Virus oncogeni Un virus oncogeno (dal greco ònkos, massa) è un virus in grado di indurre tumori alterando la normale omeostasi che regola il ritmo della crescita cellulare. Le cellule neoplastiche hanno la caratteristica di moltiplicarsi in maniera illimitata indipendentemente dalla presenza di fattori di crescita e risultano pertanto insensibili ai segnali antiproliferativi. Gli oncogeni sono importanti nell’avviare la replicazione cellulare in quanto in grado di bloccare l’apoptosi o morte cellulare programmata. I geni oncosoppressori agiscono viceversa promuovendo il processo di morte programmata attraverso l’espressione di 2 proteine: la p53 e la pRb che inibiscono la progressione della cellula verso la fase S mantenendo la cellula costantemente in fase G1. Attualmente oltre il 15% di tutti i tumori è provocato da virus oncogeni che possono presentare un genoma a DNA o a RNA. HBV-HCV ed epatocarcinoma (HCC) HBV o Hepadnavirus è un virus a DNA in grado di favorire lo sviluppo di HCC attraverso due distinti meccanismi. Un meccanismo diretto legato alla capacità di 1) integrare il proprio genoma in quello dell’epatocita; 2) attivare la trascrizione di numerosi oncogeni cellulari che favoriscono la proliferazione cellulare; 3) alterare l’espressione dei geni oncosoppressori o di geni che intervengono nel processo di differenziazione cellulare. Esiste inoltre un meccanismo indiretto secondario alla cronicizzazione dell’epatite acuta HBV correlata e alla possibile evoluzione di quest’ultima in cirrosi epatica. In questo caso si tratterebbe di una evoluzione in senso neoplastico della normale rigenerazione degli epatociti che si attua come risposta immune di tipo citotossica diretta contro gli epatociti infetti da HBV. L’ infezione persistente di HCV è un fattore rischio importante per lo sviluppo di HCC. Non è del tutto chiaro se HCV giochi un ruolo indiretto o diretto. Il fatto che i pazienti con epatite cronica HCV correlata ed alti livelli persistenti di alanina aminotransferasi (ALT) siano inclini a sviluppare HCC suggerisce l'importanza dell’ infiammazione nella epatocarcinogenesi. Tuttavia i rari casi di HCC nei pazienti con epatite autoimmune, sembrano confermare la possibilità anche di un ruolo diretto dell'HCV nello sviluppo di HCC. Gli studi che utilizzano topi transgenici e modelli di cellule in coltura in cui sono espresse le proteine di HCV sembrano confermare la attività oncogena diretta di'HCV. In particolare la proteina del core da un lato induce distress ossidativo attraverso una alterazione del sistema di trasferimento degli elettroni a livello mitocondriale dall’altro modula dei segnali intracellulare (chinasi) che stimolano la crescita degli epatociti. Infine HCV induce alterazioni del metabolismo lipidico e glucidico accelerando così la progressione della fibrosi epatica. EBV e disordini linfoproliferativi Il virus di Epstein-Barr è un herpesvirus responsabile della mononucleosi infettiva che infetta i linfociti B e le cellule epiteliali localizzate nei tessuti linfoidi. Dopo l’infezione acuta EBV va incontro ad una fase di latenza all’interno dei linfociti B infetti i quali non eliminati dalla risposta cellulo-mediata, vanno a loro volta incontro ad un processo di proliferazione indefinita (immortalizzazione) senza mai raggiungere lo stadio di differenziazione plasmacellulare. In questa fase il virus esprime una serie di proteine nucleari (EBNA) e di membrana (LMP) in grado di favorire alcuni oncogeni cellulari tra cui c-fgr e bcl-2 il cui prodotto è in grado rispettivamente di stimolare la proliferazione cellulare e di impedire la morte cellulare programmata. HHV-8 e sarcoma di Kaposi (KS) HHV 8 è un γ-herpesvirus del genere Rhadinovirus associato a tutti i sottotipi di KS (classico, endemico, secondario a trapianto d'organo o HIV correlato), alla malattia multicentrica di Castleman e ad una rara forma di linfoma a cellule B chiamato linfoma delle cavità sierose o PEL. Il virus presenta 2 fasi: quella litica e quella latente, ed entrambe giocano un ruolo significativo nella patogenesi di KS. Infatti durante queste fasi il virus codifica una serie di prodotti genici che inducono la proliferazione cellulare, la trasformazione in senso neoplastico (JNK / SAPK, PLC / PKC, PL3K / Akt), la produzione di citochine (vCCL-1, vCCL -2, vCCL3, vGPCR, Kaposin B), di geni ad azione anti-apoptoica (Bcl-2, vFLIP, K1, Lana-1, vIRF-1, vIRF-3, K8) e l'angiogenesi (VEGF, IL-6, vCCLs, K1, angiopoietina-1). Esiste anche un secondo meccanismo attraverso il quale il virus può dare origine a KS: l'infiammazione cronica dovuta da un lato ad una alterazione della risposta cellulo mediata di tipo innata ed adattativa, e dall’ altro da una iperattivazione del sistema immunitario attraverso il rilascio di citochine pro-infiammatorie e fattori della chemiotassi. HPV e tumori Il Papilloma Virus Umano è un virus appartenente alla famiglia dei Papillomaviridae responsabile di lesioni benigne quali le verruche cutanee o i condilomi genitali oppure di lesioni maligne come il cancro al collo dell'utero, al cavo orale, all'ano, all'esofago e alla laringe. In particolare, i carcinomi della cervice uterina sono innescati principalmente dai genotipi 16 e 18 mentre le verruche e i condilomi sono generati dai genotipi 2, 3, 4, 7, 10. Oltre il 70% delle donne contrae un'infezione genitale da HPV nel corso della propria vita, ma nella grande maggioranza dei casi questa risolve spontaneamente. Solo nei casi di infezioni sostenute da ceppi di HPV ad alto rischio è possibile lo sviluppo di un tumore maligno. HPV si contrae tramite contatto diretto (sessuale, orale e cutaneo). Il rischio di trasmissione del virus aumenta con il numero dei partner sessuali ed è massimo tra i giovani adulti (20-35 anni). Le lesioni da HPV del collo uterino possono essere riconosciute mediante il Pap test, la colposcopia o tecniche di patologia molecolare. Dott. Ferdinando Martellotta Dipartimento di Oncologia Medica Istituto Nazionale Tumori Aviano (PN) [email protected]