umorismo,La teoria del benessere,Le formule della felicità

Gli studi sull’umorismo
Già Aristotele affermava che il meccanismo che ci fa ridere è
l’incongruità, cioè quel qualcosa che si svolge diversamente
da come ce lo aspettiamo, ma senza conseguenze drammatiche,
oppure dal mescolamento di
due idee o situazioni
profondamente diverse. Era filosofia, ma oggi è la psicologia
ad occuparsi dell’umorismo come uno degli elementi di forza
della nostra personalità.
Willibald
Ruch,
professore
di
psicologia
cognitiva
all’Università di Zurigo ed autorità indiscussa nel campo
degli studi sull’umorismo, intervistato da Mente & Cervello,
afferma che l’umorismo al centro delle sue ricerche ha poco a
che vedere con le barzellette: è una filosofia di vita, un
modo di affrontare le imperfezioni del mondo e le nostre,
imparando che la perfezione non esiste e che si può sorridere
alle avversità, ridere di quello che non va per il verso
giusto, perché in questo modo si vive meglio.
Gli studi sull’umorismo mettono in evidenza il peso
dell’ambiente sulla capacità di fare umorismo; sono insomma le
comunità che definiscono quando e dove è legittimo praticare
lo humor, indipendentemente dalla capacità dei singoli
individui di farlo. Ci sono molti esempi: in Italia non si
ride in chiesa o a un funerale, mentre in alcune chiese
statunitensi è perfettamente normale; in Romania ci sono
cimiteri dove le lapidi riportano commenti divertenti sui
defunti perché per loro è un modo legittimo di ricordarli.
La
capacità
di
apprezzare
l’umorismo è anche una questione di atteggiamento nei
confronti della vita, va di pari passo con la passione per le
novità, la complessità, per tutto quello che non ci è noto e
familiare e sembra avere a che fare anche con le scelte
politiche. “Ci sono studi che mostrano come le persone che
hanno un orientamento politico conservatore preferiscano un
umorismo più tradizionale e stereotipato, mentre i nonsense e
i giochi di parole basati sull’assurdo piacciono a chi ha un
atteggiamento più liberal, più aperto.” afferma lo psicologo
cognitivo Willibald Ruch.
Esistono studi anche sugli effetti
terapeutici dell’umorismo, ma soffrono del fatto che manca una
classificazione e, pertanto, diventa difficile determinare un
rapporto causa-effetto, ad esempio capire se il beneficio
riscontrato derivi dal fatto di ridere o dalle ragioni per cui
ridiamo.
Gli studiosi sono comunque concordi sul fatto che possiamo
vivere meglio se impariamo a scoprire il valore della
leggerezza, a vedere il lato buffo della vita e di noi stessi,
a partire dal nostro aspetto fisico o dalle cose su cui non
avremmo nessuna voglia di scherzare. Imparare a farlo quando
siamo stressati è poi la cosa migliore che possiamo fare per
mandare lo stress … “a quel paese”.
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
Mente & Cervello, dicembre 2015, Psicologia dell’umorismo,
intervista di Paola Emilia Cicerone a Willibald Ruch
A. Dionigi, P. Gremigni, Psicologia dell’umorismo, Carocci
Editore, 2010
La teoria del benessere
L’inventore della Psicologia Positiva, ricercatore e docente
di Psicologia all’Università della Pennsylvania, Martin E. P.
Seligman, ha sostituito la sua teoria della felicità autentica
con la teoria del benessere, a seguito del riscontro di alcune
mancanze.
La teoria del benessere rende merito alla complessità della
felicità e cerca di farla uscire dall’ambito ristretto della
soggettività. La felicità è una cosa direttamente misurabile
soggettivamente attraverso le emozioni positive che suscita;
il benessere, invece, non è un’entità direttamente misurabile,
ma un costrutto formato da più elementi, questi direttamente
misurabili. Il benessere, non la felicità, è l’argomento della
psicologia positiva.
Al benessere concorrono cinque elementi misurabili, nessuno
dei quali definisce da solo il benessere, ma tutti vi
contribuiscono:
Emozioni positive,
Coinvolgimento,
Relazioni positive,
Significato,
Realizzazione.
Il primo elemento nella teoria del benessere è l’emozione
positiva, ossia la felicità e la soddisfazione di vita che
generano l’emozione positiva.
Il coinvolgimento è quello stato di flusso nel quale siamo
talmente assorbiti da un’attività che ci piace da non
avvertire lo scorrere del tempo e da non essere attraversati
da alcun altro pensiero che non sia quello relativo
all’attività che ci sta coinvolgendo.
Le relazioni positive sono importanti per il benessere perché
lo alimentano con i sorrisi, gli ascolti, la gentilezza, ecc..
Gli scienziati hanno scoperto che compiere un atto di
gentilezza produce un aumento istantaneo di benessere. Tutti i
momenti belli della nostra vita si verificano in compagnia di
altre persone.
Il significato che diamo alle nostre azioni ed alla nostra
esistenza è un elemento importantissimo e, secondo me, è alla
base del benessere, più che esserne solo un elemento. Il
significato non è lo scopo immediato di un’azione, ma il
sentirsi parte di qualcosa che consideriamo più grande di noi
stessi e che va oltre noi stessi.
La realizzazione (o riuscita) è un altro elemento di
benessere, ma quando è ricercata per il suo valore intrinseco,
cioè senza collegamento con gli altri elementi, non apporta
nulla in termini di emozione positiva, significato e relazioni
positive.
La teoria del benessere di Martin
Seligman mi piace, ma non considera altri elementi importanti
per il benessere, associabili all’indissolubile legame mentecorpo:
esercizio fisico e sana alimentazione: mente sana in
corpo sano;
consapevolezza dell’attimo presente: vivere il momento
presente, allargando gli spazi di consapevolezza
dell’esistente;
mindsight: vista sui contenuti della mente, lucidità e
governo delle emozioni.
A presto!
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
M. E.P. Seligman, Fai fiorire la tua vita, Torino, Anteprima,
2012
Martin E.P. Seligman, La costruzione della felicità, Milano,
Sperling Paperback, 2005
Le formule della felicità
La felicità è una percezione e sensazione soggettiva che
dipende da molti fattori, non ultimi il temperamento ed i
nostri geni, ma molto, anzi tantissimo, dipende da noi e dal
nostro atteggiamento nei confronti della vita e dei suoi
eventi.
Non riconosceremmo la felicità senza i momenti d’infelicità,
parti entrambi della vita.
La psicologia positiva ha elaborato, un po’ per gioco ed un
po’ per sintesi didattica, delle formule matematiche che ci
aiutano a capire meglio come si manifesta la felicità.
La formula di Sonja Lyubormirsky è:
F = P + C + A
F corrisponde a felicità,
P alla base di partenza ossia al punto determinato
biologicamente (l’influsso del nostro temperamento e dei
nostri geni, ma anche le condizioni attuali del nostro corpo,
malato o in salute),
C alle condizioni di vita (città o campagna, lavoro più o meno
soddisfacente, democrazia o dittatura, con famiglia o senza,
ecc.),
A alle attività volontarie che si intraprendono per aumentare
il benessere.
In sostanza, Sonja Lybormirsky ci dice che la
somma della nostra predisposizione ad essere
condizioni in cui viviamo e delle attività che
volontariamente per aumentare il nostro grado di
felicità è la
felici, delle
intraprendiamo
benessere.
Martin Seligman, fondatore della psicologia positiva, sostiene
– invece – che la felicità è la somma di:
F = EP + CO + S
F corrisponde a felicità.
EP corrisponde alle emozioni positive,
CO corrisponde al coinvolgimento, cioè alla capacità di
rendersi presenti a ciò che si sta vivendo,
S corrisponde al senso che riusciamo a dare alla nostra vita.
In sostanza, Martin Seligman ci dice che la felicità è la
somma delle emozioni positive, amplificate dalla
consapevolezza del presente e dall’aver dato un senso alla
nostra vita.
Christophe André, psichiatra francese, ha elaborato questa
formula:
F = B X CS
F corrisponde a felicità,
B corrisponde a benessere
CS corrisponde a coscienza.
In sostanza, Christophe André ci dice che la felicità
corrisponde al prendere coscienza, rendersi presenti a ciò che
si sta vivendo, in modo da trasformare il benessere, da mero
dato animale, in felicità, un vissuto più tipicamente umano.
Tutte e tre le formule della felicità sono valide, tanto è
complessa la ricerca della felicità; potremmo però affermare
che quella più completa è F = P + C + A, quella più profonda è
F = EP + CO + S, quella più semplice è F = B X CS.
Cinzia Malaguti
Leggi anche:
La psicologia positiva
Le pre-condizioni alla felicità
Bibliografia:
Martin E.P. Seligman, La costruzione della felicità, Milano,
Sperling Paperback, 2005
Martin E.P. Seligman, Imparare l’ottimismo, Firenze, Giunti,
1996
C. André, E non dimenticarti di essere felice, esercizi di
psicologia positiva, Milano, Mondadori, 2015
Legrenzi, La felicità, Bologna, Il Mulino, 1998