DIPARTIMENTO SALUTE MENTALE
PROGRAMMA AUTISMO
SPOKE REGGIO EMILIA
HUB AREA VASTA EMILIA NORD
Responsabile: Dott.ssa Maria Linda Gallo
Viale Umberto I°, 50 - 42100 Reggio Emilia
Segreteria: Tel. 0522/339038
Torino, 28 Settembre 2009
Autismo e Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
Dott.ssa Anna Maria Dalla Vecchia
Dott.ssa Erica Santelli
IL TERMINE “AUTISMO”
Kanner in America (1943) e Asperger in Europa (1944),
indipendentemente l’uno dall’altro, furono i primi a pubblicare studi su
di una nuova entità nosografica: entrambi scelsero la parola
“Autismo” per riferirsi a tale disturbo.
La convergenza sembra attribuibile agli scritti dello psichiatra Bleuler
(1911). Il termine Autismo era stato introdotto proprio da Bleuler per
riferirsi ad un sintomo della schizofrenia, l’estremo restringimento delle
relazioni con il mondo esterno che esclude qualsiasi cosa eccetto il
proprio sé: dal greco “Autòs” che significa, appunto, “Sé”.
UN DISTURBO DELLO SVILUPPO
L’Autismo non è un vero e proprio disturbo infantile e risulta meglio
definibile come un disturbo dello sviluppo. Interessando tutto lo
sviluppo mentale, i sintomi appariranno infatti molto differenti nelle
diverse età. L’Autismo è dunque un disturbo evolutivo: tutto lo
sviluppo ne sarà influenzato (Frith, 1989).
Il DSM-III riconduce l’Autismo ad una più ampia categoria
diagnostica, mantenuta anche nel DSM-IIIR e il DSM-IV, quella dei
disturbi generalizzati dello sviluppo. Questo termine pone in
risalto il fatto che l’autismo costituisce una grave anomalia del
processo stesso di sviluppo, e per-tanto si differenzia dai disturbi
mentali che insorgono nell’età adulta (APA, 1994).
LA DIAGNOSI
L’Autismo è una sindrome comportamentale causata da un
disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con
esordio nei primi 3 anni di vita.
Si configura come una disabilità permanente che accompagna il
soggetto nel suo ciclo vitale anche se le caratteristiche del deficit
assumono un’espressività variabile nel corso del tempo.
Presenta un pattern riconoscibile di sintomi in tre aree: le relazioni
sociali e l’intersoggettività, il linguaggio e la comunicazione, gli
interessi stereotipati, rigidi e ripetitivi.
I criteri comportamentali per la diagnosi sono codificati nel DSM-IV
(Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) (APA, 1994)
e nell’ICD-X (International Classification of Diseases) (OMS, 1995).
A.1.: Compromissione qualitativa dell’interazione sociale
Almeno due dei seguenti sintomi:
a. Marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non
verbali, come lo sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture
corporee e i gesti, che regolano l’interazione sociale.
b. Incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei adeguate al livello
di sviluppo.
c. Mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi
o obiettivi con altre persone (ad esempio: non mostrare, portare, né
richiamare l’attenzione su oggetti di proprio interesse).
d. Mancanza di reciprocità sociale o emotiva.
A.2.: Compromissione qualitativa della comunicazione
Almeno uno dei seguenti sintomi:
a. Ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato
(non accompagnato da un tentativo di compenso attraverso
modalità alternative di comunicazione come gesti o mimica).
b. In soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della
capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri.
c. Uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o di linguaggio eccentrico.
d. Mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di
imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo.
A.3.: Modalità di comportamento,
comportamento, interessi e attività ristretti,
ristretti, ripetitivi e stereotipati
Almeno uno dei seguenti sintomi:
a. Dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e
stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione.
b. Sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici.
c. Manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani
o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo).
d. Persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti.
ALTRI SINTOMI
•
Anomala risposta agli stimoli sensoriali: udito, vista, tatto, gusto,
olfatto, dolore (ipo o ipersensibilità e reazioni di panico immotivate ed
esagerate).
•
Condotte autolesive: studi in corso sul ruolo degli oppiacei endogeni (endorfina) per stabilire la causa dell’autolesionismo.
•
Isolette di abilità: soprattutto capacità di discriminazione percettiva
(vista, musica), di memoria per numeri, date e cifre in genere, di leggere
e recitare a memoria brani.
•
Ritardo mentale: circa il 75% dei pazienti con Autismo presenta un
quadro di RM (QI < 70/75).
•
Epilessia: circa il 30-40% dei pazienti con Autismo è affetto da Epilessia
(nell’infanzia con caratteristiche aspecifiche, in adolescenza con crisi
parziali complesse tonico-cloniche generalizzate)
EPIDEMIOLOGIA
•
Nessuna prevalenza geografica e/o etnica e socio-culturale: è
stato descritto in tutte le popolazioni del mondo, di ogni razza e
ambiente sociale.
•
Prevalenza del sesso: rapporto maschi femmine 3/4: 1.
•
Prevalenza (IAEN, International Autism Epidemiology Network): la
prevalenza dell’autismo varia dall’ 1,6%° al 2,2%°, la prevalenza
dei DPS complessivi varia dal 3,6%° al 6%° a seconda degli studi
epidemiologici, la prevalenza della Sindrome di Asperger può
essere considerata intorno allo 0,25%°.
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PROGRAMMA AUTISMO
SPOKE REGGIO EMILIA
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Modelli esplicativi
Dott.ssa Anna Maria Dalla Vecchia
Dott.ssa Erica Santelli
LEO KANNER E L’ESTREMA SOLITUDINE
La sindrome fu identificata nel 1943 da Kanner, e definita
“autismo infantile precoce” a causa del sintomo ritenuto
predominante in questo disturbo, cioè “un’estrema
solitudine autistica”.
Le prime speculazioni teoriche sull’eziologia del disturbo ipotizzarono
che fosse di origine psicogena, cioè che le cause andassero
ricercate in specifici fattori psicologici. Di questo avviso era anche
Kanner che, dopo aver osservato come i bambini fossero in
condizioni fisiche nella norma, sminuì l’importanza delle cause
biologiche e si concentrò sulle influenze familiari come possibile
fattore eziologico nello sviluppo della patologia.
Nei suoi primi lavori Kanner (1955) descrisse i genitori dei bambini
autistici come freddi, insensibili, distanti ed estremamente razionali.
BETTELHEIM E LA FORTEZZA VUOTA
Una delle più note teorie psicologiche fu formulata dallo
psichiatra e psicanalista Bruno Bettelheim (1967).
Bettelheim ipotizzò che il soggetto autistico aveva
vissuto nell’infanzia un’esperienza di rifiuto da parte
dei genitori, aveva sperimentato come le sue azioni non
potevano in alcun modo scalfire la sostanziale indifferenza e
insensibilità dei genitori nei suoi confronti.
Il bambino era arrivato così a concludere che, malgrado i suoi sforzi,
non avrebbe mai potuto influenzare realmente il mondo circostante,
insensibile e indifferente, e si era chiuso in una sorta di “fortezza
vuota” per difendersi dalla sofferenza.
I COMPORTAMENTISTI
Anche studiosi di matrice comportamentale, come Ferster (1961),
avevano sostenuto il ruolo cruciale dei genitori nell’eziologia
dell’Autismo.
Secondo Ferster, il bambino si chiudeva in se stesso perché i genitori
non erano stati in grado di fornirgli adeguata attenzione, impedendo
così lo stabilirsi di quelle associazioni che danno agli esseri umani il
ruolo di rinforzatori sociali.
FALLIMENTO DELLE IPOTESI AFFETTIVE
Ricerche sistematiche non hanno mai confermato le supposizioni
sulle caratteristiche di freddezza dei genitori, tanto più che gli stessi
allevavano altri figli perfettamente normali (Cox e coll., 1975).
In ogni modo, la popolarità di cui hanno goduto le ipotesi
psicogenetiche ha avuto conseguenze molto gravi soprattutto sulle
famiglie che si sono trovate investite per anni, in modo più o meno
diretto e più o meno chiaro, di colpe e responsabilità non
corrispondenti alla realtà dei fatti.
Dal punto di vista dell’intervento, poiché si riteneva che alla base del
disturbo vi fosse una deprivazione emotiva, Bettelheim sostenne che
per incoraggiare il bambino ad entrare nel mondo occorreva creare
attorno a lui un’atmosfera di “accettazione incondizionata”.
MECCANISMI EZIOPATOGENETICI
Le cause dell’Autismo sono a tutt’oggi sconosciute.
Molti e diversi sono i fattori che possono contribuire allo sviluppo
della sindrome. Poichè nel 60% dei casi gemelli omozigoti risultano
entrambi affetti, con tutta probabilità una componente genetica
esiste, anche se non è il solo fattore scatenante, ma si ipotizza una
causa di tipo multifattoriale.
Aree di ricerca distinte:
Eziologia: fattori causali.
Anatomia patologica: basi neurobiologiche;
Patogenesi: modelli interpretativi della clinica;
EZIOLOGIA: FATTORI CAUSALI
Gravidanza e periodo neonatale: non è stata dimostrata alcuna
associazione significativa tra una noxa patogena come problemi al momento
del parto, affezioni mediche interessanti la madre durante la gravidanza o
fattori ambientali e Autismo.
Immunologia e Vaccini: non ci
sono
evidenze
che
meccanismi
immunologici o un qualsiasi vaccino
(antimorbilloso) aumentino il rischio
di sviluppare Autismo. Non è stata
riscontrata connessione specifica tra
autismo e disturbi gastrointestinali.
ANOMALIE GENETICHE
La percentuale di ricorrenza nei fratelli è tra il 2% e l'8%, molto più
alta della percentuale riscontrata nella popolazione generale.
Studi di gemelli hanno riportato una concordanza del 60% nei
gemelli monozigoti rispetto allo 0% nei gemelli dizigoti.
La rivalutazione per un fenotipo più ampio ha aumentato la
concordanza al 92% nei gemelli monozigoti e al 10% nei dizigoti.
L’ampia variabilità fenotipica riflette l'interazione di geni multipli.
L'interazione sarebbe di almeno 10 geni (progetto
AGRE, Autism Genome Project), in vari cromosomi:
2, 6, 7, 13, 15, 16, 17, coinvolti nella produzione
di proteine connesse alla trasmissione sinaptica,
reelina, recettori GABA, costruzione DNA.
ANATOMIA PATOLOGICA: BASI NEUROBIOLOGICHE
Strutture anatomiche:
Sono state rilevate anomalie non
specifiche in diverse strutture
cerebrali come il cervelletto, i lobi
frontali, alcune componenti del
sistema limbico (amigdala e
ippocampo), i corpi mammillari, il
corpo
calloso,
il
tronco
dell’encefalo,
la
corteccia
cerebrale
(assotigliamento
aspecifico di alcune aree), i
gangli della base...
ANATOMIA PATOLOGICA: BASI NEUROBIOLOGICHE
Neurotrasmettitori: anomalie quantitative e qualitative a livello
recettoriale o nei neurotrasmettitori attivi nel sistema fronto-striatale
come serotonina, dopamina, ossitocina, vasopressina.
Studi biochimici sulle anomalie presenti nel SN dei soggetti con
Autismo (Friedman, 2003) hanno evidenziato livelli di serotonina
estremamente elevati o eccessivamente bassi.
La serotonina gioca un ruolo importante nella mediazione delle
sensazioni dolorifiche; di conseguenza, livelli anomali potrebbero
essere la causa delle distorsioni nella percezione del dolore
fisico nei soggetti autistici.
Anche la b-endorfina, oppioide endogeno coinvolto nella
modulazione del dolore, presenta, negli individui con Autismo, livelli
superiori alla norma.
PATOGENESI: MODELLI INTERPRETATIVI DELLA CLINICA
Teoria Socio-Affettiva di Hobson (1993): secondo questo autore,
sarebbe l’innata incapacità, biologicamente determinata, dei bambini
con
Autismo
ad
interagire
emozionalmente
con
l’altro
(intersoggettività primaria e secondaria) che, a cascata,
determinerebbe difficoltà nel riconoscere gli stati mentali altrui, deficit
di simbolizzazione, di linguaggio, di cognizione sociale.
PATOGENESI: MODELLI INTERPRETATIVI DELLA CLINICA
Teoria della Coerenza Centrale di Frith
(1989): la debolezza nella capacità di
sintetizzare in un tutto coerente le
molteplici informazioni parcellari che
investono i nostri sensi (capacità di
coerenza centrale) sarebbe la causa di:
incapacità
di
cogliere
la
gestalt,
elaborazione segmentata delle esperienze,
difficoltà ad accedere dal particolare al
generale, polarizzazione sui dettagli.
PATOGENESI: MODELLI INTERPRETATIVI DELLA CLINICA
Teoria delle Funzioni Esecutive di Pennington (1996): deficit
cognitivo di natura generale legato all’incapacità di organizzare e
pianificare i comportamenti al fine di risolvere i problemi che
porterebbe a deficit nell’inibire risposte impulsive, considerare i feedback, formulare mentalmente un piano di azione, spostare in modo
flessibile l’attenzione…
PATOGENESI: MODELLI INTERPRETATIVI DELLA CLINICA
Teoria della Mente di Baron-Cohen (1985): interesse per un
singolo “modulo cognitivo”, quello della mentalizzazione o Teoria
della Mente che, in quanto deficitario, sarebbe la causa delle
difficoltà a livello dello sguardo referenziale, dell’attenzione condivisa,
del gioco di finzione, nella lettura delle emozioni, dei pensieri, delle
credenze e dei desideri altrui.
NEURONI MIRROR
I neuroni specchio sono una classe di neuroni che
si attivano sia quando si compie un'azione sia
quando la si osserva mentre essa è compiuta da
altri. I neuroni dell'osservatore "rispecchiano" quindi
il comportamento dell'osservato, come se stesse
compiendo l'azione egli stesso.
Questi neuroni sono stati individuati inizialmente nei primati, in alcuni
uccelli e nell'uomo (con tecniche diverse!).
Nell'uomo, oltre ad essere localizzati in aree motorie e pre-motorie, si
trovano anche nell’area di Broca e nella corteccia parietale inferiore.
NEURONI MIRROR NELL’AUTISMO
Recentemente è stata avanzata l’ipotesi di un coinvolgimento
importante del sistema mirror nella eziopatogenesi dell’Autismo
(Iacoboni e Dappretto, 2006).
Dai risultati di vari studi, soprattutto di tipo comportamentale o sulla
base della tecnica della fMRI, è stato evidenziato come un eventuale
deficit a carico di questo sistema possa fornire spiegazioni
interessanti alle difficoltà principali e più caratteristiche dei
soggetti affetti da Autismo (es. imitazione, riconoscimento delle
emozioni altrui, riconoscimento dello scopo delle azioni altrui…).
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Il Sistema Curante
Dott.ssa Anna Maria Dalla Vecchia
Dott.ssa Erica Santelli
MODELLO “SISTEMA CURANTE”
Nasce nella realtà dei Servizi di NPI di Reggio Emilia, ispirandosi a
due modelli organizzativi di servizi per l’Autismo:
TEACCH (Schopler e coll. - rivisitato nel Modello Psico-Educativo da
Enrico Micheli e coll.), North Carolina University: modello organizzativo
trasversale a tutte le età, insegnamento strutturato basato sulla valutazione
del soggetto e su principi di carattere generale, quali la partecipazione della
famiglia, l’organizzazione strutturata dell’ambiente e delle attività,
l’importanza degli ausili visivi, la comunicazione spontanea, ecc.
DENVER MODEL (Sally Rogers e coll.), Colorado University: uso di gioco
ed imitazione come modalità di apprendimento, potenziamento della
comunicazione e dell’interazione sociale, integrazione nell’ambiente sociale,
famiglia come cardine, specifico per l’età prescolare ecc.
!!CONOSCENZA DI DIVERSE TECNICHE!!
SISTEMA CURANTE (Dalla Vecchia e Mazzetti, 2003)
SISTEMA SOCIOSANITARIO INTEGRATO
o
o
o
o
o
FAMIGLIE e
NPIA – team Autismo
Servizi Sociali, H adulti
ASSOCIAZIONISMO
S. Salute Mentale
PROGETTO
Enti Locali
DI
Privato Sociale
VITA
SCUOLA - SERVIZI
EDUCATIVI COMUNALI E
PROVINCIALI (TUTOR)
SISTEMA CURANTE: convinzioni di base - 1
• Ruolo centrale della famiglia
• Massimo impegno per diagnosi e trattamento precoce
• Uso di protocolli diagnostici e di trattamento secondo Linee
Guida: Regione Emilia Romagna (2004) e SINPIA (2005)
• Progetti abilitativi individualizzati, condivisi con le famiglie e la
scuola, integrati nella comunità
• Necessità di un approccio multidisciplinare per la valutazione e il
trattamento della complessità
• Nessuna tecnica è sufficiente da sola: è necessario attingere a tutte
le competenze utili, scientificamente validate
SISTEMA CURANTE: convinzioni di base - 2
• Promozione
della
formazione
specifica
sull’autismo
sull’approccio psico-educativo cognitivo - comportamentale
e
• Promozione delle potenzialità e della massima indipendenza dei
soggetti con l’obiettivo di costruire il progetto di vita
• Integrazione tra Agenzie e Servizi dell’Età Evolutiva e degli
adulti
• Circolarità di formazione e informazione
EDUCAZIONE & ISTRUZIONE
AUTISMO
N
on
s
i,
ol
m
a
…
Enrico Micheli – Cesarina Xaiz
INSIEME per CONDIVIDERE, SCOMPORRE il PROBLEMA e
RIORGANIZZARLO ad un livello di difficoltà minore
VERSO L’AUTONOMIA
Enrico Micheli – Cesarina Xaiz
ALCUNI REQUISITI NECESSARI PER POTER EFFETTUARE
UN INTERVENTO CON SOGGETTI AUTISTICI - 1
• Conoscenza e pratica dello sviluppo normale
• Conoscenza dei Disturbi dello Spettro Autistico e impegno alla
formazione continua (specificità dell’Autismo!!!)
• Sfatare vecchi “miti” sull’autismo e sugli approcci cognitivocomportamentali
• Formazione nelle metodologie, strategie, tecniche cognitivocomportamentali
• Abilità di interazione emotiva con i bambini e i bambini autistici in
particolare
ALCUNI REQUISITI NECESSARI PER POTER EFFETTUARE
UN INTERVENTO CON SOGGETTI AUTISTICI - 2
• Capacità di lavorare in équipe multiprofessionale
• Abilità di fare squadra con i genitori
• Conoscenza di strumenti per la valutazione delle abilità, formale e
informale
• Abilità nell’analisi del compito e nella scrittura di mete e obiettivi
individualizzati
• Abilità nell’escogitare attività
insegnare le abilità programmate
didattiche/educative
atte
a
• Abilità di strutturare ambienti, spazi, tempi, compiti in modo da
facilitare la comprensione e l’autonomia delle persone con autismo
INTERVENTI IN EtÀ PRESCOLARE
• Interventi di supporto all’integrazione scolastica;
• Intervento Educativo individuale o in piccolo gruppo: abilità sociali,
comunicative ed emotive, imitazione, funzioni cognitive,
neuropsicologiche,
prassie,
autonomie
(personali,
sociali,
professionali, di tempo libero, etc.);
• Intervento Logopedico individuale o in piccolo gruppo:
comunicazione
e
linguaggio
(comprensione,
produzione,
pragmatica, etc.), prassie bucco-facciali, apprendimenti;
• Progetto CTR dal 2004 con Finanziamento RER.
sempre…INDIVIDUALIZZAZIONE del PROGETTO
INTERVENTO ABILITATIVO
• Progetto psicoeducativo-abilitativo individualizzato su tutte le aree di
intervento, condiviso con la famiglia negli obiettivi e nelle strategie;
• Priorità del lavoro educativo mirato e intensivo, volto a promuovere i
prerequisiti allo sviluppo dell’interazione sociale e della comunicazione, in
stretta collaborazione con la famiglia;
• Enfasi sulla relazione e sulla condivisione, sulla motivazione e sugli
interessi del bambino;
• Ambiente facilitante (chiaro e strutturato); adulti facilitanti (linguaggio
chiaro, semplice, accompagnato da supporti visivi e gestuali);
• Verifiche periodiche dell’intervento (schede di trattamento; Denver Model
Curriculum Checklist trimestrale; follow-up semestrali/annuali);
• Coinvolgimento e collaborazione della struttura scolastica
l’adattamento dell’ambiente e la condivisione del progetto.
per
INTERVENTI CON LA FAMIGLIA
• Progettazione e verifica del programma e indicazioni di tipo
educativo, eventuali consulenze domiciliari sull’adattamento
dell’ambiente domestico, attenzione ai problemi di comportamento,
priorità ai bisogni della famiglia;
• Counseling/sostegno psicologico;
• Corsi di formazione/informazione;
• Gruppo di auto-mutuo aiuto;
• Interventi educativi domiciliari nei piccoli;
• Gruppi di Parent Training.
INTERVENTI CON LA SCUOLA
• Consulenza al team insegnanti-educatori per: formulazione e
verifica del progetto educativo (PEI); strutturazione degli spazi e dei
tempi scolastici; sperimentazione di attività in piccolo gruppo con i
coetanei (comunicazione, abilità sociali);
• Co-conduzione di interventi abilitativi sul bambino;
• Formazione/aggiornamento insegnanti ed educatori;
• Utilizzo dei compagni come tutor;
• Costruzione congiunta dei percorsi di continuità nei momenti di
passaggio da un ciclo scolastico al successivo (Progetto ‘I Care’);
• Progetto di documentazione sulle buone prassi per l’integrazione
con le Scuole Comunali dell’Infanzia di Reggio Emilia.
DIPARTIMENTO SALUTE MENTALE
PROGRAMMA AUTISMO
SPOKE REGGIO EMILIA
HUB AREA VASTA EMILIA NORD
Responsabile: Dott.ssa Maria Linda Gallo
Viale Umberto I°, 50 - 42100 Reggio Emilia
Segreteria: Tel. 0522/339038
Torino, 28 Settembre 2009
GRAZIE A TUTTI!
Dott.ssa Anna Maria Dalla Vecchia
Dott.ssa Erica Santelli