatorie.
Quali sono le prospettive future?
Alessio Fasano è Professore Ordinario di Pediatria, Medicina
e Fisiologia nella facoltà di Medicina dell'Università del Maryland ed
è attualmente direttore del Centro di Ricerca di biologia delle Mucose
e del Centro Ricerche per la Celiachia della stessa Università.
Il Prof. Fasano è nato in Italia dove ha completato il suo training
in gastroenterologia pediatrica. Nel 1993 si è trasferito presso
l'Università del Maryland dove ha fondato la Divisione
di Gastroenterologia e Nutrizione pediatrica. Nel 1996 ha istituito
il Centro di Ricerche per la Celiachia, struttura unica nel suo
genere che offre la possibilità di conoscere lo stato dell'arte
della ricerca, dell'insegnamento e dell'esperienza clinica
per ciò che riguarda prevenzione, diagnosi e trattamento
della malattia celiaca. Negli ultimi anni le ricerche
del Prof. Fasano sono state rivolte allo studio della fisiopatologia
delle "tight junction" intercellulari nella patogenesi di malattie
autoimmuni quali la malattia celiaca ed il diabete di tipo I.
Il Prof. Fasano ha pubblicato oltre 190 lavori su riviste
internazionali ed ha presentato oltre 160 domande di brevetto,
la maggior parte dei quali sono stati approvati.
Il Prof. Fasano è stato eletto membro dell'American Society
for Clinical Investigation. Ha ricevuto numerosi premi
per la sua scienza traslazionale: "Innovator of the Year Award"
dallo Stato del Maryland (2005), finalista per il "NIH Director's
Pioneer Award" (2005), "Best Academic/Industry Collaboration
Award" dalla "Greater Baltimore Committee" (2006),
"Entepreneur of the Year Award" dalla Università del Maryland
(2006), "Researcher of the Year Award" dalla Università
del Maryland (2009), "Arnold Silverman, M.D. Lectureship
in Pediatric GI, Hepatology, and Nutrition" (2010), "Influential
Marylander in Health Care Award" (2011) e lo "Student Council
Faculty Preclinical Award" (2011).
Le sue ricerche sono state supportate dal National Institutes
of Health (NIH) dal 1995 sino ad oggi senza interruzione.
Il Prof. Fasano è stato membro permanente dal 2005 al 2008
della sezione di studio NIH della Biologia Cellulare e Molecolare
Gastrointestinale, ed ha continuato la sua attività come revisore
"ad hoc". Nel febbraio 2010 è stato eletto come membro
del Collegio dei Revisori del Centro per le Revisioni
Scientifiche Americane.
Terapie enzimatiche - È da tempo noto che l’alto contenuto di un un aminoacido chiamato prolina
che caratterizza la gliadina rende questa proteina
estrememente resistente alla digestione da parte di
enzimi pancreatici e del brush-border intestinale. Pertanto è stato proposto l’uso di enzimi batterici (prolyl-endopeptidasi) in grado di digerire completamente la gliadina,
distruggendone così gli epitopi tossici riconosciuti dalle cellule immunitarie dei soggetti
celiaci. Quello che rimane da stabilire è se questo supplemento enzimatico in vivo è
capace di digerire completamente e quindi di detossificare, peptidi gliadinici particolarmente tossici che sono presenti in grandi quantità nell’intestino prossimale nella fase
immediatamente post-prandiale. In alternativa, questi enzimi supplementari batterici
potrebbero essere usati per pre-trattare il glutine utilizzato per la preparazione di cibi a
base di grani potenzialmente tossici per i celiaci che risulterebbero più economici e palatabili dei prodotti correnti a base di cereali alternativi naturalmente non contenti glutine. A tal proposito sono già state utilizzate con successo proteasi isolate da lattobacilli.
Ingegneria genetica dei grani ed uso di peptide gliadinici inibitori - Vi sono
programmi di incrocio genetico di grani e/o tecnologie transgeniche che potrebbero
portare allo sviluppo di frumento in cui le sequenze tossiche della gliadina sono state
5
Topic High Light
ESPGHAN - NASPGHAN
Key Points
aco
•Non esiste ancora alcun farm
alla
o
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integ
e/o
alternativo
dieta priva di glutine utilizzabile
in clinica; vi sono 15 trials clinici
attivi o completati, nessuno
dei quali ha finito l'iter necessario
per essere posto in commercio
•Il trial clinico che utilizza l'inibitore
della zonulina (larazotide)
a
è quello nella fase più avanzat
ndo
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ne,
tazio
di sperimen
già coinvolto 300 pazienti
con risultati molto promettenti sia
di efficacia che di mancanza
di effetti collaterali
•Il vaccino, anche se si tratta
di una possibile soluzione definitiva
al problema, è l'approccio
tecnicamente più complesso
e probabilmente necessita
di molti anni per esser sviluppato
ed implementato
eliminate. È stato anche proposto di generare mutazioni puntiformi del frumento senza
cambiarne le sue caratteristiche organolettiche, ma questo approccio è reso difficile dal
grosso numero e dalle molte ripetizioni delle sequenze tossiche. L’identificazione di epitopi specifici potrebbe anche fornirci un bersaglio specifico per l’immunomodulazione
di antigeni peptidici. A seconda della natura degli aminoacidi presenti nella posizione
che interagisce con specifici recettori delle cellule T, il riconoscimento peptidico potrebbe portare ad un’attivazione cellulare (peptidi agonistici), ad incapacità a riconoscere il
peptide (peptidi null), o addirittura alla mancata risposta nota anche come anergia (peptidi antagonisti). Ovviamente, le possibilità di successo con l’uso di peptide-analoghi per
modulare la risposta immunitaria specifica potrebbe essere minata dalla grande eterogeicità degli epitopi gliadinici che interagiscono con le cellule T finora identificati. Pertanto sarà importante studiare la gerarchia degli epitopi gliadinici tossici per poter impostare una terapia mirata basata sull’ingegneria genetica di questi peptidi.
Strategie immunomodulatorie - L’enzima autoantigene transglutaminasi tissutale
(tTG) è prevalentemente espresso nella lamina propria intestinale e la sua espressione è
aumentata da molti stimoli, tra cui lo stress meccanico ed infezioni batteriche e/o virali,
in corso di malattia celiaca attiva. L’enzima catalizza la transamidazione tra un residuo
di glutamina di una proteina glutamino-donatrice ed uno di lisina di una proteina glutamino-accettrice, unendo queste proteine ed aumentandone il loro tasso di fagocitosi da
parte di cellule presentanti l’antigene (APC).Inibitori selettivi della tTG intestinale potrebbero rappresentare una strategia potenziale per bloccare la risposta immunotossica
ai peptidi gliadinici in corso di celiachia. L’efficacia ed i possibili effetti collaterali di
un’approccio di questo tipo rimangono da stabilirsi. Il ruolo cruciale dell’HLA rende
questo bersaglio un’altro approccio possible per interventi terapeutici che blocchino la
presentazione peptidica da parte del DQ2 o DQ8. Altri targets di tipo immunomodulatorio, compresa l‘IL10, potrebbero rappresentare delle alternative valide per indurre
tolleranza. C’è però da tener presente che si cominciano ad accumulare evidenze abbastanza solide che la la tossicità al glutine non solo dipende da una risposta T-mediata, ma
anche dal coinvolgimento di una risposta immunitaria di tipo innato. Pertanto sono stati
proposti trattamenti con anticorpi anti-IL15 soprattutto nella celiachia refrattaria, in
considerazione del ruolo di questa citochina nell’attivare i linfociti intraepiteliali. Ciononostante, bisogna tener conto del fatto che una celiachia in remissione è una condizione
tutto sommato benigna e che il trattamento dietoterapeutico, per quanto difficile e strenuo, è scevro di effetti collaterali. Qualsiasi approccio terapeutico di tipo immunomodulatorio dovrebbe avere un profilo di “safety” quanto meno equivalente a quello della
dieta, ma con il vantaggio di una compliance migliore.
Si parla da anni di un "vaccino" per la celiachia: a che punto siamo?
Recentemente i ricercatori dell’istituto Walter and Eliza Hall (Australia) hanno sviluppato la combinazione di tre peptidi che stanno alla base del vaccino chiamato Nexvax2. Il
Nexvax2 mira a desensibilizzare i pazienti ai tre peptidi specifici del glutine che sono
stati identificati dal gruppo australiano. La prima fase di studio ha mostrato che questo
vaccino sembrerebbe privo di effetti collaterali. Comunque sia, siamo alle primissime
fasi di un cammino lungo che molto probabilmente necessita di decenni prima di stabilire se ci troviamo di fronte ad una strategia valida che possa curare la celiachia anche nei
soggetti che hanno già la malattia.
Potrà esserci un giorno in cui i celiaci potranno fare a meno della dieta
senza glutine?
6
Di questo non ne sono totalmente sicuro. Mentre vedo fattibile l'uso di terapie integrative
quali "reti di protezione" alla cross-contaminazione, soprattutto quando si è fuori casa,
credo che sia molto più difficile che si possa ottenere una terapia alternativa che sia così
efficace e priva di complicazioni come la dieta priva di glutine.
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Cyclic Vomiting Syndrome
(SVC) is a potential
incapaciting disorder
characterized by recurrent,
self-limited stereotypical
attacks of nausea,
unremitting vomiting,
lethargy and dysautonomic
features with intercritical
periods sign-free.
This condition can affect
mostly children (age 5-8 yrs)
with associated migraine
family history.
The management is based
on a correct diagnosis after
the exclusion of the organic
diseases, identification
of possible triggers and
on a prophylactic and
supportive therapy for
the acute phase. There is not
a currently evidence-based
therapy for CVS.
La Sindrome del vomito ciclico
Raffaella Mallamace, Donatella Comito e Claudio Romano
Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, Università di Messina
INTRODUZIONE
La Sindrome del Vomito Ciclico (SVC) è un disordine caratterizzato da episodi acuti,
stereotipati e ricorrenti di intensa nausea con vomito incoercibile, della durata da poche ore
a qualche giorno, e che talvolta possono associarsi a sintomi neurologici (cefalea, fotofobia)
o sintomi gastrointestinali (epigastralgia). Sin dalla prima segnalazione nella letteratura
francese da parte di Heberden (1) nel 1806 a quella di Gee (2) nel 1882, la SVC è stata considerata una entità clinica tipica dell’età pediatrica. In seguito, sono stati segnalati casi anche
ad insorgenza in età adulta ma associati ad ansia, crisi di panico e stati depressivi. Nel bambino viene segnalata una prevalenza dal 1.9% al 2.3% (3), mentre è sconosciuta nell’età
adulta. L’esordio dei sintomi è nella maggior parte dei casi in età scolare (in media 5 anni),
con una maggiore incidenza nelle femmine rispetto ai maschi (3:2) e tende a risolversi verso
i 10 anni di età. La ricorrenza degli episodi determina una riduzione della frequenza scolastica e della qualità di vita dei pazienti con multiple ospedalizzazioni per disidratazione
acuta ed un costo annuale di circa 17.035 dollari per singolo paziente. Nel 2010 Hejazi et al
(4) hanno evidenziato, in uno studio su 162 soggetti adulti affetti da SVC, una prevalenza
della razza caucasica (89%) rispetto a quella afro-americana (10%) o ispanica (1%). L’etiopatogenesi non è chiara ma la genesi sembra essere mutifattoriale nel contesto di ipotesi
correlabili con il sospetto di enzimopatie mitocondriali, disordini della motilità gastrointestinale, disfunzione del sistema nervoso autonomo e fattori genetici (5). Welch et al (6) hanno
avanzato l’ipotesi che la SVC possa essere considerata una variante dell’emicrania infatti
una familiarità positiva per emicrania è prevalente nei pazienti affetti (3%) rispetto alla popolazione generale (0.4-2.0%). Talche (7) ha sostenuto che l’ipotesi che l’eziologia della SVC
sia correlata ad una alterata produzione di corticotropin-realising factor in risposta ad uno
stimolo ambientale scatenante quale stress psicofisico, febbre, infezioni respiratorie ricorrenti intercorrenti, attività fisica, alimenti specifici (cioccolato, formaggio), ciclo mestruale e
crisi asmatiche. Una componente genetica è stata segnalata (mutazione A3243G del gene
MTTL1 del DNA mitocondriale) in 4 membri di una famiglia italiana affetti da SVC evidenziandone una correlazione direttamente proporzionale con la severità della presentazione clinica (8). Nel corso degli ultimi anni sono stati definiti i criteri diagnostici della SVC
utili per differenziare tale entità da cause organiche di vomito migliorandone l’approccio
diagnostico e terapeutico. Boles et al (9) hanno segnalato un sottogruppo di pazienti con
SVC e coesistenti disordini neuromuscolari, quali ritardo cognitivo, miopatia ed epilessia,
definendo tale condizione con il termine di SVC-plus. Tale entità presenta un’incidenza del
25% dei casi di SVC e rappresenta la conferma che la SVC possa essere inquadrata
nell’ambito di una disfunzione del sistema nervoso autonomo. La definizione di SVC deve
rispettare i seguenti criteri diagnostici:
International Classification of Headache Disorder 2004 (ICHD-II)
1. Almeno 5 attacchi che rispettino i criteri 2 e 3
2. Episodi, stereotipati nel singolo paziente, di intensa nausea e vomito di durata compresa
tra un’ora e cinque giorni
3. Assenza di sintomi tra un episodio e l’altro
4. Non riconducibile ad altre patologie
7
Continuing Medical Education Activities
Nel 2006, per la popolazione adulta, la SVC è stata inquadrata nell’ambito dei Criteri
di Roma III tra i disordini funzionali gastrointestinali (DFGI) con una diagnosi basata
sul rispetto dei seguenti criteri clinici presenti da almeno 3 mesi, negli ultimi 6 mesi di:
1. episodi di vomito con caratteristiche stereotipate di insorgenza e durata (< 1 settimana);
2. tre o più episodi in un periodo di un anno;
3. assenza di nausea e vomito negli intervalli di tempo tra gli attacchi;
4. assenza di patologie metaboliche, gastrointestinali, del SNC o biochimiche;
5. criterio supplementare: storia personale o familiare di emicrania.
Per l’età pediatrica, nel 2008, la North American Society for Pediatric Gastroenterology,
Hepatology and Nutritional (NASPGHAN) ha definito i seguenti criteri diagnostici:
1. presenza di almeno 5 attacchi in qualunque periodo di tempo, oppure un minimo di 3
attacchi in un periodo di 6 mesi;
2. episodici attacchi di intensa nausea e vomito di durata compresa tra 1 ora e 10 giorni,
intervallati da un periodo di almeno 1 settimana;
3. modalità di presentazione dei sintomi stereotipata nel singolo paziente;
4. ricorrenza del vomito durante gli attacchi superiore a 4 volte in un’ora;
5. ripresa delle normali condizioni di salute nei periodi intercritici;
6. assenza di altre patologie.
Infine, nel 2010, l’International Classification of Headache Disorders, Second Edition,ha
incluso la SVC nell’ambito delle Sindromi Periodiche dell’infanzia insieme all’emicrania
addominale e la vertigine parossistica.
OBIETTIVO DELLA REVISIONE
Un’attenta rivalutazione degli studi condotti su pazienti in età pediatrica affetti da SVC
ha lo scopo di chiarire e schematizzare l’approccio diagnostico ai bambini con sospetta
SVC e personalizzare la terapia in base ai sintomi caratteristici di ogni paziente.
METODOLOGIA DELLA RICERCA BIBLIOGRAFICA
È stata condotta una sistematica review della Letteratura per identificare tutti gli articoli
scientifici e le Consensus di esperti pubblicati fino al 2011 sull’argomento, in particolare
sui dati epidemiologici, la presentazione clinica, l’iter diagnostico e l’efficacia e sicurezza
dell’approccio terapeutico.
RISULTATI
Durante gli ultimi 15 anni sono stati identificati oltre 90 contributi scientifici sulla SVC
in età pediatrica e solo 2 segnalazioni di mortalità correlata alla grave disidratazione
(10). È stata confermata un’età media di insorgenza dei sintomi tra 5-7 anni con un
ritardo medio di diagnosi di 2.7 anni. La frequenza delle crisi acute varia da 1-70 volte/anno con una media di 12 crisi/anno.
È possibile differenziare 2 pattern clinici della SVC, una forma severa con frequenza
di 1.9 episodi/mese ed un picco, durante la crisi acuta, di 12.6 episodi di vomito/ora,
distinta da una forma lieve-moderata caratterizzata da 1.5 episodi/ora nella fase acuta ed una media di 0.5 episodi/mese (11).
La crisi spesso insorge nelle prime ore del mattino ed è associata a sintomi gastrointestinali (dolori addominali e nausea). Un approccio sistematico al sospetto di SVC può
presupporre:
8
Valutazione clinica e anamnestica
• Criteri diagnostici per SVC
• Esclusione di segni e sintomi d’allarme per malattia organica
Indagini diagnostiche
• Emocromo, funzionalità epatica, renale e pancreatica, elettroliti sierici, glicemia, esame urine
• Rxcontrastografico apparato digerente
Presenza di segni e sintomi d’allarme/alterazioni indagini diagnostiche
• Alterazioni metaboliche: Esami ematochimici specifici (lattato, piruvato,
acidi organici, amminoacidemia, carnitina e acilcarnitina, cortisolo)
• Segni/sintomi GI: ecografia dell’addome, TC dell’addome, EGDS
• Segni/sintomi neurologici: EEG, RM encefalo
È opportuno differenziare 4 fasi nella
presentazione clinica del SVC:
1. Fase prodromica: può comprendere la presenza di alterazioni del tono
dell’umore, aura comune nell’emicrania, dolori addominali, dispepsia, nausea, facile affaticabilità, ansia, cefalea,
etc. Talvolta è di difficile definizione o
individuazione;
2. Fase emetica: caratterizzata dalla
ricorrenza del vomito con frequenza
variabile in termini di episodi/ora e
con una durata in genere tra 2-18 ore;
3. Fase di benessere: scomparsa degli episodi acuti con persistenza talvolta di nausea per qualche ora;
4. Fase intercritica: assenza assoluta di sintomi.
Assenza di segni e sintomi d’allarme/
negatività indagini diagnostiche
Considerare la diagnosi di SVC
Tab. 1 Terapia per la profilassi e la prevenzione nella SVC
BAMBINI AL DI SOTTO DEI 5 ANNI DI ETÀ
Antistaminici
Ciproeptadina e pizotifene (disponibile in Gran Bretagna e Canada)
Ciproeptadina 0.25-0.5mg/kg/die
Effetti collaterali: aumeno dell’appetito, incremento ponderale, sedazione
Beta-bloccanti
Propanololo 0.25-1.0mg /kg/die per 1-2 settimane
Effetti collaterali: letargia, ridotta tolleranza all’esercizio fisico
Controindicazioni: asma, diabete, cardiopatie, depressione
BAMBINI AL DI SOPRA DEI 5 ANNI DI ETÀ
Antidepressivi triciclici
Amitriptilina dose iniziale 0.25-0.5 mg/kg; incremento settimanale fino a 1.0-1.5 mg/kg
Monitorare intervallo QTc tramite ECG
Effetti collaterali: costipazione, sedazione, aritmia, alterazioni comportamentali
Beta-bloccanti
Nell’approccio terapeutico alla SVC
Propanololo 0.25-1.0mg /kg/die per 1-2 settimane
Effetti collaterali: letargia, ridotta tolleranza all’esercizio fisico
possono essere identificati vari livelli di
Controindicazioni: asma, diabete, cardiopatie, depressione
intervento (12):
Fase di benessere: potrebbero esseAltri agenti
re identificati eventuali triggers o fattoAnticonvulsivanti: fenobarbital 2 mg/kg
ri scatenanti ed in taluni casi alcune
Alternative: topiramato, acido valproico
L-carnitina: 50-100mg/kg
modifiche allo stile di vita (sovrappeso)
Coenzima Q10: 10mg/kg/die
possono ridurre la frequenza degli attacchi acuti. Accorgimenti preventivi
utili potrebbero essere: compilazione
di un diario delle crisi, evitare la deprivazione di sonno, escludere dalla dieta alimenti
identificati come possibili trigger (cioccolato, formaggi), assumere dosi supplementari di
carboidrati, praticare attività fisica aerobica regolarmente e moderare l’assunzione di
caffeina (13,14). Un tentativo di terapia profilattica delle crisi acute è opportuno che venga avviato se le crisi sono in numero > a 4/anno. Essa può essere differenziata in base
all’età [Tabella 1]: nei bambini al di sotto dei 5 anni di età si possono utilizzare farmaci
antistaminici (ciproeptadina) e beta-bloccanti (propanololo); al di sopra dei 5 anni di età
si può ricorrere, oltre ai beta-bloccanti, ad antidepressivi triciclici (amitriptilina) ed anticonvulsivanti (fenobarbital). Le molecole più raccomandate in assoluto in ogni fascia di
9
Continuing Medical Education Activities
Tab. 2 Terapia fase prodromica ed emetica
TERAPIA DI SUPPORTO
Fluidi, elettroliti e management nutrizionale
Antiemetici (antagonisti 5HT3)
Ondansetron 0.3-0.4mg/kg ev ogni 4-6 h (fino a 20 mg)
Effetti collaterali: costipazione
Sedativi
Difenidramina 1.0-1.25mg/kg ev ogni 6 h
Lorazepam 0.05-0.1 mg/kg ev ogni 6 h
Effetti collaterali: depressione respiratoria, allucinazioni
Clorpromazina 0.5-1.0 mg/kg ev ogni 6 h
Alternative: morfina ev, fentanyl
Trattamento segni e sintomi specifici
Dolore epigastrico: H2Ra o PPI (ranitidina o pantoprazolo ev)
Diarrea: antidiarroici (loperamide)
Ipertensione arteriosa: ACE inibitori (captopril)
Trattamento complicanze specifiche
Disidratazione e squilibrio elettrolitico: reintegro delle perdite
Acidosi metabolica: determinare e trattare la causa
SIADH: restrizione introiti idrici
Ematemesi: H2Ra o PPI ev
Perdita di peso: nutrizione nasogastrica o parenterale
TERAPIA ABORTIVA
Antiemicranici (triptani)
Sumatriptan: 20 mg intranasali
Effetti collaterali: dolore/bruciore al collo, vasospasmo coronarico
Controindicazioni: emicrania dell’arteria basilare
età sono la ciproeptadina ed il propanololo (livello II di evidenza)
(15). In caso di mancata risposta alla terapia, si può ricorrere ad
un’associazione farmacologica tra amitriptilina ed un secondo
farmaco, oppure introdurre una terapia complementare costituita da carnitina, coenzima Q, contraccettivi estrogenici orali,
agopuntura o psicoterapia.
Fase prodromica ed emetica: il ricorso tempestivo alla terapia abortiva può interrompere la crisi [Tabella 2]. Durante la
fase emetica, il vomito intenso e prolungato può determinare
disidratazione e squilibrio idroelettrolitico; per tale motivo, in
tali occasioni, può rendersi necessaria una terapia reidratante
per via endovenosa (16).
CONCLUSIONI E PROSPETTIVE
La SVC è una condizione benigna ma fortemente invalidante la
qualità di vita dei pazienti e spesso misconosciuta e sottodiagnosticata. Futuri studi indirizzati a chiarire i meccanismi eziopatogenetici e il ruolo della genetica potranno essere utili per identificare sottogruppi di pazienti con SVC e migliorarne l’approccio
diagnostico e terapeutico. L’adeguata conoscenza dei criteri diagnostici può consentire una più precoce identificazione di questa
condizione orientando un corretto approccio diagnostico e terapeutico. La terapia della SVC è a tutt’oggi empirica, sebbene alcuni farmaci si siano dimostrati efficaci nel ridurre la frequenza e
l’intensità dei sintomi.
BIBLIOGRAFIA
Key Points
• La sindrome del vomito ciclico
è caratterizzata da episodi acuti
stereotipati e ricorrenti di intensa
nausea con vomito incoercibile,
a cui si possono associare sintomi
neurologici e/o gastrointestinali
• È una condizione benigna ma
fortemente invalidante con un’età
media di insorgenza tra 5-7 anni.
I meccanismi eziopatogenici
sono ancora ignoti
• Un approccio diagnostico
sistematico prevede
il riconoscimento dei criteri
diagnostici e l’esclusione di segni
e sintomi d’allarme per il sospetto
di cause organiche
• Il trattamento medico è orientato
verso la profilassi della crisi e la
terapia abortiva della fase acuta
10
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Epatite cronica C nel bambino:
dalla diagnosi alla terapia
Flavia Bortolotti1 E Maria Guido2
1Già ricercatrice c/o Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'Università di Padova
2Dipartimento di Scienze Medico-Diagnostiche e Terapie Speciali, Sezione di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Padova
The infection with Hepatitis
C virus in children
has a unique mode of
transmission, from mother
to child, a high rate (80%)
of chronic evolution,
an asymptomatic course.
Since persistent virus
replication may lead to
fibrosis and cirrhosis
in adulthood, a safe and
efficient therapy is desired.
The combination of PEGIFN α-2b and ribavirin
can induce sustained viral
response in about 50%
of children with genotype 1
and up to 100% in those with
genotypes 2 and 3.
CHI È OGGI IL BAMBINO CON EPATITE C?
L’infezione da virus dell’epatite C (HCV) è un problema sanitario di rilevanza globale.
Una quota minoritaria della popolazione infetta è costituita da bambini e adolescenti. In
Italia nei primi anni ’90, la prevalenza di anticorpi anti-HCV era 3% nella popolazione
generale, ma era 0.3% nel bambino/adolescente. Le principali modalità di contagio per
la popolazione pediatrica erano le trasfusioni di sangue ed emoderivati e la positività
della madre per HCV-RNA. A distanza di un decennio, l’Osservatorio per l’infezione da HCV
e l’epatite C nel bambino italiano, creato nel 1998 in ambito SIGENP, registrava l’assenza di
nuovi casi di epatite post-trasfusionale dopo il 1992 e una riduzione del 40% dei nuovi
casi d’infezione nel quinquennio 2000-2004 rispetto al quinquennio precedente (1). Le
nuove infezioni erano causate, per il 90-95% dei casi, dalla trasmissione perinatale di
HCV da madre HCV RNA positiva al figlio.
LA DIAGNOSTICA VIROLOGICA
Nel bambino esposto a rischio di contagio in epoca perinatale, la diagnosi di infezione si
basa sul rilievo di HCV-RNA nel siero in due occasioni tra 3 e 6 mesi di vita. Il test per
anti-HCV non si può considerare diagnostico nei primi 18 mesi di vita per il possibile
trasferimento passivo di anticorpi materni (2). HCV è dotato di notevole variabilità genetica, il che spiega la difficoltà d’ottenere un vaccino e giustifica l’esistenza di diversi genotipi virali (da 1 a 6 i maggiori) che è necessario determinare anche nel bambino HCV
RNA positivo, in quanto predittivi di risposta alla terapia con interferone (IFN). Sono
favoriti i genotipi 2 e 3 rispetto ai tipi 1 e 4.
EVOLUZIONE SPONTANEA DELL'EPATITE C "PERINATALE"
Ampi studi policentrici hanno dimostrato che, in definitiva, 80% circa dei bambini infettati con virus C in epoca perinatale, sviluppa infezione cronica, asintomatica nella maggior parte dei casi. L’evoluzione dell’epatite C nell’arco di 10 anni è stata valutata in uno
studio dell’Osservatorio Italiano che includeva 359 bambini altrimenti sani dell’età media di 9.5 anni, consecutivamente visti in 15 centri (4). Durante l’osservazione 8% dei
pazienti eliminava persistentemente la viremia entro i primi cinque anni di vita; il 92%
la manteneva con ALT elevate (42%), fluttuanti (35%) o sempre normali (23%). Sei (2%)
pazienti inoltre, sviluppavano segni e sintomi di cirrosi, mediamente all’età di 9.6 anni
(3). La persistenza di replicazione virale nel corso degli anni, spesso accompagnata da
segni di citolisi, fa supporre che la malattia epatica del bambino possa progredire, per lo
più in modo subdolo, fino all’età adulta.
L’APPROCCIO TERAPEUTICO
Il primo approccio alla terapia dell’epatite C nel bambino procede dalle esperienze con
l’interferone nell’adulto. Una meta analisi di 19 studi pediatrici evidenziava, mediamente, una risposta sostenuta alla terapia del 36%. Le tappe successive, sono state la combinazione dell’IFN-α con la ribavirina, che ne potenzia l’effetto, e la peghilazione (PEG)
dell’IFN che ne prolunga l’emivita permettendo, tra l’altro, il passaggio alla mono somministrazione settimanale.
11
Pediatric Hepatology Outside Box
Obiettivo primario della terapia è l’eradicazione stabile dell’infezione (Sustained
Viral Response=SVR), che rappresenta l’eliminazione dell’HCV RNA circolante (ovvero riduzione dei livelli dell’HCV RNA sierico al di sotto di 50 IU/ml in RT PCR) 24
settimane dopo la sospensione della terapia. Nell’adulto sono predittivi di SVR la rapid
viral response (RVR) che rappresenta l'eliminazione della viremia già nelle prime 4 settimane di terapia, e la early viral response (EVR) definita come clearance della viremia entro
12 settimane di terapia. Questi parametri trovano applicazione pratica nel ridurre la
durata e il dosaggio della terapia nel singolo paziente, ma non sono ancora validati per
la popolazione pediatrica.
LA TERAPIA APPROVATA PER IL BAMBINO
Non sono disponibili linee guida internazionali per la terapia di combinazione con PEGIFN-α e ribavirina in età pediatrica. Il numero degli studi pubblicati in esteso è limitato,
ed uno solo di essi è randomizzato e controllato con placebo. Tuttavia, i risultati sono
concordi nel dimostrare che la terapia di combinazione migliora il tasso di clearance
della viremia, specialmente nei bambini con genotipo 2 e 3. La Tabella 1 sintetizza i risultati di 6 studi pubblicati in esteso tra il 2005 e il 2011 che arruolavano almeno 30 casi
ciascuno, per un totale di oltre 300 pazienti dell’età media di 10 anni (5-10). I protocolli
di terapia erano basati su un’unica somministrazione settimanale sottocutanea di PEGIFN-α-2a oppure di PEG-IFN-α-2b entrambi in associazione con ribavirina. Seguendo
le esperienze dell’adulto, la durata della terapia è stata di 24 settimane per i genotipi 2 e
3 e di 48 settimane per i genotipi 1 e 4. La terapia di combinazione sperimentata da
Wirth e coll. (8) basata sui dati di 107 pazienti trattati con PEG-IFN-α-2b è stata approvata dalla FDA (Food and Drug Adminstration, USA), dall’EMEA (European Medicines
Agency) ed infine dall’Associazione Italiana del Farmaco (settembre 2010). Pertanto può
essere prescritta ai bambini Italiani. Di seguito, sono sintetizzati alcuni punti chiave nella
gestione del paziente che dovrà comunque essere indirizzato ad un centro specialistico.
Tab. 1 Risposta virale sostenuta in 6 trials di terapia di combinazione PEG-IFN-α e Ribavirina
Autore
Pazienti
(n)
PEG-INF
Ribavirina*
Totale
Wirth S, 2005 (5)
62
α-2b 1.5 µg /Kg/sett
59
SVR (%)
Gen 1
Gen 2-3
48
100
Gen 4
--------
Jara P, 2010 (6)
30
α-2b 1 µg /Kg/sett
50
46
100
--------
Tajiri H, 2009 (7)
33
α-2b 1.5 µg /Kg/sett
82
80
85
--------
Wirth S, 2010 (8)
107
α-2b 60µg /m2/sett
65
53
93
80
Sokal EM, 2010 (9)
65
α-2a 100 µg /m2/sett
69
58
94
59
Schwarz KA, 2011 (10)
55
α-2a 180 µg /1.73 m2/ sett
53
47
80
--------
*Dosaggio della Ribavirina: 15 mg/Kg/die per os in tutti i trials, tranne che in Tajiri et al. (15 mg/Kg/die nei pazienti < 40 kg; 600 mg tra 40
e 60 kg; 800 mg tra 60 e 80 kg; 1 g > 80 kg).
CARATTERISTICHE DELL’ARRUOLAMENTO
Chi candidare a terapia?
Bambini di età superiore a 3 anni, HCV RNA positivi da almeno 6 mesi, non trattati in precedenza.
Chi deve essere escluso dal trattamento?
Bambini con co-infezione da HBV o HIV; con malattia epatica cronica scompensata, con malattie
neurologiche o psichiatriche, anemia, neutropenia o piastrinopenia o con presenza di autoanticorpi (ANA, SMA, LKM1).
12
Epatite cronica C nel bambino: dalla diagnosi alla terapia
GESTIONE DEL PAZIENTE
È necessaria la biopsia epatica per il trattamento?
La biopsia epatica rimane la modalità più sicura per valutare la severità della malattia e, in particolare, la gravità della fibrosi, ma non è obbligatoria per iniziare il trattamento.
Quali sono i fattori predittivi di risposta alla terapia?
I genotipi 2/3 hanno più alta probabilità di risposta rispetto ai genotipi 1/4; la carica virale
< 600.000 UI/l è un fattore favorevole nel bambino con genotipo 1. Il polimorfismo genetico della IL28B, che ha grande significato predittivo nell’adulto, non è stato ancora studiato nel bambino.
Quali sono gli effetti avversi della terapia di combinazione?
Comuni, e di solito non gravi, le sindromi simil-influenzali, neutropenia e anemia; il ritardo di
crescita durante la terapia sembra essere reversibile; le complicanze oftalmologiche sono definite poco frequenti.
CONCLUSIONI
Nell’ultimo decennio si è molto discusso sull’opportunità di trattare il bambino HCV
RNA positivo con minima fibrosi epatica, trascurabili livelli di ALT e scarsa progressione di malattia, considerando anche il limitato successo terapeutico dell’IFN, gli effetti avversi ed i costi.
Oggi il problema si ripropone, ma l’accento si è spostato sulla persistenza della viremia
fino all’età adulta e sulla possibile comparsa di cirrosi già in età pediatrica. L’efficacia
elevata della terapia nei genotipi più favorevoli, la possibilità di usare schemi terapeutici di breve durata e la disponibilità di fattori predittivi di risposta alla terapia, sono
altrettanti argomenti a favore di una sempre migliore gestione del paziente pediatrico,
in attesa che nuove strategie di prevenzione e cura diventino operanti.
Key Points
•In età pediatrica, l'infezione da virus
C è generalmente trasmessa dalla
madre HCV-RNA positiva al figlio
in epoca perinatale
•L'infezione perinatale cronicizza
nell'80% circa dei casi e,
in età pediatrica, ha un decorso
asintomatico con trascurabili livelli
di ALT, minima fibrosi epatica
e scarsa progressione di malattia
•La replicazione virale si mantiene
frequentemente fino all’età adulta,
spesso accompagnata da citolisi,
così da far supporre che la malattia
epatica possa decorrere
in maniera subdola nel tempo
•La terapia con PEG interferone
e ribavirina è disponibile oggi
anche in Italia ed il tasso
di clearance virale è elevato
soprattutto nei bambini
con genotipo 2 e 3
•Oltre al genotipo favorevole,
l’efficacia della terapia è migliorata
da schemi terapeutici di breve
durata e disponibilità di fattori
predittivi di risposta
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The Artificial Nutrition (AN)
is a therapeutic procedure
by which you can fully meet
the nutritional needs of
patients unable to feed
themselves sufficiently
by natural means.
The AN can be made
by enteral or parenteral way.
Enteral Nutrition (EN) has
many advantages over total
parenteral nutrition (TPN):
anatomical and functional
preservation of the integrity
of the intestinal mucosa,
improved utilization
of nutritional substrates,
ease of administration,
safety and lowest cost.
The access to the EN
are: tube nose-enteral,
gastrostomy and
jejunostomy. Enteral
Nutrition can be
administered by continuous
infusion or split meals.
The NE can be made by
elementary, semi-elemental
or polymeric formulas. The
NE is a method of treatment
generally safe and well
accepted by patients.
14
La nutrizione artificiale in pediatria
Salvatore Accomando E Claudia Albino
Sezione di Pediatria, Dipartimento Materno Infantile e di Andrologia e Urologia,
Università degli Studi di Palermo
INTRODUZIONE
La Nutrizione Artificiale (NA) è una procedura terapeutica mediante la quale è possibile soddisfare integralmente i fabbisogni nutrizionali di pazienti altrimenti non in grado di alimentarsi sufficientemente per via naturale.
La NA è indicata nelle seguenti condizioni:
• presenza di malnutrizione;
• rischio di malnutrizione;
• presenza di ipercatabolismo;
• alterazioni dell’assorbimento, del transito intestinale o della digestione del cibo nelle
sue varie fasi, gravi e non rapidamente reversibili.
In una quota più limitata di pazienti l’indicazione alla NA nasce per l’esigenza di mantenere un “riposo intestinale” o per somministrare substrati che sono importanti per il
supporto metabolico di organi o apparati il cui trofismo è cruciale per la sopravvivenza
in condizioni critiche particolari (1).
Nel paziente ospedalizzato la malnutrizione è la risultante di un deficit acuto o cronico,
sia di calorie (substrati energetici) che di proteine (substrati plastici) che configurano il
quadro della cosiddetta malnutrizione proteico- calorica (2). Il principale parametro
utilizzato per valutare l’entità della malnutrizione è la perdita del peso corporeo (calo
ponderale negli ultimi mesi ≥ 10%).
I fabbisogni nutrizionali del bambino non vanno a coprire solo le richieste del metabolismo di base, ma una grande quota è destinata all’anabolismo, cioè alla crescita, fenomeno dinamico, destinato a variare ed a modificarsi con l’età e che è influenzato dalle
patologie. La malnutrizione in età pediatrica si caratterizza per il rallentamento o arresto della crescita; in genere l’arresto di crescita in altezza o consensuale di peso ed altezza è legato a malnutrizione cronica, mentre un evento acuto ha maggiori rilievi sul solo
peso. Le patologie acute e croniche sono spesso causa di malnutrizione in età pediatrica,
perché causano anoressia e perché possono determinare ipercatabolismo, come le malattie infiammatorie (2,3). La copertura dei fabbisogni dei nutrienti diventa l’obiettivo
fondamentale della dietoterapia per il paziente pediatrico malnutrito per evitare il conseguente arresto di crescita .
La NA può essere condotta per via enterale e parenterale. La Nutrizione Enterale
(NE) presenta molti vantaggi rispetto alla Nutrizione Parenterale totale (NPT):
mantenimento dell’integrità anatomo-funzionale della mucosa intestinale, migliore
utilizzazione dei substrati nutritivi, facilità e sicurezza di somministrazione e minor
costo(1,4). Può essere utilizzata per brevi periodi per favorire i tempi di recupero e ridurre i tempi di degenza (atresia esofagea, intestinale) o come complemento nello
svezzamento dalla NPT (5).
Vi sono condizioni cliniche in cui la NE dovrebbe essere ritenuta terapia routinaria,
da associare alla NP se i fabbisogni nutrizionali non possono essere altrimenti assicurati (6,7) [Tabella 1].
Le principali condizioni cliniche nelle quali la NE è controindicata sono descritte nella
Tabella 2. Gli aspetti peculiari della NE sono legate oltre che alla tipologia di nutrimento,
alla via di infusione ed alle modalità di somministrazione.
Tab. 1 Indicazioni Cliniche alla Nutrizione Enterale
Gastroparesi
Possibile l’infusione sottopilorica se non coesiste ostacolo più distale al transito
Ileo paralitico
Permane la funzione assorbente dell’enterocita e l’infusione di nutrienti per via enterale stimola la peristalsi
Fistole enteriche a bassa portata
Effetto positivo sulla loro chiusura
Resezioni intestinali massive
Valutare la tollerabilità alla NE in relazione alla lunghezza dell’intestino residuo
Malattia di Crohn
La NE esclusiva è considerata il trattamento di prima linea
ACCESSI PER LA NUTRIZIONE ENTERALE
L’accesso enterale deve essere scelto considerando sia lo stato clinico del paziente, sia
l’accessibilità e le capacità di assorbimento del suo apparato digerente, sia infine la
durata prevista del trattamento nutrizionale.
Qualora la durata della NA sia prevedibilmente breve (≤ 30 giorni), non vi sia rischio di
aspirazione della miscela nelle vie aeree e non vi siano stenosi delle alte vie digestive, la
sonda naso-enterica (naso-gastrica, duodenale, digiunale) può essere preferita ad una
stomia. La nutrizione con sonda naso-gastrica è la tecnica più usata, la lunghezza del
sondino che deve essere introdotta è pari alla distanza tra naso ed ombelico ed ha una
bassa incidenza di complicanze. È necessario procedere a confezionare una stomia
quando si preveda una lunga durata del trattamento nutrizionale (>4 settimane) o in
caso di impossibilità ad utilizzare la via naturale, come nella ingestione da caustici o nelle malformazioni dell’alto tratto digestivo (8).
La gastrostomia, in particolare quella eseguita per via endoscopica (PEG o Percutaneous Endoscopic Gastrostomy), è l’accesso enterale più utilizzato per trattamenti a lungo termine ed è frequentemente impiegata nei pazienti cerebropatici.
La digiunostomia è meno impiegata, ma rimane indicata nei casi di impossibilità al
confezionamento di gastrostomia e laddove ci sia un consistente rischio di inalazione
(vomito intrattabile, malattie neurologiche gravi, gastroparesi). La digiunostomia può
essere confezionata in corso di intervento chirurgico, o per via percutanea endoscopica
(PEJ o Percutaneous Endoscopic Jejunostomy) (9).
Tab. 2 Controindicazioni
alla Nutrizione Enterale
Occlusione o sub occlusione cronica
intestinale di origine meccanica
Grave ischemia intestinale su base
non ipovolemica
Fistole digiunali o ileali ad alta portata
Grave alterazione della funzione
intestinale secondaria ad enteropatia
MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE
L’infusione continua (su 24 ore o notturna) è preferita e meglio tollerata in qualsiasi
tipo di paziente, soprattutto se neonato, se sottoposto ad intervento chirurgico o se in
condizioni critiche. In questo modo si migliora la tolleranza, anche perché spesso il
bambino presenta un rallentato svuotamento gastrico che rende la somministrazione
a boli meno facile. Altra modalità di somministrazione è a flusso intermittente (pasti
frazionati). L’alimentazione a pasti frazionati è più fisiologica e permette di rispettare i
ritmi dell’alimentazione naturale. La somministrazione a flusso continuo deve essere
fatta necessariamente con nutripompa. La modalità intermittente è generalmente attuata con siringa (1). La velocità di infusione della soluzione, il tipo e l’osmolarità della
soluzione nutritiva sono correlati ai tempi di svuotamento gastrico e devono essere
presi in considerazione per evitare complicanze respiratorie o digestive; sono ben tollerati una velocità di infusione inferiore a 3 Kcal/min e una soluzione nutritiva con
concentrazione calorica inferiore a 1 Kcal/ml e con osmolarità di 320 mOsm/l (10).
TIPI DI FORMULA DIETETICA
Sono disponibili formulazioni sia in polvere che liquide. La componente glucidica è rappresentata da carboidrati sotto forma di amidi, polisaccaridi ed oligosaccaridi. La quota
proteica è costituita da amminoacidi liberi, peptidi o da proteine intere. La componente
lipidica è costituita da trigliceridi sotto forma di esteri.
Le formulazioni per NE si sono raffinate sempre più, vengono addizionate sostanze nutrizionali considerate benefiche e utili: tra esse la fibra. Nei pazienti in NE si ritiene che la
fibra possa contribuire alla modulazione del transito intestinale nel piccolo intestino con
miglioramento dell’assorbimento di acqua e nutrienti ed alla fornitura di un adeguato
substrato alla microflora del colon.
15
Pediatric Nutrition Outside Box
Key Points
•La Nutrizione Artificiale (NA) è una
procedura terapeutica mediante
la quale è possibile soddisfare
integralmente i fabbisogni nutrizionali
di pazienti altrimenti non in grado
di alimentarsi sufficientemente
per via naturale
•La copertura dei fabbisogni
dei nutrienti diventa l’obiettivo
fondamentale della dietoterapia
per il paziente pediatrico malnutrito
per evitare l’eventualità di arresto
di crescita
•La Nutrizione Enterale (NE)
presenta molti vantaggi rispetto
alla Nutrizione Parenterale totale
(NPT): mantenimento dell’ integrità
anatomo-funzionale della mucosa
intestinale, migliore utilizzazione
dei substrati nutritivi, facilità e sicurezza
di somministrazione ed il minor costo
•L’accesso enterale deve essere scelto
considerando sia lo stato clinico
del paziente, sia l’accessibilità e le
capacità di assorbimento del suo
apparato digerente, sia infine la durata
prevista del trattamento nutrizionale
•L’infusione continua (su 24 ore o
notturno) è di solito preferita e meglio
tollerata in qualsiasi tipo di paziente,
soprattutto se neonato, se sottoposto
ad intervento chirurgico o se in
condizioni critiche. Altra modalità
di somministrazione è a flusso
intermittente (pasti frazionati)
•La NA in età pediatrica ha
certamente contribuito a modificare
in modo sostanziale la prognosi
in alcune patologie
La NE può essere effettuata mediante formule elementari, semielementari o polimeriche (1).
• Le formule elementari sono costituite da miscele di L-aminoacidi liberi, glucosio,
acidi grassi, minerali ed oligoelementi, nutrienti già pronti per l’assorbimento.
Sono indicate nelle gravi sindromi da malassorbimento e nelle allergie gravi.
• Le formule semi-elementari (idrolisati) contengono idrolisati parziali di proteine
con peptidi di lunghezza variabile, maltodestrine a catena corta, trigliceridi a catena
media, minerali ed oligoelementi.
Sono indicate in caso di riduzione della superficie assorbitiva o di rialimentazione dalla nutrizione parenterale.
• Le formule polimeriche sono costituite da miscele di proteine intere (caseina, soia,
sieroproteine del latte), amidi idrolisati o maltodestrine, trigliceridi a media e/o lunga
catena, minerali, vitamine ed oligoelementi, virtualmente privi di lattosio e glutine, in
gran parte iso-osmolari.
Il loro impiego presuppone un attività gastrica e d’assorbimento non compromessa. Le formule
polimeriche possono essere utilizzate per lunghi periodi di tempo sia come integrazione calorica
sia come dieta esclusiva.
Le formule elementari e semi-elementari, molto costose e poco palatabili, necessitano
solitamente di somministrazione attraverso sondino naso-gastrico (SNG). Le formule
polimeriche, meno costose e di gusto più gradevole hanno una efficacia pari a quella gli
altri due tipi di formule.
EFFETTI AVVERSI CORRELATI ALLA NUTRIZIONE ENTRALE
Dalla letteratura emerge come la NE sia una metodica di trattamento sicura ed in genere abbastanza accettata dai pazienti. Può determinare talvolta modesti effetti indesiderati quali nausea, addominalgia, flatulenza o diarrea; tali effetti sono comunque di
natura transitoria (1).
Le complicanze infettive possono essere legate al tipo di tecnica utilizzata e alla via di somministrazione. Le infezioni delle prime vie respiratorie sono correlate alla presenza del
sondino naso-gastrico soprattutto se questo viene mantenuto in sede per periodi molto
lunghi; le broncopolmoniti da aspirazione sono una complicanza della nutrizione per via
gastrica. La contaminazione della soluzione nutritiva al momento della preparazione o
per conservazione a temperatura al di sopra dei 4°C può causare una sepsi: pertanto attenzione va posta alla manipolazione del sondino, delle sacche e delle soluzioni nutritive.
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16
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Small Intestine Contrast
Ultrasonography (SICUS):
ovvero l’ecografia con MDC orale,
quali applicazioni?
Nadia Pallotta, Giuseppina Vincoli E Enrico Corazziari
Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Università “Sapienza” di Roma
With Small Intestine Contrast
Ultrasonography (SICUS)
the entire small bowel (SB)
can be visualized. SICUS has
an high diagnostic accuracy
in the assessment
of presence, site, number
and extension of SB
lesions. In patients with
ileal Crohn’s disease
(CD) SICUS accurately
assesses presence of CD
complications. In CD SICUS
is more accurate than
standard ultrasonography
(TUS). SICUS can be
proposed as a primary
radiation-free, inexpensive
method in the follow-up
of patients with CD of SB .
INTRODUZIONE
A tutt’oggi la diagnosi delle patologie intestinali è largamente basata su criteri morfologici
derivati da esami radiologici ed endoscopici. Tuttavia a causa del rischio biologico legato
alle radiazioni, particolarmente nella popolazione pediatrica, negli ultimi decenni hanno
acquisito un ruolo sempre più importante, nello studio dell’intestino tenue metodiche che
non richiedono l’utilizzo delle radiazioni come l’ecografia e la risonanza magnetica. Ambedue oltre a non essere invasive valutano la parete nella sua interezza. La risonanza è una
metodica costosa, di non facile accesso e non sempre è possibile ottenere la distensione ottimale del lume intestinale pur impiegando 2 litri di soluzione. La ultrasonografia transaddominale (UST) è una metodica ampiamente disponibile, non costosa, ma, a causa della presenza di gas endoluminale che ostacola la riflessione degli ultrasuoni, non è in grado di
valutare dettagliatamente la struttura della parete e del lume intestinale. Pertanto le applicazioni della UST per lo studio delle patologie dell’intestino tenue, sono limitate per lo più allo
studio dell’ultima ansa nella malattia di Crohn (MC), in presenza di grossolani ispessimenti
della parete, o alla valutazione delle anse a monte di una stenosi per la presenza di secreti che
ne distendono il lume, mentre limitato è stato finora il suo uso come indagine di screening
(1-4). L’assunzione di contrasto orale costituito da una soluzione di polietilen glicole (PEG
4000), distendendo il lume intestinale con liquido anecogeno consente di valutare in dettaglio la parete intestinale e di dissociare ogni singola ansa intestinale dalle altre indipendentemente dalla presenza di aria. Il PEG è una macromolecola che, non sottoposta ai processi di
digestione, assorbimento e fermentazione lega l’acqua nel lume intestinale, impedendone
l’assorbimento, e dopo assunzione orale progredisce lungo l’intero intestino fino all’evacuazione con le feci. Con l’ecografia contrastografica (Small Intestine Contrast Ultrasonography: SICUS) nei soggetti normali l’intestino tenue appare come una struttura anecogena
e le valvole conniventi come sottili indentazioni ecogene aggettanti nel lume (5) [Figura 1].
Con il SICUS è possibile visualizzare in modo ottimale e riproducibile l’intero intestino tenue, dall’angolo del Treitz al ceco utilizzando una dose media di 200 ml e 375 ml di soluzione, rispettivamente nei bambini e negli adulti, in intervalli di tempo compresi tra 17 e 65
min. Le dosi somministrate sono ben tollerate e prive di effetti collaterali. Il SICUS ha consentito di definire, nell’adulto, i valori di normalità dello spessore della parete (≤ 3 mm) e del
lume intestinale (≤ 25 mm) e la descrizione della struttura multistrato della parete (6).
APPLICAZIONE DIAGNOSTICA DELL’ECOGRAFIA CONTRASTOGRAFICA
NEI PAZIENTI CON SOSPETTA PATOLOGIA DEL TENUE MESENTERIALE
Fig. 1 SICUS: ecografia delle anse intestinali dopo
assunzione di contrasto orale in soggetto normale.
Nella foto sono rappresentate alcune anse digiunali.
Le valvole conniventi appaiono come sottili
indentazioni ecogene aggettanti nel lume (frecce)
In pazienti consecutivi con sospetta patologia del tenue mesenteriale, il SICUS si è dimostrato avere un’elevata sensibilità (100%) ed un’alta specificità (97%) con un’accuratezza
diagnostica pari a quella della radiologia standard, nella diagnosi di alterazioni della parete
riscontrabili in patologie quali il linfoma intestinale, il morbo celiaco, i polipi intestinali, il
morbo di Crohn e le neoplasie intestinali (7-8). Risultati preliminari indicano l’utilità del
SICUS nei bambini affetti da anemia sideropenica e nella valutazione della manifestazione
gastrointestinale della graft-versus-host nei pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo.
Nella maggioranza dei casi le condizioni cliniche dei pazienti sottoposti a trapianto sono
talmente gravi da impedire l’esecuzione di esami invasivi o radiologici e soprattutto sarebbe
auspicabile identificare segni precoci della sindrome.
17
Training and Educational Corner
APPLICAZIONE DIAGNOSTICA DELL’ECOGRAFIA
CONTRASTOGRAFICA NEL MORBO DI CROHN
Fig. 2 Paziente con morbo di Crohn.
Lo spessore della parete appare uniformemente
aumentato (frecce). Da notare la normale
rappresentazione della struttura multistrato
Scopo delle tecniche di imaging nel morbo di Crohn è non solo quello di identificare la
lesione intestinale, ma di descriverne accuratamente la sede, l’estensione, le caratteristiche
strutturali e le possibili complicanze come stenosi, fistole e ascessi sia alla diagnosi che durante il follow-up. Ecograficamente in presenza della MC la parete intestinale appare ispessita e variabilmente ipoecogena [Figura 2]. Nei pazienti adulti e pediatrici con MC la SICUS
ha un’accuratezza diagnostica comparabile a quella della radiologia standard (9-10) ed alla
chirurgia (11) nella definizione della presenza, numero, sedi coinvolte ed estensione delle
lesioni e significativamente superiore a quella della UST che sottostima l’estensione delle
lesioni intestinali e non identifica correttamente le sedi coinvolte. Anche nella valutazioni
delle complicanze, quali fistole, ascessi e stenosi la SICUS ha un’elevata sensibilità e specificità nella valutazione della presenza, sede e numero delle complicanze (11) [Tabella 1].
Tab. 1 Risultati dell’analisi statistica dell’accuratezza diagnostica
dell’ecografia contrastografica (SICUS) e dell’ecografia standard
senza mezzo di contrasto (UST) nella diagnosi delle complicanze
della malattia di Crohn.
Lo standard di riferimento è la chirurgia e i reperti istopatologici
UST
Reperti chirurgici
Stenosi (n=40)
Fistole (n=28)
Ascessi (n=10)
Almeno una (n=45)
K: kappa statistica
Sensibilità Specificità
(95% CI)
(95% CI)
80%
(65-90)
56%
(37-72)
89%
(56-98)
82%
(69-91)
75%
(40-93)
100%
(85-100)
95%
(83-99)
75%
(30-95)
SICUS
K
0.42
0.54
0.78
0.15
Sensibilità Specificità
(95% CI)
(95% CI)
97.5%
(87-100)
96%
(82-99)
100%
(72-100)
98%
(88-99.5)
100%
(68-100)
90.5%
(71-97)
95%
(83-98.6)
100%
(44-100)
K
0.93
0.88
0.89
0.75
CONCLUSIONI
Le patologie dell’intestino tenue sono poco frequenti,
hanno una sintomatologia spesso non specifica e la
diagnosi obbliga per l’inaccessibilità della sede ad eseguire esami invasivi, che espongono a radiazioni, costosi, disponibili solo in centri di riferimento e che risultano negativi nella maggioranza dei casi. I risultati
ottenuti suggeriscono in considerazione della non invasività, dell’assenza di radiazioni, dei bassi costi e
dell’elevata tollerabilità della metodica da parte dei
pazienti, di proporre l’ecografia contrastografica (SICUS) come indagine di screening in tutti i casi in cui
si sospetti una patologia intestinale e nel follow-up dei
pazienti affetti da patologie accertate dell’intestino tenue. Particolarmente vantaggioso è l’uso dell’ecografia contrastografica nella popolazione pediatrica.
CI: intervalli di confidenza
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I nuovi procinetici
Silvia Salvatore
U.O. Pediatria, Ospedale “F. Del Ponte”, Università dell’Insubria di Varese
az
New prokinetics are an
heterogeneous group
of drugs that increase
motility through different
mechanisms: serotonin,
motilin and ghrelin receptor
agonism, antidopaminergic
action, colonic chloride
secretion. Compared to
old serotonin agonists the
new molecules show higher
selectivity and higher affinity
to 5-HT4 receptors and safe
cardiac profiles. Promising
data are emerging from
human clinical trials but the
efficacy and safety profiles
of these agents in children
with dismotility disorders
still need to be demonstrated.
I nuovi procinetici gastrointestinali sono una classe eterogenea di farmaci che stimolano
la motilità gastrica e/o intestinale attraverso diversi meccanismi: agonismo recettoriale
della serotonina (in particolare 5HT4), della grelina e della motilina (TZP 101, mitemcinal), agenti anti-dopaminergici (itopride), attivatori del canale del cloro (lubiprostone) e
della guanilato ciclasi (linaclotide) (1).
NUOVI AGONISTI DEI RECETTORI 5-HT (4)
Premessa
La serotonina [5-hydroxytryptamina (5-HT)] è una molecola di segnale ubiquitaria
sintetizzata da neuroni serotoninergici nel sistema nervoso centrale anche se la maggior
quantità di 5-HT è presente nell’intestino e specificamente, nelle cellule enterocromaffini (EC) della mucosa gastrointestinale (GI) e, in minor quantità, negli interneuroni
discendenti. Dopo stimolazione mucosale o pasto, le cellule EC secernono una gran
quantità di 5-HT che in parte va nel lume intestinale e nella circolazione portale. La
5-HT attiva i neuroni afferenti primari intrinseci (IPANs), che poi rilasciano acetilcolina
(ACh) e il peptide calcitonina gene correlato (CGRP). Questi neurotrasmettitori si connettono via interneuroni a neuroni ascendenti eccitatori (con rilascio di ACh e/o tachichinine) e motoneuroni discendenti inibitori (che rilasciano ossido nitrico (NO) e/o
peptide intestinale vasoattivo (VIP) e/o ATP), determinando contrazioni ascendenti e
rilasciamento discendente. Pertanto la 5-HT può influenzare tutti i componenti del riflesso peristaltico (2). La 5-HT esercita la sua azione interagendo con 7 sottotipi di recettori, 5 dei quali presenti nel tratto GI (5-HT1, 5-HT2, 5-HT3, 5-HT4 and 5-HT7)
che, a loro volta, hanno un’attivazione diversa a seconda della differente porzione Cterminale intercellulare. Inoltre l’efficienza di legame recettoriale e la densità dei recettori può determinare una selettività tessutale con differente azione “regionale” (3). L’attivazione dei recettori 5-HT4 sui neuroni efferenti eccitatori mienterici, portando ad un
aumentato rilascio di ACh e quindi ad un’aumentata contrazione, rappresenta probabilmente il meccanismo predominante dell’effetto sulla motilità gastrica e intestinale
degli agonisti recettoriali 5-HT4. Inoltre i recettori 5-HT4 sono espressi sui neuroni
eccitatori non-adrenergici non-colinergici (NANC) e sui neuroni inibitori nel colon
dell’uomo. Recettori 5-HT4 che causano rilassamento sono stati dimostrati anche nel
muscolo liscio del colon umano. Oltre a questi effetti motori, l’attivazione dei recettori
5-HT4 agisce sulla regolazione della secrezione intestinale aumentando la secrezione di
bicarbonato e cloro. La differente espressione dei recettori 5-HT4 può contribuire ai
meccanismi regionali e/o tempo di rilassamento-contrazione (2).
I nuovi agonisti recettoriali della serotonina (prucalopride, ATI-7505, e velusetrag) si differenziano dai “vecchi” (metoclopramide, cisapride, tegaserod e,
più recentemente, renzapride e mosapride) per una maggior selettività e affinità
verso i recettori 5-HT4 che determina, in particolare, una netta riduzione di possibili
effetti cardiologici (disritmie e alterazioni cardiovascolari) (1-5).
La prucalopride è una benzofurancarboxamide altamente selettiva per i recettori
5-HT4. Ha mostrato, in adulti (in particolare donne, per le quali c’è l’autorizzazione dell’EMEA) con stipsi, aumento del transito nello stomaco, nel piccolo intestino e nel colon (6-7).
19
News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
L’ATI-7505 è derivata dalla cisapride con modifiche volte ad eliminare l’affinità verso il
canale HERG cardiaco e il citocromo p450. Uno studio su volontari sani ha confermato
le proprietà procinetiche della molecola. Sono in corso trial clinici su adulti con stipsi
cronica e dispepsia funzionale (1-3).
Il velusetrag (TD-5108) è un altro agonista recettoriale selettivo 5-HT4 in corso di valutazione in pazienti con stipsi cronica (3).
Il TD-8954 ha alta affinità e selettività per i recettori 5-HT4(c). Studi animali hanno
mostrato aumentata motilità antrale, duodenale e digiunale (1).
Il Daikenchuto (TU-100) è una medicina tradizionale giapponese (Kampo) usata
per trattare l’ileo post-chirurgico con proprietà procinetiche GI mediate da meccanismi colinergici e serotoninergici dimostrate in studi animali ma attualmente non confermate sull’uomo.
AGENTI ANTI-DOPAMINERGICI
Il razionale dell’utilizzo di agenti antidopaminergici si basa sulla presenza di recettori
D2, inibitori della motilità, nel sistema GI. Il blocco di questi recettori inibitori attraverso antagonismo selettivo, come mostrato dal domperidone e dalla metoclopramide,
ha effetti pro cinetici (1).
L’itopride è un antagonista della dopamina D2 e inibitore dell’acetilcolinesterasi. In adulti sani e diabetici non ha mostrato un significativo effetto sullo svuotamento gastrico (1).
AGONISTI DEI RECETTORI DELLA MOTILINA
L’eritromicina è stato il primo farmaco a dimostrare agonismo recettoriale con la motilina e proprietà procinetiche. Da allora diverse molecole agonisti recettoriali della
motilina senza effetti antibiotici sono state valutate senza dimostrare, finora, significativi benefici in confronto a placebo. È stato riportato che la motilina inibisce l’accomodazione gastrica e induce sazietà precoce e ciò potrebbe causare sintomi che negativamente influenzano la motilità gastrica.
Il GM 611 (mitemcinal) è un derivato dell’eritromicina agonista recettoriale della motilina ancora oggetto di studio (1,8).
AGONISTI DEI RECETTORI DELLA GHRELINA
La ghrelina è un peptide di 28 aminoacidi correlato alla motilina ed è il legando naturale del recettore secretagogo dell’ormone della crescita ma ha mostrato differenti effetti
GI: stimolazione della motilità gastrica interdigestiva, aumentato svuotamento gastrico
(in adulti sani e con gastroparesi), inibizione dell’accomodazione gastrica. Agonisti non
peptidi della ghrelina sono attualmente in corso di studio (1,8).
ATTIVATORI DEL CANALE DEL CLORO
L’effetto procinetico GI è attribuito all’aumentata secrezione di cloro e acqua tramite
attivazione del canale CIC-2 sulle cellule intestinali. Risultati promettenti del lubiprostone sono stati riportati in studi umani (9).
ATTIVATORI DELLA GUANILATO CICLASI
L’attivazione della guanilato ciclasi C stimola indirettamente la secrezione di cloro e bicarbonati con possibile effetto procinetico intestinale. La Linaclotide ha mostrato un
miglioramento della frequenza dell’evacuazione in adulti con stipsi (1,9).
CONCLUSIONI
Esistono diverse molecole di nuovi procinetici GI che mostrano una miglior selettività e
affinità recettoriale e quindi una maggior efficacia locale con riduzione degli effetti collaterali specialmente extraintestinali. I risultati clinici più promettenti (in adulti sani e con
20
I nuovi procinetici
Fig. 1 Targets dei nuovi procinetici (modificata da Tack J. in Curr Opinion of Pharmacol 2008)
dismotilità GI) sono rappresentati dai nuovi agonisti recettoriali 5-HT4 e dagli attivatori del canale del cloro. La difficoltà di stabilire un beneficio di questi farmaci è però
ancora spesso determinata da una mancata correlazione tra il miglioramento dei sintomi e della funzione motoria oltre all’eterogeneità patofisiologica dei pazienti e all’assenza di accordo sugli end-points.
BIBLIOGRAFIA
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Key Points
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•I nuovi procinetici utilizzano dive
o
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di
ismi
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mec
selettivo recettoriale (verso
la serotonina, la motilina e la
ghrelina) e secrezione di cloro
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•I nuovi agonisti recettoriali 5-HT
mostrano molta maggior selettività
e affinità recettoriale riducendo
gli effetti collaterali (specialmente
cardiaci)
•La prucalopride e il lubiprostone
tti
hanno mostrato significativi effe
in adulti con stipsi
•I nuovi procinetici sono ancora
in fase sperimentale e nessuno
tra questi è ancora autorizzato
in età pediatrica
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Una strana causa di addome acuto
Stefano Martelossi e Nagua Giurici
Dipartimento di Gastroenterologica Pediatrica, IRCCS Burlo Garofolo, Università di Trieste
Acute abdomen is a common presentation in a pediatric emergency room setting. Although rarely, acute abdomen
can be caused by an intestinal vasculitis. We report a case of acute abdomen that was the presenting sign
of systemic lupus erithematosus.
PRESENTAZIONE CLINICA
M. è un ragazzo di 16 anni che arriva alle ore 00.30 in Pronto Soccorso per la comparsa di dolore addominale ai quadranti
addominali inferiori di destra associato a febbre elevata (40°C). La sintomatologia dura da circa 48 ore.
ESAME OBIETTIVO
Il ragazzo si presenta in condizioni generali scadenti: pallido, sofferente, deambula con difficoltà. Il tempo di ricircolo è inferiore
ai 2 secondi, la cute e le mucose sono pallide ma ben idratate. Nulla da segnalare all’obiettività di cuore e torace. L’addome è
dolente alla palpazione profonda elettivamente in fossa iliaca destra.
SVILUPPO DEL CASO CLINICO 1
Gli esami eseguiti in urgenza in Pronto Soccorso mostrano un aumento degli indici di flogosi (Proteina C Reattiva 24.4 mg/dL
(v.n. < 0.5), VES 113 mm/hr (v.n. 0-20) con leucocitosi e lieve piastrinopenia (GB 13.700/mmc PLT 117.000/mmc).
Dopo consulenza chirurgica il paziente viene portato in sala operatoria con diagnosi di sospetta appendicite acuta per una
laparotomia d’urgenza.
All’intervento si rileva una notevole quantità di liquido emorragico in cavità addominale con un’appendicite necrotica e perforata che è quindi stata rimossa; l’ileo terminale si presentava edematoso e flogistico.
SVILUPPO DEL CASO CLINICO 2
Nei giorni successivi all’intervento le condizioni del ragazzo non migliorano, persiste il dolore, sempre presente febbricola,
compare in terza giornata enterorragia massiva con importante anemizzazione (l’emoglobina passa da 12.3 g/dL a 8.1 g/dL).
Gli indici di flogosi persistono elevati (VES 100 mm/hr, pcr 12 mg/dL).
Le prove emogeniche sono risultate alterate con un INR di 5 con indici di citolisi epatica nella norma. Il ragazzo è stato sottoposto a ripetute trasfusioni di plasma ed emoderivati senza sostanziale beneficio.
Un’ecografia oltre al versamento in fossa iliaca destra in sede di intervento dimostra ispessimento marcato delle anse intestinali e coliche con ipervascolarizzazione.
IPOTESI DIAGNOSTICHE
• Infarto intestinale
• Morbo di Crohn
• TB intestinale
• Vasculite intestinale
• Rettocolite ulcerosa
Viene eseguito un ecodoppler dei vasi mesenterici che mostra un iperafflusso, senza segni di stasi venosa o riduzione del flusso.
Intradermoreazione Mantoux negativa.
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Intanto la situazione clinica si aggrava, persiste enteroraggia massiva con comparsa di ipoprotidemia nonostante trasfusioni di
emazie, plasma e terapia antibiotica triplice.
La positività del test dell’anticoagulante lupico, il complemento basso (C3 9 mg/dL C4 8 mg/dL) la positività per ANA (1:160
immunofluorescenza), anti DNA (ELISA test 130.69 IU/mL) e anticorpi anti cardiolipina (ELISA test 10.87 U/mL) fanno porre
diagnosi di vasculite intestinale e viene avviata terapia corticosteroidea (prednisone 1 mg/kg/giorno ev).
Per la persistenza di enteroraggia massiva dopo 4 giorni di terapia, nel tentativo di identificare il sito di sanguinamento M. è
stato sottoposto a una TAC addome e una scintigrafia con colloidi senza successo per cui viene sottoposto a un nuovo intervento di laparotomia. La laparotomia ha mostrato edema e dilatazione dell’ileo terminale e del ceco con sanguinamento dal
lato mucosale e sierosale. È stata quindi eseguita una resezione ileo-cecale di circa 40 cm con anastomosi ileo-colica diretta.
L’analisi istologica dell’intestino resecato ha mostrato edema e infiltrato emorragico della sub mucosa e del mesentere con
vasculite diffusa delle venule. I vasi di piccolo e medio calibro mostravano un infiltrato misto di cellule infiammatorie con prevalenza di polimorfonucelati. È stata quindi formalizzata la diagnosi di Lupus Eritematoso Sistemico.
Una rivalutazione della storia precedente rivela 2 episodi di fugace rasch malare un mese prima dell’esordio della malattia.
Viene iniziata terapia con Ciclofosfamide (1 grammo) e steroide ev (2 mg/kg/ev) con rapida risoluzione dell’enteroraggia.
PUNTI CRITICI DELLA DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE
La diagnosi clinica di appendicite era inevitabile in quanto la presentazione clinica e gli esami di laboratorio erano compatibili
tale diagnosi. Tuttavia, non sempre un’addome acuto è un’appendicite acuta. Come dimostra il caso di M., anche le vasculiti
possono esordire come malattia intestinale. Nonostante i sintomi gastrointestinali siano frequenti tra i pazienti con LES, riguardando circa il 30% dei casi e l’addome acuto in corso di LES si verifichi nel 13% dei casi, la vasculite mesenterica come
sintomo di presentazione rappresenta un evenienza molto rara. Secondo una recente casistica su 540 casi di LES uno solo
ha presentato un esordio con addome acuto. I segni e i sintomi di vasculite mesenterica non sono tipici e spesso la diagnosi
differenziale è molto difficile.
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Key Points
QUALI TAKE HOME MESSAGE?
esordire come addome acuto
Il Lupus Eritematoso Sistemico può
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Blue Rubber Bleb Nevus Syndrome
MAURA Agnese1, Livio Cipolletta2, Maria Antonia Bianco2, PAOLO Quitadamo1,
Annamaria Staiano1 e Erasmo Miele1
1Dipartimento di Pediatria, Università “Federico II” di Napoli
2Divisione di Gastroenterologia, Ospedale “A. Maresca’’ di Torre del Greco (NA)
Blue Rubber Bleb Nevus Syndrome (BRBNS) is a rare condition with multiple venous malformations in skin
and gastrointestinal (GI) tract, intestinal haemorrhage and anaemia. We describe a 10-year-old girl
who presented numerous venous malformations, a severe episode of gastric bleeding, chronic anaemia.
GI endoscopy revealed spread giant venous malformations. Endoscopy is the gold standard technique
for the diagnosis and immediate therapeutic measures of BRBNS.
Descriviamo il caso di una bimba di 10 anni, giunta alla nostra osservazione per dolori addominali e
anemia cronica sideropenica, resistente alla terapia
marziale. Presenti fin dalla nascita numerosi angiomi
cutanei, di cui la biopsia ne confermò la natura vascolare, e una lesione linfangiomatosa alla gamba
destra. La RMN escluse un interessamento cerebrale
e addominale. Alcune lesioni escisse chirurgicamente a 2 anni d’età, recidivarono. A 5 anni presentò un
episodio acuto di anemia grave, trattato con trafusione di emazie, legato al sanguinamento di un angioma gastrico. Posta in terapia con Inibitori di Pompa
Protonica (IPP) e supplementazione marziale, non
Fig. 1 Tipiche lesioni cutanee angiomatose moriformi di colore
si ottenne la scomparsa né del deficit di ferro, né del
blu, sul dorso della paziente
sangue occulto nelle feci. Per il sovrapporsi di dolori
addominali giunse alla nostra osservazione. All’ingesso mostrava pallore cutaneo, più di 40 angiomi, blu, moriformi, diffusi a cute e mucose e gonfiore alla gamba destra, causa di andatura claudicante [Figura 1]. Le indagini
di laboratorio evidenziarono lieve anemia sideropenica con test assorbitivi intestinali e ricerca di sangue occulto
nelle feci negativi. Le indagini radiologiche (USG e RMN) mostrarono una lesione suggestiva di linfangioma alla
guancia; zone iperintense al muscolo massetere; nulla ad encefalo e addome. L’endoscopia del tratto gastrointestinale (GI) evidenziò, invece, numerosi angiomi, sia piatti che peduncolati, in tutti i segmenti GI [Figura 2].
Poiché nessuna lesione mostrava segni di sanguinamento fu deciso un atteggiamento conservativo. Date le
caratteristiche tipiche delle lesioni e dell’andamento clinico si sono potuto escludere le principali angiomatosi e
porre diagnosi di S. di Bean (1) o Blue Rubber Bleb Nevus Syndrome (BRBNS). Questa è una condizione rara caratterizzata da angiomi multipli cutanei e degli organi interni, soprattutto GI.Tali lesioni, presenti alla nascita o nella
prima infanzia, aumentano col tempo in numero e dimensioni e recidivano dopo escissione chirurgica; sono
caratterizzate da vasi ectasici e non sono soggette a trasformazione maligna (2-9). La diagnosi è clinica, basata
sulla presenza delle caratteristiche lesioni associate a sanguinamento GI (positività dell’occult- test sulle feci). Le
indagini radiologiche possono riscontrare eventuali lesioni interne. L’endoscopia è il gold standard per la valutazione delle lesioni GI e consente trattamenti terapeutici immediati come la coagulazione con argon o con il
laser, la terapia sclerosante o bendaggi. Non esiste ancora una standardizzazione delle tecniche migliori utilizzabili in questa patologia, essendo la letteratura basata solo su case report, per la estrema rarità della patologia. La
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A
B
Fig. 2 Quadro endoscopico (A) 2 angiomi
esofagei; (B) lesione angiomatosa gigante
allo stomaco; (C, D) tipiche lesioni disseminate
alla mucosa colica
capsula endoscopica sta diventando un importante aiuto per la
valutazione del piccolo intestino
e per poter stabilire con migliore
C
D
precisione la tecnica terapeutica
più adeguata in base a numero,
localizzazione e dimensioni delle
lesioni e ai sintomi associati. Se
le lesioni sono confinate ad un
unico tratto GI può essere utile la
resezione, viceversa un atteggiamento conservativo può essere
la scelta se i sintomi sono moderati (10). In questi casi la terapia si
basa su supplementazioni di ferro o emotrasfusioni. In letteratura
sono anche descritti trattamenti
farmacologici basati su corticosteroidi, interferon a, vicristina o octreotide, per ridurre la proliferazione endoteliale e arrestare la formazione, la crescita e i sanguinamenti delle lesioni. La nostra paziente presentava una forma
moderata della patologia e il nostro è stato quindi un atteggiamento conservativo basato sulla terapia marziale
e con PPI e un attento follow-up ematologico ed endoscopico per escludere nuove lesioni o sanguinamenti.
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syndrome. Dig Liver Dis 2005;37:451-3.
Key Points
inale, che possono
di lesioni angiomatose del tratto gastrointest
• La BRBNS è caratterizzata dalla presenza
provocare sanguinamenti
zzazione delle lesioni
di valutare il numero, la grandezza e la locali
• L’endoscopia è l’unica tecnica in grado
su cui si stabilisce
base
la
sono
he
teristic
carat
Tali
di sanguinamenti.
e l’eventuale presenza e punto d’origine
il tipo di trattamento della patologia
bendaggi, scleroterapia)
mento immediato (coagulazione con laser,
• L’endoscopia può inoltre consentire un tratta
inamento occulto,
diventando sempre più utile, nei casi di sangu
• L’utilizzo della capsula endoscopica sta
per valutare il piccolo intestino
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Uno strano caso di “intolleranza
alle proteine del latte vaccino”
Paola Soriani, Patrizia Perazzo, Cristina Calzolari, Francesca Vincenzi, Fabiola Fornaroli,
Alessia Ghiselli, Barbara Bizzarri e carmen madia
U.O.C. di Gastroenterologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Oesophageal stenosis (OES) is a rare clinical condition of childhood. The definitive diagnosis often is difficult
to make and the ideal therapeutic strategy remains controversial. We report the case of one-year-old child
with OES with previous diagnosis of cow’s milk allergy and gastroesophageal reflux disease.
A upper endoscopy has enabled a correct diagnosis and treatment (dilatation).
Caso Clinico
Descrizione del caso/Diagnostica differenziale
G.T., maschio di 1 anno, presenta vomiti ricorrenti fin dalla nascita e rifiuto per i cibi solidi dal divezzamento, senza tuttavia aver
manifestato un significativo calo ponderale.
Durante i primi mesi di vita il bambino, per la persistenza della sintomatologia, ha assunto vari tipi di formule anche speciali (latte
di soia, latte anti-rigurgito ed idrolisato estensivo) nel sospetto di
allergia alle proteine del latte vaccino. È stato inoltre sottoposto ad
ecografia addominale con successivo avvio di ciclo di terapia con
inibitore della secrezione acida (ranitidina prima ed inibitore della
pompa protonica dopo).
Appena giunto alla nostra osservazione, per la storia clinica riferita di vomito e cronico che si era accentuato in coincidenza dello
svezzamento e dell’aumento di consistenza dei pasti, è stato sottoposto ad una esofagogastroduodenoscopia del tratto digestivo superiore con evidenza di una stenosi invalicabile (del diametro di circa 2-3 mm) a livello dell’esofago medio-inferiore.
Ha completato con esecuzione di TC del torace che ha escluso
la presenza anelli vascolari, lesioni espansive del mediastino o
compressioni ab estrinseco.
Ipotesi di terapia endoscopica (dilatazione esofagea)
Il trattamento della stenosi esofagea ha previsto l’esecuzione in
anestesia generale di dilatazione perendoscopica attraverso l’utilizzo di sonde di Savary di calibro progressivo da 7 a 9 mm. Tale
approccio è stato ripetuto a distanza di 3 settimane con utilizzo di
sonda di Savary di 10 e 11 mm: infine, attraverso utilizzo di sonda
pneumatica, si è raggiunto un calibro di 12 mm.
In atto, sono state eseguite 3 sedute di dilatazione endoscopica
con brillanti risultati sul piano clinico e ripresa di una regolare
alimentazione in assenza di sintomi degni di nota.
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Fig. 1 Stenosi esofagea
Fig. 2 Stenosi pre-dilatazione
Conclusioni e messaggi pratici
• Le stenosi esofagee congenite non sono patologie frequenti
(1:25.000-50.000 nati vivi), ma in casi di disfagia severa all’introduzione di cibi solidi o semi-solidi, devono comunque essere prese in considerazione nella diagnostica differenziale.
• Nel bambino con vomito cronico che si accentua in coincidenza dello svezzamento deve essere presa in considerazione l’ipotesi di una disfagia secondaria ad alterazioni congenite o secondarie del calibro dell’esofago.
• L’endoscopia digestiva svolge un ruolo fondamentale, insieme allo studio radiologico, nell’iter diagnostico-terapeutico.
Fig. 3 Esofago post dilatazione a 11 mm
con sonda di Savary
• Appare sempre necessario differenziare stenosi esofagee primitive o secondarie (malformazioni cardiovascolari o lesioni
mediastiniche).
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and management. Pediatr Surg Int 2010; 26:547-551.
Fig. 4 Esofago post dilatazione con sonda
pneumatica a 12 mm
Per vedere i video accedere al portale www.sigenp.org,
entrare nell’area Editoria > Giornale SIGENP 2011 >
Volume III - n.4 Dicembre 2011
e selezionare la Rubrica con al suo interno il video di vostro interesse
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10 mg
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. LUCEN 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E
QUANTITATIVA. Ogni bustina contiene: 10 mg di esomeprazolo (come magnesio triidrato). Eccipienti: saccarosio 6,8 mg e glucosio 2,8 mg. Per l’elenco
completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. Granuli fini giallo
pallido. Possono essere visibili granuli bruni. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Lucen sospensione orale è principalmente
indicato per il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) nei bambini da 1 a 11 anni di età. Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE)
- trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente; - trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE).
Lucen sospensione orale, può essere usato anche nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire le compresse gastroresistenti dispersibili di Lucen. Per le
indicazioni nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. 4.2. Posologia e
modo di somministrazione. Per la dose da 10 mg, svuotare il contenuto di una bustina da 10 mg in un bicchiere contenente 15 ml di acqua. Per la dose da
20 mg, svuotare il contenuto di due bustine da 10 mg in un bicchiere contenente 30 ml di acqua. Non usare acqua gasata. Mescolare il contenuto fino ad
ottenere la dispersione del granulato e lasciare addensare per alcuni minuti. Mescolare di nuovo e bere il contenuto entro 30 minuti. I granuli non devono
essere masticati o frantumati. Sciacquare il bicchiere con 15 ml di acqua per assumere tutti i granuli. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: vedere
paragrafo 6.6 per la preparazione e le istruzioni per la somministrazione. Bambini da 1 a 11 anni di età con peso corporeo ≥ 10 kg Malattia da reflusso
gastroesofageo (MRGE) - Trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente Peso ≥ 10 - <20 kg: 10 mg una volta al giorno per 8
settimane. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg una volta al giorno per 8 settimane. - Trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) 10
mg una volta al giorno fino ad 8 settimane. Dosi superiori a 1 mg/kg/die non sono state studiate. Adulti ed adolescenti dai 12 anni di età Per la posologia
nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. Bambini al di sotto di 1 anno
di età o < 10 kg Lucen non deve essere impiegato nei bambini al di sotto dell’anno di vita o nei bambini con peso < 10 kg in quanto non sono disponibili dati.
Pazienti con funzionalità renale ridotta Nei pazienti con ridotta funzionalità renale non sono necessari adattamenti di dosaggio. In considerazione della
limitata esperienza clinica, i pazienti con grave insufficienza renale devono essere trattati con cautela (vedere paragrafo 5.2). Pazienti con funzionalità
epatica ridotta Nei pazienti con compromissione epatica lieve o moderata non è richiesto un adattamento della dose. Nei pazienti di età ≥ 12 anni con
compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg di Lucen. Nei bambini di 1-11 anni con compromissione epatica grave
non deve essere superata la dose massima di 10 mg (vedere paragrafo 5.2). 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità nota verso l’esomeprazolo, verso i
sostituti benzimidazolici o verso qualunque altro componente della formulazione. L’esomeprazolo non deve essere usato in concomitanza con nelfinavir
(vedere paragrafo 4.5). 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. In presenza di qualsiasi sintomo allarmante (per esempio significativa perdita di
peso non intenzionale, vomito ricorrente, disfagia, ematemesi o melena) e quando si sospetta o è confermata la presenza di un’ulcera gastrica, la natura
maligna dell’ulcera deve essere esclusa in quanto la terapia con Lucen potrebbe alleviare i sintomi e ritardare la diagnosi. Pazienti trattati per un lungo periodo
(in particolare quelli sottoposti a trattamento per più di un anno) devono essere controllati regolarmente. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti
e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). I pazienti in regime terapeutico di trattamento al bisogno devono essere istruiti a contattare
il loro medico qualora i sintomi avvertiti dovessero assumere un carattere diverso. Il trattamento al bisogno non è stato studiato nei bambini e quindi non è
indicato in questo gruppo di pazienti. Nei pazienti che seguono questo regime terapeutico devono essere tenute in considerazione le implicazioni dovute alle
fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche dell’esomeprazolo per le interazioni con altri farmaci (vedere paragrafo 4.5). La specialità medicinale contiene
saccarosio e glucosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio, da malassorbimento di glucosio-galattosio, o da insufficienza di
sucrasi isomaltasi, non devono assumere questo medicinale. La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata (vedere paragrafo
4.5). Se l’associazione di atazanavir con un inibitore di pompa protonica è inevitabile, si raccomanda uno stretto monitoraggio clinico in associazione ad un
aumento della dose di atazanavir a 400 mg con 100 mg di ritonavir; la dose di esomeprazolo non deve superare i 20 mg. L’esomeprazolo è un inibitore del
CYP2C19. All’inizio o alla fine del trattamento con esomeprazolo deve essere considerata la potenziale interazione con farmaci metabolizzati dal CYP2C19.
È stata osservata un’interazione tra clopidogrel e omeprazolo (vedere paragrafo 4.5). La rilevanza clinica di questa interazione è incerta. A titolo precauzionale,
deve essere scoraggiato l’uso concomitante di esomeprazolo e clopidogrel. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Influenza
dell’esomeprazolo sulla farmacocinetica di altri farmaci. Prodotti medicinali con assorbimento dipendente dal pH La ridotta acidità intragastrica
correlata al trattamento con esomeprazolo può aumentare o diminuire l’assorbimento di alcuni farmaci, se il loro meccanismo di assorbimento è influenzato
dall’acidità gastrica. Come osservato per altri inibitori della secrezione acida o antiacidi, l’assorbimento di ketoconazolo e itraconazolo può diminuire durante
il trattamento con esomeprazolo. Sono state segnalate interazioni tra omeprazolo e alcuni inibitori della proteasi. La rilevanza clinica e i meccanismi di tali
interazioni non sono sempre noti. Un aumento del pH gastrico durante il trattamento con omeprazolo può modificare l’assorbimento degli inibitori della
proteasi. Altri possibili meccanismi di interazione avvengono attraverso inibizione del CYP2C19. È stata segnalata una diminuzione dei livelli sierici di
atazanavir e nelfinavir quando somministrati con omeprazolo e pertanto la somministrazione concomitante non è raccomandata. La somministrazione
concomitante di omeprazolo (40 mg/die) con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg nei volontari sani determina una sostanziale riduzione dell’esposizione ad
atazanavir (una diminuzione di circa il 75% dell’AUC, Cmax e Cmin). Un aumento della dose di atazanavir a 400 mg non compensa l’impatto dell’omeprazolo
sull’esposizione ad atazanavir. La co-somministrazione di omeprazolo (20mg/die) atazanavir 400 mg/ritonavir 100 mg in volontari sani è risultata in una
diminuzione di circa il 30% nell’esposizione ad atazanavir rispetto all’esposizione osservata con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg/die senza omeprazolo 20
mg/die. La co-somministrazione di omeprazolo (40 mg/die) ha ridotto l’AUC, la Cmax e la Cmin medi di nelfinavir del 36–39% e l’AUC, la Cmax e la Cmin medi del
metabolita farmacologicamente attivo M8 del 75–92%. Sono stati segnalati aumentati livelli sierici (80-100%) di saquinavir (in co-somministrazione con
ritonavir) durante il trattamento concomitante con omeprazolo (40 mg/die). Il trattamento con omeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di
darunavir (in co-somministrazione con ritonavir) e amprenavir (in co-somministrazione con ritonavir). Il trattamento con esomeprazolo 20 mg/die non ha avuto
effetti sull’esposizione di amprenavir (con e senza co-somministrazione di ritonavir). Il trattamento con omeprazolo 40 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione
di lopinavir (in co-somministrazione con ritonavir). La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata e la co-somministrazione di
esomeprazolo e nelfinavir è controindicata a causa degli effetti farmacodinamici e delle proprietà farmacocinetiche simili di omeprazolo ed esomeprazolo.
Farmaci metabolizzati dal CYP2C19 L’esomeprazolo inibisce il suo principale enzima metabolizzante, il CYP2C19. Quando l’esomeprazolo è associato ad
altri farmaci metabolizzati attraverso il CYP2C19, come diazepam, citalopram, imipramina, clomipramina, fenitoina, ecc., le concentrazioni plasmatiche di
questi farmaci potrebbero essere aumentate e potrebbe rendersi necessaria una riduzione delle dosi. Ciò va tenuto in particolare considerazione quando
l’esomeprazolo viene prescritto al bisogno. La somministrazione concomitante di esomeprazolo 30 mg promuove una riduzione del 45% della clearance del
diazepam, substrato del CYP2C19. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo promuove nei pazienti epilettici un innalzamento dei livelli
plasmatici minimi della fenitoina del 13%. Si raccomanda di monitorare le concentrazioni plasmatiche della fenitoina quando si inizia o si sospende il trattamento
con esomeprazolo. L’omeprazolo (40 mg/die) aumenta la Cmax e l’AUCt del voriconazolo (substrato del CYP2C19) rispettivamente del 15% e del 41%. La
somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo a pazienti in trattamento con warfarin ha evidenziato, in uno studio clinico, che i tempi di coagulazione
rimanevano entro un intervallo di normalità. Tuttavia, dopo la commercializzazione del prodotto, durante il trattamento concomitante, sono stati segnalati alcuni
casi isolati di innalzamento dei valori di INR di rilevanza clinica. Si raccomanda il monitoraggio del pazienteall’inizio ed al termine del trattamento concomitante
con esomeprazolo durante la terapia con warfarin o altri derivati cumarinici. Nei volontari sani, la somministrazione concomitante di esomeprazolo 40 mg e
cisapride promuove un innalzamento del 32% dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo (AUC) e un prolungamento del 31% dell’emivita di
eliminazione (t½), ma non un aumento significativo dei picchi di concentrazione plasmatica della cisapride. Il lieve prolungamento dell’intervallo QTc osservato
dopo somministrazione della cisapride da sola non è ulteriormente allungato in seguito all’ associazione di cisapride ed esomeprazolo. È stato dimostrato che
l’esomeprazolo non ha effetti clinici rilevanti sulla farmacocinetica di amoxicillina e chinidina. Non sono state evidenziate interazioni farmacocinetiche
clinicamente rilevanti negli studi a breve termine in cui è stata valutata la somministrazione concomitante di esomeprazolo con naprossene o con rofecoxib.
In uno studio clinico cross-over, clopidogrel (dose di carico 300 mg seguita da 75 mg/die) è stato somministrato per 5 giorni in monoterapia e con omeprazolo
(80 mg somministrati insieme a clopidogrel). L’esposizione al metabolita attivo di clopidogrel è diminuita del 46% (giorno 1) e del 42% (giorno 5) quando
clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati. Quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati si è avuta una diminuzione del 47% (24
ore) e del 30% (giorno 5) dell’inibizione media dell’aggregazione piastrinica (IPA). In un altro studio è stato dimostrato che la somministrazione di clopidogrel
e omeprazolo in tempi differenti non previene la loro interazione, che sembra guidata dall’azione inibitrice dell’omeprazolo sul CYP2C19. Sono stati segnalati
dati non univoci, provenienti da studi osservazionali e clinici, sulle implicazioni cliniche di questa interazione farmacocinetica/farmacodinamica in termini di
eventi cardiovascolari maggiori. Influenza di altri farmaci sulla farmacocinetica dell’esomeprazolo L’esomeprazolo è metabolizzato attraverso il CYP2C19
e il CYP3A4. Il trattamento concomitante con esomeprazolo e un inibitore del CYP3A4, claritromicina (500 mg b.i.d.) promuove un raddoppio dell’esposizione
(AUC) all’esomeprazolo. La somministrazione concomitante di esomeprazolo ed un inibitore combinato del CYP2C19 e del CYP3A4 può portare ad
un’esposizione di esomeprazolo più che raddoppiata. Il voriconazolo, inibitore del CYP2C19 e del CYP3A4, innalza l’AUCt dell’omeprazolo del 280%. Un
adattamento della dose di esomeprazolo non è regolarmente richiesto in entrambe le sopra menzionate situazioni, tuttavia, deve essere preso in considerazione
nei pazienti con compromissione epatica grave e nei casi in cui è indicato un trattamento a lungo termine. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti
e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). 4.6. Gravidanza e allattamento. Per Lucen i dati clinici sull’esposizione in gravidanza
sono insufficienti. Con l’omeprazolo, miscela racemica, non sono state osservate malformazioni o effetti fetotossici negli studi epidemiologici condotti su un
vasto numero di donne in gravidanza. Studi condotti negli animali con esomeprazolo non indicano effetti dannosi diretti o indiretti a carico dello sviluppo
embriofetale. Studi condotti negli animali con la miscela racemica non indicano effetti dannosi diretti o indiretti sulla gravidanza, parto o sviluppo postnatale.
La prescrizione del farmaco a donne in gravidanza deve avvenire con cautela. Non è noto se l’esomeprazolo venga escreto nel latte materno. Non sono stati
condotti studi nelle donne che allattano, pertanto Lucen non deve essere usato durante l’allattamento. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso
di macchinari. Non è stato osservato nessun effetto. 4.8. Effetti indesiderati. Le seguenti reazioni avverse sono state identificate sospettate durante gli studi
clinici condotti con l’esomeprazolo e dopo la commercializzazione. Nessuna di queste è risultata dose-correlata. Le reazioni sono state classificate in base alla
frequenza: molto comune > 1/10; comune >1/100, <1/10; non comune ≥1/1000, <1/100; raro ≥1/10.000, <1/1000; molto raro < 1/10.000; non nota (la
frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Rare:
malessere, aumentata sudorazione. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Rare: broncospasmo. Patologie del sistema emolinfopoietico
Rare: leucopenia, trombocitopenia. Molto rare: agranulocitosi, pancitopenia. Patologie del sistema nervoso Comuni: cefalea. Non comuni: capogiri,
parestesia, sonnolenza. Rare: disturbi del gusto. Disturbi del sistema immunitario Rare: reazioni di ipersensibilità quali ad esempio febbre, angioedema e
reazione/shock anafilattico. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comuni: dermatite, prurito, eruzione cutanea, orticaria. Rare: alopecia,
fotosensibilità. Molto rare: eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica (TEN). Patologie epatobiliari Non comuni:
innalzamento dei valori degli enzimi epatici. Rare: epatiti con o senza ittero. Molto rare: insufficienza epatica, encefalopatia nei pazienti con malattia epatica
preesistente. Patologie gastrointestinali Comuni: dolore addominale, costipazione, diarrea, flatulenza, nausea/vomito. Non comuni: secchezza della bocca.
Rare: stomatite, candidosi gastrointestinale. Disturbi del metabolismo e della nutrizione Non comuni: edema periferico. Rare: iponatriemia. Molto rare:
ipomagnesiemia. Patologie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo Rare: artralgia, mialgia. Molto rare: debolezza muscolare. Patologie
renali e urinarie Molto rare: nefrite interstiziale. Disturbi psichiatrici Non comuni: insonnia. Rare: agitazione, confusione, depressione. Molto rare:
aggressività, allucinazioni. Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Molto rare: ginecomastia. Patologie dell’occhio Rare: offuscamento
della vista. Patologie dell’orecchio e del labirinto Non comuni: vertigini. 4.9. Sovradosaggio. L’esperienza sul sovradosaggio intenzionale è attualmente
molto limitata. Sintomi gastrointestinali e debolezza sono stati descritti in relazione all’assunzione di 280 mg. Dosi singole di 80 mg di esomeprazolo non hanno
causato conseguenze. Non è noto un antidoto specifico. L’esomeprazolo è ampiamente legato alle proteine plasmatiche e pertanto non è velocemente
dializzabile. Come in tutti i casi di sovradosaggio, il trattamento deve essere sintomatico, adottando misure di supporto generiche. 5. PROPRIETÀ
FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: inibitori della pompa acida. Codice ATC: A02BC05. L’esomeprazolo
è lisomero S dell’omeprazolo e riduce la secrezione acida gastrica mediante un meccanismo di azione specifico e selettivo. L’esomeprazolo è un inibitore
specifico della pompa acida a livello della cellula parietale. Entrambi gli isomeri dell’omeprazolo, R e S, hanno attività farmacodinamica simile. Sito e
meccanismo di azione L’esomeprazolo è una base debole ed è concentrato e convertito nella forma attiva nell’ambiente fortemente acido dei canalicoli
intracellulari della cellula parietale, dove inibisce l’enzima H+K+-ATPasi - pompa acida promuovendo un’inibizione della secrezione acida basale e stimolata.
Effetti sulla secrezione acida gastrica Dopo la somministrazione orale di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’effetto sulla secrezione acida si manifesta entro
1 ora. Dopo somministrazioni ripetute con esomeprazolo da 20 mg una volta al giorno per 5 giorni, il picco medio di secrezione acida dopo stimolazione con
pentagastrina risulta ridotto del 90% quando valutato 6-7 ore dopo la dose del quinto giorno. Dopo 5 giorni di somministrazione orale con esomeprazolo da 20
mg e 40 mg, il pH intragastrico viene mantenuto a valori superiori a 4 rispettivamente per un tempo medio di 13 e 17 ore su 24 nei pazienti con malattia da
reflusso gastroesofageo sintomatica. La proporzione dei pazienti che mantiene il pH intragastrico a valori superiori a 4 per almeno 8, 12 e 16 ore è
rispettivamente pari al 76%, 54% e 24% per l’esomeprazolo da 20 mg, e pari al 97%, 92% e 56% per l’esomeprazolo da 40 mg. È stata dimostrata una
correlazione tra l’esposizione al farmaco e l’inibizione della secrezione acida usando l’AUC come parametro surrogato della concentrazione plasmatica. Effetti
terapeutici sull’inibizione acida L’esomeprazolo da 40 mg promuove la guarigione dell’esofagite da reflusso in circa il 78% dei pazienti dopo 4 settimane e
nel 93% dopo 8 settimane. Altri effetti correlati all’inibizione acida Durante il trattamento con farmaci antisecretori è stato osservato un innalzamento dei
livelli sierici di gastrina in risposta alla diminuita secrezione acida. Un aumento del numero delle cellule ECL, possibilmente correlato ad un aumento dei livelli
della gastrinemia, è stato osservato in alcuni pazienti durante il trattamento a lungo termine con esomeprazolo. Durante il trattamento a lungo termine con
farmaci antisecretori, è stato osservato un aumento della frequenza di comparsa di cisti ghiandolari gastriche che rappresentano la fisiologica conseguenza
della pronunciata inibizione della secrezione acida. Dette formazioni sono di natura benigna e appaiono reversibili. Bambini con malattia da reflusso
gastroesofageo (MRGE) da 1 a 11 anni di età In uno studio multicentrico a gruppi paralleli, 109 pazienti con MRGE dimostrata endoscopicamente (da 1 a
11 anni di età) sono stati trattati con Lucen una volta al giorno per 8 settimane al fine di valutare la sicurezza e la tollerabilità. Il dosaggio per peso corporeo
del paziente era il seguente: Peso < 20 kg: 5 mg o 10 mg di esomeprazolo una volta al giorno. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg di esomeprazolo una volta al
giorno. I pazienti sono stati caratterizzati endoscopicamente in base alla presenza o assenza di esofagite erosiva. 53 pazienti avevano al tempo basale
esofagite erosiva. Dei 45 pazienti sottoposti a follow-up endoscopico, 43 (93,3%) erano guariti dall’esofagite erosiva durante le 8 settimane di trattamento. 5.2.
Proprietà farmacocinetiche. Assorbimento e distribuzione L’esomeprazolo è sensibile all’ambiente acido ed è somministrato per via orale in forma di
granuli gastroresistenti. In vivo, la conversione a R-isomero è irrilevante. L’assorbimento dell’esomeprazolo è rapido, con picchi di livelli plasmatici riscontrabili
approssimativamente 1-2 ore dopo l’assunzione della dose. La biodisponibilità totale è pari al 64% dopo una singola somministrazione di 40 mg ed arriva
all’89% dopo somministrazioni giornaliere ripetute. Per il dosaggio da 20 mg di esomeprazolo i valori corrispondenti sono pari rispettivamente al 50% e al 68%.
Il volume di distribuzione apparente allo stato stazionario nei soggetti sani è di circa 0,22 l/kg di peso corporeo. Il 97% di esomeprazolo si lega alle proteine
plasmatiche. L’assunzione di cibo ritarda e diminuisce l’assorbimento dell’esomeprazolo, sebbene questo non abbia alcuna significativa influenza sull’effetto
dell’esomeprazolo sull’acidità intragastrica. Metabolismo ed eliminazione L’esomeprazolo è metabolizzato completamente dal sistema del citocromo P450
(CYP). La maggior parte del metabolismo dell’esomeprazolo è dipendente dal CYP2C19 polimorficamente espresso, responsabile della formazione di idrossie desmetil metaboliti di esomeprazolo. La parte restante dipende da un’altra isoforma specifica, CYP3A4, responsabile della formazione di esomeprazolo
sulfonato, che rappresenta il principale metabolita plasmatico. I parametri sotto riportati riflettono principalmente la farmacocinetica negli individui metabolizzatori
rapidi, forniti di un enzima CYP2C19 funzionante. La clearance plasmatica totale è pari a circa 17 l/h dopo una singola dose e pari a circa 9 l/h dopo
somministrazioni ripetute. L’emivita di eliminazione plasmatica dell’esomeprazolo è di circa 1,3 ore dopo somministrazioni giornaliere ripetute. La
farmacocinetica dell’esomeprazolo è stata studiata fino a dosi di 40 mg b.i.d. L’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo aumenta con la
somministrazione ripetuta di esomeprazolo. Questo aumento è dose dipendente e porta ad un aumento dell’AUC più che proporzionale alla dose dopo
somministrazioni ripetute. Questa dose-dipendenza e tempo-dipendenza sono dovute alla diminuzione dell’effetto di primo passaggio metabolico e della
clearance sistemica, probabilmente dovuta all’inibizione dell’enzima CYP2C19 causata dall’esomeprazolo e/o dal suo metabolita sulfonato. Nell’intervallo di
tempo tra le somministrazioni, l’esomeprazolo è completamente eliminato dal plasma e non ha tendenza all’accumulo quando somministrato una volta al
giorno. I maggiori metaboliti dell’esomeprazolo non hanno effetti sulla secrezione acida. Quasi l’80% di una dose orale di esomeprazolo viene escreto come
metaboliti nelle urine, il rimanente si ritrova nelle feci. Meno dell’1% del farmaco di origine si ritrova nelle urine. Popolazione di pazienti particolari
Approssimativamente il 2,9±1,5% della popolazione, denominata metabolizzatori lenti, ha una funzionalità insufficiente dell’enzima CYP2C19. In questi
individui è probabile che il metabolismo dell’esomeprazolo sia principalmente catalizzato attraverso il CYP3A4. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute di
40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo era approssimativamente più alta del 100% nei metabolizzatori
lenti rispetto ai soggetti con l’enzima CYP2C19 funzionante (rapidi metabolizzatori). Il picco medio di concentrazione plasmatica era aumentato di circa il 60%.
Queste osservazioni non hanno implicazioni sulla posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo non è modificato significativamente nei
soggetti anziani (71-80 anni). Dopo una singola somministrazione di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/
tempo è approssimativamente più alta del 30% nelle donne rispetto agli uomini. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute non è stata osservata alcuna
differenza tra i sessi. Queste osservazioni non hanno implicazioni per la posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo nei pazienti con
disfunzioni epatiche lievi – moderate può essere compromesso. La velocità metabolica è diminuita nei pazienti con gravi disfunzioni epatiche con conseguente
raddoppiamento dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo dell’esomeprazolo. Quindi nei pazienti con disfunzione grave non deve essere
superata la dose massima di 20 mg. L’esomeprazolo e i suoi metaboliti principali non mostrano alcuna tendenza all’accumulo quando somministrati una volta
al giorno. Non sono stati condotti studi nei pazienti con ridotta funzionalità renale. Poiché il rene è responsabile dell’escrezione dei metaboliti dell’esomeprazolo
ma non dell’eliminazione del composto di origine, si ritiene che il metabolismo dell’esomeprazolo non venga modificato nei pazienti con funzionalità renale
ridotta. Popolazione pediatrica Adolescenti dai 12 ai 18 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’esposizione totale
(AUC) ed il tempo di raggiungimento della massima concentrazione plasmatica del farmaco (tmax) negli adolescenti di 12-18 anni sono risultati simili a quelli
osservati negli adulti. Bambini da 1 a 11 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di 10 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) osservata all’interno
dell’intervallo di età da 1 a 11 anni è risultata simile, e l’esposizione era simile a quella degli adolescenti e degli adulti trattati con la dose di 20 mg. Dopo
somministrazioni ripetute di 20 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) era più elevata nei bambini da 6 a 11 anni rispetto a quella osservata negli
adolescenti e negli adulti trattati con la medesima dose. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Gli studi preclinici convenzionali di tossicità, genotossicità e tossicità
della riproduzione con somministrazioni ripetute non hanno evidenziato particolari rischi per l’uomo. Gli studi di cancerogenesi nei ratti trattati con la miscela
racemica hanno evidenziato un’iperplasia delle cellule gastriche ECL e carcinoidi. Tali modificazioni osservate nei ratti sono il risultato di un’elevata e
pronunciata ipergastrinemia secondaria all’inibizione acida e sono state osservate nel ratto dopo trattamenti protratti nel tempo con gli inibitori della secrezione
acida gastrica. Rispetto a quanto osservato negli animali adulti, non sono stati osservati effetti tossici nuovi o inattesi nei ratti e nei cani giovani in seguito a
somministrazione di esomeprazolo per 3 mesi. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Granuli di esomeprazolo: Glicerolo
monostearato 40-55, Idrossipropil cellulosa, Ipromellosa, Magnesio stearato, Acido metacrilico etile acrilato copolimero (1:1) dispersione al 30%, Polisorbato
80, Saccarosio sfere (saccarosio e amido di mais), Talco, Trietil citrato. Granuli inerti: Acido citrico anidro (per la regolazione del pH), Crospovidone, Glucosio,
Idrossipropil cellulosa, Ferro ossido giallo (E172), Gomma Xantana. 6.2. Incompatibilità. Non pertinente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni. Il prodotto deve
essere assunto entro 30 minuti dalla ricostituzione. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Non ci sono istruzioni particolari per la conservazione.
6.5. Natura e contenuto del contenitore. Confezione da 28 bustine. Bustine (contenenti granuli) formate da 3 strati: polietilene tereftalato (PET), alluminio,
polietilene a bassa densità (LDPE) che protegge i granuli dall’umidità. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Per i pazienti
con sondino nasogastrico o gastrico: 1) Per somministrare una dose di 10 mg, aggiungere il contenuto di una bustina da 10 mg a 15 ml di acqua. 2) Per
somministrare una dose di 20 mg, aggiungere il contenuto di due bustine da 10 mg a 30 ml di acqua. 3) Mescolare. 4) Lasciare addensare per alcuni minuti.
5) Mescolare di nuovo. 6) Prelevare la sospensione con una siringa. 7) Iniettare attraverso il sondino, di diametro pari a 6 French o superiore, nello stomaco
entro 30 minuti dalla ricostituzione. 8) Riempire di nuovo la siringa con 15 ml di acqua per la dose da 10 mg e con 30 ml di acqua per la dose da 20 mg. 9)
Agitare ed iniettare il contenuto rimasto dal sondino nasogastrico o gastrico nello stomaco. La sospensione non utilizzata deve essere scartata. 7. TITOLARE
DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A. Via Lungo L’Ema 7 – 50015 Bagno a Ripoli (FI). 8.
nuMERO DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Lucen 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, confezione da 28
bustine – AIC: 035367554/M. 9. DAtA DELLA PRIMA AutORIzzAzIOnE/RInnOVO DELL’AutORIzzAzIOnE. Prima autorizzazione: 02 Aprile 2009. Data
dell’ultimo rinnovo: 10 Marzo 2010. 10. DAtA DI REVISIOnE DEL tEStO. Febbraio 2011.
CONFEZIONI
10 mg 28 bustine
PREZZO AL PUBBLICO
18,42*
CLASSE
A
*Prezzo comprensivo delle riduzioni temporanee di cui alle determinazioni AIFA 30 dicembre 2005, 3 luglio 2006 e 27 settembre 2006.
NOTA
48+1
ots
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I nuovi criteri ESPGHAN
per la diagnosi di celiachia
Renata Auricchio E Riccardo Troncone
Dipartimento di Pediatria e Istituto Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti,
Univeristà “Federico II” di Napoli
Intestinal biopsy and villous atrophy have always been considered central
in the diagnosis of CD. Otherwise, recently many authors have demonstrated the high
accuracy of new diagnostic non invasive tests, such as anti–tissue transglutaminase
in the serum and HLA typing. That’s the reason why the intestinal biopsy is not longer
considerated fundamental for the diagnosis of CD.
INTRODUZIONE
La malattia celiaca è stata da sempre considerata una enteropatia e per questo la biopsia
intestinale ha sempre avuto un ruolo centrale nell’iter diagnostico (1). La letteratura in
tutti questi decenni si è arricchita di lavori che hanno tentato di sostituire la biopsia con
tecniche meno invasive. L’ESPGHAN ha recentemente rivisitato le linee guida per la
diagnosi. L’aspetto più innovativo delle nuove linee guida si basa su un numero crescente
di lavori che riportano una forte correlazione tra titolo degli anticorpi antitransglutaminasi e severità del danno intestinale (2). In particolare, quando i titoli eccedono 10 volte i
valori normali, l’atrofia dei villi è presente nel 100% dei casi. Su questa base le nuove linee guida suggeriscono che il primo approccio diagnostico deve essere basato sul dosaggio delle IgA antitransglutaminasi (3) e delle IgA totali (per escludere un possibile deficit
di IgA-4). La biopsia intestinale può essere omessa se il paziente ha sintomi suggestivi di
celiachia, e, al tempo stesso, presenta valori di anticorpi antitransglutaminasi superiori di
10 volte i valori normali. Gli estensori delle linee guida hanno avvertito, in queste circostanze, l’esigenza di rafforzare con altre due evidenze la diagnosi: la positività degli anticorpi antiendomisio e la presenza degli alleli HLA DQ2/8 (5). In altri casi la tipizzazione
HLA è riservata solo ai casi più problematici. Per converso, la biopsia resta indispensabile in tutte le altre circostanze, in particolare in tutti i bambini asintomatici (es familiari di
primo grado di pazienti celiaci, diabetici) e in coloro sintomatici, ma con titoli di anticorpi antitransglutaminasi inferiori a 10 volte i valori normali.
Nella pagina seguente vi presentiamo due flow-chart di sintesi:
• Pazienti con sintomi suggestivi di celiachia
• Pazienti asintomatici a rischio genetico di celiachia.
BIBLIOGRAFIA
1. Report of Working Group of European Society of Paediatric Gastroenterology and Nutrition.
Revised Criteria for Diagnosis of Coeliac Disease. 65th ed. Arch Dis Child 1990
Aug;65(8):909-11.
2. Hill PG, Holmes GK. Coeliac disease: a biopsy is not always necessary for diagnosis. Aliment
Pharmacol Ther 2008;27:572-7.
3. Korponay-Szabo IR, Halttunen T, Szalai Z et al. In vivo targeting of intestinal and
extraintestinal transglutaminase 2 by coeliac autoantibodies.Gut 2004;53:641-8.
4. Cataldo F, Lio D, Marino V et al. IgG(1) antiendomysium and IgG antitissue transglutaminase
(anti-tTG) antibodies in coeliac patients with selective IgA deficiency. Working Groups on
Celiac Disease of SIGENP and Club del Tenue. Gut 2000;47:366-9.
5. Monsuur AJ, Wijmenga C. Understanding the molecular basis of celiac disease: what genetic
studies reveal. Ann Med 2006;38:578-91.
31
Pazienti sintomatici
PedGl Snapshots
Pazienti con sintomi suggestivi di celiachia
Anti-TG2 e IgA totali
Anti-TG2
positivi
No Celiachia
Anti-TG2
negativi
Considerare:
- Deficit IgA
- Età < 2 anni
- Altro (intake glutine, farmaci,
severità, sintomi, malattie associate)
Trasferimento Centro di Gl Pediatrica
Anti-TG2 > 10 x normale
Anti-TG2 < 10 x normale
Non disponibili
EMA e HLA DQ2/DQ8
EMA pos
HLA pos
EMA pos
HLA neg
EMA neg
HLA neg
Celiachia
Considerare
biopsia
EMA neg
HLA pos
EGDS e biopsie
Marsh 0 e 1
Considerare falsa
pos anti-TG2
Casi non chiari,
potenziali, etc
DSG e follow-up
Marsh 2 e 3
Celiachia
DSG e follow-up
Pazienti asintomatici
Pazienti asintomatici a rischio genetico di celiachia
Spiegare il significato di un test genetico positivo e chiedere consenso
HLA DQ2/DQ8 (± anti-TG2)
HLA DQ2 e/o
DQ8 positivo
HLA DQ2 e/o
DQ8 negativo
Anti-TG2 e IgA totali
Anti-TG2 > 3 x normale
EGDS e biopsie multiple (5)
Marsh 2 e 3
Celiachia
Marsh 0 e 1
Anti-TG2 < 3 x normale
Ritestare ad intervallo o per sintomi
Anti-TG2 negativi
Casi non chiari, follow-up a dieta
libera, falsi positivi, potenziali
no CD
Considerare falsi negativi, intake glutine,
deficit IgA e farmaci
EMA
EMA positivi
No Celiachia
nessun rischio
EMA negativi
Falsi positivi anti-TG2, follow-up
a dieta libera e ripetere dosaggi
DSG e follow-up
DSG: dieta senza glutine
GI: gastroenterologia
HLA: antigene umano di istocompatibilità
IgA: immunoglobuline A
TG2: transglutaminasi tipo 2
EGDS: esofagogastroduodenoscopia
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