La disciplina dei trapianti d`organo

Maria Antonia Silvestri
La disciplina dei trapianti d’organo:
aspetti pubblicistici.
1. Premessa – 2. Dal diritto alla salute alla disciplina dei trapianti – 3. Le
strutture operative per i trapianti: il CNT e la Consulta permanente per i
trapianti – 4. I Centri Regionali ed Interregionali – 5. Le strutture per i prelievi
– 6. L’espressione di volontà: il silenzio-assenso – 7. Conclusioni
1.
Premessa.
Il progresso tecnologico ha favorito un’applicazione crescente della
pratica dei trapianti offrendo un’opportunità di “cura” anche a soggetti con organi
vitali gravemente compromessi.
Sotto il profilo giuridico la problematica dei trapianti d’organo trae
origine dalla disciplina degli atti di disposizione del proprio corpo nell’ambito dei
diritti della personalità1.
In particolare l’art. 5 cod. civ. limita gli atti di disposizione del corpo al
carattere permanente della diminuzione dell’integrità fisica o alla loro contrarietà
alla legge. In deroga all’art. 5 cod. civ., la legge 26/06/1967 n. 458 disciplina il
trapianto del rene tra persone viventi, consentendo il compimento di atti di
disposizione del proprio corpo solo se finalizzati alla salute di un altro soggetto2.
1
I diritti della personalità non possono costituire oggetto di atti di disposizione così come si
definisce indisponibile il diritto al proprio corpo. Cfr. PERLINGIERI, La personalità umana
nell’ordinamento giuridico, Napoli, 1972, p. 314 e ss. che tuttavia ritiene inaccettabile il
collegamento tra proprietà e persona.
2
In dottrina, si opera una netta distinzione tra trapianto da vivente a vivente e da cadavere a
vivente. Nel primo caso le norme devono rispondere alle esigenze di garanzia della vita sia del
1
La disciplina del divieto degli atti di disposizione del proprio corpo è
posta in funzione della tutela del valore primario della persona espresso dalla
nostra Costituzione. In assenza di una specifica previsione costituzionale, le
norme di riferimento possono rintracciarsi negli artt. 2, 3 e 13 Cost. Mentre gli
artt. 2 e 3 Cost. attribuiscono quale compito fondamentale della Repubblica la
tutela della persona umana attraverso il riconoscimento dei suoi diritti
fondamentali, l’art. 13 Cost. sancisce l’inviolabilità del corpo, tutelando la libertà
personale.
Specificazione di tali principi è l’art. 32 Cost. che disciplina il diritto alla
salute, unico diritto menzionato nel testo costituzionale come diritto
“fondamentale” e “primo requisito essenziale per la libertà dell’individuo”3. La
formulazione dell’art. 32 Cost. racchiude una varietà di significati: in una prima
fondamentale accezione la norma è volta alla difesa dell’integrità psico-fisica
disponente che del ricevente, per contemperare gli interessi, egualmente meritevoli di tutela, di
due soggetti. Nel caso di trapianto da cadavere a vivente si contrappongono da una parte un
soggetto titolare di diritti fondamentali e dall’altra un cadavere rispetto al quale si ritiene
prevalente l’esigenza costituzionale di tutela della persona. In questo caso, sembra legittima una
sorta di “espropriazione per pubblica utilità” di parti del cadavere per realizzare la salvezza di un
altro soggetto. Cfr. CARNELUTTI, Problema giuridico della trasfusione del sangue, in Foro it.,
1938, IV, p. 89.
Per ulteriori approfondimenti sul punto, cfr. G. GIACOBBE, voce Trapianti in Enciclopedia del
diritto, XLIV, p. 902; MOSCATI, Trapianto d’organi in Dizionario di diritto privato, Milano,
1980, p. 809; AA.VV., Il trapianto d’organi: problemi giuridici e morali, Roma, 1983;
D’ARRIGO, Diritto alla salute in Enciclopedia del diritto, Aggiornamento, vol. V, p. 1009;
MANTOVANI, Umanità e razionalità del diritto penale, in Scritti di biodiritto, trapianti
d’organo: terapia e sperimentazione, Milano, 2008, 1225. Nell’ambito dei principi volti alla
tutela dell’individuo e della sua integrità psicofisica (artt. 2 e 32 Cost.) e dei limiti dettati dal
codice civile (art. 5), l’ordinamento interno consente il trapianto di ossa, superfici articolari,
muscoli (l. 04/05/1990, n. 107), quello di rene tra persone viventi (l. 26/06/1967, n. 458), nonché i
trapianti di organi e tessuti (l. 01/04/1999, n. 91).
3
MERIGHI, in Costituzione della Repubblica, nei Lavori preparatori dell’Assemblea Costituente,
II, 1219.
2
della persona umana e al diritto a vivere in un ambiente salubre4. Si configura in
questo senso come un diritto inviolabile ed assoluto5.
Sotto un secondo profilo, la disciplina costituzionale riconosce un diritto
alle prestazioni sanitarie e demanda a tutti i livelli istituzionali di provvedere
all’erogazione di interventi concreti prefigurando un servizio sanitario pubblico.
Questa seconda accezione dell’art. 32 Cost. è conseguenza di una nuova lettura
giurisprudenziale. L’originaria interpretazione delineava questa disposizione
costituzionale come norma meramente programmatica6. Solo in seguito, si è
riconosciuta alla norma natura precettiva, capace di vincolare lo Stato ad un
nucleo minimo ed essenziale di interventi7.
In passato, le Regioni hanno approvato leggi a tutela di situazioni
soggettive, non ancora riconosciute dalla legislazione nazionale con l’obbiettivo
di contribuire alla realizzazione dell’art. 32 Cost. Le Regioni poi, grazie al
progressivo trasferimento di funzioni amministrative, hanno assunto competenze
decisive di indirizzo e di controllo della sanità.
4
L’espressione “diritto alla salute” comprende una pluralità di diritti quali il diritto all’integrità
psicofisica e ad un ambiente salubre, ma anche il diritto a ricevere prestazioni sanitarie. Nel
trattato istitutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 1946 viene recepito un
concetto di salute come “stato di benessere” e, più precisamente, “la salute non è semplicemente
l’assenza di malattia, ma lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”.
5
Cfr. Corte Cost. n. 184/1986 (sentenza sul “danno biologico”) che fonda proprio sull’art. 32
Cost. il diritto al risarcimento del singolo che abbia subito lesioni e/o menomazioni della propria
integrità psicofisica. Anche le richieste risarcitorie nei confronti delle compagnie assicurative per
danni da infortunistica stradale si fondano sulla pretesa lesione dell’art. 32 Cost.
6
Questa posizione fu sostenuta, seppur limitatamente al primo comma dell’art. 32 Cost., da S.
LESSONA, La tutela della salute pubblica in Commentario sistematico alla Costituzione italiana
di CALAMANDREI, LEVI, BARBERA, Firenze, 1950, pp. 333-340.
7
A supporto di questa seconda interpretazione, ormai prevalente in dottrina, cfr. G. SCARFIA,
Sanità e Costituzione. Appunti, M. Ragno editore, Roma, 1978, p. 8; V. COLALILLO, La tutela
della salute nella Costituzione italiana, Jovene, Napoli, 1979, pp. 38 e ss.; e, da ultimo, S.
LUZZI, Salute e sanità nell’Italia repubblicana, Donzelli editore, 2004, pp. 125 e ss.
3
La riforma realizzata dalla legge costituzionale n. 3/2001 e la riproduzione
nell’art. 117 Cost. dell’espressione “tutela della salute” conferma che allo Stato
vengono mantenute le prestazioni che devono essere garantite a tutti in
applicazione del principio di eguaglianza sostanziale, e alle Regioni la possibilità
di differenziazione in materia di organizzazione dei servizi sanitari8.
2. Dal diritto alla salute alla disciplina dei trapianti
Al fine di rendere effettivo il diritto alle cure, sono state istituite strutture
in grado di prelevare e trapiantare organi e/o loro derivati e porzioni.
L’intento poi di dare una migliore organizzazione a tali strutture è stato
oggetto soprattutto di iniziative regionali, che hanno affrontato l’esigenza
dell’aumento notevole della richiesta di trapianti, senza riuscire purtroppo a
risolvere i problemi relativi alle lunghe liste di attesa ed alla scarsità di organi
disponibili9.
Già in base all’art. 13 della legge n. 644/1975 veniva affidata alle Regioni
la costituzione dei centri regionali o interregionali con il compito di fornire
funzioni di supporto rispetto alle attività svolte dagli enti convenzionati e le
modalità
operative
di
organizzazione
e
di
erogazione
dei
servizi.
8
Nel nostro sistema, la tutela di un diritto non corrisponde ad una competenza statale o regionale.
I diritti infatti hanno una intrinseca caratteristica di a-territorialità. La Corte Costituzionale ha
chiarito che la tutela dei diritti rientranti tra le competenze delle Regioni sia frutto di una
concertazione inter-istituzionale. L’introduzione nell’art 117 Cost. di una competenza esclusiva
dello Stato sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali richiama un sistema multilivello di attuazione dei diritti, regolato dal principio di leale
collaborazione, che trova nel modello delle conferenze un punto di mediazione tra le diverse
istanze espresse a livello statale, regionale e locale.
9
Per offrire una soluzione al problema della carenza degli organi, oggi la ricerca scientifica si è
orientata verso la clonazione di cellule staminali embrionali ed adulte, per dare origine ad organi
con lo stesso patrimonio genetico del ricevente.
4
Conseguentemente, a partire da questa legge, la scelta del soggetto ricevente e la
creazione delle liste di trapianti avvengono o a livello regionale o interregionale.
L’aver subordinato l’effettività della cura attraverso i trapianti alla
adeguatezza delle strutture sanitarie e, conseguentemente, al contesto regionale,
non ha escluso, tuttavia, che una parte del servizio di trapiantologia abbia una
dimensione che vada oltre la Regione. La rinnovata sensibilità e disponibilità dei
cittadini nei confronti della donazione ha spinto il legislatore nazionale ad
affrontare un inquadramento quanto più possibile sistematico del settore trapianti
con la legge n. 91 del 1 aprile 1999. Tale legge, arrivata dopo un periodo di forte
contrasto tra Stato e Regioni10, ha rilanciato il ruolo delle Regioni e predisposto il
riordino generale della disciplina in tema di trapianti attraverso l’introduzione di
novità, sia per quanto attiene l’esercizio dei diritti connessi alla salute sia per
l’intera disciplina organizzativa. Il procedimento per l’esecuzione dei trapianti è
disciplinato nel rispetto dei criteri di trasparenza e di pari opportunità tra i
cittadini, subordinando a parametri clinici ed immunologici l’accesso alle liste di
attesa. La legge n. 483 del 16 dicembre 1999 sul trapianto parziale di fegato
10
Più volte lo Stato aveva tentato di comprimere le competenze regionali affidando ai centri
regionali specifici e determinati compiti di coordinamento e gestione attinenti alle attività
collegate alle operazioni di prelievo e di trapianto e più volte le Regioni avevano sollevato
conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato lamentando l’invasione delle competenze
garantite dalla Costituzione e dai decreti di trasferimento delle funzioni. Cfr. sent. Corte Cost.
n.467/1990 che accogliendo il ricorso della regione Piemonte avverso il d.m. Sanità 16/2/1990, ha
dichiarato che non spetta allo Stato individuare il centro interregionale di riferimento e attribuire
ad esso poteri di coordinamento delle operazioni di supporto al prelievo e al trapianto da cadavere
per scopi terapeutici; e le sentenze Corte Cost. n.550/1990 e n.267/1993, che hanno attribuito allo
Stato (Ministero della Sanità), il potere di individuare i trapianti di organo e di comprendere il
coordinamento interregionale dei prelievi multi organi tra le attività considerate ad alta
specializzazione, da inserire nelle prestazioni erogabili dai centri di trapiantologia.
5
(trapianto da vivente11) ed il decreto legge dell’8 aprile 2000 in materia di prelievi
e trapianti di organi e tessuti hanno provveduto ad integrare ulteriormente la
legge 91/1999 che, lasciando del tutto invariata la legge n. 578 del 29 dicembre
1993 relativa all’accertamento della morte, ha introdotto in particolare norme
assolutamente nuove sulla manifestazione di volontà di donazione e, sotto il
profilo dell’organizzazione di prelievi e trapianti, ha riconosciuto (art. 1, 2° c.)
che il coordinamento delle stesse attività di trapianto costituisce un obiettivo del
Servizio Sanitario Nazionale.
Tralasciando la questione, tanto dibattuta, dell’opportunità di introdurre
nel nostro Paese una legge sui trapianti basata sul principio del silenzio-assenso12,
ai fini del presente lavoro, ci sembra importante mettere in luce come con la legge
del 1999 si sia realizzata finalmente l’istituzione di un’organizzazione nazionale
con il compito sia del prelievo di organi e tessuti per i trapianti che della gestione
delle relative attività e della semplificazione dei rapporti con e tra le istituzioni
nazionali, regionali ed estere. Questa organizzazione è costituita dal Centro
Nazionale per i Trapianti (CNT), dalla Consulta Tecnica permanente, dai Centri
Regionali ed Interregionali, dalle strutture per i prelievi e la conservazione degli
organi per trapianto e dalle Aziende Sanitarie Locali (ASL).
11
Una prassi tecnicamente consolidata è la tecnica dello split, in cui uno stesso fegato viene
diviso in due porzioni per ottenerne un doppio uso.
12
L’introduzione del principio del silenzio-assenso è stato il punto che ha scatenato maggiori
polemiche, lamentando in molti una prevaricazione dello Stato sul volere del singolo.
6
3. Le strutture operative nei trapianti: il Centro Nazionale Trapianti e
la Consulta permanente per i trapianti
In posizione di preminenza strategica si colloca il Centro Nazionale
Trapianti (CNT), istituito con l’art. 8 della legge 1 aprile 1999 n. 91, struttura
alla quale è riconosciuto il compito precipuo di indirizzo, coordinamento e
promozione dell’attività di donazione e trapianto di organi, tessuti e cellule in
Italia. Il CNT ha sede presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ed è composto, a
norma del 2° comma dell’art. 8, dal Presidente dell’ISS con la funzione di
presidente, dai rappresentanti dei Centri Interregionali (CIR) o Regionali (CRT)
di riferimento per i trapianti designati dalla Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano e dal
direttore generale del Centro13; quest’ultimo, scelto tra i dirigenti di ricerca
dell’ISS ovvero tra i medici non dipendenti dall’Istituto in possesso di
comprovata esperienza in materia di trapianti, è assunto con contratto di diritto
privato di durata quinquennale, in analogia a quanto previsto per le aziende
sanitarie ed ospedaliere pubbliche. Pertanto, il corrispondente rapporto
contrattuale è regolato dalle disposizioni previste dall’art. 3 del d.lgs. 30
dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Tutti i componenti del CNT
sono nominati con decreto del Ministro della Salute. Per adempiere alle proprie
funzioni il CNT si avvale del personale dell’ISS e di una struttura operativa
13
In forza del decreto Ministero della Sanità del 21 maggio 2004, il CNT presentava tale
composizione: prof. Enrico Garaci, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità con funzioni di
presidente, prof. Gerardo Martinelli, rappresentante del centro interregionale A.I.R.T., dott. Vito
Gaudiano, rappresentante del Centro interregionale O.C.S.T., dott. Mario Scalamogna,
rappresentante del Centro interregionale N.I.T.p., dott. Alessandro Nanni Costa, direttore generale
del Centro Nazionale Trapianti.
7
articolata in tre grandi aree (Area Medica, Area Sistema Informativo Trapianti ed
Area Organizzazione, Comunicazione e Relazioni Istituzionali) cui afferiscono i
diversi uffici.
Attraverso il sistema informativo trapianti, il CNT cura le liste delle
persone in attesa di trapianto, differenziate per tipologia di intervento, così come
risultano dai dati trasmessi dai Centri Regionali o Interregionali o dalle strutture
per i trapianti e dalle ASL, secondo modalità tali da assicurare la disponibilità dei
dati 24 ore su 24; definisce altresì parametri tecnici e criteri allo scopo di
garantire l’omogeneità dei dati stessi, con particolare riferimento alla tipologia ed
all’urgenza del trapianto richiesto, e per l’individuazione dei riceventi; individua
criteri per l’identificazione di protocolli operativi per l’assegnazione di organi e
tessuti secondo parametri stabiliti esclusivamente in base alle urgenze e alle
compatibilità risultanti dai dati contenuti nelle liste d’attesa; definisce le linee
guida rivolte ai centri regionali o interregionali allo scopo di uniformare l’attività
di prelievo e di trapianto sul territorio nazionale; verifica l’applicazione dei criteri
e dei parametri così come fissati; assegna gli organi per i casi relativi alle
urgenze, per i programmi definiti a livello nazionale e per i tipi di trapianto per i
quali il bacino di utenza minimo corrisponde al territorio nazionale; definisce
criteri omogenei per lo svolgimento dei controlli di qualità sui laboratori di
immunologia coinvolti nelle attività di trapianto; individua il fabbisogno
nazionale di trapianti ed identifica la soglia minima annuale di attività per ogni
struttura ed i criteri per una equilibrata distribuzione territoriale delle medesime;
definisce i parametri per la verifica della qualità e di risultato delle strutture per i
8
trapianti; promuove e coordina i rapporti con le istituzioni estere del settore al
fine di facilitare lo scambio di organi.
A queste funzioni si aggiunge la collaborazione con il Ministero della
Salute per la promozione attraverso programmi specifici quali campagne per la
donazione di organi dell’informazione pubblica14. Le principali attività, oltre alle
campagne
informative,
concernono
una
particolare
attenzione
per
la
comunicazione on line, mediante l’approntamento di un sito web dedicato, la
realizzazione di una newsletter e di una rassegna stampa ed ancora la gestione di
un numero verde per fornire un’informazione diretta ai cittadini.
Di rilievo sono le attività condotte dal CNT in relazione alla formazione
degli operatori del settore (rianimatori e coordinatori a vari livelli, medici di
medicina generale, operatori ASL, ecc.)15. Altre importanti iniziative si sono
realizzate anche nell’ambito degli scambi e dei progetti internazionali16, con
14
Art. 2 L. 91/99.
Già dal 2005 il CNT collabora con la fondazione FITOT nella realizzazione dei piani di
formazione realizzati con fondi di cui all’art. 2, comma ter L.138/2004 e con la Regione Toscana
per la parte di corsi nazionali finanziati dall’art. 21 L. 91/99, che hanno portato alla realizzazione
di corsi oltre che di carattere tecnico-scientifico anche di carattere manageriale. Cospicuo e
qualificato è stato inoltre l’intervento del CNT nell’avvio di master nel 2007 in “Medicina e
sicurezza dei trapianti”, ideato ed organizzato con l’Università degli Studi di Bologna,
l’Università dell’Insubria e l’Universitat de Barcelona, ed inoltre nella conduzione della terza
edizione del master internazionale sul trapianto di organi, tessuti e cellule, realizzato in
collaborazione con la Fondaciò Bosch Timpera de Barcelona.
16
Nel 2005 ha preso l’avvio l’ufficio denominato Italian Gate for Europe che gestisce lo scambio
degli organi con tutte le organizzazioni estere di trapianto; in particolare, nel 2008, sono stati
conclusi scambi ed aggiornamenti di accordi con la Grecia e la Slovacchia. Va altresì rammentato
che dal 2004 il CNT è membro dell’organizzazione intergovernativa denominata European
Transplant Network (ETN), che riunisce oltre ad Italia, Grecia ed Austria, i dieci paesi
dell’Europa dell’Est recentemente entrati nell’Unione Europea ed ha come obiettivo principale
quello di promuovere la donazione di organi e tessuti, nel rispetto di regole di qualità e sicurezza e
di attuare politiche e procedure comuni nel settore. Per quanto riguarda gli accordi di
cooperazione sanitaria tra Ministeri della Salute, il CNT ha partecipato all’aggiornamento di
accordi con la Tunisia, il Marocco e la Cina che prevedono scambi di esperienze formative e
visite reciproche tra Centri Nazionali. Dal maggio 2007, con durata triennale, si è avviato il
progetto Public Health EULIVING, concernente gli aspetti etici e legali della donazione da
15
9
apertura di uffici operativi specifici e accordi di cooperazione sanitaria. Nello
svolgimento delle proprie funzioni, il CNT si avvale del supporto e del sostegno
della Consulta Permanente per i Trapianti17.
Con decreto 27 ottobre 2004, il Ministero della Salute ha proceduto alla
ricostituzione della Consulta Nazionale Tecnica permanente per i trapianti “con il
compito di predisporre gli indirizzi tecnico-operativi per lo svolgimento delle
attività di prelievo e di trapianto di organi e di svolgere funzioni consultive a
favore del Centro Nazionale Trapianti”. Ai lavori della Consulta partecipano i
dirigenti dell’Istituto Superiore di Sanità ed i dirigenti del Ministero della Salute
con competenze nel trapianto di organi e tessuti18.
4. I Centri Regionali e Interregionali
Ancor prima della legge n. 833/7819 istitutiva del Sistema Sanitario
Nazionale, la legge n. 644/75 ed il relativo regolamento di esecuzione20 avevano
disciplinato le attività organizzative connesse ai servizi deputati ad individuare i
soggetti idonei a ricevere l’organo da trapiantare e ad effettuare le operazioni e gli
accertamenti a tal fine necessari, delegando alle Regioni le modalità di raccolta e
vivente e dal gennaio 2008 è iniziato il progetto Public Health ETPOD per la formazione dei
coordinatori alla donazione.
17
Art. 9 L. 91/99.
18
La Consulta è composta dal presidente dell’ISS o un suo delegato; dal direttore del CNT; dai
coordinatori dei Centri interregionali per i trapianti; e dai coordinatori dei Centri regionali per i
trapianti; dal coordinatore del Centro di coordinamento trapianti della provincia autonoma di
Bolzano; dal coordinatore del coordinamento alla donazione e ai trapianti della provincia
autonoma di Trento; da tre rappresentanti delle associazioni nazionali che operano nel settore dei
trapianti e della promozione delle donazioni. I componenti della Consulta sono nominati con
decreto del Ministro della Salute per la durata di due anni, rinnovabili alla scadenza.
19
Cfr. in particolare l’art. 6, lett. l della legge citata.
20
d. P.R. n. 409 del 1977.
10
distribuzione degli organi21. In particolare, ai sensi dell’art. 13 della legge n.
644/1975, le Regioni assumevano due tipologie di competenze: a) promozione
della costituzione di centri regionali di riferimento, incaricati di svolgere attività
di supporto rispetto alle attività operative concrete di erogazione dei servizi
sanitari svolte dagli enti convenzionati; b) attività operativa di organizzazione ed
erogazione dei servizi, ad eccezione della fissazione degli standards genetici,
biologici e tecnici, nonché l’autorizzazione che abilita gli istituti di cura e di
ricerca in materia di trapianto. Al fine di rendere operative le norme contenute
nelle leggi n.644/75 e n. 833/78, buona parte delle Regioni avviarono l’istituzione
di centri specifici per trapianti, senza tuttavia riuscire a risolvere i problemi
connessi con lo scarso reperimento di organi ed il conseguente allungamento
delle liste d’attesa. Dunque, a fronte di difficoltà crescenti, il Piano Sanitario
Nazionale 1994-96 introdusse l’adozione di un “Piano nazionale per il
reperimento e il trapianto di organi” che consentisse la costituzione di tre centri
21
Nell’ambito della loro programmazione sanitaria, alcune Regioni hanno approvato norme che
riconoscono nelle donazioni e nei trapianti elementi di “responsabilità e di solidarietà umana e
sociale essenziale per la collettività”. In questo senso, la Regione Abruzzo con la legge n. 103 del
1995 “Potenziamento e razionalizzazione delle attività di prelievo d’organo”. Altre Regioni, quali
la Lombardia (legge regionale n. 47 del 1989 “Promozione delle attività di prelievo e di trapianto
renale e rimborso delle spese per i trapianti renali in Italia e all’estero”), hanno approvato leggi
che prevedono il diritto al “rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno sostenute per sottoporsi
ad interventi di trapianto”. Oggi la gran parte delle Regioni ordinarie hanno introdotto
disposizioni che riconoscono anche il rimborso delle spese non mediche effettuate a fini di
trapianto per favorire tutte quelle persone che hanno la necessità, per sottoporsi ad interventi di
trapianto, di spostarsi al di fuori della regione. Queste leggi, attraverso l’attribuzione di una
precisa pretesa economica, contribuiscono a definire le cure necessarie alla protezione della salute
della persona. Tali interventi non solo eliminano uno dei possibili ostacoli al pieno esercizio del
diritto, cioè la lontananza dalla struttura che effettua il trapianto, ma sopratutto incidono su una
posizione soggettiva riconducibile al diritto alle cure mediche indispensabili per la tutela
dell’integrità fisica. Il livello indispensabile di cure idoneo a tutelare la salute forma oggetto di un
diritto tutelabile erga omnes. Ovviamente il diritto al rimborso è diverso dal diritto alle cure
gratuite, riguardando quest’ultimo le spese sostenute per la prestazione sanitaria stessa.
11
multiregionali22, coordinati da un Centro nazionale di coordinamento tecnico,
garante e controllore della gestione e della qualità delle attività connesse ai
trapianti23.
Con la legge quadro n. 91/99 si procede alla razionalizzazione della
normativa e si realizza una aggregazione delle strutture esistenti, attraverso
l’organizzazione del servizio dei trapianti su tre livelli statale, regionale ed
interregionale. In particolare, ex art. 10 della legge 91/99, lo Stato sollecita le
Regioni, qualora non abbiano provveduto a farlo ai sensi della l. n. 644/75, ad
istituire un centro regionale per i trapianti o, in alternativa, a realizzare, in
associazione tra le Regioni, un centro interregionale per i trapianti. In
quest’ultimo caso, le modalità di costituzione e di funzionamento dei centri
interregionali devono essere disciplinati da apposite convenzioni sottoscritte tra le
Regioni associande. La finalità del legislatore di dare un compiuto avvio
all’attività di organizzazione e coordinamento in tema di trapianti traspare altresì
dal 5° comma dello stesso art. 10, in cui espressamente si prevede l’attivazione di
poteri sostitutivi ad opera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
della Sanità, qualora entro un anno dall’entrata in vigore della legge le Regioni
non abbiano promosso la costituzione dei centri regionali o interregionali.
22
I tre centri regionali erano così identificati: il Centro interregionale “Nord Italia Transplant”
(NITp), comprendente la Liguria, la Lombardia, il Veneto, la provincia di Trento, il Friuli
Venezia Giulia e le Marche; Il Centro interregionale “Associazioni Interregionale Trapianti”
(AIRT) comprendente il Piemonte, la Valle d’Aosta, la provincia di Bolzano, l’Emilia-Romagna,
la Toscana e la Puglia; il Centro interregionale “Organizzazione Centro Sud per i Trapianti”
(OCST) comprendente la Sardegna, l’Umbria, il Lazio, la Campania, la Sicilia, l’Abruzzo, il
Molise, la Basilicata, la Calabria.
23
Per una conoscenza più dettagliata dei dati connessi alle attività trapiantologiche attuate dalle
Regioni in epoca antecedente alla l. 91/99 si veda G. AGLIATA, Regioni e disciplina dei trapianti
di organi, in Diritti sociali tra regionalismo e prospettive federali, L. CHIEFFI (a cura di), Torino
- Giappichelli 1999, pag. 410.
12
Attualmente il livello di coordinamento regionale si avvale di 19 Centri
Regionali per i Trapianti; ciascuno di essi gestisce all’interno della propria
Regione le liste di attesa ed i rapporti con i centri periferici, le donazioni d’organo
ed i rapporti con le strutture di rianimazione presenti sul territorio regionale, i
trapianti ed i rapporti con i centri di trapianto, le allocazioni degli organi per i
programmi di trapianto attivi in regione, i rapporti con il centro interregionale.
Inoltre, pur nella diversità delle realtà regionali, tale livello di coordinamento
riceve linfa - per così dire – anche da un livello più propriamente locale,
rappresentato dal coordinatore locale (art. 12 della l. 91/99), scelto tra medici
esperti nel processo di identificazione e mantenimento di potenziali donatori,
istituiti per legge in ogni ospedale sede di prelievo, con il compito di seguire il
management dei donatori, di tenere i rapporti con le loro famiglie, di organizzare
campagne di informazione, di espletare tutte le procedure connesse al prelievo e
di trasmettere al Centro Regionale i dati relativi ai potenziali donatori. In
definitiva, il coordinatore locale è il responsabile unico a livello ospedaliero e
deve garantire non solo l’efficienza in ogni fase di svolgimento del processo, ma
anche un’adeguata e qualificata assistenza clinica al potenziale donatore al fine di
mantenere nelle migliori condizioni possibili gli organi da prelevare. E’ evidente
pertanto che, per il ruolo cui è chiamato, il coordinatore locale rappresenta uno
dei punti cruciali dell’intero percorso “donazione-prelievo-trapianto”. Ne deriva
che il presupposto indispensabile per una valida ed efficiente impalcatura
organizzativa è l’esistenza di una figura dedicata full-time alla gestione clinica
13
del donatore da una parte, e all’organizzazione ed al coordinamento locale
dall’altra24.
Il livello di coordinamento interregionale si avvale delle tre organizzazioni
NITp, AIRT e OCST25, che con la loro attività coprono l’intero territorio
nazionale. Ciascuno dei centri interregionali gestisce, nell’ambito della propria
area, i rapporti con i centri regionali per le segnalazioni dei donatori e
l’allocazione degli organi eccedenti, nonché i rapporti con gli altri centri
interregionali e con il CNT (per il programma nazionale pediatrico). La
valutazione d’idoneità del donatore è coordinata a livello interregionale; lo
screening spesso include i tests microbiologici ed altri effettuati presso laboratori
diversi, quali quelli di anatomia patologica e tipizzazione tissutale. Sono inoltre
adempimenti del Centro Interregionale la gestione delle urgenze, gli anticipi, le
restituzioni, il mantenimento dei registri dei prelievi eseguiti sul territorio e
quello degli organi trapiantati, nonché il monitoraggio ed il follow-up dei
pazienti. Infine, pur prendendo atto di una possibile diversificazione dei criteri tra
le tre diverse aggregazioni interregionali, è stata data l’indicazione di attenersi il
24
Il coordinatore locale viene nominato dal Direttore Generale dell’azienda sanitaria, sentito il
parere del coordinatore regionale; nell’esercizio delle proprie funzioni dipende dalla direzione
medica dell’azienda in cui svolge la propria funzione ed opera in stretta collaborazione con il
Centro regionale. In alcune realtà territoriali con pochi presidii ospedalieri può essere previsto un
unico coordinatore inter-aziendale. La rete di coordinamento abbraccia due settori principali: il
reperimento e l’allocazione. Abitualmente, il coordinatore locale opera esclusivamente nell’area
di reperimento; tuttavia, il coordinatore si troverà ad interagire con altri reparti del presidio
ospedaliero capaci di generare donatori di tessuti.
25
Per il dettaglio della composizione delle tre organizzazioni ad opera delle diverse realtà
regionali, vedi nota 22.
14
più possibile a criteri comuni e condivisi, validi sul piano scientifico,
documentabili e trasparenti a richiesta di ogni cittadino26.
In definitiva, con la successione di tale normativa, può definirsi oggi
conclusa la fase relativa all’impianto strumentale preposto all’attività
trapiantologica27. La complessità risultante deve ritenersi pienamente giustificata
sia per rispondere adeguatamente alle esigenze di un corretto ed idoneo intervento
per il pieno utilizzo degli organi disponibili, sia per selezionare correttamente i
destinatari secondo precise regole di priorità e funzionalità28.
26
Si vedano in proposito le linee guida emanate per la gestione delle liste d’attesa e per
l’assegnazione dei reni per i trapianti da donatore cadavere. In tale documento, discusso e
condiviso dalle diverse strutture interregionali, vengono fissati in maniera netta i criteri di
iscrizione in lista dei pazienti, le informazioni da fornire ad opera di ogni centro trapianti, la
gestione di pazienti con trapiantabilità problematica.
27
Nel settore dei trapianti, l’Italia ha raggiunto i primi posti in Europa e nel mondo, sia per
numero di donazioni che per qualità di trapianti. Dal 1991 alla fine del 2006 sono stati effettuati
circa 35.000 trapianti, con sopravvivenza ad un anno dell’organo trapiantato superiore alle medie
europee. Attualmente in lista di attesa per le diverse tipologie di trapianto vi sono 9763 persone;
inoltre, nel 2010, il Sistema Informativo Trapianti ha segnalato 147 nuovi donatori con 95
trapianti e 5 trapianti da vivente.
28
Uno dei problemi cruciali della donazione d’organo è la priorità con cui assegnarli. Rispetto alla
disponibilità degli organi i malati in lista di attesa sono tre volte più numerosi. Nel numero di
aprile 2010 dell’American Journal of Transplantation , tre docenti italiani accusano la Regione
Veneto per avere previsto, con la delibera n. 851 del 31 marzo 2009, l’esclusione delle persone
con ritardo mentale dalle liste per i trapianti. Tutte le Regioni prevedono come unici criteri di
esclusione la malattia psichiatrica grave; invece in Veneto c’è una controindicazione assoluta che
riguarda tutte le malattie mentali. Si escludono i ritardati mentali sostenendo che non si può
migliorare la qualità della loro vita. Questa tesi non è sorretta da dati scientifici come evidenzia
un’analisi compiuta negli Stati Uniti: il trapianto nei confronti di soggetti con qualche forma di
ritardo mentale evolve non differentemente dagli altri casi. Occorre ricordare come già alcuni anni
fa fu ostacolato un programma di trapianti su pazienti sieropositivi in assenza di terapie come le
attuali che consentono di sopravvivere all’AIDS a lungo. Anche in quell’occasione ci si chiese se
rispondesse a criteri di giustizia sprecare organi e tanto denaro pubblico per chi non avrebbe
potuto godere di quella nuova possibilità di vita. Il direttore del centro di bioetica della Cattolica
Adriano Pessina sostiene invece il principio dell’universalità dei trattamenti “non devono essere
ignorati i diritti dei disabili” (l’intervento viene riportato dal Corriere della Sera del 29/05/2010, p.
33).
15
5. Le strutture per i prelievi
L’attività di prelievo di organi è effettuata presso le strutture sanitarie
accreditate dotate di reparti di rianimazione. Per quanto attiene invece il prelievo
di tessuti, esso può essere svolto anche nelle strutture sanitarie accreditate non
dotate di reparti di rianimazione e – su richiesta - persino i prelievi possono
essere effettuati anche presso strutture diverse da quelle di appartenenza del
sanitario chiamato ad effettuarli alla sola condizione che tali strutture siano
idonee all’accertamento della morte. I sanitari che procedono al prelievo sono
tenuti alla redazione di un verbale relativo alle modalità di accertamento della
volontà espressa in vita dal soggetto in ordine al prelievo di organi, che deve
essere custodito nella struttura sanitaria ove è stato eseguito il prelievo.
Spetta alle Regioni individuare le strutture sanitarie aventi il compito di
conservare e distribuire i tessuti prelevati e di certificarne la idoneità e la
sicurezza.
I profili organizzativi sui prelievi e sui trapianti di organi si completano
con l’attività svolta dalle Aziende Unità Sanitarie Locali nell’ambito territoriale
di competenza con la richiesta, notificata a tutti i cittadini, di dichiarare la propria
volontà in merito alla donazione degli organi e tessuti del proprio corpo dopo la
morte a scopo di trapianto. In tale richiesta deve essere precisata che la mancata
dichiarazione viene considerata un assenso alla donazione stessa. Si realizza così
quella che è stata definita un’usurpazione del diritto di scelta dei cittadini,
sebbene in caso di mancata dichiarazione della persona interessata farà fede
sempre e comunque l’assenso o il diniego dei familiari. La dichiarazione, secondo
16
i termini di legge, viene ricevuta dall’ASL, che provvede alla sua registrazione
nella banca dati nazionale; inoltre questa stessa dichiarazione viene annotata
anche nei documenti personali e nella tessera sanitaria del soggetto.
6.
L’espressione di volontà: il silenzio-assenso
Altro aspetto connesso con la disciplina dei trapianti è quello inerente la
promozione della cultura della donazione e, quindi, dell’espressione della volontà
del donatore e/o della ricerca di tale volontà, qualora fosse inespressa.
Invero, uno degli elementi caratterizzanti la legge n. 91/99 è
rappresentato dall’introduzione del principio del “silenzio-assenso”29. Infatti,
secondo quanto previsto dall'art. 4, ogni cittadino sarà chiamato ad esprimere per
iscritto la propria disponibilità alla donazione di organi e di tessuti: la mancata
manifestazione della propria volontà è ritenuta equivalente all'assenso al prelievo.
Tuttavia questo principio ingenera notevoli perplessità, in quanto assegna allo
Stato, interprete non autorizzato del silenzio, quello che è un diritto inalienabile
dell'individuo: il diritto alla disponibilità del proprio corpo. Tale diritto, rientrante
nel campo strettamente personale del singolo e non coinvolgendo il bene comune
della società, non dovrebbe rientrare sotto la giurisdizione dell’autorità. Di norma
lo Stato non può avanzare nessuna pretesa di determinare il destino del corpo
umano, nemmeno rivendicandone il cadavere; se non per esigenze di sanità e di
giustizia in rari casi previsti per legge.
29
Numerosi giuristi hanno evidenziato la peculiarità dell’applicazione di questo principio in
materia di donazione di organi post mortem, tra questi cfr. V. ROPPO, Il Contratto, Milano,
Giuffrè, 2001, che evidenzia come “la regola che impone di parlare per escludere l’effetto legale
ha una ratio diversa, perché riflette non un dato di tipicità sociale, bensì un modello etico”.
17
Il consenso alla donazione dovrebbe restare facoltativo e non può
assolutamente essere reso obbligatorio per legge come se si trattasse di una sorta
di dovere sociale30. In ogni caso non si procederà all’espianto qualora, ai sensi del
comma 5 dell’art. 4 della legge citata, venga esibita una dichiarazione autografa
di volontà contraria al prelievo da parte del soggetto di cui sia stata accertata la
morte. I congiunti o il legale rappresentante del potenziale donatore (individuati
secondo le modalità del 2° comma dell'art. 3) – ad accertamento di morte avviato
- possono impedire il prelievo di organi, purché presentino tale documento
autografo dal quale risulti il rifiuto alla donazione degli organi31. Al momento, la
manifestazione di volontà del soggetto è regolamentata dall’art. 23 della stessa
legge, inerente le disposizioni transitorie nonché dal decreto ministeriale dell’8
aprile 200032. Con l’art. 23 della legge n. 91/99 si stabilisce che prima
30
In relazione al problema dell’espressione del consenso al trapianto, la situazione in Europa
appare piuttosto diversificata in quanto in alcuni Paesi quali Gran Bretagna, Olanda, Germania e
Svezia il consenso deve essere esplicito. Non solo, ma in due dei Paesi nei quali vige il consenso
presunto, Francia e Grecia, quest'ultimo è soggetto ad alcune non trascurabili limitazioni. Anche
negli Stati Uniti è previsto il consenso esplicito e, oltre a questo, deve esserci l'assenso dei
familiari.
31
La legge 644 del 2 dicembre 1975 invece permetteva il prelievo di organi e tessuti tranne che in
due casi, cioè in caso di dissenso esplicito in vita dell’interessato e in caso di dichiarazione scritta,
da parte dei familiari, alla fine del periodo di osservazione per l’accertamento della morte. I
familiari avevano, in ogni caso, l’ultima parola; infatti, anche nel caso in cui il soggetto avesse
dato il suo assenso in vita, l’opposizione post mortem dei familiari era preponderante. In assenza
di dichiarazione avversa dei familiari, invece, si poteva procedere all’espianto. Questa disciplina
restringeva al minimo le possibilità di donazione, realizzando un contemperamento tra i diversi
interessi giuridici in questione del tutto avulso rispetto alla stessa volontà del singolo donatore.
Vale la pena di ricordare come sia la Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la Biomedicina
approvata il 19/11/1996 dal Consiglio d'Europa (art. 9: "i desideri precedentemente espressi a
proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell'intervento, non è
in grado di esprimere la sua volontà, dovranno essere tenuti in considerazione") che il nuovo
Codice di Deontologia Medica (art. 34: "Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la
propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tener conto di quanto
precedentemente manifestato dallo stesso) attribuiscano peraltro un grande valore alla volontà
precedentemente espressa dal paziente per orientare il processo decisionale clinico nel caso in cui
il soggetto stesso, per motivi clinici, perda la sua capacità di decisione autonoma.
32
In particolare, l’art. 2 del citato decreto ministeriale individua al 2° comma le strutture sanitarie
deputate alla raccolta della dichiarazione di volontà; ad oggi, secondo il Sistema Informativo
18
dell’applicazione del silenzio-assenso, subordinata all’attivazione dell’Anagrafe
informatizzata degli assistiti del SSN, sia data la possibilità a ciascun cittadino di
esprimere la propria volontà in merito alla donazione degli organi, senza esserne
obbligato. Pertanto, con tale dichiarazione, tutti i cittadini possono esprimersi sia
in senso favorevole che sfavorevole alla donazione, evitando che la propria
volontà venga successivamente violata dalle altrui decisioni. Il favor alla
donazione si coglie comunque dalle modalità con le quali è oggi possibile
esprimere la propria volontà e che possono consistere nella compilazione on line
del tesserino blu del Ministero della Salute, da conservare con i documenti
personali; nella registrazione della propria volontà presso le ASL di riferimento o
il medico di famiglia; nella dichiarazione scritta che il soggetto porta con sé
insieme ai documenti33; nell’atto olografo dell’AIDO o di una delle altre
associazioni inerenti il settore della donazione e dei trapianti d’organo34.
Trattandosi di espressione di libera volontà è chiaro che il cittadino può
Trapianti, sono circa centomila i cittadini che hanno registrato presso le ASL il loro consenso alla
donazione di organi.. Tuttavia, in fase di applicazione pratica del disposto, si è ritenuto opportuno
prevedere l’ampliamento dei punti di ricezione della dichiarazione di volontà coinvolgendo i
Comuni ed i Centri di riferimento regionali per i trapianti. Coerentemente con tale assunto, il
Ministero della Salute con decreto 11 marzo 2008 ha disposto una integrazione del decreto 8
aprile 2000, introducendo in esso un comma 2-bis, secondo il quale “le attività di ricezione e
trasmissione delle dichiarazioni di volontà di cui ai precedenti commi 1 e 2 possono essere svolte
anche dai Comuni, singoli od associati, previa convenzione con l’azienda unità sanitaria locale
territorialmente competente […] e dai Centri di riferimento regionali per i trapianti, di cui all’art.
10 della legge 1° aprile 1999, n. 91.La conservazione e la trasmissione delle dichiarazioni di
volontà può avvenire tramite l’utilizzo di supporti informatici”. Ciò ha comportato la
realizzazione di veri e propri “sportelli” per l’espressione di volontà sulla donazione d’organo
presso i servizi demografici dei Comuni e le più importanti aziende ospedaliere presenti
nell’ambito territoriale delle ASL, con segnalazione dei dati ottenuti ai relativi Centri regionali
trapiantologici di riferimento.
33
A tal proposito, il decreto ministeriale 8 aprile 2000 ha stabilito che qualunque nota scritta
contenente nome, cognome, data di nascita e dichiarazione di volontà (positiva o negativa), data e
firma, deve essere considerata valida ai fini della dichiarazione.
34
Recentemente, con il decreto “mille proroghe”, si è prevista la possibilità di indicare in modo
facoltativo sulla carta d’identità il si o no alla donazione.
19
modificare la propria dichiarazione in qualsiasi momento e sarà ritenuta valida
sempre l’ultima, purchè resa secondo le modalità precedentemente riportate.
Se invece il cittadino non ha espresso la propria volontà, la legge
prevede che i familiari (coniuge non separato, convivente more uxorio, figli
maggiorenni e genitori) abbiano la possibilità di opporsi al prelievo di organi
durante il periodo di accertamento della morte35. Questa disciplina, ancora in
vigore, sebbene prevista solo come fase transitoria dall’art. 23 della legge n.
91/99, conferisce la possibilità e non l’obbligo ai cittadini di esprimere la propria
volontà36. Per i minorenni ogni decisione spetta ai genitori, ma il prelievo a scopo
di trapianto non può essere effettuato se uno dei due genitori è contrario.
Ai fini dell’autorizzazione alla donazione si richiedono le condizioni già
previste dall’art. 2 della l. 26.06.1967 n. 458: la maggiore età, le integre capacità
psichiche, la conoscenza dei limiti terapeutici del trapianto e la consapevolezza
delle conseguenze personali che possono ricadere sul donatore. La gratuità della
donazione resta un atto libero, non sottoposto a condizioni, e “non fa insorgere
diritti di sorta del donatore nei confronti del ricevente”.
35
La legge 29 dicembre 1993, n. 578 “Norme per l’accertamento e la certificazione della morte”
stabilisce che la morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello.
Questa condizione può presentarsi a seguito di un arresto della circolazione sanguigna con
elettrocardiogramma piatto per non meno di venti minuti, in presenza di accurati accertamenti
clinico-strumentali che stabiliscano la contemporanea presenza delle seguenti condizioni: stato di
incoscienza, assenza di riflessi del tronco encefalico, assenza di respiro spontaneo, silenzio
elettrico cerebrale. Successivamente, l’art . 4 del decreto ministeriale 22 agosto 1994, n. 582, ha
sancito che, per tutti ed indipendentemente dalla possibilità del prelievo di organi a fini di
trapianto, la durata dell’osservazione ai fini dell’accertamento della morte deve essere non
inferiore a : a) sei ore per gli adulti ed i bambini di età superiore ai cinque anni; b) dodici ore per i
bambini di età compresa tra uno e cinque anni; c) ventiquattro ore nei bambini di età inferiore ad
un anno.
36
In tal senso cfr. anche il DM Sanità dell’8 aprile 2000 n. 89, che prevede non il silenzio
assenso, ma il consenso o dissenso esplicito.
20
Rimane comunque il fatto che la stessa legge n. 91/99 – all’art. 5 dispone che il Ministro della Sanità con proprio decreto stabilisca, tra l'altro,
termini e modalità per notificare ai cittadini la necessità di dichiarare la propria
volontà in ordine alla donazione di tessuti e organi; accertare l'esecuzione della
notifica; consentire al cittadino di esprimere la propria volontà; sollecitare i
soggetti che non l'abbiano espressa; consentire successivamente al cittadino di
modificare la dichiarazione resa. Pertanto, la legge da un lato “invita” i cittadini a
comunicare la loro disponibilità a donare gli organi; dall'altro rende donatori “per
decreto” coloro che non ottemperano all'invito. Mentre per un verso, la legge
stabilisce il rispetto dei criteri di trasparenza e di pari opportunità tra i cittadini,
prevedendo che i criteri di accesso alle liste di attesa siano determinati da
parametri clinici e immunologici, dall'altro la legge stessa non garantisce
sufficientemente l'autonomia dell'individuo poichè prevede il ricorso ad un
assenso presunto all'espianto, in contrasto con la necessità di ricevere
un’accettazione o un diniego espliciti all’effettuazione di una donazione di
organi37. L’applicazione compiuta della norma sul silenzio-assenso dovrebbe
presupporre una giusta opera di informazione sul tema38. D’altronde, il consenso
informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario,
rappresentando una forma di rispetto per la libertà dell’individuo ed un mezzo per
37
Il sito ufficiale del Centro Nazionale Trapianti, per tramite del sistema informativo, ha reso noti
i dati relativi alle dichiarazioni di volontà registrate a tutt’oggi (febbraio 2010) in Italia; nel
dettaglio, l’88,11% dei dichiaranti (pari a 94.744 individui) ha dichiarato una volontà favorevole
alla donazione, mentre il rimanente 11,89% (pari a 12.780 individui) ha espresso una
dichiarazione negativa e contraria.
38
E’ possibile invece che il cittadino per semplice disinteresse o fastidio burocratico non si
pronunci sulla richiesta di donazione e che venga inserito tuttavia automaticamente nell’elenco dei
“donatori”.
21
il perseguimento dei suoi migliori interessi. Tale principio, del resto, trova pieno
riscontro in norme costituzionali: nell’art. 2, che tutela e promuove i diritti
fondamentali della persona umana, della sua identità e dignità; nell’art. 13, che
proclama l’inviolabilità della libertà personale, nella quale “è postulata la sfera di
esplicazione del potere della persona di disporre del proprio corpo”39; nell’art. 32,
che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo, oltre che come
interesse della collettività e prevede la possibilità di trattamenti sanitari
obbligatori, comunque limitati al necessario rispetto della persona umana.
Ancora, il principio del consenso informato è sancito dalla legge istitutiva del
Sistema Sanitario Nazionale (legge 23 dicembre 1978 n. 833) e trova inoltre
pieno riconoscimento nella Convenzione del Consiglio d’Europa sui diritti
dell’uomo e sulla biomedicina (Oviedo, 4 aprile 1997), che sebbene non sia stata
a tutt’oggi ratificata dallo Stato italiano, dopo la legge di autorizzazione alla
ratifica 28 marzo 2001, n. 14540, può e deve essere utilizzata nell’interpretazione
di norme interne al fine di dare a queste una lettura il più possibile ad essa
conforme. Del resto, la Corte Costituzionale41 ha implicitamente confermato che i
principi da essa posti fanno già oggi parte del sistema e che da essi non si può
prescindere. Dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che il
trattato di Lisbona ha reso vincolante per gli Stati membri, discende che il
consenso informato rileva, non soltanto sotto il profilo della liceità del
39
Corte Cost. sentenza n. 471 del 1990.
G.U. n. 95 del 24 aprile 2001.
41
Nell’ammettere le richieste di referendum su alcune norme della legge 19 febbraio 2004, n. 40,
concernente la procreazione medicalmente assistita, si è precisato (sentenze n. 46, 47, 48 e 49 del
2005) che l’eventuale vuoto conseguente al referendum non si sarebbe posto in alcun modo in
contrasto con i principi posti dalla Convenzione di Oviedo.
40
22
trattamento, ma come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino
europeo, afferente al più generale diritto all’integrità della persona42.
7.
Conclusioni
Appare di tutta evidenza che il trapianto di organi è il risultato di un
complesso percorso che inizia con l’individuazione del potenziale donatore e si
conclude con l’atto operatorio del prelievo. E’ necessario quindi un modello
organizzativo efficiente e l’adozione di procedure codificate che possano
assicurarne il normale svolgimento. In Italia la rete che coordina le attività di
prelievo e di trapianto d’organo prevede un percorso di integrazione a vari livelli:
locale, regionale, interregionale e nazionale. Se da un lato la diffusione della
cultura e della pratica dei trapianti ha previsto la necessità di una sempre migliore
organizzazione delle strutture sanitarie, dove la domanda continua a crescere in
maniera costante e per la quale è indispensabile adeguare la quantità delle
prestazioni e della loro diffusione territoriale, dall’altro l’ambito nazionale tende
ad essere superato. Invero anche l’Unione Europea, con una specifica direttiva43,
ha definito gli ambiti di applicazione e gli obblighi delle Autorità degli Stati
membri
in
tema
di
vigilanza
sull’approvvigionamento
dei
tessuti,
sull’accreditamento delle strutture designate a svolgere attività trapiantologica,
42
Capo I, dignità; art. 3, Diritto all’integrità della persona. Il principio del consenso informato è
ben saldamente rappresentato nella giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione: sentenze
III Sez. Civile 25 gennaio 1994, n. 10014 , 15 gennaio 1997 , n. 364 e 14 marzo 2006, n. 5444;
sentenza IV Sez. Penale 11 luglio 2001 – 3 ottobre 2001, I Sez. Penale 29 maggio 2002 – 11
luglio 2002.
43
La Direttiva 2004/23/CE del 31 marzo 2004 è intervenuta sulla “definizione di norme di qualità
e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo,la lavorazione, la
conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani”.
23
sulle ispezioni e le misure di controllo, sulla rintracciabilità e la registrazione dei
tessuti, sulla protezione dei dati e la riservatezza per donatore e ricevente, sulle
sanzioni da comminare in casi di violazione delle disposizioni. L’art. 31 di tale
direttiva comunitaria ne disponeva il recepimento ad opera degli Stati membri
entro il termine del 7 aprile 2006. Il 17 aprile 2007 la Commissione Europea ha
inviato una lettera di messa in mora all'Italia per non avere provveduto alla
trasposizione nel diritto interno della direttiva 2004/23. Infatti nel nostro Paese,
l’iter corrispondente a tale recepimento è cominciato solo il 27 luglio 2007; il
testo del decreto legislativo per l’attuazione della direttiva 2004/23/CE avrebbe
dovuto essere redatto su proposta del Ministro delle Politiche Comunitarie, o su
proposta della Presidenza del Consiglio o del Ministro con competenza
istituzionale prevalente per la materia – dunque del Ministro della Salute – in
accordo con i Ministri degli Affari Esteri, della Giustizia, dell’Economia e delle
Finanze e per gli Affari Regionali e le Autonomie Locali. La posizione del
Ministro della Salute è apparsa però subito diversa da quella del Ministro delle
Politiche Comunitarie, specie in relazione alla possibilità di istituire banche
private per la conservazione dei tessuti e delle cellule umane. Il testo del decreto
legislativo redatto dall’ufficio legislativo del Ministero della Salute ha proposto
una definizione restrittiva di “Istituto dei tessuti” limitandone la tipologia, in
forza della legge 1° aprile 1999 n. 91, o ad un’unità di un ospedale pubblico, o ad
un settore di un servizio trasfusionale come già previsto dal decreto legislativo 19
agosto 2005, n. 191, o ad una struttura sanitaria senza fini di lucro, in cui si
effettuano attività di lavorazione, conservazione, stoccaggio o distribuzione di
24
cellule e tessuti umani, o ad una struttura sanitaria autorizzata ai sensi della legge
19 febbraio 2004, n. 40, per le attività compatibili con la legge medesima. Le
indicazioni per l’autorizzazione e le linee guida per l’accreditamento di tali
Istituti sono emanate dal Centro Nazionale Trapianti, dal Centro Nazionale
Sangue e dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province
autonome, per le rispettive competenze. L’iter si è concluso faticosamente con il
decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 19144 ma, in realtà, si è ancora in attesa di
una serie di decreti applicativi45. Vi è infine, nel decreto legislativo n. 191/2007,
uno spazio applicativo concernente la cosiddetta “clausola di cedevolezza46: lo
Stato, interlocutore primario dell’Unione Europea e degli altri Stati membri, è il
soggetto responsabile dell’adempimento degli obblighi derivanti dall’emanazione
delle direttive comunitarie; pertanto, ferme restando le competenze delle Regioni
e delle Province autonome, ad esso competono tutti gli strumenti idonei ad evitare
violazioni di norme comunitarie47. Nel caso della disciplina dei trapianti, lo Stato
dunque è tenuto ad intervenire, con potere sostitutivo e cedevole in via
preventiva, su ambiti di competenza legislativa delle Regioni e delle Province
44
G.U. n. 261 del 9 novembre 2007 – suppl. ordinario n. 228.
Cfr. in proposito il Capo VI, art. 28 del d.lgs. 6 novembre 2007 n. 191, pubblicato in G.U. n.
261 del 9 novembre 2007 – suppl. ord. n. 228, in cui vengono appositamente previsti altri appositi
decreti del Ministero della Salute circa il recepimento di specifiche disposizioni inerenti le
seguenti materie: a) requisiti per l’autorizzazione e l’accreditamento degli istituti dei tessuti; b)
requisiti per l’approvvigionamento di tessuti e cellule umani; c) sistema di qualità, compresa la
formazione; d) criteri di selezione dei donatori di tessuti e/o cellule; e) esami di laboratorio
richiesti per i donatori; f) procedure per l’approvvigionamento di cellule e/o tessuti e ricevimento
all’istituto dei tessuti; g) requisiti per i procedimenti di tessuti e cellule; h) lavorazione, stoccaggio
e distribuzione di tessuti e cellule; i) requisiti per la distribuzione diretta al ricevente di tessuti e
cellule specifici.
46
Sul tema della cedevolezza e le sue residue applicazioni dopo la riforma del Titolo V della parte
seconda della Costituzione, M. SANTINI, in Federalismi.it n. 10/2003, pag. 8-11.
47
Cfr. Corte Cost., sentenze n. 126/66 e n. 425/99, ed anche Cons. Stato, adunanza generale del
25 febbraio 2002; infine sugli obblighi derivanti dagli artt. 11 e 117 Cost., C. PINOTTI Gli
interessi pubblici nazionali in ambito comunitario – Convegno di Matera del 12 aprile 2002 su:
“L’innovazione istituzionale: grandi disegni o vere riforme?”.
45
25
autonome pur con il contemperamento della clausola dell’entrata in vigore della
disposizione suppletiva statale soltanto al momento della scadenza del termine
per il recepimento dell’obbligo comunitario48.
Occorre ricordare come la risoluzione del Parlamento Europeo del 22
aprile 200849 sottolinei, con preoccupazione, che il traffico di organi50, la
commercializzazione51 ed il “turismo dei trapianti”52 siano in rapido sviluppo,
determinando una sottovalutazione delle questioni di sicurezza quando il
trapianto di organi praticato assume un carattere commercialmente illecito e
48
Vedasi in proposito il citato autorevole parere Cons. Stato (adunanza generale del 25 febbraio
2002) per il quale l’attuazione delle direttive comunitarie compete in prima istanza alle Regioni,
ma qualora esse siano inadempienti, interviene lo Stato in via sostitutiva; trattasi, in ogni caso di
norme cedevoli, destinate a perdere progressivamente efficacia in relazione all’avvenuta concreta
attuazione degli obblighi comunitari ad opera delle stesse Regioni ancora inadempienti.
49
La risoluzione ha le sue premesse in una serie di direttive del Parlamento Europeo e del
Consiglio e segnatamente: la dir. 2004/23/CE in G.U. L102 del 7.4.2004, pag. 48; la dir. 95/46/CE
in G.U. L281 del 23.11.1995, pag. 31; la dir. 2002/58/CE in G.U. L201 del 31.7.2002, pag. 37; la
dir. 2001/20/CE in G.U. L121 del’1.5.2001, pag. 34. Nella massima considerazione sono state
altresì tenute la “Guida alla sicurezza e alla garanzia della qualità degli organi, dei tessuti e delle
cellule” nell’edizione del 2007, nonché il documento del 13 settembre 2007 facente seguito alla
prima riunione a livello comunitario di esperti nazionali in materia di donazione e di trapianto di
organi (SANCO C6 EFZ/gsc D, 360346, 2007).
50
Per traffico di organi si intende il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’occultamento o la
ricezione di persone viventi o decedute o dei loro organi attraverso la minaccia, l’uso della forza o
di altre forme di coercizione oppure mediante il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o
lo sfruttamento di una posizione di vulnerabilità. Si intende altresì l’offerta, o la ricezione di
pagamenti o benefici da parte di terzi per ottenere il trasferimento del controllo sul potenziale
donatore, al fine di sfruttamento mediante il prelievo di organi per il trapianto. Nella risoluzione
22 aprile 2008 [2007/2210 (INI)] si esortano gli Stati membri dell’UE a modificare, ove
necessario, i rispettivi codici penali per far sì che i responsabili del traffico di organi siano
adeguatamente perseguiti prevedendo sanzioni per il personale medico coinvolto nel trapianto di
organi ottenuti dal traffico illecito, compiendo al contempo ogni sforzo per scoraggiare i
potenziali riceventi dal cercare organi e tessuti che siano stati oggetto di tale traffico.
51
Il commercio dei trapianti è una politica o una prassi in cui l’organo è trattato come merce, tale
da essere acquistata o venduta o utilizzata per ottenere un guadagno materiale.
52
Tale opinabile e piuttosto macabra definizione impone l’elaborazione di orientamenti volti a
proteggere i donatori più poveri e vulnerabili contro il rischio di essere vittime del traffico di
organi nonché l’adozione di misure che accrescano la disponibilità di organi ottenuti in modo
legale e mediante lo scambio di registrazioni di liste di attesa fra le organizzazioni per lo scambio
di organi per evitare iscrizioni multiple nelle liste. In definitiva, il viaggio ai fini di un trapianto è
il movimento di organi, donatori, riceventi o di personale specializzato per il trapianto attraverso i
confini giurisdizionali a fini di trapianto; il viaggio a fini di trapianto diventa turismo del trapianto
se coinvolge il traffico di organi e/o il loro commercio o se le risorse (organi, professionisti e
centri di trapianto) dedicate a fornire trapianti per i pazienti di un paese al di fuori del proprio
compromettono la capacità di uno Stato di fornire servizi di trapianto alla propria popolazione.
26
mette in pericolo la vita del donatore e del ricevente. D’altronde va ribadito che il
traffico di organi e tessuti rappresenta una forma di traffico di esseri umani, con
gravi violazioni dei diritti umani fondamentali, che può determinare al contempo
un’accresciuta sfiducia da parte dei cittadini nel sistema dei trapianti legali, con la
conseguenza di un’ulteriore riduzione nell’offerta di organi e tessuti donati
volontariamente. Sulla base delle suddette considerazioni, si ravvisa la necessità
di uno strumento giuridico che individui le esigenze di qualità e sicurezza per la
donazione, il reperimento, il controllo, la conservazione, il trasporto e la
distribuzione attraverso l’Unione Europea di organi. Va da sé che tale strumento,
nell’adeguarsi ai progressi effettuati dalla scienza medica, dovrebbe tendere a
completare e rafforzare gli sforzi attuati dagli Stati membri per giungere ad
un’azione sempre più efficace di coordinamento. Rilevanti infatti, ancora oggi,
appaiono i divari tra gli Stati membri quanto alle esigenze di qualità e di
sicurezza, dei vari approcci organizzativi alla donazione ed al trapianto di
organi53, con altrettanto vistose differenze nell’istruzione e nella formazione di
professionisti medici e paramedici. I succitati divari possono in parte essere
spiegati
dalle peculiarità nazionali
circa
fattori
economici,
strutturali,
amministrativi, culturali, etico-religiosi, storici e giuridico-sociali, sebbene il
fattore cruciale rimanga il modo in cui si è andato organizzando l’intero processo
che porta alla donazione ed al trapianto.
53
Tra le esperienze esistenti, il modello spagnolo, il progetto belga GIFT, DOPKI e l’alleanza per
la donazione di organi ed il trapianto (Alliance-O) hanno conseguito risultati positivi. Inoltre,
sono già operative diverse organizzazioni europee per lo scambio di organi
(Scandinaviatransplant, Eurotransplant) cosicchè parecchi organi sono stati oggetto di scambio
tra gli Stati membri dell’UE.
27
Certamente il traffico illegale di organi, trattandosi di un fenomeno
internazionale, dovrebbe essere disciplinato da norme internazionali anche se si
avverte una generale resistenza degli Stati ad assumere nuovi impegni vincolanti,
non potendosi trascurare che le norme internazionali debbano essere ratificate e
recepite negli ordinamenti interni.
L’incentivazione
della
donazione
altruistica
potrebbe
influire
positivamente sulla riduzione di taluni fenomeni ai limiti del traffico che
comunque richiederebbero maggiore vigilanza, soprattutto a livello internazionale
da parte di organizzazioni come l’UNICEF.
In Italia, nel corso dell’ultimo decennio, il sistema trapianti è certamente
cresciuto, specie se si considera l’incremento numerico degli interventi
corrispondenti54. Tuttavia se da un lato, nelle Unità Operative di Rianimazione, si
è assistito ad un incremento numerico degli accertamenti di morte cerebrale e
quindi di un maggior numero di segnalazioni per trapianto, dall’altro lato è
emerso il dato preoccupante delle opposizioni al prelievo, che registrano un
significativo incremento dell’11,2% dal 2005 al 200855. Le ragioni di queste
opposizioni possono poggiare su una crescente sfiducia nel sistema sanitario
nazionale e regionale in particolare, ma anche dal disorientamento e dalla
confusione determinati dalle difficoltà di coordinamento tra Centri regionali e
54
Si è passati dai 1.498 interventi del 1994 agli oltre 3.300 che il CNT ha effettuato nel 2009; in
particolare, le regioni più produttive sono state la Toscana, il Friuli-Venezia Giulia, le marche e la
provincia di Trento. Nonostante l’incremento registrato nel numero dei trapianti, il primato in
Europa e nel mondo nell’ambito dell’attività trapiantologica compete però alla Spagna con oltre
1600 donatori, 4000 interventi nel 2009 ed un tasso di 34,3 donatori per milione di abitanti.
55
Su tale fenomeno bimodale, vedasi E. ANTONIOTTI, Trapianti al palo in Il Bisturi – 11
maggio 2009, pag. 1-3. Inoltre va segnalato che, tra le regioni italiane, la Calabria detiene il tasso
più alto di opposizioni, probabilmente condizionato dall’atteggiamento ostile dei cittadini nei
confronti della sanità pubblica regionale, finita ripetutamente sui giornali per fatti di cronaca nera.
28
nazionali, specie all’apparire di procedure diverse e non omogenee. Tuttavia il
confronto frequente tra operatori di centri regionali ed interregionali ed il Centro
Nazionale, basato sempre sulla discussione di problemi comuni, ha portato
all’adozione di soluzioni condivise.
Di fronte alle necessità crescenti di organi disponibili a fine di trapianto,
gli operatori sanitari hanno cercato soluzioni alternative. Al di là del ricorso ad
organi artificiali ad uso temporaneo, una delle soluzioni identificate è quella di
ampliare i criteri per la selezione dei pazienti da cui prelevare gli organi. E’ stato
così avviato un protocollo che prevede donatori over 60 anni, divenuti in alcune
realtà territoriali il 50% dei donatori totali. La selezione di tali donatori anziani è
basata su biopsie che prevedono la valutazione della qualità degli organi di
pazienti in rianimazione. I dati attualmente disponibili dimostrano che la
sopravvivenza di chi riceve organi provenienti da tali donatori è uguale a quella
di chi viene trapiantato con organi di soggetti giovani. Un’altra strada, prevista
dalla legge italiana, è la donazione tra viventi, ammessa attualmente nei limiti
dell’eccezionalità. In questi casi, la donazione deve avvenire tra consanguinei ed
essere gratuita. Infatti, l’art. 1 della l. 26.06.1967 n. 458 (legge che regolamenta
la donazione di rene tra persone viventi) consente di ricorrere al trapianto da
donatore non consanguineo solo nei casi in cui il ricevente non abbia congiunti
consanguinei disponibili ed idonei. In Italia dal novembre 2006 è attivo il
protocollo per la realizzazione del trapianto di rene da vivente in modalità
incrociata (cross-over) predisposto dal CNT, secondo cui è consentita una
29
donazione incrociata tra coppie donatore-ricevente (consanguinei o emotivamente
legati) ma biologicamente ed immunologicamente incompatibili.
In tema di trapianto di rene si rileva che a tutt’oggi non è stato ancora
emanato il regolamento di esecuzione previsto (entro sei mesi dall’entrata in
vigore della legge!) dall’art. 8 della l. n.458/67.
Recentemente56 il Consiglio Superiore di Sanità ha dato il via libera alle
donazioni samaritane57 di organi, dando un parere sostanzialmente aderente a
quello già espresso dal Comitato di Bioetica58. Tale parere muove dalla
considerazione preliminare secondo cui “dal punto di vista medico, questo tipo di
donazione non comporta per il donatore rischi maggiori rispetto a quelli che si
corrono nelle procedure di prelievo di rene da donatori viventi consanguinei o
affettivamente legati” e stabilisce che, per i primi dieci casi, la donazione
“samaritana” dovrà rientrare in un programma nazionale, la cui gestione è
affidata al CNT, che riferirà annualmente al Consiglio sull’andamento delle
procedure. Il programma deve inserire prioritariamente il donatore samaritano nel
programma di trapianti con modalità cross-over e qualora non fosse possibile
procedere in questo senso tenere conto della provenienza regionale del donatore.
E’ altresì necessario svolgere un’attenta valutazione psichiatrica e psicologica dei
donatori e del loro nucleo familiare nonché una valutazione clinica per verificare
56
C.S.S. Seduta del 4 maggio 2010, sessione XLVII.
Il “donatore samaritano” è un donatore che, per spirito di liberalità, offre gratuitamente un
proprio organo in mancanza del ricevente identificato alla collettività. L’organo reso disponibile
dal samaritano viene trapiantato ad un ricevente in lista di attesa scelto secondo criteri
predeterminati. Negli anni scorsi l’offerta di donatori samaritani non ha trovato nessuna
concretizzazione. Nei primi mesi del 2010 l’offerta di tre samaritani, senza alcuna relazione fra
loro, ha determinato nell’opinione pubblica un significativo interesse. In ambito internazionale,
questo tipo di donazione è ammessa negli Stati Uniti, in Olanda ed in alcuni paesi scandinavi.
58
Parere espresso dal CNB il 23 aprile 2010.
57
30
l’idoneità fisica degli stessi. Deve essere assicurato il rispetto dell’anonimato del
donatore e del ricevente ed il loro follow up. Il via alle donazioni samaritane
arriva nel momento in cui si registra nei primi mesi dell’anno un calo delle
donazioni tradizionali da cadavere a cuore battente59.
Attualmente in dottrina si dibatte sulla necessità di conciliare l’interesse
collettivo del progresso della scienza medica con quello dei diritti intangibili della
persona umana. Conseguentemente, il carattere terapeutico o meramente
sperimentale dei diversi tipi di trapianto va deciso con un ”metro umano” che
tenga conto di tutti gli effetti e le implicazioni, anche di ordine psicologico, del
trapianto, considerata l’inscindibile unità psico-fisica dell’individuo.
59
I donatori di organi sono diminuiti in Italia da 35 per milione di abitanti nel 2005 ai 20 per
milione di abitanti nel 2010. I recenti dati del Ministero (Maggio 2010) documentano un calo del
9% delle donazioni rispetto allo stesso periodo del 2009, con situazioni preoccupanti in Umbria,
Basilicata, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna. Alla luce di ciò, il 27 Luglio 2010 la
Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario
Nazionale ha approvato l’avvio di un’indagine sull’effettiva equità di trattamento e sulla tutela
della salute dei pazienti in tutte le regioni, prospettando un monitoraggio delle migrazioni
sanitarie per trapianti che risultano in continuo aumento.
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