studiorum et fidei

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STUDIORUM ET FIDEI
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Direttore
Antonio F
Istituto Superiore di Scienze Religiose “Mons. Vincenzo Zoccali”
di Reggio Calabria
Comitato scientifico
Annarita F
Istituto Superiore di Scienze Religiose
“Mons. Vincenzo Zoccali” di Reggio Calabria
Pasquale M
Istituto Superiore di Scienze Religiose
“Mons. Vincenzo Zoccali” di Reggio Calabria
Mario P
Pontificia Università Gregoriana di Roma
STUDIORUM ET FIDEI
In un momento di grandi mutamenti a livello globale, le tematiche
religiose tornano al centro del dibattito: confrontarsi con il dato religioso è un passaggio irrinunciabile per comprendere e agire le sfide
della contemporaneità. La collana “Studiorum et fidei”, promossa
dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Reggio Calabria, si inserisce nel dibattito tra le scienze religiose e le scienze umane per
favorire il dialogo con la cultura contemporanea.
Mariangela Monaca
Ugo Bianchi e la Storia delle religioni
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 
A Giulia e Valeria
Lo storico delle religioni è uno specialista che,
armato delle armi della ricerca storica,
è capace di affrontare il suo oggetto,
le religioni e la religione
storicamente indagate in tutte le loro pieghe,
aspetti, contenuti, senza amputazioni
senza riduzioni operate a priori
senza ermeneutiche
che vogliano dimostrare quello
che in realtà si dà già per dimostrato.
Nessuno di noi è profeta, né monopolista di metodi;
ma è anche vero che nessuna tradizione di studi
si salva per necessità intrinseca,
perché le idee camminano,
ben fu detto,
nelle scarpe degli uomini.
E le scarpe
camminano su strade,
e queste son fatte
per prolungarsi
e aprire l’accesso al nuovo,
ma senza con questo
perdere la continuità
con ciò che è dietro le spalle
di chi cammina
e che dà un senso
al suo cammino.
Noi siamo fiduciosi…
Ugo Bianchi, 1979
Indice
1. LE COORDINATE DEL DIBATTITO
1. Riflessioni preliminari
2. Raffaele Pettazzoni e la Storia delle religioni in Italia
2. UGO BIANCHI: «una vita per la Storia delle religioni»
1. Ugo Bianchi: la vita.
2. Ugo Bianchi: gli scritti
13
30
43
43
50
3. QUESTIONI DI METODO
77
1. Sul quid religioso ed i Problemi nell’osservazione obiettiva dei fatti
2. Tra storia e fenomenologia, Pettazzoni e Bianchi
3. La comparazione ed i tre principi metodologici bianchiani
4. Come «nasce» una tipologia.
4. RICORDI
77
86
100
110
137
1. Giovanni Casadio, Università degli studi di Salerno
2. Maria Vittoria Cerutti, Università Cattolica Sacro Cuore di Milano
3. Giulia Sfameni Gasparro, Università degli studi di Messina
4. Concetta Giuffré Scibona, Università degli studi di Messina
5. Angela Maria Mazzanti, Università Alma Mater Studiorum di Bologna
6. Panayotis Pachis, Università Aristotele di Salonicco (Grecia)
APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI
13
11
137
146
150
157
163
164
173
1
Le coordinate del dibattito
1. Riflessioni preliminari
Nel settembre del 2009 si è svolta a Messina la IX Conferenza Annuale della European Association for the Study of Religion (EASR), dal
titolo programmatico “La religione nella storia della cultura europea”1.
Fortemente voluta ed organizzata da Giulia Sfameni Gasparro, a nome
della Società Italiana di Storia delle Religioni (SISR)2, la Conferenza
ha riunito nella città siciliana oltre trecento studiosi di tutto il mondo,
pronti a confrontarsi su un tema complesso e quanto mai attuale, il
«ruolo esercitato dal fenomeno religioso nella lunga e diversificata
storia culturale europea»3 allo scopo di delineare «l’apporto specifico
recato alla formazione e agli sviluppi della disciplina storico-religiosa
dalla sua «identità europea», in quanto frutto – nella metodologia
comparativa e nella definizione dell’oggetto «religione» – della rifles1 La Conferenza, per l’accordo con il Comitato Direttivo della International Association for the History of Religions (IAHR) si configurava anche come una IAHR
Special Conference.
2 Giulia Sfameni Gasparro, Ordinario di Storia delle religioni presso l’Ateneo
messinese fino al novembre 2011, già Vicepresidente della SISR e Presidente della
EASR dal 2000 al 2007, è oggi Presidente della Società Italiana di Storia delle Religioni.
3 Sfameni Gasparro 2010. Il presente volume trae la sua origine dai lavori di
quelle giornate (per una cronaca si rimanda a Monaca 2010a). La partecipazione alla
Conferenza come membro del Comitato Organizzativo e alla redazione degli Atti
come curatore ha, infatti, suscitato l’interesse verso questa ricerca (cfr. Monaca
2012b).
13
14
Capitolo I
sione scientifica sorta e sviluppata nell’ambito della cultura europea, a
partire dal XVII sec., con antecedenti significativi nei secoli precedenti e già nel mondo greco- romano».
Il dibattito di quelle giornate ha permesso, inoltre, agli studiosi intervenuti di conoscere –potremmo dire- la «specificità italiana» della disciplina: ricorrendo, in quel 2009, il cinquantenario della morte di
Raffaele Pettazzoni, «padre» degli studi storico-religiosi italiani, fondatore della SISR, co-fondatore e Presidente della IAHR, alcune Sezioni sono state dedicate all’analisi della sua figura, come studioso e
come Maestro, ed all’esame critico del metodo da lui prescelto per lo
studio dei fenomeni religiosi.
L’incontro del 2009 ha dunque posto l’accento (di nuovo ed anche in
maniera nuova) su un tema caro allo scenario scientifico internazionale, in particolare dalla metà dello scorso secolo, ovvero quello inerente allo statuto della disciplina, al suo oggetto ed ai metodi per indagarlo.
Tale tema era, ad esempio, stato protagonista, nel 1973, della Conferenza Internazionale della IAHR svoltasi a Turku in Finlandia dal 27
al 31 agosto, dal titolo (anch’esso programmatico) di “Methodology
of the Science of Religion”.
Già allora, presupposta l’unicità dell’oggetto, si era tentato di creare
un momento fruttuoso di incontro e confronto tra gli esponenti delle
diverse metodologie, e si era cercato di porre un argine all’assenza di
un comune punto di partenza nell’approccio ai fenomeni dovuta alla
molteplicità degli orientamenti in uso (storico, fenomenologico, filologico, psicologico, sociologico, antropologico e etnologico):
«In choosing ‘Methodology of the Science of Religion’ as the theme of the
conference we were conscious of the fact that research into religions has
undergone marked division into diverging schools, partly on the basis of
methodology, and partly by language and culture area. In practice it is extremely rare for these schools to encounter each other face to face. The absence of a common body of theory has allowed students of religion to pursue their research under a variety of orientations, e.g. historical, phenomenological, philological, psycological, sociological, anthropological, and
ethnological, without any very concrete need to maintain contact or the
cooperate with each other. The fact that the comparative religion is variously located within faculties of humanities, theology or social sciences,
on the one hand, and the continuity of national or culture-area schools of
Le coordinate del dibattito
15
research, on the other, have both contributed to the emergence of widely
contrasting research environments. In these environments the nature and
development of comparative religion has been far more powerfully influenced by locally defined objectives for teaching and research than has generally been openly admitted»4.
Esponenti dei diversi approcci metodologici avevano dunque scelto
quella occasione come utile momento di comprensione delle diverse
metodologie in uso (allora come oggi) nei paesi membri
dell’International Association of the History of Religions.
Veniva così avviato quell’incontro auspicato face to face e venivano
affrontate – proprio attraverso lo strumento del dibattito- alcune tematiche centrali per la ricerca; tra esse tre in particolare costituivano
l’oggetto della Seconda Sezione dei lavori dal titolo “The Future of
the Phenomenology of Religion”:
1) Evaluation of Previous Methods, in cui -attraverso gli interventi di
H. Biezais e C. Colpe- si proponeva una riflessione rispettivamente
sulla tipologia della religione e sui presupposti epistemologici e concettuali dei religious studies;
2) Religio-ecological Approach, in cui A. Hultkrantz e S. Bjerke proponevano alcune osservazioni sul binomio ‘ecologia’ – ‘religione’ e
sulle relative implicazioni metodologiche5;
4 Honko 1979, XVI ss. Si vedano sul tema anche il volume Bianchi 1994, gli interventi raccolti nel numero 48 della rivista Numen del 2001 e le osservazioni in
Sfameni Gasparro 2011, 10 ss. Per un quadro complessivo si rimanda ai volumi: Filoramo 2004, Ries 2008 e 2009.
5 Così Hultkrantz (1995) spiega il rapporto tra ecologia e religione: «Il concetto
di ecologia fu applicato allo studio della religione a partire dagli anni ’60. La parola
ecologia è stata utilizzata per indicare lo studio biologico dell’interdipendenza tra
organismo e ambiente naturale. […] In riferimento agli studi religiosi, l’ecologia
entra come concetto centrale in due principali maniere: nel movimento per la conservazione della natura, il cosiddetto conservazionismo ecologico religioso; e come
prospettiva e come metodo nello studio della religione, o ecologia della religione.
[…] L’ecologia della religione è l’esame del rapporto che intercorre tra religione e
natura, condotto attraverso le discipline degli studi religiosi, della storia delle religioni e dell’antropologia della religione. […] Dal punto di vista formale ogni religione fa parte della cultura alla quale appartiene e perciò è soggetta agli approcci
metodologici che caratterizzano in generale la ricerca culturale, tra cui l’approccio
ecologico. […] L’ecologia della religione non può sostituire la storia delle religioni
nel discernere il contenuto religioso, la formazione delle credenze religiose, lo svi-
16
Capitolo I
3) Religio-anthropological Approach, in cui –attraverso gli interventi
di U. Bianchi e M.E. Spiro- venivano rintracciati i rapporti reciproci
tra la Storia delle religioni e l’antropologia religiosa6. Il Bianchi,
prendendo spunto dai problemi connessi alla definizione di religione,
aveva allora voluto sottolineare la “differenza” tra le due discipline,
ritenendo peculiare prerogativa della prima una definizione di religione “costitutivamente in fieri” 7.
Intervenendo al dibattito scaturito dalla relazione di H. Biezais, Eric J.
Sharpe8 si era soffermato sul valore della continuità, affermando come
gli studiosi appartenenti alle diverse correnti metodologiche dovesserero recuperare la capacità di acquisire senza pregiudiziali chiusure
quei dati che -offerti dalle indagini anteriormente condotte- si dimostrassero adeguati e non erronei e comunque utili alla ricerca scientifica. Egli, inoltre, ribadiva il valore della denominazione comparative
luppo dei miti e dei riti individuali. Soltanto l’organizzazione degli elementi religiosi e la struttura della religione e dei suoi contenuti sono suscettibili di una trattazione
ecologica, ed è in questi campi che l’ecologia della religione può raggiungere i migliori risultati. […] Essa pone in evidenzia il ruolo creativo dell’adattamento ambientale, per lungo tempo trascurato negli studi religiosi, ed allo stesso tempo essa
completa ma non sostituisce lo studio storico e quello fenomenologico della religione. In particolare essa aiuta a comprendere alcune forme fondamentali di religione
che si possono incontrare nelle culture primitive o primarie. […] Gli studi ecologici
comparati. Ciascuna religione analizzata ecologicamente è la manifestazione di un
particolare “tipo di religione” ecologico e interculturale. Il tipo di religione è determinato dagli aspetti religiosi che figurano nell’integrazione ecologica primaria e che
sono presenti ovunque noi troviamo gli stessi livelli di integrazione economica, tecnologica o sociale». Sull’approccio ecologico allo studio della religione oggi si vedano i contributi pubblicati sui diversi numeri della rivista WorldViews. Global Religions, Culture, Ecology (editor: C.K. Chapple, Los Angeles - W. Bauman, Miami;
pub. Brill), «an international academic journal – si legge in copertina- that studies
the relationships between religion, culture, and ecology worldviews. The journal addresses how cultural and ecological developments influence the world’s major religions, giving rise to new forms of religious expression, and how in turn religious
belief and cultural background can influence people’s attitudes towards ecology».
Sulle prospettive metodologiche di Hultkrantz si veda Ries 2008, 42 ss.
6 Sul metodo dell’antropologia religiosa si vedano Meslin 1998 e i diversi volumi del Trattato di antropologia del sacro di J. Ries (1989-1995).
7 Bianchi 1979b.
8 In Honko 1979, 204-212.
Le coordinate del dibattito
17
religion ritenendola sostanzialmente equivalente alle altre designazioni proposte, quali History of Religions, Religionswissenschaft, Religious studies, Scienza della/e religione/i.
Si trattava non certo di operare una mera scelta nominalistica, ma di
entrare nel merito della definizione di un metodo d’indagine, poiché
ciascuna di queste denominazioni non si proponeva (e non si propone)
come equivalente alle altre, ma esprimeva una diversa modalità di intendere la disciplina, il suo oggetto ed il suo metodo.
Coniata verso verso la fine del XIX sec. ed utilizzata quale sinonimo
di Scienza della religione, Sciences religieuses, Religionswissenschaft, l’espressione comparative religion implicava il riferimento ad
un metodo fondato sulla comparazione dei «dati forniti dalle religioni
dell’umanità, del passato come del presente»9 e contemplava uno studio critico della religione, libero da ipoteche teologiche, favorito dalla
scoperta di nuovi mondi religiosi, di nuove culture, ancora primitive,
di nuovi linguaggi, e dal modificarsi di un clima culturale ad opera
della teoria evoluzionistica di Spencer e Darwin. Gli studi antropologici e i presupposti evoluzionistici di quegli anni suscitarono negli
studiosi il bisogno di rispondere all’interrogativo: qual è l’origine della religione? La risposta poteva essere trovata indagando le “civiltà
primitive”, ancora ferme ad una fase “infantile” di sviluppo, per ricercarvi le “forme elementari” di religione da comparare con le “forme
alte” delle culture superiori (secondo la teoria propria
dell’evoluzionismo, per cui da forme più semplici si sarebbe giunti a
realtà più complesse). Una comparazione finalizzata, allora, a cercare
uniformità, a trovare un minimo comune denominatore all’origine della religione (quei germi semplici e primitivi ricercati da Cornelius Tiele10 nel 1876) come momento unitario dell’umanità, ed a sottolinearne
le linee omogenee (anche se varie sono le forme religiose) e gli stadi
successivi di uno sviluppo, dalle origini fino all’attualità. Veniva così
9
Si seguono le formulazioni proposte da Sharpe nei diversi contributi sul tema
(1971, 1973, 1975,1986) ed in particolare si rimanda a Sharpe 1995. Un’utile sintesi, da cui traggono spunto queste pagine, in Filoramo 2004, 45-50 e 127-133. Sul
problema della comparazione si leggano i volumi Boespflug-Dunand 1997 e Burger-Calame 2006.
10 Cfr. Ryba 2001, Bornet 2008.
18
Capitolo I
assegnato un “posto” ad ogni religione, inquadrata nel più ampio scenario di sviluppo dell’umanità, attraverso uno studio comparato che come affermava L.H. Jordan agli inizi del XX sec.- consisteva nel
porre a fianco le diverse religioni del mondo in modo tale da poter ottenere «comparandole e ponendole deliberatamente in contrasto, una
stima attendibile delle loro rispettive affermazioni e valori»11.
Diverse furono le teorie che nacquero dalla comparative religion, alcune animate da presupposti evoluzionistici (dall’animismo di E.B.
Tylor al manismo di H. Spencer) 12, dinamistici (dalla teoria sulla magia di J. Frazer alla lettura del ruolo sociale e collettivo del mana proposta da M. Mauss) 13, o linguistico-filologici (l’uso del criterio linguistico come strumento per classificare il mondo delle religioni in
Max Müller) 14; altre formulate in risposta e fondate su premesse antropologiche o sociologiche -tese ad individuare il ruolo che la religione aveva svolto e poteva continuare a svolgere all’interno della società civile, o a sottolinearne la dimensione essenzialmente emozionale ed individuale (E. Durkheim, M. Weber) 15- o fenomenologiche finalizzate all’individuazione e classificazione attraverso la comparazione di gruppi di manifestazioni religiose ricorrenti nella storia
dell’umanità (P.D. Chantepie de la Saussaye, G. Van der Leeuw) 16;
altre ancora che facevano della psiche umana il luogo delle emozioni
religiose, da studiare in modo quantitativo e statistico, o all’opposto
attraverso testimonianze individuali (E.D. Starbuck, W. James) 17.
Merito degli studiosi della comparative religion fu, soprattutto, quello
di riuscire ad ottenere per la disciplina un riconoscimento scientifico,
da cui scaturì l’istituzione delle prime cattedre universitarie, a Ginevra
(1873), in Olanda (1877), a Parigi (1886), a Manchester (1904), e in
ultimo in Germania (a Berlino nel 1910 ed a Leipzig nel 1912) dove
ottenne la denominazione di religionsgeschichte.
11
Jordan 1905, IX-XI.
Cfr. Filoramo 2004, 47-48.
13 Ibi, 49.
14 Margul 1984, Ducoeur 2009. Cfr. Ries 2008, 18 ss.
15 Filoramo 2004, 59-63.
16 Filoramo 2004, 66-67.
17 Filoramo 2004, 53-55.
12
Le coordinate del dibattito
19
Sorsero, inoltre le prime riviste per la diffusione della disciplina, tra le
quali, in Francia, la Revue de l’histoire des religions fondata nel
188018.
Dopo il primo conflitto mondiale, con la crisi dell’evoluzionismo, gli
indirizzi della scienza delle religioni si moltiplicarono e si fecondarono reciprocamente, originando nuove riflessioni metodologiche e una
conseguente pluralità di discipline dalle nuove nomenclature, discipline che, a scopo di sintesi, sono da Filoramo suddivise in tre grandi filoni19: il primo, storico-filologico, che, partendo dall’analisi delle fonti (letterarie, archeologiche e iconografiche), studia i fenomeni religiosi singolarmente e li considera nel loro divenire storico; il secondo,
comparativo, finalizzato a mettere in luce le permanenze e le strutture
dei fenomeni religiosi sottolineandone la specificità; il terzo, delle
scienze umane, teso a rintracciare le cause profonde delle credenze religiose in concetti non religiosi (quali l’inconscio, la società, la cultura).
Le vicende della seconda metà del XX sec. hanno visto via via prevalere l’una o l’altra opzione, all’insegna del pluralismo (dell’oggetto la/le religione/i- oltre che dei metodi per indagarlo) e di un nuovo storicismo teso a superare le dicotomie storia-scienze umane, dato storico-dato strutturale, aperto al confronto teorico e disciplinare.
Nel 2000, trent’anni dopo Turku -e dieci dopo l’incontro promosso da
Ugo Bianchi a Roma sulla nozione di religione20- gli studiosi intervenuti al XVIII Congesso della IAHR svoltosi a Durban in agosto21 (i
cui risultati sono stati in parte pubblicati sul numero 48.3/2001 della
rivista Numen22), hanno riaperto il dibattito sul tema antico e sempre
attuale dell’utilizzazione del metodo comparativo nella ricerca storico-religiosa, rivalutando la comparazione quale strumento interpretativo necessario ad operare un confronto tra quei fenomeni presenti
18
Una sintesi in Ries 2008, 123-146.
Filoramo 2004, 131 ss.
20 Bianchi 1994.
21 Un resoconto dei lavori in Hackett-Pye 2000.
22 Cfr. in Numen 48,3 i contributi di Jensen, Ryba, Saler, Segal (2001). Si veda
anche Smith 2001.
19
20
Capitolo I
nelle diverse tradizioni culturali ascrivibili nella categoria ampia e diversificata della “religione”.
In quell’occasione, J.S. Jensen23 proponeva come ineludibile il rapporto tra religione e comparazione, affermando che la conoscenza del
reale è possibile solo attraverso la comparazione, che inevitabilmente
implica l’uso di categorie generali, classificatorie, inizialmente convenzionalmente create e poi storicamente verificate, formulate attraverso la comprensione di somiglianze e differenze:
«It is obvious that whichever way one imagines religion and the study of it,
it will not be possible to do so without the activity of comparison, without
the evaluations of resemblances and differences without generalizations
and “even” without universals. The study of anything seems to suggest that
the more we know about the same things the more are we likely to be able
to disagree about them. In a clarifying perspective, one may compare the
conditions of the study of “religion” with those of the studies of other human activities such as cultures, languages, economics, and politicial system
– all in the plural and all somehow “just” generalized discursive formations
– but no less real for that (as can be witnessed not least by those who have
been the victims of the power and practices of dominant discursive formations)».
Di seguito, poi, Jensen affrontava il problema degli “universali” e del
loro ruolo nei comparative studies, e distingueva tra etic universals,
social universals, cognitive universals, considerando che
«we can say that without concepts and universals, there would be no paradigms and no science at all. Religions as “agencies”. Similar condition apply to religions […]. Religions are, besides whatever else they may be semantic networks and pre-eminently so in their pre-modern forms and functions. […] Religion, and culture, as “worlds” can be conceived as (also)
transcending the individual subject’s cognition and as “agencies” which set
rules for the ways in which individual and collective cognition are organized. If this is correct, it also supports the argument for “downward causation”, the idea that higher-order and more complex representations may regulate and govern the functions, mechanisms, etc. of lower-level entities
and their properties. […]24».
23
Jensen 2001, 248 ss. Si vedano le considerazioni in Sfameni Gasparro 2011,
18 ss.
24 Jensen 2001, 256-257. Si vedano a titolo di confronto i concetti bianchiani di
analogia e di tipologia storica e di universale storico o concreto, utili a valorizzare
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