POLITECNICO DI MILANO Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica Modellazione ad elementi finiti del comportamento meccanico passivo del ventricolo sinistro Relatore Prof. Alberto R EDAELLI Correlatore Ing. Emiliano VOTTA Tesi di Laurea di: Elena B ONINI matricola 818882 Elisa S TOPPANI matricola 817229 Anno Accademico 2014 - 2015 Indice Ringraziamenti 3 Sommario 4 Summary 15 1 Anatomia e fisiopatologia del ventricolo sinistro 27 1.1 Anatomia del cuore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 1.2 Anatomia del ventricolo sinistro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1.3 Struttura del miocardio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 1.4 Ciclo cardiaco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 1.5 Comportamento meccanico del tessuto miocardico . . . . . . . . . . . . . . . 38 2 Stato dell’arte 42 2.1 Modellazione delle proprietà meccaniche passive del miocardio . . . . . . . . 42 2.1.1 Formulazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 2.1.2 Modelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 Modellazione delle proprietà meccaniche attive del miocardio . . . . . . . . . 51 2.2 3 Materiali e Metodi 59 3.1 vumat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 3.1.1 Struttura generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 3.1.2 Studio preliminare - modello Neo-hookeano . . . . . . . . . . . . . . . 61 1 INDICE 2 3.1.3 4 Modello di Guccione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 3.2 vuanisohyper_strain . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 3.3 Selezione del tipo di elemento finito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 3.4 Modellazione del comportamento passivo del ventricolo sinistro . . . . . . . . 74 3.4.1 Costruzione della geometria e della mesh . . . . . . . . . . . . . . . . 75 3.4.2 Definizione delle proprietà meccaniche del miocardio . . . . . . . . . . 81 3.4.3 Definizione delle condizioni al contorno . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 Risultati e Discussione 82 4.1 Volume intracavitario in funzione della pressione intracavitaria . . . . . . . . . 83 4.2 Deformazioni della parete ventricolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 4.3 Conclusioni e sviluppi futuri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96 Bibliografia 97 Ringraziamenti Al prof.Emiliano Votta, per i preziosi consigli, l’enorme disponibilità e il suo irrimediabile entusiasmo. Ma soprattutto per averci insegnato a crederci sempre.. “Mai sottovalutare l’uno percento!” A Francesco, Matteo, Omar e tutti i dottorandi del “Biomechanics Group”, per averci aiutato a risolvere i nostri dubbi, rendendo il percorso di questi mesi meno tortuoso. A tutti i nostri compagni tesisti del CuboLab, per aver condiviso i momenti di gioia e sconforto di questa avventura A mamma e papà, perchè senza di loro tutto questo non potrebbe esistere. 3 Sommario Introduzione All’interno del corpo umano il cuore è un organo di fondamentale importanza, in quanto si trova al centro del sistema circolatorio e processa tutto il volume di sangue all’interno di esso. Al suo interno il cuore è composto da due metà, cuore sinistro e cuore destro, che lavorano come due pompe in serie e processano il sangue rispettivamente della circolazione sistemico e della circolazione polmonare. Ogni metà è a propria volta costituita da due camere: un atrio, che riceve il sangue dalle vene, e un ventricolo, che eietta il sangue nelle arterie. Ogni ventricolo è separato dall’atrio a monte e dall’arteria a valle rispettivamente da una valvola atrioventricolare e da una valvola semilunare. L’azione pompante del cuore, e in particolare dei ventricoli, è consentita dalla struttura del tessuto muscolare liscio che compone le loro pareti, ovvero il miocardio, il quale è avvolto da due sottili strati: l’endocardio di natura endoteliale, rivolto verso la cavità interna e l’epicardio, formato da tessuto connettivo, che si affaccia verso gli organi circostanti. Il miocardio è organizzato in un sincizio di fibre muscolari, la cui direzione all’interno del tessuto segue un’organizzazione ben precisa, poste in una matrice extracellulare composta prevalentemente di elastina e collagene e anch’essa organizzata secondo un pattern non casuale (Figura 1). Sommario 5 Figura 1: Schema della microstruttura del miocardio ventricolare. (a) ventricolo sinistro idealizzato e localizzazione di un volume di controllo a livello dell’equatore del ventricolo; (b) struttura del tessuto in diverse sezioni lungo lo spessore della parete ventricolare; (c) variazione della direzione delle fibre cardiache in cinque sezioni di miocardio distribuite a intervalli regolari; (d) organizzazione di fibre muscolari e di collagene della matrice extracellulare che connettono strati adiacenti di tessuto miocardico: è mostrata una terna destrorsa spesso usata per descrivere il comportamento meccanico del tessuto, in cui f0 indica la direzione delle fibre, s0 la normale alle fibre nello strato di tessuto e n0 la normale allo strato di tessuto. La stessa terna è ulteriormente schematizzata in (e). Immagine tratta da Holzapfel, 2009.[20] Questa microstruttura conferisce al tessuto una risposta meccanica passiva anisotropa, iperelastica e eterogenea alla scala dell’organo (Figura 2), ed una caratteristica contrattile anch’essa fortemente anisotropa. Tali caratteristiche determinano il complesso modo deformativo cui va incontro il ventricolo durante la contrazione sistolica, a fronte dell’aumento della pressione del sangue all’interno della cavità ventricolare. Sommario 6 Figura 2: Esempio di curve sforzo-deformazione ottenute da diversi protocolli di trazione biassiale su campioni estratti da singoli strati di tessuto miocardico (piano fs). Le curve si riferiscono alla direzione della fibra miocardica (ff, pannello a) a alla direzione cross-fibra (direzione ss, pannello b). Eij and Sij sono le component del tensore di deformazione di Green–Lagrange e del secondo tensore di sforzo di Piola–Kirchhoff. Per ogni direzione considerata sono mostrati i dati ottenuti da tre protocolli caratterizzati da un rapporto Eff/Ess uguale rispettivamente a 2.05 (triangoli), 1.02 (quadrati) and 0.48 (cerchi). Immagine tratta da Holzapfel, 2009[20] Le patologie cardiache sono tra le maggiori cause di ospedalizzazione e di morte al mondo; a titolo di esempio, si stima che solo negli Stati Uniti nel 2011 ci siano state circa 600’000 morti attribuibili a malattie cardiache[31] . Tra queste patologie sono annoverate sia quelle a carico della parete ventricolare, sia quelle a carico delle valvole cardiache ad esso associate. L’elevata incidenza a la mortalità di tali patologie motiva una vasta attività di ricerca scientifica a livello internazionale, che comprende lo sviluppo di modelli biomeccanici al fine di migliorare la comprensione di scenari patologici e di supportare il miglioramento delle soluzioni terapeutiche. In questo contesto, presso il Gruppo di Biomeccanica del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingeneria è sviluppata da anni un’attività di modellazione agli elementi finiti delle valvole del ventricolo sinistro, che si vuole estendere alla modellazione congiunta di valvole e ventricolo per poter analizzare scenari in cui la mutua dipendenza tra le prime e il secondo è un aspetto cruciale. Il primo passo per raggiungere questo obiettivo è l’implementazione di un modello costitutivo che descriva le proprietà meccaniche del tessuto miocardico, ed in particolare le sue proprietà passive, avendo cura di implementare un modello che sia agevolmente estendi- Sommario 7 bile alla descrizione delle proprietà contrattili del miocardio e che sia fruibile tramite il solutore numerico esplicito usato di norma dal Gruppo di Biomeccanica per la modellazione numerica di valvole cardiache. Stato dell’arte La risposta meccanica passiva di materiali elastici non-lineari ed anisotropi è descrivibile tramite una funzione energia di deformazione definita positiva U (Strain Energy Function). In termini molto generici, U dipende dalle deformazioni subite dal materiale e le cui derivate rispetto alle componenti del tensore di deformazione forniscono le corrispondenti componenti del tensore di sforzo. Al fine di tener conto in particolare dell’anisotropia, sono disponibili in letteratura due approcci. Il primo approccio è detto strain based: U dipende dalle componenti del tensore di Green E = 21 (C − I), dove C è il tensore destro di Cauchy-Green ed è calcolato come C = FT F, in cui F è la matrice gradiente delle deformazioni, definita come Fi j = ∂ xi ∂ Xj . In questo caso è possibile ottenere il tensore di sforzo di Cauchy σ come: σ =F ∂U T ∂U − pI = F F − pI ∂F ∂E Il secondo approccio è detto invariant based: U dipende degli invarianti e pseudo-invarianti del tensore C e il tensore σ è ottenibile come: N ∂ Ii σ =F ∑ Ui − pI ∂F i=1,i6=3 Per ciascuno dei due approcci in letteratura si possono trovare numerosi modelli proposti, tra cui i due principali sono quello formulato da Guccione e colleghi[15] di tipo strain based, e quello più recente avanzato da Holzapfel e colleghi[20] , di tipo invariant based. A partire da Hill già nel 1970[19] , la risposta contrattile del miocardio è stata modellizzata da Sommario 8 diversi autori riferendosi ai meccanismi che avvengono a livello cellulare nel miocardio, ispirandosi a modelli già esistenti a proposito del muscolo scheletrico. A questi lavori si è ispirato Guccione nel 1993[16, 14] per completare il modello passivo presentato in precedenza, ricavando una componente di sforzo da sommare direttamente a quello ottenuto dalla risposta passiva in direzione delle fibre: 0 0 0 σa = 0 σ 0 0 0 0 σtot = σ p + σa in cui σ viene calcolata a seconda dei modelli presentati. Lavori molto più recenti trattano invece la problematica della contrazione attiva del cuore da un punto di vista più globale, non più focalizzando l’attenzione su fenomeni che avvengono non più alla scala cellulare, ma alla scala dell’organo. In questo caso, la forza attiva del muscolo cardiaco non è governata solamente dalle proprietà passive del miocardio, ma dipende anche e principalmente dall’elestanza attiva del ventricolo che agisce attraverso il ciclo cardiaco. Esempi di questi lavori sono quelli di Zhong[50] e Hassaballah[18] . Per lo sviluppo di questo lavoro di tesi si è scelto il modello di Guccione, principalmente per la possibilità di estendere il modello costitutivo passivo alla risposta attiva. Tale modello è caratterizzato dalla seguente forma di U: i Ch Q e −1 U= 2 in cui 2 2 2 2 2 2 2 2 2 + ĒFR + ĒFC + ĒCF + ĒCR + ĒRC +b4 ĒRF Q = 2b1 (ĒRR + ĒFF + ĒCC )+b2 ĒFF +b3 ĒCC + ĒRR Dove i pedici F, C, R indicano rispettivamente le direzioni delle fibre, cross-fibre e del piano perpendicolare al piano contenente le prime due. Sommario 9 Materiali e Metodi Le analisi a elementi finiti sono state condotte mediante il solutore esplicito Abaqus/Explicit (SIMULIA, Dassault Systèms). Il modello costitutivo di Guccione non è presente nella libreria di materiali del solutore; è stato quindi necessario creare una subroutine esterna in linguaggio Fortran che gestisse le equazioni che governano il modello. Per questo scopo, esistono due tipi diversi di subroutine: vumat, di carattere più generale, che consente di definire un qualsiasi tipo di legame e prevede la gestione autonoma del calcolo delle componenti di sforzo, e vuanisohyper_strain, che come suggerito dal nome, è rivolta nello specifico a materiali iperelastici che prevedono una formulazione di tipo strain based della funzione energia di deformazione, ed è strutturata in modo tale che l’utente debba preoccuparsi della definizione delle sole derivate della SEF rispetto alle componenti della matrice Ē (per la quota a parte deviatorica dello sforzo) e rispetto al determinante della matrice F, J = det (F) (per quanto riguarda la componente volumetrica). Ciascuna delle sue subroutine presenta punti di forza e criticità, motivo per cui per la scelta della funzione da utilizzare sono state condotte una serie di prove preliminari in condizioni estremamente semplificate: • implementazione della subroutine vumat per un materiale neo-hookeano, già definito nella libreria Abaqus, e impostazioni di semplici prove di trazione e shear su un cubetto monoelemento 1x1x1 mm3 a fini puramente comparativi; • implementazione della subroutine vumat per il modello di Guccione e test preliminari analoghi al precedente neo-hookeano, e successive prove su geometrie più complesse; • implementazione della subroutine vuanisohyper_strain per il modello di Guccione, semplici test su monoelemento esaedrico 1x1x1 mm3 e analisi della mesh e della topologia degli elementi su geometria cilindrica caricata in pressione con andamento a rampa. Queste prove hanno messo in luce alcune criticità della vumat implementata nel caso di geometrie complesse e nel caso di grandi rotazioni e hanno indirizzato la scelta verso la subroutine di Sommario 10 tipo vuanisohyper_strain. Utilizzando quest’ultima è stata condotta una serie di test preliminari simulando la pressurizzazione di cilindri cavi discretizzati con mesh di calcolo diverse tra loro per risoluzione spaziale e tipo di elementi utilizzati; questi test hanno portato a scegliere gli esaedri lineari come gli elementi che consentivano il miglior compromesso tra contenimento dell’onere computazionale e accuratezza dei risultati. A valle di questa attività preliminare, si è applicato il modello costitutivo implementato alla simulazione di un esperimento in vitro condotto da McCulloch e colleghi su ventricoli sinistri canini[30] , in cui i il ventricolo era vincolato alla propria base e pressurizzato passivamente. A tale scopo, è stato implementato e discretizzato un modello 3D di ventricolo sinistro umano. La geometria è stata ricostruita a partire da immagini risonanza magnetica cardiaca acquisite con sequenze CINE in asse corto su un paziente affetto da dilatazione ventricolare, ed è stato implementato, a partire da codice pre-esistente, uno script in Matlab® (MathWorksTM Inc., Natick, MA, United States) che i) importa e filtra i punti ottenuti dal tracciamento di endocario ed epicardio sulle immagini, ii) chiama esternamente il software CAD Gambit® 2.4.6 (Ansys Inc., Canonsburg, PA, USA) per generare il modello 3D della parete comprensivo di apice, suddividendolo automaticamente in 8 regioni, secondo quanto riportato da Hassaballah (Figura 3) e in 8 strati concentrici nello spessore della parete, e iii) discretizza il modello geometrico con una mesh strutturata di esaedri lineari con una risoluzione spaziale impostata dall’utente. Al fine di condurre un’analisi di sensitività, sono state realizzate tre mesh, aventi dimensione caratteristica degli elementi pari rispettivamente a 1.6, 0.8 e 0.4 mm (Figura 4). Sommario 11 Figura 3: Suddivisione della geometria simil-ventricolare proposta da Hassaballah e colleghi[18] Ciascuna zona presenta uno specifica variazione delle fibre in direzione transmurale. L’orientamento delle fibre negli 8 strati di ciascuna regione è stato definito come proposto da Hassaballah[18] . I parametri costitutivi sono stati definiti come da Guccione nel lavoro del 1993[16, 14] : C = 0.876 kPa, b1 = 0.0, b2 = 18.48, b3 = 3.58, b4 = 1.627. Poiché Abaqus/Explicit non consente di assumere la perfetta incomprimibilità del materiale quando si usano elementi finiti solidi, è stato assunto un bulk modulus K = 0.2 MPa. Figura 4: Progressivo infittimento della mesh. La dimensione caratteristica degli elementi è rispettivamente di 1.6, 0.8, 0.4 mm. Per simulare le condizioni sperimentali da simulare, i nodi della mesh situati alla base del ventricolo sono stati incastrati ed è stata imposta sulla superficie endocardica una pressione uniforme crescente linearmente nel tempo, in un intervallo di 0.8 s, da 0 a 5 kPa. Sommario 12 Risultati e conclusioni L’andamento del volume intracavitario durante l’inflazione passiva simulata e la corrispondente curva pressione-volume sono mostrati in Figura 5 per le tre mesh utilizzate; appare evidente che migliorare la risoluzione spaziale oltre a quella intermedia (0.8 mm) non porta a variazioni di questi risultati. Ai fini del confronto con i dati sperimentali da letteratura è interessante il fatto che le curve pressione-volume siano approssimate molto bene (R2 = 0.987) da una polinomiale di terzo grado, così come nel lavoro di McCulloch[30] . Tuttavia, il volume iniziale del ventricolo modellizzato e dei ventricoli testati in [30] è radicalmente diverso; ai fini di un confronto in termini non solo di andamento delle curve, ma anche di valori assoluti, è stata ricavata le curve pressione-variazione percentuale di volume ottenuta dalla simulazione (ΔV%), ed è stata confrontata con la curva omologa ottenuta normalizzando le variazioni di volume riportate da McCulloch per un volume iniziale di 40 ml, ovvero il valore medio dei campioni usati negli esperimenti (Figura 6). Dal confronto di questi dati emerge che complessivamente il ventricolo modellizzato, se discretizzato con mesh sufficientemente risolute, è più compliante dei ventricoli canini testati negli esperimenti di McCulloch e colleghi. Ciò potrebbe essere dovuto a differenze inter-specie nelle proprietà meccaniche del miocardio, al fatto che nel ventricolo dilatato usato nella simulazione lo spessore di parete è ridotto in proporzione alle dimensioni della cavità ventricolare, o al fatto che nel modello computazionale il ventricolo sinistro è isolato, mentre negli esperimenti di McCulloch e colleghi tutte le strutture del cuore destro erano preservato e ragionevolmente costituivano un vincolo all’espansione libera di parte della parete del ventricolo sinistro. Sommario 13 Figura 5: (a) Volume intracavitario nel tempo; i dati sono approssimati con una curva logaritmica; (b) Grafici pressione-volume, approssimati con curve polinomiali di terzo grado, ottenute per i tre diversi gradi di infittimento mesh. In legenda è riportata la lunghezza caratteristica dell’elemento della mesh. Figura 6: (a) curva pressione-ΔV% ottenuta dalla simulazione per tre diversi gradi di infittimento della mesh a confronto con la curva pressione-ΔV% ottenuta dalla Figura 5b ottenuta dalla da [30] normalizzando le variazioni di volume intracavitario per il valor medio dei volumi intracavitari iniziali misurati da McCulloch e colleghi[30] . Il confronto con i dati sperimentali è stato approfondito analizzando le deformazioni del miocardio misurate in corrispondenza della superficie epicardica al variare di ΔV%. I valori delle deformazioni sono stati estratti in zona anteriore e posteriore, in tre diverse regioni della parete: una basale, una media e una verso l’apice. In Figura 7 sono riportati i dati per la zona anteriore media a titolo di esempio: la dipendenza delle deformazioni da ΔV% ottenuta dalla simulazione ricalca quella osservata sperimentalmente. Tuttavia, coerentemente con la maggiore compliance Sommario 14 del ventricolo modellizzato, i valori massimi di deformazione e di ΔV% forniti dal modello sono nettamente superiori rispetto ai dati corrispondenti ottenuti negli esperimenti. Figura 7: Confronti tra le deformazioni alla parete epicardica nelle direzioni della fibra ( f f ), cross-fibra (ss) e attraverso lo spessore della parete (rr), ottenute dall’analisi computazionale simulando con la mesh al maggior grado di infittimento, e registrate sperimentalmente su ventricoli canini da McCulloch[30] , in funzione di ΔV%. I risultati ottenuti, pur con i limiti descritti sin qui, sono incoraggianti. Nonostante le possibili differenze inter-specie in termini di proprietà meccaniche del miocardio e nonostante l’utilizzo di un modello geometrico di ventricolo ricostruito da immagini di un paziente affetto da dilatazione, la simulazione di un esperimento di pressurizzazione passiva del ventricolo sinistro ha colto sia in termini qualitativi, sia in termini quantitativi diversi aspetti dell’evidenza sperimentale. Ciò spinge a sviluppare ulteriormente l’attività qui presentata, in particolare nella direzione di una validazione ancor più robusta del modello di meccanica passiva del miocardio ventricolare, nella direzione dell’estensione del modello costitutivo alla risposta attiva del tessuto e verso l’integrazione tra modelli di ventricolo e modelli di valvole in continuità con esso. Summary Introduction The heart is the pivotal organ of the cardio circulatory system, and processes the entire blood volume flowing in it. It is composed by two halves, i.e. the right and left heart, which work as two pumps in series, and pump blood into the systemic and pulmonary circulation, respectively. Each of the two halves consists of two chambers: an atrium, which receives blood from veins, and a ventricle, which pumps blood into the arteries. Each ventricle is separated from the corresponding atrium by an atrioventricular valve and from the corresponding large artery by a semilunar valve. The pumping action of the heart, and in particular of the ventricles, is allowed for by the structure of the myocardium, i.e. the smooth muscle of the cardiac wall, which is surrounded by two thin layers: the endocardium, which has an endothelial composition and faces the internal cavity, and the epicardium, made of connective tissue, which faces the surrounding apparatuses. The myocardium is organized as a syncytium of myofibers; these are oriented within the tissue following a well-defined pattern, and are immersed in an extracellular matrix mainly composed of elastin and collagen, again organized into a non-random network (Figure 8). 15 Summary 16 Figura 8: Schematic diagram of: (a) the left ventricle and a cutout from the equator; (b) the structure through the thickness from the epicardium to the endocardium; (c) five longitudinal–circumferential sections at regular intervals from 10 to 90 per cent of the wall thickness from the epicardium showing the transmural variation of layer orientation; (d) the layered organization of myocytes and the collagen fibers between the sheets referred to a right-handed orthonormal coordinate system with fiber axis f0, sheet axis s0 and sheet-normal axis n0; this same local reference frame is further schematized in (e). Original figure in Holzapfel and Ogden, 2009[20] . The microstructure gives to the tissue a passive anisotropic behavior, hyperelastic and heterogeneous at the scale of the organ (Figure 9), and also an anisotropic contractile characteristic. These properties determine the complex deformations of the ventricle during systolic contraction, when blood pressure in the ventricular cavity increases. Cardiac diseases are one of the major causes of hospitalization and death all over the world. For example, just in the US in 2011 600 000 deaths due to cardiac pathologies have been estimated (Mozaffarian D et al. 2015[31] ). These pathologies included the ventricular and valvular derangements. The high incidence and mortality of these kind of pathologies motivates the Summary 17 widespread and deep international scientific research on the topic, which involves also the development of biomechanical models to gain insight into pathological scenarios and to support the improvement of therapeutic solutions. In this context, the Biomechanics Group of the Electronics, Information and Bioengineering Department has been exploiting finite element modelling to analyze the two valves connected to the left ventricle: the mitral and aortic valve. This activity should be extended to the integrated analysis of these valves and the surrounding ventricle, so to be able to model those scenarios characterized by a tight functional interaction between the formers and the latter. The first step towards this goal is the implementation of a constitutive model to describe mechanical properties of myocardium. In particular, the passive stress-strain behavior of the tissue is the first aspect to be modeled, possibly accounting for i) the possibility to easily extend the model to include the contractile properties of the tissue taking care to foresee its implement something which would be easily combined with the contractile activity, and ii) for the need to use an explicit solver to handle the numerical simulation of heart valves together with the ventricle. Summary 18 Figura 9: Representative stress–strain data for three different loading protocols for biaxial loading in the fs plane of canine left ventricle myocardium: (a) stress Sff against strain Eff in the fiber direction; (b) stress Sss against strain Ess in the sheet (cross-fiber) direction. Note that Eij and Sij are the components of the Green–Lagrange strain tensor and the second Piola–Kirchhoff stress tensor, respectively. The three sets of data correspond to constant strain ratios Eff /Ess equal to 2.05 (triangles), 1.02 (squares) and 0.48 (circles). ). Original figure in Holzapfel and Ogden, 2009[20] . State of art The passive mechanical behavior of nonlinear and anisotropic elastic materials is usually described by a positive defined Strain Energy Function U. In general terms, U depends on deformations of the material, and its derivatives with respect to the components of the deformation tensor give the corresponding components of the stress tensor. To account for anisotropy in particular, two main formulations are adopted in literature. The first formulation is referred to as strain-based; W depends on the components of the Green tensor E = 12 (C − I), where C is the right Cauchy-Green tensor and is computed as C = FT F , where F is the deformation gradient matrix, defined as Fi j = ∂ xi ∂ Xj . In this case the Cauchy stress tensor can be calculated with the Summary 19 following expression σ =F ∂U ∂U T − pI = F F − pI ∂F ∂E The second approach is called invariant-based; U depends on invariants and pseudo-invariants of C, and σ can be obtained as N ∂ Ii σ =F ∑ Ui − pI ∂F i=1,i6=3 For both formulations, many models can be found in literature, proposed by a large number of authors. The main ones are the Guccione model[15] , which is strain-based, and the more recent Holzapfel-Ogden model[20] , which is invariant-based. The contractile response of the myocardium was modeled by many authors, since the seminal work by Hill in 1970[19] , based on to the mechanisms which take place in cardiomyocites during the cardiac cycle, usually borrowing pre-existing models about scheletric muscle. Guccione adopted this approach Guccione in 1993[16, 14] ; he expressed σv directly as the sum of a passive component σ p and an active component σa 0 0 0 σa = 0 σ 0 0 0 0 σtot = σ p + σa In which σ is computed in different ways depending on the considered model. More recent studies adopt a different approach, and focus not on cellular phenomena, but rather on features at the organ scale. In this case, the active force of the cardiac muscle is not influenced just by the passive properties of the myocardium, but also by the active elastance of the ventricle throughout the cardiac cycle. Examples of these studies are Zhong[50] and Hassaballah[18] . In the work herein reported we exploited the Guccione model, mainly because of the possibility to extend it to the modeling of the active properties of the myocardium with a reasonable effort. Summary 20 This model is characterized by the following form of U i Ch Q e −1 U= 2 where 2 2 2 2 2 2 2 2 2 Q = 2b1 (ĒRR + ĒFF + ĒCC )+b2 ĒFF +b3 ĒCC + ĒRR + ĒCR + ĒRC +b4 ĒRF + ĒFR + ĒFC + ĒCF In which the indexes F, C, R indicate the direction of the fiber, the cross-fiber direction in a myocardial layer, and the normal to the layer, respectively. Material and Methods Finite element analyses were run with the explicit solver Abaqus/Explicit (SIMULIA, Dassault Systèms). The Guccione’s constitutive law is not included in the solver’s material library, hence an external subroutine implementing the governing equations of the model had to be written in Fortran language. To this aim, two different kind of subroutine can be used: vumat, which is the most general method to define any sort of material mechanical properties and requires the explicit computation of the stress components; and vuanisohyper_strain, which is specifically conceived for describing the mechanical response of hyperelastic materials through a strain based approach, and requires only the definition of the derivatives of the Strain Energy Function with respect to the components of the Green Tensor Ē (for the deviatoric part of the stress) and with respect to J, which is the determinant of F matrix (for the volumetric part). Both subroutines have pros and cons; hence, some simple preliminary tests were run to choose the one most suitable to implementing the Guccione model: • Implementation of the subroutine vumat for a neo-hookean material, already defined in Abaqus, and preparation of simple uniaxial tension and shear tests on a single hexahedral element with dimensions 1x1x1 mm3 , just to have a simple model to identify critical issues (e.g. syntax) of the subroutines and to test results vs. simple analytical solutions. Summary 21 • Implementation of the subroutine vumat for the Guccione model, and application in the same tests performed when using the neo-hookean model, as well as tests involving simple hollow cylinders and more complex geometries; • Implementation of the subroutine vuanisohyper_strain for the Guccione model, same simple tests on hexahedral element of dimensions 1x1x1 mm3 , as well as tests involving simple hollow cylinders and more complex geometries. These preliminary tests highlighted some critical aspects in the vumat subroutine when running simulations on idealized geometries and using a non-cartesian reference framework to describe the tissue mechanical properties. The vuanisohyper_strain subroutine was hence adopted, and applied on a subsequent series of tests aimed at identifying the most suitable element type and size for the present work. The pressurization of a hollow cylinder was simulated with different meshes, characterized by different element types and different spatial resolutions. Results from this second series of preliminary simulations suggested that linear hexahedral elements allowed for the best trade-off between computational efficiency and accuracy of the results. Following these preliminary tests, the constitutive model was finally used in the simulation of an actual in vitro test, led by McCulloch and colleagues on canine hearts[30] , in which the left ventricle was inflated passively while being constrained with respect to motions at the ventricular base. To this aim, we implemented a 3D model of a human left ventricle. The geometry was reconstructed from cine-magnetic resonance images (MRI) acquired in short axis mode on a patient affected by ventricular dilation. Starting from a pre-existing code, we implemented a script in Matlab® (MathWorksTM Inc., Natick, MA, United States), which: i) imports the points obtained from the segmentation of epicardium and endocardium on the images; ii) calls the CAD software Gambit® 2.4.6 (Ansys Inc., Canonsburg, PA, USA) as a batch process to generate the 3D model of the ventricular wall, dividing it automatically into 4 regions (as in Figure 10, taken from Hassaballah’s work[18] , wheree the geometry was divided into 8 regions) and 8 concentric layers through the wall thickness; iii) discretizes the ventricular wall into linear hexahedral Summary 22 elements, with a spatial resolution set by the user. We created three different meshes, with a characteristic dimension of 1.6, 0.8 and 0.4 mm, respectively (Figure 11). The orientation of cardiac fibers in each of 8 layers through the wall was defined as proposed by Hassaballah and co-workers[18] . The constitutive parameters were defined as by Guccione and colleagues[16, 14] : C = 0.876 kPa, b1 = 0.0, b2 = 18.48, b3 = 3.58, b4 = 1.627. A bulk modulus of K = 0.2 MPa was defined, since Abaqus Explicit does not handle incompressibility for 3D finite elements. Figura 10: Subdivision of similar-ventricular geometry proposed by Hassaballah and colleagues. Each region has a specific transmural gradient. To replicate the experimental conditions to be simulated, translations of the nodes belonging to the ventricular base were prevented from, and a uniform pressure linearly increasing from 0 to 5 kPa over a 0.8 s timeframe was applied on the endocardial surface. Summary 23 Figura 11: Tightening of the mesh. Characteristic dimension of the element is respectively 1.6, 0.8, and 0.4 mm Results and conclusion The overall behavior of the ventricle yielded by the simulation was first quantified in terms of time-dependent intracavitary volume and pressure-volume response for each of the three different meshes (Figure 12). These results show that improving the mesh spatial resolution beyond 0.8 mm did not change the global response of the ventricle. Also, and interestingly, the pressurevolume response of the modeled ventricle is fitted extremely well by a cubic polynomial function (R2 = 0.987), as in [30]. Figura 12: a) Internal volume on the cavity versus time, fitted by logarithmic curves; (b) Passive left ventricular pressure-volume relation, fitted with cubic polynomial curves, for different characteristic dimension of the element, respectively 1.6, 0.8, and 0.4 mm. Summary 24 However, the initial volume in the modeled ventricle, which, as already mentioned, is a human dilated ventricle, is much larger than the initial volume of the canine ventricles used in the in vitro tests. In order to compare our computational results vs. in vitro data from canine ventricles we hence used the percentage intracavitary volume change (ΔV%) instead of the simple volume change. To do so, the volume changes reported by McCulloch[30] were normalized by the mean initial volume therein reported, i.e. 40 ml. Resulting curves are depicted in Figure 13 and show that, if discretized with a sufficient spatial resolution, the ventricle finite element model is notably more compliant than real canine ventricles tested in [30]. This result could be due to several results, including i) possible differences in terms of passive mechanical properties between canine and human tissue, ii) the low thickness to inner radius ratio of the dilated ventricular geometry used in the numerical analysis, and iii) the fact that in our finite element model the ventricle is isolated, while in the in vitro tests ventricles are part of intact hearts, and thus the structures of the right heart may limit the expansion of the left ventricular chamber. The comparison vs. the experimental results by McColluch and co-workers[30] was further detailed by analyzing local strains computed on the anterior and posterior epicardial surface of the ventricular wall, at three locations for each side: base, equator, and apex. Strain values were plotted against ΔV% and compared to their experimental counterpart, as exemplified in Figure 14 for the anterior equatorial region. Results clearly show that the experimentally observed dependency of local strains on ΔV% is closely replicated by the finite element model. Yet, but consistently with the greater compliance of the human ventricle model as compared to real canine ventricles, the peak strain and ΔV% values computed by the numerical model are much larger than the corresponding values measured in vitro. Summary 25 Figura 13: Comparison between the pressure- ΔV% curve computed by finite element simulations with the three different meshes (colored dots) vs. the experimental curve (black line) obtained by normalizing volume change data reported in Figure 12 in [30] by 40 ml. Despite the aforementioned limitations, results yielded by the numerical results are encouraging. In spite of the possible inter-species differences in terms of tissue mechanical properties, and of the use of 3D model of the left ventricle derived from clinical images of a patient with ventricular dilation, several experimentally verified key features of ventricular passive mechanics were correctly captured. This outcome motivates future developments of the work, in particular towards three activities: a more robust validation of the implemented constitutive model of passive myocardium, the extension of the constitutive model so to account also for the active contraction of the tissue, and the integration of ventricular models with valvular models. Summary 26 Figura 14: Comparison between deformation at epicardial wall obtained in fiber direction ( f f ), cross-fiber direction (ss), and through the thickness of the wall (rr) in the experimental analysis on canine ventricles[30] and in the simulation (results from the thickest mesh), plotted against the normalized volumes. Capitolo 1 Anatomia e fisiopatologia del ventricolo sinistro 1.1 Anatomia del cuore Il cuore è il principale organo del sistema cardiocircolatorio: la sua funzione è pompare sangue nei distretti corporei. Situato all’interno della cavità toracica tra i due polmoni, è protetto anteriormente dallo sterno e posteriormente dalle cartilagini costali delle vertebre cardiache. E’ avvolto dal pericardio, un sacco fibrosieroso che lo isola dagli organi circostanti e al contempo lo fissa al diaframma, un muscolo che separa la cavità toracica da quella addominale (Figura 1.1). 27 CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 28 Figura 1.1: Posizione del cuore all’interno del torace. Sono evidenziati gli organi e le strutture circostanti. Il cuore ha una forma di cono appiattito in senso anteroposteriore. L’asse maggiore del cuore, detto diametro longitudinale, è mediamente lungo 13 cm in un individuo adulto e collega il centro della base del cuore con l’apice cardiaco; è inclinato di circa 45° rispetto all’asse longitudinale del corpo, posto su una linea immaginaria tesa tra spalla destra e ipocondrio sinistro. Il diametro trasversale è perpendicolare al precedente, è calcolato a livello della base e misura mediamente 10 cm (Figura 1.2) Figura 1.2: Dimensioni caratteristiche del cuore, visto secondo i piani anatomici trasversale e sagittale. In verde è evidenziata la parete epicardica, in rosso quella endocardica. CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 29 Al proprio interno il cuore è suddiviso quattro cavità: due posterosuperiori, gli atri, e due anteroinferiori, i ventricoli, rispettivamente destri e sinistri. Atri e ventricoli sono separati rispettivamente dai setti interatriale e interventricolare. Gli atri ricevono il sangue di ritorno al cuore dai vasi venosi, lo trasferiscono alle camere inferiori, i ventricoli, i quali generano la pressione necessaria a spingere la massa sanguigna verso i vasi arteriosi. Il cuore destro riceve il sangue deossigenato dalle vene cave e lo pompa ai polmoni attraverso le arterie polmonari; qui avvengono gli scambi gassosi tra vasi e polmoni e il sangue nuovamente ossigenato prosegue il suo percorso fino al cuore sinistro, immesso attraverso le vene polmonari (le uniche vene del corpo umano che contengono sangue ossigenato). Passato dall’atrio al ventricolo sinistro, è pompato da quest’ultimo in aorta (l’arteria principale) e distribuito all’intero circolo sistemico: si crea così un circuito il cui centro pompante è costituito non da una, bensì da due pompe separate e poste in serie. La sequenza di fenomeni appena descritta si ripete in modo ciclico, 60-70 volte al minuto in un soggetto adulto a riposo. In ogni ciclo cardiaco l’azione pompante delle camere ventricolari è espletata grazie alla contrazione ritmica ed autonoma del miocardio che costituisce la parete del cuore, spessa 5 − 6 cm. Come spiegato nei paragrafi a seguire, infatti, il miocardio ha una composizione principalmente muscolare, si contrae e si rilassa rispettivamente nelle fasi di sistole di diastole, ovvero le due fasi che si alternano nel singolo ciclo cardiaco. Si noti che il cuore è anch’esso un organo appartenente al circolo sistemico: in prossimità dell’origine dell’aorta si diramano le arterie coronariche, il cui compito è quello di rifornire il muscolo cardiaco di ossigeno e nutrienti e raccogliere sia le sostanze di rifiuto che l’anidride carbonica da esso generate. Questi vasi di piccolo calibro irrorano la parete esterna del cuore e sfociano direttamente in atrio destro. 1.2 [2] I Anatomia del ventricolo sinistro ventricoli del cuore, destro e sinistro, sono separati dal setto interventricolare e presentano delle caratteristiche strutturali comuni. Come già accennato, la loro forma è grossolanamente CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 30 conica, con una geometria della sezione trasversale del cono che è diversa nei due ventricoli. Nel sinistro, in particolare, tale sezione è approssimativamente circolare (Figura 1.3). Figura 1.3: Sezione trasversale dei ventricoli, in cui è evidente la diversa forma della sezione dei due ventricoli. Nel ventricolo sinistro in particolare tale sezione è pressoché circolare. La base del cono corrisponde al piano valvolare, così che ogni ventricolo ha in corrispondenza della propria base due orifizi valvolari. L’orifizio posteriore è quello della valvola atrioventricolare che separa il ventricolo dall’atrio corrispondente, ovvero la valvola tricuspide nel ventricolo destro e la valvola mitrale nel sinistro. In un soggetto adulto in condizioni fisiologiche, la valvola mitrale ha un orifizio schematizzabile in prima approssimazione come un’ellisse, il cui perimetro è di 7 − 10 cm. L’orifizio anteriore invece separa il ventricolo dalla relativa arteria di efflusso e corrisponde alla valvola polmonare nel ventricolo destro e alla valvola aortica nel sinistro. Entrambe queste valvole hanno un orifizio quasi circolare e la valvola aortica in particolare ha un perimetro di circa 7 cm in un soggetto adulto in condizioni fisiologiche. La zona di ventricolo prospicente l’orifizio atrioventricolare è detta porzione di afflusso, perché riceve il sangue dall’atrio durante la diastole ventricolare; quella affacciata sull’orifizio arterioso è invece la porzione di efflusso, deputata a sospingere il sangue verso la rispettiva arteria durante la sistole ventricolare, ed è caratterizzata da una parete liscia, priva delle trabecole carnee che CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 31 caratterizzano gran parte delle altre regioni della parete ventricolare (Figura 1.4). Le trabecole sono fasci di miocardio, per convenzione classificati in tre categorie o ordini: le trabecole del 3° ordine aderiscono interamente alla parete del ventricolo, quelle di 2° ordine sono fissate solamente alle estremità e libere di muoversi nel tratto centrale, e infine le trabecole del 1° ordine, dette muscoli papillari, hanno un’unica porzione vincolata, mentre la restante è proiettata all’interno della cavità ventricolare. Dalle estremità libere dei muscoli papillari originano le corde tendinee, dei sottili tendini costituiti da tessuto fibroso denso che si ancorano all’estremità inferiore dei lembi delle valvole atrioventricolari, fornendo un sistema di ancoraggio per le valvole e generando, attraverso le valvole atrioventricolari stesse, una continuità anatomica e meccanica tra miocardio e tessuto fibroso del piano valvolare. Le trabecole carnee hanno massimo sviluppo nella zona centrale e apicale dei ventricoli, che prende il nome di porzione trabecolata (Figura 1.4). Figura 1.4: Sezione longitudinale del ventricolo sinistro, in cui sono visibili la valvola mitrale e la valvola aortica, con i relativi tratti di afflusso (in verde) ed efflusso (in azzurro) all’interno del ventricolo. Sono inoltre visibili le strutture trabecolari, tra cui i muscoli papillari. CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 1.3 [38] La 32 Struttura del miocardio parete cardiaca è costituita da tre strati: il più esterno, formato da tessuto connettivo, è detto epicardio; quello più interno, di natura endoteliale, è detto endocardio; lo strato intermedio invece, formato da tessuto muscolare cardiaco, è la vera e propria struttura funzionale del cuore ed è detto miocardio (Figura 1.5). Figura 1.5: Struttura stratificata della parete ventricolare. Le cellule miocardiche, dette anche cardiomiociti, sono cellule muscolari striate: così come nel muscolo scheletrico, la striatura è dovuta alla presenza dei filamenti di actina e miosina, che vanno a costituire le unità contrattili delle cellule muscolari, dette sarcomeri. Il cuore riesce a svolgere la sua funzione di pompa grazie ad un processo ritmico di contrazione e distensione del muscolo cardiaco, che permette rispettivamente di aumentare e diminuire la pressione all’interno della camere, agevolando il movimento del sangue. Il meccanismo di contrazione è simile a quanto accade per il muscolo scheletrico, ma ci sono delle significative differenze. Innanzitutto i cardiomiociti sono cellule mononucleate e le fibre muscolari non sono separate, parallele tra loro e libere di contrarsi selettivamente, bensì collegate tra loro da giunzioni comunicanti, a formare CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 33 una complessa rete tridimensionale supportata da una matrice di tessuto connettivo interstiziale, che permette alla struttura cardiaca di agire e funzionare come un sincizio. Un’altra sostanziale differenza risiede nel fatto che nel cuore il meccanismo di eccitazione è intrinseco: esiste una componente muscolare, il nodo seno-atriale, situato nella parte anteriore della giunzione dell’atrio destro con la vena cava superiore, che funge da “pace-maker naturale”, generando un segnale di eccitazione che viene trasmesso dagli atri ai ventricoli sino all’apice del cuore, dando origine alla fase sistolica. Le cellule del miocardio abbondano di mitocondri e sono perfuse da una fitta rete di capillari; questo è essenziale perché per sostenere le frequenze di contrazione cardiaca (circa 70 battiti al minuto per un individuo adulto sano) necessitano di un gran quantitativo di ossigeno, che è utilizzato per convertire ATP in ADP e liberare l’energia necessaria alla contrazione (Figura 1.6). Figura 1.6: Fibre del muscolo cardiaco. In figura sono evidenziate la continuità tra le cellule del muscolo cardiaco, a formare un unico sincizio, e la presenza massiccia di mitocondri. Il muscolo ventricolare è notevolmente più spesso del muscolo atriale e, in particolare, il ventricolo sinistro ha una parete più spessa del destro, con uno spessore medio di 9 − 10 mm (contro i soli 3 mm di spessore per il ventricolo destro), che tende ad assottigliarsi avvicinandosi all’apice. Ciò è dovuto al fatto che, mentre il cuore destro pompa sangue diretto ai soli polmoni, il cuore CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 34 sinistro deve sviluppare pressioni maggiori, in modo tale che il sangue possa raggiungere gli organi più periferici del corpo. Nello spessore del miocardio si può osservare una continua e ben ordinata distribuzione angolare dell’orientamento delle miofibre, che può essere descritta interamente da due angoli di proiezione (Figura 1.7): • Angolo d’elica β : è definito nel piano circonferenziale-longitudinale e aumenta linearmente attraverso lo spessore lungo la coordinata radiale, dal valore più negativo all’epicardio al più positivo all’endocardio. Il range di apertura del ventaglio di fibre non è costante, ma varia a seconda regione anatomica del ventricolo. Immaginando di suddividere la parete ventricolare come mostrato in Figura 1.8, Rohmer e colleghi nel 2006[39] hanno condotto uno studio sulla distribuzione dell’angolo β per ogni regione individuata, ottenendo i risultati riportati in Tabella 1.1. • Angolo trasverso η: è definito nel piano radiale-circonferenziale e varia linearmente lungo l’asse longitudinale del ventricolo, da un valore di circa -15 ° alla base a uno di 15 ° all’apice. (Kerckhoffs 2003[25] ) Settale Anteriore Laterale Posteriore Basale −60° ÷ 40° −40° ÷ 60° −20° ÷ 50° −20° ÷ 60 Apicale −50° ÷ 40° −20° ÷ 60 −20° ÷ 50° −20° ÷ 60 Tabella 1.1: Variazione dell’angolo d’elica delle fibre β attraverso le 8 regioni individuate da Rohmer nella parete del miocardio. La variazione è lineare attraverso lo spessore della parete, da un angolo negativo all’epicardio ad uno positivo all’endocardio. La contrazione attiva delle fibre, in virtù di questa particolare disposizione, determina l’accorciamento miocardico longitudinale e circonferenziale, l’ispessimento della parete e la torsione data dalla rotazione contrapposta di apice e base (Figura 1.9). CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 35 Figura 1.7: I tre strati della parete ventricolare: epicardio, endocardio e miocardio. L’architettura del miocardio è caratterizzata da fibre di collagene organizzate lungo una direzione principale. Quest’ultima è descritta localmente dall’angolo d’elica β e dall’angolo trasverso η. Figura 1.8: 8 regioni individuate nella parete del ventricolo sinistro per definire l’apertura del ventaglio di fibre da endocardio a epicardio secondo diversi range di angolo β . CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 36 Figura 1.9: a) Diagramma di Wiggers del ciclo cardiaco. Mette in evidenza gli eventi del cuore sinistro: sono mostrati gli andamenti temporali delle pressioni aortica, ventricolare e atriale, la variazione volumetrica della cavità del ventricolo sinistro, l’elettrocardiogramma e i rumori cardiaci. b) Lunghezza fibre subendocardiche e subepicardiche. c) Deformazioni longitudinali di ciascuna regione del miocardio. d) Rotazione apicale e basale e torsione del ventricolo. Le curve sono riferite al singolo ciclo cardiaco suddiviso nelle 5 fasi descritte nel Paragrafo 1.4. CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 37 1.4 Ciclo cardiaco [2, 13] Il ciclo cardiaco è l’insieme degli eventi legati al flusso del sangue che avvengono nel cuore nel lasso di tempo di un battito cardiaco; sono comprese entrambe le fasi di contrazione e rilasciamento ventricolare, che prendono il nome rispettivamente di sistole e diastole. La contrazione cardiaca ha origine in un’area localizzata nell’atrio destro, detta nodo seno-atriale, costituita dalle cosiddette cellule pacemaker, le quali danno origine a un’onda di depolarizzazione che si propaga da atri a ventricoli, seguendo precise vie di conduzione presenti nel miocardio fino a raggiungere tutte le fibre miocardiche, che costituiscono un sincizio funzionale. Anche gli atri possiedono periodi di sistole atriale e diastole atriale, ma date le maggiori pressioni in gioco ed essendo i ventricoli i diretti responsabili dell’eiezione del sangue nelle arterie polmonare e aorta, con i termini sistole e diastole si fa solitamente riferimento agli avvenimenti che accadono nei soli ventricoli. A metà della fase diastolica, atri e ventricoli sono completamente rilasciati; inizia da questa fase la descrizione del ciclo cardiaco (Figura 1.9): 1. Fase di riempimento ventricolare Il sangue ritorna al cuore dalle vene sistemiche e polmonari, che seppur abbiano basse pressioni, sono sufficienti a garantire il ritorno venoso. Entra così nelle cavità atriali e passa attraverso le valvole AV all’interno dei ventricoli. A fine diastole, corrispondente alla fine della fase 1, gli atri si contraggono spingendo tutto il sangue residuo all’interno dei ventricoli. Durante tutta questa fase di riempimento ventricolare, la valvola polmonare e quella aortica sono chiuse perché la pressione del ventricolo è troppo bassa e inferiore a quelle vigenti nei rispettivi vasi. 2. Fase della contrazione isovolumetrica Inizia la sistole e i ventricoli iniziano a contrarre la loro parete, generando un aumento di pressione al loro interno. Quando questa pressione supera quella atriale le valvole AV si chiudono, ma anche le semilunari sono ancora chiuse. Il volume di sangue rimane perciò costante, ma la contrazione ventricolare continua ad aumentare la pressione generata su CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 38 di esso, finché raggiunge valori sufficienti a forzare l’apertura delle valvole polmonare e aortica. 3. Fase dell’eiezione ventricolare Con l’apertura delle valvole semilunari, il sangue può lasciare i ventricoli e andare ad irrorare i circoli polmonare e sistemico. La pressione ventricolare, dopo aver raggiunto il picco massimo, inizia a diminuire: quando è nuovamente inferiore al valore di pressione presente nell’arteria uscente dal ventricolo, la valvola semilunare si chiude, dando origine alla diastole. Non tutto il volume contenuto nel ventricolo è eiettato, ma ne resta una quantità residua pari a circa il 30-40%. 4. Fase di rilasciamento isovolumetrico A inizio della diastole successiva, nei ventricoli è presente ancora un po’ di sangue in pressione, perché la tensione ventricolare richiede tempo per tornare a zero. Tuttavia questa pressione è troppo bassa per aprire le valvole semilunari e troppo alta per permettere l’apertura delle atrioventricolari. Essendo tutte le valvole chiuse, i rilasciamento avviene a volume costante. Quando la P nel ventricolo diventa sufficientemente bassa, si aprono le valvole AV e ricomincia la fase 1. La frequenza cardiaca a riposo è normalmente 72 battiti al minuto e i tempi di sistole e diastole non sono uguali: 65% del tempo del ciclo cardiaco, quindi circa 0.5 s, è speso per la fase diastolica, per garantire il riempimento di sangue e la giusta efficienza della pompa, mentre i restanti 0.3 s sono necessari a compiere la fase sistolica. 1.5 Comportamento meccanico del tessuto miocardico [38] Il tessuto miocardico a riposo ha una risposta sforzo-deformazione passiva di tipo anisotropo, disomogeneo, incomprimibile e viscoelastico, che presenta cioè un ciclo di isteresi sotto carichi ripetuti nel tempo. Il miocardio è un tessuto muscolare e in quanto tale possiede delle unità contrattili, dette sarcomeri. La loro contrazione attiva si traduce in un cambiamento della risposta sforzo-deformazione CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 39 del tessuto rispetto a quella puramente passiva (Figura 1.10). Ovviamente, la componente attiva della risposta meccanica del tessuto è anch’essa fortemente anisotropa, in virtù dell’organizzazione spaziale delle fibre cardiache illustrata nel Paragrafo 1.3. Figura 1.10: Studio condotto sui muscoli papillari nel 1965 da Sonnenblick[42] . a) Relazione tensione lunghezza. E’ mostrata la caratteristica attiva, quella passive e la totale risultante. b) Relazione velocità di accorciamento delle fibre-forza. Inoltre, essa dipende dalla lunghezza di precarico della fibra cardiaca, secondo la legge tensionelunghezza che prende il nome di legge di Frank-Starling, per la quale il volume eiettato dal ventricolo è fortemente dipendente dal volume di fine diastole e questo determina il fenomeno intrinseco di autoregolazione del cuore (Figura 1.11). CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 40 Figura 1.11: Legge di Frank-Starling del cuore. Esiste una lunghezza ottimale del sarcomero in corrispondenza della quale la tensione esercitata determina il massimo volume di eiezione. Se il volume di fine diastole è eccessivo, le fibre son stirate e non consentono più un’eiezione efficiente, scompensando il ventricolo. Infatti, i sarcomeri che costituiscono le miofibre possiedono una lunghezza ottimale in cui sviluppano il massimo della tensione; con l’aumento del volume ventricolare di fine diastole si verifica uno stiramento delle fibre che determina una maggior capacità di contrazione all’aumentare dell’entità di stiramento, quindi una maggior efficienza di eiezione del sangue in aorta. Ciò avviene purché la lunghezza dei sarcomeri non superi una lunghezza critica, perché altrimenti il cuore si scompensa e si riduce la sua capacità contrattile. In vivo e in condizioni fisiologiche, ciò è garantito dalla caratteristica forza-allungamento delle fibre che garantisce la massima prestazione del muscolo cardiaco: essendo fortemente non lineare (Figura 1.12), permette il riempimento a bassi volumi ventricolari senza consistenti aumenti di pressione, svolgendo così un ruolo cruciale nella risposta meccanica complessiva del tessuto. Se il muscolo scheletrico presenta un range di overlap ottimale per lo sviluppo di tensione dei miofilamenti di circa 1.5 − 2.2 µm, nel muscolo cardiaco proprio per evitare lo scompenso la lunghezza media a cui si mantengono i sarcomeri, anche in virtù di eccessivi stretch, è di circa 2.3 µm. CAPITOLO 1. ANATOMIA E FISIOPATOLOGIA DEL VENTRICOLO SINISTRO 41 Figura 1.12: Relazione tensione-lunghezza per il muscolo cardiaco. Sono mostrati i valori per un cuore canino. Capitolo 2 Stato dell’arte 2.1 Modellazione delle proprietà meccaniche passive del miocardio Il tessuto miocardico ha un comportamento meccanico passivo di tipo iperelastico, come la maggior parte dei tessuti biologici soggetti a grandi deformazioni, non omogeneo, incomprimibile e anisotropo, perché la risposta alle sollecitazioni meccaniche è fortemente dipendente dalla direzionalità delle fibre miocardiche. Sebbene sia un materiale caratterizzato anche da un comportamento viscoelastico, questo aspetto non è rilevante per la modellazione meccanica, in quanto il tempo richiesto per compiere un ciclo cardiaco è molto inferiore rispetto al tempo di rilassamento della risposta viscoelastica. La viscoelasticità del muscolo cardiaco passivo è stata caratterizzata con prove di creep e relaxation condotte su muscoli papillari di gatti e conigli[35, 37] . In entrambe le specie si è osservato un rilassamento dello stato di sforzo del 30 − 40% nei primi 10 s. Le curve di rilassamento mostrano che la risposta, a parità di deformazione imposta, non dipende dall’ordine di grandezza della costante di tempo: ciò supporta l’ipotesi che la viscoelasticità del tessuto miocardico sia quasi lineare. Nella risposta di tipo creep risulta invece che, imponendo carichi isotonici, dopo circa 100 s la lunghezza originale varia solamente del 2 − 3%. La parete del ventricolo sinistro è composta da strati di miociti paralleli, che sono il tipo di 42 CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 43 cellule predominante e data la forma allungata conferiscono anisotropia al tessuto; questi occupano circa il 70% del volume, mentre il restante 30 è costituito da collagene e componenti interstiziali[11] . L’orientamento delle fibre miocardiche è eterogeneo nel tessuto non si mantiene costante, ma varia attraverso lo spessore della parete: immaginando di porre il centro di un sistema di riferimento cilindrico (R, Θ, Z) sull’asse longitudinale del ventricolo, all’aumentare della coordinata radiale aumenta anche l’angolo di rotazione delle fibre attorno all’asse R. La variazione si attua anche con la coordinata circonferenziale, a seconda dell’area del cuore considerata. In questo sistema di riferimento, come è mostrato in Figura 2.1, si possono individuare l’asse delle fibre f0 , che coincide con la direzione dell’asse principale delle fibre muscolari, l’asse in direzione del foglietto s0 , che individua la direzione cross-fibra, e l’asse n0 , ortogonale ai precedenti e che coincide con la normale uscente dal piano in cui giacciono le fibre. È di fondamentale importanza comprendere la variazione della struttura del tessuto miocardico perché questa specifica architettura è responsabile della caratteristica sforzo-deformazione passiva del miocardio. Figura 2.1: Organizzazione stratificata dei miociti all’interno della struttura collagenosa. Individua un sistema di riferimento ortonormale in cui f0 è orientato secondo l’asse delle fibre s0 è in direzione cross-fibra e n0 ortogonale ai precedenti. Inizialmente gli studi sulle proprietà meccaniche del muscolo cardiaco sono stati condotti sperimentalmente su muscoli papillare e su miocardio trabecolare, perché si pensava che il comportamento sotto stress di queste particolari zone potesse essere assimilabile a quello di un materiale omogeneo e isotropo. Tuttavia già dai primi risultati si è riscontrata una risposta non isotropa CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 44 negli stati di deformazione. Di conseguenza l’analisi si è orientata verso un approccio di tipo locale, analizzando le proprietà del muscolo cardiaco zona per zona per poter costruire successivamente un modello equivalente. Esemplificativo è il lavoro di Dokos e colleghi del 2002[9] , in cui sono stati condotti degli studi su cubetti di miocardio ventricolare di maiale, dimostrando come questo sia meno resistente alle prove di shear nei piani ( f n) e (sn), e nelle direzioni di shear f e s rispettivamente, come si evince dalla Figura 2.2. Tuttavia per i piani contenenti la direzione delle fibre la risposta varia significativamente se la direzione di shear diventa s nel piano ( f s) e n nel piano ( f n). L’immagine dimostra inoltre la risposta fortemente non lineare del tessuto miocardico e l’effetto viscoelastico introdotto precedentemente, sottolineato da piccole aree di isteresi che si generano caricando e scaricando il materiale. Figura 2.2: Sforzi di taglio ottenuti all’aumentare della deformazione di shear imposta per un cubetto di miocardio in diversi piani. Lo shear i j si riferisce a una prova di shear in direzione i nel piano i j, con i 6= j. Come introdotto precedentemente, il miocardio è un tessuto a comportamento iperelastico. Un materiale è detto iperelastico quando il lavoro compiuto dallo stato di sforzo durante il processo deformativo dipende solamente dalla configurazione iniziale al tempo t0 e da quella finale CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 45 al tempo t. Dal punto di vista matematico si postula quindi l’esistenza di una Strain Energy Function U, che è l’energia di deformazione immagazzinata nel materiale per unità di volume di riferimento, in funzione dello stato di deformazione. U è definita positiva in quanto riflette la necessità di compiere lavoro positivo per deformare il solido. In letteratura sono presenti diversi modelli costitutivi che descrivono il comportamento del miocardio e tutti si basano sulla definizione di U e delle sue derivate, a partire dalle quali è possibile determinare gli sforzi generati all’interno del tessuto. I più semplici e datati di questi modelli assumono un comportamento isotropo del miocardio (Demiray et al, 1976[8] ), ma sono inadeguati per la corretta descrizione delle proprietà meccaniche passive del miocardio, perché non tengono conto dell’orientamento preferenziale delle fibre al suo interno. Modelli più sofisticati tengono conto non solo della non-linearità, ma anche dell’anisotropia del tessuto miocardico, assumendo che esso abbia una risposta sforzo-deformazione trasversalmente isotropa (ne sono un esempio [22] i lavori di Humphrey & Yin 1987 ), Humphrey et al. 1990[21] , Guccione et al. 1991[15] , Co- sta et al. 1996[7] ) o ortotropa (come ad esempio i modelli di Hunter et al. 1997[23] , Costa et al. 2001[6] , Schmid et al. 2006[40] ). A tale scopo, in letteratura sono state usati modelli costitutivi iperelastici secondo due tipi di approccio: formulazione invariant-based e formulazione strain-based. 2.1.1 Formulazioni Formulazione invariant based Nei modelli costitutivi cosiddetti invariant-based, W è definita in funzione degli invarianti del tensore di Cauchy-Green destro, C = FT F, oppure sinistro, B = FFT , in cui F rappresenta la matrice gradiente di deformazione ∂ x/∂ X, dove x e X indicato le coordinate di un intorno di materiale rispettivamente in configurazione corrente ed indeformata. Più comune è l’utilizzo della matrice C e gli invarianti sono così calcolati: I1 = tr(C) (2.1) CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 46 I2 = 1 2 I1 − tr(C2 ) 2 I3 = det(C) = J 2 (2.2) (2.3) Definito J = det(F), questo vale 1 nel caso di materiali incomprimibili, oppure è diverso da 1 se il materiale presenta un certo grado di comprimibilità. Questi tre invarianti sono isotropi, ma se il materiale descritto presenta una direzione preferenziale nella configurazione di riferimento (è cioè trasversalmente isotropo), tale direzione è individuata dal vettore unitario a0 e si introducono due invarianti addizionali, detti pseudo-invarianti: I4 = a0 · (Ca0 ) (2.4) I5 = a0 · C2 a0 (2.5) Se le direzioni preferenziali sono due, si introduce un secondo vettore unitario b0 , e analogamente gli pseudo-invarianti ad esso riferiti sono: I6 = b0 · (Cb0 ) (2.6) I7 = b0 · C2 a0 (2.7) Inoltre è possibile definire un ulteriore pseudo-invariante misto che dipende da entrambe le direzioni: I8 = a0 · (Cb0 ) = b0 · (Ca0 ) (2.8) Con la definizione della Strain Energy Function è possibile determinare gli sforzo, in termini di tensore di Cauchy: N σ =F ∑ i=1,i6=3 Wi ∂ Ii − pI ∂F con p moltiplicatore lagrangiano, da determinarsi sulla base delle condizioni al contorno. (2.9) CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 47 Formulazione strain based Nei modelli costitutivi cosiddetti strain-based, U è direttamente dipendente dalle componenti del tensore di Green delle grandi deformazioni E, definito dalla formula E = 21 (C − I), dove I rappresenta il tensore identità del secondo ordine. U = U(E) (2.10) Per questi modelli l’assunzione è che inizialmente le fibre sono allineate lungo gli assi del sistema ortonormale di riferimento, ovvero del sistema definito in condizioni scariche. La direzione può perdere l’ortogonalità solamente a deformazione avvenuta. In questo tipo di formulazione U assume una forma del tipo: U = a · exp(Q) (2.11) Ciò che distingue un modello rispetto all’altro è l’espressione dell’esponente Q, che dipende dalle componenti di E. In questo caso il tensore degli sforzi di Cauchy è calcolato come: σ =F ∂U ∂U T − pI = F F − pI ∂F ∂E (2.12) Dallo sforzo di Cauchy è possibile passare semplicemente alla formula del Secondo Tensore di sforzo di Piola-Kirchhoff: S = JF−1 σ F−T (2.13) Indipendentemente dal tipo di definizione, invariant o strain-based, tutti i modelli costitutivi presentano una dipendenza da un set di parametri, il cui valore è stimato a partire da dati sperimentali ottenuti replicando modi deformativi simili a quanto accade in vivo. CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 2.1.2 48 Modelli Modelli trasversalmente isotropi Il primo modello anisotropo di tipo invariant-based è stato formulato da Humphrey&Yin nel 1987[22] : n h √ o 2 i U = c {exp [b (I1 − 3)] − 1} + A exp a I4 − 1 − 1 (2.14) A partire da questo, sono stati studiati e formulati modelli successivi, come quello dello stesso Humphrey e colleghi del 1990[21] : U = c1 2 3 √ √ √ I4 − 1 + c2 I4 − 1 + c3 (I1 − 3) I4 − 1 + c5 (I1 − 3)2 (2.15) Questi modelli, che utilizzano lo pseudo-invariante quarto di C, replicano una riposta trasversalmente isotropa. Inoltre, come più in generale i modelli formulati prima della metà degli anni ’90, si basavano sull’ipotesi di incomprimibilità del materiale. Questa ipotesi è stata rimossa da Kerckhoffs e colleghi[25] , che nel 2003 hanno introdotto un modello che tenesse conto anche della comprimibilità del materiale, formulando la Strain Energy Function in funzione degli invarianti Iˆ1 e Iˆ2 di E (dipendenti linearmente dagli invarianti I1 e I2 di C) e in funzione della componente del tensore di Green-Lagrange in direzione delle fibre, E f f : U = a0 exp a1 Iˆ12 + a2 Iˆ22 − 1 + a3 exp a4 E 2f f − 1 + a5 (I3 − 1)2 (2.16) Il vantaggio di questa formulazione è quello di distinguere tre termini: il primo relativo alla variazione di forma del tessuto, il secondo legato all’aumento di rigidezza in direzione delle fibre, il terzo dipendente dalle variazioni volumetriche. I modelli trasversalmente isotropi con formulazione esclusivamente strain-based che si trovano in letteratura si riconducono all’espressione formulata da Fung nel 1979[12] : 1 Q U = C e −1 2 (2.17) CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 49 E sono ad esempio quello di Guccione e colleghi del 1991[15] , che presenta il termine Q definito come: 2 2 2 2 Q = 2b1 (Enn + E f f + Ess ) + 2b2 E 2f f + b3 (Enn + Ess + Ens + Esn ) + b4 (E 2f s + Es2f + En2 f + E 2f n ) (2.18) e quello di Costa e colleghi del 1996[7] : 2 2 Q = 2b1 (Enn + E f f + Ess ) + b2 E 2f f + b3 (Ess + Enn + 2Esn Ens ) + 2b4 (E f s Es f + E f n En f ) (2.19) Questi due modelli risulteranno poi essere casi particolari del modello ortotropo proposto da Costa nel 2001[6] , che sarà illustrato nel paragrafo a seguire ed è costruito proprio a partire da questi lavori. Particolarmente interessante è il modello di Guccione, perché è stato ripreso e studiato da diversi autori, ciascuno dei quali ha ricavato un proprio set di parametri, alcuni dei quali sono riassunti in Tabella 2.1. La grande variabilità riscontrata tra questi valori è da ritrovare nel fatto che ogni stima è stata ottenuta con strumenti differenti e sulla base di dati sperimentali di partenza diversi tra loro. Anno C [kPa] b1 Autori Guccione et al.[15] (al variare 1991 b2 b3 b4 0.875 0 1.243 17.50 4.14 0.644 0 2.547 15.09 10.48 0.562 0 3.185 15.38 23.85 dell’orientamento delle fibre) Guccione et al.[16, 14] 1993 0.876 0 18.48 3.58 1.627 Xi et al.[49] 2011 0.189 0 29.9 13.5 13.3 Hadjicharalambous et al.[17] 2014 0.180 0 27.75 5.37 2.445 Tabella 2.1: Alcuni set di parametri per il modello di Guccione proposti da vari autori. CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 50 Modelli ortotropi A metà anni novanta si è dimostrato che il miocardio non è un materiale trasversalmente isotropo (LeGrice e colleghi, 1995[27] ). Alla luce di tale evidenza, sono stati formulati modelli costitutivi ortotropi. Tra questi, uno dei modelli di tipo invariant-based più interessanti e completi è quello formulato e proposto da Holzapfel nel suo lavoro del 2009[20] , che introduce la seguente Strain Energy Function: h i o a ai n a fs 2 exp [b (I1 − 3)] + ∑ exp bi (I4i − 1) − 1 + exp b f s I82 f s − 1 (2.20) U= 2b 2b f s i= f ,s 2bi Con questa formulazione, Holzapfel tiene conto del contributo isotropo, attraverso il termine dipendente da I1 , di quello trasversalmente isotropo con il termine dipendente dagli pseudoinvarianti I4 f e I4s , e di quello ortotropo con la dipendenza dello pseudo-invariante misto I8 f s . Anche i modelli ortotropi di tipo strain-based in letteratura si rifanno alla stessa formula di Fung dei modelli trasversalmente isotropi (Formula 2.17) e differiscono solamente per la definizione dell’esponente Q, che è funzione delle componenti del tensore di Green delle grandi deformazioni E, combinate diversamente e con opportuni parametri a seconda del modello considerato. Ne sono un esempio il lavoro di Costa e colleghi del 2001[6] , in cui Q è funzione di 7 parametri, quello di Schmid e colleghi del 2006[3] , che presenta una Q funzione di 12 parametri, e quello di Hunter e colleghi del 1997[23] , in cui i parametri introdotti sono 18. Va posta particolare attenzione al lavoro di Costa, il quale, come precedentemente introdotto, è arrivato alla formulazione ortotropa partendo da suoi precedenti studi, condotti nel 1996[7] , e dal lavoro di Guccione e colleghi del 1991[15] ; la Q è espressa nel seguente modo: 2 2 2 + 2b f s E 2f s + 2b f n E 2f n + 2bsn Esn Q = b f f E 2f f + bss Ess + bnn Enn (2.21) CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 2.2 51 Modellazione delle proprietà meccaniche attive del miocardio Il comportamento delle fibre miocardiche non è solamente passivo. Esse possiedono una capacità contrattile, di cui è necessario tenere conto per replicare in modo fedele il comportamento del tessuto. Un primo tentativo di descrizione della componente attiva appartiene a Hill che nel 1970[19] ha sviluppato un modello che, a partire dai risultati ottenuti per il muscolo scheletrico, cercasse di adattarsi a quello cardiaco. L’equazione di Hill è rappresentata nella Figura 2.3 e definita nel seguente modo: (v + B)(F + a) = b(F0 + a) (2.22) Con a e b costanti, v velocità di accorciamento dei sarcomeri, F forza muscolare e F0 forza massima tetanica. Figura 2.3: Relazione tra carico e velocità di accorciamento del sarcomero in una contrazione isotonica ottenuta con l’equazione di Hill. Il grosso limite di questa formulazione è che risulta complesso definire in modo rigoroso uno stato attivo al quale riferirsi, anche perché a differenza del muscolo scheletrico, quello cardiaco non raggiunge uno stato tetanico e ad ogni contrazione si osserva una tensione variabile, prima crescente e poi decrescente. CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 52 La relazione di tipo iperbolico che lega forza di contrazione e velocità di accorciamento del sarcomero è fortemente influenzata dal comportamento attivo ed è dipendente anche dalla lunghezza dei sarcomeri e dall’istante temporale considerato, perché ogni singola curva forza-velocità rappresenta un solo istante della contrazione. È quindi evidente che la contrattilità del cuore gioca un ruolo chiave nella descrizione meccanica del suo comportamento, per cui risulta piuttosto complesso scindere la componente passiva da quella attiva, come introdotto nel Capitolo 1 e illustrato in Figura 1.5. Wong e colleghi all’inizio degli anni ’70[47, 48] per primi hanno utilizzato il modello di Huxley dei filamenti di actina e miosina (il ciclo dei ponti trasversali, 1957[24] ), generalizzandolo in un modello di meccanica del muscolo cardiaco. Successivamente, nel 1980, Panerai[33] ha ripreso il modello originale di Huxley e legandolo alle leggi che descrivono l’attivazione lunghezza-dipendente, lo ha incorporato nell’equazione di cinetica di primo ordine che descrive l’interazione tra ioni calcio Ca++ e troponina C, ottenendo la seguente equazione: dAC (t) = c1Ca2f (t) [Ac0 − Ac (t)] − c2 Ac (t) dt (2.23) Dove Ac rappresenta la concentrazione di actina libera di agire con la miosina, Ac0 è una costante che rappresenta la quantità di actina totale presente nel muscolo, mentre c1 e c2 sono i tassi di associazione e dissociazione rispettivamente, mostrati in Figura 2.4. Tuttavia questo modello non tiene conto della deattivazione delle fibre. CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 53 Figura 2.4: a) Relazione tra il tasso di associazione tra Ca++ e troponina in funzione della lunghezza del sarcomero. Aumenta esponenzialmente con la lunghezza e trasla verso l’alto all’aumentare della velocità di allungamento. b) Relazione tra il tasso di dissociazione tra Ca++ e troponinain funzione della lunghezza del sarcomero. Trasla verso l’alto all’aumentare della velocità di accorciamento. Nel 1987 Pinto e colleghi[36] hanno proposto una relazione fenomenologica tra la forza attiva sviluppata nel muscolo, la lunghezza del muscolo stesso e il tempo che segue lo stimolo, validando il modello attraverso delle prove sperimentali che monitorassero gli andamenti lunghezza-tensione o forza-velocità nell’intero muscolo. Sulla base di quanto era già stato scoperto e definito dagli altri autori, Guccione e colleghi nel 1993[16, 14] , dopo aver modellizzato il comportamento del miocardio passivo, si sono concentrati sulla modellazione della contrazione miocardica. Le idee introdotte da Guccione scaturiscono dall’esigenza di giungere ad una formulazione matematica che descriva la meccanica cardiaca attiva e passiva di un ventricolo sinistro battente, interfacciando in modo piuttosto semplice e immediato le due componenti. La novità introdotta rispetto ai precedenti lavori è quella di descrivere il comportamento attivo delle fibre in funzione dell’istante in cui avvengono rapide variazioni di lunghezza. Poiché la contrazione attiva può essere facilmente descritta assumendo lo sviluppo di uno sforzo uniassiale in direzione delle fibre, l’idea è quindi quella di sommare al tensore di Cauchy passivo σp , descritto da Guccione stesso nel precedente lavoro del 1991, un CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 54 tensore attivo σa , che ha un’unica componente non nulla in direzione delle fibre f f : 0 0 0 σa = 0 σ 0 0 0 0 (2.24) σtot = σp + σa (2.25) Lo sforzo attivo σ in direzione delle fibre è funzione della tensione isometrica σ0 opportunamente scalata da una funzione Cv , che normalizza la relazione forza-velocità. σ = σ0Cv (2.26) Guccione ha formulato tre modellazioni che descrivono gli sforzi e le deformazioni generati nella parete cardiaca durante la fase sistolica a seguito dello sviluppo di una tensione attiva: • Modello di disattivazione Descrive la disattivazione di muscoli isolati in risposta a rapide variazioni di lunghezza. La tensione isometrica σ0 è suggerita dai lavori di Lacker e Peskin[26] ], i quali hanno sviluppato un modello del ciclo dei ponti definendo una relazione tra l’attivazione dell’actina e la tensione sviluppata durante una contrazione isometrica. E’ data dalla seguente equazione: σ0 = Ac p(0) f f + g(0) (2.27) In cui Ac rappresenta la concentrazione di actina libera di interagire con la miosina, p(0) è la funzione esponenziale che descrive il ciclo dei ponti valutata all’istante iniziale, f e g sono rispettivamente il tasso di attacco (costante) e distacco (funzione dello spostamento) dei ponti. Cv ha invece una formulazione complessa e definita a tratti, a seconda che le fibre si trovino in stato di accorciamento o di allungamento. CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 55 • Modello di Hill modificato Implementato a fini comparativi, non prevede la disattivazione, ma è descritto dalla stessa relazione forza-velocità in accorciamento e in allungamento ed è proprio per questa caratteristica che è definito come modello “di Hill”. L’equazione di Hill è spesso utilizzata per descrivere la relazione sigmoidale che sussiste tra tensione attiva nelle fibre cardiache e concentrazione di ioni calcio, mostrata in Figura 2.5. Figura 2.5: Relazione tensione-pCa. I dati sperimentali sono fittati con l’equazione di Hill modificata. La forza isometrica è normalizzata alla tensione di controllo, relativa alla concentrazione di calcio di saturazione pCa=4.5. Il termine Cv ha la stessa formulazione proposta dal modello di disattivazione, mentre σ0 è descritto da un’equazione fenomenologica suggerita da un precedente lavoro di Tözeren (1985)[44] espressa nel seguente modo: σ0 = σmax Ca20 Ct Ca20 + ECa250 (2.28) Nella formula, σmax rappresenta la tensione isometrica raggiunta alla massima lunghezza del sarcomero e al massimo picco di calcio intracellulare (Ca0 )max . Ct è una variabile interna, funzione di parametri costanti, dell’istante in cui viene raggiunto il picco isometrico e della lunghezza del sarcomero. CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 56 La sensitività massima lunghezza-dipendente al calcio è funzione di questo picco, di una costante B che governa la forma del picco isometrico e dalla lunghezza del sarcomero l: (Ca0 )max ECa50 = p exp [B (l − l0 )] − 1 l = lR p 2E f f + 1 (2.29) (2.30) l0 è la lunghezza del sarcomero in condizioni di tensione attiva nulla, lR è invece la lunghezza del sarcomero in condizioni scariche. • Modello dell’elastanza Formulato rimuovendo la dipendenza forza-velocità dal modello di Hill. σ0 è definito dalla Formula 2.28 come per il modello di Hill modificato, mentre Cv è posto pari a 1. Sebbene Guccione e colleghi abbiano testato i modelli su una geometria cilindrica, che quindi oltre ad essere estremamente semplificata restringe il campo d’indagine alla regione equatoriale del ventricolo, lo studio è stato confrontato con lavori sperimentali (Waldman, 1988[46] ) e ha condotto a risultati interessanti, mostrati nella Tabella 2.2. Quello principale è che il modello di disattivazione, nella sua complessità, descrive in modo più appropriato la dinamica all’interno della parete cardiaca. Ciononostante anche il modello dell’elastanza genera delle deformazioni nella fase di fine sistole che sono in buon accordo con i dati sperimentali, come è possibile osservare in Figura 2.6. E’ da tenere in considerazione che le distribuzioni ottenute sono fortemente dipendenti dalla distribuzione delle fibre nello spessore del miocardio e che le torsioni generate determinano uno spostamento delle fibre, per cui la direzione di massimo accorciamento potrebbe non corrispondere precisamente con la direzione delle fibre. CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE Sperimentali Modello di disattivazione Modello di Hill Modello dell’elastanza E11 out E11 in −0.09 ± 0.05 −0.15 ± 0.04 −0.1049 −0.1059 −0.1390 −0.1984 −0.1352 −0.1928 E22 out E22 in −0.05 ± 0.04 −0.07 ± 0.07 −0.0497 −0.0506 −0.0875 −0.0896 −0.0855 −0.0873 57 E33 out E33 in −0.19 ± 0.15 −0.34 ± 0.16 0.1689 0.2436 0.2678 0.4190 0.2573 0.3994 E12 out E12 in −0.04 ± 0.01 −0.04 ± 0.02 0.0339 0.0266 0.0453 0.0331 0.0427 0.0314 E13 out E13 in −0.01 ± 0.04 −0.06 ± 0.05 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 E23 out E23 in −0.00 ± 0.04 −0.08 ± 0.06 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 Tabella 2.2: Confronto tra le misure sperimentali di Waldman del 1988[46] e i modelli computazionali introdotti e testati di Guccione nel 1993[16, 14] Figura 2.6: Confronto tra deformazioni determinate sperimentalmente (barre scure) e calcolate a fine sistole con il modello dell’elastanza. E11 deformazione circonferenziale, E22 deformazione longitudinale E12 deformazione di taglio nel piano. Lavori molto più recenti trattano la problematica della contrazione attiva del cuore da un punto di vista più globale, non più focalizzando l’attenzione sui reali fenomeni che avvengono a livello intramuscolare, ma studiando il cuore nella sua globalità. La forza attiva del muscolo cardiaco non è governata solamente dalle proprietà passive del miocardio, ma dipende anche e principalmente dall’elestanza attiva delle miofibre che agisce attraverso il ciclo cardiaco. In un lavoro del 2005, Zhong e colleghi[50] hanno modellato la pom- CAPITOLO 2. STATO DELL’ARTE 58 pa cardiaca basando la loro descrizione sull’elastanza e la compliance del muscolo cardiaco, introducendo in particolare il nuovo concetto di elastanza data dal contributo di due termini: • un’elastanza passiva E p , definita da una relazione volume dipendente, che rappresenta la resistenza al riempimento ventricolare. E p = E p0 0 ez pV (2.31) • un’elastanza attiva Ea , che può essere utilizzata per caratterizzare lo stato contrattile del ventricolo ed è definita in funzione del tempo. Z ! C − τt Ea = Ea0 1 − e C ZR ! t−d − τ e R (2.32) Hassaballah e colleghi, in uno studio pubblicato nel 2013[18] , suggeriscono un metodo per comprendere la proprietà di elastanza attiva, che consiste nel considerare il modulo di Young delle fibre sempre inferiore o al massimo uguale a Emax = 0.5 MPa e calcolare la variazione delle proprietà elastiche delle miofibre moltiplicando la pressione che agisce sulla parete del ventricolo per una opportuna costante, definita da Emax Pmax . In Figura 2.7 è riportato l’andamento della rigidezza calcolata dagli autori. Figura 2.7: Modulo di Young attivo delle miofibre nel corso di un ciclo cardiaco. Capitolo 3 Materiali e Metodi A seguito di una accurata analisi della letteratura, la scelta del modello costitutivo per la modellazione del ventricolo è ricaduta sul modello di tipo strain-based proposto da Guccione nel 1991 [15]. Le ragioni della scelta sono individuabili in: • Ortogonalità del sistema di riferimento nei sistemi di tipo strain-based, con conseguente facilità di gestione delle componenti di sforzo e deformazione; • Modello di Guccione ampiamente studiato e validato; • Esistenza della modellazione della componente attiva facilmente interfacciabile con quella passiva (Guccione 1993 [16, 14]); Per poter utilizzare un materiale con formulazione diversa da quelli presenti nella libreria di Abaqus è necessario creare una subroutine, ovvero una funzione scritta in linguaggio Fortran che contiene le equazioni che governano il modello, che è chiamata esternamente dal solutore numerico. In particolare, per Abaqus/Explicit (SIMULIA, Dassault Systèmes) esistono due diverse possibili strategie: • vumat, che è lo strumento più generale per la definizione di un qualunque materiale; • vuanisohyper_strain, che è specifica per la descrizione di legami anisotropi con formulazione di tipo strain based. 59 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 60 Poiché sono due strumenti intrinsecamente diversi l’uno dall’altro, si è ritenuto opportuno analizzare entrambe le possibilità per valutarne criticità e punti di forza. 3.1 vumat 3.1.1 Struttura generale [1] Una subroutine di tipo vumat è utilizzata per definire il comportamento meccanico costitutivo di un materiale, e sulla base delle variabili passate in ingresso, calcola il valore di sforzo in ogni nodo di integrazione della mesh, ad ogni intervallo temporale. Durante il data-check viene effettuato il controllo sulla relazione costitutiva del materiale e calcolate le proprietà iniziali equivalenti, mentre si noti che sforzi, spostamenti, deformazioni e le altre variabili di campo, in presenza di un sistema di riferimento locale, sono riferite proprio rispetto a tali coordinate. Questo aspetto è particolarmente rilevante per i tessuti biologici in generale, che presentano tipicamente aspetti di anisotropia, e per i quali è perciò spesso necessario introdurre un orientamento locale per caratterizzarli correttamente. Questo vale in modo particolare per il tessuto miocardico, la cui anisotropia non è solo anatomica ma ha anche carattere funzionale, come precedentemente illustrato nel Paragrafo 1.3. Definire una vumat significa sostanzialmente definire la relazione tra il tensore gradiente di deformazione F e il tensore di Cauchy σ , che sarà la variabile in uscita dalla vumat. Si ricorda che F è data dalla decomposizione polare F = R · U, dove U è il tensore di stretch e R la matrice di rotazione. Questo tipo di subroutine consente all’utente di avere notevoli libertà nella definizione del legame costitutivo, servendosi al bisogno anche di ulteriori variabili che vengono prese in ingresso ad ogni iterazione. In particolare, per i materiali iperelastici, che sono caratterizzati tipicamente da grandi deformazioni, è opportuno definire lo sforzo di Cauchy dipendente dal tensore U piuttosto che direttamente dalla matrice F, per depurare il calcolo dalla componente di rotazione della deformazione, e definire così di fatto il modello in un sistema corotazionale. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 3.1.2 61 Studio preliminare - modello Neo-hookeano Prima di cimentarsi con l’implementazione di un modello complesso come quello di Guccione, è sembrato opportuno iniziare provando a creare una vumat che fosse in grado di replicare un materiale già presente nella libreria di Abaqus, e per questo scopo è stata scelta la formulazione neo-hookeana, che rientra nella categoria dei materiali iperelastici isotropi ed è caratterizzata da una funzione energia di deformazione relativamente semplice: 1 U = C10 (I¯1 − 3) + (Jel − 1)2 D1 (3.1) Come si può notare, la funzione è formata da una parte deviatorica, governata dal termine C10 e dipendente dall’invariante primo I¯1 (definito come I¯1 = tr(B) ), e da una quota a parte volumetrica, che riguarda la comprimibilità del materiale, coinvolgendo il termine Jel , che è dato da: Jel = 1 (1 + εth )3 (3.2) in cui εth rappresenta le deformazioni dovute a fenomeni termici, trascurate in questo studio (quindi di fatto per gli scopi di questo lavoro Jel = J). Pur rientrando nella categoria degli iperelastici, il materiale neo-hookeano non presenta anisotropia, e i valori delle variabili restituite sono perciò riferiti alle coordinate globali del sistema. Non essendo in alcun modo interessate al comportamento neo-hookeano, l’obiettivo di queste prove è stato puramente di carattere comparativo, per essere certe di avere il giusto approccio nella scrittura di subroutine di tipo vumat. Inizialmente si è pensato di impostare delle prove molto semplici, su un cubetto di dimensioni 1x1x1 mm3 , discretizzato con un unico elemento esaedrico: • trazione monoassiale lungo la direzione 2; • prova di pure shear in direzione 1-2, cioè la faccia di normale 1 spostata lungo la direzione 2. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 62 Le costanti che compaiono nella Strain Energy Function, C10 e D1 , sono legate alle proprietà fisiche del materiale, in particolare allo shear modulus µ e al bulk modulus K. C10 = µ [MPa] 2 2 D1 = K 1 MPa (3.3) (3.4) Questi parametri sono stati scelti in modo tale da riprodurre un comporamento gommoso[4] , caratterizzato da un valore elevato per K e molto basso per µ, e sono: C10 = 0.15 MPa corrispondente a µ = 0.3 MPa 1 D1 = 0.0125 MPa corrispondente a K = 1600 MPa Per ogni prova è stata effettuata una coppia di simulazioni, in cui nella prima il materiale è stato selezionato direttamente dalla libreria di Abaqus, mentre nella seconda definito tramite vumat. Entrambe sono state confrontate con la soluzione implementata in un foglio Excel, in cui la matrice F che determina la soluzione è estratta direttamente dalla simulazione mediante un semplice codice Python, per poter tenere conto della non-perfetta incomprimibilità del materiale, poiché la comprimibilità perfetta non può essere gestita da Abaqus/Explicit. I risultati ottenuti, mostrati nelle Figure 3.1 e 3.2, confermano quanto precedentemente introdotto. Infatti, se nel caso di trazione uniassiale in cui le rotazioni non sono sostanzialmente coinvolte, la corrispondenza tra la soluzione calcolata in Excel, la simulazione con il materiale neo-hookeano e la simulazione con la vumat è ottima, nel caso della prova di taglio si nota che lo sforzo è calcolato in modo corretto, ma che è comunque presente una piccola discrepanza, che diminuisce utilizzando nei conti la matrice U come suggerito nella documentazione . Le differenze residue sono quindi dovute proprio alla gestione delle rotazioni del sistema di riferimento da parte del solutore. Inoltre, è interessante notare in Figura 3.1 la curva “Excel Analitico”, che si discosta in maniera significativa dalle altre curve (che sono invece perfettamente sovrapposte tra loro). Tale curva è ottenuta assumendo l’ipotesi di perfetta incomprimibilità del materiale e considerando quindi J = 1; dalla teoria della meccanica dei continui, questo implica che per una prova di trazione CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 63 uniassiale, per esempio in direzione 22, la matrice F, funzione dello stretch λ , sia così calcolata: √1 λ 0 0 0 0 λ 0 0 (3.5) √1 λ Poiché in Abaqus/Explicit l’incomprimibilità non può essere gestita, si è perciò reso necessario estrarre la matrice F direttamente dalla simulazione per ottenere una curva confrontabile. Figura 3.1: Confronto tra le curve sforzo-deformazione della prova di trazione uniassiale. Si noti la discrepanza tra le curve Excel-Abaqus-Subroutine, perfettamente sovrapposte tra loro, e la curva Excel Analitico, che rappresenta la soluzione calcolata secondo l’ipotesi di perfetta incomprimibilità, non ammissibile in Abaqus/Explicit. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 64 Figura 3.2: Confronto tra le curve sforzo della prova di taglio. Da sottolineare come la corrispondenza del risultato della simulazione effettuata con la subroutine rispetto al calcolo in Excel e alla simulazione con materiale Neo-Hooke di Abaqus sia migliore se viene usata nei calcoli la matrice U rispetto alla matrice F. 3.1.3 Modello di Guccione Superato il test preliminare dell’implementazione di un semplice legame costitutivo, si è passati alla scrittura del modello di Guccione, forti di alcuni accorgimenti e strategie adottate nel più semplice caso neo-hookeano. Come precedentemente introdotto, la funzione energia proposta da Guccione ha la tipica forma di Fung: U= i Ch Q e −1 2 (3.6) cui il termine Q è così definito: 2 2 2 2 2 2 2 2 2 + ĒFC + ĒCF Q = 2b1 (ĒRR + ĒFF + ĒCC )+b2 ĒFF +b3 ĒCC + ĒRR + ĒCR + ĒRC +b4 ĒRF + ĒFR (3.7) con Eii componenti della matrice E opportunamente ruotata per per mezzo della matrice di rotazione R, che la orienta di un certo angolo θ rispetto alla direzione radiale nel piano della CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 65 parete, così da portarla nel sistema di riferimento delle fibre. Ē = R · E · RT (3.8) Si noti che la formulazione proposta da Guccione non presenta alcuna suddivisione in quota parte deviatorica e idrostatica, suddivisione che invece è opportuno adottare quando ci si appresta a scrivere una vumat. Infatti, come molti altri codici numerici, Abaqus calcola lo sforzo suddiviso nelle due componenti, e in particolare per materiali iperelastici anisotropi caratterizzati da una formulazione delle funzione energia di deformazione di tipo strain-based: 1 ∂U T S = DEV F · ·F J ∂E p=− ∂U ∂J σ = S − pI (3.9) (3.10) (3.11) Perciò, la funzione energia può essere riscritta considerando le sole componenti deviatoriche della matrice E e introducendo un termine aggiuntivo che tenga conto dell’intera deformazione volumetrica: i 1 J2 − 1 Ch Q el U= e −1 + − ln Jel 2 D 2 (3.12) In questo modo, calcolando opportunamente le derivate della Strain Energy Function è possibile ricavare agevolmente le componenti si sforzo da inserire nella subroutine. Anche in questo caso sono stati condotti semplici test (trazione uniassiale e shear) su un unico elemento esaedrico di dimensione 1x1x1 mm3 . In questo stadio del lavoro, focalizzato sullo studio del modello più che sui parametri costitutivi da utilizzare, si è scelto di riferirsi a quelli proposti da Guccione nel suo lavoro del 1993[16, 14] : C10 = 0.876 kPa b1 = 0.0 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 66 b2 = 18.48 b3 = 3.58 b4 = 1.627 Infatti in letteratura si possono trovare stime differenti proposte da diversi autori, alcune delle quali sono riportate in Tabella 2.1, e si è scelto di rimandare la scelta definitiva a una fase più avanzata, in cui i valori influenzano realmente la geometria ventricolare e lo specifico tipo di carico applicato. Inoltre, lavorando con un codice numerico e dovendo quindi separare quota parte volumetrica da quota parte deviatorica, si è reso necessario introdurre nel set dei parametri anche il valore di bulk modulus K (da cui dipende il parametro D presente nella Strain Energy Function). Per il tessuto miocardico in letteratura si trovano valori piuttosto differenti a seconda che il cuore si trovi in fase sistolica oppure in fase diastolica (Tabella 3.1). Fonte Bulk modulus Fase del ciclo cardiaco Shim, 2012[41] 380 kPa sistole Dorri, 2006[10] 600 kPa sistole Marchesseau, 2013[28] 25 MPa sistole Bettendorff-Bakman, 2006[3] 28 kPa diastole Veress, 2005[45] 160 kPa diastole Tabella 3.1: Principali valori di bulk modulus K riportati in letteratura. Dagli studi emerge che la parete cardiaca assume un diverso valore di bulk modulus in fase sistolica rispetto alla fase diastolica Si è scelto in questa analisi un valore di K intermedio, pari a 2 MPa. Tuttavia, anche in casi di semplici geometrie e condizioni di carico, il solutore restituisce errori, quasi sempre riconducibili ad eccessiva distorsione degli elementi. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 67 Infatti, per quanto l’estrema flessibilità della vumat sia un notevole vantaggio, poiché consente piena libertà nella definizione degli sforzi, rappresenta allo stesso tempo una criticità a cui prestare molta attenzione. In presenza di un problema caratterizzato da non-linearità sotto molti punti di vista come quello trattato in questo lavoro (legame costitutivo iperelastico e anisotropo, geometria ventricolare complessa e orientamenti delle fibre non uniformi attraverso lo spessore della parete), gestire tutti gli aspetti necessari al corretto funzionamento della subroutine è tutt’altro che banale. In particolare si ritiene che l’origine del problema risieda principalmente nell’utilizzo di sistemi di riferimento che non coincidono con quello globale. 3.2 vuanisohyper_strain La subroutine vuanisohyper_strain, analogamente alla vumat, serve per definire il legame costitutivo di un materiale, ma insieme alla corrispondente vuanisohyper_inv (per formulazioni di tipo invariant-based) è riferita specificatamente a materiali anisotropi. In particolare, la vuanisohyper_strain si usa per descrivere la funzione energia dipendente dalle componenti del tensore di Green E. La principale differenza rispetto alla vumat infatti, consiste in ciò che l’utente definisce all’interno della subroutine, che non sono più le relazioni tra le componenti di sforzo del tensore di Cauchy σ e quelle del tensore U , ma proprio le derivate della Strain Energy Function rispetto alle componenti di E. Tali derivate sono poi gestite automaticamente da Abaqus per calcolare lo sforzo secondo le formule precedentemente introdotte (Formule 3.9-3.11) Come sempre in Abaqus, è necessario distinguere tra quota parte deviatorica e volumetrica, e in questo caso il calcolo delle derivate rispetto a E va fatto riferendosi alla sola componente deviatorica di E. Per quanto riguarda la parte volumetrica, infatti, la subroutine utilizza il determinante della matrice F, J = det (F), che è preso in ingresso per ottenere la p da inserire nella Formula 3.11. Come per la vumat inoltre, è possibile inserire dipendenza dalle variabili di campo prese in ingresso dalla subroutine. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 68 Analogamente ai casi precedenti, anche per la vuanisohyper_strain sono state condotte semplici prove preliminari, al fine di ottenere un confronto con la soluzione implementata in un foglio Excel ed assicurarsi di avere il controllo sui calcoli operati da Abaqus. I parametri utilizzati sono gli stessi scelti per le prove con la vumat. In particolare, i test scelti sono stati, come negli altri esempi presentati, una trazione uniassiale e una prova di pure shear, e sono stati portati avanti su diversi cubetti, ciascuno con un sistema di orientamento differente, volto a riprodurre diverse disposizioni delle fibre. Entrambi i tipi di prova sono stati condotti in controllo di spostamento • per quanto riguarda la trazione è stato imposto uno spostamento uguale e contrario pari a 0.1 mm alle due facce aventi normale in direzione 2; • per le prove di shear a una faccia sono state bloccate le traslazioni nelle tre direzioni, mentre all’altra (di normale 1) è stato imposto uno spostamento in direzione 2 pari a 0.2 mm, con le restanti traslazioni bloccate. Per quanto riguarda le prove di trazione, in Figura 3.3 si può notare l’evidente effetto dell’anisotropia: lo sforzo nella direzione di trazione è tanto maggiore quanto più le fibre sono allineate a tale direzione. Dalla Tabella 3.2 invece, si può apprezzare come gli sforzi nella direzione di interesse, cioè quelli relativi alla prova in questione (σ22 per la trazione e σ12 per lo shear) trovino buon accordo con i risultati attesi, ricavati calcolando analiticamente la soluzione in Excel. Nonostante ciò si noti che la corrispondenza tra i valori diminuisce al crescere dell’angolo di rotazione del sistema. Infatti, come introdotto nel Paragrafo 3.1.2 a proposito dei test sul materiale neo-hookeano, la gestione delle rotazioni del sistema di riferimento da parte del solutore non è banale da tenere in considerazione nei calcoli analitici. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI Tipo di prova Trazione lungo direzione 2 sistema ruotato di 0° Trazione lungo direzione 2 sistema ruotato di 30° Trazione lungo direzione 2 sistema ruotato di 45° Shear direzione 12 sistema ruotato di 0° Shear direzione 12 sistema ruotato di 30° Shear direzione 12 sistema ruotato di 45° 69 valore di sforzo Abaqus [MPa] 7.038e − 3 valore di sforzo Excel [MPa] 7.038e − 3 1.472e − 3 1.586e − 3 5.431e − 4 5.866e − 4 2.392e − 4 1.231e − 4 8.166e − 5 9.869e − 5 −1.487e − 5 3.887e − 5 Tabella 3.2: Risultati delle prove di trazione e shear su cubetto monoelemento utilizzando la subroutine vuanisohyper_strain. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 70 Figura 3.3: Prove di trazione uniassiale su elemento esaedrico con diversi orientamenti. Il sistema di riferimento è ruotato in senso antiorario rispetto all’asse z rispettivamente di 0, 30 e 45 gradi. La componente lungo y delle fibre risulta perciò essere massima nel primo caso, mentre decresce aumentando il grado di rotazione. Questo comporta la progressiva diminuzione dello sforzo in direzione 22 nei tre casi. 3.3 Selezione del tipo di elemento finito Oltre alla scelta dello strumento più adeguato per la definizione delle proprietà meccaniche passive del miocardio, un aspetto rilevante ai fine della modellazione numerica della biomeccanica ventricolare è la scelta degli elementi finiti da utilizzare nel discretizzare la geometria del model- CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 71 lo. Per analizzare questo aspetto, sono state effettuate delle prove preliminari su una geometria semplice, ovvero un cilindro cavo, definendo un sistema di riferimento cilindrico e orientando le fibre in direzione circonferenziale. Le dimensioni del cilindro sono: Re = 3 mm Ri = 2.5 mm h = 30 mm Si è imposta sulla superficie interna del cilindro una pressione uniforme di 0.1 kPa, applicata secondo un andamento a rampa, e i nodi giacenti sulla superficie esterna del cilindro sono stati vincolati a non traslare in direzione longitudinale né circonferenziale, in modo da consentire solo l’espansione radiale del cilindro. Il cilindro e le condizioni imposte sono mostrati in Figura 3.4. Figura 3.4: a) Geometria utilizzata per la prova di sensitività condotta per la scelta degli elementi da utilizzare. b) Condizioni di carico e di vincolo impostate per la prova. In questa prova preliminare, la risposta meccanica del materiale costituente la parete del cilindro è stata descritta tramite il modello di Guccione implementato della subroutine vuanisohyper_strain, con il set di parametri appena descritto. In questo modo, oltre a consentire il confronto tra diversi tipi di elementi finiti, è stato possibile sfruttare questa prova per valutare ulteriormente la subroutine implementata, verificando che le simulazioni arrivassero a buon fine e i risultati fossero ragionevoli. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 72 Con queste condizioni sono stati testati tre diversi tipi di elementi, e per ogni tipo di elemento sono stati presi in considerazione tre diversi gradi di infittimento della mesh, aumentando ad ogni prova in modo proporzionale il seeding alle basi, ovvero il numero di nodi imposti sulle circonferenze che delimitano la sezione trasversale della parete del cilindro cavo: • Esaedri lineari: 3 prove in cui il numero di nodi per ciascun edge è 20, 40 e 80. • Tetraedri lineari: 3 prove in cui il numero di nodi per ciascun edge è 20, 40 e 80. • Tetraedri quadratici: 3 prove in cui il numero di nodi per ciascun edge è 12, 32 e 55. Per quest’ultimo tipo, essendo l’ordine di integrazione quadratico, è stato operato un minor grado di infittimento, in modo da rendere i risultati paragonabili ai corrispondenti ottenuti con elementi lineari in termini di distanza caratteristica tra nodi adiacenti. Gli esaedri quadratici non sono stati presi in considerazione, dal momento che il solutore numerico Abaqus/Explicit non ne consente l’utilizzo. Per ogni cilindro analizzato, si è selezionato un elemento che espone una faccia sulla cavità interna, circa a metà della distanza assiale, valutando nel suo centroide gli sforzi nelle tre direzioni principali. I risultati ottenuti sono riportati nei grafici di Figura 3.5, e supportati dai dati presenti nel lavoro di Tadepalli e colleghi[43] , confermano che il comportamento dei tetraedri lineari è troppo rigido, e non cattura il reale andamento degli sforzi: per questo motivo sono stati scartati. Nella seconda colonna della figura è perciò riportata un’analisi più dettagliata dei restanti elementi, da cui si evince che, a patto di infittire opportunamente la mesh, gli esaedri lineari hanno un comportamento paragonabile a quello dei tetraedri quadratici. In Tabella 3.3 si riportano i tempi computazionali per ciascuna tipologia di elemento analizzata. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 73 Figura 3.5: Valori di sforzo in direzione radiale, circonferenziale e assiale ottenuti nella prova di analisi di sensitività della mesh su cilindro, per diverse tipologie di elemento e diversi gradi di infittimento. seeding Esaedri lineari Tetraedri lineari Tetraedri quadratici 20 40 80 20 40 80 12 32 55 numero elementi 680 540 28800 4532 41477 139234 1554 15159 62453 tempo simulazione approssimativo 3 min30 s 30 min 2 h20 min 20 min 3 h30 min 8 h50 min 25 min 4 h30 min 17 h30 min numero cpus 8 8 8 8 4 8 4 4 8 Tabella 3.3: Grado di infittimento della mesh, numero di elementi risultati e costi computazionali per ciascuna tipologia di elemento studiata. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 74 Oltre che sui risultati appena riportati, la scelta finale in merito al tipo di elemento da adottare è stata basata su un’ulteriore considerazione: l’obiettivo più ampio del lavoro qui proposto è la simulazione della biomeccanica ventricolare tramite modelli ottenuti da immagini cliniche, in cui la geometria del dominio di calcolo, ovvero della parete ventricolare, è per forza di cose complessa. In generale, gli elementi tetraedrici rendono più semplice ottenere una mesh di buona qualità discretizzando geometrie complesse. Tuttavia, allo stesso tempo occorre definire, in modo possibilmente agevole, diversi strati miocardici attraverso lo spessore della parete, così da poter definire in ognuno un diverso orientamento delle fibre del tessuto e rendere conto del gradiente spaziale che esiste attraverso lo spessore della parete. Come sarà meglio spiegato nel paragrafo 3.4.1, il numero di strati minimo è pari a 8. Stante questa esigenza, la dimensione caratteristica degli elementi sarebbe limitata dallo spessore del singolo strato di parete; questo limite, onde evitare di ottenere elementi eccessivamente distorti, si ripercuoterebbe sulla dimensione caratteristica dei tetraedri anche lungo le altre direzioni del dominio di calcolo, portando ad un aumento massiccio del numero di nodi della mesh e quindi dell’onere computazionale delle simulazioni. Questa considerazione porta a preferire elementi esaedrici. Inoltre, ai vantaggi in termini di onere computazionale si aggiunge il fatto che una struttura ordinata come quella esaedrica consente di applicare più facilmente particolari algoritmi che siano in grado di lavorare con la connettività della mesh per estrapolare informazioni di interesse in fase di post-processing. Sulla base delle considerazioni fin qui esposte, la scelta è ricaduta sugli elementi esaedrici lineari. 3.4 Modellazione del comportamento passivo del ventricolo sinistro Poichè il modello costitutivo implementato rende conto solo delle proprietà meccaniche passive del miocardio, si è deciso di applicarlo ad una simulazione di espansione passiva del ventricolo sinistro, replicando quanto fatto sperimentalmente da McCulloch[30] . CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 3.4.1 75 Costruzione della geometria e della mesh La geometria del ventricolo è stata ottenuta a partire da dati estratti da immagini di risonanza magnetica. In un precedente lavoro di tesi (Patelli, 2015[34] ) infatti, sono state segmentate manualmente immagini di risonanza magnetica cardiaca acquisite con sequenza cine su sezioni in asse corto, ovvero perpendicolari all’asse longitudinale del ventricolo. Da tale segmentazione sono stati resi disponibili 80 punti sul contorno dell’endocardio e dell’epicardio del ventricolo sinistro, in 13 diversi piani, per un totale di 1040 punti. Questi punti sono stati inetrpolati tramite NURBS (Non-Uniform Rational Basis Spline) per ottenere la geometria mostrata in Figura 3.6. Figura 3.6: Geometria ventricolare ottenuta acquisendo da risonanza magnetica immagini secondo la modalità asse corto. Come anticipato nel paragrafo precedente, e come riportato in letteratura, l’orientamento delle fibre non è uniforme all’interno del ventricolo. Al fine di replicare correttamente questo importante aspetto anatomico, si è reso necessario intervenire nella costruzione della geometria in modo tale che fosse possibile introdurre adeguate distinzioni nella disposizione delle fibre. In particolare, si è scelto di fare riferimento al lavoro di Hassaballah[18] , che sulla base dei dati ricavati da Rohmer[39] , costruisce una semplice geometria ellissoidale e la suddivide in 8 settori, all’interno di ciascuno dei quali inserisce una variazione lineare attraverso lo spessore dell’orientamento delle fibre, come riassunto in Figura 3.7 e precedentemente introdotto in Tabella 1.1. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 76 Figura 3.7: Geometria ellissoidale suddivisa in 8 settori in base all’orientamento delle fibre utilizzata nel lavoro di Hassaballah[18] . Per gli scopi di questo lavoro, si è ritenuto sufficiente ridurre a 4 il numero di settori in cui partizionare la geometria, che per altro non è ellissoidale ma ricostruita da immagini cliniche. Infatti, la differenza tra una zona basale e la corrispondente zona apicale è piuttosto esigua ed è perciò stata ritenuta trascurabile. Allo stesso modo, si è scelto di non considerare in questo modello alcuna variazione dell’angolo trasverso η. Quindi, dagli 80 punti presenti su ciascun piano sono stati ricavati 4 gruppi di 20 nodi, a formare appunto le 4 regioni anteriore, posteriore, settale e laterale, ciascuna delle quali è stata poi ulteriormente suddivisa in diversi strati attraverso lo spessore, per replicarne la variazione transmurale. Il numero minimo di questi layer è stato individuato essere 8, in modo tale che la differenza di orientamento tra uno strato e il successivo non fosse troppo marcata, e ben tollerata dal solutore numerico. Per ottenere strati geometrici diversi equi spaziati nell’intervallo tra epicardio ed endocardio, è stato implementato un semplice algoritmo in ambiente Matlab® (MathWorksTM Inc., Natick, MA, United States), che dati due punti (il primo appartenente allo strato dell’epicardio e il corrispondente sull’endocardio) restituisce le coordinate del punto intermedio, ottenute per media aritmetica tra i valori di x, y, e z di ciascuno dei due nodi considerati. Iterando tre volte l’al- CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 77 goritmo si è ottenuta la suddivisione della parete in 8 strati nello spessore, tra loro omogenei in termini di spessore locale ad un dato valore di posizione assiale e circonferenziale nella parete (Figura 3.8). Figura 3.8: Creazione dei punti intermedi che individuano gli 8 strati nello spessore. Il procedimento è ripetuto per i 13 piani, e porta ad ottenere globalmente 9360 punti. In Figura 3.9 si può vedere il ventricolo completo. Figura 3.9: Ventricolo completo suddiviso in 8 strati su tutti i piani CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 78 L’intera nuvola di punti ottenuta consente di ricostruire la geometria, che globalmente assume la forma mostrata in Figura 3.10. Tale geometria deve poi essere discretizzata al fine di condurre l’analisi ad elementi finiti. Entrambi i passaggi, ovvero costruzione della geometria e creazione e della mesh, sono stati realizzati in Gambit® 2.4.6 (Ansys Inc., Canonsburg, PA, USA); a tale scopo, lo script in Matlab® che genera gli strati di paretea partire dai punti ottenuti tramite segmentazione di immagini cliniche è stato integrato con un secondo script, che genera un file ASCII di tipo journal, che contiene la sequenza dei comandi da eseguire in Gambit® in modo automatico. Tali comandi comprendono i) quelli necessari alla ricostruzione del volume della parete ventricolare, ii) quelli necessari alla generazione della relativa mesh di esaedri lineari e alla definizione dei gruppi di nodi e elementi necessari per definire l’orientamento locale delle fibre e per applicare le condizioni al contorno nelle successive simulazioni, iii) quelli relativi all’esportazione della mesh in un file ASCII con estensione .neu, convertibile tramite un ulteriore script Matlab® in un file di input per Abaqus. Figura 3.10: Geometria ventricolare risultante dopo la suddivisione in 8 strati e in 4 regioni anatomiche, secondo due differenti viste. Nel generare il modello geometrico e la mesh della parete ventricolare, particolare attenzione è stata posta sulla regione apicale, che risulta piuttosto critica. Infatti per poter riempire il volume con una mesh di tipo esaedrico anche a livello apicale, la soluzione più comoda e funzionale è stata quella di chiudere con delle facce le spline circonferenziali relative al tredicesimo piano e creare il volume compreso tra queste facce attraverso l’operazione “stitch faces”. A partire dai CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 79 punti ottenuti sull’immagine di risonanza magnetica acquisita e segmentata nella posizione più apicale, è stata ottenuta una serie di volumi (Figura 3.11). Figura 3.11: Costruzione del volume dell’apice come unione dei volumetti in corrispondenza dell’ultimo piano. La mesh completa è mostrata in Figura 3.12 per tre diversi gradi di infittimento, in cui la dimensione caratteristica degli elementi in zona apicale è stata impostata rispettivamente a 0.4, 0.8 e 1.6 mm. Tutte e tre le mesh sono state usate per le successive simulazioni, così da eseguire una analisi di sensitività rispetto alle dimensioni degli elementi. CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI Figura 3.12: Mesh ad esaedri lineari con tre gradi di infittimento progressivo. 80 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI 3.4.2 81 Definizione delle proprietà meccaniche del miocardio Al fine di definire l’organizzazione delle fibre all’interno della parete ventricolare, e quindi le proprietà meccaniche del miocardio, si è scelto di introdurre un sistema cilindrico globale centrato nel baricentro dei nodi della base del ventricolo, e si è utilizzato questo riferimento per definire gli orientamenti delle fibre all’interno di ogni strato e di ogni regione anatomica, ruotando di un opportuno angolo il sistema locale attorno all’asse radiale. Solo l’apice ventricolare è stato trattato in modo diverso: infatti si è optato per associare a questa regione un sistema sferico, centrato nel punto corrispondente all’apice dell’epicardio, la cui posizione è nota dalle acquisizioni di risonanza magnetica. Forti dei buoni risultati ottenuti dallo studio della mesh condotto su geometrie cilindriche, si è scelto di mantenere il set di parametri offerti da Guccione nel 1993[16, 14] , a meno del del bulk modulus, che è stato impostato a un valore diastolico (K = 0.2 MPa), coerentemente con la simulazione passiva che si intende simulare. Essendo il miocardio un tessuto biologico, il valore della densità impostato per le prove è dello stesso ordine di grandezza dell’acqua. In letteratura si trovano infatti valori di circa 1 cmg 3 [29] , pertanto è stato utilizzato un valore di densità che, rapportato alle unità di misura di MPa per gli tonn sforzi e mm per le lunghezze, è pari a 10−8 mm 3. 3.4.3 Definizione delle condizioni al contorno Al fine di simulare l’esperimento di di McCulloch e colleghi del 1989[30] , sono state bloccate le traslazioni dei nodi della mesh appartenenti alla base ventricolare, a mimare il vincolo imposto dal setup sperimentale. Contestualmente sulla superficie endocardica del ventricolo è stata applicata una pressione uniforme, crescente linearmente nel tempo da 0 a 5 kPa in un intervallo di 0.8 s. La scelta di non superare questo valore pressorio massimo è dettata dal limite massimo di capacità dei trasduttori di pressione utilizzati applicati alla parete dell’epicardio. Capitolo 4 Risultati e Discussione In questo capitolo si riportano i risultati ottenuti a seguito delle prove di inflazione passiva della geometria ventricolare ottenuta da immagini di risonanza magnetica. Per valutare la bontà della ricostruzione della struttura ventricolare, tenendo conto di aspetti non trascurabili quali l’orientamento delle fibre all’interno della cavità e la diversa dispersione a seconda della regione anatomica, si è reso necessario estrapolare dei dati che potessero essere confrontabili con alcuni risultati trovati in letteratura. In particolare si è fatto riferimento a lavori sperimentali di inflazione del ventricolo isolato da cuori canini[30] e a lavori in cui si è ricostruita una mesh a elementi finiti di ventricolo destro e sinistro da immagini di risonanza magnetica, simulandone il riempimento diastolico[3] . I principali parametri usati ai fini del confronto sono la variazione volumetrica della cavità ventricolare e le deformazioni nella parete cardiaca a fronte di una rampa pressoria da 0 a 5 kPa imposta alla parete endocardica nell’arco di 0.8 s; durata della rampa e valore massimo di pressione replicano le condizioni usate in [30]. Il confronto è stato effettuato tenendo presente che immagini di risonanza magnetica da cui è stato ottenuto il modello geometrico sono di un paziente con ventricolo sinistro dilatato, il cui volume telesistolico è superiore ai valori riscontrabili in letteratura per soggetti sani. Inoltre, i suddetti dati sono stati analizzati per la stessa simulazione effettuata con tre mesh con elementi progressivamente più piccoli, con dimensione caratteristica rispettivamente di 1.6, 0.8 e 0.4 mm, così da condurre un’analisi di sensitività rispetto alla risoluzione della griglia di 82 CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 83 calcolo. 4.1 Volume intracavitario in funzione della pressione intracavitaria Poiché il software Abaqus non consente di estrapolare direttamente i valori di volume della cavità, per ciascuna prova portata a termine sono state estratte le coordinate dei nodi dell’endocardio per 21 istanti di tempo uniformemente distribuiti durante la durata del fenomeno simulato. Con lo stesso approccio con cui si è realizzato il file journal importabile da Gambit®, approccio descritto nel Paragrafo 3.4.1, in ogni istante temporale le coordinate dei nodi sull’endocardio ventricolare sono state usate per ricostruire la geometria del volume intracavitario e misurarne l’estensione. A tale scopo, sono stati implementati due script Matlab®. Il primo di essi processa le coordinate nodali per riordinare i nodi secondo uno schema regolare. A tale scopo si sfrutta il fatto che i nodi sono disposti su una geometria ben descrivibile in coordinate cilindriche discretizzata con una mesh strutturata; dopo aver convertito le coordinate cartesiane dei nodi in coordinate cilindriche (θ , ρ, z), in cui l’asse z passa per il baricentro del ventricolo ed è allineato all’asse lungo dello stesso, i nodi sono riordinati in modo che essi siano raggruppati in N livelli lungo l’asse z e che in ogni livello siano ordinati per ordine crescente di coordinata angolare θ . Il secondo script prende in ingresso le coordinate cartesiane dei nodi così riordinati e genera un file journal importabile da Gambit®, in cui per ognuno degli N livelli i nodi sono interpolati da una non-uniform rational basis spline (NURBS). Le N linee così ottenute sono quindi interpolate per ottenere la superficie endocardica, usata per definire il volume da essa racchiuso. La procedura è esemplificata in Figura 4.1. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 84 Figura 4.1: Processo di creazione della geometria del volume intracavitario per estrapolarne il valore di volume ai diversi istanti temporali. (a) estrazione della nuvola di punti appartenenti alla superficie endocardica e ordinati secondo le convenzioni di Abaqus; (b) riordino dei nodi, raggruppandoli in N livelli lungo l’asse z e disponendoli in ogni livello per ordine crescente di coordinata angolare θ ; (c) creazione delle NURBS circonferenziali ottenute per interpolazione dei nodi; (d) creazione delle NURBS verticali; (e) superficie endocardica ottenuta interpolando le spline circonferenziali e verticali; (f) ottenimento del volume, attraverso la chiusura con altrettante due facce della base ventricolare e del buco corrispondente all’apice. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 85 I valori di volume così ottenuti in funzione del tempo sono mostrati in Figura 4.2, per i diversi gradi di infittimento della mesh. Confermato dagli studi condotti da Bettendorff-Bakman nel 2006[3] , il cui lavoro è basato sulla modellazione ad elementi finiti della riposta passiva del miocardio, si può osservare che il volume non aumenta linearmente con la pressione, ma si assesta a un valore di plateau. I risultati delle simulazioni sono ben approssimati da una curva logaritmica, con un R2 che, a seconda delle mesh considerate, varia da 0.9504 a 0.9703. Appare evidente che migliorare la risoluzione spaziale oltre a quella intermedia (0.8 mm) non porta a variazioni significativa dei risultati. È inoltre possibile notare, osservando la figura 4.3, che l’andamento delle curve risultanti dalle simulazioni è in linea con quanto riscontrato in altri lavori sia sperimentali (Nonogi[32] ) che computazionali (Bettendorff-Bakman[3] ). Figura 4.2: Variazioni volumetriche della cavità ventricolare nel tempo all’aumentare del grado di infittimento della mesh. I punti ottenuti sono interpolati con linee di tendenza di tipo logaritmico. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 86 Figura 4.3: Evoluzione temporale della pressione interna imposta alla parete endocardica e del relativo volume estrapolato durante la fase di riempimento. I triangoli rappresentano i valori sperimentali estratti dalle misure di Nonogi e colleghi[32] , le linee continue le curve pressorie imposte da Bettendorff-Bakman, e colleghi[3] . Il limite principale di questi risultati consiste nel fatto che il modello di ventricolo si basa sulla geometria di un paziente affetto da dilatazione ventricolare, con volume telesistolico di circa 240 ml. Tale valore è molto più alto di quello fisiologico, che rientra circa in un range di 62–120 ml per individui maschi, 58–103 ml per le femmine[5] . Questo limite è enfatizzato dal fatto che i test sperimentali riportati in [30] e mimati dalla simulazione sono stati condotti su cuori canini, che quindi hanno dei valori assoluti volumetrici molto inferiori a quelli umani, partendo da un valore di 40 ml a pressione nulla e arrivando ad aumentare il volume della cavità del 75 ad una pressione di 5 kPa. Ai fini di un confronto con i valori sperimentali presi da letteratura, non solo in termini di anda- CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 87 mento delle curve, ma anche di valori assoluti, sono state ricavate le curve pressione-variazione percentuale di volume ottenuta dalla simulazione (ΔV%) per ciascun grado di infittimento della mesh. Queste curve sono state confrontate con la curva omologa ottenuta normalizzando le variazioni di volume riportate da McCulloch per un volume iniziale di 40 ml, ovvero il valore medio dei campioni usati negli esperimenti. In Figura 4.4 sono mostrati gli andamenti ottenuti, ben approssimati da una curva polinomiale cubica, con un R2 che, a seconda delle mesh considerate, varia da e da 0.9961 a 0.9869. La scelta dell’interpolante è dettata dalla regressione adottata dagli autori. Figura 4.4: Curva-pressione-ΔV% ottenuta dalla simulazione per tre diversi gradi di infittimento della mesh, normalizzando le variazioni di volume intracavitario all’istante iniziale. E’ mostrata in nero la curva sperimentale ottenuta da McCulloch e colleghi[30] . Analizzando il confronto tra gli andamenti delle diverse curve relative ai gradi di infittimento della mesh, si può osservare come le due mesh più fini raggiungano una variazione volumetrica percentualmente molto più significativa rispetto alla curva sperimentale, che trova buon accordo con i dati relativi alla mesh più rada. All’origine di questa evidenza potrebbero esserci una serie di ragioni tra cui: • il fatto che il ventricolo del paziente adottato sia affetto da cardiomiopatia dilatativa potrebbe incidere sullo spessore della parete, che qualora più sottile comporterebbe una maggiore variazione di volume a parità di pressione imposta; CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 88 • i parametri adottati nelle simulazioni numeriche sono stimati su ventricoli umani, mentre gli esperimenti sono condotti su cuore canino: potrebbe entrare quindi in gioco una variabilità inter-specie; • una mesh composta da elementi con dimensione caratteristica maggiore è intrinsecamente più rigida, da cui il comportamento meno cedevole rispetto alle altre due mesh; • in silico i ventricoli sono trattati come isolati, quindi liberi di espandersi in ogni direzione, mentre stando alla procedura sperimentale descritta da McCulloch e colleghi, i test sono eseguiti su cuori integri, pertando il ventricolo risente della presenza delle strutture cardiache circostanti. 4.2 Deformazioni della parete ventricolare Un ulteriore parametro di confronto con le prove sperimentali condotte da McCulloch e colleghi, che rende più apprezzabile l’analisi, sono le deformazioni registrate all’epicardio nelle tre direzioni principali, ovvero fibra ( f f ), cross-fibra (ss) e normale uscente al piano contenente le prime due (nn). I dati sperimentali di deformazione riportati nello studio sono stati ottenuti tramite l’acquisizione video di marker posti in diverse regioni della superficie epicardica della parete ventricolare, a formare i vertici di un triangolo equilatero di lato pari a circa 15 − 20 mm, con il centroide posto rispettivamente a 30%, 50% e 75% della mediana congiungente l’anello mitralico con l’apice ventricolare. Ai fini del confronto con quei valori, si sono estrapolati dalle simulazioni i valori di deformazione nominale nelle tre direzioni principali all’epicardio nella regione anteriore e in quella posteriore, che sono le uniche valutate sperimentalmente per via della tipologia di prova, che prevede il gonfiaggio di un cuore intero. Per ciascuna di queste aree anatomiche si è ricavata la media dei valori di deformazione per elementi appartenenti a una patch quadrata di circa 2 cm di lato, ovvero di dimensioni analoghe a quelle dei triangoli equilateri definiti dai marker negli esperimenti su cuore canino, selezionate una nella zona basale, una ad altezza della regione medio-ventricolare e una in zona apicale. Si CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 89 tenga presente che il modello computazionale sviluppato in questa tesi prevede la distinzione in quattro settori anatomici, motivo per cui il confronto è potenzialemente più accurato. Nelle pagine seguenti sono riportati, per ciascuna area di entrambe le regioni anatomiche, i confronti tra i dati ottenuti sperimentalmente da McCulloch e le deformazioni estrapolate dalla simulazione numerica per ciascun grado di infittimento della mesh, al variare del ΔV%. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 90 Figura 4.5: Valori di deformazione in corrispondenza della superficie epicardica al variare del ΔV% valutati nella regione anteriore basale. Confronto tra le tre soluzioni numeriche e i valori sperimentali, nelle tre direzioni principali. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 91 Figura 4.6: Valori di deformazione in corrispondenza della superficie epicardica al variare del ΔV% valutati nella regione anteriore media. Confronto tra le tre soluzioni numeriche e i valori sperimentali, nelle tre direzioni principali. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 92 Figura 4.7: Valori di deformazione in corrispondenza della superficie epicardica al variare del ΔV% valutati nella regione anteriore apicale. Confronto tra le tre soluzioni numeriche e i valori sperimentali, nelle tre direzioni principali. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 93 Figura 4.8: Valori di deformazione in corrispondenza della superficie epicardica al variare del ΔV% valutati nella regione posteriore basale. Confronto tra le tre soluzioni numeriche e i valori sperimentali, nelle tre direzioni principali. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 94 Figura 4.9: Valori di deformazione in corrispondenza della superficie epicardica al variare del ΔV% valutati nella regione posteriore media. Confronto tra le tre soluzioni numeriche e i valori sperimentali, nelle tre direzioni principali. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 95 Figura 4.10: Valori di deformazione in corrispondenza della superficie epicardica al variare del ΔV% valutati nella regione posteriore apicale. Confronto tra le tre soluzioni numeriche e i valori sperimentali, nelle tre direzioni principali. CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 96 I risultati evidenziano che le deformazioni ottenute all’aumentare del volume sono in buon accordo con quanto accade in vivo, e che in effetti la relazione approssima bene l’andamento lineare, confermato dai valori di R2 riportati in ciascun grafico. In tutto ciò, è comunque importante tenere conto di alcuni aspetti rilevanti, che influiscono sul confronto dei dati numerici rispetto a quelli sperimentali: • in corrispondenza della zona apicale, il sistema -pur essendo definito cilindrico- non segue più la reale distribuzione delle fibre. Pertanto le deformazioni valutate nelle direzioni principali possono non trovare piena corrispondenza. • in corrispondenza della base, invece, il vincolo cinematico imposto causa probabili effetti di bordo nei valori estratti dalla simulazione numerica. • come introdotto nel paragrafo precedente, si nota che le estensioni volumetriche dei ventricoli simulati vanno ben oltre il dato sperimentale, che troverebbe probabilmente più accordo avendo a disposizione più dati, soprattutto relativi a ventricoli fisiologici. Ciò trova riscontro nel fatto che, come per le variazioni volumetriche, la mesh più rada si comporta in modo meglio assimilabile al ventricolo canino. 4.3 Conclusioni e sviluppi futuri I risultati ottenuti, pur con i limiti descritti sin qui, sono incoraggianti. Nonostante le possibili differenze inter-specie in termini di proprietà meccaniche del miocardio, che non hanno potuto rendere confrontabili in termini assoluti le simulazioni con i test in vitro, e nonostante l’utilizzo di un modello geometrico di ventricolo ricostruito da immagini di un paziente affetto da dilatazione, la simulazione di un esperimento di pressurizzazione passiva del ventricolo sinistro ha colto sia in termini qualitativi, sia in termini quantitativi diversi aspetti dell’evidenza sperimentale. Come detto nell’introduzione, la tesi qui presentata si inserisce in un’attività di ricerca più ampia incentrata sull’analisi biomeccanica di valvole cardiache tramite modellazione numerica, che si vuole estendere all’analisi congiunta di valvole e camere ventricolari. In questo modo CAPITOLO 4. RISULTATI E DISCUSSIONE 97 sarebbe possibile modellizzare diversi scenari di interesse clinico caratterizzati dalla forte interdipendenza di valvole e ventricoli. In quest’ottica, lo sviluppo di un modello di miocardio passivo qui riportato è il punto di partenza per una serie di ulteriori sviluppi volti all’obiettivo più ampio sopra descritto. Il primo passo potrebbe essere quello di una validazione ancor più robusta del modello di meccanica passiva del miocardio ventricolare, conducendo un’analisi più accurata dei parametri costitutivi del modello adottato. Successivamente si rende necessario acquisire un maggior numero di data-set da immagini di risonanza magnetica, rendendo oltremodo standardizzabile la costruzione della geometria e della mesh. Verificati questi aspetti preliminari, la direzione è quella di estendere il modello costitutivo alla risposta attiva del tessuto miocardico, legata alla contrazione attiva delle fibre in esso distribuito. L’ultimo passo per arrivare alla realizzazione di un modello completo, che sia facilmente interfacciabile con dispositivi valvolari, sarebbe quello di tener conto di appropriate condizioni al contorno che limitano e influenzano la risposta ventricolare. Si potrebbe ad esempio prevedere l’influenza dei tessuti circostanti e in particolar modo del ventricolo destro, realizzando un intorno alla geometria ventricolare alla quale vengano attribuite delle proprietà adeguate, col fine ultimo di ottenere una distribuzione di sforzi e deformazioni che trovino accordo con quanto registrato in vivo. Bibliografia [1] Abaqus documentation 6.10. [2] Giuseppe Anastasi. Trattato di anatomia umana, volume Volume primo. Edi. Ermes, quarta edizione edition, 2010. [3] D-E Bettendorff-Bakman, P Schmid, PP Lunkenheimer, and P Niederer. A finite element study relating to the rapid filling phase of the human ventricles. Journal of theoretical biology, 238(2):303–316, 2006. [4] A K Bhowmick. 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