M20
Per contro, l'enorme affollamento di
stelle e nubi di varia natura, consente di
rilevare la presenza di stelle di ogni genere,
nebulose brillanti od oscure, ammassi aperti
e nebulose planetarie.
Andiamo ora a vedere che cosa può
aver catturato la nostra immagine
I dintorni degli oggetti
La zona è naturalmente ricca di polveri
e gas per cui risulta molto difficile rilevare,
nell'ottico, la presenza di oggetti
extragalattici o per lo meno posti al di là del
disco galattico (vedremo però che, in
almeno un caso, ce l'abbiamo fatta).
MESSIER
La nebulosa M20 si trova in Sagittarius,
una regione celeste sita nel cuore del disco
della Via Lattea e che contiene, tra l'altro, il
centro galattico.
M20 - pag. 1
Osservatorio Astronomico Europa '71
San Remo (IM)
Data di ripresa: 07.05.2005
Inizio ripresa: 23h 07m (UT)
Tempo di esposizione 60m
Telescopio: Astrophysics Apocromatic Starfire
155 mm / f 7 EDF
Camera CCD: SBIG STL 11000M
in high resolution mode (pixels 9x9 µm)
Filtri: Baader Halpha da 20 µm + IR cut
Per visualizzare correttamente tutti i dettagli dell’immagine, impostare “zoom
dinamico” in Acrobat Reader. Se non possiedi una versione aggiornata, scaricala
da http://www.adobe.com/it/products/acrobat/readstep2.html
M20
pag. 2
STELLE
L'immagine ha catturato almeno due stelle di tipo Wolf-Rayet:
WR 108 (LS 14) e WR 102i (SMSNPL 17).
Storicamente, questo raro tipo di stelle calde e massicce venne scoperto nel
1867 dai due astronomi francesi C. Wolf e G. Rayet mentre osservavano, con uno
spettrografo visuale, alcune stelle luminose nella costellazione Cygnus. Ne trovarono
tre che presentavano la particolarità di esibire, nel loro spettro, la presenza di larghe
righe brillanti (in emissione), anzichè le consuete righe oscure (in assorbimento),
tipiche delle stelle normali.
Gli astronomi
C.Wolf e G. Rayet
a Parigi nel 1911,
nel corso di
un convegno
internazionale.
La larghezza delle righe in emissione indica che siamo in presenza di intensi
fenomeni di perdite di massa, che avvengono a velocità misurate tra alcune centinaia
e diverse migliaia di km/s. Le WR sono oggetti massicci, con masse che variano da 8 a
14 masse solari e che, con buona probabilità, sono il prodotto evolutivo di progenitori ancor più massicci, probabilmente stelle di tipo OB, che hanno perso massa a
vantaggio di possibili compagni (la cui esistenza è però ancora controversa).
I dintorni degli oggetti MESSIER
Ecco come
si presenterebbe
una stella Wolf-Rayet
vista a distanza ravvicinata
M20
pag. 3
Queste stelle possono appartenere sia alla Popolazione galattica di tipo I
(composta da oggetti più giovani, massicci e luminosi) che a quella di Popolazione II
(più vecchia, meno massiccia e luminosa) ed in questo secondo caso le troviamo
quali stelle centrali di svariate nebulose planetarie.
A seconda che nei loro spettri compaiano le righe del carbonio (C) o
dell'azoto (N) vengono solitamente suddivise nelle due categorie WC e WN, con
temperature superficiali rispettivamente attorno a 40.000 °K e 50.000 °K. In alcuni
casi sono state misurate anche temperature fino a 120.000 °K. Sono stelle molto rare
e, nella Galassia, se ne conoscono attualmente poco più di 200. Infatti il “VII Catalog
of Galactic Wolf-Rayet stars”, pubblicato nel 2001 da K.A. van der Hucht in New
Astronomy Review (NewAR 45, 135), ne annovera 227.
Curiosamente, nei primi decenni del secolo scorso le stelle WR vennero incluse,
nella famosa classificazione di Harvard (O, B, A, F, G, K, M, R, N ed S) nella classe
delle stelle “O”, distinguendole però con il suffisso “e” (emission) a motivo della
presenza delle citate, larghe righe, ma poi si comprese che la situazione era ben
diversa, per cui furono inserite in una classe separata.
I dintorni degli oggetti MESSIER
I tipici spettri delle stelle WR indicanti la presenza
delle larghe righe in emissione:
a sinistra quello di una WN ed a destra quello di una WC.
All'epoca, per far ricordare, specie agli studenti, la classifica sopra richiamata
nella giusta sequenza, era stata inventata una frase che, pressappoco, diceva così:
“Oh Be A Fine Girl, Kiss Me Right Now” (Sii una brava ragazza, baciami bene ora).
La WR 108, di tipo WN, venne scoperta nel 1938 da J. Cannon e M. Mayall
(Harvard College Obs. Bull. 908, 20).
M20
pag. 4
La SMSNPL 17 (di tipo WN) figura per la prima in un importante studio apparso
nel 1999 sull'Astronomical Journal (AJ 118, 390), una delle più prestigiose riviste
professionali di tutto il mondo e la sua sigla deriva dalle iniziali dei 6 astronomi firmatari
dell'articolo (Shara, Moffat, Smith, Niemela, Potter e Lamontagne). La stella è posta ad
una distanza dal Sole di 5,2 kiloparsecs (kpc), corrispondente a 16.950 anni luce.
Cartina di
SMSNPL 17(WR 102i).
I dintorni degli oggetti MESSIER
Cartina di WR 108
M20
pag. 5
In campo troviamo anche due singolari stelle: CGCS 3930 e 3936, dove la
sigla sta per “Catalogue of Galactic Carbon Stars”, originariamente realizzato da C.B.
Stephenson e recentemente (2001) revisionato ed ampliato da A. Alksnis et al. in
Baltic Astronomy (BaltA 10, 1).
Si tratta di stelle al carbonio, rientranti nella classe spettrale “C” che ha sostituito le vecchie classi “R” ed “N”. Queste sono stelle giganti, di tipo spettrale avanzato
ed a bassa temperatura fotosferica, nelle cui atmosfere si osserva una sovrabbondanza di carbonio.
L'atmosfera polverosa
che circonda una stella al
carbonio
I dintorni degli oggetti MESSIER
Ma che cosa si sa su tali stelle? E' noto in chimica che dall'urto triplo di tre
nuclei di elio, a temperature di oltre 100 milioni di gradi si generano, al centro di
stelle evolute, i nuclei del carbonio. La stranezza non sta nella produzione di C, che è
quasi un passaggio obbligato nell'evoluzione stellare, quanto nel fatto che esso affiori
in superficie in così grande quantità. Può addirittura accadere che esso sia talmente
abbondante da dare luogo, nell'atmosfera della stella, alla formazione di fuliggini,
particelle opache mescolate ad altri composti. Quando ciò accade l'atmosfera si
intorbida, scurendosi al punto da intercettare la luce proveniente dalla fotosfera
sottostante. Diminuisce così il flusso luminoso che può durare settimane o mesi. Alla
fine i residui solidi vengono spazzati via dalla pressione di radiazione e la stella
riconquista il suo splendore originario.
Prototipo di queste stelle è la variabile R Coronae Borealis, ben nota agli
astrofili variabilisti.
Una piccola curiosità: appena a destra della CGCS 3936 è appena visibile
una debole galassia lontana, difficilissima da rilevare in un campo così ricco di polveri
e gas.
M20
pag. 6
e CGCS 3936
Altra stella degna di nota è 2MASS J1801-2327, un oggetto molto piccolo e
freddo, circondato da una densa atmosfera che emette la maggior parte della sua
radiazione nell'infrarosso lontano risultando così debolissima nel visuale. La sigla
2MASS sta ad indicare che è stata individuata nell'omonima survey (Two Micron All
Sky Survey) che ha portato alla scoperta di un enorme quantità di oggetti deboli,
galattici ed extragalattici.
Cartina estratta dalla survey 2MASS con indicata, nel riquadro rosso,
la posizione della nana ultrafredda 2MASS J1801-2327
I dintorni degli oggetti MESSIER
Cartine di CGCS 3930
M20
pag. 7
Immagine nell'ottico
della 2MASS J1801-2327:
evidentissima la differenza di
luminosità della stella rispetto
alla corrispondente infrarossa.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Le nane ultrafredde si trovano agli estremi inferiori nelle classifiche spettrali,
oggi denominate classi “L” e “T”, con masse che vanno da 0,3 a 0,08 masse solari. Le
temperature fotosferiche arrivano per le nane L ad un limite inferiore di 1.500-2.000
°K, mentre per le nane “T” tale valore scende a circa 1.000 °K.
Un'ultracool dwarf (binaria) osservata con vari strumenti dallo spazio e dal
suolo: ben visibili gli spostamenti reciproci delle due stelle lungo il percorso orbitale.
Ricordiamo che, al di sotto di 0,08 masse solari, la temperatura centrale della
stella rimane troppo bassa per sostenere sufficientemente il bruciamento nucleare.
Questi oggetti, battezzati “nane brune” o “nane grigie” disperdono il loro calore
iniziale e si raffreddano rapidamente.
M20
pag. 8
In campo vi sono anche alcuni YSO (Young Stellar Object) che, in pratica,
sono delle stelle neonate, ancora avvolte nel bozzolo di gas e polveri che le hanno
generate. La loro luce, anche se intensa, viene efficacemente assorbita dalla materia
interstellare, per cui risultano difficilmente visibili nell'ottico, mentre emergono con
maggiore facilità nelle bande spettrali infrarosse.
Uno di questi, RAFGL 5428, è stato scoperto per la prima volta nella rassegna
infrarossa dell'Air Force Geophysics Laboratory, una survey realizzata con strumentazioni militari adattate al campo astronomico e che vide la sua prima pubblicazione
nel 1976, con una revisione nel 1983. L'oggetto è stato rilevato in seguito anche dagli
strumenti a bordo del satellite IRAS: si tratta quasi certamente di un oggetto massiccio, di tipo spettrale O5, destinato quindi a diventare una luminosa stella blu allorquando, con i forti venti che lo caratterizzano, sarà riuscito a dissipare le coltri di nubi
che ancora lo avvolgono.
Dalla corposa rassegna della 2MASS abbiamo inoltre estratto un oggetto che
appare appena visibile nella nostra immagine ma che, lo ricordiamo, appartiene ad
una categoria estremamente debole nell'ottico: YSO J180344.1-222831.
Cartina infrarossa
di YSO J180344.1-222831,
un debolissimo e giovane oggetto
prestellare, destinato a diventare
una calda stella luminosa.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Cartina di RAFGL 5428
nell'ottico, laddove risulta molto
debole. Appare invece visibile la
striscia di nube nella quale si
trova ancora avvolto.
M20
pag. 9
Dati posizionali:
tipo
WR
WR
carbon st.
carbon st.
ultracool
dw
YSO
YSO
DEC 2000
-23 00 20
-22 47 39
-22 40 07
-22 32 48
mag.
WR 108
WR 102i
CGCS 3930
CGCS 3936
STELLE
AR 2000
18 05 25.7
18 00 34.3
18 02 17.5
18 03 29.7
2MASS J1801-2327
RAFGL 5428
YSO J1803-2228
18 01 27.9
18 00 49.5
18 03 44.1
-23 27 09
-23 20 22
-22 28 32
J 13,04
nome
11,3
13,4
K 10,52
rif.
34
14
27
35
21
20
37
I dintorni degli oggetti MESSIER
M20
pag. 10
STELLE VARIABILI
Veduta dell'alloggiamento del telescopio ASAS,
posizionato nei pressi del Las Campanas Observatory, in Cile.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Il campo è ricchissimo di stelle, per cui è facile ritrovarvi, come di fatto è, un
buon numero di stelle variabili. E infatti troviamo almeno 14 stelle contenute nel
famoso GCVS (General Catalogue of Variable Stars) che rappresenta la summa
mondiale nello specifico settore, in quanto contiene, oltre alle denominazioni,
informazioni spettrali, range di magnitudine, periodi e riferimenti sugli specifici studi
di diverse decine di migliaia di variabili scoperte a tutt'oggi.
In aggiunta vi sono diverse variabili ASAS (All Sky Automated Survey), un
programma automatizzato che, negli ultimi anni, ha portato alla scoperta ed allo
studio di numerosi oggetti della categoria, in precedenza parzialmente sfuggiti alle
ricerche dei variabilisti. Il programma ASAS prevede l'ambizioso monitoraggio di
circa 10 milioni di stelle più brillanti della 14^ magnitudine.
M20
pag. 11
Cominciamo con le variabili ad eclisse che, più propriamente, dovrebbero
essere chiamate “binarie ad eclisse” in quanto tali stelle non possiedono una variabilità intrinseca, bensì la loro variazione di luce è dovuta al manifestarsi di reciproche
eclissi nel corso dei loro moti orbitali.
E' fuori dubbio che tali fenomeni vengono osservati in quanto il piano orbitale
di tali sistemi è molto prossimo alla nostra linea di vista. In tali oggetti il periodo
coincide naturalmente con quello della componente del moto orbitale.
Visione ipotetica di come apparirebbe
un sistema binario ad eclisse visto da un suo pianeta.
Ben visibile il fenomeno di trasferimento di massa che spesso avviene in tali mondi.
I dintorni degli oggetti MESSIER
L'illustrazione mostra come avviene il mutuo fenomeno delle eclissi
in un sistema binario e, di conseguenza, come varia
l'intensità della luce percepita dall'osservatore.
M20
pag. 12
Tra questi sistemi il più famoso è quello delle binarie tipo Algol (â Persei) dal
nome del prototipo, osservato per la prima volta dal bolognese Geminiano
Montanari che, nel 1668, si accorse dei suoi affievolimenti di luce.
In seguito fu osservata sporadicamente fino a quando, nel 1782, John
Goodricke, un ragazzo inglese sordomuto ed appassionato osservatore del cielo,
scoprì che gli affievolimenti della stella apparivano ad intervalli di tempo multipli di 2
giorni, 20 ore e 49 minuti. Goodricke sospettò subito che il fenomeno fosse riconducibile ad un'eclisse da parte di una seconda stella “oscura, orbitante ed invisibile
attorno alla stella luminosa”.
John Goodricke,
l'astrofilo inglese che, nel 1782,
scoprì la periodicità
nel fenomeno delle eclissi del
sistema di Algol (â Persei).
La prova definitiva si ebbe però solo nel 1889, quando gli astronomi tedeschi
H. Vogel e J. Scheiner osservarono che nello spettro di Algol le righe apparivano
spostarsi alternativamente ora verso il rosso ed ora verso il blu col medesimo periodo
della variazione luminosa (2,867 giorni).
I dintorni degli oggetti MESSIER
L'astronomo bolognese
Geminiano Montanari
che, nel 1668, scoprì per primo
le variazioni di luminosità
della stella Algol (â Persei).
M20
pag. 13
Le componenti di questi sistemi possono avere forma sferica od ellissoidale
(con trasferimenti di massa dalla primaria alla secondaria), da cui derivano diverse
sottospecie. I periodi vanno da 0,2 ad oltre 10.000 giorni e le ampiezze di luminosità
variamente differenziate, raggiungendo anche diverse magnitudini.
Tra questi sistemi abbiamo in campo diversi oggetti: WY Sgr, di tipo
spettrale B9 e periodo 4,670 giorni, con variazioni luminose da 10,20 a 11,10; ASAS
J175859-2323.1, con p= 1,540 giorni e variazioni da 10,46 a 10,80; AU Sgr che
varia da 13,40 a 14,50; V792 Sgr, con p= 3,93 giorni e variazione 11,70-12,40;
V4202 Sgr da 8,21 a 8,46 ed ASAS J180433-2301.7, con p= 0,397 giorni e variazione da 12,44 a 12,88.
come sopra ma per
ASAS 1758-2323.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Cartina di identificazione e curva
di luce della binaria ad eclisse WY
Sgr: ben visibili i due minimi di
luminosità.
M20
pag. 14
Come sopra ma per AU Sgr.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Come sopra ma per V792 Sgr.
Come sopra ma per V4202 Sgr.
M20
pag. 15
Come sopra ma per
ASAS 1804-2301.
Il giorno e la notte visti da un probabile pianeta orbitante attorno ad
una variabile tipo Mira: il giorno è illuminato dalla stella quando è al
minimo delle dimensioni ed al massimo della luminosità, mentre la
notte è debolmente illuminata dalla stella al suo massimo di volume,
quindi con tanta atmosfera assorbente che diminuisce
la quantità di luce emessa.
Le variabili di tipo Mira sono giganti rosse, caratterizzate da spettri di tipo
avanzato (K-M) e variazioni luminose che vanno da 2,5 a 11 magnitudini nel visuale.
Quest'ultima caratteristica le ha sempre rese interessanti ed eccitanti da osservare in
quanto la loro luce può variare anche di oltre 10.000 volte tra il minimo ed il massimo. Le loro periodicità sono ben pronunciate ed i periodi oscillano mediamente da
80 a 1.380 giorni.
Nell'infrarosso le variazioni sono molto minori (< 2,5 mag.), segno che tali
stelle sono avvolte da atmosfere polverose che emettono notevolmente anche
quando la stella è al minimo di luminosità.
I dintorni degli oggetti MESSIER
In campo troviamo inoltre tre variabili a lungo periodo. Queste stelle
vengono anche chiamate di tipo “Mira”: vediamo il perchè.
La prima stella variabile scoperta in assoluto fu omicron Ceti (nella
costellazione Cetus = Balena), osservata nel 1598 e che suscitò tanta meraviglia nei
dotti dell'epoca da guadagnarsi l'appellativo di “Mira”, la “Meravigliosa”.
M20
pag. 16
Mediamente sono almeno 100 volt più luminose del Sole e, data la loro bassa
temperatura fotosferica (2.000-3.000 °K), devono essere di enormi dimensioni:
Mira, ad esempio, è 300 volte più grande del Sole.
Le tre Mira in campo sono V1945 Sgr, con periodo di 408 giorni e variazioni
di magnitudine da 11,60 a 14,40; V1950 Sgr, con p= 400 giorni e variazioni da 7,00
a 14,20 e V1951 Sgr con p= 510 giorni e variazioni 8,30-14,80.
Cartina di identificazione e curva di
luce della variabile a lungo periodo
V1945 Sgr: si noti la continua caduta
verso il minimo e, soprattutto, si
osservi la marcata differenza di
comportamento rispetto
alle binarie ad eclissi.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Nella figura possiamo renderci conto di quale sia la differenza in dimensioni
tra il Sole (al centro a sinistra) ed una gigante rossa (in basso),
tanto grande da non poter essere interamente rappresentata.
M20
pag. 17
Come sopra ma per V1950 Sgr:
la stella è in fase intermedia
e la curva di luce è riferita
ad un periodo non
completamente coperto.
Altra importante categoria di variabili presente nella nostra immagine iniziale
è quella delle Cefeidi. Storicamente, la prima cefeide (ç Aquilae) venne scoperta
dall'inglese Edward Piggot il 10 settembre 1784 e, poco più di un mese dopo, il 20
ottobre ancora il citato John Goodricke scoprì la variabilità di ä Cephei (da cui il
termine cefeide). Egli la osservò per più di cento volte nei primi dieci mesi dell'anno
seguente, un vero e proprio record visto il clima non certo favorevole dell'Inghilterra.
Ricordiamo per inciso che Goodricke morì il 20 aprile del 1786, all'età di 21
anni, per una polmonite contratta in conseguenza delle ripetute esposizioni alla
fredda aria notturna.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Come sopra ma per V1951 Sgr:
nella cartina la stella è intorno al
minimo, mentre la curva di luce si
riferisce al periodo attorno
ad un massimo.
M20
pag. 18
Nel 1912, miss Henrietta Leavitt, analizzando per mesi le lastre della collezione di Harvard sulle Nubi di Magellano (le due piccole galassie australi satelliti della
nostra Galassia), scoprì per le cefeidi la famosa relazione periodo-luminosità per la
quale le più luminose presentavano un periodo più lungo e lo splendore medio
aumentava linearmente col crescere del periodo. Tale relazione consentiva (e
consente) di risalire alla distanza della cefeide una volta conosciuto il periodo. Infatti,
determinato il periodo di luminosità si risale immediatamente alla magnitudine
assoluta, cioè reale, della stella. Poichè conosciamo la magnitudine apparente (come
misurata al telescopio) si può risalire rapidamente alla sua distanza considerando che
la luminosità di un oggetto è inversamente proporzionale al quadrato della sua
distanza dall'osservatore.
L'illustrazione indica, oltre alla regolarità del periodo di una cefeide,
anche le sue variazioni di dimensione, luminosità e temperatura
(rosso= più freddo e azzurro= più caldo).
I dintorni degli oggetti MESSIER
Curva di luce di ä Cephei, da cui si rileva la regolarità delle variazioni.
M20
pag. 19
L'applicazione di questa relazione ha permesso di calcolare, in modo piuttosto preciso, le distanze di ammassi stellari appartenenti alla nostra Galassia, ma
anche di galassie esterne, in quanto le cefeide sono molto luminose e possono essere
individuate anche in sistemi extragalattici.
Le variazioni luminose di questi oggetti sono regolari, con ampiezze da 0,1 a 2
magnitudini e periodi compresi tra meno di un giorno e circa 100 giorni. La causa
della variazione è dovuta alla pulsazione che gonfia e sgonfia la stella modificandone
spettro, colore e temperatura in fase con la variazione luminosa.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Il diagramma colore magnitudine delle variabili pulsanti, tra le quali vi sono due
delle classi finora viste, le Mira (in alto a destra) e le cefeidi (in alto al centro).
Come si vede, le cefeidi sono più calde e più blu (tipi spettrali intorno a G) rispetto
alle Mira (spettro intorno a M). Si notino anche le posizioni del Sole (tipo G) e di
Betelgeuse (tipo M), la più luminosa stella nella costellazione di Orione, una
gigante rossa 10 mila volte più luminosa del Sole ma molto più fredda.
L'unica cefeide in campo è la AV Sgr, con periodo di 15,415 giorni ed un
range di magnitudine 10,67-12,10.
M20
pag. 20
Cartina identificativa e curva di
luce della variabile cefeide AV Sgr:
molto evidente la regolarità delle
fluttuazioni luminose.
Tipica curva di luce di una variabile irregolare.
Sono probabilmente giovani oggetti che, nel corso di ulteriore evoluzione,
potranno diventare stelle a luce costante. Il range di variazione può raggiungere può
raggiungere diverse magnitudini, spesso in modo molto rapido (flares). Il tipo spettrale varia da F ad M.
Almeno cinque eruttive sono state riprese nel nostro campo: V1947 Sgr con
range 17,00-<18,00; V1949 Sgr come la precedente; V2282 Sgr con range 16,0017,00; V3791 Sgr da 12,90 a 15,10 e V3899 Sgr da 11,70 a 13,00.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Troviamo inoltre diverse variabili irregolari. Queste vengono genericamente
chiamate “variabili di Orione” dal nome della costellazione in cui sono maggiormente presenti. La loro variazione di luminosità è di natura irregolare e di tipo eruttivo e
sono di norma connesse a nebulose brillanti od oscure. Alcune mostrano variazioni
cicliche causate da rotazioni assiali.
M20
pag. 21
La variabile eruttiva V1947 Sgr
ripresa intorno al minimo di
luminosità.
Cartina della variabile irregolare
V2282 Sgr, ripresa intorno al
massimo di luminosità.
Si noti la vicinanza prospettica
con la V1947 Sgr illustrata in
precedenza.
I dintorni degli oggetti MESSIER
In questo caso la variabile eruttiva
V1949 Sgr è stata rilevata intorno
al massimo di luce.
M20
pag. 22
V3791 Sgr, anche se abbastanza
luminosa, risulta di non facile
identificazione stante la sua
vicinanza con il centro di M20.
Anche essa appare molto vicina a
V2282 Sgr e V1947 Sgr.
Infine, rileviamo nel campo la presenza di alcune variabili scoperte di recente
nel programma ASAS e per le quali necessitano ulteriori osservazioni al fine di consentire l'appartenenza ad una particolare categoria.
Tra queste segnaliamo:
- ASAS J175833-2235.7 (mag. 12,11, p= 68,090 giorni e range 0,60 mag.)
- ASAS J180039-2310.5 (mag. 11,68, p= 53,710 giorni e range 0,33 mag.)
- ASAS J180228-2256.0 (mag. 11,21, p= 801,301 giorni e range 0,42
mag.)
- ASAS J180533-2246.0 (mag. 11,15, p= 54,945 giorni e range 0,23 mag.)
- ASAS J180542-2319.2 (mag. 12,65, p= 157,654 giorni e range 0,86
mag.)
I dintorni degli oggetti MESSIER
V3899 Sgr è la più luminosa tra le
variabili eruttive nel campo di
M20. La sua curva di luce denuncia chiaramente il comportamento
irregolare delle variazioni luminose.
M20
pag. 23
Cartina identificativa e curva di
luce della sospetta variabile
ASAS J175833-2235.7
Come sopra ma per la sospetta
ASAS J180228-2256.0, nota
anche con la sigla NSV 10032.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Come sopra ma per la sospetta
variabile ASAS J180039-2310.5.
M20
pag. 24
Come sopra ma per la sospetta
variabile ASAS J180533-2246.0.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Come sopra ma per la sospetta
variabile ASAS J180542-2319.2.
M20
pag. 25
Dati posizionali:
range mag.
10,20-11,10
10,46-?
13,40-14,50
11,70-12,40
8,21-8,46
12-44-?
11,60-14,40
7,00-14,20
8,30-14,80
10,67-12,10
17,00-<18
17,00-<18
16,00-17,00
12,90-15,10
11,70-13,10
12,11
11,68
11,21
11,15
12,65
rif.
2
24
4
10
13
31
9
12
11
30
7
8
6
5
1
26
23
25
32
33
I dintorni degli oggetti MESSIER
tipo
bin. eclisse
bin. eclisse
bin. eclisse
bin. eclisse
bin. eclisse
bin. eclisse
Mira
Mira
Mira
Cefeide
irregolare
irregolare
irregolare
irregolare
irregolare
sospetta
sospetta
sospetta
sospetta
sospetta
STELLE VARIABILI
nome
AR 2000
DEC 2000
WY Sgr
18 00 58.7 -23 01 56
ASAS 1758-2323
17 58 59.2 -23 23 06
AU Sgr
18 04 27.7 -22 59 58
V792 Sgr
18 03 05.0 -22 51 53
V4202 Sgr
18 03 24.9 -22 37 01
ASAS 1804-2301
18 04 33.0 -23 01 42
V1945 Sgr
18 01 30.0 -22 57 24
V1950 Sgr
18 02 41.0 -23 21 55
V1951 Sgr
18 03 30.0 -22 59 45
AV Sgr
18 04 48.8 -22 43 57
V1947 Sgr
18 02 14.0 -23 01 21
V1949 Sgr
18 02 11.0 -22 55 27
V2282 Sgr
18 02 17.0 -23 03 03
V3791 Sgr
18 02 23.0 -23 01 38
V3899 Sgr
18 02 48.0 -23 18 54
ASAS 1758-2235
17 58 33.1 -22 35 49
ASAS 1800-2310
18 00 39.1 -23 10 24
ASAS 1802-2256
18 02 28.0 -22 56 00
ASAS 1805-2246
18 05 32.6 -22 46 04
ASAS 1805-2319
18 05 40.8 -23 19 17
M20
pag. 26
NEBULOSE PLANETARIE
Le planetarie (PN) sono piccole nebulose a struttura globoidale la quale, a
volte, le rende simili ad un disco o ad un guscio grossolanamente sferico.
Agli astronomi della seconda metà del '700, che per primi ne osservarono
alcune, apparvero come pallidi dischetti luminescenti, simili nell'aspetto ai pianeti
quando vengono osservati a basso ingrandimento. E fu proprio per questa apparente
caratteristica che l'astronomo dilettante francese Antoine Darquier, nel 1779, a
seguito della scoperta di M57 nella Lyra, coniò per questi oggetti il termine “nebulose
planetarie” tuttora in uso.
Nello stesso anno M57 venne osservata anche da Charles Messier, che la
immaginò formata da molte, minuscole stelline non distinguibili. Anche l'inglese W.
Herschel, nel 1785, descrisse l'oggetto come un probabile anello di stelline, annoverandola tra le “cose più curiose del cielo”. Per molto tempo non si riuscì a comprendere il meccanismo fisico che sta alla base del fenomeno e si interpretò lo spettro come
il prodotto di un ipotetico elemento chimico sconosciuto sulla Terra e che venne
chiamato “nebulio”.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Antoine Darquier,
l'astrofilo francese che, nel
1779, coniò il nome delle
“Nebulose planetarie”.
M20
pag. 27
La morfologia anulare che le caratterizza è dovuta al fatto che il guscio che le
avvolge è di bassa densità per cui, guardando verso il centro, lo strato di gas attraversato dalla linea di vista è sottile, mentre verso i bordi la predetta linea percorre un
tratto ben più lungo e quindi apparentemente più intenso.
Dagli spettri si comprende che le PN sono costituite da gas eccitati da
un'intensa sorgente di radiazione ultravioletta: infatti al centro delle più vicine si
riesce spesso a vedere una stella eccitatrice ad altissima temperatura, da 30.000 a
100.000 °K, della classe spettrale O o WR. Il materiale del guscio è stato espulso dalla
stella in precedenti fasi evolutive e si rende visibile per fluorescenza proprio a causa
della radiazione UV, allontanandosi verso l'esterno a velocità tipiche di 20-30 km/s.
Schema esplicativo
di una nebulosa
planetaria: la calda
stella centrale
emette un intenso e
veloce vento stellare
che, urtando contro
il mezzo interstellare,
dà origine ad un
fronte d'urto (l'anello
della PN) oltre il
quale l'inviluppo
stellare espulso si
muove con minore
velocità.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Così doveva apparire una PN ai tempi di Herschel
M20
pag. 28
Dalle analisi delle velocità di espansione si sono potuti calcolare i tempi del
fenomeno, appurando che le età delle PN sono dell'ordine di poche decine di
migliaia di anni, un'inezia se rapportata alla durata tipica della vita di una stella. Col
passare del tempo gli involucri si disperdono nello spazio interstellare, rarefacendosi
sempre più, ed è per questo che non si conosce alcuna PN con età maggiore del
valore sopra riportato.
Le più giovani, come l'unica PN presente in campo e registrata dalla nostra
immagine (ESO 521-PN7), possono venir facilmente scambiate per normali stelle in
quanto il loro guscio è ancora di ridotte dimensioni.
I dintorni degli oggetti MESSIER
La serie di immagini fornisce un'idea su come possano apparire al telescopio le PN,
con le più giovani che risultano quasi indistinguibili dalle stelle ordinarie.
M20
pag. 29
Il loro riconoscimento avviene per via spettrale in quanto le righe nebulari
appaiono sdoppiate, segno inequivocabile della presenza di un gas trasparente in
espansione. Le componenti spostate verso il blu indicano il gas in avvicinamento
(rispetto all'osservatore) mentre quelle spostate verso il rosso indicano la parte in
allontanamento.
Dati posizionali:
NEBULOSE PLANETARIE
tipo
nome
AR 2000
PN ESO 521-PN7
18 00 01.4
DEC 2000
-23 13 49
rif.
28
I dintorni degli oggetti MESSIER
La nebulosa planetaria ESO 521PN7, visibile come un semplice
punto a motivo della
sua giovanissima età.
M20
pag. 30
AMMASSI APERTI
Gli ammassi aperti sono aggregati di stelle che appaiono proiettarsi lungo la
fascia della Via Lattea. Si tratta di oggetti giovani ed in alcuni di essi nessuna stella ha
ancora avuto il tempo di diventare una gigante.
Sono spesso associati a nebulose diffuse che sappiamo essere le matrici delle
stelle. Le età vanno da pochi milioni a qualche centinaio di milioni di anni, con
qualche eccezione tipo M67 che arriva a 4 miliardi di anni.
Al loro interno si osservano di frequente stelle doppie o multiple, nonchè vari
tipi di stelle variabili. Le estensioni reali sono dell'ordine di alcune decine di anni luce
e vi si contano da poche decine ad alcune centinaia di stelle (fino ad un massimo
intorno a mille).
Mentre nella regione attorno al Sole la distanza media tra una stella e l'altra è
di 6-7 anni luce, in un ammasso aperto questa scende a 2 anni luce, per cui abbiamo
un volume 30 volte più ricco. L'esiguo numero di componenti e, di conseguenza, la
massa ridotta, fa sì che, col passare del tempo, gli ammassi aperti si dissolvano, con le
I dintorni degli oggetti MESSIER
Un giovane ammasso aperto ancora parzialmente avvolto
nella nebulosa che lo ha generato
M20
pag. 31
Un giovanissimo ammasso aperto (arrossato –al centro) da poco scoperto
nella survey 2MASS all'interno di una nube oscura galattica.
I dintorni degli oggetti MESSIER
loro stelle che si allontanano reciprocamente le une dalle altre (per mancanza di una
forte gravità) a velocità tipiche di 1-5 km/s. Le stelle finiscono con il confondersi con
le circostanti e, per tale motivo, non si osservano ammassi molto vecchi.
Dal punto di vista della loro catalogazione il primo lavoro venne pubblicato
nel 1915 dal francese Melotte, che ne elencò 163. Seguirono poi altri cataloghi ad
opera di altri studiosi come Raab, Shapley, Trumpler e Collinder, fino al corposo
lavoro di Alter “Catalogue of Star Clusters and Associations” che, in varie edizioni a
partire dal 1958, ne elencò 576. In tempi più recenti sono rimasti famosi i cataloghi
di Lynga (1987) e Mermilliod (1995) fino ai più recenti curati da Kharchenko (20012005), Dias (2002-2005). In quest'ultimo lavoro il numero totale degli ammassi
aperti galattici arriva a 1.629.
Con l'avvento delle nuove tecnologie infrarosse se ne stanno scoprendo molti
altri giovanissimi, ancora avvolti nei bozzoli di materiale che li hanno generati.
Importanti in questo senso sono surveys come la 2MASS e la DSS (Digitized Sky
Survey): ispezioni sulle immagini di queste rassegne hanno consentito la scoperta di
oltre 100 nuovi oggetti, in parte ancora candidati.
M20
pag. 32
Nella nostra immagine ve ne sono due: M21, che sarà oggetto di separata
scheda, e Teutsch 72, un oggetto per la verità poco appariscente, scoperto da P.H
Teutsch e presentato in un recentissimo studio -2006- sulla rivista Astronomy and
Astrophysics (A&A 447, 921).
Dati posizionali:
tipo
amm.aperto
nome
Teutsch 72
AMMASSI APERTI
AR 2000
DEC 2000
18 02 50.2
-22 49 00
n. stelle
56
rif.
38
I dintorni degli oggetti MESSIER
Il candidato ammasso aperto
Teutsch 72, recentemente
scoperto poco a nord di M20.
M20
pag. 33
NEBULOSE OSCURE
Essendo il nostro campo ben all'interno del disco galattico, è naturale
aspettarsi la presenza di nebulose oscure.
Queste sono formate da materia interstellare addensata che si accumula
all'interno di nubi più compatte, fredde, oscure, sempre a bassa densità ma
sufficienti ad intercettare ed assorbire la luce emessa dagli astri retrostanti, anche
perché sono spesso molto estese e possono contenere materiale fino a molte migliaia
di masse solari. Tale materiale in diversi casi, si condensa al punto da creare le
condizioni per la nascita di nuove stelle.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Una nube oscura ripresa in infrarosso: gli addensamenti indicati con P
rappresentano i luoghi in cui sono stati rilevati oggetti protostellari.
In alcuni casi si presentano con strutture tondeggianti ed in altri sembrano
snodarsi come serpenti tra le stelle.
M20
pag. 34
Nube oscura
serpeggiante
ripresa nel rosso:
si tratta di
Barnard 72
nota anche
come “snake”, il
serpente.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Nube oscura
tondeggiante
ripresa in
infrarosso
M20
pag. 35
Le nebulose oscure vennero nominate per la prima volta nel 1499, quando il
navigatore spagnolo Martin Alonzo Pinzon le notò per primo nel cielo australe,
descrivendole come “sacchi di carbone, macchie ovali vuote di stelle, chiazze nere in
un campo ricco”.
I primi cataloghi furono stesi a partire dal primo '800 da Herschel, poi da Wolf,
Barnard ed Hagen.
Il più famoso è quello di Barnard, pubblicato nel 1927 a cura della Carnegie
Institution of Washington, nel quale sono contenuti i dati di 349 “oggetti oscuri”; nel
medesimo anno Barnard ed i due colleghi Frost e Calvert pubblicarono il
celeberrimo “A Photographic Atlas of Selectd Regions of the Milky Way” contenente
meravigliose immagini non solo per quell'epoca, ma altrettanto valide ai giorni nostri.
E furono proprio i suoi studi pionieristici sulla fotografia astronomica a grande campo
(sfociati nel citato Atlante) a dare grandissimo impulso alla ricerca sulle applicazioni
delle lastre gelatinose, i cui ultimi prodotti sono le due Palomar Observatory Sky
Surveys (POSS I e II) che, unite ad analoghe survey nel cielo australe, hanno
consentito di mappare fotograficamente l'intera volta celeste.
Edward Emerson Barnard, l'astronomo
statunitense autore di uno dei più
importanti cataloghi di nebulose
oscure.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Ritratto del navigatore spagnolo
Martin Alonzo Pinzon,
il primo a notare in cielo
la presenza delle nebulose oscure.
M20
pag. 36
E proprio ispezionando visualmente le lastre delle suddette surveys sono stati
elaborati i più moderni cataloghi di nebulose oscure, fra i quali ricordiamo quelli di
Lynds, apparso per la prima volta nel 1962 e contenente i dati di 1.791 oggetti (ApJS
7, 1), di Schoenberg (1964) con 1.456 nubi, di Feitzinger e Stuewe (FeSt 1984) con
820 tra nubi e globuli e, infine, quello di Hartley, pubblicato nel 1986 e riferito a nubi
oscure del cielo australe.
Molto più recenti sono invece quelli dedicati ai piccoli globuli oscuri, quali
quello curato da Clemens e Barvainis (CB), tuttora oggetto di intensi studi.
Recenti studi sulle proprietà fisiche delle nebulose oscure hanno consentito
di accertare che la loro temperatura è solitamente molto bassa, attorno a 200 °C
sottozero.
Le polveri costituenti sembrano composte da minuscoli granelli del diametro
di qualche decimo di micron, per la gran parte grafite, silicati e fruscoli del ferro.
Una grande varietà di molecole, dalle più semplici alle più complesse, è stata
rilevata attraverso specifiche indagini nei settori dell'infrarosso lontano, delle
microonde, delle onde submillimteriche e di quelle radio. Attualmente se ne
annoverano oltre 130 specie.
La loro individuazione, per quanto facile ed immediata, spesso mal si adatta
alle descrizioni dei cataloghi, specialmente per gli oggetti estesi e/o di aspetto
irregolare. Per questo motivo abbiamo pensato di indicare direttamente sulla nostra
immagine le nubi riportate in vari cataloghi, ricordando che le delimitazioni sono
piuttosto personali (ovviamente per gli oggetti estesi ed irregolari), come ebbero a
riportare molti degli autori dei cataloghi.
Dati posizionali:
tipo
neb. osc.
glob.
neb. osc.
neb. osc.
neb. osc.
NEBULOSE OSCURE
nome
AR 2000
DEC 2000
LDN 215
17 58 01
-22 30 15
B 85
18 02 25
-23 01
LDN 232
18 05.0
-22 50
FeSt 476
18 02.8
-23 27
FeSt 327
18 03.5
-22 58
I dintorni degli oggetti MESSIER
Un globulo CB al cui interno
l'immagine infrarossa è riuscita a
rivelare una protostella ancora i fase di
contrazione gravitazionale.
dimens.
178'x178'
0,113 °
M20
pag. 37
NEBULOSE DIFFUSE
La prima nebulosa brillante ad essere individuata come tale fu quella di
Orione, M42, segnalata da Nicolas-Claude Fabri de Peiresc nel 1610, pochi mesi
dopo il primo uso astronomico del cannocchiale da parte di Galileo. Peiresc era uno
strano personaggio che si intressava di molteplici argomenti scientifici, dalla biologia
alla zoologia all'astronomia ed intorno al quale sono sorte moltissime storie e
leggende. Egli comprese subito l'importanza dell'applicazione scientificoastronomica dell'invenzione dell'astronomo fiorentino e si dedicò con passione allo
scrutamento del cielo, riportando le sue osservazioni in una miriade di lettere e
comunicazioni.
Questi oggetti sono agglomerati di materia –gas e polveri- con densità fino a
1.000 volte maggiore della media nello spazio interstellare. Ciononostante, rispetto
alla realtà terrestre, sono ambienti dove vige un “ultravuoto” assai più spinto di
-21
3
quello che si riesce ad ottenere in laboratorio: 10 g/cm , cioè un millesimo di
miliardesimo di miliardesimo di grammo per centimetro cubo. In un recipiente a
tenuta perfettamente stagna, contenente gas e pulviscolo di tale densità, portato a
temperatura “ordinaria”, cioè a 0 °C, la pressione sarebbe dell'ordine di un
milionesimo di miliardesimo di atmosfera. Nessun vacuometro sarebbe in grado di
misurare un vuoto di grado così elevato.
Ma l'estensione di tali nubi è talmente elevata (da alcuni a diverse centinaia di
anni luce) che questa materia così rarefatta si rende visibile quando è illuminata dalla
luce di una o più stelle vicine ad alta temperatura. Tale luce viene riflessa verso di noi
dal pulviscolo che permea l'intera nebulosa e che, a sua volta, è estremamente
rarefatto: appena l' 1% dell'intero gas, praticamente un centigrammo di materia
dispersa in un cubo di 100 km di lato.
Certe nebulose si rendono visibili per un fenomeno completamente diverso
e, a differenza delle precedenti (a riflessione o diffusione) vengono dette “ad
I dintorni degli oggetti MESSIER
Nicolas-Claude Fabri de Peiresc,
primo osservatore di una
nebulosa brillante nel cielo
durante l'inverno del 1610.
M20
pag. 38
emissione”. In questo caso il gas della nebulosa viene eccitato dalla radiazione delle
stelle vicine ed i fotoni ultravioletti ionizzano gli atomi di idrogeno che rappresenta il
costituente principale della nube. Gli atomi ionizzati tendono poi a ritornare allo
stato fondamentale di riposo emettendo radiazione, in particolare le cosiddette righe
della serie di Balmer che cadono nella regione ottica dello spettro e sono quindi
percepite dai nostri occhi.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Due tipi di nebulose brillanti a confronto: sopra una “a riflessione”
e sotto una “ad emissione”: la differenza di tipologia viene solitamente
accertata attraverso un' indagine spettroscopica.
M20
pag. 39
Anche per le nebulose brillanti sono stati approntati numerosissimi cataloghi,
la cui completa recensione va oltre i compiti che ci siamo prefissi.
Qui ci basterà ricordare i più famosi e cioè quelli di Cederblad (1956),
Sharpless (1959), Dorschner e Gurtler (1963), Lynds (1965) ed il recente lavoro
curato da T.Yu. Magakian (Astronomy and Astrophysics 399, 141 -2003-) che
rappresenta il compendio di numerosi cataloghi precedenti descrivendo 913 oggetti
in modo uniforme.
Pur essendo la costellazione del Sagittarius ricca di nebulose, il campo attorno
ad M20 ne contiene solamente due, peraltro molto deboli: MGK 740, rilevata dal
citato catalogo di Magakian ed ESO 521-*N018, individuata originariamente sulle
lastre dell'ESO e catalogata come stella circondata da una tenue nebulosa, che nella
nostra immagine risulta appena percettibile.
L'immagine, ripresa con lastra
sensibile al rosso,
rivela la debole nebulosa
denominata ESO 521-*N018.
I dintorni degli oggetti MESSIER
La nebulosa MGK 740
appare ben visibile
nell'immagine negativa,
come pure alcuni globuli
circostanti.
Dati posizionali:
tipo
neb. diffusa
neb. diffusa
NEBULOSE BRILLANTI
nome
AR 2000
MGK 740
18 02 32
ESO 521 -*N018
18 03 55
DEC 2000
-22 54 19
-23 21 56
rif.
19
29
M20
pag. 40
OGGETTI HERBIG HARO
Lo schema in figura illustra come si forma l'emissione di oggetti Herbig-Haro. Una giovane
stella si accresce di materia formando un disco di accrescimento in posizione equatoriale
ed espellendo il materiale in eccesso dalle regioni polari (da dove la fuga è più facile senza
dover attraversare le linee di forza dei campi magnetici). Tale materiale, che viaggia a 100200 km/s, scava nel mezzo interstellare attraversato dei tunnels e, quando incontra zone
di maggior densità, da' luogo alla formazione di nodosità derivate dall'urto. La parte
inferiore della figura indica che gli oggetti HH presentano nei loro spettri le righe
alternativamente spostate verso il blu (in avvicinamento – a sinistra) e verso il rosso (in
allontanamento - a destra) rispetto all'emissione della stella centrale, a dimostrazione della
presenza di getti di materia espulsi dalla stella medesima in direzioni opposte.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Nel cuore di M20 si trova uno strano oggetto, appartenente ad una peculiare
famiglia di oggetti celesti: gli “Oggetti Herbig-Haro” (HH).
Verso la fine degli anni '50 del secolo scorso, lo statunitense George Herbig ed
il messicano Guillermo Haro portarono a compimento un catalogo di oggetti che essi
considerarono bozzoli di stelle in embrione.
Per diversi anni gli oggetti HH sono stati ritenuti tali ed in molte pubblicazioni,
sia scientifiche che dirette ad un pubblico più vasto, le frantumazioni che alcuni di
essi manifestavano venivano spiegate come la formazione di nuove stelle.
In realtà si tratta di nodosità di materiale che è stato espulso, sotto forma di
getto più o meno collimato, da una stella ancora in fase di assestamento, quindi
giovanissima. Tale getto si fa strada nel mezzo interstellare lasciando come una scia al
suo passaggio e, allorquando incontra una maggiore densità nel mezzo attraversato,
da luogo alla formazione di fronti d'urto che si rendono visibili a causa del
surriscaldamento che ne deriva.
M20
pag. 41
Le velocità di allontanamento dalla stella sono dell'ordine di 100-200 km/s e
la stella responsabile spesso rimane invisibile in quanto è ancora profondamente
immersa nella densissima nube che l'ha generata. In alcuni casi tali stelle sono state
“viste” nell'infrarosso e/o nel radio e quasi sempre si tratta di oggetti di massa mediopiccola.
Il maggior catalogo di oggetti HH (disponibile in rete all'indirizzo
http://casa.colorado.edu/hhcat) è quello curato da Bo Reipurth, una delle massime
autorità mondiali in questo campo.
L'oggetto registrato nella nostra immagine porta la sigla HH 399 nel citato
catalogo.
E' stato scoperto da J. Cernicharo et al. ed il primo articolo che lo riguarda è
apparso, a cura degli stessi scopritori, nella pubblicazione dell'International
Astronomical Union Symposium 182 del 1997.
I dintorni degli oggetti MESSIER
L'oggetto HH 46-47, formato da vari componenti, è stato emesso da una stella
(indicata con IRS – infrared source) invisibile nell'ottico.
Ben visibili sono sia il getto che il controgetto.
Nel riquadro in basso a sinistra un ingrandimento molto esplicativo del getto.
M20
pag. 42
Si tratta di un getto di materiale ben collimato, della lunghezza apparente di
65 secondi d'arco che, alla distanza dell'oggetto pari a 5.480 anni luce, corrisponde
ad una dimensione lineare effettiva di ben 2,28 anni luce, qualcosa come
ventiduemila miliardi di km. Il getto è emanato da un globulo cometario (una nube
oscura con l'apparente morfologia di una cometa) che punta direttamente verso la
calda stella HD 164492A che si trova nel massiccio ammasso stellare posto al centro
di M20.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Nella parte in alto a sinistra di questa stupenda immagine ripresa dal telescopio
spaziale è ben visibile il getto associato all'oggetto HH 399. Alla sua destra la
protrusione denominata “egg” descritta nel testo.
M20
pag. 43
La sorgente responsabile della sua emissione è profondamente immersa nella
nube genitrice ed è molto fredda: è stata infatti rilevata solo tramite osservazioni nel
lontano infrarosso, alla lunghezza d'onda di 1.300 ìm.
Evoluzione del getto di HH 399 tra il 1997 ed il 2002: il pannello in basso mostra
gli spostamenti dei singoli noduli nell'intervallo temporale tra le due riprese.
I dintorni degli oggetti MESSIER
HH 399 visto attraverso i filtri Ha, SII e nell'ottico.
M20
pag. 44
Molto interessante è la protrusione poco a destra di HH 399, chiamata “egg”
(uovo) ed al cui apice sembra che stia per formarsi un oggetto di taglia stellare.
Dati posizionali:
tipo
oggetto HH
OGGETTI HERBIG HARO
nome
AR 2000
DEC 2000
HH 399
18 02 28.9
-23 04 00
distanza
5.480 a.l.
I dintorni degli oggetti MESSIER
La protrusione denominata “egg” nei pressi di HH 399, qui ripresa in tre
filtri ed in luce visibile: si noti, all'apice, la presenza di un oggetto luminoso, molto
probabilmente una stella in fase di formazione.
rif.
15
M20
pag. 45
GALASSIE
La cartina illustra le porzioni del piano galattico indagate da vai gruppi di
astronomi nell'ambito delle ricerche di galassie nella ZOA.
Infine la rassegna 2MASS, con il suo picco di sensibilità nella regione spettrale
a 2 micron, è stata in grado di svelare molte centinaia di galassie, piccole e lontane,
poste dietro il muro del piano galattico e difficilmente visibili nell'ottico.
I dintorni degli oggetti MESSIER
Potrà sicuramente sembrare strano che si parli di galassie in una zona, quale è
il piano galattico, che preclude la visione dello spazio retrostante a causa della
presenza di grandi quantità di polveri e gas visti di taglio, con uno spessore di circa
100 mila anni luce.
Gli astronomi hanno da sempre chiamato questa regione della volta celeste
ZOA (Zone Of Avoidance - Zona da evitare) proprio perchè non era una zona da
scandagliare alla ricerca di galassie lontane.
Finchè, a cominciare dall'ultimo decennio del secolo scorso, alcuni gruppi
indipendenti si sono messi ad esaminare la ZOA tramite ispezioni visuali (con un
semplice lentino) delle lastre ottenute nel “rosso” dalle POSS I e II nonchè dalla
complementare ESO/SERC. Le prime, infatti, coprono tutto il cielo boreale e la
porzione equatoriale fino a -33° di declinazione, mentre la seconda copre il cielo
australe.
Il gruppo del giapponese Saito ha ispezionato, a partire dal 1990, le zone in
Puppis, Sagittarius (compreso il centro galattico) e Aquila.
Un altro team, guidato dagli austriaci Seeberger e Weinberger (1994), ha
analizzato la porzione boreale della Via Lattea mentre un terzo gruppo, con a capo
l'americano Kraan Korteweg (1999), si è dedicato alla porzione australe.
In tutto sono state scoperte oltre 50.000 nuove galassie (ma nessuna di esse
ricade nel campo della nostra immagine).
Nel campo della nostra immagine vi è un solo oggetto catalogato, la 2MASS
J1801-2322 che, guarda caso, siamo riusciti a catturare anche se molto debole. Si
tratta di una possibile galassia ellittica per la quale, oltre al diametro apparente di
17”,7, non si hanno altre informazioni.
M20
pag. 46
Cartina identificativa della galassia
2MASX J1801-2322 nella ZOA.
Dati posizionali:
tipo
ellittica?
nome
2MASX J1801-2322
GALASSIE
AR 2000
18 01 47.7
DEC 2000
-23 22 39
dim. rif.
17",7 22
Mauro Amoretti
Rinaldo Monella
I dintorni degli oggetti MESSIER
Ci sarebbe infine anche una possibile identificazione di una remota galassia
anonima nei pressi (prospettici) della carbon star CGCS 3936, di cui abbiamo riferito
nella sezione delle stelle, ma in questa sede non siamo in grado di esprimerci oltre,
per cui ci fermiamo qui.
M20
pag. 47