STAGIONE 2007-2008 DELIRI E ARMONIE Martedì 15 aprile 2008 ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Klezmerata Fiorentina 20 Igor Polesitsky violino Riccardo Crocilla clarinetto Francesco Furlanich fisarmonica Riccardo Donati contrabbasso Consiglieri di turno Direttore Artistico Letizia Torrani Gonzales Antonio Magnocavallo Paolo Arcà Con il patrocinio di Con il contributo di Con il patrocinio e il contributo di Con il contributo di Sponsor istituzionali Con la partecipazione di Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di: • spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici; • limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...); • non lasciare la sala prima del congedo dell’artista. Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite, e che l’ingresso in sala a concerto iniziato è possibile solo durante gli applausi, salvo eccezioni consentite dagli artisti. Klezmerata Fiorentina Igor Polesitsky violino Riccardo Crocilla clarinetto Francesco Furlanich fisarmonica Riccardo Donati contrabbasso Variazioni sul tema della vita Musiche tradizionali strumentali degli ebrei ucraini I. Niggunim e danze sacre: i klezmorim del Baal Shem Tov Intervallo II. Le nozze a Kalinindorf Nei primi anni del Novecento, un gruppo di studenti del Conservatorio fondarono in Russia la Società per la musica popolare ebrea (Gesellschaft für Yiddische Folkmusik), allo scopo di promuovere e di sviluppare la creazione di un nuovo genere di espressione musicale ebraica. L’iniziativa di questi studenti rappresentava il tentativo di una minoranza sociale e religiosa di emanciparsi in termini culturali dall’ambiente circostante, che aveva sempre umiliato e represso le forme di espressione della popolazione ebraica. Il desiderio di conoscere e di conservare il patrimonio musicale della propria gente rappresentava un fenomeno largamente diffuso, che si era manifestato in maniera clamorosa nell’ambito di tutte le minoranze etniche dei due grandi stati multinazionali dell’Europa prima della Grande Guerra, l’Impero austroungarico e l’Impero russo. Il nazionalismo musicale costituiva del resto una delle maggiori correnti della musica di fine Ottocento, destando in ogni paese un movimento volto a conferire alla musica d’arte la benedizione di una radice popolare. Le ricerche etnomusicologiche divennero sempre più numerose, specie tra le élites delle minoranze in cerca d’indipendenza, ma anche in Francia, Spagna, Italia, Norvegia, persino negli Stati Uniti molti compositori di professione si mostravano inclini a conferire alla loro opera un’inflessione popolare. Il mondo ebraico orientale costituiva tuttavia un caso del tutto particolare, rispetto alle forme consuete di ricerca di un’identità nazionale. In primo luogo, la popolazione ebraica di lingua yiddish non conosceva in pratica confini politici, essendo una minoranza sparsa sul territorio di entrambi gli Imperi. Lungo il corso dei secoli, inoltre, gli ebrei del Mar Nero avevano conosciuto a più riprese anche la dominazione dell’Impero ottomano, riuscendo a sopravvivere grazie all’ammirevole capacità di adattarsi alle diverse forme di potere senza perdere la propria identità religiosa. Questa poverissima e industriosa minoranza formava con i suoi usi e costumi una sorta di humus culturale della vasta regione di frontiera tra Europa e Asia, perennemente instabile e sottoposta a continui rivolgimenti politici. Inoltre, gli ebrei di lingua yiddish e in particolare le comunità influenzate dal movimento fondato nel Settecento dal rabbino Israel ben Eliezer, il cosiddetto chassidismo, vantavano un patrimonio musicale d’insolita ricchezza. Gli ebrei infatti erano i soli a esercitare il mestiere di musicista tra la popolazione rurale, in maniera simile ai rom delle regioni dell’Europa centrale. La loro tradizione di canti e danze aveva basi così solide da essere definita con un termine specifico, musica klezmer. La parola yiddish klezmer deriva dall’ebraico k’li zemer, strumento musicale. In Bielorussia e in Ucraina si era sviluppata, sin dal XV secolo, una tradizione di musica ebraica secolare, destinata non solo ai riti liturgici ma anche ad allietare feste nuziali e intrattenimenti di vario genere. Questi musicisti, chiamati per metonimia klezmorim, trasformavano da secoli le melodie e i ritmi delle antichissime musiche devozionali, adattando in maniera creativa il repertorio alle circostanze delle loro esibizioni. Nel corso del tempo, la musica klezmer si è mescolata alle tradizioni musicali dei gentili, in una fusione naturale di stili e di generi che non si è mai cristallizzata in una forma definitiva. L’esempio forse più clamoroso della capacità di assorbire molteplici esperienze provenienti dalle altre culture, rimanendo però fedeli all’impronta originale, consiste nella disinvoltura con la quale la tradizione klezmer, approdata in America con le ondate migratorie a cavallo del Novecento, s’è mescolata alle varie correnti di musica non ebraica, contribuendo a formare l’identità musicale del Nuovo Mondo. Il primo musicista klezmer a essere conosciuto in Occidente è stato probabilmente Josef Gusikov, portentoso suonatore di un eccentrico strumento, sorta di xilofono fatto di legno e paglia, con il quale tenne una memorabile serie di concerti nelle principali città europee dal 1834 in poi. Gusikov si esibiva con il suo ensemble nel costume tradizionale da rabbino, destando l’entusiasmo di personaggi come il violinista polacco Karol Lipinski e il poeta Alphonse de Lamartine. Felix Mendelssohn scrisse nel 1836, in una lettera alla famiglia: «Sono curioso di sapere se Gusikov è piaciuto a voi quanto a me. È quasi un fenomeno, una celebrità, non inferiore ad alcun virtuoso al mondo, sia nell’esecuzione che nell’espressione; inoltre egli mi delizia di più con il suo strumento di legno e paglia che molti altri con i loro pianoforti». Gusikov non fece in tempo, purtroppo, a raccogliere i frutti dell’eccezionale impressione destata dal suo talento. Morì infatti di tubercolosi nel 1837, a soli trentun’anni, in condizioni miserabili e amareggiato per di più dal furto del suo inestimabile strumento. In Russia, nel corso dell’Ottocento, l’imperatore Alessandro II estese la sua protezione alla minoranza ebraica, permettendo per esempio che in Ucraina, nei territori riconquistati ai turchi, i klezmorim adoperassero strumenti musicali più sonori, come il clarinetto, cosa che in precedenza era loro vietata. Un altro passo in avanti, dal punto di vista musicale, avvenne verso la fine del secolo, quando numerosi musicisti ebrei vennero coscritti a forza nell’esercito zarista per rimpolpare le bande militari. Questa robusta tradizione di musica ebraica professionale, legata in maniera sempre più labile al passato religioso, si diffuse per il mondo in seguito al grande movimento di emigrazione di fine secolo, diretto in particolare vero l’America. Negli anni Venti i clarinettisti Dave Tarras e Naftule Brandwein suscitarono una moda passeggera, ma in definitiva influente nella musica commerciale degli Stati Uniti, recuperando alcuni elementi del linguaggio tradizionale. L’idioma klezmer continuò a circolare in maniera sotterranea nella musica del Novecento, anche nel lavoro di compositori come George Gershwin (il celebre inizio con il glissando di clarinetto di Rapsody in Blue ne rappresenta l’esempio più evidente) e Aaron Copland. Il mondo dal quale era scaturita questa tradizione era destinato a scomparire nell’immane rogo della Seconda guerra mondiale, benché i campi di sterminio nazista costituissero solo l’ultimo e grandioso atto di una tragedia della persecuzione che aveva sconvolto da secoli la popolazione ebraica di queste terre. Claudio Magris, nel suo fondamentale studio sulla letteratura ebraica orientale Lontano da dove (Einaudi), mette a fuoco in maniera esemplare questa condizione: «Non è stata solo la carneficina hitleriana a provocare, con le sue proporzioni, il tramonto di quell’epica [letteraria]: benché quantitativamente minori, gli eccidi causati dai pogroms russi e polacchi sarebbero stati più che sufficienti a spezzare ogni ottimismo umano ed ogni fermezza etico-religiosa, così come lo sarebbero state più tardi le persecuzioni staliniane». La fuga dallo shtetl, il piccolo villaggio rurale, emblema di questo mondo ebraico orientale, rappresentava un processo di allontanamento non solo fisico, ma anche umano e culturale da un mondo di orrori senza fine. Il vasto movimento di lotta per la conquista dei diritti civili dei neri e più in generale per l’emancipazione delle minoranze sociali, sviluppatosi in America negli anni Sessanta, ebbe imprevedibili ripercussioni anche in campo musicale. Tra i giovani musicisti emerse una forte tendenza al cosiddetto revivalism, un termine di solito associato alla fede e alla religione. Il loro desiderio era di recuperare le forme d’espressione musicale dei loro padri, immigrati in America da varie zone dell’Europa e considerati come individui subalterni anche nella loro nuova nazione. Il fitto intreccio razziale della società americana fece sì che molti musicisti ebrei partecipassero in maniera attiva al recupero di forme d’espressione a loro del tutto estranee, come per esempio la musica celtica o lo stile di banjo delle Appalachian Mountains, finché qualcuno non sentì il bisogno di guardare un po’ più da vicino nel proprio passato. Cominciarono così a formarsi, agli inizi degli anni Settanta, dei gruppi dediti alla riscoperta della musica klezmer, rinvenuta in vecchi lp a 78 giri e imparata dai pochi musicisti della vecchia generazione ancora in grado di ricordare lo stile e l’idioma della tradizione. Tra le principali figure di questo revival, culminato forse nel film di Norman Jewison Fiddler on the Roof, troviamo musicisti come Giora Feidman, Andy Statman, Don Byron, Joel Rubin e gruppi come i Klezmatics e la Klezmer Conservatory Band di Boston. L’indiscutibile successo del loro lavoro si è esteso anche all’Europa e al nostro paese, testimoniato dall’esperienza di artisti come Moni Ovadia e in tempi più recenti dei protagonisti del concerto di questa sera. Le tradizioni musicali ebraiche formano una sorte di Torre di Babele, nella quale la questione dell’identità musicale si stempera in un miscuglio di linguaggi diversi, non di rado contrapposti l’uno all’altro. La tradizione klezmer costituisce soltanto un frammento della multiforme espressione musicale dell’ebraismo, forse la più disponibile a mischiarsi con stili e forme provenienti da altre tradizioni. Ciò che distingue i musicisti klezmer dagli altri membri della comu- nità consiste nel fatto che il loro approccio alla musica ebraica avviene soprattutto tramite la musica stessa. Il musicista klezmer pensa e sente in primo luogo in maniera musicale, cercando di spostare sempre un po’ più in avanti i confini della propria abilità di suonatore. La sua disposizione d’animo e l’ammirazione del talento professionale lo spingono a cercare di comprendere qualunque forma di sistema musicale, interpretando ogni elemento che colpisca la sua fantasia nei termini del proprio linguaggio. Questo ha condotto i nuovi esponenti del revival klezmer, in maniera inevitabile, a combinare sempre più il repertorio tradizionale con lo stile della musica classica, jazz, pop e oltre. L’idioma klezmer ha una natura eclettica, seguendo gl’istinti e l’estro dei musicisti. Per gli esponenti della nuova musica ebraica ortodossa, per esempio, questa dimensione risulta inaccettabile, come dimostra quel che scrive il cantautore americano Yossi Green: «La musica klezmer è più di una caricatura di quel che la musica ebrea era solita essere… Uno strumentista può esibire il suo strumento, esibire la sua abilità nel suonare. E ciò non ha in realtà niente a che fare con dove va la musica ebrea oggi… La nuova musica chassidica ha definitivamente rimpiazzato il klezmer». Ma la mancanza di una forte ispirazione religiosa, rimproverata dagli ebrei ortodossi, costituisce invece proprio la linfa vitale di questa musica, ancora in grado di esprimere con forza e in maniera immediata i sentimenti più profondi della natura umana, come la gioia e il dolore. Il valore autentico della musica klezmer consiste nella natura meticcia del suo linguaggio, che risulta comprensibile tanto agli ebrei quanto ai gentili, perché non fissa divisioni, bensì unisce i destini di chiunque goda la bellezza della musica e ammiri la bravura dei musicisti in una condizione comune che si chiama, semplicemente, umana. Oreste Bossini KLEZMERATA FIORENTINA L’ensemble Klezmerata Fiorentina, formato da quattro prime parti dell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, si è costituito nel maggio 2005 per dar voce in concerto alla musica strumentale tradizionale degli ebrei dell’Ucraina, che è patrimonio familiare del fondatore del gruppo, Igor Polesitsky. Lo stile esecutivo che ne deriva può essere definito come musica da camera improvvisata, nella quale confluiscono da un lato l’inconfondibile linguaggio strumentale, i ritmi di danza e le melodie originali della tradizione dei “klezmorim”, dall’altro la complessità di espressione, l’ampia gamma dinamica e l’elasticità di tempo della tradizione classica. Con il nome originale di “Igor’s Tikkun Kapelye”, il gruppo ha partecipato, nel luglio 2005, al concerto conclusivo del “Progetto Martha Argerich” di Lugano trasmesso dal vivo dalla Radio Svizzera e registrato in parte per la casa discografica EMI. Apprezzata e sostenuta da importanti personalità del mondo musicale quali Zubin Mehta, James Colon, Daniel Barenboim, Mstislav Rostropovic, Natalia Gutman, Martha Argerich, Leonidas Kavakos, Dora Schwarzberg e Yuri Bashmet, la “Klezmerata” è stata ospite di istituzioni culturali di primo piano quali Istituto Russo di Cultura a Vienna, Auditorium “Dom Muzyki” di Mosca, Piccolo Teatro di Milano, Accademia “Bartolomeo Cristofori”, Salone dei Cinquecento di Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e Teatro della Pergola di Firenze. Il compositore argentino Jorge Bosso e l’israeliana Betty Olivero hanno scritto musica espressamente dedicate all’ensemble. È per la prima volta ospite della nostra Società. Prossimi concerti: martedì 22 aprile 2008, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Julian Rachlin violino e viola Itamar Golan pianoforte In maniera significativa, la figura di Julian Rachlin è legata in un certo senso al contesto del concerto di questa sera. Nato in Lituania nel 1978, Rachlin è infatti uno degli innumerevoli musicisti del Novecento generati nel seno dell’impareggiabile tradizione musicale dell’ebraismo orientale. Ha perfezionato il suo eccezionale talento a contatto con un artista di grande carisma come Pinchas Zukerman, dal quale ha forse appreso l’amore per uno strumento più umbratile qual è la viola. Sebbene abbia solo trent’anni, Rachlin ha già una carriera prestigiosa alle spalle e può vantare benemerenze da record, come per esempio il fatto di essere stato il più giovane solista mai invitato dai Wiener Philharmoniker. La musica da camera ha sempre costituito uno degli aspetti più importanti del suo lavoro, nel solco di una tradizione legata al suo maestro Boris Kuschnir, dedito da sempre a questo repertorio in formazioni di spicco prima in Russia e poi in Austria. Discografia minima D. Šostakovič 10 Preludi dai 24 Preludi per pianoforte op. 34 (Rachlin, Golan, Warner Music WAR 256461949) J. Brahms Sonata in mi bemolle maggiore op. 120 n. 2 (Zukerman, Barenboim, Deutsche Grammophon DGG 437248) L. van Beethoven Sonate (Zukerman, Neikrug, Sony 82876678882) martedì 6 maggio 2008, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio András Schiff pianoforte Bach - Sei Suites francesi BWV 812 - 817 - Ouverture francese BWV 831 MONI OVADIA MERCOLEDÌ 23 APRILE 2008, ORE 18.30, SALA PUCCINI DEL CONSERVATORIO Mercoledì 23 aprile alle ore 18.30 nella Sala Puccini del Conservatorio, Moni Ovadia parlerà della Musica ebraica nell’ambito della rassegna Parole in nota, realizzata grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo. Ad accompagnarlo ci saranno il filosofo e consigliere del Quartetto Carlo Sini e lo scrittore e ideatore della rassegna Andrea Kerbaker. Ingresso libero fino a esaurimento dei posti. MUSICA E POESIA A SAN MAURIZIO, PRIMAVERA 2008 CAMBIO DI DATA 8 giugno 2008, Chiesa di Sant’Antonio Abate Michael Chance controtenore Paul Beier liuto A Musical Banquet - Italia e Inghilterra tra Cinque e Seicento Gli Artisti ci hanno chiesto di spostare ai primi di giugno il concerto già previsto per martedì 29 aprile. D’intesa con il Comune di Milano, il concerto si terrà domenica 8 giugno 2008, sempre nella chiesa di Sant’Antonio Abate, alle ore 21. Anche l’incontro con il poeta Tomaso Kemeny è spostato a tale data con inizio alle ore 20.30. Società del Quartetto di Milano via Durini 24 - 20122 Milano tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281 www.quartettomilano.it e-mail: [email protected]