Approaches to Teaching Collodi`s «Pinocchio» and

«Bollettino '900», 2009, n. 1-2, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2009-i/>
Martine Bovo-Romoeuf, Stefania Ricciardi (a cura
di), Frammenti d'Italia. Le forme narrative della
non-fiction 1990 - 2005, Firenze, Franco Cesati
Editore, 2006, pp.145, € 20,00
di Claudia La Via
Raccontare è spesso una rivisitazione degli eventi, di qualcosa che si
conosce e che si vuole metabolizzare o condividere attraverso la scrittura.
Scrivere diventa dunque terapia, indagine introspettiva o del reale, spesso
anche cronaca dei fatti attraverso l'occhio di chi racconta, rivive o
semplicemente ricorda.
In Italia, dopo la genesi tardiva del romanzo che si colloca a metà
dell'Ottocento e che giunge poi all'apice a ridosso degli anni '50 -'60 del
Novecento, la fucina delle idee e del racconto subisce una sostanziale
battuta d'arresto. Gli "anni di piombo" sono stati quasi completamente
ignorati dai nostri scrittori e questo ha causato un vuoto abissale in termini
di consequenzialità storica e di coscienza letteraria.
Inevitabile dunque che oggi - quasi come una sorta di compensazione - si
sia imposta un'esigenza imprescindibile e confusa di narrare, di raccontare
il paese, di ripartire dalla cronaca, dalla notizia dei fatti, per arrivare - forse
- anche alla metamorfosi della verità in fiction.
Ad emergere da queste creazioni letterarie a metà tra romanzo, reportage
e inchiesta giornalistica sono quindi i fatti più recenti, che entrano nella
memoria come cronaca e che finiscono per delineare la fisionomia del
paese. La cronaca diventa allora un pretesto, un'occasione per
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raccontare, sotto la coltre del "romanzato", l'unico elemento sicuro della
realtà: la sua inafferrabilità.
Frammenti d'Italia cerca di ripercorrere le tappe di quest'ultimo decennio
letterario e ne indaga la genesi delle forme narrative: della fiction che
convive con la non-fiction, della storia e della verità dei fatti che si
combinano
e
si
contaminano
con
l'esigenza
di
fare
-
anche
inconsciamente - letteratura. Grazie a una miscellanea di interventi di
docenti universitari e ricercatori sul tema della non-fiction - che esaminano
alcuni estratti o racconti di autori italiani tra il 1990 e il 2005 - il volume
indaga la necessità degli scrittori, ma anche della stessa scrittura, di
adattarsi e rinnovarsi alle mutate condizioni sociali, culturali e politiche del
paese.
È difficile oggi per molti scrittori pensare a una codifica precisa in termini
letterari, perché il loro raccontare vuole essere qualcosa che sfugge al
"genere" storicamente codificato, perché oggi forse non esiste più il
"sovratesto" prima del testo, la forma prima della sostanza. E allora
scrivere diventa pure esigenza attuale, contemporanea: la voglia di
raccontare la cronaca e trasformarla in storia, di trasformare la vita che
scorre, le sensazioni e il vissuto in un messaggio da comunicare al lettore.
Sarà forse poi proprio il lettore - il lettore critico - a tentare di incanalare ciò
che ha letto in un filone, a definirlo, a categorizzarlo.
Come sottolinea Federico Pellizzi, nel suo intervento su Antonio Franchini
ed Edoardo Albinati, il nodo centrale è il mettere in sospeso
l'appartenenza alla letteratura. «La "letteratura" è un complesso percettivo
codificato, con dei limiti storici. O si sfondano questi confini, ridefinendo
completamente ciò che la letteratura oggi bisogna che sia, oppure si salta
fuori».
Perché «il problema più importante agli occhi dei romanzieri moderni,
risiede forse nella forma, intesa non come difficoltà tecnica da risolvere
ma nell'accezione più vasta e globale di "dare una forma", dunque un
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significato, a ciò che non ne ha, cioè al mondo in cui siamo e alla nostra
stessa vita».1
In misura variabile la letteratura fa infatti sempre i conti con ciò che non è
finzione e che nondimeno penetra nel suo tessuto immaginativo e
linguistico. La non- fiction è una porta che la fiction apre sul reale e sulla
storia. Spesso però risulta difficile perseguire questo percorso con
metodo, e allora scrivere in modo sistematico può diventare quasi
impossibile e le forme narrative non possono che risentirne pesantemente.
Il racconto si caratterizza dunque per la sua provvisorietà dinamica, si
trasforma in indice, in quello che deve essere raccontato, magari in futuro.
L'oggi diventa il tempo del vissuto, il domani quello del racconto. Lo scarto
temporale che intercorre è dettato esclusivamente da un "tempo interiore",
dalla capacità di chi scrive di prendere la giusta distanza dai fatti ma
senza averli dimenticati e considerati già passati.
Nato come raccolta degli Atti del convegno Autoportrait italien. Les formes
narratives de la non-fiction chez les romancier entre 1990 et 2005,
Frammenti d'Italia riesce a tracciare un percorso interpretativo della
produzione letteraria dell'Italia contemporanea, pur senza trarre nessuna
diretta conclusione, ma lasciando piuttosto che i diversi interventi e le
analisi testuali qui raccolte riescano a tirare le fila e a far emergere una
verità semplice ma sostanziale: fiction e non-fiction sono le maglie di una
stessa trama. Al di là della volontà di capire o di dare una risposta sul
ruolo e sulla morfologia della narrazione italiana contemporanea, è proprio
attraverso questo composito mosaico di generi, storie e modelli narrativi
che si delinea - nonostante tutto - un quadro dell'Italia di oggi. La Storia
fatta delle piccole storie, dei fatti di cronaca, dell'esperienza diretta, della
verità fattuale e delle opinioni.
Come fa notare José Saramago2 «la storia è un'invenzione. Come la
impariamo a scuola è solo una serie di avvenimenti raccontati secondo un
certo filo per giustificare il fatto che non abbia potuto essere altrimenti:
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tutto è stato così per una sorta di fatalità. Ma se cerchiamo insignificanti
episodi, piccole cose di cui non si parla per niente e le mettiamo nella
storia che si racconta, allora queste inezie possono far saltare tutto come
una cartuccia di dinamite inserita nella crepa di un muro compatto».
Monica Jansen, nel suo intervento a proposito di Alessandro Baricco e
Sandro Veronesi sottolinea infatti che il confine tra cronaca e romanzo è
estremamente sottile, e il compito e il merito che si può e si deve
riconoscere a questi scrittori contemporanei è proprio la loro capacità di
trasformare il fatto in racconto, e di far comprendere - come dice lo stesso
Veronesi - che «il concetto di verità che va ricercato dentro un romanzo
non è la verità del fatto, ma la verità ontologica».
Nonostante - come puntualizza Alberto Casadei - quello che ci viene
raccontato sembri essere quasi un "reale-reality", un'immagine filtrata da
uno schermo televisivo, la cronaca, se raccontata, non cessa di essere
tale ma veste semplicemente i panni di storia e si fissa nel tempo e nello
spazio di una pagina, di un libro, di un racconto. E vale due volte: come
finzione e come non-fiction. Perché, come amava ripetere Luigi Pirandello,
a volte la realtà sa essere di gran lunga superiore alla fantasia.
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2009
<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2009-i/LaVia.html>
Giugno-dicembre 2009, n. 1-2
Questo articolo può essere citato così:
C. La Via, recensione di: Martine Bovo-Romoeuf, Stefania Ricciardi (a cura di),
Frammenti d'Italia. Le forme narrative della non-fiction 1990 - 2005, Firenze,
Franco Cesati Editore, 2006, in «Bollettino '900», 2009, n. 1-2,
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