NIHIL SUB ASTRIS NOVUM
N.
11
– 11 MAGGIO 1997
a cura di Cristina Bernasconi, Elia Cozzi e Massimo Zoggia
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
A Newsletter of
Gruppo Astrofili “Giovanni e Angelo Bernasconi”
Via S. Giuseppe, 34–36
21047 Saronno (VA)
Italy
http://www.pangea.va.it/Bernasconi
http://www.logicom.it/personal/Bernasconi
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
esaminare le coppie di fotografie, ma le immagini di Plutone
ALLA RICERCA DEL NONO PIANETA
vennero tralasciate. Rimasi stupito quando venni a sapere che
Clyde Tombaugh (A cura dell’Associazione Astrofili Trentini)
quelle due lastre erano state fatte rispettivamente il 19 marzo e il 7
aprile 1915: era infatti il periodo peggiore per la rilevazione di
Clyde Tombaugh scoprì Plutone nel 1930, quando stava
Plutone. Ma allora non si conosceva il vantaggio dell’opposizione:
lavorando al Lowell Observatory (Flagstaff, Arizona).
considerando la posizione del pianeta nel 1915, quelle lastre si
sarebbero dovute fare in dicembre. La filosofia del “trova svelto”
Molti articoli sono stati scritti e pubblicati sulla trionfale
sembrava dominare quelle prime ricerche e si traduceva in
scoperta di Plutone. Come unico membro ancora in vita del gruppo
procedure improprie: tra l’altro si stava cercando un pianeta di 13a
che lavorò al Lowell Observatory in quell’anno così deludente che
magnitudine, ossia 10 volte più luminoso di Plutone.
fu il 1929, ritengo che possa destare qualche interesse narrare gli
Nel 1915 Lowell spostò la zona su cui concentrare le ricerche
umori e le emozioni provate dalle persone di quel gruppo.
nel Toro orientale. Questa regione si trova nella Via Lattea: le
Traccerò un breve resoconto per illustrare la situazione e le
lastre erano estremamente ricche di stelle e perciò i tempi per
circostanze precedenti.
esaminarle si allungarono.
Il 16 novembre 1916 Percival Lowell morì improvvisamente di
infarto all’età di 61 anni: era ormai un uomo scoraggiato e stanco.
Per i tredici anni seguenti non venne fatta più alcuna ricerca.
La vedova di Lowell tentò di impugnare le volontà
testamentarie riguardo all’osservatorio. Sfortunatamente questo
amaro litigio si trascinò per 10 anni, sottraendo le risorse
dell’osservatorio per le spese giudiziarie e per le esose parcelle
degli avvocati. Tutto ciò determinò una drastica riduzione dei
fondi per le pubblicazioni e per l’acquisto di una fotocamera più
potente.
Finalmente Guy Lowell divenne l’unico amministratore
dell’osservatorio. Nel 1925 egli acquistò alcuni dischi di vetro da
13 pollici dalla vedova del reverendo Joel Metcalf, sperando che in
seguito ci sarebbero stati fondi disponibili per completare la
fotocamera. Guy Lowell morì nel 1927, e l’amministrazione passò
a Roger Lowell Putnam, nipote di Percival: egli era convinto che il
“pianeta dello zio Percy” sarebbe stato trovato. Dopo aver ricevuto
Plutone ripreso dall’HST
risposte negative ad alcune richieste di fondi, Roger convinse suo
zio, il dottor A. Lawrence Lowell, allora presidente dell’Harvard
Nel periodo fra il 1905 e il 1907 venne effettuata una prima
University, a versare 10.000 dollari: si riuscì a far bastare la
ricerca fotografica con lenti da 5 pollici (1 pollice corrisponde a
somma per completare l’acquisto degli strumenti, che vennero
2,54 cm [N.d.T.]), in modo da avere un campo di 5 gradi lungo il
montati nell’officina dell’osservatorio.
Piano Invariabile, che è inclinato di 1,6 gradi sull’eclittica.
Con i fondi assicurati, V.M. Slipher si tuffò nell’elaborazione
Percival Lowell esaminò le coppie di fotografie sovrapponendo
del progetto. La questione più difficile era trovare un ottico
una lastra sopra l’altra e utilizzando una lente d’ingrandimento. A
altamente competente per rifinire le lenti dell’obiettivo, che
quel tempo, però, Plutone si trovava fuori dalla striscia analizzata,
doveva essere un astrografo di tre elementi del tipo Cooke.
e inoltre era troppo debole per essere registrato.
L’ottico scelto fu C.A.R. Lundin della ditta Alvin Clark, il quale
Analizzando attentamente le anomalie dell’orbita di Urano,
aveva preparato il riflettore da 40 pollici per Lowell. Il montaggio
Lowell sperava di predire la posizione del pianeta X nel cielo: il
venne ritardato poiché una delle lenti era stata resa troppo sottile;
risultato fu la zona della Bilancia. Nel 1911 venne effettuata una
infine venne il terribile conto di 6.000 dollari: Roger inviò a
ricerca fotografica con il riflettore da 40 pollici, usando pose di
Lundin un assegno per l’ultimo pagamento.
circa dieci minuti, ma a causa dell’aberrazione tangenziale il
A questo punto entrai in scena io. Nel 1928 avevo fatto vari
campo era limitato ad un grado. Dopo un anno questo sistema
disegni di Giove e Marte all’oculare del mio nuovo riflettore da 9
venne abbandonato.
pollici, presso Fall, nel Kansas occidentale. Decisi di mandarli al
Fra il 1914 e il 1916 Lowell prese in prestito dallo
Lowell Observatory. Forse i mio disegni furono paragonati alle
Swarthmore College una fotocamera da 9 pollici furono fatte circa
loro fotografie: comunque, Slipher rimase favorevolmente
1000 lastre su una considerevole porzione di cielo. Curiosamente,
impressionato e mi invitò ad aggregarmi al suo gruppo per un
soltanto due di queste fotografie contenevano l’immagine di
periodo di prova di tre mesi.
Plutone, vicino al margine della lastra. Allora il Lowell
Dopo aver passato ventotto ore in un vagone della linea di
Observatory possedeva un Carl Zeiss Blink–Comparator per
1
Santa Fe, giunsi a Flagstaff nel primo pomeriggio del 15 gennaio
1929. Il dottor Slipher mi incontrò alla stazione e mi portò in
automobile su Mars Hill. La foresta di pini gialli era in netto
contrasto con le brulle pianure del Kansas occidentale. Ero
alquanto spaventato da tutto ciò: tutti erano estranei per me, mi
trovavo a 1.000 miglia da casa e nel mio portafoglio non c’era
abbastanza denaro per un biglietto di ritorno. Slipher mi assegnò
una camera al secondo piano dell’Administration Building (ora
conosciuto come Slipher Building).
Il giorno dopo fui portato nella nuova cupola e mi venne
mostrato il telescopio da 13 pollici; Stanley Sykes e suo figlio
stavano installando alcuni comandi manuali sulla struttura. Per la
prima volta mi fu detto che il nuovo telescopio doveva trovare il
pianeta X predetto dal Lowell: la cosa mi parve stimolante.
La lente da 13 pollici arrivò dalla ditta Alvin Clark l’11
febbraio e venne fissata alla fine del tubo di acciaio; le settimane
seguenti furono dedicate alla prova dello strumento.
Benché al principio fossero state usate lastre da 11x14 pollici,
Slipher decise di utilizzarne altre da 14x17 pollici. Si costruirono
grandi pannelli di legno che avrebbero sorretto le fotografie e le
avrebbero piegate secondo l’esatta curvatura di Petzval. Ogni
lastra veniva messa a punto su uno speciale tavolo graduato nella
camera oscura prima di essere sistemata nel telescopio. La messa a
fuoco era problematica, con una tolleranza di appena un quinto di
millimetro in una lunghezza focale di 1.700 millimetri.
Durante l’ora di posa nel freddo della cupola, alcune lastre si
spezzavano in due con un fracasso che mi faceva sussultare.
Slipher sembrava rassegnato ad accettare che qualche lastra si
rompesse, ma io no: il programma di osservazione era già
abbastanza fitto per dover ripetere le pose. Dovetti escogitare un
sistema per evitare la rottura delle lastre: cambiando l’ordine di
bloccaggio delle viti sul retro dei pannelli, le lastre non furono più
sottoposte a tensione e gli incidenti cessarono del tutto.
La mappa di Plutone realizzata grazie alle immagini dell’HST
Un altro dei primi problemi fu una vibrazione del meccanismo
di controllo a determinati angoli orari: era necessario maneggiare
con energia la manopola est–ovest. Tale fatto preoccupò molto
Slipher, poiché questo tipo di controllo poteva stancare ben presto
l’osservatore. Io provai a mettere il telescopio un po’ fuori
equilibrio, muovendo i contrappesi sull’asse di declinazione: in tal
modo il meccanismo di controllo era costretto ad esercitare una
torsione un poco più intensa. Ciò avrebbe tenuto le viti senza fine
in contatto costante con i denti dell’ingranaggio da 4 piedi (1 piede
corrisponde a 30,48 cm [N.d.T.]): così la pulsazione venne
eliminata e il controllo durante le lunghe pose diventò più agevole.
Ben presto si presentò un altro problema: le doppie immagini.
Mentre stavo controllando una posa di un’ora, si verificò un
improvviso quanto debole movimento sull’asse di declinazione,
che spostò la stella guida di circa 15 o 20 secondi di arco dalla
croce di riferimento. Rapidamente riportai la stella guida sulla
croce, ma dopo lo sviluppo la immagini di tutte le stelle
risultarono doppie.
Ciò accadde nuovamente su un’altra lastra alcune notti più
tardi. Tentai di stringere le ghiere sull’asse di declinazione, ma
2
non riuscii ad eliminare la “tosse” finché non furono tanto strette
da non poter più muovere il telescopio in declinazione. Notai che
la “tosse” si verificava sempre a 0h 42m dal meridiano celeste:
perciò, quando una posa doveva passare per quest’angolo critico,
iniziavo la procedura di rotazione del telescopio verso ovest, in
modo da far “tossire” l’asse prima di cominciare la posa. Ciò mise
fine alle doppie immagini.
Sorsero ancora altri problemi. La fotocamera era sensibile alla
“stabilità di seeing” che poteva essere ignorata con fotocamere più
piccole. Trovai che le immagini con seeing 2 non combaciavano
bene con quelle prese con seeing 4.
È della massima importanza avere una coppia di lastre che
coincidono per qualità e magnitudine delle immagini. Era un
vantaggio poter prendere le lastre quanto più vicino possibile al
meridiano celeste: se non si poteva, la lastra gemella doveva essere
presa vicino al medesimo angolo orario, per via del differente
indice di rifrazione dell’atmosfera. Dovevo programmare la posa
delle lastre gemelle durante una notte con la medesima qualità di
seeing. Inoltre, se c’era una leggera foschia, prolungavo la posa di
10 o 15 minuti oltre l’ora per ottenere lo stesso grado di
magnitudine.
Si tramanda che il filosofo greco Socrate abbia detto: “Conosci
te stesso”. Io dico: “Conosci il tuo telescopio”.
Nell’aprile del 1929 la ricerca del pianeta poté davvero
prendere inizio. Da quando era stata aggiornata, la posizione scelta
da Lowell non era stata mai nei Gemelli: Slipher volle fotografare
immediatamente questa costellazione. Furono necessarie tre paia
di lastre da 14x17 pollici per coprire l’ampiezza dei Gemelli: la
scala era di 30 millimetri per grado.
Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, Slipher esaminò le
coppie di lastre dei Gemelli in due settimane: troppo velocemente
per passare in rassegna circa 700.000 stelle. Infatti non vide le
immagini di Plutone nella coppia di Delta Geminorum. I progressi
nell’osservazione sono inversamente proporzionali al numero si
stelle che uno deve prendere in esame; e la densità di stelle nella
Via Lattea era impressionante: più di 400.000 stelle per lastra dei
Gemelli occidentali!
Ero appena salito dalla camera oscura, quando vidi V.M.
Slipher intento a rimuovere l’ultima coppia di lastre dal Blink–
Comparator. “Hai trovato il pianeta X?”, chiesi. “No, non ho
trovato nulla”, rispose con voce rassegnata: sembrava essere molto
triste, come se fosse svanita ogni speranza. Egli aveva subito una
sconfitta e lo sapeva: forse il pianeta X si trovava in qualche altra
zona dello Zodiaco. Poiché avevano altro da fare, gli altri membri
del gruppo non potevano dedicare molto tempo al difficile compito
di osservazione delle lastre.
Mi sono chiesto spesso cosa ci si potesse aspettare di vedere su
lastre prese così lontano dall’opposizione. A quel tempo, inoltre,
tutti gli asteroidi dei Gemelli dovevano muoversi verso est, dopo
un breve periodo stazionario: e anche Plutone si doveva trovare un
po’ dopo il suo punto stazionario occidentale. Comincia a pensare
che Slipher fosse sotto pressione: ma ora c’era la super–
fotocamera, e il pianeta X poteva essere trovato più facilmente.
Verso la metà di giugno era stato accumulato un centinaio di
lastre, ma solo alcune coppie erano state esaminate. Ero spossato
per un pesante turno di due settimane al telescopio, quando
Slipher venne nel mio ufficio e mi manifestò la sua volontà di
farmi esaminare le lastre: rabbrividii alla prospettiva di questo
compito così sgradevole. Dopo aver passato in rassegna un paio di
coppie, mi chiesi come avrei potuto distinguere un asteroide vicino
al suo punto stazionario dal pianeta X.
Durante la stagione piovosa, studiai le posizioni di Urano e
Nettuno in base all’American Ephemeris del 1928 e del 1929. Il
vantaggio di prendere le lastre all’opposizione divenne ovvio:
inoltre, per una data regione dello Zodiaco, c’era un solo mese di
osservazione.
Nel settembre 1929 cominciai a prendere lastre nei Pesci e le
esaminai durante il successivo periodo di luna piena. In quasi tutte
le coppie di lastre mi imbattei in alcuni falsi pianeti di 16a e 17a
magnitudine. Essi si trovavano spesso oltre il campo della
fotocamera da 5 pollici e perciò era necessario fare una verifica
con una terza lastra. Tre fotografie invece di due, inoltre,
permettevano di scegliere la coppia migliore per il confronto. Ogni
mese susseguente spostavo il campo di osservazione di 30 gradi
verso est per farlo coincidere con la regione di opposizione.
Quando raggiunsi la Via Lattea nel Toro, il gran numero di stelle
mi costrinse a rallentare l’esame delle lastre.
Nel gennaio 1930 fotografai nuovamente i Gemelli: nella
limpida notte del 21 presi la prima lastra della zona di Delta
Geminorum. Subito dopo che ebbi iniziato la posa, si levò un forte
vento da nord–est e la stella guida di 3a magnitudine cominciò a
tremolare in modo alquanto turbolento: la sua immagine si dilatò
fino al doppio del diametro angolare di Giove e al tempo stesso si
affievolì. Non avevo mai visto nella mia vita un seeing peggiore di
quello: tuttavia continuai la posa sino alla fine dell’ora e per quella
notte non presi altre lastre. Le immagini risultarono assai dilatate,
ma quella di Plutone apparve al posto giusto, coerentemente con
gli spostamenti sulle lastre del 23 e del 29 gennaio: li rilevai alle 4
pomeridiane del 18 febbraio 1930.
Negli anni seguenti, 1931 e 1932, fotografai due strisce di
cielo, una per ogni lato dello Zodiaco. Dopo aver scoperto
l’inclinazione di 17 gradi dell’orbita di Plutone, risultò facile
cercare il pianeta in un’area più ampia. Calcolai sempre la
necessaria sovrapposizione quando c’era un vuoto fra regioni di
lastre adiacenti. Proseguii la ricerca a distanze sempre maggiori
dallo Zodiaco fino al 1943, quando la seconda guerra mondiale mi
impegnò come insegnante di navigazione presso la scuola della
Marina allestita nell’Arizona State College, a Flagstaff.
Il 1929 fu un anno frenetico, soprattutto se paragonato al 1930,
anno trionfale della scoperta di Plutone.
Un’ultima ombra: dopo la scoperta, la signora Lowell volle
chiamare il nuovo pianeta “Lowell”. Ma ben presto cambiò idea e
volle che il pianeta si chiamasse come lei, “Constance”. Questa
faccenda passò come una palla di piombo all’osservatorio e V.M.
Slipher scelse di ignorarla. E magari al posto del plutonio ci
sarebbe potuto essere il “costanzio”!
MOSAICO DI IO
Questo mosaico di immagini mostra più della metà della
superficie di Io. Queste sono le migliori immagini che mostrano le
caratteristiche topografiche del satellite gioviano.
La mappa è realizzata in proiezione cilindrica e la griglia ha un
passo di 10 gradi sia in latitudine sia in longitudine.
Il mosaico copre un’area di circa 8 milioni di chilometri quadri
ed il dettaglio più piccolo ha una dimensione di circa 2.5
chilometri. Il nord è in alto e la luce solare proviene da sinistra.
Le immagini sono state riprese dalla sonda Galileo il 6
novembre 1997 da una distanza compresa tra 245719 e 403100
chilometri.
VISTA GLOBALE DI IO AD ALTA RISOLUZIONE
Questa immagine ritrae il corpo più vulcanico di tutto il
Sistema Solare. I dettagli più piccoli visibili hanno una dimensione
di 2.5 chilometri. L’immagine è centrata sulla faccia di Io che
“guarda” sempre in direzione opposta a Giove.
LANCIATORI DI ALTRI PAESI
Lunga Marcia
Nel 1970 la Repubblica Popolare Cinese usò per la prima volta
un proprio vettore di lancio. Da allora sono stati riportate da due a
tre missioni per anno, principalmente per il lancio di satelliti tra i
quali alcuni per esperimenti in assenza di peso.
Il Lunga Marcia 1, in cinese Chang Zheng 1, venne sviluppato
con l’aiuto dell’Unione Sovietica e lanciato nell’aprile del 1970.
Pesava 74 tonnellate al decollo e aveva due stadi a propellente
liquido e un upper stage a propellente solido. Era alto 30 metri e
poteva portare 300 kg in orbita terrestre bassa.
I successivi potenziamenti del Lunga Marcia 1 incrementarono
le capacità del lanciatore. Il Lunga Marcia 2 è un razzo a due stadi
che può portare da 1.8 a 4.5 tonnellate in orbita terrestre bassa. È
in uso dal 1974.
Il Lunga Marcia 3 ha aggiunto un terzo stadio criogenico
recuperabile che utilizza come propellenti ossigeno e idrogeno
liquidi.
Il vettore più potente della famiglia è il Lunga Marcia 4: ha un
primo stadio più grande di quello del Lunga Marcia 3 ed un nuovo
terzo stadio. È in grado di portare i satelliti in orbita eliosincrona.
In una delle sue missioni, nel 1988, il Lunga Marcia 4 ha lanciato
il primo satellite meteorologico cinese.
HI e HII
Progettato per lanciare grandi satelliti, il lanciatore giapponese
HI a tre stadi alimentato a propellente liquido erano alti 40 metri.
Erano in grado di portare 3200 kg in orbita terrestre bassa e540 kg
in orbita geostazionaria.
Nel 1986 l’HI ha lanciato il satellite Geodetic, per misure
terrestri. Tra il 1986 e il 1982, gli HI lanciarono 13 satelliti.
Gli HII vennero progettati per lanciare carichi più pesanti,
sonde lunari e planetarie e satelliti multipli. Questo potente vettore
di lancio, alto 50 metri, è in grado ti immettere in orbita
3
geosincrona un carico di 1.8 tonnellate.
L’HII è un lanciatore a due stadi, entrambi alimentati ad
ossigeno ed idrogeno liquidi. Due booster a combustibile solido
incrementano la spinta del primo stadio. La prima accensione del
secondo stadio porta l’HII in orbita terrestre bassa, mentre una
seconda accensione immette il carico in orbita geostazionaria.
Le missioni degli HII sono programmate per tutti gli Anni ‘90.
SLV3
Il primo razzo funzionante indiano era l’SLV3 (Satellite
Launch Vehicle).
L’SLV3 era un vettore a quattro stadi alimentato a
combustibile solido. Il primo lancio con successo avvenne nel
luglio 1980, quando il satellite Rohini venne messo in orbita
terrestre bassa.
L’SLV3 venne utilizzato anche per portare in orbita bassa altri
tre satelliti negli Anni ‘80.
Con l’aggiunta di due booster, l’SLV3 divenne la base per lo
sviluppo fallimentare dei razzi ASLV, il cui progetto venne poi
abbandonato.
L’India sta ora sviluppando il PSLV (Polar Satellite Launch
Vehicle) che sarà il primo vettore di lancio con due stadi a
propellente liquido; il PSLV ha anche due stadi a combustibile
solido.
Shavit
Nel settembre 1988 Israele lanciò Ofeq I (letteralmente
“orizzonte”), il suo primo satellite, utilizzando un missile Shavit
(letteralmente “cometa”).
Questo razzo a due stadi, alimentato a combustibile solido,
venne derivato dai missili balistici a media gittata Jericho II.
Ofeq I ebbe un lancio inusuale: il vettore di lancio aveva una
traiettoria ascendente verso ovest in modo da evitare il volo negli
spazi aerei dei paesi arabi confinanti con Israele. Dovendo volare
in direzione opposta alla rotazione terrestre, il lancio non ha potuto
sfruttare la velocità rotazionale della Terra con conseguente
diminuzione del carico utile.
Israele è ora impegnato nello sviluppo e nel lancio di satelliti
geosincroni per telecomunicazioni. Dal momento che il lancio di
questi satelliti richiede prestazioni superiori a quelle dei missili
Shavit, verrà probabilmente ricercato un lanciatore commerciale,
con buone possibilità per l’europeo Ariane.
visualizzare il cambio della durata del giorno al variare delle
stagioni. Da questa schermata si possono scegliere le varie opzioni.
Certamente le più interessanti riguardano la Mappa del cielo
che visualizza stelle, pianeti, satelliti, comete, asteroidi, oggetti
deep–sky come visibili dal luogo di osservazione. Per passare ad
una visione più dettagliata si sceglie la Visione telescopica, nella
quale possono essere selezionate ancora più opzioni, come il
campo di vista e la magnitudine limite. Interessante sono le
possibilità di scegliere il database stellare tra lo Yale Bright Star
Catalogue (BSC5) o lo Smithsonian Astronomical Observatory
Catalogue (SAO) e il calcolo della precessione e del moto proprio
delle stelle. Per avere invece una panoramica di ciò che è visibile
da un determinato luogo c’è la Vista dell’orizzonte: basta
selezionare un punto cardinale e apparirà un orizzonte fittizio,
discretamente realistico perché generato in modo frattale.
Se invece si vuole solo dare uno sguardo al Sistema solare c’è
la possibilità di mostrare le orbite dei pianeti e il loro movimento
utilizzando diversi fattori di scala e diversi punti di vista.
Purtroppo il disco planetario non viene mostrato in scala ma solo
con delle icone.
Se vi incuriosisce l’osservazione dei satelliti artificiali esiste
un’opzione per visualizzarne la posizione e i vari dati del volo; non
rivaleggia con i programmi dedicati, ma può già dare
un’indicazione sulla visibilità.
Ultimo, ma non meno importante, Home Planet contiene un
esteso database che include pianeti, asteroidi, comete, oggetti di
Messier, deep–sky (di alcuni esiste l’immagine), costellazioni,
stelle di navigazione, nomi delle stelle, sciami meteorici, navette
spaziali (le varie missioni dello Shuttle per esempio), radio
sorgenti e i dati sulle carte di alcuni atlanti (SkyAltlas 2000,
Palomar Sky Survey). Dal database si può poi passare alla visione
telescopica dell’oggetto selezionato.
In conclusione si tratta di un programma che fa un po’ di tutto,
la grafica non è eccezionale ed il programma è anche piuttosto
ingombrante (diversi megabyte), d’altronde i database occupano
molto spazio. Sono pochi, però, i programmi gratuiti che
contengono addirittura l’intero catalogo SAO (non nel database,
ma solo come opzione tra le stelle visualizzabili) purtroppo
bisogna notare che quando lo si attiva il programma ha un notevole
rallentamento nella visualizzazione della cartine.
I requisiti per l’uso sono un computer 486 o almeno un veloce
386 con coprocessore matematico (funziona anche senza, ma a
prezzo di attese esasperanti); se si vuole andare veloci ci vuole
almeno un 486 a 100 MHz.
RECENSIONE SOFTWARE: HOME PLANET
For further information about this paper please
contact:
Elia Cozzi
Via Borghi 14
22076 Mozzate (CO)
Italy
Phone and Fax: +39–331–830704
Fidonet: 2:331/101
E–mail: [email protected]
Home Planet è un programma totalmente gratuito (freeware)
per Windows 3.1 che calcola la posizione della Terra, Sole, Luna,
pianeti, asteroidi, comete e satelliti artificiali.
All’inizio del programma viene mostrata una Mappa della
Terra, con regioni illuminate dal Sole e notturne, fase della Luna,
posizione di un satellite terrestre; istruttiva è la possibilità di
4