M20 Per contro, l'enorme affollamento di stelle e nubi di varia natura, consente di rilevare la presenza di stelle di ogni genere, nebulose brillanti od oscure, ammassi aperti e nebulose planetarie. Andiamo ora a vedere che cosa può aver catturato la nostra immagine I dintorni degli oggetti La zona è naturalmente ricca di polveri e gas per cui risulta molto difficile rilevare, nell'ottico, la presenza di oggetti extragalattici o per lo meno posti al di là del disco galattico (vedremo però che, in almeno un caso, ce l'abbiamo fatta). MESSIER La nebulosa M20 si trova in Sagittarius, una regione celeste sita nel cuore del disco della Via Lattea e che contiene, tra l'altro, il centro galattico. M20 - pag. 1 Osservatorio Astronomico Europa '71 San Remo (IM) Data di ripresa: 07.05.2005 Inizio ripresa: 23h 07m (UT) Tempo di esposizione 60m Telescopio: Astrophysics Apocromatic Starfire 155 mm / f 7 EDF Camera CCD: SBIG STL 11000M in high resolution mode (pixels 9x9 µm) Filtri: Baader Halpha da 20 µm + IR cut Per visualizzare correttamente tutti i dettagli dell’immagine, impostare “zoom dinamico” in Acrobat Reader. Se non possiedi una versione aggiornata, scaricala da http://www.adobe.com/it/products/acrobat/readstep2.html M20 pag. 2 STELLE L'immagine ha catturato almeno due stelle di tipo Wolf-Rayet: WR 108 (LS 14) e WR 102i (SMSNPL 17). Storicamente, questo raro tipo di stelle calde e massicce venne scoperto nel 1867 dai due astronomi francesi C. Wolf e G. Rayet mentre osservavano, con uno spettrografo visuale, alcune stelle luminose nella costellazione Cygnus. Ne trovarono tre che presentavano la particolarità di esibire, nel loro spettro, la presenza di larghe righe brillanti (in emissione), anzichè le consuete righe oscure (in assorbimento), tipiche delle stelle normali. Gli astronomi C.Wolf e G. Rayet a Parigi nel 1911, nel corso di un convegno internazionale. La larghezza delle righe in emissione indica che siamo in presenza di intensi fenomeni di perdite di massa, che avvengono a velocità misurate tra alcune centinaia e diverse migliaia di km/s. Le WR sono oggetti massicci, con masse che variano da 8 a 14 masse solari e che, con buona probabilità, sono il prodotto evolutivo di progenitori ancor più massicci, probabilmente stelle di tipo OB, che hanno perso massa a vantaggio di possibili compagni (la cui esistenza è però ancora controversa). I dintorni degli oggetti MESSIER Ecco come si presenterebbe una stella Wolf-Rayet vista a distanza ravvicinata M20 pag. 3 Queste stelle possono appartenere sia alla Popolazione galattica di tipo I (composta da oggetti più giovani, massicci e luminosi) che a quella di Popolazione II (più vecchia, meno massiccia e luminosa) ed in questo secondo caso le troviamo quali stelle centrali di svariate nebulose planetarie. A seconda che nei loro spettri compaiano le righe del carbonio (C) o dell'azoto (N) vengono solitamente suddivise nelle due categorie WC e WN, con temperature superficiali rispettivamente attorno a 40.000 °K e 50.000 °K. In alcuni casi sono state misurate anche temperature fino a 120.000 °K. Sono stelle molto rare e, nella Galassia, se ne conoscono attualmente poco più di 200. Infatti il “VII Catalog of Galactic Wolf-Rayet stars”, pubblicato nel 2001 da K.A. van der Hucht in New Astronomy Review (NewAR 45, 135), ne annovera 227. Curiosamente, nei primi decenni del secolo scorso le stelle WR vennero incluse, nella famosa classificazione di Harvard (O, B, A, F, G, K, M, R, N ed S) nella classe delle stelle “O”, distinguendole però con il suffisso “e” (emission) a motivo della presenza delle citate, larghe righe, ma poi si comprese che la situazione era ben diversa, per cui furono inserite in una classe separata. I dintorni degli oggetti MESSIER I tipici spettri delle stelle WR indicanti la presenza delle larghe righe in emissione: a sinistra quello di una WN ed a destra quello di una WC. All'epoca, per far ricordare, specie agli studenti, la classifica sopra richiamata nella giusta sequenza, era stata inventata una frase che, pressappoco, diceva così: “Oh Be A Fine Girl, Kiss Me Right Now” (Sii una brava ragazza, baciami bene ora). La WR 108, di tipo WN, venne scoperta nel 1938 da J. Cannon e M. Mayall (Harvard College Obs. Bull. 908, 20). M20 pag. 4 La SMSNPL 17 (di tipo WN) figura per la prima in un importante studio apparso nel 1999 sull'Astronomical Journal (AJ 118, 390), una delle più prestigiose riviste professionali di tutto il mondo e la sua sigla deriva dalle iniziali dei 6 astronomi firmatari dell'articolo (Shara, Moffat, Smith, Niemela, Potter e Lamontagne). La stella è posta ad una distanza dal Sole di 5,2 kiloparsecs (kpc), corrispondente a 16.950 anni luce. Cartina di SMSNPL 17(WR 102i). I dintorni degli oggetti MESSIER Cartina di WR 108 M20 pag. 5 In campo troviamo anche due singolari stelle: CGCS 3930 e 3936, dove la sigla sta per “Catalogue of Galactic Carbon Stars”, originariamente realizzato da C.B. Stephenson e recentemente (2001) revisionato ed ampliato da A. Alksnis et al. in Baltic Astronomy (BaltA 10, 1). Si tratta di stelle al carbonio, rientranti nella classe spettrale “C” che ha sostituito le vecchie classi “R” ed “N”. Queste sono stelle giganti, di tipo spettrale avanzato ed a bassa temperatura fotosferica, nelle cui atmosfere si osserva una sovrabbondanza di carbonio. L'atmosfera polverosa che circonda una stella al carbonio I dintorni degli oggetti MESSIER Ma che cosa si sa su tali stelle? E' noto in chimica che dall'urto triplo di tre nuclei di elio, a temperature di oltre 100 milioni di gradi si generano, al centro di stelle evolute, i nuclei del carbonio. La stranezza non sta nella produzione di C, che è quasi un passaggio obbligato nell'evoluzione stellare, quanto nel fatto che esso affiori in superficie in così grande quantità. Può addirittura accadere che esso sia talmente abbondante da dare luogo, nell'atmosfera della stella, alla formazione di fuliggini, particelle opache mescolate ad altri composti. Quando ciò accade l'atmosfera si intorbida, scurendosi al punto da intercettare la luce proveniente dalla fotosfera sottostante. Diminuisce così il flusso luminoso che può durare settimane o mesi. Alla fine i residui solidi vengono spazzati via dalla pressione di radiazione e la stella riconquista il suo splendore originario. Prototipo di queste stelle è la variabile R Coronae Borealis, ben nota agli astrofili variabilisti. Una piccola curiosità: appena a destra della CGCS 3936 è appena visibile una debole galassia lontana, difficilissima da rilevare in un campo così ricco di polveri e gas. M20 pag. 6 e CGCS 3936 Altra stella degna di nota è 2MASS J1801-2327, un oggetto molto piccolo e freddo, circondato da una densa atmosfera che emette la maggior parte della sua radiazione nell'infrarosso lontano risultando così debolissima nel visuale. La sigla 2MASS sta ad indicare che è stata individuata nell'omonima survey (Two Micron All Sky Survey) che ha portato alla scoperta di un enorme quantità di oggetti deboli, galattici ed extragalattici. Cartina estratta dalla survey 2MASS con indicata, nel riquadro rosso, la posizione della nana ultrafredda 2MASS J1801-2327 I dintorni degli oggetti MESSIER Cartine di CGCS 3930 M20 pag. 7 Immagine nell'ottico della 2MASS J1801-2327: evidentissima la differenza di luminosità della stella rispetto alla corrispondente infrarossa. I dintorni degli oggetti MESSIER Le nane ultrafredde si trovano agli estremi inferiori nelle classifiche spettrali, oggi denominate classi “L” e “T”, con masse che vanno da 0,3 a 0,08 masse solari. Le temperature fotosferiche arrivano per le nane L ad un limite inferiore di 1.500-2.000 °K, mentre per le nane “T” tale valore scende a circa 1.000 °K. Un'ultracool dwarf (binaria) osservata con vari strumenti dallo spazio e dal suolo: ben visibili gli spostamenti reciproci delle due stelle lungo il percorso orbitale. Ricordiamo che, al di sotto di 0,08 masse solari, la temperatura centrale della stella rimane troppo bassa per sostenere sufficientemente il bruciamento nucleare. Questi oggetti, battezzati “nane brune” o “nane grigie” disperdono il loro calore iniziale e si raffreddano rapidamente. M20 pag. 8 In campo vi sono anche alcuni YSO (Young Stellar Object) che, in pratica, sono delle stelle neonate, ancora avvolte nel bozzolo di gas e polveri che le hanno generate. La loro luce, anche se intensa, viene efficacemente assorbita dalla materia interstellare, per cui risultano difficilmente visibili nell'ottico, mentre emergono con maggiore facilità nelle bande spettrali infrarosse. Uno di questi, RAFGL 5428, è stato scoperto per la prima volta nella rassegna infrarossa dell'Air Force Geophysics Laboratory, una survey realizzata con strumentazioni militari adattate al campo astronomico e che vide la sua prima pubblicazione nel 1976, con una revisione nel 1983. L'oggetto è stato rilevato in seguito anche dagli strumenti a bordo del satellite IRAS: si tratta quasi certamente di un oggetto massiccio, di tipo spettrale O5, destinato quindi a diventare una luminosa stella blu allorquando, con i forti venti che lo caratterizzano, sarà riuscito a dissipare le coltri di nubi che ancora lo avvolgono. Dalla corposa rassegna della 2MASS abbiamo inoltre estratto un oggetto che appare appena visibile nella nostra immagine ma che, lo ricordiamo, appartiene ad una categoria estremamente debole nell'ottico: YSO J180344.1-222831. Cartina infrarossa di YSO J180344.1-222831, un debolissimo e giovane oggetto prestellare, destinato a diventare una calda stella luminosa. I dintorni degli oggetti MESSIER Cartina di RAFGL 5428 nell'ottico, laddove risulta molto debole. Appare invece visibile la striscia di nube nella quale si trova ancora avvolto. M20 pag. 9 Dati posizionali: tipo WR WR carbon st. carbon st. ultracool dw YSO YSO DEC 2000 -23 00 20 -22 47 39 -22 40 07 -22 32 48 mag. WR 108 WR 102i CGCS 3930 CGCS 3936 STELLE AR 2000 18 05 25.7 18 00 34.3 18 02 17.5 18 03 29.7 2MASS J1801-2327 RAFGL 5428 YSO J1803-2228 18 01 27.9 18 00 49.5 18 03 44.1 -23 27 09 -23 20 22 -22 28 32 J 13,04 nome 11,3 13,4 K 10,52 rif. 34 14 27 35 21 20 37 I dintorni degli oggetti MESSIER M20 pag. 10 STELLE VARIABILI Veduta dell'alloggiamento del telescopio ASAS, posizionato nei pressi del Las Campanas Observatory, in Cile. I dintorni degli oggetti MESSIER Il campo è ricchissimo di stelle, per cui è facile ritrovarvi, come di fatto è, un buon numero di stelle variabili. E infatti troviamo almeno 14 stelle contenute nel famoso GCVS (General Catalogue of Variable Stars) che rappresenta la summa mondiale nello specifico settore, in quanto contiene, oltre alle denominazioni, informazioni spettrali, range di magnitudine, periodi e riferimenti sugli specifici studi di diverse decine di migliaia di variabili scoperte a tutt'oggi. In aggiunta vi sono diverse variabili ASAS (All Sky Automated Survey), un programma automatizzato che, negli ultimi anni, ha portato alla scoperta ed allo studio di numerosi oggetti della categoria, in precedenza parzialmente sfuggiti alle ricerche dei variabilisti. Il programma ASAS prevede l'ambizioso monitoraggio di circa 10 milioni di stelle più brillanti della 14^ magnitudine. M20 pag. 11 Cominciamo con le variabili ad eclisse che, più propriamente, dovrebbero essere chiamate “binarie ad eclisse” in quanto tali stelle non possiedono una variabilità intrinseca, bensì la loro variazione di luce è dovuta al manifestarsi di reciproche eclissi nel corso dei loro moti orbitali. E' fuori dubbio che tali fenomeni vengono osservati in quanto il piano orbitale di tali sistemi è molto prossimo alla nostra linea di vista. In tali oggetti il periodo coincide naturalmente con quello della componente del moto orbitale. Visione ipotetica di come apparirebbe un sistema binario ad eclisse visto da un suo pianeta. Ben visibile il fenomeno di trasferimento di massa che spesso avviene in tali mondi. I dintorni degli oggetti MESSIER L'illustrazione mostra come avviene il mutuo fenomeno delle eclissi in un sistema binario e, di conseguenza, come varia l'intensità della luce percepita dall'osservatore. M20 pag. 12 Tra questi sistemi il più famoso è quello delle binarie tipo Algol (â Persei) dal nome del prototipo, osservato per la prima volta dal bolognese Geminiano Montanari che, nel 1668, si accorse dei suoi affievolimenti di luce. In seguito fu osservata sporadicamente fino a quando, nel 1782, John Goodricke, un ragazzo inglese sordomuto ed appassionato osservatore del cielo, scoprì che gli affievolimenti della stella apparivano ad intervalli di tempo multipli di 2 giorni, 20 ore e 49 minuti. Goodricke sospettò subito che il fenomeno fosse riconducibile ad un'eclisse da parte di una seconda stella “oscura, orbitante ed invisibile attorno alla stella luminosa”. John Goodricke, l'astrofilo inglese che, nel 1782, scoprì la periodicità nel fenomeno delle eclissi del sistema di Algol (â Persei). La prova definitiva si ebbe però solo nel 1889, quando gli astronomi tedeschi H. Vogel e J. Scheiner osservarono che nello spettro di Algol le righe apparivano spostarsi alternativamente ora verso il rosso ed ora verso il blu col medesimo periodo della variazione luminosa (2,867 giorni). I dintorni degli oggetti MESSIER L'astronomo bolognese Geminiano Montanari che, nel 1668, scoprì per primo le variazioni di luminosità della stella Algol (â Persei). M20 pag. 13 Le componenti di questi sistemi possono avere forma sferica od ellissoidale (con trasferimenti di massa dalla primaria alla secondaria), da cui derivano diverse sottospecie. I periodi vanno da 0,2 ad oltre 10.000 giorni e le ampiezze di luminosità variamente differenziate, raggiungendo anche diverse magnitudini. Tra questi sistemi abbiamo in campo diversi oggetti: WY Sgr, di tipo spettrale B9 e periodo 4,670 giorni, con variazioni luminose da 10,20 a 11,10; ASAS J175859-2323.1, con p= 1,540 giorni e variazioni da 10,46 a 10,80; AU Sgr che varia da 13,40 a 14,50; V792 Sgr, con p= 3,93 giorni e variazione 11,70-12,40; V4202 Sgr da 8,21 a 8,46 ed ASAS J180433-2301.7, con p= 0,397 giorni e variazione da 12,44 a 12,88. come sopra ma per ASAS 1758-2323. I dintorni degli oggetti MESSIER Cartina di identificazione e curva di luce della binaria ad eclisse WY Sgr: ben visibili i due minimi di luminosità. M20 pag. 14 Come sopra ma per AU Sgr. I dintorni degli oggetti MESSIER Come sopra ma per V792 Sgr. Come sopra ma per V4202 Sgr. M20 pag. 15 Come sopra ma per ASAS 1804-2301. Il giorno e la notte visti da un probabile pianeta orbitante attorno ad una variabile tipo Mira: il giorno è illuminato dalla stella quando è al minimo delle dimensioni ed al massimo della luminosità, mentre la notte è debolmente illuminata dalla stella al suo massimo di volume, quindi con tanta atmosfera assorbente che diminuisce la quantità di luce emessa. Le variabili di tipo Mira sono giganti rosse, caratterizzate da spettri di tipo avanzato (K-M) e variazioni luminose che vanno da 2,5 a 11 magnitudini nel visuale. Quest'ultima caratteristica le ha sempre rese interessanti ed eccitanti da osservare in quanto la loro luce può variare anche di oltre 10.000 volte tra il minimo ed il massimo. Le loro periodicità sono ben pronunciate ed i periodi oscillano mediamente da 80 a 1.380 giorni. Nell'infrarosso le variazioni sono molto minori (< 2,5 mag.), segno che tali stelle sono avvolte da atmosfere polverose che emettono notevolmente anche quando la stella è al minimo di luminosità. I dintorni degli oggetti MESSIER In campo troviamo inoltre tre variabili a lungo periodo. Queste stelle vengono anche chiamate di tipo “Mira”: vediamo il perchè. La prima stella variabile scoperta in assoluto fu omicron Ceti (nella costellazione Cetus = Balena), osservata nel 1598 e che suscitò tanta meraviglia nei dotti dell'epoca da guadagnarsi l'appellativo di “Mira”, la “Meravigliosa”. M20 pag. 16 Mediamente sono almeno 100 volt più luminose del Sole e, data la loro bassa temperatura fotosferica (2.000-3.000 °K), devono essere di enormi dimensioni: Mira, ad esempio, è 300 volte più grande del Sole. Le tre Mira in campo sono V1945 Sgr, con periodo di 408 giorni e variazioni di magnitudine da 11,60 a 14,40; V1950 Sgr, con p= 400 giorni e variazioni da 7,00 a 14,20 e V1951 Sgr con p= 510 giorni e variazioni 8,30-14,80. Cartina di identificazione e curva di luce della variabile a lungo periodo V1945 Sgr: si noti la continua caduta verso il minimo e, soprattutto, si osservi la marcata differenza di comportamento rispetto alle binarie ad eclissi. I dintorni degli oggetti MESSIER Nella figura possiamo renderci conto di quale sia la differenza in dimensioni tra il Sole (al centro a sinistra) ed una gigante rossa (in basso), tanto grande da non poter essere interamente rappresentata. M20 pag. 17 Come sopra ma per V1950 Sgr: la stella è in fase intermedia e la curva di luce è riferita ad un periodo non completamente coperto. Altra importante categoria di variabili presente nella nostra immagine iniziale è quella delle Cefeidi. Storicamente, la prima cefeide (ç Aquilae) venne scoperta dall'inglese Edward Piggot il 10 settembre 1784 e, poco più di un mese dopo, il 20 ottobre ancora il citato John Goodricke scoprì la variabilità di ä Cephei (da cui il termine cefeide). Egli la osservò per più di cento volte nei primi dieci mesi dell'anno seguente, un vero e proprio record visto il clima non certo favorevole dell'Inghilterra. Ricordiamo per inciso che Goodricke morì il 20 aprile del 1786, all'età di 21 anni, per una polmonite contratta in conseguenza delle ripetute esposizioni alla fredda aria notturna. I dintorni degli oggetti MESSIER Come sopra ma per V1951 Sgr: nella cartina la stella è intorno al minimo, mentre la curva di luce si riferisce al periodo attorno ad un massimo. M20 pag. 18 Nel 1912, miss Henrietta Leavitt, analizzando per mesi le lastre della collezione di Harvard sulle Nubi di Magellano (le due piccole galassie australi satelliti della nostra Galassia), scoprì per le cefeidi la famosa relazione periodo-luminosità per la quale le più luminose presentavano un periodo più lungo e lo splendore medio aumentava linearmente col crescere del periodo. Tale relazione consentiva (e consente) di risalire alla distanza della cefeide una volta conosciuto il periodo. Infatti, determinato il periodo di luminosità si risale immediatamente alla magnitudine assoluta, cioè reale, della stella. Poichè conosciamo la magnitudine apparente (come misurata al telescopio) si può risalire rapidamente alla sua distanza considerando che la luminosità di un oggetto è inversamente proporzionale al quadrato della sua distanza dall'osservatore. L'illustrazione indica, oltre alla regolarità del periodo di una cefeide, anche le sue variazioni di dimensione, luminosità e temperatura (rosso= più freddo e azzurro= più caldo). I dintorni degli oggetti MESSIER Curva di luce di ä Cephei, da cui si rileva la regolarità delle variazioni. M20 pag. 19 L'applicazione di questa relazione ha permesso di calcolare, in modo piuttosto preciso, le distanze di ammassi stellari appartenenti alla nostra Galassia, ma anche di galassie esterne, in quanto le cefeide sono molto luminose e possono essere individuate anche in sistemi extragalattici. Le variazioni luminose di questi oggetti sono regolari, con ampiezze da 0,1 a 2 magnitudini e periodi compresi tra meno di un giorno e circa 100 giorni. La causa della variazione è dovuta alla pulsazione che gonfia e sgonfia la stella modificandone spettro, colore e temperatura in fase con la variazione luminosa. I dintorni degli oggetti MESSIER Il diagramma colore magnitudine delle variabili pulsanti, tra le quali vi sono due delle classi finora viste, le Mira (in alto a destra) e le cefeidi (in alto al centro). Come si vede, le cefeidi sono più calde e più blu (tipi spettrali intorno a G) rispetto alle Mira (spettro intorno a M). Si notino anche le posizioni del Sole (tipo G) e di Betelgeuse (tipo M), la più luminosa stella nella costellazione di Orione, una gigante rossa 10 mila volte più luminosa del Sole ma molto più fredda. L'unica cefeide in campo è la AV Sgr, con periodo di 15,415 giorni ed un range di magnitudine 10,67-12,10. M20 pag. 20 Cartina identificativa e curva di luce della variabile cefeide AV Sgr: molto evidente la regolarità delle fluttuazioni luminose. Tipica curva di luce di una variabile irregolare. Sono probabilmente giovani oggetti che, nel corso di ulteriore evoluzione, potranno diventare stelle a luce costante. Il range di variazione può raggiungere può raggiungere diverse magnitudini, spesso in modo molto rapido (flares). Il tipo spettrale varia da F ad M. Almeno cinque eruttive sono state riprese nel nostro campo: V1947 Sgr con range 17,00-<18,00; V1949 Sgr come la precedente; V2282 Sgr con range 16,0017,00; V3791 Sgr da 12,90 a 15,10 e V3899 Sgr da 11,70 a 13,00. I dintorni degli oggetti MESSIER Troviamo inoltre diverse variabili irregolari. Queste vengono genericamente chiamate “variabili di Orione” dal nome della costellazione in cui sono maggiormente presenti. La loro variazione di luminosità è di natura irregolare e di tipo eruttivo e sono di norma connesse a nebulose brillanti od oscure. Alcune mostrano variazioni cicliche causate da rotazioni assiali. M20 pag. 21 La variabile eruttiva V1947 Sgr ripresa intorno al minimo di luminosità. Cartina della variabile irregolare V2282 Sgr, ripresa intorno al massimo di luminosità. Si noti la vicinanza prospettica con la V1947 Sgr illustrata in precedenza. I dintorni degli oggetti MESSIER In questo caso la variabile eruttiva V1949 Sgr è stata rilevata intorno al massimo di luce. M20 pag. 22 V3791 Sgr, anche se abbastanza luminosa, risulta di non facile identificazione stante la sua vicinanza con il centro di M20. Anche essa appare molto vicina a V2282 Sgr e V1947 Sgr. Infine, rileviamo nel campo la presenza di alcune variabili scoperte di recente nel programma ASAS e per le quali necessitano ulteriori osservazioni al fine di consentire l'appartenenza ad una particolare categoria. Tra queste segnaliamo: - ASAS J175833-2235.7 (mag. 12,11, p= 68,090 giorni e range 0,60 mag.) - ASAS J180039-2310.5 (mag. 11,68, p= 53,710 giorni e range 0,33 mag.) - ASAS J180228-2256.0 (mag. 11,21, p= 801,301 giorni e range 0,42 mag.) - ASAS J180533-2246.0 (mag. 11,15, p= 54,945 giorni e range 0,23 mag.) - ASAS J180542-2319.2 (mag. 12,65, p= 157,654 giorni e range 0,86 mag.) I dintorni degli oggetti MESSIER V3899 Sgr è la più luminosa tra le variabili eruttive nel campo di M20. La sua curva di luce denuncia chiaramente il comportamento irregolare delle variazioni luminose. M20 pag. 23 Cartina identificativa e curva di luce della sospetta variabile ASAS J175833-2235.7 Come sopra ma per la sospetta ASAS J180228-2256.0, nota anche con la sigla NSV 10032. I dintorni degli oggetti MESSIER Come sopra ma per la sospetta variabile ASAS J180039-2310.5. M20 pag. 24 Come sopra ma per la sospetta variabile ASAS J180533-2246.0. I dintorni degli oggetti MESSIER Come sopra ma per la sospetta variabile ASAS J180542-2319.2. M20 pag. 25 Dati posizionali: range mag. 10,20-11,10 10,46-? 13,40-14,50 11,70-12,40 8,21-8,46 12-44-? 11,60-14,40 7,00-14,20 8,30-14,80 10,67-12,10 17,00-<18 17,00-<18 16,00-17,00 12,90-15,10 11,70-13,10 12,11 11,68 11,21 11,15 12,65 rif. 2 24 4 10 13 31 9 12 11 30 7 8 6 5 1 26 23 25 32 33 I dintorni degli oggetti MESSIER tipo bin. eclisse bin. eclisse bin. eclisse bin. eclisse bin. eclisse bin. eclisse Mira Mira Mira Cefeide irregolare irregolare irregolare irregolare irregolare sospetta sospetta sospetta sospetta sospetta STELLE VARIABILI nome AR 2000 DEC 2000 WY Sgr 18 00 58.7 -23 01 56 ASAS 1758-2323 17 58 59.2 -23 23 06 AU Sgr 18 04 27.7 -22 59 58 V792 Sgr 18 03 05.0 -22 51 53 V4202 Sgr 18 03 24.9 -22 37 01 ASAS 1804-2301 18 04 33.0 -23 01 42 V1945 Sgr 18 01 30.0 -22 57 24 V1950 Sgr 18 02 41.0 -23 21 55 V1951 Sgr 18 03 30.0 -22 59 45 AV Sgr 18 04 48.8 -22 43 57 V1947 Sgr 18 02 14.0 -23 01 21 V1949 Sgr 18 02 11.0 -22 55 27 V2282 Sgr 18 02 17.0 -23 03 03 V3791 Sgr 18 02 23.0 -23 01 38 V3899 Sgr 18 02 48.0 -23 18 54 ASAS 1758-2235 17 58 33.1 -22 35 49 ASAS 1800-2310 18 00 39.1 -23 10 24 ASAS 1802-2256 18 02 28.0 -22 56 00 ASAS 1805-2246 18 05 32.6 -22 46 04 ASAS 1805-2319 18 05 40.8 -23 19 17 M20 pag. 26 NEBULOSE PLANETARIE Le planetarie (PN) sono piccole nebulose a struttura globoidale la quale, a volte, le rende simili ad un disco o ad un guscio grossolanamente sferico. Agli astronomi della seconda metà del '700, che per primi ne osservarono alcune, apparvero come pallidi dischetti luminescenti, simili nell'aspetto ai pianeti quando vengono osservati a basso ingrandimento. E fu proprio per questa apparente caratteristica che l'astronomo dilettante francese Antoine Darquier, nel 1779, a seguito della scoperta di M57 nella Lyra, coniò per questi oggetti il termine “nebulose planetarie” tuttora in uso. Nello stesso anno M57 venne osservata anche da Charles Messier, che la immaginò formata da molte, minuscole stelline non distinguibili. Anche l'inglese W. Herschel, nel 1785, descrisse l'oggetto come un probabile anello di stelline, annoverandola tra le “cose più curiose del cielo”. Per molto tempo non si riuscì a comprendere il meccanismo fisico che sta alla base del fenomeno e si interpretò lo spettro come il prodotto di un ipotetico elemento chimico sconosciuto sulla Terra e che venne chiamato “nebulio”. I dintorni degli oggetti MESSIER Antoine Darquier, l'astrofilo francese che, nel 1779, coniò il nome delle “Nebulose planetarie”. M20 pag. 27 La morfologia anulare che le caratterizza è dovuta al fatto che il guscio che le avvolge è di bassa densità per cui, guardando verso il centro, lo strato di gas attraversato dalla linea di vista è sottile, mentre verso i bordi la predetta linea percorre un tratto ben più lungo e quindi apparentemente più intenso. Dagli spettri si comprende che le PN sono costituite da gas eccitati da un'intensa sorgente di radiazione ultravioletta: infatti al centro delle più vicine si riesce spesso a vedere una stella eccitatrice ad altissima temperatura, da 30.000 a 100.000 °K, della classe spettrale O o WR. Il materiale del guscio è stato espulso dalla stella in precedenti fasi evolutive e si rende visibile per fluorescenza proprio a causa della radiazione UV, allontanandosi verso l'esterno a velocità tipiche di 20-30 km/s. Schema esplicativo di una nebulosa planetaria: la calda stella centrale emette un intenso e veloce vento stellare che, urtando contro il mezzo interstellare, dà origine ad un fronte d'urto (l'anello della PN) oltre il quale l'inviluppo stellare espulso si muove con minore velocità. I dintorni degli oggetti MESSIER Così doveva apparire una PN ai tempi di Herschel M20 pag. 28 Dalle analisi delle velocità di espansione si sono potuti calcolare i tempi del fenomeno, appurando che le età delle PN sono dell'ordine di poche decine di migliaia di anni, un'inezia se rapportata alla durata tipica della vita di una stella. Col passare del tempo gli involucri si disperdono nello spazio interstellare, rarefacendosi sempre più, ed è per questo che non si conosce alcuna PN con età maggiore del valore sopra riportato. Le più giovani, come l'unica PN presente in campo e registrata dalla nostra immagine (ESO 521-PN7), possono venir facilmente scambiate per normali stelle in quanto il loro guscio è ancora di ridotte dimensioni. I dintorni degli oggetti MESSIER La serie di immagini fornisce un'idea su come possano apparire al telescopio le PN, con le più giovani che risultano quasi indistinguibili dalle stelle ordinarie. M20 pag. 29 Il loro riconoscimento avviene per via spettrale in quanto le righe nebulari appaiono sdoppiate, segno inequivocabile della presenza di un gas trasparente in espansione. Le componenti spostate verso il blu indicano il gas in avvicinamento (rispetto all'osservatore) mentre quelle spostate verso il rosso indicano la parte in allontanamento. Dati posizionali: NEBULOSE PLANETARIE tipo nome AR 2000 PN ESO 521-PN7 18 00 01.4 DEC 2000 -23 13 49 rif. 28 I dintorni degli oggetti MESSIER La nebulosa planetaria ESO 521PN7, visibile come un semplice punto a motivo della sua giovanissima età. M20 pag. 30 AMMASSI APERTI Gli ammassi aperti sono aggregati di stelle che appaiono proiettarsi lungo la fascia della Via Lattea. Si tratta di oggetti giovani ed in alcuni di essi nessuna stella ha ancora avuto il tempo di diventare una gigante. Sono spesso associati a nebulose diffuse che sappiamo essere le matrici delle stelle. Le età vanno da pochi milioni a qualche centinaio di milioni di anni, con qualche eccezione tipo M67 che arriva a 4 miliardi di anni. Al loro interno si osservano di frequente stelle doppie o multiple, nonchè vari tipi di stelle variabili. Le estensioni reali sono dell'ordine di alcune decine di anni luce e vi si contano da poche decine ad alcune centinaia di stelle (fino ad un massimo intorno a mille). Mentre nella regione attorno al Sole la distanza media tra una stella e l'altra è di 6-7 anni luce, in un ammasso aperto questa scende a 2 anni luce, per cui abbiamo un volume 30 volte più ricco. L'esiguo numero di componenti e, di conseguenza, la massa ridotta, fa sì che, col passare del tempo, gli ammassi aperti si dissolvano, con le I dintorni degli oggetti MESSIER Un giovane ammasso aperto ancora parzialmente avvolto nella nebulosa che lo ha generato M20 pag. 31 Un giovanissimo ammasso aperto (arrossato –al centro) da poco scoperto nella survey 2MASS all'interno di una nube oscura galattica. I dintorni degli oggetti MESSIER loro stelle che si allontanano reciprocamente le une dalle altre (per mancanza di una forte gravità) a velocità tipiche di 1-5 km/s. Le stelle finiscono con il confondersi con le circostanti e, per tale motivo, non si osservano ammassi molto vecchi. Dal punto di vista della loro catalogazione il primo lavoro venne pubblicato nel 1915 dal francese Melotte, che ne elencò 163. Seguirono poi altri cataloghi ad opera di altri studiosi come Raab, Shapley, Trumpler e Collinder, fino al corposo lavoro di Alter “Catalogue of Star Clusters and Associations” che, in varie edizioni a partire dal 1958, ne elencò 576. In tempi più recenti sono rimasti famosi i cataloghi di Lynga (1987) e Mermilliod (1995) fino ai più recenti curati da Kharchenko (20012005), Dias (2002-2005). In quest'ultimo lavoro il numero totale degli ammassi aperti galattici arriva a 1.629. Con l'avvento delle nuove tecnologie infrarosse se ne stanno scoprendo molti altri giovanissimi, ancora avvolti nei bozzoli di materiale che li hanno generati. Importanti in questo senso sono surveys come la 2MASS e la DSS (Digitized Sky Survey): ispezioni sulle immagini di queste rassegne hanno consentito la scoperta di oltre 100 nuovi oggetti, in parte ancora candidati. M20 pag. 32 Nella nostra immagine ve ne sono due: M21, che sarà oggetto di separata scheda, e Teutsch 72, un oggetto per la verità poco appariscente, scoperto da P.H Teutsch e presentato in un recentissimo studio -2006- sulla rivista Astronomy and Astrophysics (A&A 447, 921). Dati posizionali: tipo amm.aperto nome Teutsch 72 AMMASSI APERTI AR 2000 DEC 2000 18 02 50.2 -22 49 00 n. stelle 56 rif. 38 I dintorni degli oggetti MESSIER Il candidato ammasso aperto Teutsch 72, recentemente scoperto poco a nord di M20. M20 pag. 33 NEBULOSE OSCURE Essendo il nostro campo ben all'interno del disco galattico, è naturale aspettarsi la presenza di nebulose oscure. Queste sono formate da materia interstellare addensata che si accumula all'interno di nubi più compatte, fredde, oscure, sempre a bassa densità ma sufficienti ad intercettare ed assorbire la luce emessa dagli astri retrostanti, anche perché sono spesso molto estese e possono contenere materiale fino a molte migliaia di masse solari. Tale materiale in diversi casi, si condensa al punto da creare le condizioni per la nascita di nuove stelle. I dintorni degli oggetti MESSIER Una nube oscura ripresa in infrarosso: gli addensamenti indicati con P rappresentano i luoghi in cui sono stati rilevati oggetti protostellari. In alcuni casi si presentano con strutture tondeggianti ed in altri sembrano snodarsi come serpenti tra le stelle. M20 pag. 34 Nube oscura serpeggiante ripresa nel rosso: si tratta di Barnard 72 nota anche come “snake”, il serpente. I dintorni degli oggetti MESSIER Nube oscura tondeggiante ripresa in infrarosso M20 pag. 35 Le nebulose oscure vennero nominate per la prima volta nel 1499, quando il navigatore spagnolo Martin Alonzo Pinzon le notò per primo nel cielo australe, descrivendole come “sacchi di carbone, macchie ovali vuote di stelle, chiazze nere in un campo ricco”. I primi cataloghi furono stesi a partire dal primo '800 da Herschel, poi da Wolf, Barnard ed Hagen. Il più famoso è quello di Barnard, pubblicato nel 1927 a cura della Carnegie Institution of Washington, nel quale sono contenuti i dati di 349 “oggetti oscuri”; nel medesimo anno Barnard ed i due colleghi Frost e Calvert pubblicarono il celeberrimo “A Photographic Atlas of Selectd Regions of the Milky Way” contenente meravigliose immagini non solo per quell'epoca, ma altrettanto valide ai giorni nostri. E furono proprio i suoi studi pionieristici sulla fotografia astronomica a grande campo (sfociati nel citato Atlante) a dare grandissimo impulso alla ricerca sulle applicazioni delle lastre gelatinose, i cui ultimi prodotti sono le due Palomar Observatory Sky Surveys (POSS I e II) che, unite ad analoghe survey nel cielo australe, hanno consentito di mappare fotograficamente l'intera volta celeste. Edward Emerson Barnard, l'astronomo statunitense autore di uno dei più importanti cataloghi di nebulose oscure. I dintorni degli oggetti MESSIER Ritratto del navigatore spagnolo Martin Alonzo Pinzon, il primo a notare in cielo la presenza delle nebulose oscure. M20 pag. 36 E proprio ispezionando visualmente le lastre delle suddette surveys sono stati elaborati i più moderni cataloghi di nebulose oscure, fra i quali ricordiamo quelli di Lynds, apparso per la prima volta nel 1962 e contenente i dati di 1.791 oggetti (ApJS 7, 1), di Schoenberg (1964) con 1.456 nubi, di Feitzinger e Stuewe (FeSt 1984) con 820 tra nubi e globuli e, infine, quello di Hartley, pubblicato nel 1986 e riferito a nubi oscure del cielo australe. Molto più recenti sono invece quelli dedicati ai piccoli globuli oscuri, quali quello curato da Clemens e Barvainis (CB), tuttora oggetto di intensi studi. Recenti studi sulle proprietà fisiche delle nebulose oscure hanno consentito di accertare che la loro temperatura è solitamente molto bassa, attorno a 200 °C sottozero. Le polveri costituenti sembrano composte da minuscoli granelli del diametro di qualche decimo di micron, per la gran parte grafite, silicati e fruscoli del ferro. Una grande varietà di molecole, dalle più semplici alle più complesse, è stata rilevata attraverso specifiche indagini nei settori dell'infrarosso lontano, delle microonde, delle onde submillimteriche e di quelle radio. Attualmente se ne annoverano oltre 130 specie. La loro individuazione, per quanto facile ed immediata, spesso mal si adatta alle descrizioni dei cataloghi, specialmente per gli oggetti estesi e/o di aspetto irregolare. Per questo motivo abbiamo pensato di indicare direttamente sulla nostra immagine le nubi riportate in vari cataloghi, ricordando che le delimitazioni sono piuttosto personali (ovviamente per gli oggetti estesi ed irregolari), come ebbero a riportare molti degli autori dei cataloghi. Dati posizionali: tipo neb. osc. glob. neb. osc. neb. osc. neb. osc. NEBULOSE OSCURE nome AR 2000 DEC 2000 LDN 215 17 58 01 -22 30 15 B 85 18 02 25 -23 01 LDN 232 18 05.0 -22 50 FeSt 476 18 02.8 -23 27 FeSt 327 18 03.5 -22 58 I dintorni degli oggetti MESSIER Un globulo CB al cui interno l'immagine infrarossa è riuscita a rivelare una protostella ancora i fase di contrazione gravitazionale. dimens. 178'x178' 0,113 ° M20 pag. 37 NEBULOSE DIFFUSE La prima nebulosa brillante ad essere individuata come tale fu quella di Orione, M42, segnalata da Nicolas-Claude Fabri de Peiresc nel 1610, pochi mesi dopo il primo uso astronomico del cannocchiale da parte di Galileo. Peiresc era uno strano personaggio che si intressava di molteplici argomenti scientifici, dalla biologia alla zoologia all'astronomia ed intorno al quale sono sorte moltissime storie e leggende. Egli comprese subito l'importanza dell'applicazione scientificoastronomica dell'invenzione dell'astronomo fiorentino e si dedicò con passione allo scrutamento del cielo, riportando le sue osservazioni in una miriade di lettere e comunicazioni. Questi oggetti sono agglomerati di materia –gas e polveri- con densità fino a 1.000 volte maggiore della media nello spazio interstellare. Ciononostante, rispetto alla realtà terrestre, sono ambienti dove vige un “ultravuoto” assai più spinto di -21 3 quello che si riesce ad ottenere in laboratorio: 10 g/cm , cioè un millesimo di miliardesimo di miliardesimo di grammo per centimetro cubo. In un recipiente a tenuta perfettamente stagna, contenente gas e pulviscolo di tale densità, portato a temperatura “ordinaria”, cioè a 0 °C, la pressione sarebbe dell'ordine di un milionesimo di miliardesimo di atmosfera. Nessun vacuometro sarebbe in grado di misurare un vuoto di grado così elevato. Ma l'estensione di tali nubi è talmente elevata (da alcuni a diverse centinaia di anni luce) che questa materia così rarefatta si rende visibile quando è illuminata dalla luce di una o più stelle vicine ad alta temperatura. Tale luce viene riflessa verso di noi dal pulviscolo che permea l'intera nebulosa e che, a sua volta, è estremamente rarefatto: appena l' 1% dell'intero gas, praticamente un centigrammo di materia dispersa in un cubo di 100 km di lato. Certe nebulose si rendono visibili per un fenomeno completamente diverso e, a differenza delle precedenti (a riflessione o diffusione) vengono dette “ad I dintorni degli oggetti MESSIER Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, primo osservatore di una nebulosa brillante nel cielo durante l'inverno del 1610. M20 pag. 38 emissione”. In questo caso il gas della nebulosa viene eccitato dalla radiazione delle stelle vicine ed i fotoni ultravioletti ionizzano gli atomi di idrogeno che rappresenta il costituente principale della nube. Gli atomi ionizzati tendono poi a ritornare allo stato fondamentale di riposo emettendo radiazione, in particolare le cosiddette righe della serie di Balmer che cadono nella regione ottica dello spettro e sono quindi percepite dai nostri occhi. I dintorni degli oggetti MESSIER Due tipi di nebulose brillanti a confronto: sopra una “a riflessione” e sotto una “ad emissione”: la differenza di tipologia viene solitamente accertata attraverso un' indagine spettroscopica. M20 pag. 39 Anche per le nebulose brillanti sono stati approntati numerosissimi cataloghi, la cui completa recensione va oltre i compiti che ci siamo prefissi. Qui ci basterà ricordare i più famosi e cioè quelli di Cederblad (1956), Sharpless (1959), Dorschner e Gurtler (1963), Lynds (1965) ed il recente lavoro curato da T.Yu. Magakian (Astronomy and Astrophysics 399, 141 -2003-) che rappresenta il compendio di numerosi cataloghi precedenti descrivendo 913 oggetti in modo uniforme. Pur essendo la costellazione del Sagittarius ricca di nebulose, il campo attorno ad M20 ne contiene solamente due, peraltro molto deboli: MGK 740, rilevata dal citato catalogo di Magakian ed ESO 521-*N018, individuata originariamente sulle lastre dell'ESO e catalogata come stella circondata da una tenue nebulosa, che nella nostra immagine risulta appena percettibile. L'immagine, ripresa con lastra sensibile al rosso, rivela la debole nebulosa denominata ESO 521-*N018. I dintorni degli oggetti MESSIER La nebulosa MGK 740 appare ben visibile nell'immagine negativa, come pure alcuni globuli circostanti. Dati posizionali: tipo neb. diffusa neb. diffusa NEBULOSE BRILLANTI nome AR 2000 MGK 740 18 02 32 ESO 521 -*N018 18 03 55 DEC 2000 -22 54 19 -23 21 56 rif. 19 29 M20 pag. 40 OGGETTI HERBIG HARO Lo schema in figura illustra come si forma l'emissione di oggetti Herbig-Haro. Una giovane stella si accresce di materia formando un disco di accrescimento in posizione equatoriale ed espellendo il materiale in eccesso dalle regioni polari (da dove la fuga è più facile senza dover attraversare le linee di forza dei campi magnetici). Tale materiale, che viaggia a 100200 km/s, scava nel mezzo interstellare attraversato dei tunnels e, quando incontra zone di maggior densità, da' luogo alla formazione di nodosità derivate dall'urto. La parte inferiore della figura indica che gli oggetti HH presentano nei loro spettri le righe alternativamente spostate verso il blu (in avvicinamento – a sinistra) e verso il rosso (in allontanamento - a destra) rispetto all'emissione della stella centrale, a dimostrazione della presenza di getti di materia espulsi dalla stella medesima in direzioni opposte. I dintorni degli oggetti MESSIER Nel cuore di M20 si trova uno strano oggetto, appartenente ad una peculiare famiglia di oggetti celesti: gli “Oggetti Herbig-Haro” (HH). Verso la fine degli anni '50 del secolo scorso, lo statunitense George Herbig ed il messicano Guillermo Haro portarono a compimento un catalogo di oggetti che essi considerarono bozzoli di stelle in embrione. Per diversi anni gli oggetti HH sono stati ritenuti tali ed in molte pubblicazioni, sia scientifiche che dirette ad un pubblico più vasto, le frantumazioni che alcuni di essi manifestavano venivano spiegate come la formazione di nuove stelle. In realtà si tratta di nodosità di materiale che è stato espulso, sotto forma di getto più o meno collimato, da una stella ancora in fase di assestamento, quindi giovanissima. Tale getto si fa strada nel mezzo interstellare lasciando come una scia al suo passaggio e, allorquando incontra una maggiore densità nel mezzo attraversato, da luogo alla formazione di fronti d'urto che si rendono visibili a causa del surriscaldamento che ne deriva. M20 pag. 41 Le velocità di allontanamento dalla stella sono dell'ordine di 100-200 km/s e la stella responsabile spesso rimane invisibile in quanto è ancora profondamente immersa nella densissima nube che l'ha generata. In alcuni casi tali stelle sono state “viste” nell'infrarosso e/o nel radio e quasi sempre si tratta di oggetti di massa mediopiccola. Il maggior catalogo di oggetti HH (disponibile in rete all'indirizzo http://casa.colorado.edu/hhcat) è quello curato da Bo Reipurth, una delle massime autorità mondiali in questo campo. L'oggetto registrato nella nostra immagine porta la sigla HH 399 nel citato catalogo. E' stato scoperto da J. Cernicharo et al. ed il primo articolo che lo riguarda è apparso, a cura degli stessi scopritori, nella pubblicazione dell'International Astronomical Union Symposium 182 del 1997. I dintorni degli oggetti MESSIER L'oggetto HH 46-47, formato da vari componenti, è stato emesso da una stella (indicata con IRS – infrared source) invisibile nell'ottico. Ben visibili sono sia il getto che il controgetto. Nel riquadro in basso a sinistra un ingrandimento molto esplicativo del getto. M20 pag. 42 Si tratta di un getto di materiale ben collimato, della lunghezza apparente di 65 secondi d'arco che, alla distanza dell'oggetto pari a 5.480 anni luce, corrisponde ad una dimensione lineare effettiva di ben 2,28 anni luce, qualcosa come ventiduemila miliardi di km. Il getto è emanato da un globulo cometario (una nube oscura con l'apparente morfologia di una cometa) che punta direttamente verso la calda stella HD 164492A che si trova nel massiccio ammasso stellare posto al centro di M20. I dintorni degli oggetti MESSIER Nella parte in alto a sinistra di questa stupenda immagine ripresa dal telescopio spaziale è ben visibile il getto associato all'oggetto HH 399. Alla sua destra la protrusione denominata “egg” descritta nel testo. M20 pag. 43 La sorgente responsabile della sua emissione è profondamente immersa nella nube genitrice ed è molto fredda: è stata infatti rilevata solo tramite osservazioni nel lontano infrarosso, alla lunghezza d'onda di 1.300 ìm. Evoluzione del getto di HH 399 tra il 1997 ed il 2002: il pannello in basso mostra gli spostamenti dei singoli noduli nell'intervallo temporale tra le due riprese. I dintorni degli oggetti MESSIER HH 399 visto attraverso i filtri Ha, SII e nell'ottico. M20 pag. 44 Molto interessante è la protrusione poco a destra di HH 399, chiamata “egg” (uovo) ed al cui apice sembra che stia per formarsi un oggetto di taglia stellare. Dati posizionali: tipo oggetto HH OGGETTI HERBIG HARO nome AR 2000 DEC 2000 HH 399 18 02 28.9 -23 04 00 distanza 5.480 a.l. I dintorni degli oggetti MESSIER La protrusione denominata “egg” nei pressi di HH 399, qui ripresa in tre filtri ed in luce visibile: si noti, all'apice, la presenza di un oggetto luminoso, molto probabilmente una stella in fase di formazione. rif. 15 M20 pag. 45 GALASSIE La cartina illustra le porzioni del piano galattico indagate da vai gruppi di astronomi nell'ambito delle ricerche di galassie nella ZOA. Infine la rassegna 2MASS, con il suo picco di sensibilità nella regione spettrale a 2 micron, è stata in grado di svelare molte centinaia di galassie, piccole e lontane, poste dietro il muro del piano galattico e difficilmente visibili nell'ottico. I dintorni degli oggetti MESSIER Potrà sicuramente sembrare strano che si parli di galassie in una zona, quale è il piano galattico, che preclude la visione dello spazio retrostante a causa della presenza di grandi quantità di polveri e gas visti di taglio, con uno spessore di circa 100 mila anni luce. Gli astronomi hanno da sempre chiamato questa regione della volta celeste ZOA (Zone Of Avoidance - Zona da evitare) proprio perchè non era una zona da scandagliare alla ricerca di galassie lontane. Finchè, a cominciare dall'ultimo decennio del secolo scorso, alcuni gruppi indipendenti si sono messi ad esaminare la ZOA tramite ispezioni visuali (con un semplice lentino) delle lastre ottenute nel “rosso” dalle POSS I e II nonchè dalla complementare ESO/SERC. Le prime, infatti, coprono tutto il cielo boreale e la porzione equatoriale fino a -33° di declinazione, mentre la seconda copre il cielo australe. Il gruppo del giapponese Saito ha ispezionato, a partire dal 1990, le zone in Puppis, Sagittarius (compreso il centro galattico) e Aquila. Un altro team, guidato dagli austriaci Seeberger e Weinberger (1994), ha analizzato la porzione boreale della Via Lattea mentre un terzo gruppo, con a capo l'americano Kraan Korteweg (1999), si è dedicato alla porzione australe. In tutto sono state scoperte oltre 50.000 nuove galassie (ma nessuna di esse ricade nel campo della nostra immagine). Nel campo della nostra immagine vi è un solo oggetto catalogato, la 2MASS J1801-2322 che, guarda caso, siamo riusciti a catturare anche se molto debole. Si tratta di una possibile galassia ellittica per la quale, oltre al diametro apparente di 17”,7, non si hanno altre informazioni. M20 pag. 46 Cartina identificativa della galassia 2MASX J1801-2322 nella ZOA. Dati posizionali: tipo ellittica? nome 2MASX J1801-2322 GALASSIE AR 2000 18 01 47.7 DEC 2000 -23 22 39 dim. rif. 17",7 22 Mauro Amoretti Rinaldo Monella I dintorni degli oggetti MESSIER Ci sarebbe infine anche una possibile identificazione di una remota galassia anonima nei pressi (prospettici) della carbon star CGCS 3936, di cui abbiamo riferito nella sezione delle stelle, ma in questa sede non siamo in grado di esprimerci oltre, per cui ci fermiamo qui. M20 pag. 47