Realta’ e fascino della simulazione. Fra scienza, arte, tecnologia Nella sua Storia Naturale Plinio il Vecchio narra della disfida tra Zeusi e Parrasio, una delle prime sull’illusione. «Si dice che costui (Parrasio) sia venuto in competizione con Zeusi, il quale presentò un dipinto raffigurante acini d’uva: erano riusciti così bene che alcuni uccelli volarono fin sulla scena (i dipinti erano solitamente esposti in teatro). A sua volta Parrasio dipinse un drappo, ed era così realistico che Zeusi – insuperbito dal giudizio degli uccelli – lo sollecitò a rimuoverlo, così che si potesse vedere il quadro. Ma non appena si accorse del suo errore, con una modestia che rivelava un nobile sentire, Zeusi ammise che il premio l’aveva meritato Parrasio. Se infatti Zeusi era stato in grado di ingannare gli uccelli, Parrasio aveva ingannato lui, un artista.» [Plinio Il Vecchio, Storia Naturale XXXV 65-66]. La storia dell’illusione, tuttavia, o, per meglio dire, della creazione di opere d’arte e più in generale di artefatti che “copiano il reale”, ha accompagnato l’intera storia dell’umanità ed è molto più estesa della mera dimensione delle immagini. Nel suo saggio La simulazione visiva Gianfranco Bettetini, semiologo in ambito mass mediale, afferma che «ogni linguaggio, qualunque sia la materialità dei segni che lo strutturano, dà vita a operazioni per definire le quali non è forse reperibile un termine più appropriato di quello di “simulazione”. Qualunque sia la loro scelta stilistica o di genere, simulano lo scrittore, il pittore, il fotografo, gli autori del cinema e della televisione, il grafico al computer…» [Gianfranco Bettetini, La simulazione visiva, Milano, Bompiani, 1991, p. VII-VIII]. Interfaccia di modo, programma di modellazione solida 3D Abbiamo sempre imitato la natura. L’espressione artistica è forse il modo più significativo ed esemplare con cui nel corso dei millenni la varietà delle culture umane si è posta in relazione con la natura, con il reale fenomenico. Da sempre la natura, il “reale”, sono stati modello e ispirazione delle attività umane: creare artefatti, opere che ne simulano determinati aspetti è sempre stata un’attività comune nella scienza, nella comunicazione, nell’arte, e continua ancora oggi in epoca tecnologica. Le storie che raccontiamo o che ci vengono raccontate, direttamente o attraverso i media, devono evidentemente riferirsi a ciò di cui parlano, devono simularlo. Nel campo delle immagini siamo circondati da simulazioni. Per essere più intuitive le interfacce dei sistemi operativi dei nostri computer simulano la scrivania (desktop), mentre la frecciolina del mouse simula – molto poveramente – la nostra presenza nel mondo virtuale al di là dello schermo. I programmi di impaginazione e scrittura simulano visualmente la pagina di carta, l’organizzazione tipografica e la disposizione dei caratteri, anche se aggiungono elementi, tra cui il “copia e incolla”, che non sono semplicemente possibili nella realtà. Le applicazioni di grafica per disegnare simulano la tela, gli strumenti e gli effetti delle tecniche di pittura e di disegno, mentre quelle di grafica 3D cercano di simulare lo spazio reale tridimensionale nello spazio bidimensionale dello schermo del computer o del cinema. Con l’eccezione dell’olografia, che simula lo spazio con una tecnica radicalmente diversa, il che spiega in parte le sue difficoltà nell’integrarsi nel panorama mediale contemporaneo, la stragrande maggioranza delle immagini che vogliono copiare il reale o vogliono costruire mondi plausibili sono basate sulla prospettiva rinascimentale. Dunque, nonostante questa tecnica antica possa sembrare distante dalle immagini “verosimili” contemporanee, in realtà siamo circondati da immagini prospettiche, la nostra cultura ne è pervasa, al punto che la prospettiva – costrutto squisitamente culturale – è divenuta una modalità naturale di vedere e rappresentare lo spazio, il “reale”. Sono infatti prospettiche non solo le immagini referenziali (tipicamente di natura ottica, ottenute registrando la luce emessa o riflessa dal soggetto, dall’oggetto o dal fenomeno durante il processo di ottenimento dell’immagine) come fotografia, cinema e video, ma anche quelle non referenziali, realizzate mediante computer, che simulano il reale o creano “realtà” in qualche modo plausibili: computer grafica e animazione 3D, realtà virtuale, videogame 3D, metamondi (Second Life e affini), che simulano anche la fisica e il comportamento del “reale”, della luce, l’apparenza della materia… Tutte queste rappresentazioni sono basate sulla prospettiva rinascimentale, di cui utilizzano tra l’altro solo un sottoinsieme delle regole fondamentali, semplificandola. Piero della Francesca, Altare di Montefeltro, olio su tavola, 1465 Tuttavia sbaglieremmo se considerassimo la simulazione esclusivamente legata alla dimensione visuale, alle immagini: in realtà riguarda tutti i sensi. La musica che ascoltiamo utilizza effetti speciali (come per esempio l’eco e il riverbero) e interventi in studio o dal vivo per definire la posizione nello spazio e la prossimità dei suoni, dunque simula lo spazio sonoro in cui avviene l’evento musicale. Nell’industria musicale la sintesi sonora, gli effetti acustici, le possibilità offerte dagli studi di registrazione multitraccia possono letteralmente costruire il suono di un artista, creando uno spazio sonoro che è totalmente indipendente da quello reale, sincrono e diretto, del concerto live. L’olfatto e il gusto possono essere simulati creando chimicamente in laboratorio le molecole responsabili dell’informazione olfattiva o gustativa, copiando aromi esistenti o inventandone di nuovi, con applicazioni che vanno dall’industria profumiera al mercato alimentare, dalla comunicazione al marketing, dall’antiterrorismo alla robotica… Per quanto riguarda il tatto, la realtà virtuale, la telepresenza e alcune piattaforme di videogame possono utilizzare questo senso o input di natura aptica, e un numero crescente di dispositivi di comunicazione usa il touch screen, consentendo, sia pure in maniera limitata, una sorta di feedback tattile. Per concludere questa rapida carrellata, infine, la simulazione è centrale in varie discipline – che sono rapidamente divenute interessanti anche per gli artisti – tra cui l’Intelligenza Artificiale, la Vita Artificiale, la Robotica, la biologia sintetica… In questi ambiti non si simula tanto l’apparenza della natura, del “vivente”, ma soprattutto il comportamento, perché il vivente è il miglior modello per realizzare dispositivi, artefatti, macchine, organismi, entità… che devono sopravvivere a danni, errori, difetti, virus, che devono operare autonomamente e adattarsi ad ambienti diversi, che devono interagire con situazioni inattese e imprevisti… proprio come è solito fare il vivente. Final Fantasy XIII, videogame In questo primo numero di “Nuovi Orizzonti” dedicato alla simulazione Giuseppe O. Longo introduce ad essa e a come sia uno strumento fondamentale per per gli esseri umani. L’argomento della simulazione è un tema caldo, affrontato più o meno direttamente da varie manifestazioni: per fare qualche esempio recente, la mostra sul trompe-l’oeil “Inganni ad arte”, a Palazzo Strozzi a Firenze; la mostra e gli eventi sulla robotica a “Futuro Remoto” a Napoli; la mostra “Corpo, automi, robot” a Lugano; la discussione sul topic “Around Simulation”, durata quasi un mese e appena conclusasi, co-moderata dal sottoscritto, nella mailing list Yasmin, sponsorizzata dal programma DigiArts dell’UNESCO e network di artisti, scienziati e istituzioni che promuovono la collaborazione tra arte, scienza e tecnologia nel bacino del Mediterraneo… In questi ultimi anni, tuttavia, è stato il cinema a costituire un formidabile scenario e banco di prova della simulazione visuale. Antonio Caronia ci parla della motion capture, che ha consentito di animare personaggi come Gollum de Il Signore degli Anelli, e della centralità della dimensione corporea in questa tecnica di animazione. Mentre Martina Coletti ci porta su Pandora col recente film Avatar di Cameron, considerato come lo stato dell’arte nella simulazione cinematografica, in particolare della figura umana. Pier Luigi Capucci D’ARS year 50/nr 201/spring 2010