A Salonicco arrivò lo Schindler italiano La vera storia del romagnolo Guelfo Zambon. Salvò centinaia di ebrei usando canali diplomatici
15/05/10 18:05
Archivio
RIVALUTAZIONI UNA RICERCA DI DANIEL CARPI
A Salonicco arrivò lo Schindler italiano La vera
storia del romagnolo Guelfo Zambon. Salvò
centinaia di ebrei usando canali diplomatici
L' AMICO. Suo alleato era l' agente dei servizi segreti Riccardo
Rosenberg
DOMENICA 22 SETTEMBRE 2002 Esce dagli archivi, un pezzo alla volta, la tragica storia dei 56.000 ebrei di
Salonicco. Due anni fa Antonio Ferrari segnalò sul Corriere l' apparizione di 1500 documenti, pubblicati dal
ministero degli Esteri greco, e raccontò la vicenda di un rabbino, Zvi Hirsh Koretz, a cui vennero mosse, dopo
la guerra, accuse infamanti. Fu detto che aveva consegnato ai tedeschi la lista degli ebrei della città e si era
prestato a collaborare con i rappresentanti personali di Eichmann. Ma altri sostennero che lo aveva fatto nella
speranza di salvare il maggior numero possibile di persone. Il rabbino Koretz riappare ora, con altri personaggi
dell' epoca, nel lungo articolo che uno storico israeliano di origine italiana ha scritto per un' opera collettiva
pubblicata dall' Università di Tel Aviv sugli ebrei in Turchia e nei Balcani dal 1808 al 1945. L' autore è Daniel
Carpi, figlio di un avvocato toscano, Leone Carpi (1887-1964), che fu tra le due guerre il rappresentante italiano
di una controversa figura del movimento sionista, Zev Jabotinsky, e lo aiutò a organizzare per i suoi militanti,
con l' accordo di Mussolini, la scuola navale di Civitavecchia. Daniel arrivò in Palestina giovanissimo dopo la
fine della guerra, si dedicò agli studi storici e fu persino candidato da Menachem Begin (il Primo ministro degli
accordi di Camp David) alla presidenza della Repubblica. Non venne eletto, ma fece una brillante carriera
accademica e si dedicò tra l' altro alla storia delle comunità ebraiche italiane durante il Rinascimento. Qualche
anno fa Carpi trovò alla Farnesina l' archivio del Consolato generale d' Italia a Salonicco e poté ricostruire, con
informazioni di prima mano, i due anni e mezzo che intercorrono tra l' arrivo dei tedeschi nella città il 9 aprile
1941 e la pressoché totale distruzione della comunità ebraica nell' autunno del 1943. Carpi corregge anzitutto
alcune inesattezze storiche. Tutti gli studiosi sono d' accordo nel riconoscere i meriti del console italiano, ma
parlano soprattutto di Giuseppe Castruccio, che prese la direzione dell' ufficio nel giugno del 1943, e
rimproverano al suo predecessore, Guelfo Zamboni, una colpevole negligenza per il problema ebraico. Carpi,
invece, sostiene che il primo console a cui molte centinaia di ebrei dovettero la loro salvezza fu proprio
Zamboni. Quando lo conobbi a Roma, verso la metà degli anni Cinquanta, veniva da Baghdad e stava per
andare a Bangkok dove sarebbe stato ambasciatore fino al 1961. Era un romagnolo piccolo, distinto, gioviale e
di buon carattere che aveva tuttavia una medaglia di bronzo al valor militare e una croce al merito per le ferite
che si era buscato in guerra fra il 1916 e il 1918. La giovialità e il coraggio gli furono utili quando arrivò a
Salonicco, in zona greca occupata dai tedeschi, nel febbraio del 1942. Per alcuni mesi poté evitare che gli alleati
trattassero gli ebrei della città come avevano trattato nei mesi precedenti gli ebrei polacchi e ucraini. Ma agli
inizi del ' 43, quando Eichmann mandò il suo vicario ad Atene per organizzare con il governo militare tedesco
la deportazione della comunità di Salonicco, Zamboni dovette limitarsi alla protezione degli ebrei italiani. Lo
fece tuttavia allargando per quanto possibile la categoria dei suoi connazionali. «E' bene ricordare - scrive Carpi
- che la protezione fu garantita non soltanto agli ebrei di nazionalità italiana, ma anche a coloro che
rivendicavano il diritto di essere considerati italiani, sostenevano di avere rapporti familiari, veri o presunti,
con ebrei italiani o avevano dato un evidente contributo, secondo il console, agli interessi culturali o economici
dell' Italia nella città e nella regione». Per strapparli alla deportazione Zamboni tempestò di telegrammi il
ministero degli Esteri, svegliò nel mezzo della notte il capo della rappresentanza italiana ad Atene e, secondo
alcuni, non esitò a sfruttare la venalità di un furfante ebreo, Vital Hasson, che lavorava per i tedeschi,
taglieggiava i suoi correligionari e svolgeva funzione di kapò nel ghetto di Salonicco. Quando Zamboni dovette
lasciare la città per tornare a Roma, il suo successore, Castruccio, seguì la sua linea e poté trasferire ad Atene
350 ebrei italiani o «quasi italiani» che erano rimasti a Salonicco nell' estate del 1943. Vi era ormai in
consolato, scrive Carpi, una cellula di funzionari che si era dedicata alla protezione degli ebrei e che viene
descritta in alcune memorie storiche come «brigata Rosenberg». Ma chi era dunque questo Rosenberg (un
nome abbastanza comune fra gli ebrei dell' Europa centrale, ma non esclusivamente ebraico) che dirigeva le
operazioni di salvataggio dall' interno di un ufficio consolare italiano? Quando cercò una risposta a questa
domanda Carpi s' imbatté paradossalmente in un «Sonderkommando Rosenberg» che i tedeschi avevano
distaccato a Salonicco nell' aprile del 1941 per un' indagine sui «nemici del Reich». Ma era un caso di
http://archiviostorico.corriere.it/2002/settembre/22/Salonicco_arrivo_Schindler_italiano_vera_co_0_02092211133.shtml
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A Salonicco arrivò lo Schindler italiano La vera storia del romagnolo Guelfo Zambon. Salvò centinaia di ebrei usando canali diplomatici
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distaccato a Salonicco nell' aprile del 1941 per un' indagine sui «nemici del Reich». Ma era un caso di
omonimia. Il nostro Rosenberg si chiamava Riccardo ed era un ufficiale del Sim (Servizio informazioni militari)
a cui era stata dato, per «copertura», il titolo di viceconsole. L' 8 settembre, non appena seppero che il governo
italiano aveva firmato l' armistizio, i tedeschi si gettarono sul consolato, ne distrussero la ricetrasmittente e s'
impadronirono degli archivi. Ma Castruccio aveva già bruciato i documenti segreti e Rosenberg era scomparso.
Riapparve brevemente a Osnabrück, in Germania, nel 1968 quando dovette testimoniare nel processo contro i
responsabili di un massacro di cui era stato testimone nel 1943. «Ma il suo nome - gli chiese il giudice tedesco
- non è forse di origine ebraica?». «Sì - rispose Rosenberg -, sono nato in una famiglia ebrea. Ma sono stato
battezzato nel 1927». E dopo avere reso la sua testimonianza ritornò a Malta dove, a quanto pare, si era ritirato
con sua moglie. Il rabbino Koretz, il consoli Zamboni e Castruccio, il furfante Hasson, il vice console
Rosenberg, i maggiori esponenti della comunità ebraica di Salonicco: ecco alcuni dei personaggi che
attraversano le pagine del saggio di Daniel Carpi. Usciti dagli archivi della Farnesina, sono i fantasmi di una
città da cui scomparvero nel 1943 poco meno di 56.000 persone. In un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore dell'
8 settembre («Salonicco, la Gerusalemme dei Balcani») Alberto negri scrive che il consolato italiano è stato
chiuso da qualche mese e che l' edificio «piccolo gioiello di architettura eclettica, simbolo di un pezzo della
memoria nazionale, è in vendita: con un soprassalto di orgoglio gli ultimi italiani di Salonicco hanno tolto dalla
cancellata il cartello On sale». A me (e suppongo a Carpi) piacerebbe pensare che quel cartello sia stato tolto di
notte dalle ombre di Zamboni e di Rosenberg. Il saggio: Daniel Carpi, «A New Approach to Some Episodes in
the History of the Jews in Salonika during the Holocaust. Memory, Myth, Documentation», dal II volume di
«The Last Ottoman Century and Beyond: The Jews in Turkey and the Balkans 1808-1945», a cura di Minna
Rozen, The Aviv University.
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(22 settembre 2002) - Corriere della Sera
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