Cosmologia teorica(0) 1 Introduzione Questa è una sintesi degli argomenti che verranno trattati in seguito 1) La Relatività Ristretta (speciale) afferma che tutti i sistemi di riferimento inerziali sono equivalenti (i.e. non esiste un sistema di coordinate spazio-temporali privilegiato) ed è una teoria locale; anche la relatività generale è una teoria locale, ma usata per vincolare le proprietà locali di una varietà di Riemann. Nel contesto della relatività generale, l'assunzione del postulato di Weyl è che può essere deciso un sistema di riferimento privilegiato nello spazio-tempo. La nozione più comune di queste coordinate è quella delle coordinate comoventi, dove il sistema di riferimento spaziale è vincolato alla posizione media delle galassie (o ad un altro oggetto con massa molto grande che si muove lentamente). Con questo sistema di coordinate sia il tempo che l'espansione dell'universo possono essere trascurate per concentrarsi unicamente sulla forma dello spazio. La distanza comovente indica la distanza che si espande con l’Universo. In altre parole, essa dice dove si trovano le varie galassie oggi, anche se la luce era partita da loro quando l’Universo era ben più piccolo e le distanze minori. Con questa definizione l’Universo osservabile ha un raggio pari a 47 miliardi di anni luce, mentre le galassie più lontane visibili con il telescopio Spaziale Hubble hanno una distanza di circa 32 miliardi di anni luce. La distanza comovente può anche essere considerata una costante in un sistema di riferimento che tenga conto intrinsecamente del fattore di espansione (1+z) con z redshift, dato che la sua variazione dipende solo da tale fattore. La Relatività Speciale descrive un Universo privo di gravità partendo dal semplice presupposto di una invarianza universale della velocità della luce in tutti i sistemi di riferimento inerziali (ovvero privi di accelerazione). I risultati fondamentali della teoria riguardano: a) il fattore di Lorentz γ = (1 − v 2 −1 / 2 che stabilisce lo scaling spaziale, temporale e ) c2 angolare tra sistemi di riferimento in moto con velocità v ; 1 b) il principio di equivalenza massa-energia E = mc 2 , per cui l'energia totale di una particella include un fattore legato alla massa a riposo ed uno all'energia cinetica, con un totale dato da E tot = γmc 2 ; c) la metrica spazio-temporale (metrica di Minkowski): ds 2 = dt 2 − 1 dx12 + dx 22 + dx32 2 c ( ) ove ds 2 è la distanza generalizzata allo spazio quadridimensionale tra due "eventi". Due eventi collegati da un segnale luminoso hanno distanza nulla ds 2 =0 . La teoria della Relatività Speciale tratta in modo completo ed auto-sufficiente l'elettromagnetismo classico (non-quantistico, soddisfa ad es. le eq. di Maxwell), una serie di fenomeni che fanno riferimento ad una interazione fondamentale, l'elettromagnetismo, che si manifesta come una forza a distanza con una ben definita dipendenza quadratica dell'intensità della forza dalla distanza ( ∝ d 2 ). 2) La Relatività Generale tiene conto di un'altra interazione fondamentale che mostra la stessa dipendenza quadratica dalla distanza, la forza gravitazionale. Ovviamente la presenza di un campo di gravità modifica completamente la situazione descritta dalla Relatività Speciale, che infatti non è compatibile con la gravità di Newton e richiede una modifica ed estensione della Speciale nella cosiddetta teoria della Relatività Generale. La base della Relatività Generale è il Principio di Equivalenza, che prende spunto dall'esperimento di Galilei: tutti i corpi cadono nel vuoto nello stesso modo, con la stessa velocità e accelerazione. Il principio afferma che il campo di gravità si annulla in un sistema di riferimento in caduta libera. Quindi, il campo di gravità è assimilabile localmente ad un sistema di riferimento non inerziale in accelerazione. Viceversa in un sistema di riferimento in caduta libera la metrica locale è quella di Minkowski e l'effetto della gravità si annulla. Tuttavia questo annullamento della gravità non funziona globalmente in tutto lo spazio, ma solo localmente. Per corpi sufficientemente lontani tra loro noi verifichiamo che cadono verso il centro di gravità, il centro della Terra nel nostro caso, lungo traettorie leggermente convergenti tra loro verso il baricentro. Cio' esprime il 2 fatto, secondo la teoria Generale, che lo spazio (ovvero lo spazio-tempo) è incurvato dalla gravità. Quindi in Relatività Generale avremo a che fare con spazi curvi, per i quali l'intervallo spazio-temporale infinitesimo si scriverà in modo generale: 4 ∑ g λ µ dxλ dxµ ds 2 = , λ , µ =1 ove le tre dimensioni λ , µ = 1,2,3 sono spaziali e ove la quarta costituisce la coordinata temporale. Le funzioni g λ , µ dipendono dalla posizione e dal tempo e determinano la curvatura dello spazio, che è proporzionale all'intensità del campo di gravità. La relazione si puo' specializzare al caso della metrica di Minkowski della Relatività Speciale, nel caso in cui vi sia un'assenza di sorgenti del campo gravitazionale, e per la quale ds 2 = dx42 − 1 dx12 + dx22 + dx32 c2 ( g11 = g 22 = g33 = − ) 1 c2 g 44 = 1 g λ , µ = 0 seλ ≠ µ Mentre in questo spazio le traiettorie dei fotoni sono linee rette, in Relatività Generale esse divengono le linee geodetiche curve, ossia le curve di distanza minima tra due punti. Tale percorso minimo ossia il percorso stremale di due punti in un manifold è caratterizzato da un insieme di vettori tangenti in ciascun punto appartenente ad esso cioè che si chiede che la derivata direzionale del vettore tangente sul manifold sia uguale a 0 Du =0 dλ cioè Du ∂xα Du = = uα u;µα = 0 dλ ∂λ ∂xα 3 E si ottiene (vd capitolo precedente): ∂ 2 x µ ∂x α ∂x β µ + Γβα = 0 ∂λ ∂λ ∂λ2 dove gli elementi della connessione sono detti “simboli di Christoffel” µ Γβα = 1 µε ∂g βε ∂gαε ∂gα g α + β − ε 2 ∂x ∂x ∂x Figura: È rappresentata la situazione descritta dalla Relatività Speciale, nella quale i raggi luminosi si propagano in modo rettilineo. In relazione al cono-luce ivi riportato, si distinguono eventi di tipo-tempo come A (rispetto all'origine), e di tipo-spazio come B. A è un evento legato causalmente all'origine O ( 0); B un evento non legato causalmente a O ( 0). In Relatività Generale si applica una situazione identica, salvo che il cono-luce è incurvato dalla gravità e le geodetiche stesse sono incurvate (figura a destra). Fonte: Struttura dell’universo Franceschini 4 3) La metrica di Friedmann-Robertson-Walker (FRW). L’idea fondamentale della relatività e quella di descrivere spazio e tempo non più come due enti separati, ma come un tutt’uno (lo spazio-tempo), che puo’ essere piatto (nel caso della relatività ristretta) e quindi descritto da una metrica di Minkowsky, ma più in generale curvo in presenza di corpi massivi (relatività generale). Per semplificare il problema della forma della metrica che descrive il nostro universo si richiede un certo grado di simmetria e l’ipotesi che generalmente si fa è che l’universo si possa descrivere con buona approssimazione come omogeneo ed isotropo: principio cosmologico per distanze maggiori di 100 Mpc (100 x 3 Ma.l.). Questo ovviamente non è vero a piccole scale (planetarie) dove osserviamo grandi concentrazioni di massa come stelle e pianeti contrapposte ad enormi vuoti interstellari; tuttavia a scale molto più grandi (dell’ordine dei cluster di galassie) effettivamente la materia sembra distribuita con grande regolarità, dando un evidenza sperimentale, se non dell’omogeneità, almeno dell’isotropia. La richiesta di omogeneità ed isotropia vincola fortemente la forma delle metriche possibili, determinandola del tutto, in effetti, solo a meno di una funzione del tempo. ds 2 = g ij dx i dx j E una semplificazione delle eq. di Einstein 1 8πG Rij − gij R = 4 Tij 2 c dove: Rij è il tensore di curvatura di Ricci; ij R la curvatura scalare, ossia la traccia di Rij ; cioè R = g Rij gij il tensore metrico; Tij il tensore stress-energia; c la velocità della luce; G la costante di gravitazione universale. 5 Le equazioni della Relatività Generale di Einstein legano le proprietà geometriche dello spazio-tempo con il tensore energia momento Tik che descrive il contenuto dell'Universo (le sorgenti del campo di gravità). Le due espressioni diventano dunque la metrica di Robertson-Walker 2 2 2 dr ds 2 = (cdt ) − a (t ) + r 2 (dϑ 2 + sin 2 ϑdφ 2 ) 2 1 − Kr dove: a(t) è il fattore di scala dell'universo al tempo t a(t ) ≡ R(t ) R0 r,ϑ , φ sono le coordinate sferiche polari comoventi K è il parametro di curvatura (-1,0,1 universo aperto, piatto, chiuso) La metrica di FRW, fornisce solo una rappresentazione generale della metrica universale, ma non dice come essa evolva nel tempo, ossia come evolva il fattore di scala R(t) e non stabilisce se l'Universo sia chiuso, piatto o aperto. Per ottenere queste cruciali informazioni occorre impostare e risolvere condizioni ed equazioni dinamiche sull’universo facendo ricorso ad un approccio semplificato che utilizza essenzialmente una trattazione Newtoniana, oppure in alternativa ad una trattazione generale-relativistica della gravità che utilizza le equazioni di campo della Relatività di Einstein. In particolare, per un liquido perfetto omogeneo ed isotropo con densità di energia di massa a riposo ρ ⋅ c 2 e pressione p , e con il fattore di scala a (t ) ≡ R (t ) R0 La soluzione delle equazioni di Einstein è fornita dalle eq. dinamiche di Friedmann. Per risolvere le equazioni di Einstein si possono seguire due strade diverse. • Procedimento diretto: consiste nel risolvere le equazioni partendo da Tik (che descrive le proprietà delle sorgenti e il modo in cui il sistema reagisce alle perturbazioni della metrica) e ricavando da esse la geometria dello spazio. Tale procedimento è pero reso assai complicato dalla non linearità delle equazioni di Einstein, ossia dal fatto che da una 6 parte la massa-energia determina il campo di gravità, ma a sua volta il campo di gravità influenza le proprietà energetiche del sistema. • Procedimento inverso: sulla base delle simmetrie dello spazio, si deduce la metrica RW e questa si introduce nelle equazioni del campo esplicitando le sorgenti del campo stesso (ossia il tensore Tik ). Si ottiene: 4 3 =− + 3 8 = − 3 La prima equazione dinamica è evidentemente un’equazione che pone in relazione l'accelerazione delle particelle del sistema con le forze in gioco. La seconda equazione dinamica è invece una equazione di conservazione dell'energia (energia cinetica = energia potenziale …) La maggior parte dei cosmologi crede che l'universo osservabile sia ben approssimato da un modello quasi FLRW, cioè un modello che segue la metrica FLRW con un'aggiuntiva presenza delle fluttuazioni primordiali in densità. In un modello strettamente FLRW, non esistono ammassi di galassie, stelle o persone, poiché essi sono oggetti molto più densi di una qualsiasi parte tipica dell'universo (circa 1atomo/m3 oggi). 4) Parametri cosmologici e geometria dell’Universo I parametri che descrivono l’evoluzione dinamica dell’Universo: il parametro di Hubble è una misura del tasso di espansione cosmico al tempo t ed è legato alla derivata prima del fattore di scala •⋅ R(t ) H (t ) ≡ R(t ) La costante di Hubble non è altro che H(t) al tempo cosmico attuale t0. Il secondo parametro è legato invece alla derivata temporale seconda del fattore di scala, e quindi all’accelerazione (o decelerazione) dell’espansione: 7 •• q(t ) ≡ − R(t ) R(t ) • R 2 (t ) Il suo valore al tempo attuale è indicato come parametro q0. Il terzo è chiamato parametro di densità, in quanto è proporzionale alla densità di materia presente nell’Universo: Ω (t ) ≡ 8πGρ (t ) 3 H 2 (t ) Inserendo queste definizioni nelle I e II equazioni dinamiche si ottiene: Ω (t ) = 2 q (t ) Quindi la densità di materia è legata alla decelerazione dell'espansione, cosa piuttosto intuitiva essendo il rallentamento dell'espansione dovuto al contenuto di materia gravitante nel volume medio d'Universo, e quindi all'autogravità dell'Universo. •• R (t ) = − 4π 1 3 Gρ0 R0 2 3 R (t ) • R 2 (t ) = 3 8πGρ 0 R0 − kc 2 3R(t ) Si ottiene: kc2 = H 2 (t ) R 2 [Ω(t ) − 1] Da notare che, essendo la costante k invariante nel tempo, si avrà parimenti. 2 2 kc 2 = H 0 R0 [Ω 0 − 1] Oppure si puo’ considerare il tensore Tij descrive il contenuto di massa a riposo, quantità di moto, energia e pressione del fluido cosmico. Assumendo che il fluido cosmico sia assimilabile ad un fluido perfetto, il tensore energia-impulso ha la forma: 8 Tik = ( p + ρc 2 )U iU k − pg ik dove p e ρ sono, rispettivamente, pressione e densità di energia della materia e U i è la quadrivelocità del fluido. Sottolineiamo che alla gravità contribuiscono non solo la massa gravitante a riposo, ma anche termini di natura energetica, quali ad esempio la pressione e ogni forma di energia. è possibile ottenere un’equazione per l’evoluzione del parametro di Hubble • a a H (t ) = = H 02 0 a a 2 1+ 3ω a0 Ω + (1 − Ω 0ω ) 0ω a Con ρ 0c = 3H 02 8πG densità critica al tempo attuale e Ω 0ω = ρ 0ω ρ 0c ω coefficiente che nell’eq. stato lega la pressione alla densità di energia: p = ωρ ⋅ c 2 (In 1 un fluido radiativo gas di fotoni è caratterizzato da ω = , mentre la materia da ω = 0 ) 3 Se si considera la precedente kc 2 = H 2 (t ) R 2 [Ω(t ) − 1] si ottengono le seguenti: Per ρ 0 = 0 ⇒ Ω0 = 0 e, K = −1, universo di Milne; • si ha un universo di particelle di massa nulla (un universo di fotoni) 3 8πGρ 0 R0 R (t ) = − kc 2 = − kc 2 = c 2 soluzione: 3R(t ) • • 2 R(t ) = ±ct Per ρ 0 = ρ 0c ⇒ Ω 0 = 1 , K = 0, universo piatto o di Einstein De Sitter 9 • 3 R 2 (t ) = 8πGρ 0 R0 =0 3R (t ) R 0.5dR = cos t dt • dR = cos tR −0.5 da cui dt R(t ) cioè 2 t 3 0.5 R dR = cos t ⋅ t R ( t ) = ± R 0 ∫0 t 0 Per ρ 0 < ρ 0 c ⇒ Ω 0 < 1 e, K = −1, universo aperto • il fattore di scala cosmico mantiene una derivata con lo stesso segno R 2 (t ) > 0 per ogni valore di R, ovvero una espansione infinita e monotona. Quando, al crescere di t, R(t) diventa molto grande, il termine kc 2 tende a dominare, cosicchè la soluzione diventa • R (t ) = ±c , quindi l'Universo tende progressivamente al caso dell'universo di Milne. Infatti l'espansione dell'universo fa sì che la densità di materia tenda a zero al crescere del tempo e l'autogravità dell'Universo ad annullarsi • Per ρ 0 > ρ 0 c ⇒ Ω 0 > 1 , K =+ 1, universo chiuso: 10 • R 2 (t ) = 0 per un determinato valore di R : R (t ) = R = 8πGρ0 R0 c 3c 2 3 •• R 2 (t ) < 0∀R dopo l’arrestarsi dell’espansione si avrà una contrazione seguita alla fine da un Big Crash. Concludendo si ha un Universo piatto se k=0, che implica Ω0=1 → q0=0.5 cioè il modello di Einstein-de Sitter. Applicando la definizione Ω(t ) ≡ 8πGρ (t ) al tempo attuale t=t0 , la 3 H 2 (t ) situazione Ω(t0)=1 produce 3H 02 H0 ρ0 = ρc = ≅ 10− 29 8πG 70km / sec/ Mpc 2 Ciò ci permette di stimare il tasso di creazione continua di materia necessaria, che sarebbe così pari a ~1 atomo/m3 per miliardo d'anni! Un tasso quindi non osservabile in realtà. Le caratteristiche geometriche dell'Universo riflettono il rapporto concernente i due ingredienti energetici fondamentali: il contenuto di materia gravitante come sorgente di potenziale gravitazionale, e l'energia cinetica media dovuta al moto di espansione. Nel caso queste due quantità di energia per unità di volume siano identiche, si ottiene una sorta di equilibrio dinamico che a sua volta comporta la piattezza geometrica dell'Universo. Piattezza non relativa a un semplice modello d'universo statico in cui vale la geometria classica euclidea ( ρ = 0 e velocità nulla di espansione H=0), ma uno in espansione in cui il bilancio tra le due energie produce un appiattimento della metrica, in un senso generalrelativistico. È di ovvio interesse confrontare questi concetti di dinamica con dati osservativi sullo stato attuale, per comprendere quale possa essere la dinamica dell'Universo nel quale ci 11 troviamo. Si era calcolata la densità media di materia, tramite, le funzioni di luminosità e di massa delle galassie ρmateria, stella = 5 ⋅ 108 M sol / Mpc3 = 3.4 ⋅ 10−29 kg / m3 = 3.4 ⋅ 10−32 g / cm3 ρmateria,oscura = 5 ⋅ 109 M sol / Mpc3 = 3.4 ⋅ 10−28 kg / m3 = 3.4 ⋅ 10−31 g / cm Quindi confrontati questi valori con quello della densità critica ρ c = 10 −29 g / cm 3 la materia normale, barionica, racchiusa in galassie risulta dare un contributo di solo lo 0.5% circa a quanto necessario per chiudere l'universo, mentre la materia oscura contenuta nella galassie stesse arriva a circa il 5%: Ω oscura , galassie = ρ oscura , galassie / ρ c ≅ 0.034 Notiamo che, per quanto riguarda la materia oscura, il valore sopra menzionato costituisce in realtà solo un limite inferiore, poiché' si limita a quanto misurato all'interno delle galassie, mentre non si può escludere che materia oscura sia presente in modo più diffuso nello spazio intergalattico. Si evincerà che il valore più attendibile oggi per la quantità media di materia oscura per unità di volume si aggira su valori di circa Ω oscura ,tot = ρ oscura ,tot / ρ c ≅ 0.34 comunque non in grado di chiudere l'Universo. A queste osservazioni e considerazioni preliminari, l'Universo nel quale viviamo appare dominato dalla materia (in particolare dalla materia oscura), anche se questa non sembra sufficiente per produrre uno spazio chiuso, e neppure uno spazio piatto di Einstein-deSitter. I dati raccolti sinora indicano quindi un Universo aperto e dominato dalla materia. 5) Tempo dell’Universo 12 Chiamiamo tempo di Hubble t0 quello che ci separa dal Big Bang t0 t0 = ∫ dt = ∫ 0 Ω (t ) ≡ R0 dR • 0 R 8πGρ (t ) 3 H 2 (t ) •• q(t ) ≡ − R (t ) R (t ) • R 2 (t ) Ω(t ) = 2q(t ) 2q t0 = τ 0 ∫ dx 0 − 2q0 + 1 0 x 1 con x≡ −1 / 2 2q t0 = τ 0 ∫ dx 0 − 2q0 + 1 0 x 1 si ottiene −1 / 2 R 1 ≡ 14 ⋅ 109 year ≡ 14 ⋅ Gyr e τ0 ≡ H0 R0 infatti Hubble Space Telescope ha permesso di valutare la costante H 0 con notevole precisione H 0 ≅ 71 ± 6 km/sec/Mpc (dove 1Mpc=3.08 10 cm) cioè H 0 ≅ 71 ± 6 ≅ 70 km / s ≡ 10 −17 s −1 3 ⋅1019 km in quanto tempo questa distanza è stata percorsa dal moto di espansione: τ0 ≡ 1 ≡ 1017 sec ≡ 14 ⋅ 109 year ≡ 14 ⋅ Gyr H0 13 Si ottengono soluzioni dell’integrale nei casi più semplici. Se Ω0=0 q0=0.0 si ha t0 =14.6Gyr (Milne) Se Ω0=0.3 q0=0.1 si ha t0 =11.0Gyr (aperto) Se Ω0=1.0 q0=0.5 si ha t0 =10.0Gyr (piatto E.-de S.) Per un modello aperto e per un modello di Einstein de Sitter i tempi sono sicuramente più brevi dell’età degli ammassi globulari più antichi (>12Gyr). Si apre così un problema piuttosto fondamentale nella nostra interpretazione del cosmo: sembrano esservi sorgenti più antiche di quanto non risulti essere l’età complessiva dell’Universo. Cio’ ovviamente contraddice l’ipotesi che nessuna sorgente o struttura cosmica (tanto meno ammassi globulari nella nostra Galassia) possa essere sopravvissuta ad una eventuale fase precedente il Big Bang. L’ analisi condotta sui diagrammi di Hubble di galassie non ha prodotto nessun risultato se non quello di verificare che le galassie sono sorgenti cosmiche le cui proprietà di emissione fotonica evolvono rapidamente nel tempo. Un analogo problema ci ha impedito di ottenere vincoli particolarmente significativi sui parametri cosmologici dai conteggi di sorgenti o dal test dimensione angolare-redshift. Un passo avanti decisivo nell'utilizzo del diagramma di Hubble allo scopo di stimare i parametri cosmologici è stato quello di identificare una categoria di sorgenti cosmiche con migliori proprietà di candele campione (sorgenti di cui si conosca con precisione la luminosità intrinseca): supernove 1A. Le Supernove 1A originano da stelle nane bianche, costituite essenzialmente di nuclei di Carbonio e Ossigeno a bassa temperatura Si trovano tipicamente in sistemi binari stretti. 14 Esse sono portate ad esplodere a causa dell'accrescimento di gas dalla stella compagna e questo accrescimento di gas fa aumentare la massa e la densità della stella. Superata la massa limite della nana bianca di 1.44 Mʘ (limite detto di Chandrasekhar), la densità nucleare raggiunge valori così elevati che si innescano reazioni nucleari che coinvolgono il Carbonio e l'Ossigeno. La degenerazione degli elettroni impedisce alla stella di reagire "normalmente" all'energia rilasciata da queste reazioni, la temperatura sale così a dismisura. In un tempo brevissimo (meno di 1 sec), si verifica l'innesco di reazioni nell'intero corpo della stella, con la conseguente sua catastrofica deflagrazione, che produrrà un immediato rilascio nell'ambiente circostante della intera massa stellare sotto forma di atomi principalmente di Ferro e Calcio, con un possibile residuo di Carbonio e Ossigeno. La luminosità piuttosto precisamente definita, relativamente costante da oggetto a oggetto e indipendente dalle condizioni ambientali, che fa sì che le SN Ia siano utilizzabili come eccellenti indicatori di distanza, è dovuta al fatto che una massa costante di gas (1.4 Mʘ) viene processata nuclearmente e genera quindi la stessa quantità di energia. Un altro grande vantaggio delle Supernove 1A per indagini cosmologiche risiede nella relativa facilità con cui possono essere identificate alle più grandi distanze spaziotemporali, grazie al fatto di essere a) estremamente luminose (quasi quanto una intera galassia), b) puntiformi (cosa che rende la loro fotometria facile anche in immagini confuse) e c) rapidamente variabili (che le rende identificabili tra una infinità di stelle in campi estesi di cielo). Le strategie osservative per la loro identificazione prevedono di osservare ampi campi di cielo in più bande ottiche con telescopi sensibili su una grande area, e ripetere le osservazioni con scadenza periodica (ad es. alcune settimane). Ricavate con le tecniche precedentemente descritte la luminosità e il flusso al massimo (il loro rapporto viene indicato come il modulo di distanza m-M ragionando in termini delle magnitudini), si ricava la distanza di luminosità. A questo punto è facile aggiungere a questo dato la determinazione del redshift sia della Supernova che eventualmente della galassia ospite, con telescopi di sufficiente potenza, e così ottenere il diagramma di Hubble con un numero sufficiente di oggetti 15 Il diagramma di Hubble per le Supernove 1A, nel quale la magnitudine osservata in ordinata è normalizzata al valore predetto per un modello di Milne, ossia quello con il minimo contenuto di materia gravitante ( Ω m = 0 ). Nel pannello sopra sono riportati i dati per ogni singola Supernova, in quello sotto i valori medi in intervalli di redshift. Le Supernove indicherebbero che il modello di Milne è valido se si disponessero lungo la linea orizzontale punteggiata. Invece la eccedono tra z=0.2 e z=1. Peraltro il modello di Milne è quello che assume il minimo contenuto possibile di materia gravitante, ossia densità nulla. I dati sembrerebbero quindi indicare una densità di materia "negativa"!. Infatti i dati si collocano a valori della magnitudine apparente più elevati rispetto alle predizioni anche di un modello di Einstein-de Sitter ( Ω m = 1 ), ma risultano anche più elevati di quelle in un modello aperto ( Ω m < 1 ).Il fatto che i valori medi delle magnitudini osservate siano maggiori significa che i flussi sono più deboli, quindi più grande la distanza di luminosità e questo si ottiene diminuendo il valore del parametro di densità che è nulla in un modello di Milne. (m-M =D ; Flusso = !"# ; cioè D=$ !% ). Date le conseguenze drammatiche che questi risultati potrebbero avere per la nostra comprensione dell'Universo, si sono considerate varie possibilità. effetti evolutivi (improbabili perchè non osservati) come la metallicità che puo’ influire sul diagramma di Hubble; estinzione da parte della galassia ospite che influisce sull'arrossamento degli spettri (assorbimento differenziale con la λ dei fotoni); presenza di polvere grigia (grey dust) nelle galassie ospite, ossia polvere che assorbe fotoni di 16 qualunque λ allo stesso modo (disaccoppiando quindi arrossamento da estinzione). Ma non c'è nessuna giustificazione fisica per una cosa del genere. Da tutto cio' siamo portati a concludere che i diagrammi di Hubble di Supernove 1A dimostrino che la scala dell'Universo ad un dato redshift sia maggiore di quanto spiegabile da qualunque dei modelli dinamici sinora considerati. Dobbiamo investigare altre spiegazioni, che richiedono nuova fisica. 6) Costante cosmologica (modello &'() &*+,--./01.223/) Utilizzando le Supernove1A come candele standard è possibile notare il carattere accelerato dell’espansione dell’universo a bassi redshift. Un simile fenomeno viene incorporato in un modello cosmologico introducendo un termine di energia oscura (Cold Dark Matter): la costante cosmologica, nelle equazioni di Einstein. 1 8πG Rij − gij R = 4 Tij + Λgij 2 c Seguono quindi le eq. di Friedmann 4 3 Λ =− + + 3 3 8 Λ − + = 3 3 Il termine con Λ è interpretabile, come la densità di energia del vuoto. In meccanica quantistica, anche lo spazio completamente vuoto puo' avere una densità di energia finita, ed eventualmente negativa. Ad esempio, la teoria delle interazioni elettro-deboli (che unifica elettromagnetismo e forza debole) prevede l'esistenza di alcuni campi scalari, i campi di Higgs. Tali campi corrispondono ad una densità di energia negativa, e si ritiene siano originati durante le prime fasi espansive dell'Universo, quando le interazioni elettromagnetiche e deboli si sono disaccoppiate. La gravità è sensibile a questo livello di energia del vuoto, dal momento che la relazione E=mc2 implica che a questa energia corrisponda una massa e quindi un effetto "gravitazionale" (di gravità negativa in questo caso). Per quantità fisiche che non coinvolgano la gravità, ad es. per l'elettromagnetismo, i 17 valore di questa energia del vuoto è ininfluente poichè queste quantità dipendono solo da differenze di energia. Per esempio l'energia di un fotone emesso durante una transizione atomica è eguale alla differenza di energia tra i due corrispondenti stati dell'atomo. Λ si puo’ interpretare come un termine di energia repulsiva del vuoto che si contrappone alla gravità e si esprime come energia con densità di energia del vuoto 6 che è una costante che non dipende dal fattore di scala R(t). Vale la relazione 6 = −6 infatti: Applicando la prima legge della termodinamica 7 = −8 (p:pressione; V:volume proprio; U:energiainterna) ad un universo omogeneo in espansione, si ottiene 9 9: ;6 < = ) = −6 9> ? 9: e se la densità di energia è costante nello spazio e nel tempo 9 6 9: < = = −6 9> ? 9: ossia @ = −@ 2 Con la densità della materia gravitante B e la densità di massa equivalente dell’energia del vuoto 6 quando l’Universo si espande si hanno le seguenti leggi di conservazione > = B ;C) = D >EF , 6 = C Le eq. della dinamica coincidono se Λ = 8πGρ v .Come per il parametro di densità materia Ω m (t ) = 8πGρ (t ) ∝ ρ (t )H −2 , si introduce un parametro di densità associato all’energia del 2 3H (t ) vuoto Ω Λ = 8πGρ v 3H 02 ∝ H −2 da cui Λ = 3H 02ΩΛ •• Sostituendo nelle eq. dinamiche Ω Λ e Ω m si calcola q0 ≡ − R (t ) R (t ) • 2 R (t ) = Ωm − ΩΛ 2 Si ottiene dalle eq. Friedmann e dal parametro di curvatura la relazione = G < HΩJ + ΩΛ − 1K che ci dice che si ha un universo piatto con k=0 se ΩB + ΩL = 1 18 Uno schema riassuntivo della composizione del cosmo attuale è riportato in Figura. Esso illustra il fatto strabiliante che • il 73% della massa-energia nell'Universo sarebbe sotto forma di una energia oscura (che abbiamo chiamato anche come energia del vuoto) che causa l'espansione accelerata; • il 27% si trova sotto forma di materia oscura. La Materia Oscura Fredda considerata nel modello standard è un tipo di particella che si è disaccoppiata dal resto della materia (barionica) e dalla radiazione in un regime non relativistico. Tra le varie particelle proposte per la descrizione della Cold Dark Matter la più attendibile sembra essere il neutralino, con una massa di circa 100 GeV . • circa il 4% è materia normale (barionica) (dato ottenuto dalle stime di massa delle galassie spirali e degli ammassi di galassie), • solo lo 0.4-0.5% è plasma, principalmente idrogeno, (dall’analisi del CMB e dell’abbondanza di deuterio nell’universo) condensato in stelle. 19 Prospetto riassuntivo delle varie soluzioni di modelli che includono la costante cosmologica. Ω (t ) = 2 q (t ) Le curve ellissoidali corrispondono a contorni di probabilità che i valori dei parametri cosmologici si trovino all'interno delle ellissi. Quest'ultime sono definite sulla base di osservazioni, tra cui diagrammi di Hubble di Supernove 1A. La linea diagonale continua corrisponde a soluzioni di geometria piatta, La continua orizzontale separa universi sempre in espansione da quelli che ricollassano: fondamentalmente un valore negativo di Λ (e Ω Λ ) implicano un ri-collasso dopo la fase espansiva (per effetto dell'aumentata autogravità dovuta al termine Λ ). Le linee diagonali tratteggiate separano universi la cui espansione accelera da quelli in cui essa decelera. Per valori elevati di ΩB si puo' avere decelerazione anche in presenza di una costante cosmologica positiva. La parte ombreggiata a bassi valori di ΩB e alti di ΩN corrisponde ai casi di universo privi di singolarità iniziale (Big Bang): l'alto valore dell'energia repulsiva impedisce al fattore di scala di decrescere fino a zero. La grande maggioranza delle soluzioni formali della dinamica cosmica sono in evidente conflitto anche con le più semplici osservazioni cosmologiche, quali ad es. i conteggi di galassie. Al contrario, la soluzione per ΩO = 0.27 e ΩL =0.73 è quella più interessante. Si ha un universo piatto ΩB + ΩN = 1 ma con un’espansione con tasso che sta attualmente accelerando. Tali valori corrispondono al centro dell’ellisse più interna corrispondente a soluzioni di best fit ai dati. Durante la fase precedente questo redshift l'Universo si è espanso con una legge simile a quella di Einstein-de Sitter (universo piatto dominato dalla materia), durante la quale l'effetto della costante cosmologica è stato del tutto ininfluente. Con l'espandersi dell'Universo, mentre la materia gravitante (oscura e 20 barionica) si andava rarefacendo e l'auto-gravità dell'Universo diminuiva, la costante cosmologica, rimanendo invariata, cominciava a prendere il sopravvento. A partire dall'epoca corrispondente al redshift =0.6 in poi, l'espansione è stata progressivamente sempre più dominata dall'energia oscura, sino ad arrivare alla fase ad espansione esponenziale in cui l'energia oscura domina l'auto-gravità. 21 La Figura fornisce una efficace rappresentazione visuale dell'effetto de vari parametri cosmologici ΩB e ΩN (a parità di H0) su distanze, angoli e volumi. Lungo l'asse Y è rappresentata la coordinata radiale comoving (essenzialmente la distanza radiale calcolata al tempo cosmico attuale) in funzione del redshift. Sono riportati 3 casi corrispondenti a tre soluzioni della dinamica cosmica: quello a sinistra corrisponde al modello piatto di Einstein-de Sitter, quello in mezzo ad un Universo aperto (ΩB = Ω = 0.2 e ΩN = 0), 22 quello a destra ad un modello piatto con costante cosmologica (ΩB = Ω = 0.2 e ΩN = 0.8). Per ogni pannello sono indicati i redshift che corrispondono ad una certa distanza radiale, e per ognuno l'ampiezza del cono rappresenta le dimensioni intrinseche (proprie) trasversali di un oggetto che è visto da un osservatore sotto l'angolo indicato al vertice del cono (eguale quest'ultimo nei tre casi). Il redshift z=1300 indicato nei tre casi corrisponde all'incirca all'epoca cosmica a cui si genera la radiazione di fondo cosmico e corrisponde alla distanza massima raggiungibile dalle osservazioni astronomiche. Il grafico mostra molto chiaramente vari effetti originati dai diversi valori dei parametri. Per quanto riguarda le dimensioni radiali corrispondenti ad un certo redshift, • il caso Einstein-de Sitter ha le dimensioni minime, • il caso con costante cosmologica quelle massime: è in questo modo evidente l'effetto della costante nello "stiracchiare" le dimensioni complessive dell'Universo rispetto agli altri casi. Per quanto riguarda le dimensioni angolari, • un oggetto di relativamente piccole dimensioni è visto avere dimensioni angolari grandi per effetto della forte curvatura dell'Universo nel caso Einstein-de Sitter, dovuta alla elevata gravità. • La minore curvatura del caso aperto implica che solo oggetti ad alti redshift di dimensioni proprie enormi sono visti sotto un angolo apprezzabile dall'osservatore • il caso con costante cosmologica si colloca in un regime intermedio. I volumi cosmici racchiusi entro un certo angolo solido ed un certo intervallo di coordinata radiale dipendono molto dai parametri cosmologici: • il caso Einstein-de Sitter corrisponde a volumi minimi (minima estensione radiale e trasversale), • mentre i casi aperto e con Λ forniscono valori simili (e molto maggiori del caso precedente) in quanto vi è una compensazione tra estensione radiale e trasversale (massima radiale, minore trasversale per il caso con Λ, massima trasversale e minore radiale per il caso aperto). L'introduzione della costante cosmologica ha un'importante effetto nel modificare la stima dell' età dell'Universo, risolvendo così il problema dell' età. Come nel caso precedente •• • sostituendo nelle eq. dinamiche Ω Λ e Ω m si calcola q0 ≡ − R (t ) R (t ) • 2 R (t ) • = Ωm − ΩΛ 2 Si ottiene dalle eq. Friedmann e dal parametro di curvatura la relazione = G < HΩB + ΩL − 1K • t0 R0 0 0 Dalla relazione t0 = ∫ dt = ∫ dR • R 23 con i parametri ΩO = 0.27 e ΩL =0.73 e G = 71 si ottiene C ≃ 13,67UV che è la stima più attendibile oggi dell'età dell'Universo. In questo modo è completamente risolto, dalla presenza di una costante cosmologica, il problema fondamentale del tempo. L'effetto della costante è quello di "stiracchiare" il fattore di scala lungo l'asse dei tempi, così ottenendo di dilatare l'età pur in presenza di valore relativamente elevato della costante di Hubble (corrispondente ad una ripida pendenza della funzione R(t) al tempo cosmico attuale C ). L'età dell'Universo risulta così completamente consistente con l'età stimata degli ammassi globulari più antichi. La stima vale per un Universo dominato dalla materia e privo di fotoni quindii non descrive le prime fasi espansive dove la componente fotonica è stata importante. Riassumendo: • La presenza di una Costante Cosmologica nelle equazioni di campo relativistiche: è una spiegazione semplice, ma non ha una motivazione fisica profonda, in termini di fisica fondamentale (a parte la storia della covarianza, che ha una certa attrattiva matematica). • Energia del vuoto: è ben motivata fisicamente e matematicamente equivalente alla costante cosmologica; le predizioni della fisica delle interazioni fondamentali sono pero' in serio disaccordo, per molti ordini di grandezza, con i vincoli cosmologici sul valore di Λ. • Campi scalari: periodo temporaneo di accelerazione cosmica; in questo caso la • Una nuova fisica della gravitazione: l'evidenza per l'accelerazione dell'Universo quantità fisica corrispondente alla Λ puo' variare con il tempo potrebbe essere un'occasione per considerare modelli della gravitazione che vadano oltre la Relatività Generale; tuttavia al momento nessun modello auto-consistente è stato proposto. • Nell'ambito della fisica della gravitazione descritta classicamente dalla Relatività, un effetto di espansione accelerata potrebbe essere ottenuto con soluzioni metriche che rinuncino al Principio Cosmologico dell'omogeneità su scale simili o più grandi dell'orizzonte; soluzioni di questo genere però non sono molto di moda. 7) Evoluzione termica dell’Universo (modello Big Bang caldo) 24 La descrizione dell’universo tramite le equazioni di Friedmann ottenuta invertendo la coordinata temporale prevede, a tempi t→ 0, che il parametro d’espansione tenda a zero, a(t) → 0, e una temperatura T → ∞. L’affermazione di un modello cosmologico basato sull’idea di Big Bang: • L’osservazione del fenomeno del redshift cosmologico tramite la recessione delle galassie lontane con una velocità proporzionale alla distanza (legge di Hubble): prova sperimentale dell’espansione previsto dalla teoria della relatività generale utilizzata per la descrizione della forza di gravità predominante su grandi scale. • la singolarità spazio-temporale posta all’istante t = 0 dopo la quale si sarebbe evoluto, espandendosi in maniera adiabatica, l’universo. • Analisi riguardanti le abbondanze di elementi leggeri, e l’utilizzo del modello standard della fisica delle particelle permettono di stabilire una successione di momenti caratterizzati da temperature tipiche, dalla presenza di particolari popolazioni di particelle e dalla loro predominanza da un punto di vista della densità. • L’origine cosmologica della componente radiativa è la caratteristica che conferisce al modello l’aggettivo ‘caldo’. Un limite del modello del Big Bang Caldo è il non poter spiegare alcune evidenze osservative: • il parametro di densità uguale ad uno (problema della piattezza); • il CMB manifesta una temperatura uguale per ogni direzione di osservazione, quindi che zone mai entrate in contatto causale abbiano caratteristiche comuni (problema dell’orizzonte); • non si osservano monopoli magnetici nonostante alcune teorie ne prevedano l’esistenza (problema del monopolo). La risoluzione di queste discrepanze tra teoria ed osservazione è stata cercata nel fenomeno dell’inflazione, che prevede un’espansione accelerata nelle prime fasi di evoluzione dell’universo tale da rendere ‘piatta’ la geometria dello spazio, tale da permettere a regioni di spazio di essere in contatto causale molto prima di quanto previsto dai modelli di Friedmann, tale da ‘diluire’ i monopoli magnetici. L’idea dell’inflazione, introdotta negli anni ’80 per risolvere le inconsistenze sopra citate, è stata sfruttata per dare una spiegazione allo spettro delle perturbazioni dalle quali si sarebbero formate le strutture virializzate: durante l’epoca inflazionaria, fluttuazioni quantistiche su scale microscopiche 25 si sarebbero ‘amplificate’ a seguito dell’espansione diventando rilevanti su scale macroscopiche. É possibile stabilire anche la forma dello spettro delle perturbazioni; il valore che si ottiene è dipendente dal modello inflazionario utilizzato, ma in ogni caso è vicino al risultato di Harrison-Zel’dovich: P(k) ∝ k, ove P è lo spettro e k indica la scala caratteristica della perturbazione nello apazio di Fourier. I più recenti valori dei parametri cosmologici che caratterizzano il modello di concordanza sono stati fissati dalle osservazioni del satellite Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP) che indaga da tre anni le anisotropie del CMB. parametro WMAP H0 73Kms−1Mpc−1 Ωm 0.28 ΩΛ 0.72 Come per il calcolo di Λ la storia termodinamica dell’Universo si calcola applicando la prima legge della termodinamica ad un universo omogeneo in espansione, in cui il cambiamento di energia uguaglia il lavoro delle forze di pressione 7 = −8 (p: pressione; V:volume proprio; U:energiainterna) 7 = YB + Z [8 = 8 \ B + Z B : particelle in moto non relativistiche, Z : particelle relativistiche come fotoni e neutrini Λ non viene considerata in quanto non evolve con il tempo cosmico 9 9: ; < = 4 = − 9> ? 9: e se la pressione è solo quella dovuta alla componente fotonica e non quella gravitante cioè si assume che i moti delle galassie avvengano con velocità più piccole di quella della luce o universi di polvere (dusty universes) = Z /3 Z < = ;B < = 4 + YZ < = [ = − C C 3 C 26 Con 9 9: YZ < = [ = Z 9 9: ;< = 4 + < = 1 ;B < = 4 + Y < [ = 0 C < C Z 9 9: YZ [ si ottiene la condizione di espansione adiabatica In assenza di conversione da materia a radiazione e viceversa, ossia nell'ipotesi di stretta conservazione delle particelle, le due leggi evolutive per materia e radiazione valgono simultaneamente per le due componenti, ove presenti entrambe. In assenza di radiazione si trova la stessa legge di evoluzione di un universo dominato dalla materia gravitante quando la densità del vuoto 6 = C = B ;C4 = D >EF > Analogamente per B = 0 < Z ;C4 = < In termini di densità numerica di particelle e fotoni in entrambi i casi tali numeri saranno = proporzionali a D >E F ma mentre le particelle materiali non perdono la loro massa-energia al > trascorrere del tempo, i fotoni degradano in energia proporzionale a • _` Tempo di Planck: esiste un’energia tipica alla quale la lunghezza d’onda di de Broglie delle particelle è minore del loro raggio di Schwarzchild: in questi regimi di temperature l’approssimazione classica contenuta nelle equazioni di Friedmann non può più essere utilizzata e c’è la necessità di una fisica che concilii relatività e meccanica quantistica; tale energia definisce una serie di grandezze di Planck (massa, lunghezza, temperatura), in particolare la coordinata temporale di Planck t p = 10 −43 s , tempo prima del quale non è possibile una descrizione della storia dell’universo, per una lacuna teorica che non permette di trattare contemporaneamente l’aspetto relativistico e quello quantistico del problema. Dal tempo di Planck l’universo si è evoluto espandendosi in maniera adiabatica, quindi raffreddandosi: è possibile stabilire una successione di ere durante le quali la temperatura è il parametro che determina la presenza o meno di certe particelle, 27 l’azione di determinate forze; si assume che dopo il tempo di Planck la temperatura scali con una relazione T (t ) ∝ a −1 (t ) • Era delle transizioni di fase Il periodo che intercorre tra tp e t ≈ 10−5s è l’era delle transizioni di fase, caratterizzato dalla differenziazione delle forze fondamentali (elettromagnetica, debole, forte) che possono essere trattate con una descrizione unificata ad altissime energie, ma che assumono caratteristiche ‘originalì con l’abbassarsi della temperatura. • Era adronica Nel periodo che intercorre tra t ≈ 10−5s (T ≈ 200÷300MeV) le particelle quark, che prima esistevano in stati non legati, si aggregano per formare gli adroni: caratterizzata dalla presenza di pioni, protoni, neutroni, antiprotoni, antineutroni, leptoni, antileptoni e fotoni. • Era leptonica Ad energie T ≈ 130MeV inizia l’annichilazione dei pioni, che termina a t≈10s (T ≈ 0.5MeV) con l’annichilazione di elettroni e positroni. • Era radiativa Durante la quale avviene la nucleosintesi cosmologica ad una temperatura dell’ordine di 109K. Il momento in cui la densità di energia della radiazione uguaglia quello della materia è chiamato equivalenza: questo istante dipende dalla cosmologia che si adotta (da Ω e da H), ma avviene tipicamente ad un redshift z dell’ordine di zDMeq≈3*103 per equivalenza radiazione-materia oscura. Z < 1 = = B Z < 1 + abc • Era ricombinazione A temperature ancora più basse, protoni ed elettroni cominciano a legarsi in atomi di idrogeno neutro: quando la percentuale di atomi ionizzati è calata al 50% si identifica tale istante che si può collocare a zrec ≈ 1500. Il processo di ricombinazione dell’idrogeno è graduale, quindi una ionizzazione residua permette un’interazione radiazione-materia che mantiene uguali le temperature delle due componenti • Era disaccoppiamento quando gli atomi di idrogeno neutri sono frazione considerevole del totale, la sezione d’urto tra barioni e radiazione assume valori trascurabili che caratterizzano tale epoca (z ≈ 1000): interagendo con una frequenza trascurabile, materia e radiazione cominciano ad evolvere termicamente in maniera 28 differente. L’evoluzione delle temperature delle due componenti si ricava dalla condizione di espansione adiabatica: per la materia: Tm = T0 m (1 + z )2 e per la radiazione: Tr = T0 r (1 + z ) ove il pedice 0 si riferisce al tempo attuale. Una conseguenza del disaccoppiamento è l’esistenza di una ‘superficie di ultimo scattering’ che identifica osservativamente la zona posta a z ≈ 1000 dalla quale provengono i fotoni del ‘Fondo Cosmico di Microonde (CMB). Si tratta di una distribuzione spettrale di energia ben descritta da un corpo nero a T = 2.728±0.004 (Fixen et al., 1996 ), uguale per ogni direzione di osservazione, il cui spettro e le cui anisotropie (molto piccole, dell’ordine di una parte su 105), sono utili elementi osservativi per vincolare alcuni parametri cosmologici (dal parametro di densità, a quello di espansione allo spettro di potenza delle perturbazioni). 29 8) Teoria di Jeans (formazione strutture virializzate) La formazione delle strutture cosmiche (cioè dalle scale protogalattiche in su) avviene per instabilità gravitazionale: i primi oggetti che si formano sono gli aloni di materia oscura, che si aggregano in maniera gerarchica per collasso gravitazionale e raggiungono un equilibrio viriale stabile tra energia potenziale e cinetica Wvir = -2 Kvir; successivamente i barioni risentono della gravità delle buche di potenziale degli aloni: il gas, di natura collisionale, converte l’energia cinetica della ‘caduta’ in energia termica e si riscalda 30 raggiungendo la temperatura viriale; successivamente, perdite di tipo radiativo causano il raffreddamento della componente barionica, la sua condensazione e la conseguente formazione di nubi molecolari, quindi di stelle. Lo scenario standard si innesta in un contesto cosmologico che prevede l’applicazione del Principio Cosmologico (quindi della metrica di Robertson-Walker) fino all’epoca della ricombinazione; l’universo considerato è pressochè piatto (Ω ≈ 1) e dominato dalla presenza di materia oscura fredda. La trattazione dell’instabilità gravitazionale in regimi lineari viene svolta tramite la descrizione di Jeans. Si consideri una distribuzione quasi uniforme di fluido in cui esistono piccole fluttuazioni di densità, cioè variazioni della densità media della materia su tutte le scale; si consideri, in particolare, una zona (sferica) in cui il fluido è sovradenso: tale zona, di raggio R e densità media ρ, ha una massa M ∝ ρR3; si suppone inoltre che la velocità tipica delle particelle sia v. È possibile stabilire un bilancio tra il processo di condensazione a seguito della gravità e il processo di diffusione dovuto al moto delle particelle. Il confronto può essere fatto stimando l’energia gravitazionale ef e la cinetica eg o la forza di gravità hi e la forza di pressione hf o il tempo di free-fall gravitazionale jkk (tempo che la perturbazione impiegherebbe a collassare sotto la propria gravità) e il tempo idrodinamico jl (tempo necessario a ribilanciare le differenze di pressione e densità): eg ≅ n6 # ef ≅ − Oppure hf ≅ − Oppure jl ≅ 6# > 6 > on# > hi ≅ jkk ≅ ≅ −p< on ># ≅ p< qor Uguagliando le energie, o le forze, o i tempi, è possibile ricavare una lunghezza caratteristica detta scala di Jeans, che indica un limite inferiore al raggio della regione sovradensa oltre il quale domina la gravità, sotto il quale la diffusione; uguagliando le energie: <s ≅ @ $or uguagliando le forze: <s ≅ @$or uguagliando i tempi: <s ≅ $or 6 31 Una fluttuazione di densità con raggio < > <s collassa sotto la propria gravità; se < < <s la perturbazione viene cancellata da effetti di diffusione. La teoria di Jeans prevede l’applicazione di equazioni che relazionano i campi che caratterizzano un fluido per ricavarne l’evoluzione in funzione del tempo: • l’equazione di continuità, per la conservazione della massa: • l’equazione di Eulero, per la conservazione del momento (φ è il potenziale t v; @̅ 4 = 0 +∇ tC gravitazionale): t @̅ 1 v4@̅ = − ∇ v − ∇ v∅ + ;@̅ ∇ tC l’equazione di Poisson, per legare il campo gravitazionale alla sua sorgente • v ∅ = 4 ∇ • l’equazione di stato, per relazionare pressione, densità ed entropia (S): • = ;, y4 l’equazione di evoluzione temporale dell’entropia per sistemi adiabatici (assunzione del modello di Jeans): y =0 C L’applicazione delle equazioni riportate implica una trattazione classica dell’evoluzione temporale di un fluido perfetto; pertanto vengono prese in considerazione solo particelle non relativistiche su scale minori di quelle dell’orizzonte cosmologico Nel sistema di riferimento proprio si indica la coordinata spaziale con V̅ ; nel sistema di riferimento comovente la coordinata spaziale è z̅ ; le due quantità sono legate dalla relazione: V̅ = az̅ , con a fattore d’espansione. Si ha che la velocità di un elemento di fluido è somma della velocità intrinseca più quella dovuta all’espansione dell’universo {| ≡ V̅ = z̅ + z̅ = GV̅ + @̅ C 32 I campi che devono essere considerati e che caratterizzano il fluido sono espressi come somma di una parte imperturbata più una perturbazione (di cui si considera l’evoluzione lineare): = ;1 + 4 ~ {| = GV̅ + @̅ = + f Il pedice b indica la parte imperturbata. La quantità δ detta ‘fluttuazione di densità’ è così definita: ;V̅ , C4 ≡ ;V̅ , C4 − r ;V̅ , C4 = Il regime lineare implica δ ≪ 1. Inserendo i campi perturbati nelle equazioni di continuità, si ottiene, nel sistema di riferimento comovente una equazione differenziale del II ordine in δ che rappresenta l’equazione di evoluzione delle fluttuazioni di densità 1) Per tempi anteriori all’equivalenza, la densità di energia dominante è quella della radiazione, quindi le fluttuazioni dominanti sono quelle della radiazione; • su scale maggiori dell’orizzonte, le fluttuazioni della materia oscura e quelle dei barioni seguono quelle della radiazione, proporzionali al parametro d’espansione al quadrato: • Λ > < "n ∝ ∝ > ∝ su scale più piccole dell’orizzonte, la scala di Jeans del fluido radiazione-barioni è maggiore dell’orizzonte, quindi le perturbazioni associate oscillano; le perturbazioni della materia oscura sono ‘congelate’ dall’effetto di stagnazione: Λ < < "n CC ∝ > 2) Per tempi compresi tra l’equivalenza e la ricombinazione, la densità di energia dominante è quella della materia oscura, quindi le fluttuazioni dominanti sono quelle della materia oscura; • su scale maggiori dell’orizzonte, le fluttuazioni della radiazione e quelle dei barioni seguono quelle della materia oscura, proporzionali al parametro d’espansione: • Λ > < "n ∝ ∝ > ∝ su scale più piccole dell’orizzonte, ma maggiori della scala di Jeans, le fluttuazioni della materia oscura crescono come il parametro d’espansione, tuttavia l’attrazione 33 gravitazionale sui barioni è minore rispetto alla pressione della radiazione: il fluido barioni-radiazione continua ad oscillare come prima dell’equivalenza: < < Λ < < • "n ∝ ∝ > su scale più piccole di quella di Jeans, le perturbazioni della materia oscura sono cancellate dal free-streaming, cioè la diffusione delle particelle di materia oscura da regioni sovra-dense a regioni sotto-dense, dovuta al fatto che una volta disaccoppiate dalla radiazione risentono del campo medio dell’universo, non di quello dovuto alle disomogeneità locali. 3) Per tempi successivi alla ricombinazione, la densità di energia dominante è ancora quella della materia oscura; • su scale maggiori dell’orizzonte: Λ > < "n ∝ ∝ > ∝ • su scale più piccole dell’orizzonte, ma maggiori della scala di Jeans, le fluttuazioni della materia oscura crescono come il parametro d’espansione; la radiazione, disaccoppiata dai barioni, oscilla e decade; le perturbazioni dei barioni, libere di evolversi, subiscono una crescita accelerata che le porta al livello di quelle della materia oscura, seguendone poi l’andamento. < < Λ < < • "n ∝ , > , V C ∝ "n su scale più piccole di quella di Jeans, le perturbazioni della materia oscura sono cancellate dal free-streaming; i barioni seguono quest’andamento. Per materia oscura fredda, la scala di Jeans della materia oscura dopo l’equivalenza è molto piccola, quindi questo regime praticamente non sussiste. 9) Trattazione statistica delle perturbazioni: ipotesi di Fair Sample Servendosi di un modello che analizzi la formazione di strutture cosmiche, non si può non approcciare il problema da un punto di vista statistico; assumendo che strutture virializzate siano la conseguenza dell’evoluzione di fluttuazioni quantistiche amplificate dall’inflazione, si nota il carattere stocastico del campo scalare che caratterizza tali perturbazioni: il campo 34 gravitazionale. Utilizzando l’equazione di Poisson è possibile considerare, anzichè il campo gravitazionale, il campo delle fluttuazioni di densità ad esso correlato: ;z̅ 4 ≡ ;z̅ 4 − Il pedice b indica la parte imperturbata Viene quindi formulata un’ipotesi che reinterpreta in maniera statistica il Principio Cosmologico: si assume che ;z̅ 4 sia un campo stocastico, omogeneo, isotropo, gaussiano con media uguale a zero specificato quindi dalla sua varianza: ne discende che l’universo osservato è il prodotto di una realizzazione statistica di tale campo. Il valore di aspettazione è e;4 = ;z4 ;z4 z _ Il valor medio e;4 = e;z4 = z̅ è il valore di aspettazione di x . La varianza e;4 = e;;z − z̅ 4 4 = è il valore di aspettazione di ;z − z̅ 4 e si ha e;z 4 − z̅ = Poiché le osservazioni consentono la conoscenza di una sola realizzazione di ;z̅ 4 (non si riproduce l’evoluzione delle strutture in laboratorio!), per conoscerne le proprietà è necessario applicare una seconda ipotesi, detta ergodica secondo la quale le medie di un campo stocastico prese sull’insieme statistico sono equivalenti alle medie spaziali di ogni sua realizzazione. L’ipotesi ergodica e il Principio Cosmologico, se considerati contemporaneamente, prendono il nome di ipotesi di Fair Sample. La varianza o valore quadratico di aspettazione è: ≡ 〈 ;z̅ 4〉 − 〈 ;z̅ 4〉 =〈 ;z̅ 4〉 Ove 〈 〉 rappresenta il valore d’aspettazione del campo stocastico. Scomponendo il campo delle fluttuazioni in onde piane si ha ;z̅ 4 = 1 Y|[ zY|z̅ [ = ;24= Utilizzando quest’integrale, si esprime la varianza in funzione delle componenti Y|[ caratteristiche dello spazio di Fourier cioè la somma della potenza delle fluttuazioni su tutte le scale k. = 1 ;4 = ;24= Dove ;4 è lo spettro di potenza delle fluttuazioni di densità 35 L’equazione della varianza riportata si riferisce ad una caratteristica di tipo puntuale del campo di densità; tuttavia è necessaria una grandezza che renda conto del fatto che, osservativamente, è necessario mediare le caratteristiche del campo su volumi finiti. Matematicamente il processo si traduce in una convoluzione del campo puntuale ;z̅ 4 con un filtro W di raggio R per ricavare la fluttuazione media di densità entro un certo volume V ∝ R3: Si usano filtri come trasformata Fourier o filtro Gaussiano 10) Trattazione di regimi non lineari (modello sferico e ellissoidale) La teoria di Jeans è valida se è soddisfatta l’ipotesi che caratterizza la fase lineare: il contrasto di densità deve essere molto minore di uno: δ ≪ 1. Tuttavia l’evoluzione delle perturbazioni evolve verso fluttuazioni che tendono al valore unitario e successivamente approccia ad un regime fortemente non lineare: δ ≫ 1. Per tali valori del campo δ è necessario sviluppare una teoria alternativa a quella lineare; in particolare l’approccio del modello del Collasso Sferico e quello del Collasso Ellissoidale. Il modello sferico consiste nel seguire una disomogeneità sferica di raggio R; l’evoluzione di una tale perturbazione contenente la massa M è data da: < p =− C < p= = !>? = ;1 + 4 E ! # ;49 ? ? e denotano la densità di background e l’ampiezza della fluttuazione al tempo iniziale. Il modello presuppone che shells concentriche rimangano tali durante l’evoluzione, cosicché la massa totale rimanga costante; l’equazione non è altro che l’equazione del moto di tali shells. Secondo il modello del collasso sferico, utilizzato negli ultimi 30 anni, la forma delle protostrutture è sferica, e quindi i tempi del collasso dipendono soltanto dalla densità interna della fluttuazione, e non dal campo gravitazionale circostante. Il modello elissoidale si attiva poiché la configurazione fortemente disomogenea delle architetture cosmiche su scale fino al centinaio di Megaparsec mostra quanto il collasso sferico sia un’approssimazione che deve essere superata da un modello più raffinato che tenga conto di un più elevato grado di complessità delle strutture. L’effetto mareale esercitato da parte delle protostrutture circostanti deforma i protoaloni stessi, modificando il tempo di 36 collasso a seconda del valore di due nuovi parametri che, insieme alla densità, descrivono la non sfericità: prolatezza ed ellitticità. Siccome il campo mareale è più efficace nel deformare protostrutture piccole rispetto a quelle grandi, impedendone il collasso, per vincere le forze mareali i protoaloni di massa minore devono essere più densi rispetto a quelli di massa maggiore. Questo modifica la forma della funzione di massa degli aloni collassati, e determina notevoli differenze nella storia stessa della loro formazione. Anche confronti con simulazioni numeriche che descrivono il clustering gerarchico mettono in evidenza alcune inconsistenze col collasso sferico; in particolare quest’ultimo tende a sovrastimare il numero di oggetti di piccola massa e a sottostimare quello degli oggetti di massa maggiore. Da un punto di vista aprioristico, è possibile prevedere che la perturbazione sferica sia un’approssimazione realistica per masse poco superiori alla massa di Jeans M ≡MJ, cioè in un regime in cui non sono trascurabili effetti di pressione e dissipativi, che danno luogo a condensazioni sferiche in cui l’autogravità è sostenuta dalla pressione interna. All’equivalenza, tuttavia, non c’è motivo di pensare che le fluttuazioni siano tutte sferiche, inoltre la (poco probabile) presenza di simmetria sferica risulterebbe altamente instabile rispetto allo sviluppo di moti non radiali. Se, inoltre, si considerano masse M ≫MJ , la pressione risulterebbe trascurabile, il fluido sarebbe trattato come un universo di materia ed andrebbe ad originare strutture come i pancake, bi-dimensionali, o i filamenti, monodimensionali. Per introdurre la necessaria complessità geometrica che superi i limiti del collasso sferico, si considera il modello del collasso ellissoidale, che descrive regioni triassiali omogenee, immerse in un background uniforme: in questo contesto le perturbazioni evolverebbero in una serie di ellissoidi omogenei di eccentricità crescente, finchè il loro asse più corto raggiunge dimensioni trascurabili (pancake). Vengono inoltre considerate con attenzione le forze mareali che influenzano considerevolmente le regioni in collasso. Si usano vari approcci: White e Silk, Eisenstein e Loeb, Bond e Myers, Bardeen 11) Metodo degli excursion sets Si ipotizza che a tempi remoti il campo stocastico gaussiano, omogeneo ed isotropo ;z, C4 = ;z, C 4D;t4 D;C 4 sia determinato da fluttuazioni di densità molto piccole: δ ≪ 1, tipiche del regime lineare; nell’equazione, D;t4 è il fattore di crescita lineare delle perturbazioni, z è la coordinata comovente e C è un tempo di riferimento, per esempio il tempo attuale. In tal caso il 37 campo ;z, C4 è unicamente specificato dalla conoscenza dello spettro di potenza delle , C[. Il regime lineare sussiste finché l’ampiezza delle fluttuazioni, in una fluttuazioni Y data regione, non si avvicina all’unità; in tal caso gli effetti non lineari diventano importanti e la regione si separa dalla generale espansione dell’universo e collassa formando un alone virializzato. All’epoca della formazione dell’alone virializzato il contrasto di densità predetto dalla teoria lineare raggiunge il valore ≡ = 1.675529 (per il modello di concordanza). É possibile considerare la crescita delle fluttuazioni da un altro punto di vista, cioè trasferendo la dipendenza temporale dal campo δ alla soglia critica che era considerata statica, moltiplicando per ;:E 4 ;¡4 . . Questo equivale a considerare il campo di fluttuazioni lineari: ;z4 ≡ ;z, C 4 riscalato al tempo C , e una soglia critica ;C4 = ;:E 4 ;¡4 che si abbassa al crescere del tempo t. Per universi di Einstein-deSitter (Ω = 1) il fattore di crescita in funzione del redshift z varia come ¢;a4 ∝ ;1 + a4, quindi ;a4 = ;1 + a4 Il modello prevede che l’elemento infinitesimo di massa in z sia parte di un alone di massa maggiore o uguale ad M, al tempo t, se la fluttuazione lineare k ;z; <4, centrata in z e filtrata su una sfera di raggio < ∝ p/= R, ha un valore uguale o al di sopra della soglia richiesta: z ∈ p ⟹ k ;z; <4 ≥ ;C4 Si usano vari approcci al modello: Cammini browniani, Relazione traiettorie aloni, Funzione di massa differenziale, Excursion sets e collasso ellissoidale: barriera mobile 12) Progenitori e figli Il formalismo degli excursion sets permette di ottenere, oltre alle funzioni di massa non condizionali esposte, le funzioni di massa dei progenitori e dei figli (funzioni condizionali). La funzione dei progenitori è un’espressione analitica per la probabilità condizionata che un punto appartenente ad un alone di massa M1 al tempo t1 diventi parte di un alone più grande, di massa fissata M2 ad un tempo fissato t2. La funzione dei figli è la probabilità condizionata che un punto appartenga ad un alone di massa M2 al tempo t2 col vincolo che ad un tempo precedente t1 sia stato parte di un alone più piccolo di massa fissata M1. 38 Progenitori: massa fissata M2- Figli: massa fissata M1 M2 P/t2 Questi risultati, che permettono di descrivere la merging history di oggetti virializzati, definiscono il modello noto come Press-Schechter esteso. Si sviluppa il formalismo per • le funzioni di massa condizionali nel modello sferico • le funzioni di massa condizionali nel modello ellissoidale Si ottengono i grafici delle funzioni di massa di progenitori e figli, confrontando il modello sferico con quello ellissoidale ottenuti considerando un universo ΛCDM: Frazioni numeriche: • Sull’asse y si indica la probabilità che un alone di massa fissata M2 a z2 = 0 provenga da aloni di massa M1 a z1. (progenitori) • Sull’asse y: si indica la probabilità che un alone di massa fissata M1 a z1 diventi parte di un alone di massa M2 a z2.(figli) • In ogni grafico le curve si riferiscono a z = 0.5, 1, 2, 4, 7, 10 (per curve di spessore decrescente). Le curve blu si riferiscono al collasso sferico, le marroni al collasso ellissoidale. 39 • Si verifica che l’andamento tipico di una curva della funzione dei progenitori è funzione decrescente di M1: ciò indica che è più probabile che, fissata una massa M2 ad un certo redshift ad un tempo t2, questa si sia formata da aloni di massa più piccola, piuttosto che da aloni con massa comparabile con quella dell’alone stesso. L’effetto è accentuato per masse fissate M2 ≫ M⋆ (ultima a sinistra), a causa del fatto che, fissati z e M⋆(z), tali masse sono presenti in numero più limitato rispetto ad aloni più piccoli. L’effetto del redshift è quello di spostare le curve relative ad alti z verso ordinate più elevate per masse M1 piccole (a tempi remoti ci sono più oggetti di piccola massa); è invece più probabile trovare un progenitore più massiccio a piccoli look back times. Il confronto tra il modello sferico e l’ellissoidale porta a notare che la massa di aloni sferici è distribuita in un numero maggiore di progenitori di piccola massa, mentre per progenitori di massa più grande, le curve del modello ellissoidale hanno ordinate maggiori. Questo è un risultato atteso in quanto la funzione di massa di Press-Schechter predice più aloni 40 di piccola massa e meno aloni di grande massa, rispetto alla funzione di massa di Sheth3 Tormen. • L’andamento delle curve relative alla funzione di massa dei figli mostra come, per masse finali M2 grandi, la probabilità che una massa fissata M1 diventi parte di M2 sia maggiore per intervalli di redshift maggiori; per masse finali M2 confrontabili con M1,le curve relative ad intervalli redshift minori dominano rispetto alle altre Frazioni di massa: • Sull’asse y si indica la frazione di massa proveniente da aloni di massa M1 a z1, che fa parte di un alone di massa fissata M2 a z2=0 (progenitori) • Sull’asse y: si indica la frazione di massa che, provenendo da un alone di massa fissata M1 a z1, diventa parte di un alone di massa M2 a z2=0. (figli) • In ogni grafico le curve si riferiscono a z = 0.5, 1, 2, 4, 7, 10 (per curve di spessore decrescente). Le curve blu si riferiscono al collasso sferico, le marroni al collasso ellissoidale. 41 • La funzione di massa dei progenitori evolve in funzione del redshift: mentre per z1→z2 la curva tende ad una Delta di Dirac (effetto che si accentua per masse M2 minori), per z1≫z2 la funzione di massa dei progenitori tende alla funzione di massa non condizionale. Tale andamento è dimostrabile anche analiticamente ed è dovuto al fatto che, per valori di ∆z molto elevati, i random walks che partono da (z1, M1) risentono in maniera meno significativa del vincolo di attraversamento nel punto (z2, M2). A redshifts elevati le curve dei due modelli mostrano quindi le medesime differenze riscontrate nelle funzioni di massa non condizionali: la curva del collasso ellissoidale domina a grandi masse e ha valori minori a piccole masse, rispetto alla curva del collasso sferico. • L’andamento delle curve relative alla funzione di massa dei figli mostra come, per masse finali M2 grandi, la probabilità che una massa fissata M1 diventi parte di M2 sia maggiore per intervalli di redshift maggiori; per masse finali M2 confrontabili con M1,le curve relative ad intervalli temporali minori dominano rispetto alle altre. Un chiaro confronto tra il modello sferico e l’ellissoidale viene fornito dal pannello che si riferisce a M1 = M⋆: un alone sferico, rispetto ad uno ellissoidale, ha più probabilità di essere distribuito in aloni con masse M2 più piccole; anche in questo caso si riflette il fatto che il collasso ellissoidale predice l’esistenza di un maggior numero di aloni di grande massa, rispetto al caso sferico. 42