Rimozione della cancellazione di società capitalistica dal registro

Registro delle imprese
Rimozione della cancellazione di società capitalistica dal registro delle
imprese. Improbabile, ove la continuazione dell’attività imprenditoriale non
fosse provata
Tribunale di Bologna 21 luglio 2014 n. 2333 (decr.v.g.) Pres. Atzori, Est. Salina Inalca - S.p.a. (Avv. Guidotti, Vanz) c. Sigmat - S.r.l. in liq.; G. P. ed F. T. (Avv.
Forni)
Società di capitali - Registro delle imprese - Cancellazione volontaria Estinzione dell’ente - Liquidazione - Prosecuzione dell’attività - Non provata Debiti/Attività - Trasferimento ai soci - Fenomeno successorio - Comunione
indivisa - Tutela dei creditori. (C. c., art. 2495, comma 2)
La riforma del diritto societario del 2003 ha introdotto rilevanti novità in tema di
estinzione delle società commerciali, rimarcando la irremovibilità della
cancellazione dal registro delle imprese in un unico contesto con la estinzione
dell’ente.
Nondimeno, è rimovibile la cancellazione dal registro, qualora la società,
malgrado cancellata, continui a svolgere attività imprenditoriale. Per superare la
presunzione di estinzione occorre la prova di un fatto dinamico: cioè che la
società abbia continuato in realtà ad operare e, dunque, ad esistere, pur dopo
l’avvenuta cancellazione dal registro.
E’ questa soltanto la situazione alla quale viene ricollegata la possibilità che,
tanto per le società di persone quanto per quelle di capitali, si addivenga anche
di ufficio alla cancellazione della pregressa cancellazione in forza del disposto
dell’art. 2191 c.c., con la conseguente presunzione che la società non abbia
cessato medio tempore di operare e di esistere.
Motivare, però, la domanda di rimozione della cancellazione con una vicenda
che nulla dimostri sotto il profilo della continuità operativa - imprenditoriale non
costituisce idonea prova contraria per l’effetto estintivo della cancellazione.
(Nella specie si è allegata come prova della prosecuzione che la società
cancellata comunicò alla propria compagnia di assicurazione il rigetto del
ricorso, con cui la controparte aveva domandato la rimozione della
cancellazione).
-2[In senso conforme Cass. - Sez. un. 9 aprile 2010 n. 8426. Trib. Genova decr. v.g.
6 giugno 2013]
(Omissis) - Nel caso di specie, al di là dell’esattezza ed esaustività dei riferimenti
normativi evocati con l’atto introduttivo del presente giudizio, si è, comunque,
al cospetto di un provvedimento emesso dal Giudice del Registro a seguito di un
precedente ricorso, la cui proponibilità è incontestata anche dagli odierni
resistenti, presentato da Inalca - S.p.a., la quale, in base ai princìpi di carattere
generale, quale diretta destinataria del suddetto provvedimento negativo, è
certamente titolare di un proprio interesse a vedere rimuovere la situazione
generata dell’impugnato decreto (id est, cristallizzazione degli effetti costitutiviestintivi della cancellazione della società debitrice) al fine di poter meglio
tutelare il credito vantato nei confronti dell’ente formalmente e giuridicamente
venuto meno.
- Non si pone, per ciò, un problema di legitimatio ad causam in senso stretto,
bensì, semmai, una questione di reclamabilità o meno del provvedimento con il
quale il Giudice del Registro ha rigettato la richiesta con cui il creditore di una
società volontariamente cancellata dal Registro delle Imprese aveva chiesto la
rimozione di detta cancellazione.
- L’ammissibilità di un siffatto rimedio giuridico-processuale la si può desumere,
in via di interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, dal
complesso delle norme che regolano la materia, avuto riguardo all’indiscussa ed
incontestata natura di provvedimento di volontaria giurisdizione del decreto in
questione, reso all’esito di un procedimento in camera di consiglio.
- In ragione della natura sopra affermata e stante l’ampio dato testuale
risultante dal combinato disposto di cui agli artt. 739 e 742 bis c.p.c., appare
assai difficile escludere dal novero dei provvedimenti reclamabili quello con il
quale, al termine di rito camerale, il Giudice del Registro, in sede di volontaria
giurisdizione, ha respinto il ricorso volto alla rimozione della cancellazione
(volontaria) di una società dal Registro delle Imprese.
- Detto questo e passando al merito del presente procedimento, il reclamo in
esame non appare meritevole di accoglimento.
- Ed invero, quali motivi di gravame, la società reclamante ha reiterato le
medesime censure svolte in prime cure e, segnatamente, la prosecuzione
dell’attività da parte della società fraudolentemente estinta e la falsità del
./.
-3bilancio finale di liquidazione per omessa appostazione di passività
effettivamente esistenti (debito risarcitorio verso Inalca - S.p.a.) e per mancata
distribuzione ai soci di attività esistenti o sopravvenute al momento della
cancellazione.
- Com’è noto, la riforma del diritto societario, sostanziale e processuale, operata
nel 2003, ha introdotto importanti novità anche in tema di estinzione delle
società.
- In subiecta materia, in virtù della novellata disposizione dettata dall’art. 2495
c.c., si è soprattutto superata la tesi secondo cui la cancellazione dal Registro
delle Imprese fosse priva dell’effetto costitutivo dell’estinzione dell’ente.
- La citata norma è stata quindi letta dalla Suprema Corte nel senso che essa
sancisce l’effetto costitutivo della irreversibile estinzione della società
conseguentemente alla sua cancellazione dal Registro delle Imprese, anche in
presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti.
- La Corte di legittimità ha, al riguardo, precisato che la disposizione in
commento, non disciplinando le condizioni per la cancellazione, ma solo i suoi
effetti, ovverosia la situazione giuridica della società cancellata, trova
applicazione anche in riferimento alle cancellazioni intervenute in epoca
anteriore alla sua entrata in vigore (v. ad es. Cass. civ. 28 agosto 2006 n. 18618).
- Più recentemente, il Supremo Collegio, a Sezioni Unite (v. Cass. civ. - S.U. n.
6070/2013), ha sancito il principio secondo cui la cancellazione della società dal
Registro delle Imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della
società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con
la sola eccezione della “fictio iuris” contemplata dall’art. 10 L.F.); pertanto,
qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società
è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss.
c.p.c., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei
soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c.; qualora l’evento non sia
stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in
tali modi non sarebbe stato più possibile, l’impugnazione della sentenza,
pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a
pena di inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la
stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di
giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso.
- La stessa Corte, con pronunce immediatamente successive (v. Cass. civ. - Sez.
./.
-4VI n. 28187/2013; Cass. civ. - Sez. V n. 24955/2013), ha altresì affermato che la
cancellazione della società (nella specie, di persone) dal Registro delle Imprese
ne determina l’estinzione e la priva della capacità di stare in giudizio, operando
un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti
capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono,
a seconda del regìme giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti “pendente
societate”, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o
illimitatamente. Ne consegue che, in tale evenienza, i soci, subentrano anche
nella legittimazione processuale già in capo all’ente estinto, determinandosi una
situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, a prescindere
dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale.
- L’effetto estintivo che inevitabilmente ne deriva e che, a seguito della riforma
del diritto delle società, per quelle cancellate prima del 2004 opera a decorrere
dal 1 gennaio 2004 e si produce, ai sensi dell’art. 2495, comma 2, anche in
presenza di debiti insoddisfatti o di rapporti non definiti, istituendosi una
comunione fra i soci in ordine ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti
alla cancellazione, determina il venir meno del potere di rappresentanza
dell’ente estinto in capo al liquidatore stesso, come pure la successione dei soci
alla società ai fini dell’esercizio, nei limiti e alle condizioni stabilite, delle azioni
dei creditori insoddisfatti (cfr. anche Cass. ord. n. 22863 del 3 novembre
2011;Cass. - Sez. un. n. 4060 del 2010).
- I Giudici di legittimità, nell’intento di assicurare la permanente devoluzione del
patrimonio sociale a garanzia dei creditori nonostante l’intervenuta estinzione
dell’ente, hanno altresì delineato i requisiti della prova contraria, idonea a
superare l’effetto di pubblicità costitutiva spiegato dall’iscrizione della
cancellazione; tale prova contraria non potrebbe vertere sul solo dato statico
della pendenza dei rapporti non ancora definiti facenti capo alla società, perché
ciò condurrebbe in sostanza ad un risultato corrispondente alla situazione
preesistente alla riforma societaria.
- Per superare la presunzione di estinzione occorre, invece, la prova di un fatto
dinamico: cioè che la società abbia continuato in realtà ad operare - e dunque
ad esistere - pur dopo l’avvenuta cancellazione dal registro.
- Ed è questa soltanto la situazione alla quale viene ricollegata anche la
possibilità che, tanto per le società di persone quanto per le società di capitali, si
addivenga anche d’ufficio alla “cancellazione della pregressa cancellazione”
./.
-5(cioè alla rimozione della cancellazione dal registro in precedenza intervenuta),
in forza del disposto dell’art. 2191 c.c., con la conseguente presunzione che la
società non abbia mai cessato medio tempore di operare e di esistere.
- Alla luce di una siffatta interpretazione, il requisito della prosecuzione
dell’attività richiede lo svolgimento di un’attività economico-operativa, tale da
far presumere che, di fatto, la società cancellata non abbia mai, in realtà,
cessato di svolgere la sua attività di impresa.
- Ne consegue l’irrilevanza, ai fini che qui interessano, della condotta posta in
essere dalla società Sigmat - S.r.l., consistita nella comunicazione alla propria
compagnia assicuratrice del provvedimento di rigetto del ricorso con cui
controparte aveva chiesto la rimozione della sua cancellazione, trattandosi di
vicenda che, sotto il profilo della continuità operativo-esecutivo-imprenditoriale
della società, nulla dimostra e, comunque, appare del tutto insufficiente a
costituire idonea prova contraria rispetto all’effetto costitutivo/estintivo della
cancellazione.
- Per quel che concerne l’allegata falsità del bilancio finale di liquidazione tanto
per omessa iscrizione di passività esistenti costituite dal debito risarcitorio
oggetto del giudizio pendente inter partes avanti la Corte d’Appello di Bologna,
quanto per mancata distribuzione ai soci di attività invece esistenti, al riguardo,
è sufficiente richiamare i princìpi come sopra enunciati in tema dalla Corte di
legittimità.
- In particolare, a prescindere da ogni considerazione in merito alla conformità o
meno del censurato bilancio di liquidazione ai princìpi compatibili dettati in
subiecta materia, occorre ribadire che, in forza del citato art. 2495, comma 2,
c.c., i creditori, tra i quali eventualmente anche la società odierna reclamante,
possono agire nei confronti dei soci della dissolta società di capitali sino alla
concorrenza di quanto questi ultimi abbiano riscosso in base al bilancio finale di
liquidazione.
- E’ prevista, inoltre, anche la possibilità di agire (a titolo, però, di risarcimento
dei danni) nei confronti del liquidatore, se il mancato pagamento del debito
sociale è dipeso da colpa di costui.
- Come esplicitamente affermato dal Supremo Collegio, infatti, il tessuto
normativo cui s’è fatto cenno non sembra autorizzare la conclusione che, con
l’estinzione della società derivante dalla sua volontaria cancellazione dal
Registro delle Imprese, si estinguano anche i debiti ancora insoddisfatti che ad
./.
-6essa facevano capo.
- Diversamente opinando, si finirebbe col consentire al debitore di disporre
unilateralmente del diritto altrui (magari facendo venir meno, di conseguenza,
le garanzie, prestate da terzi, che a quei debiti eventualmente accedano) e
significherebbe imporre un ingiustificato sacrificio del diritto dei creditori non
sanato dalla possibilità di agire nei confronti dei soci.
- Per realizzare il risultato prefissato dal legislatore, deve per ciò riconoscersi
che i debiti non liquidati della società estinta si trasferiscono in capo ai soci,
salvo i limiti di responsabilità nella medesima norma indicati.
- Il dissolversi della struttura organizzativa su cui riposa la soggettività giuridica
dell’ente collettivo fa naturalmente emergere il sostrato personale che, in
qualche misura, ne è comunque alla base e rende perciò del tutto plausibile la
ricostruzione del fenomeno in termini successori.
- Conseguentemente, deve escludersi che, come asserito dalla reclamante,
l’esistenza di residui o sopravvenienze sia da sola sufficiente a giustificare la
revoca della cancellazione della società dal registro o che valga altrimenti ad
impedire l’estinzione dell’ente collettivo, determinandosi, come detto, un
fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si
trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito
della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi
fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si
trasferiscono del pari ai soci, in regìme di contitolarità o di comunione indivisa, i
diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta,
ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i
diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio
avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato
espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi
abbia rinunciato.
- Pertanto, alla luce dei princìpi e delle argomentazioni che precedono, il
reclamo di cui in premessa deve essere rigettato.
- Infine, in considerazione della natura, novità e controvertibilità delle questioni
esaminate, si ritiene che, nella fattispecie in esame, ricorrano le condizioni per
disporre tra le parti l’integrale compensazione delle spese di lite. (Omissis)
-7IL COMMENTO
di Vittorio Santarsiere
(ABSTRACT)
La nuova disciplina delle società di capitali e di persone ha obliterato la fictio
iuris della reviviscenza delle società cancellate dal registro delle imprese alla
scoperta di passività e/o sopravvenienze attive. Questa procedura singolare,
conseguente ad esegesi tralatizie, protrattasi molti anni, sovveniva per definire i
rapporti non ancora risolti quando la società era in vita.
Sancisce il nuovo art. 2495 c.c. che “ferma restando l’estinzione della società,
dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro
crediti nei confronti dei soci e dei liquidatori …” alle peculiari modalità ivi
dettate. Si determinerebbe un fenomeno successorio, sicché le obbligazioni
passano dalla compagine ai soci, i diritti e beni non figuranti nel bilancio di
liquidazione della società estinta si riferiscono, del pari, ai soci in regìme di
comunione indivisa. Il creditore dovrebbe rivalersi su di essi e non sulla società
ormai estinta.
Pure, nel caso che ci occupa la ricorrente ambisce la rimozione della
cancellazione dal registro delle imprese della società debitrice, lasciando inferire
l’intento di volere meglio conseguire il proprio credito. Preferenza della
compagine rispetto ai soci e liquidatori, rispondenti dei debiti gli uni nei limiti
della quota di liquidazione conseguita, gli altri al ricorrere di loro colpa. I soci,
poi, sono escutibili in concorso con gli eventuali creditori particolari.
Il giudice, sulla base della giurisprudenza di legittimità, sostiene che la società,
operativa senza soluzione di continuità, può esistere anche quando cancellata
dal registro, sicché diviene possibile ottenere la rimozione della cancellazione. Si
richiede a tal fine lo svolgimento di un’attività economica-operativa, da far
presumere che, di fatto, la società cancellata non abbia cessato il proprio lavoro
di impresa.
-8Sommario: 1. Nozione. - 2. Norme di legge. - 3. Oggetto. - 4. Fondamento
giuridico. - 5. Tutela giurisdizionale
1. Nozione. - Una S.r.l. è stata volontariamente cancellata dal Registro delle
imprese, mentre una S.p.a., creditrice di essa, ha domandato al Giudice del
registro la rimozione della cancellazione, presumibilmente per meglio tutelare il
proprio credito verso la società estinta.
La cancellazione volontaria dal registro costituisce una operazione
conseguente al venire meno di una situazione a suo tempo regolarmente iscritta
(artt. 2312, 2495, comma 1, c.c.). Richiede la sopravvenuta mancanza della
condizione per l’iscrizione (art. 2196 c.c.) e si attua con una nuova iscrizione
della cessazione dell’impresa. Questa avviene su domanda di parte interessata.
La cancellazione di ufficio, invece, può aversi quando vi fosse stata una
mancanza originaria delle condizioni per l’iscrizione e si scandisce con il
procedimento dettato dall’art. 2191 c.c.
La reclamante allega che vi è stata la prosecuzione dell’attività della
compagine cancellata, la falsità del bilancio finale di liquidazione per omessa
passività - il debito a favore di essa medesima - la mancata distribuzione di
attività esistenti o sopravvenute alla cancellazione.
Tutto ciò è verosimile, perché, come rilevato in dottrina, l’esame dell’Ufficio
del registro delle imprese consiste nell’accertare la sussistenza formale dell’atto
soggetto a pubblicità, appurare le condizioni richieste dalla legge per le
iscrizioni: la veridicità materiale del negozio, la corrispondenza di esso a quello
per il quale è previsto l’obbligo della pubblicità. Estrinseca, così, un atto di mera
ricognizione o constatazione della esistenza del negozio, non di valutazione
della sua validità intrinseca (1).
Notato in giurisprudenza che la soppressione della omologazione giudiziaria ha
eliminato il controllo del giudice sugli atti assoggettati alla iscrizione al registro
delle imprese, omettendo altri tipi di controllo. Il notaio, chiamato a redigere
l’atto, non esercita un vero controllo in senso stretto, in quanto non è soggetto
terzo diverso da quello che lo ha rogato, solo ne garantisce la legittimità.
./.
(1) R. Apicella, Le società di persone nel registro delle imprese, Giuffrè, Milano,
2012, 10.
-9All’ufficio del registro delle imprese, poi, è richiesta la verifica della regolarità
formale della documentazione presentata con l’atto di iscrizione (2).
Rigettata dal Giudice del registro la domanda di rimozione della cancellazione
della società debitrice, la controparte ha adìto il Tribunale in sede di volontaria
giurisdizione. Posto che, per l’allegata falsità del bilancio finale di liquidazione,
come, pure, per la omessa iscrizione di passività esistenti pende giudizio tra le
parti in Corte di appello, la censura che polarizza il procedimento è la
continuazione dell’attività da parte della società estinta fraudolentemente.
Ora, la riforma del diritto societario, D. lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, ha portato
rilevanti novità nella materia della estinzione delle società, tra le quali risalta la
cancellazione di esse dal registro delle imprese, che, in un unico contesto,
estingue l’ente. Le società di capitali, come quelle di persone, alla cancellazione
dal registro si estinguono irrimediabilmente, a prescindere dall’esaurimento dei
loro rapporti giuridici attivi/passivi. La rimozione della cancellazione di una
compagine può aversi unicamente per sopprimere una iscrizione irregolare, che
non avrebbe dovuto essere compiuta. Così, il giudice può emanare l’ordine di
cancellazione della registrazione se non conforme alla legge. Questa condotta
ed il rimedio della cancellazione della cancellazione si sussumono all’art. 2191
c.c.
Nella sentenza in commento, il Tribunale di Bologna rimarca che la situazione,
cui è collegabile per le società la rimozione della pregressa cancellazione,
consiste nel provare che, dopo la cancellazione dal registro, la compagine abbia
continuato ad operare l’attività di impresa. Dal che deriverebbe la presunzione
che la società non abbia cessato medio tempore di operare e di esistere.
In relazione ad una fattispecie concernente la decozione di una S.r.l., le Sezioni
unite della Cassazione hanno puntualmente tracciato l’iter della rimozione della
cancellazione dal registro delle imprese. L’iscrizione al registro del decreto, con
cui il giudice del registro, ex art. 2191 c.c., ordina la cancellazione della
pregressa cancellazione della società, già iscritta nello stesso registro, fa
presumere, sino a prova contraria, la continuazione dell’attività di impresa.
L’iscrizione del decreto determina opponibilità ai terzi della insussistenza delle
./.
(2) App. Palermo 2 aprile 2001, in Notariato, 2001, 248.
- 10 condizioni, che avevano portato alla estinzione della società quando vi era stata
iscritta e, di conseguenza, la stessa cancellazione della estinzione della società,
per non essersi effettivamente verificata. Né ostacola questo esito l’estinzione
della società per effetto della cancellazione dal registro delle imprese la norma
novellata dell’art. 2495 c.c., posto che la riforma delle società non ha modificato
la residua disciplina della pubblicità nel registro delle imprese (3).
2. Norme di legge. - Recita l’art. 2191 c.c. “Se un’iscrizione è avvenuta senza
che esistano le condizioni richieste dalla legge, il giudice del registro, sentito
l’interessato, ne ordina con decreto la cancellazione”. A questo articolo si
sussume la cancellazione di ufficio delle iscrizioni irregolari al registro delle
imprese. La norma disciplina i rapporti tra l’ufficio del registro delle imprese
(organo amministrativo) ed il giudice del registro stesso (organo giurisdizionale).
Quando vi sia stata la pronunzia del giudice con decreto su l’operato dell’ufficio,
il seguito processuale si inquadra nei procedimenti in camera di consiglio.
Riguardo al procedimento della cancellazione di ufficio l’articolo stesso
prevede che, in presenza dei presupposti, il giudice ordina la cancellazione con
decreto, dopo sentito l’interessato. Prospettato dagli interpreti che questo
debba individuarsi nel soggetto della situazione iscritta o suo rappresentante.
Come rilevato in dottrina, la cancellazione della cancellazione delle società dal
registro, avallata dal medesimo articolo, competente al giudice nel caso di
iscrizioni, fatte nella inosservanza delle condizioni richieste dalla legge, potrebbe
frustrare l’intento del legislatore di definire un termine preciso ed assoluto per
l’estinzione della società. Lascerebbe la “porta aperta” alla reviviscenza della
compagine in funzione di estremo baluardo in difesa dei creditori sociali a fronte
di cancellazione potenzialmente pregiudizievole dei loro interessi (4).
V’è, inoltre, la cancellazione di ufficio ex art. 2490, comma 6, c.c., quando, per
oltre anni tre consecutivi, non venisse depositato il bilancio annuale di
liquidazione.
./.
(3) Cass. - Sez. un. 9 aprile 2010 n. 8426, in Notariato, 2010, 6, 639.
(4) M. E. Gallesio Piuma, Commento art. 2495 c.c., in Codice civile a cura di Alpa,
Mariconda, Wolters Kluwer, Milano, 2013, 1528.
- 11 Sancisce l’art. 2192 c.c. che contro il decreto del giudice del registro, emesso a
norma degli articoli precedenti, l’interessato, entro quindici giorni dalla
comunicazione, può ricorrere al tribunale dal quale dipende l’ufficio del registro.
Possono essere impugnati i decreti di conferma del provvedimento dell’ufficio
del rifiuto della iscrizione, come, pure, quelli di iscrizione e cancellazione di
ufficio. Legittimati a ricorrere al tribunale sarebbero coloro ai quali fosse stata
ordinata una richiesta di iscrizione o a carico dei quali sia stata ordinata una
iscrizione o cancellazione di ufficio.
In dottrina si osserva che sono legittimati alla impugnazione del decreto
emesso dal giudice del registro tutti coloro i quali avevano un interesse diretto e
immediato alla richiesta di iscrizione, ancorché non l’avessero fatta all’ufficio.
Inoltre, coloro che avevano un interesse dipendente e che possono soddisfare in
via graduata quando non sia stato fatto valere dai soggetti legittimati in via
principale, sempre che l’interesse all’iscrizione si sia concretato in una domanda
di iscrizione presentata all’ufficio del registro (5). Per altra tesi, il concetto di
“interessato” deve interpretarsi restrittivamente, sicché interessato è colui nei
cui confronti il giudice pronuncia il provvedimento di iscrizione o di
cancellazione di ufficio. La società deve essere sentita tramite il suo ultimo
liquidatore, perché il fatto che la compagine cancellata sia estinta non
costituisce un ostacolo, il concetto di estinzione è una pura costruzione
normativa non avente alcun parallelo con la morte della persona fisica (6).
Sotto la rubrica “Cancellazione della società”, l’art. 2495 c.c. stabilisce che i
liquidatori, approvato il bilancio finale di liquidazione debbono chiedere la
cancellazione della società dal registro delle imprese. Soggiunge il comma 2 che,
ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali
non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci e dei
liquidatori, se il mancato pagamento fosse dipeso da colpa di questi …
La comparazione verticale di questo articolo con l’art. 2456 ante riforma
evidenzia un “mutamento copernicano” con il rimarcare l’inciso “ferma
./.
(5) G. Ragusa Maggiore, Il registro delle imprese, in Il codice civile - Commentario
diretto da Schlesinger, Giuffrè, Milano, 2002, 125.
(6) M.S. Spolidoro, Seppellimento prematuro. La cancellazione delle società di
capitali dal registro delle imprese ed il problema delle sopravvenienze attive, in
Riv. soc., 2007. 845.
- 12 restando l’estinzione della società”, che ne preclude la reviviscenza. E’ venuta
meno la fictio iuris, resasi necessaria, per tesi giurisprudenziale, come una sorta
di araba fenice rigenerantesi, con il ritorno ad esistenza della società fino alla
sistemazione di tutti i rapporti sociali, attivi e passivi, ancora esistenti.
Una pronunzia di merito significativa riguardo alla tutela dei creditori fu
emanata subito dopo l’entrata in vigore della riforma del 2003. Posto che, a
scapito di esegesi tralatizie protrattesi molti anni, per le quali la società sarebbe
proseguita, sebbene cancellata dal registro, sol che vi fossero o sopravvenissero
rapporti giuridici pendenti, dopo la novella l’estinzione della compagine è
irreversibile ed il creditore può esercitare azioni a sua tutela verso i soci e, se del
caso, verso i liquidatori, non più nei confronti della società, ormai estinta (7).
Spiega una sentenza di legittimità che se la estinzione della società,
conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non apportasse il
venire meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si
determinerebbe un fenomeno di tipo successorio. In virtù di esso: a) le
obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto
riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, vivente la
società, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si
riferiscono del pari ai soci, in regìme di contitolarità o di comunione indivisa, i
diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta. La
cancellazione dal registro delle imprese della società e la sua estinzione
impediscono che la medesima possa essere convenuta od agìre in giudizio (8).
3. Oggetto. - La Inalca - S.p.a. ha interesse acché venga rimossa la situazione
determinata dal decreto emesso dal giudice del registro delle imprese, cioè la
cristallizzazione degli effetti costitutivi-estintivi della cancellazione della società
debitrice, per ottenere migliore tutela del proprio credito verso la compagine
cancellata. A tal fine, domanda che venga rimossa la cancellazione della società
dal registro ed adduce le censure della prosecuzione dell’attività imprenditoriale
della società estinta, la falsità del bilancio finale di liquidazione per esservi stata
./.
(7) Trib. Napoli 3 giugno 2004, in Soc., 2005, 487.
(8) Cass. - Sez. un. 12 marzo 2013 n. 6070, in Soc., 2013, 5, 542.
- 13 omissione della passività - il debito verso essa ricorrente - e la mancata
distribuzione ai soci di attività esistenti o sopravvenute.
L’adìto Tribunale di Bologna rimarca che, per superare l’estinzione presunta
dell’ente, occorre provare la continuazione dell’attività della compagine dopo
avvenuta la cancellazione dal registro. Circa l’allegata falsità del bilancio di
liquidazione per omessa iscrizione di passività è in corso giudizio tra le stesse
parti avanti alla Corte di appello di Bologna, sicché il tribunale non si pronunzia.
E la controversia si incentra esclusivamente sull’accertare che, malgrado la
cancellazione seguita dalla estinzione dell’ente, vi sia stata continuazione di
attività di impresa. La tutela dei creditori non soddisfatti, una volta cancellata la
società dal registro, è assicurata facendo valere le loro ragioni verso i soci od i
liquidatori con le modalità dettate dall’art. 2495 c.c.
Come affermato in giurisprudenza, la cancellazione della società dal registro
delle imprese ne determina l’estinzione, privandola della capacità di stare in
giudizio. Si determina un fenomeno di tipo successorio in forza del quale i
rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono, ma si trasferiscono
ai soci, i quali ne rispondono, a seconda del regìme giuridico dei debiti sociali cui
erano soggetti “pendente societate”, nei limiti di quanto riscosso a seguito della
liquidazione o illimitatamente. Consegue che nella evenienza i soci subentrano
anche nella legittimazione processuale già in capo all’ente estinto,
determinandosi una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni
processuali, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (9).
In dottrina è stato fatto il punto riguardo alla giurisprudenza della Cassazione Sez. un. del 2010, con l’evidenziare la definitiva estinzione della società dopo
cancellata dal registro delle imprese a norma dell’art. 2495 c.c. (10). Le stesse
Sez. un. con altre sentenze di poco successive hanno aperto un varco che mette
ancora in discussione il principio della estinzione irreversibile (11).
Le statuizioni del febbraio 2010 sono poste in forte dubbio in quanto la
cancellazione sembra non avere più la portata di affermare sempre la definitiva
./.
(9) Cass. 6 novembre 2013 n. 24955, in Rep. Giust. civ., 2013, v. Impresa
imprenditore n. 50.
(10) Cass. - Sez. un. 22 febbraio 2010 n. 4060, in Vita not., 2010, 801 s.
(11) Cass. - Sez. un. 9 aprile 2010 n. 8426, in op. cit.
- 14 Cancellazione, sembra venire meno la portata di affermare in ogni modo la
definitiva estinzione della società. E si riconosce, con le pronunzie dell’aprile
2010, che ove sopraggiunga il decreto di cancellazione della cancellazione, la
società debba considerarsi ancora vivente, salvo prova contraria. Non rimane
chiaro quale sarebbe il criterio positivo, ispirato al principio di certezza del
diritto, con cui stabilire i casi ove applicare l’art. 2191 c.c. (permette la
cancellazione della cancellazione) e non determinare uno strumento
discrezionale, quindi arbitrario, per riportare ad libitum in vita le società ormai
“defunte”, solo che vi fossero passività (12).
Affermato in una pronunzia di merito come l’esistenza di situazioni debitorie
delle società non costituisce un elemento che possa essere valutato dal
conservatore all’atto della iscrizione della cancellazione della compagine al fine
di impedirla in quanto la esistenza di creditori insoddisfatti è contemplata
nell’art. 2495 c.c., facendone scaturire la legge non un impedimento alla
cancellazione, ma una responsabilità dei soci e/o del liquidatore (13). Ritenuta
possibile la cancellazione dal registro di una società, pure se non effettivamente
compiuta la sua liquidazione. Ciò perché tale conclusione non disapprovata dalla
Cass. - Sez. un. nella sentenza n. 4062 del 2010 dal momento che la decisione,
nell’affermare la definitiva estinzione della società dopo iscritta la cancellazione
al registro, non preclude l’applicabilità dell’art. 2191 c.c. ai casi in cui la
cancellazione fosse avvenuta in assenza dei necessari presupposti (14).
Dal dibattito, affinato specialmente con le sentenze delle Sez. un. della
Cassazione dal 2010 in poi, emerge che un presupposto per la rimozione della
cancellazione della società dal registro delle imprese sarebbe la continuazione
delle attività imprenditoriali. E si inferisce che la sopravvenienza di poste attive
dopo la cancellazione possono rientrare nella comunione indivisa dei soci ed
andare nell’assetto ritenuto più consono dagli stessi, mentre gli eventuali debiti
si trasferiscono in capo ai soci.
Così, qualora fosse cancellata dal registro una società, che continui a svolgere
./.
(12) F. Fimmanò, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, Giuffrè,
Milano, 2011, 455 ss.
(13) Trib. Catania 9 aprile 2009, in Soc., 2010, 1, 88.
(14) Trib. Padova 2 marzo 2011, in Soc., 2011, 5, 593.
- 15 attività imprenditoriale, si configurerebbe il difetto delle condizioni presupposti voluti dalla legge, il che porterebbe alla rimozione della
cancellazione, come rilevato in giurisprudenza onoraria, ove l’iscrizione della
cancellazione fosse avvenuta fuori dai casi previsti dalla legge per cui va
ordinata la cancellazione (15).
Nel caso che ci occupa risalta che la società cancellata è debitrice di quella
ricorrente, pure, l’iter giurisdizionale si incentra unicamente sulla prosecuzione
dell’attività della società estinta in quanto per le censure afferenti alla
liquidazione pende altro giudizio. La prova portata che la società debitrice abbia
continuato a svolgere attività di impresa si riduce nella comunicazione alla sua
compagnia di assicurazioni che il ricorso di controparte per la rimozione della
cancellazione fu rigettato dal giudice del registro. E’ agevolmente inferibile che
si tratta di attività non significativa, essa nulla dimostra.
Ancora, le iscrizioni al registro delle imprese richiedono dei presupposti legali,
nel difetto dei quali si può domandare la rimozione dell’avvenuta cancellazione.
Spiegato in giurisprudenza onoraria che la formalità pubblicitaria esige
corrispondenza tra realtà effettuale ed iscrizioni operate dagli organi societari al
registro. Si richiede nel soggetto che ambisce la rimozione della cancellazione
l’interesse alla veridicità della precedente iscrizione e il potere di impulso
conferitogli è assimilabile a quello di denuncia, cioè di sollecitazione dei poteri
del giudice del registro. Si può ravvisare un interesse alla emenda della
iscrizione in capo a chi assuma non esservi corrispondenza tra la cessazione
dell’attività sociale e l’effettivo assetto gestionale della compagine, per non
avere l’impresa realmente conclusa la procedura liquidatoria. Non necessario
che si tratti di prosecuzione di attività operativa, essendo sufficiente la mera
gestione liquidatoria. In breve, il presupposto per potersi legittimamente
iscrivere la cancellazione societaria è che la liquidazione sia esaurita e, nel caso
non fosse compiuta, si avrebbe un “seppellimento prematuro” (16).
./.
(15) Trib. Milano - Giudice del registro delle imprese 7 gennaio 2013, in Giur. it.,
2014, 3, 617.
(16) Trib. Genova 6 giugno 2013 (decr. v.g.) 6 giugno 2013, in www.ilcaso.it
- 16 Evidenziato in dottrina come non sia sopìto il dibattito fra gli interpreti circa la
teoria per cui la sussistenza di residui attivi o passivi, sopravvenuti alla
liquidazione, precluderebbe la stabilità dell’effetto estintivo in conseguenza
della cancellazione della società dal registro delle imprese. Per altro assunto,
invece, la vicenda estintiva della cancellazione sarebbe irreversibile rispetto a
tali posizioni attive o passive non liquidate. La prima teoria non può ritenersi del
tutto in linea con il mutato contesto normativo (17).
Dopo la cancellazione della società non esiste più un patrimonio sociale
distinto dal patrimonio personale dei soci. I creditori che, per avventura, non
fossero ancora soddisfatti non potranno più agire nei confronti della società, ma
solo nei limiti della quota di liquidazione ed in concorso con gli eventuali
creditori particolari, nei confronti dei singoli soci o, in presenza di una loro
colpa, dei liquidatori (18).
4. Fondamento giuridico. - Il procedimento di cancellazione della società dal
registro delle imprese volge a ricomporre la corrispondenza tra la realtà
effettiva e le iscrizioni fatte dagli organi societari presso il registro stesso ai fini
della pubblicità legale, sì da realizzare affidabilità piena delle iscrizioni
societarie. Per potersi legittimamente iscrivere la cancellazione della società
bene sarebbe che la fase di liquidazione fosse regolarmente ultimata, in caso
diverso i creditori sono, comunque, tutelati poiché si determina il fenomeno
successorio, che trasferisce i rapporti obbligatori ai soci, a seconda del regìme
dei debiti cui erano soggetti durante la vita della società (art. 2495, comma 2,
c.c.).
Sostenuto in giurisprudenza che, con l’assetto post riforma del diritto
societario la cancellazione, della società debitrice non permette di espropriare
unilateralmente il creditore. Tale risultato si ottiene con il riconoscere che i
debiti non liquidati della società estinta si trasferiscono ai soci, salvo i limiti di
responsabilità. Il dissolversi della struttura organizzativa fa emergere il sostrato
personale, che, comunque, ne costituisce la base, rendendo del tutto plausibile
./.
(17) F. Fanti, Commento a Trib. Cuneo 16 luglio 2012, in Soc., 2013, 4, 401.
(18) F. Galgano, Diritto commerciale - Le società, Zanichelli, Bologna, 2013, 428.
- 17 la ricostruzione del fenomeno in termini successori. Il debito, del quale possono
essere chiamati a rispondere i soci della società cancellata, si identifica con il
medesimo debito della società e conserva la propria causa ed originaria natura
(19).
Ancora, nell’ottica della piena attuazione della pubblicità legale, il registro
delle imprese volge a tutelare gli interessi dei creditori e dei terzi, che
intraprendessero rapporti con le imprese. Costoro basano sui fatti e sugli atti
iscritti nel registro il loro comportamento negoziale. Gli interessi delle imprese
oneste e, più in generale, del mercato possono trarre indubbio beneficio dalla
sicurezza dei traffici e dalla trasparenza (20).
5. Tutela giurisdizionale. - La società creditrice ha proposto ricorso per la
rimozione della cancellazione dal registro delle imprese della compagine sua
debitrice, onde poterla escutere. Una modalità per tutelare il proprio interesse
difficile, se non proprio ardua, in alternativa del fare valere il proprio credito nei
confronti dei soci e, se del caso, dei liquidatori. La propensione alla reviviscenza
della compagine potrebbe avere avuto impulso da una più agevole possibilità di
realizzare meglio l’entità dovuta a fronte della persona giuridica invece che dei
soci e/o liquidatori. Questi rispondono dei debiti nei limiti gli uni della quota di
liquidazione conseguita, gli altri in presenza di loro colpa. I singoli soci, poi, sono
escutibili in concorso con gli eventuali creditori particolari e questo non è di
poco rilievo.
Come spiega una pronunzia di merito, il sindacato del giudice del reclamo, in
materia di iscrizione di atti nel registro delle imprese è identico a quello
riconosciuto al conservatore di detto ufficio, con la conseguenza che il potere di
controllo del giudice in ordine alle iscrivibilità o meno di un atto nel registro
investe solo il riscontro delle condizioni estrinseche e di mera legalità dell’atto,
senza involgere alcun accertamento circa la validità negoziale dell’atto stesso (a
meno che l’atto non sia inficiato da vizi tanto macroscopici da comportare la
inesistenza o l’assoluta nullità (21).
./.
(19) Cass. - Sez. un. 12 marzo 2013 n. 6070, in op. cit., 538.
(20) Apicella, in op. cit., 9.
(21) Trib. Napoli 9 febbraio 2000, in Giust. civ., 2001, 541.
- 18 Il Tribunale di Bologna, ripercorrendo gli intenti impliciti delle pronunzie di
legittimità, conviene che - a garanzia dei creditori sociali, malgrado l’estinzione
dell’ente, sui requisiti della prova contraria del fatto dinamico - la società
operativa senza soluzione di continuità esiste anche dopo cancellata dal
registro. In questa evenienza si potrebbe ottenere, anche di ufficio, la
cancellazione della cancellazione (art. 2191 c.c.). Ma l’attività svolta dalla
società debitrice allegata dalla ricorrente consta di una semplice comunicazione
alla propria compagnia di assicurazione. Si tratta di attività del tutto
insufficiente come prova di prosecuzione della continuità imprenditoriale.
Depone a favore della mancata estinzione della società cancellata dal registro
delle imprese una pronunzia concernente il trasferimento della sede di S.r.l.
italiana in Gran Bretagna. E, qualora la cancellazione dal registro avvenga in
difetto del procedimento di liquidazione o per altra situazione che implichi la
cessazione dell’esercizio dell’impresa, da cui la legge faccia discendere l’effetto
della cancellazione, bensì in conseguenza del trasferimento all’estero della sede
sociale, siffatto movimento non determina il venire meno della continuità
giuridica della società. Ciò sull’assunto che continui a svolgere l’attività
imprenditoriale nella nuova sede. Così, qualora il trasferimento della sede fosse
fittizio non determina come conseguenza la cancellazione della società dal
registro delle imprese, né il venire meno della competenza del giudice italiano
(22).
Osservato in giurisprudenza onoraria che deve disporsi la rimozione della
cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese,
illegittimamente eseguita sul presupposto di un apparente bilancio finale di
liquidazione, fondato sulla constatazione dell’avvenuto trasferimento dell’intero
patrimonio dalla società, ivi compresi tutti i rapporti attivi e passivi, ad un trust,
istituito con la deliberazione di liquidazione della società e costituito
immediatamente dopo dal liquidatore con lo scopo della liquidazione del
patrimonio trasferito e assegnazione ai soci della medesima società
dell’eventuale residuo attivo (23).
L’attuazione del trust avrebbe permesso di evitare il procedimento della
./.
(22) Cass. - Sez. un. 18 aprile 2013 n. 9414, in Giur. it., 2014, 3, 615.
(23) Trib. Milano - Giudice del registro delle imprese 12 marzo 2012, in Soc.,
2012, 6, 625.
- 19 estinzione della società, estrinsecantesi, come si rileva in dottrina, in tre fasi: 1)
il verificarsi di una causa di scioglimento; 2) il compiersi del procedimento di
liquidazione; 3) la cancellazione della società dal registro (24).
Questo decreto del Giudice del registro fu impugnato al tribunale, ex art. 2192
c.c., ove si ebbe a rimarcare che vìolano le disposizioni normative quelle
situazioni risolventesi nella pretermissione del procedimento endosocietario,
con l’affidare la liquidazione ad un momento successivo ed a soggetto esterno. Il
giudice investito del ricorso lo ha respinto, condividendo le motivazioni rese nel
decreto impugnato. Ha soggiunto che il sistema pubblicitario, di cui la
cancellazione delle iscrizioni avvenute contra legem nel registro è parte
integrante, non è stato scalfito dalla intervenuta acquisizione dell’effetto
costitutivo ed estintivo della cancellazione della società dal registro (25).
Poiché nelle materie giuridiche difettano le certezze scientifiche, sembra
opportuno dare spazio anche alle voci dissenzienti dalle tesi condivise degli
interpreti. Vi è chi afferma che, dopo la cancellazione della società dal registro
delle imprese, non è possibile la reviviscenza di essa, la riapertura del
procedimento di liquidazione per il caso di sopravvenienze passive, né di
sopravvenienze attive. Per le passività la situazione è regolata esplicitamente
dalla legge nel senso che i crediti verso la società debbono farsi valere nei
confronti dei soci, eventualmente del liquidatore. Non può l’interprete
sostituire al regolamento legale un diverso regolamento. Per le sopravvenienze
attive l’ipotesi non è regolata dalla legge, neppure sussiste la necessità di
reviviscenza della società. Sarà sufficiente dimostrare il proprio diritto alla
devoluzione pro quota del patrimonio della società estinta per agire, sempre pro
quota, nei confronti del debitore della società (26).
Il reclamo non è stato accolto e, in considerazione della novità delle questioni,
compensate le spese di lite.
(24) G. Fauceglia, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, in
Manuale di diritto commerciale ideato da V. Buonocore, Giappichelli, Torino,
2013, 610.
(25) Trib. Milano 22 novembre 2013, in Soc., 2014, 3, 356.
(26) G. Ferri, Manuale di diritto commerciale a cura di C. Angelici, G.B. Ferri,
Utet, Torino, 2010, 510 s.