NIHIL SUB ASTRIS NOVUM N. 11 – 11 MAGGIO 1997 a cura di Cristina Bernasconi, Elia Cozzi e Massimo Zoggia ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– A Newsletter of Gruppo Astrofili “Giovanni e Angelo Bernasconi” Via S. Giuseppe, 34–36 21047 Saronno (VA) Italy http://www.pangea.va.it/Bernasconi http://www.logicom.it/personal/Bernasconi ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– esaminare le coppie di fotografie, ma le immagini di Plutone ALLA RICERCA DEL NONO PIANETA vennero tralasciate. Rimasi stupito quando venni a sapere che Clyde Tombaugh (A cura dell’Associazione Astrofili Trentini) quelle due lastre erano state fatte rispettivamente il 19 marzo e il 7 aprile 1915: era infatti il periodo peggiore per la rilevazione di Clyde Tombaugh scoprì Plutone nel 1930, quando stava Plutone. Ma allora non si conosceva il vantaggio dell’opposizione: lavorando al Lowell Observatory (Flagstaff, Arizona). considerando la posizione del pianeta nel 1915, quelle lastre si sarebbero dovute fare in dicembre. La filosofia del “trova svelto” Molti articoli sono stati scritti e pubblicati sulla trionfale sembrava dominare quelle prime ricerche e si traduceva in scoperta di Plutone. Come unico membro ancora in vita del gruppo procedure improprie: tra l’altro si stava cercando un pianeta di 13a che lavorò al Lowell Observatory in quell’anno così deludente che magnitudine, ossia 10 volte più luminoso di Plutone. fu il 1929, ritengo che possa destare qualche interesse narrare gli Nel 1915 Lowell spostò la zona su cui concentrare le ricerche umori e le emozioni provate dalle persone di quel gruppo. nel Toro orientale. Questa regione si trova nella Via Lattea: le Traccerò un breve resoconto per illustrare la situazione e le lastre erano estremamente ricche di stelle e perciò i tempi per circostanze precedenti. esaminarle si allungarono. Il 16 novembre 1916 Percival Lowell morì improvvisamente di infarto all’età di 61 anni: era ormai un uomo scoraggiato e stanco. Per i tredici anni seguenti non venne fatta più alcuna ricerca. La vedova di Lowell tentò di impugnare le volontà testamentarie riguardo all’osservatorio. Sfortunatamente questo amaro litigio si trascinò per 10 anni, sottraendo le risorse dell’osservatorio per le spese giudiziarie e per le esose parcelle degli avvocati. Tutto ciò determinò una drastica riduzione dei fondi per le pubblicazioni e per l’acquisto di una fotocamera più potente. Finalmente Guy Lowell divenne l’unico amministratore dell’osservatorio. Nel 1925 egli acquistò alcuni dischi di vetro da 13 pollici dalla vedova del reverendo Joel Metcalf, sperando che in seguito ci sarebbero stati fondi disponibili per completare la fotocamera. Guy Lowell morì nel 1927, e l’amministrazione passò a Roger Lowell Putnam, nipote di Percival: egli era convinto che il “pianeta dello zio Percy” sarebbe stato trovato. Dopo aver ricevuto Plutone ripreso dall’HST risposte negative ad alcune richieste di fondi, Roger convinse suo zio, il dottor A. Lawrence Lowell, allora presidente dell’Harvard Nel periodo fra il 1905 e il 1907 venne effettuata una prima University, a versare 10.000 dollari: si riuscì a far bastare la ricerca fotografica con lenti da 5 pollici (1 pollice corrisponde a somma per completare l’acquisto degli strumenti, che vennero 2,54 cm [N.d.T.]), in modo da avere un campo di 5 gradi lungo il montati nell’officina dell’osservatorio. Piano Invariabile, che è inclinato di 1,6 gradi sull’eclittica. Con i fondi assicurati, V.M. Slipher si tuffò nell’elaborazione Percival Lowell esaminò le coppie di fotografie sovrapponendo del progetto. La questione più difficile era trovare un ottico una lastra sopra l’altra e utilizzando una lente d’ingrandimento. A altamente competente per rifinire le lenti dell’obiettivo, che quel tempo, però, Plutone si trovava fuori dalla striscia analizzata, doveva essere un astrografo di tre elementi del tipo Cooke. e inoltre era troppo debole per essere registrato. L’ottico scelto fu C.A.R. Lundin della ditta Alvin Clark, il quale Analizzando attentamente le anomalie dell’orbita di Urano, aveva preparato il riflettore da 40 pollici per Lowell. Il montaggio Lowell sperava di predire la posizione del pianeta X nel cielo: il venne ritardato poiché una delle lenti era stata resa troppo sottile; risultato fu la zona della Bilancia. Nel 1911 venne effettuata una infine venne il terribile conto di 6.000 dollari: Roger inviò a ricerca fotografica con il riflettore da 40 pollici, usando pose di Lundin un assegno per l’ultimo pagamento. circa dieci minuti, ma a causa dell’aberrazione tangenziale il A questo punto entrai in scena io. Nel 1928 avevo fatto vari campo era limitato ad un grado. Dopo un anno questo sistema disegni di Giove e Marte all’oculare del mio nuovo riflettore da 9 venne abbandonato. pollici, presso Fall, nel Kansas occidentale. Decisi di mandarli al Fra il 1914 e il 1916 Lowell prese in prestito dallo Lowell Observatory. Forse i mio disegni furono paragonati alle Swarthmore College una fotocamera da 9 pollici furono fatte circa loro fotografie: comunque, Slipher rimase favorevolmente 1000 lastre su una considerevole porzione di cielo. Curiosamente, impressionato e mi invitò ad aggregarmi al suo gruppo per un soltanto due di queste fotografie contenevano l’immagine di periodo di prova di tre mesi. Plutone, vicino al margine della lastra. Allora il Lowell Dopo aver passato ventotto ore in un vagone della linea di Observatory possedeva un Carl Zeiss Blink–Comparator per 1 Santa Fe, giunsi a Flagstaff nel primo pomeriggio del 15 gennaio 1929. Il dottor Slipher mi incontrò alla stazione e mi portò in automobile su Mars Hill. La foresta di pini gialli era in netto contrasto con le brulle pianure del Kansas occidentale. Ero alquanto spaventato da tutto ciò: tutti erano estranei per me, mi trovavo a 1.000 miglia da casa e nel mio portafoglio non c’era abbastanza denaro per un biglietto di ritorno. Slipher mi assegnò una camera al secondo piano dell’Administration Building (ora conosciuto come Slipher Building). Il giorno dopo fui portato nella nuova cupola e mi venne mostrato il telescopio da 13 pollici; Stanley Sykes e suo figlio stavano installando alcuni comandi manuali sulla struttura. Per la prima volta mi fu detto che il nuovo telescopio doveva trovare il pianeta X predetto dal Lowell: la cosa mi parve stimolante. La lente da 13 pollici arrivò dalla ditta Alvin Clark l’11 febbraio e venne fissata alla fine del tubo di acciaio; le settimane seguenti furono dedicate alla prova dello strumento. Benché al principio fossero state usate lastre da 11x14 pollici, Slipher decise di utilizzarne altre da 14x17 pollici. Si costruirono grandi pannelli di legno che avrebbero sorretto le fotografie e le avrebbero piegate secondo l’esatta curvatura di Petzval. Ogni lastra veniva messa a punto su uno speciale tavolo graduato nella camera oscura prima di essere sistemata nel telescopio. La messa a fuoco era problematica, con una tolleranza di appena un quinto di millimetro in una lunghezza focale di 1.700 millimetri. Durante l’ora di posa nel freddo della cupola, alcune lastre si spezzavano in due con un fracasso che mi faceva sussultare. Slipher sembrava rassegnato ad accettare che qualche lastra si rompesse, ma io no: il programma di osservazione era già abbastanza fitto per dover ripetere le pose. Dovetti escogitare un sistema per evitare la rottura delle lastre: cambiando l’ordine di bloccaggio delle viti sul retro dei pannelli, le lastre non furono più sottoposte a tensione e gli incidenti cessarono del tutto. La mappa di Plutone realizzata grazie alle immagini dell’HST Un altro dei primi problemi fu una vibrazione del meccanismo di controllo a determinati angoli orari: era necessario maneggiare con energia la manopola est–ovest. Tale fatto preoccupò molto Slipher, poiché questo tipo di controllo poteva stancare ben presto l’osservatore. Io provai a mettere il telescopio un po’ fuori equilibrio, muovendo i contrappesi sull’asse di declinazione: in tal modo il meccanismo di controllo era costretto ad esercitare una torsione un poco più intensa. Ciò avrebbe tenuto le viti senza fine in contatto costante con i denti dell’ingranaggio da 4 piedi (1 piede corrisponde a 30,48 cm [N.d.T.]): così la pulsazione venne eliminata e il controllo durante le lunghe pose diventò più agevole. Ben presto si presentò un altro problema: le doppie immagini. Mentre stavo controllando una posa di un’ora, si verificò un improvviso quanto debole movimento sull’asse di declinazione, che spostò la stella guida di circa 15 o 20 secondi di arco dalla croce di riferimento. Rapidamente riportai la stella guida sulla croce, ma dopo lo sviluppo la immagini di tutte le stelle risultarono doppie. Ciò accadde nuovamente su un’altra lastra alcune notti più tardi. Tentai di stringere le ghiere sull’asse di declinazione, ma 2 non riuscii ad eliminare la “tosse” finché non furono tanto strette da non poter più muovere il telescopio in declinazione. Notai che la “tosse” si verificava sempre a 0h 42m dal meridiano celeste: perciò, quando una posa doveva passare per quest’angolo critico, iniziavo la procedura di rotazione del telescopio verso ovest, in modo da far “tossire” l’asse prima di cominciare la posa. Ciò mise fine alle doppie immagini. Sorsero ancora altri problemi. La fotocamera era sensibile alla “stabilità di seeing” che poteva essere ignorata con fotocamere più piccole. Trovai che le immagini con seeing 2 non combaciavano bene con quelle prese con seeing 4. È della massima importanza avere una coppia di lastre che coincidono per qualità e magnitudine delle immagini. Era un vantaggio poter prendere le lastre quanto più vicino possibile al meridiano celeste: se non si poteva, la lastra gemella doveva essere presa vicino al medesimo angolo orario, per via del differente indice di rifrazione dell’atmosfera. Dovevo programmare la posa delle lastre gemelle durante una notte con la medesima qualità di seeing. Inoltre, se c’era una leggera foschia, prolungavo la posa di 10 o 15 minuti oltre l’ora per ottenere lo stesso grado di magnitudine. Si tramanda che il filosofo greco Socrate abbia detto: “Conosci te stesso”. Io dico: “Conosci il tuo telescopio”. Nell’aprile del 1929 la ricerca del pianeta poté davvero prendere inizio. Da quando era stata aggiornata, la posizione scelta da Lowell non era stata mai nei Gemelli: Slipher volle fotografare immediatamente questa costellazione. Furono necessarie tre paia di lastre da 14x17 pollici per coprire l’ampiezza dei Gemelli: la scala era di 30 millimetri per grado. Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, Slipher esaminò le coppie di lastre dei Gemelli in due settimane: troppo velocemente per passare in rassegna circa 700.000 stelle. Infatti non vide le immagini di Plutone nella coppia di Delta Geminorum. I progressi nell’osservazione sono inversamente proporzionali al numero si stelle che uno deve prendere in esame; e la densità di stelle nella Via Lattea era impressionante: più di 400.000 stelle per lastra dei Gemelli occidentali! Ero appena salito dalla camera oscura, quando vidi V.M. Slipher intento a rimuovere l’ultima coppia di lastre dal Blink– Comparator. “Hai trovato il pianeta X?”, chiesi. “No, non ho trovato nulla”, rispose con voce rassegnata: sembrava essere molto triste, come se fosse svanita ogni speranza. Egli aveva subito una sconfitta e lo sapeva: forse il pianeta X si trovava in qualche altra zona dello Zodiaco. Poiché avevano altro da fare, gli altri membri del gruppo non potevano dedicare molto tempo al difficile compito di osservazione delle lastre. Mi sono chiesto spesso cosa ci si potesse aspettare di vedere su lastre prese così lontano dall’opposizione. A quel tempo, inoltre, tutti gli asteroidi dei Gemelli dovevano muoversi verso est, dopo un breve periodo stazionario: e anche Plutone si doveva trovare un po’ dopo il suo punto stazionario occidentale. Comincia a pensare che Slipher fosse sotto pressione: ma ora c’era la super– fotocamera, e il pianeta X poteva essere trovato più facilmente. Verso la metà di giugno era stato accumulato un centinaio di lastre, ma solo alcune coppie erano state esaminate. Ero spossato per un pesante turno di due settimane al telescopio, quando Slipher venne nel mio ufficio e mi manifestò la sua volontà di farmi esaminare le lastre: rabbrividii alla prospettiva di questo compito così sgradevole. Dopo aver passato in rassegna un paio di coppie, mi chiesi come avrei potuto distinguere un asteroide vicino al suo punto stazionario dal pianeta X. Durante la stagione piovosa, studiai le posizioni di Urano e Nettuno in base all’American Ephemeris del 1928 e del 1929. Il vantaggio di prendere le lastre all’opposizione divenne ovvio: inoltre, per una data regione dello Zodiaco, c’era un solo mese di osservazione. Nel settembre 1929 cominciai a prendere lastre nei Pesci e le esaminai durante il successivo periodo di luna piena. In quasi tutte le coppie di lastre mi imbattei in alcuni falsi pianeti di 16a e 17a magnitudine. Essi si trovavano spesso oltre il campo della fotocamera da 5 pollici e perciò era necessario fare una verifica con una terza lastra. Tre fotografie invece di due, inoltre, permettevano di scegliere la coppia migliore per il confronto. Ogni mese susseguente spostavo il campo di osservazione di 30 gradi verso est per farlo coincidere con la regione di opposizione. Quando raggiunsi la Via Lattea nel Toro, il gran numero di stelle mi costrinse a rallentare l’esame delle lastre. Nel gennaio 1930 fotografai nuovamente i Gemelli: nella limpida notte del 21 presi la prima lastra della zona di Delta Geminorum. Subito dopo che ebbi iniziato la posa, si levò un forte vento da nord–est e la stella guida di 3a magnitudine cominciò a tremolare in modo alquanto turbolento: la sua immagine si dilatò fino al doppio del diametro angolare di Giove e al tempo stesso si affievolì. Non avevo mai visto nella mia vita un seeing peggiore di quello: tuttavia continuai la posa sino alla fine dell’ora e per quella notte non presi altre lastre. Le immagini risultarono assai dilatate, ma quella di Plutone apparve al posto giusto, coerentemente con gli spostamenti sulle lastre del 23 e del 29 gennaio: li rilevai alle 4 pomeridiane del 18 febbraio 1930. Negli anni seguenti, 1931 e 1932, fotografai due strisce di cielo, una per ogni lato dello Zodiaco. Dopo aver scoperto l’inclinazione di 17 gradi dell’orbita di Plutone, risultò facile cercare il pianeta in un’area più ampia. Calcolai sempre la necessaria sovrapposizione quando c’era un vuoto fra regioni di lastre adiacenti. Proseguii la ricerca a distanze sempre maggiori dallo Zodiaco fino al 1943, quando la seconda guerra mondiale mi impegnò come insegnante di navigazione presso la scuola della Marina allestita nell’Arizona State College, a Flagstaff. Il 1929 fu un anno frenetico, soprattutto se paragonato al 1930, anno trionfale della scoperta di Plutone. Un’ultima ombra: dopo la scoperta, la signora Lowell volle chiamare il nuovo pianeta “Lowell”. Ma ben presto cambiò idea e volle che il pianeta si chiamasse come lei, “Constance”. Questa faccenda passò come una palla di piombo all’osservatorio e V.M. Slipher scelse di ignorarla. E magari al posto del plutonio ci sarebbe potuto essere il “costanzio”! MOSAICO DI IO Questo mosaico di immagini mostra più della metà della superficie di Io. Queste sono le migliori immagini che mostrano le caratteristiche topografiche del satellite gioviano. La mappa è realizzata in proiezione cilindrica e la griglia ha un passo di 10 gradi sia in latitudine sia in longitudine. Il mosaico copre un’area di circa 8 milioni di chilometri quadri ed il dettaglio più piccolo ha una dimensione di circa 2.5 chilometri. Il nord è in alto e la luce solare proviene da sinistra. Le immagini sono state riprese dalla sonda Galileo il 6 novembre 1997 da una distanza compresa tra 245719 e 403100 chilometri. VISTA GLOBALE DI IO AD ALTA RISOLUZIONE Questa immagine ritrae il corpo più vulcanico di tutto il Sistema Solare. I dettagli più piccoli visibili hanno una dimensione di 2.5 chilometri. L’immagine è centrata sulla faccia di Io che “guarda” sempre in direzione opposta a Giove. LANCIATORI DI ALTRI PAESI Lunga Marcia Nel 1970 la Repubblica Popolare Cinese usò per la prima volta un proprio vettore di lancio. Da allora sono stati riportate da due a tre missioni per anno, principalmente per il lancio di satelliti tra i quali alcuni per esperimenti in assenza di peso. Il Lunga Marcia 1, in cinese Chang Zheng 1, venne sviluppato con l’aiuto dell’Unione Sovietica e lanciato nell’aprile del 1970. Pesava 74 tonnellate al decollo e aveva due stadi a propellente liquido e un upper stage a propellente solido. Era alto 30 metri e poteva portare 300 kg in orbita terrestre bassa. I successivi potenziamenti del Lunga Marcia 1 incrementarono le capacità del lanciatore. Il Lunga Marcia 2 è un razzo a due stadi che può portare da 1.8 a 4.5 tonnellate in orbita terrestre bassa. È in uso dal 1974. Il Lunga Marcia 3 ha aggiunto un terzo stadio criogenico recuperabile che utilizza come propellenti ossigeno e idrogeno liquidi. Il vettore più potente della famiglia è il Lunga Marcia 4: ha un primo stadio più grande di quello del Lunga Marcia 3 ed un nuovo terzo stadio. È in grado di portare i satelliti in orbita eliosincrona. In una delle sue missioni, nel 1988, il Lunga Marcia 4 ha lanciato il primo satellite meteorologico cinese. HI e HII Progettato per lanciare grandi satelliti, il lanciatore giapponese HI a tre stadi alimentato a propellente liquido erano alti 40 metri. Erano in grado di portare 3200 kg in orbita terrestre bassa e540 kg in orbita geostazionaria. Nel 1986 l’HI ha lanciato il satellite Geodetic, per misure terrestri. Tra il 1986 e il 1982, gli HI lanciarono 13 satelliti. Gli HII vennero progettati per lanciare carichi più pesanti, sonde lunari e planetarie e satelliti multipli. Questo potente vettore di lancio, alto 50 metri, è in grado ti immettere in orbita 3 geosincrona un carico di 1.8 tonnellate. L’HII è un lanciatore a due stadi, entrambi alimentati ad ossigeno ed idrogeno liquidi. Due booster a combustibile solido incrementano la spinta del primo stadio. La prima accensione del secondo stadio porta l’HII in orbita terrestre bassa, mentre una seconda accensione immette il carico in orbita geostazionaria. Le missioni degli HII sono programmate per tutti gli Anni ‘90. SLV3 Il primo razzo funzionante indiano era l’SLV3 (Satellite Launch Vehicle). L’SLV3 era un vettore a quattro stadi alimentato a combustibile solido. Il primo lancio con successo avvenne nel luglio 1980, quando il satellite Rohini venne messo in orbita terrestre bassa. L’SLV3 venne utilizzato anche per portare in orbita bassa altri tre satelliti negli Anni ‘80. Con l’aggiunta di due booster, l’SLV3 divenne la base per lo sviluppo fallimentare dei razzi ASLV, il cui progetto venne poi abbandonato. L’India sta ora sviluppando il PSLV (Polar Satellite Launch Vehicle) che sarà il primo vettore di lancio con due stadi a propellente liquido; il PSLV ha anche due stadi a combustibile solido. Shavit Nel settembre 1988 Israele lanciò Ofeq I (letteralmente “orizzonte”), il suo primo satellite, utilizzando un missile Shavit (letteralmente “cometa”). Questo razzo a due stadi, alimentato a combustibile solido, venne derivato dai missili balistici a media gittata Jericho II. Ofeq I ebbe un lancio inusuale: il vettore di lancio aveva una traiettoria ascendente verso ovest in modo da evitare il volo negli spazi aerei dei paesi arabi confinanti con Israele. Dovendo volare in direzione opposta alla rotazione terrestre, il lancio non ha potuto sfruttare la velocità rotazionale della Terra con conseguente diminuzione del carico utile. Israele è ora impegnato nello sviluppo e nel lancio di satelliti geosincroni per telecomunicazioni. Dal momento che il lancio di questi satelliti richiede prestazioni superiori a quelle dei missili Shavit, verrà probabilmente ricercato un lanciatore commerciale, con buone possibilità per l’europeo Ariane. visualizzare il cambio della durata del giorno al variare delle stagioni. Da questa schermata si possono scegliere le varie opzioni. Certamente le più interessanti riguardano la Mappa del cielo che visualizza stelle, pianeti, satelliti, comete, asteroidi, oggetti deep–sky come visibili dal luogo di osservazione. Per passare ad una visione più dettagliata si sceglie la Visione telescopica, nella quale possono essere selezionate ancora più opzioni, come il campo di vista e la magnitudine limite. Interessante sono le possibilità di scegliere il database stellare tra lo Yale Bright Star Catalogue (BSC5) o lo Smithsonian Astronomical Observatory Catalogue (SAO) e il calcolo della precessione e del moto proprio delle stelle. Per avere invece una panoramica di ciò che è visibile da un determinato luogo c’è la Vista dell’orizzonte: basta selezionare un punto cardinale e apparirà un orizzonte fittizio, discretamente realistico perché generato in modo frattale. Se invece si vuole solo dare uno sguardo al Sistema solare c’è la possibilità di mostrare le orbite dei pianeti e il loro movimento utilizzando diversi fattori di scala e diversi punti di vista. Purtroppo il disco planetario non viene mostrato in scala ma solo con delle icone. Se vi incuriosisce l’osservazione dei satelliti artificiali esiste un’opzione per visualizzarne la posizione e i vari dati del volo; non rivaleggia con i programmi dedicati, ma può già dare un’indicazione sulla visibilità. Ultimo, ma non meno importante, Home Planet contiene un esteso database che include pianeti, asteroidi, comete, oggetti di Messier, deep–sky (di alcuni esiste l’immagine), costellazioni, stelle di navigazione, nomi delle stelle, sciami meteorici, navette spaziali (le varie missioni dello Shuttle per esempio), radio sorgenti e i dati sulle carte di alcuni atlanti (SkyAltlas 2000, Palomar Sky Survey). Dal database si può poi passare alla visione telescopica dell’oggetto selezionato. In conclusione si tratta di un programma che fa un po’ di tutto, la grafica non è eccezionale ed il programma è anche piuttosto ingombrante (diversi megabyte), d’altronde i database occupano molto spazio. Sono pochi, però, i programmi gratuiti che contengono addirittura l’intero catalogo SAO (non nel database, ma solo come opzione tra le stelle visualizzabili) purtroppo bisogna notare che quando lo si attiva il programma ha un notevole rallentamento nella visualizzazione della cartine. I requisiti per l’uso sono un computer 486 o almeno un veloce 386 con coprocessore matematico (funziona anche senza, ma a prezzo di attese esasperanti); se si vuole andare veloci ci vuole almeno un 486 a 100 MHz. RECENSIONE SOFTWARE: HOME PLANET For further information about this paper please contact: Elia Cozzi Via Borghi 14 22076 Mozzate (CO) Italy Phone and Fax: +39–331–830704 Fidonet: 2:331/101 E–mail: [email protected] Home Planet è un programma totalmente gratuito (freeware) per Windows 3.1 che calcola la posizione della Terra, Sole, Luna, pianeti, asteroidi, comete e satelliti artificiali. All’inizio del programma viene mostrata una Mappa della Terra, con regioni illuminate dal Sole e notturne, fase della Luna, posizione di un satellite terrestre; istruttiva è la possibilità di 4