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Sandra Chistolini, Il Palazzo del Podestà di Caspano in Lombardia MDLX. Testimonianza di
civiltà e cittadinanza attiva, Roma, Edizioni Kappa, 2011, pp. 113
Recensione a cura di Andrea Rega (dottorando in Formazione della persona e mercato del lavoro)
Il libro in esame - così come ben s’intende dal sottotitolo Testimonianza di civiltà e
cittadinanza attiva e soprattutto dalla raccolta di scritti che compone la terza parte dello stesso - è
uno testo che ha per tema non tanto l’architettura e la storia di un bel palazzo lombardo quanto le
difficoltà della convivenza civile: soprattutto quando il diritto si fa entità astratta slegata
dall’obbligazione morale. Non v’è diritto, infatti, se le persone misconoscono che alla base di una
qualsivoglia relazione interpersonale, chiaramente all’interno di una società civile, sta
l’espletamento di una serie di doveri e tra questi, principalmente, quello, insindacabile, di rispettare
l’altro. È questo uno degli orizzonti di significato del testo ivi esaminato che si ritiene,
maggiormente, catturi l’attenzione del lettore, a diverso titolo, impegnato, quotidianamente, nel
percorrere il sentiero arduo dell’educativo.
Ciononostante, sarebbe un errore ridurre il testo attorno a questo focus; senza, peraltro, fare
menzione delle diverse prospettive di significato riscontrabili all’interno dell’agile libello:
testimonianza biografica, valorizzazione artistico-culturale del patrimonio architettonico, storia di
civiltà e promozione della cittadinanza attiva. Il piano del discorso, quindi, si articola su più livelli
onde costruire un’unica complessa trama di significato. Caratteristica quest’ultima che ben
contraddistingue la produzione scientifica dell’Autrice che non è, affatto, nuova a tale impostazione
epistemologica: laddove la riflessione pedagogica si fa sapere pensante capace di dare risposte di
senso alle cangianti questioni poste in essere dalla società polisemantica. Sia chiaro, però, che, in
questo caso, il termine sapere pensante non va inteso in antitesi all’agire concretamente nella realtà
e nella fattispecie nel farsi testimoni, in prima persona, di cittadinanza attiva. L’Autrice, infatti, non
ha voluto imbattersi in impervi sentieri di riflessioni astratte; preferendo, in continuità con altri
scritti, trovare nell’azione il senso compiuto del pensiero: la felice sintesi, peraltro propria della
pedagogia, tra teoria e prassi.
Il volume Il Palazzo del Podestà di Caspano in Lombardia si articola in tre parti ciascuna
suddivisa in due capitoli. Nella prima parte, al capitolo primo, Sandra Chistolini affronta uno dei
nodi problematici del suo lavoro: la possibile promozione dell’educazione estetica attraverso la
tutela del patrimonio architettonico. Tramite opportuni riferimenti teorici si viene, pertanto,
affermando come la sensibilità e la contemplazione della bellezza debbano intendersi a fondamento
dei percorsi educativi di ogni ordine e grado. l’Autrice, alfine di corroborare tale assunto, si
richiama, in particolare anche se non esclusivamente, al pensiero educativo di Giuseppina Pizzigoni
e John Dewey. Non a caso la Signora, come solitamente veniva chiamata la Pizzigoni, era solita
invitare i bambini all’osservazione del mondo naturale e dell’attività antropica che in esso si dipana
per promuovere in quest’ultimi il sentimento del bello scaturente dall’operosità umana quale frutto
d’arte, d’ingegno e di cultura. Inoltre, l’esperienza estetica, ricorda l’Autrice citando il Dewey, è da
intendersi in sé fattore di formazione in quanto favorente l’insorgere nei giovani di equilibrio e
ritmo che, per estensione, portano al controllo dello spazio e del tempo. Il secondo capitolo - pur
proseguendo, in parte, la descrizione del Palazzo e della sua storia - si sofferma, con maggiore
attenzione, a riflettere sul valore culturale del Rinascimento cercando di cogliere le ragione
profonde che hanno condotto all’esplosione dell’artisticità antropomorfa, appunto, caratterizzante il
Cinquecento. Il Palazzo del Podestà di Caspano - come a più riprese viene dimostrato dall’Autrice
all’interno del testo - porta in sé i tratti architettonici ed artistici distintivi del Rinascimento:
struttura a poligono ottagonale, simmetria regolare, colonne a fusto liscio, portale con cornice di
granito a bugne, volte a crociera ecc…
Le spiccate caratteristiche artistiche del Palazzo del Podestà, ben visibili da una serie di foto
presenti all’interno del testo, non sono valse a rendere l’immobile sobrio e grandioso patrimonio
della realtà nazionale e tanto meno di quella locale che, ai limiti dell’inverosimile, incorre nel
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confondere, anche all’interno di atti di natura amministrativa, il Palazzo del Potestà con il Palazzo
Parravicini - il quale, peraltro, non ha il medesimo rilievo artistico e architettonico - proprio come
se si trattasse di un’omonimia. Pertanto, questo disinteresse radicale, a fatto si che l’immobile
cedesse, per lungo tempo, all’incuria dei tempi e al cavillo di taluni dei suoi proprietari che
arbitrariamente ne hanno modificato l’aspetto originale chiudendo finestre e serrando archi e
passaggi. La seconda parte del libro, attraverso stralci di vita vissuta dall’Autrice, prende a tema
queste argomentazioni raccontando, con un corredo di opportuna documentazione, l’impegno
protratto dalla famiglia Chistolini per oltre 25 anni e conclusosi nel febbraio del 2000 con il decreto
di vincolo varato dal Ministero per Beni e le Attività Culturali che ha ufficialmente riconosciuto il
Palazzo del Potestà quale bene d’interesse storico e artistico non solo, quindi, meritevole di tutela
ma, soprattutto, non più passibile di soggettive manomissioni.
La terza parte del libro è una raccolta di articoli scritti da Sandra Chistolini, tra il 2001 e il
2006, per il periodico ‘l Gazetin. Emerge, da una lettura generale degli articoli, un significativo
spaccato di vita quotidiana in montagna analizzato dall’Autrice, in chiave sociologica e pedagogica,
tanto da evidenziarne le dinamiche dell’organizzazione sociale e i meccanismi di esclusione e
discriminazione: retaggi di modi di pensare, talvolta, al limite della normale educazione. Tuttavia
questi articoli, si ritiene palesino, in particolar modo, un esempio di cittadinanza attiva. L’Autrice,
infatti, attraverso questa serie di scritti, si è impegnata, effettivamente, in prima persona,
nell’evincere il Palazzo del Podestà dal disinteresse dell’opinione pubblica e dall’oblio della
memoria raccontando la storia e la composizione artistica di questo piccolo quanto maestoso segno
d’artisticità rinascimentale sperduto e dimenticato tra le montagne della Valtellina.