COMUNICATO STAMPA
Epatite C, ancora tanti gli italiani colpiti, più
martoriato il Sud
Domani al Policlinico A. Gemelli il workshop WEF-E per affrontare i temi
sanitari ed economici per una gestione ottimale dell’emergenza da
epatite cronica da HCV.
Roma, 1 febbraio 2012 – Ancora tanti gli italiani colpiti da epatite cronica C
(HCV), dei quali solo una minima parte è al corrente di soffrirne ed in cura per
tenere a bada il virus: ad essere maggiormente colpito è il Sud Italia.
È la situazione al centro del Secondo Workshop Nazionale di Economia e
Farmaci in Epatologia (WEF-E) che si terrà domani, giovedì 2 febbraio, presso
l’Università Cattolica del Sacro Cuore-Policlinico A. Gemelli di Roma (Aula
Brasca, ore 8.30).
WEF-E nasce dall’idea dei due responsabili scientifici, Antonio Gasbarrini,
professore ordinario di Gastroenterologia e Americo Cicchetti, professore ordinario
di Organizzazione Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. WEF-E
ha il duplice scopo di analizzare per la prima volta, in una prospettiva
multidisciplinare e multistakeholder, tutte le implicazioni cliniche, economiche,
organizzative (per il SSN), sociali ed etiche delle malattie del fegato nel nostro
Paese, e di condividere con il mondo scientifico e quello dei decisori le linee di
indirizzo per conseguire un uso ottimale delle risorse disponibili. Questa iniziativa è
importante anche in previsione delle innovazioni terapeutiche che nel prossimo
futuro richiederanno costi aggiuntivi per il SSN. Il modello di lavoro segue il Core
Model dell’European network for Health Technology Assessment (EUnetHTA), e
analizza tutti gli aspetti legati alle tecnologie in Sanità (clinico, farmacoeconomico,
organizzativo, etico, sociale e legale).
WEF-E 2012 ha avuto il patrocinio di EpaC Onlus (associazione di pazienti
epatopatici), AISF (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato), SIFO (Società
Italiana di farmacia Ospedaliera), SIHTA (Società Italiana di Health Technology
Assessment), SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), SITI (Società
Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica).
Sarà presente all’evento, tra gli altri, il Senatore Antonio Tomassini,
Presidente della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato.
Epatiti, un nemico mondiale contro cui non bisogna mai abbassare la guardia
- Le epatiti virali sono annoverate fra le più importanti malattie infettive nel mondo, in
Europa e in Italia.
Condividono questo ruolo con le infezioni da HPV (papillomavirus), da HSV (Herpes
simplex) e altri virus erpetici (CMV, EBV) e da HIV. L’impatto in termini di sanità
pubblica si focalizza sull’epatite cronica attiva e sulle complicanze: scompenso
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epatico e cancro del fegato. Attualmente l’epatite C rappresenta la principale causa
di carcinoma e di trapianto di fegato.
Di qui l’importanza del corretto screening e del trattamento dell’epatite cronica. Il
virus dell’epatite C si differenzia per sensibilità di risposta al trattamento in genotipi
“facili” G2 e G3 e “difficili” G1 e G4 (sebbene quest’ultimo sia più raro nella nostra
area geografica).
In Europa circa 23 milioni di persone sono affette dai virus dell’epatite B o C. Si è
stimato che ogni anno 36.000 persone muoiano per malattia da HBV e 86.000 da
HCV, afferma il professor Nicola Caporaso, ordinario di gastroenterologia
presso l’Università Federico II di Napoli.
La situazione italiana non è delle più rosee - L’Italia è il Paese europeo con il
maggior numero di soggetti HCV positivi e detiene il triste primato di mortalità in
Europa per tumore primitivo del fegato. Si stima che la popolazione venuta a
contatto (positiva agli anticorpi anti-HCV) con il virus dell’epatite C sia circa il 3% del
totale e che i portatori cronici del virus siano dell’ordine di 1.600.000, afferma il
professor Caporaso, dei quali 330.000 con cirrosi. Il carico da pagare ogni anno in
termini di vite umane per le cirrosi da HBV o HCV e le sue complicanze è di circa
12.000 persone. “L’incidenza della infezione da HCV (cioè il numero di nuovi casi
ogni anno) è in diminuzione - prosegue il professore - ma in Italia abbiamo un
numero molto elevato di malati che deriva dalla coorte di soggetti che sono stati
infettati nei decenni scorsi quando non si conoscevano i meccanismi di trasmissione
e la circolazione del virus procedeva indisturbata”.
Le infezioni sono più frequenti aumentano al Sud - Le infezioni da virus epatitici
sono molto più frequenti nelle regioni del Sud Italia. Attualmente nuove infezioni da
HBV sono quasi scomparse nella popolazione più giovane di ogni parte d’Italia per
gli effetti della vaccinazione anti-epatite B.
La prevalenza d’infezione HCV (cioè il numero di pazienti con epatite cronica) in
Italia è fortemente associata con l’area geografica e l’età, secondo un “effetto
coorte”, e raggiunge punte particolarmente elevate nella popolazione anziana di
alcune regioni del Sud Italia. Ad esempio in Campania, Puglia e Calabria nei
soggetti con età superiore a 70 anni la prevalenza raggiunge, ed in alcune aree
supera, il 20%.
Chi rischia di più l’infezione – La trasmissibilità di HBV per via sessuale è una
delle principali cause di nuova infezione, specie per rapporti non protetti con
persone proveniente da aree ad alta diffusione del virus. Per l’epatite C la
tossicodipendenza e i trattamenti estetici come piercing e tatuaggi, effettuati in
condizioni inidonee, rappresentano i maggiori fattori di rischio infezione.
“L’attuale elevata immigrazione da regioni come l’Africa e il Mediterraneo Orientale
nelle quali la prevalenza delle infezioni da virus epatitici è particolarmente elevata afferma il professor Caporaso - sta altresì cambiando l’epidemiologia di HBV ed
HCV in Italia, incrementando il serbatoio di soggetti positivi. Inoltre la tipologia di
infezione dei soggetti immigrati si differenzia per genotipo dell’HCV (maggiore
prevalenza di genotipo 4) e per maggior numero di soggetti con maggiori quantità di
virus B in circolo e quindi maggiore capacità di trasmettere l'infezione.
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I costi delle epatiti - Nel nostro Paese le epatopatie incidono per il 5% dei rimborsi
spettanti alle Regioni per l’attività ospedaliera, con una remunerazione teorica
superiore al miliardo di euro. Questi numeri sono indicativi dell’importanza e
dell’onerosità delle malattie epatiche per il Sistema Sanitario. Inoltre, la situazione
attuale è caratterizzata da un’ampia variabilità territoriale: in particolare, il tasso di
ospedalizzazione per 100.000 abitanti varia da meno dello 0,5 del Piemonte al 3,2
della Campania. Contando familiari e pazienti l’epatite coinvolge 4-5 milioni di
italiani.
L’efficacia delle terapie - È ormai ampiamente dimostrato dalla pratica clinica,
spiega il professor Massimo Colombo, ordinario di gastroenterologia
all’Università di Milano, che i pazienti con cirrosi o comunque epatite severa (un
quarto del totale dei pazienti con epatite C) traggono beneficio dal trattamento
antivirale ottenendo la reversione della cirrosi in molti casi. Nell’epatite B le terapie
antivirali determinano reversione dello scompenso clinico ed aumentano l’accesso
al trapianto fegato salvavita. Meno chiari sono gli effetti a lungo termine delle terapie
antivirali nei pazienti con lieve o moderata epatite, senza cirrosi. Nondimeno è
chiaro che indipendentemente dal livello di danno epatico, è sempre conveniente
eradicare il virus, soprattutto se il paziente è giovane e ha prospettiva di lunga vita.
Purtroppo ancora molti pazienti restano senza diagnosi, visto che il numero di
pazienti in cura è circa l’1,5-2% del totale delle infezioni croniche in Italia, che
ammontano a 1,2 milioni di persone per epatite C e mezzo milione per epatite B.
“L’iniziativa del WEF, giunta alla seconda edizione – affermano i professori
Cicchetti e Gasbarrini, coordinatori dell’evento - porta intorno allo stesso
tavolo ricercatori di diversi ambiti (epatologi, igienisti, farmacologi e
farmacisti, economisti) e stakeholder (associazioni di cittadini e di pazienti,
industria) per offrire all’attenzione dei decision maker, una analisi sistematica
dell’impatto che le nuove terapie per le patologie epatiche possono avere sui
pazienti, il sistema sanitario e la società in genere, coerentemente con
l’approccio dell’health technology assessment”.
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