UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO Dipartimento di Fisica “E. R. Caianiello” Corso di Laurea in Fisica Tesi di Laurea Magistrale Fili Superconduttori a Basse Perdite per Magneti Rapidamente Pulsati Relatori: Ch.mo Prof. Salvatore De Pasquale Gent.mo Dott. Umberto Gambardella Correlatore: Ch.mo Prof. Sergio Pagano Anno Accademico 2013/2014 Candidato: Federico Quero Matr. 0522600019 Ringraziamenti In questo traguardo della vita non posso esimermi dal ringraziare chi, in tutti questi anni, mi è stato vicino… Un grazie particolare va alla mia famiglia. Grazie Mamma e grazie Papà per avermi permesso di essere l’uomo che sono, per aver sopportato i miei nervosismi e per aver permesso materialmente il raggiungimento di questo obbiettivo. Grazie Lucia. Grazie per essere come sei. Grazie perché in questi anni abbiamo condiviso tanto e soprattutto grazie per avermi sopportato e supportato nei momenti di sconforto. In ogni momento “no”, in cui tutto sembrava buio, tu ci sei stata ed hai permesso che io risollevassi la testa per andare avanti… Grazie agli amici “Marateoti” che sebbene spesso distanti ci sono stati sempre… Grazie agli “amici di Laborario”. Grazie Armando e grazie Domenico per le risate, per le consulenze tecniche e per aver trascorso bei momenti in quel “corridoio” che bellissimo non è! Grazie al gruppo “anti-mestizia”. Grazie Enrico, grazie Vincenzo per il supporto e per i discorsi “aulici” che alla fine sfociavano quasi sempre in un’enorme risata. Ovviamente grazie a tutti gli altri colleghi universitari insieme ai quali in questi anni ho condivisione gioie, dolori, ansie e paure… L’elenco sarebbe troppo lungo e per questo condenso con un “grazie a tutti…” Grazie dott. Gambardella. Grazie per la disponibilità, per la Sua competenza e per avermi assistito nel corso di tutto il periodo di tesi. Grazie Gerardo. Grazie per il supporto, per i consigli, per la simpatia e per l’aiuto che mi hai dato, in merito alla stesura di questo lavoro di tesi. Grazie agli altri membri del laboratorio ERMES. Grazie Amedeo e grazie Nello, per avermi aiutato in laboratorio e per i preziosi consigli.. i Indice Abstract………………………………………………………………………………..v CAPITOLO I: Proprietà di irreversibilità magnetica nei superconduttori....................1 1.1 Cenni di superconduttività…………….………………....………..….....…......1 1.1.1 Superconduttività: una breve storia…...…….……...……..……….........1 1.2.1 Teoria di Ginzburg – Landau...................................................................3 1.1.3 Superconduttori di tipo I e II....................................................................8 1.1.4 Stato misto e stato intermedio: considerazioni energetiche....................10 1.2 Superconduttori di tipo II..................................................................................12 1.2.1 Quantizzazione del flusso.......................................................................12 1.2.2 Interazione tra vortici: reticolo di Abrikosov..........................................14 1.2.3 Pinning....................................................................................................16 1.3 Irreversibilità magnetica nei superconduttori...................................................21 1.3.1 Stato critico.............................................................................................21 1.3.2 Modello di Bean per una lastra superconduttrice...................................24 1.3.3 Cicli di isteresi........................................................................................29 1.3.4 Relazione magnetizzazione – corrente nel modello di Bean..................32 1.3.5 Fattore di demagnetizzazione.................................................................34 1.3.6 Dissipazioni in un filo superconduttore..................................................35 CAPITOLO II: Struttura e dissipazioni di compositi multifilamentari.......................40 2.1 Introduzione......................................................................................................40 ii 2.2 Criterio di stabilità adiabatica...........................................................................42 2.3 Correnti di accoppiamento in compositi multifilamentari................................44 2.4 Struttura dei fili superconduttori.......................................................................52 2.4.1 Tecniche di fabbricazione........................................................................52 2.4.2 Difetti macroscopici dei filamenti e loro effetti......................................54 2.4.3 Barriere di diffusione..............................................................................56 2.4.4 Effetto prossimità tra i filamenti..............................................................57 2.5 Matrice resistiva................................................................................................58 2.5.1 Effetto delle dimensioni...........................................................................58 2.5.2 Magnetoresistenza......................................................................................5 2.5.3Minimum propaganting zone....................................................................60 2.5.4 Compositi a tre componenti.....................................................................61 CAPITOLO III: Misure di magnetizzazione e di suscettività AC..............................63 3.1 Magnetometro a campione vibrante.................................................................63 3.1.1 L’apparato sperimentale...........................................................................64 3.1.2 Calibrazione dello strumento...................................................................65 3.2 Metodo di misura della suscettività AC........................................................... 66 3.2.1 Considerazioni introduttive......................................................................66 3.2.2 Analisi armonica del segnale....................................................................67 3.2.3 Suscettività AC.........................................................................................70 3.2.4 Informazioni sulla resistività trasversa.....................................................73 CAPITOLO IV: Risultati sperimentali........................................................................75 4.1 Il filo superconduttore.......................................................................................75 4.2 Misure di magnetizzazione.............................................................................. 77 iii 4.3 Misure di suscettività AC.................................................................................84 Conclusioni..................................................................................................................90 Bibliografia..................................................................................................................92 iv Abstract Negli ultimi anni, nel campo delle macchine acceleratrici, vi è la richiesta sempre crescente di magneti che possano generare campi relativamente intensi e che possano essere caricati e scaricati rapidamente . Lo sviluppo di magneti dalle proprietà così spinte è limitato però dagli alti livelli di dissipazione in regime variabile, a cui sono sottoposti i cavi superconduttori di cui essi si costituiscono. Questo rende necessario un'ottimizzazione del cavo superconduttore che permetta di ottenere bassi livelli di dissipazione e che, al contempo, risulti stabile rispetto ai disturbi indotti dal campo magnetico stesso. Le dissipazioni AC in un cavo superconduttore sono di diverso tipo: alcune sono riconducibili all'isteresi magnetica del superconduttore stesso, altre invece dipendono da complessi fenomeni di accoppiamento elettromagnetico tra le varie componenti del cavo, visto che esso è generalmente ottenuto assemblando fili superconduttori, i quali a loro volta si presentano come complicate strutture multifilamentari in cui sottili filamenti di materiale superconduttore risultano immersi in una matrice di materiale normale come ad esempio il rame. Per quanto detto, il lavoro di tesi ha riguardato la caratterizzazione magnetica di compositi multifilamentari in NbTi di terza generazione con particolare attenzione alle perdite in campo AC. In particolare è stato caratterizzato, attraverso misure di magnetizzazione e di suscettività AC, un filo prototipo per applicazioni in magneti superconduttori a carica rapida come quelli previsti per il sincrotrone SIS300 del laboratorio tedesco GSI di Darmstadt. Nella prima parte dell'elaborato vengono richiamate le proprietà più importanti dei superconduttori di tipo II e viene focalizzata l'attenzione sul concetto di irreversibilità magnetica e sullo studio delle perdite di un singolo filamento superconduttore posto in un campo magnetico trasverso. v Segue un approfondimento relativo allo studio delle dissipazioni in regime variabile cui è soggetto un composito multifilamentare e vengono sottolineati alcuni aspetti importanti in relazione alle fasi di realizzazione e alla struttura di tali sistemi. Successivamente viene descritto l’apparato sperimentale utilizzato per effettuare le misure di magnetizzazione sul campione di filo superconduttore sotto esame e vengono studiate le nozioni principali legate al concetto di suscettività AC. Nell’ultima parte del lavoro vengono riportati i risultati sperimentali ottenuti ed i relativi commenti; seguono poi le conclusioni. vi CAPITOLO I Proprietà di irreversibilità magnetica nei superconduttori 1.1 Cenni di superconduttività 1.1.1 Superconduttività: una breve storia La superconduttività rappresenta un particolare stato in cui può venire a trovarsi la materia, contraddistinto da particolari caratteristiche elettriche e magnetiche. La strada verso la superconduttività fu aperta dallo studio delle proprietà dei materiali alle basse temperature. In particolare nel 1908 il fisico olandese Heike Kammerlingh Onnes riuscì nella titanica impresa di liquefare l’Elio, ultimo tra i gas inerti ad essere condensato, raffreddandolo ad una temperatura prossima ai 4K. Ciò aprì le porte all’investigazione delle proprietà della materia in una regione di bassissime temperature che precedentemente risultava inaccessibile. Nel 1911 Onnes investigando le proprietà elettriche di un campione di Mercurio in funzione della temperatura notò che al di sotto di una certa temperatura, denominata temperatura critica , la resistenza elettrica del metallo assumeva valore nullo. Lo stesso Onnes affermo: “ il mercurio è passato in un nuovo stato della materia che in base alle straordinarie proprietà elettriche può essere indicato come stato superconduttivo”; la scoperta gli valse il premio Nobel per la Fisica nel 1913. La proprietà di opporre resistenza nulla al passaggio della corrente non fu l’unico effetto a destare meraviglia, infatti i superconduttori presentano un’altra sorprendente caratteristica quando sono immersi in un campo magnetico: il perfetto diamagnetismo. Nel 1933 due fisici tedeschi Karl Walther Meissner e Robert Ochsenfeld scoprirono che se un materiale superconduttore è posto in campo magnetico, una volta raffreddato al di sotto della temperatura di transizione, esso è capace di espellere il flusso magnetico prima presente al suo interno. La completa espulsione del flusso magnetico è nota come effetto Meissner e questa avviene solo se il campo magnetico applicato dall’esterno è inferiore a certo valore critico oltre il quale il campo inizia a penetrare nuovamente all’interno del superconduttore comportandone la transizione allo stato normale. 1 Fino agli anni ’50 le evidenze sperimentali riguardanti il fenomeno della superconduttività correvano più velocemente dei modelli teorici che potessero spiegare cosa accadeva a livello microscopico. La prima teoria di carattere fenomenologico fu sviluppata dai due fisici russi Vitalj. L. Ginzburg e Lev. D. Landau[1] i quali modellarono la transizione dallo stato normale a quello superconduttivo in termini di una transizione di fase del secondo ordine introducendo il concetto di parametro d’ordine. La teoria permette di ottenere delle equazioni capaci di descrivere diversi aspetti della transizione superconduttiva senza però comprendere il meccanismo microscopico che la rende possibile. Solo nel 1957 tre fisici dell’Università dell’Illinois, John Bardeen, Leon Cooper e Robert Schrieffer[2] riuscirono a formulare la prima teoria microscopica della superconduttività, conosciuta con il nome di teoria BCS e per la quale furono insigniti del premio Nobel nel 1972. Secondo la teoria BCS, al di sotto della temperatura di transizione, nello stato superconduttivo, si determina una situazione energeticamente favorevole in cui gli elettroni di conduzione si dispongono in uno stato ordinato formando coppie elettroniche di spin e momento opposto note con il nome di coppie di Cooper. Tali coppie essendo dei bosoni possono condensare in un unico stato di minima energia e muoversi collettivamente e coerentemente all’interno del sistema senza incontrare resistenza. In presenza di un’interazione attrattiva tra due fermioni, che si muovono in prossimità del livello di Fermi, si può avere uno stato di più bassa energia in cui essi si legano in una coppia stabile. All’interno di un superconduttore, almeno per quanto riguarda la superconduttività convenzionale, tale interazione attrattiva tra elettroni è mediata dalle vibrazioni reticolari associate al moto degli elettroni stessi. Un elettrone in moto nel solido perturba localmente la concentrazione di carica reticolare cosicché un secondo elettrone che si trova in prossimità di tale perturbazione ne risulta attratto; nel complesso i due elettroni risentono di un’interazione che, da un punto di vista efficace, presenta una natura attrattiva. Fino agli anni ’80 i superconduttori conosciuti erano essenzialmente metalli con temperature di transizione che andavano da qualche frazione di grado Kelvin fino ai 23K del composto Nb3Ge. Nel 1986 J. Georg Bednorz e K. Alex Muller [3] nei laboratori IBM di Zurigo conducendo esperimenti su una particolare classe di composti a base di Lantanio, Bario, Rame e Ossigeno (La2-xBaxCuO4) trovarono evidenze sperimentali di superconduttività a 35K. Tale scoperta, premiata con il premio Nobel per la Fisica nel 1987, spalancava un nuovo orizzonte per la ricerca di una nuova classe di materiali superconduttori, quello degli ossidi ceramici. Nei mesi immediatamente successivi grazie alla sostituzione del Lantanio con l’Ittrio fu individuata una ceramica perovskite (YBa 2Cu3O7-x ) in grado di manifestare proprietà superconduttive alla temperatura di 92K. Con tali materiali è potenzialmente possibile utilizzare come fluido criogenico l’Azoto liquido (temperatura di ebollizione 77K) con notevoli ripercussioni da un punto di vista tecnologico-applicativo, in quanto più 2 economico dell’Elio liquido, facilmente reperibile e con una criogenia estremamente semplificata. Viste le temperature in gioco si cominciò ad indicare questi materiali ceramici come Superconduttori ad Alta Temperatura Critica (HTS – High Temperature Superconductor) e ad oggi sono notevoli gli sforzi economici e scientifici relativi allo studio, allo sviluppo delle tecniche di fabbricazione e alla sintetizzazione di nuovi composti dalla temperatura critica sempre più elevata, soprattutto per le enormi potenzialità che tali materiali possono avere, sia per quanto concerne le applicazioni elettriche e magnetiche di potenza, sia per quelle elettroniche. Comunque ad oggi non esistono ancora applicazioni su larga scala o di potenza basate su materiali HTS, essendo ancora lontana l’industrializzazione di cavi di potenza realizzati con tali materiali. Fig. 1.1: Misura storica della resistenza elettrica del Mercurio in funzione della temperatura, effettuata da Onnes. E’ mostrata la transizione dallo stato normale a quello superconduttore. 1.1.2 Teoria di Ginzburg - Landau La teoria di Ginzburg – Landau pone le sue basi su una modelizzazione teorica delle transizioni di fase del secondo ordine eseguita precedentemente ad opera dello stesso Landau. Come già detto, questa permette di spiegare diversi aspetti legati alla transizione superconduttiva e al comportamento elettromagnetico dei superconduttori, sebbene costituisca un modello fenomenologico che prescinde dal meccanismo microscopico che dà luogo alla superconduttività stessa. Il modello di Ginzburg – Landau si fonda sullo studio delle funzioni termodinamiche che descrivono il sistema, in prossimità del punto di transizione, in termini di una quantità fisica, introdotta per la prima volta da Landau nel 1937, denominata parametro d’ordine. Tale grandezza, che verrà indicata con la lettera greca , come il nome stesso suggerisce, fornisce un’indicazione circa il livello di ordine di un sistema e 3 descrive, qualitativamente e quantitativamente, la differenza tra le fasi attraverso cui un sistema può transire. Nelle transizioni di fase del secondo ordine il parametro d’ordine varia con continuità assumendo valore nullo nella fase disordinata e diverso da zero in quella ordinata. Come conseguenza di ciò in prossimità del punto di transizione il parametro d’ordine assume valori prossimi allo zero. Detto ciò, la densità di energia libera del sistema in prossimità del punto di transizione può essere espressa come una funzione del parametro d’ordine oltre che delle usuali coordinate intensive come pressione e temperatura. E’ doveroso notare che il parametro d’ordine non è classificabile come coordinata termodinamica intensiva, infatti viene ricavato nel modello, in modo auto consistente, come valore che deve assumere il parametro d’ordine, per assegnati valori delle coordinate termodinamiche intensive, affinché il sistema si trovi in uno stato di equilibrio stabile. Immaginando di sviluppare in serie di potenze di la densità di energia libera, in un intorno del punto di transizione, e arrestando lo sviluppo al quarto ordine si ha dove rappresenta la densità di energia libera della fase disordinata ( ) ed i coefficienti e sono funzioni delle variabili termodinamiche e . Tenendo presente che nella fase ordinata della transizione il parametro d’ordine assume valori diversi da zero e che nella fase disordinata assume valore nullo, tali coefficienti vengono determinati richiedendo che la loro struttura analitica sia tale da verificare le seguenti condizioni: - per il minimo della densità di potenziale termodinamico deve corrispondere a ; per il minimo della densità di potenziale termodinamico deve corrispondere a ; per si deve avere con continuità. Imponendo tali condizioni segue che i coefficienti dispari dello sviluppo devono annullarsi per cui la densità di energia libera assume la forma: Ora calcolando il minimo per per il parametro d’ordine: come funzione di si ottiene il seguente andamento che è effettivamente consistente con le ipotesi iniziali: infatti, permette di distinguere la fase ordinata da quella disordinata e per è tale che con continuità. A 4 questo punto se si calcolasse il valore minimo della funzione in corrispondenza dei valori assunti dal parametro d’ordine sarebbe possibile dimostrare che, da semplici considerazioni di natura termodinamica, il modello riproduce le caratteristiche salienti di una transizione di fase del secondo ordine ovvero: l’assenza di un calore latente e un salto, al punto di transizione, nell’andamento in temperatura del calore specifico. Finora non si è tenuto conto del fatto che il parametro d’ordine può subire delle fluttuazioni ad opera della temperatura. Queste divergono alla temperatura critica e tenderebbero ad invalidare la teoria di Ginzburg – Landau che ha senso, proprio in un intorno del punto di transizione. Inoltre si può dimostrare [1] che le fluttuazioni possono dipendere dalle coordinate spaziali e che, per tenerne conto, l’espressione della densità di energia libera deve essere complementata attraverso l’introduzione di un termine che dipende dalle derivate spaziali1 del parametro d’ordine della forma: dove , , rappresentano dei coefficienti positivi. Tale quantità, nel caso di forti variazioni spaziali del parametro d’ordine, porterebbe ad un aumento improvviso dell’energia libera e ovviamente la probabilità che ciò avvenga risulta molto bassa. Detto in altri termini, si introduce una rigidità del parametro d’ordine che si esplica nell’attenuazione delle fluttuazioni. La forma finale della densità di energia libera per un sistema spazialmente isotropo è: Questa espressione è del tutto generale e prescinde dalla particolare transizione del secondo ordine studiata. In relazione alla transizione superconduttiva, i parametri fenomenologici in essa contenuti, nonché il significato fisico del parametro d’ordine, vennero correlati ai parametri microscopici del sistema elettronico solo nel 1958 quando Gorkov[4], riformulando la teoria BSC nell’ambito del formalismo delle funzioni di Green, dimostra l’equivalenza tra la teoria BCS e la teoria fenomenologica di Ginzburg – Landau in prossimità del punto di transizione. Per la transizione superconduttiva si scelse un parametro d’ordine complesso coincidente con la funzione d’onda macroscopica associata alle coppie di Cooper della seguente forma: 1 È importante notare che per un sistema isotropo si ha la condizione situazione il termine di rigidità del parametro d’ordine può essere espresso nella forma 5 . In tale . il quale rappresenta l’ampiezza di probabilità di trovare i portatori di carica nello stato superconduttivo, la cui densità locale risulta pertanto: L’espressione per l’energia libera diventa dunque: In presenza di un campo magnetico applicato l’espressione per l’energia libera (1.8) deve essere modificata per due motivi. Il primo consiste nell’aggiunta del termine che rappresenta la densità di energia del campo magnetico localmente presente nel superconduttore, il secondo è la modifica dell’operatore gradiente (in analogia a quanto accade in meccanica quantistica) per la presenza del potenziale vettore : Inoltre in presenza di campo magnetico il potenziale termodinamico giusto da utilizzare è l’energia libera di Gibbs e non l’energia libera di Helmotz . Si dimostra[1] che l’energia libera di Gibbs dello stato supercondutivo si ottiene aggiungendo all’energia libera (1.8) il termine per cui: Per determinare le equazioni differenziali che regolano l’andamento del parametro d’ordine e del campo magnetico nel superconduttore bisogna minimizzare l’energia libera di Gibbs intesa come funzionale delle tre funzioni indipendenti: problema pertanto è quello di determinare le funzioni variazioni: ; corrisponda una variazione condizione: . Il tali che alle ; nulla del potenziale di Gibbs, ovvero imponendo la Il calcolo dettagliato porta alla coppia di equazioni: 6 le quali costituiscono il sistema completo di equazioni di Ginzburg – Landau. L’equazione (1.10) descrive l’andamento del parametro d’ordine nel superconduttore e dalla risoluzione di tale equazione emerge naturalmente che questo subisce variazioni significative sulla lunghezza detta lunghezza di coerenza. Questa rappresenta la distanza media tra due elettroni legati in una coppia di Cooper e quindi descrive le dimensioni medie della coppia stessa che può variare da qualche decina a qualche centinaia di nanometri. L’equazione (1.11) descrive l’andamento della densità di corrente nel superconduttore e permette di introdurre una seconda lunghezza caratteristica detta lunghezza di penetrazione , definita dalla relazione: dove è il valore che assume il parametro d’ordine in assenza di campo magnetico. Questa rappresenta la distanza dalla superficie del campione entro cui il campo magnetico penetra come conseguenza dello smorzamento esponenziale delle correnti superficiali di schermo; tipicamente assume valori che variano da qualche decina a qualche migliaia di nanometri. Gorkov ottenne le equazioni (1.10 – 11) dalla teoria microscopica e notò che la carica fenomenologica in esse contenuta era pari a , avvalorando l’idea che la superconduttività fosse dovuta all’esistenza delle coppie di Cooper. Inoltre convenzionalmente si sceglie con conseguenze solo sulla normalizzazione che in tal caso viene assunta della forma . Con questa scelta fu possibile identificare il parametro d’ordine con la funzione d’onda macroscopica di coppie di Cooper di densità ; alla luce di quanto detto si può notare come la (1.10) costituisca un’equazione non lineare, ricavata tramite pure considerazioni di tipo termodinamico, che risulta formalmente analoga all’equazione di Schrodinger per un bosone di carica , di massa , sottoposta all’azione del campo magnetico associato al potenziale vettore e soggetta ad un potenziale proporzionale a . Sia la lunghezza di coerenza , sia quella di penetrazione divergono al punto di transizione con un andamento di conseguenza il loro rapporto resterà circa costante: 7 Tale quantità prende il nome di parametro di Ginzburg – Landau del materiale e permette di distinguere i superconduttori in base al loro tipo: Nei paragrafi successivi verrà presentata brevemente la differenza tra le due tipologie di materiali dapprima da un punto di vista fenomenologico e successivamente in termini delle energie in gioco. 1.1.3 Superconduttori di tipo I e II Abbiamo accennato al fatto che un superconduttore è contraddistinto, oltre che dalla proprietà di condurre corrente elettrica senza opporre resistenza, dalla proprietà di essere un diamagnete perfetto. Esiste una sostanziale differenza tra un conduttore perfetto ed un superconduttore che nel seguito verrà brevemente spiegata. Immaginiamo, in assenza di campo magnetico applicato, di considerare un materiale che possa subire una transizione dallo stato normale ad uno stato caratterizzato dall’avere solo resistenza nulla (iperconducibilità). L’iperconducibilità di per se implica il diamagnetismo perfetto, infatti se si cerca di magnetizzare l’iperconduttore applicando un campo magnetico dall’esterno, verrà generata al suo interno una corrente indotta tale da escludere esattamente il campo magnetico imposto. Se però il sistema risulta originariamente sottoposto ad un campo magnetico una volta avvenuta la transizione l’iperconduttore non espelle il campo, anzì continua a trattenerlo anche quando il campo esterno viene rimosso. Per un superconduttore la situazione è differente. Se il sistema, inizialmente allo stato normale, viene fatto transire allo stato superconduttivo abbassandone la temperatura, esso espellerà il campo magnetico, sia se questo viene applicato dopo che la transizione è avvenuta (situazione simile al caso precedente), sia se il campo era presente prima che la transizione avvenisse. La capacità da parte di un superconduttore di espellere il campo magnetico al quale è sottoposto prende il nome di effetto Meissner. 8 Stato normale alta T Raffreddamento campione Nuovo stato ordinato a bassa T Nuovo stato in presenza di campo Nuovo stato in assenza di campo ZFC Eslusione campo Superconduttore FC Esclusione campo : Meissner ZFC Esclusione campo Iperconduttore FC Ritenzione campo Tabella 1.1: differenza tra un iperconduttore ed un superconduttore in presenza ed in assenza di campo. Relativamente al comportamento dei superconduttori sottoposti a campo magnetico si individuano fenomenologicamente due famiglie. La prima è caratterizzata dal fatto che è possibile eseguire una transizione netta tra lo stato superconduttore e quello normale per opera del campo magnetico. Infatti per questi superconduttori, che vengono denominati superconduttori di tipo I, l’espulsione completa del campo avviene fino al raggiungimento di un certo campo detto campo critico . Per campi di intensità superiore le linee di forza penetrano il materiale ed il sistema torna allo stato normale. Il campo critico dipende dal tipo di materiale e dalla temperatura con un andamento ben approssimato dalla legge empirica[5]: dove rappresenta il valore del campo critico a temperatura . Questo tipo di superconduttività esibita da tutti gli elementi metallici (eccetto il Niobio) è caratterizzata da campi critici il cui valore è estremamente basso, dell’ordine delle decine di millitesla. Figura 1.2: andamento della magnetizzazione in funzione del campo magnetico applicato per un superconduttore di tipo I. 9 La seconda famiglia è quella dei cosiddetti superconduttori di tipo II i quali risultano caratterizzati da due campi critici: il campo critico inferiore e il campo critico superiore . Per campi magnetici applicati di intensità inferiore a la situazione è analoga a quanto accade per i superconduttori di tipo I: il campo viene espulso ed il superconduttore si trova nello stato Meissner. Per campi di intensità compresa tra e il flusso magnetico penetra parzialmente il superconduttore il quale viene a trovarsi in uno stato detto misto dove coesisteranno sia lo stato normale che quello superconduttore. Per campi di intensità maggiore a il campo penetra il sistema e le proprietà superconduttive vengono soppresse. Sono superconduttori di tipo II il Niobio per quanto concerne gli elementi metallici puri, tutti i composti metallici e i superconduttori ceramici. Questa tipologia di superconduttività presenta campi critici inferiori estremamente bassi, di intensità dell’ordine del millitesla, e campi critici superiori che possono essere estremamente elevati, ad esempio 37 Tesla per il composto metallico Nb3Ge e 190 Tesla per il superconduttore ceramico HgBa2Ca2Cu3O8+x. Il fatto di poter sopportare campi magnetici così elevati senza sopprimere le proprietà superconduttive, insieme alla caratteristica di trasportare elevate correnti rende i superconduttori di tipo II maggiormente interessanti, sia da un punto di vista fisico che applicativo, rispetto ai superconduttori di tipo I. Figura 1.3: andamento qualitativo dei campi critici in superconduttori di tipo I a) ed in superconduttori di tipo II b). 1.1.4 Stato misto e stato intermedio: considerazioni energetiche Per un meccanismo diverso rispetto a quello che porta alla formazione dello stato misto, anche nei superconduttori di tipo I può presentarsi la coesistenza tra lo stato normale e lo stato superconduttivo; in tal caso si parla di stato intermedio. Allo stato misto e allo stato intermedio, quindi, corrisponde all’interno del materiale la formazione di zone superconduttive S e normali N che risultano interfacciate tra loro. In ognuna delle zone normali il campo magnetico penetra annullandosi a partire dall’interfaccia su distanze dell’ordine della lunghezza di penetrazione . Tornando all’espressione dell’energia libera di Gibbs (1.9) la parziale penetrazione del campo comporta una diminuzione del potenziale termodinamico, rispetto alla situazione in 10 cui il campo verrebbe completamente espulso dalle zone S; infatti in quest’ultimo caso il termine di energia magnetica presente nell’espressione del potenziale di Gibbs varrebbe (all’interfaccia) quantità che risulta maggiore della corrispondente energia in presenza di penetrazione, essendo il campo localmente presente nel superconduttore diverso da zero. Da ciò si evince che la situazione più favorevole da un punto di vista energetico sarebbe quella per cui il sistema risultasse suddiviso nel maggior numero possibile di zone S ed N così da massimizzare la superficie di penetrazione del campo. In questa ottica dovrebbero, dunque, esistere solo superconduttori caratterizzati da zone S ed N di dimensione infinitamente piccole. In realtà esiste un limite a tale suddivisione imposto dalla quantizzazione del flusso del campo magnetico. Inoltre esistono dei superconduttori in cui le zone S ed N risultano macroscopicamente significative, e quindi per essi deve esistere un meccanismo tale che la formazione di un numero elevato di pareti risulti inibita. Tale meccanismo è proprio legato al termine di rigidità del parametro d’ordine (1.4), introdotto precedentemente nell’espressione dell’energia libera di Gibbs. Nel passaggio dalla zona S alla zona N il parametro d’ordine non va immediatamente a zero ma si annulla con continuità su distanze dell’ordine della lunghezza di coerenza . Tale effetto di variazione del parametro d’ordine comporta un aumento del potenziale termodinamico che si contrappone all’effetto discusso in precedenza dovuto alla penetrazione del campo magnetico. Da quanto detto risulta abbastanza chiaro che il comportamento di un superconduttore dipende da quale termine di parete risulta dominante. Se predomina il termine di parete dovuto alle variazioni del parametro d’ordine (energia di parete positiva: ) il superconduttore viene detto di tipo I e risulta caratterizzato da zone S ed N macroscopicamente significative. Se, invece, il termine di parete predominante è quello relativo alla penetrazione del campo (energia di parete negativa: ), il superconduttore viene detto di tipo II ed è contraddistinto da zone S ed N di natura microscopica. Figura 1.4: Interfaccia tra un dominio normale ed uno superconduttore: la curva in rosso e in verde rappresentano rispettivamente l’andamento del parametro d’ordine superconduttivo e del campo magnetico in funzione della posizione. La figura di sinistra caratterizza un superconduttore di tipo I, mentre quella di destra un superconduttore di tipo II. 11 1.2 Superconduttori di tipo II 1.2.1 Quantizzazione del flusso Dai paragrafi precedenti è emerso che i superconduttori di tipo II, per campi esterni applicati di intensità compresa tra e , presentano un particolare stato, detto misto, in cui si ha coesistenza di zone normali, all’interno del quale penetra il campo, e di zone superconduttive, schermate da esso. Per questa tipologia di superconduttori la condizione indica che la creazione di interfacce N–S è energeticamente favorita e studi approfonditi hanno portato a concludere che la struttura delle interfacce è di tipo filamentare: il campo penetra nel materiale in modo quantizzato in strutture cilindriche, di diametro dell’ordine di grandezza della lunghezza di coerenza, che vengono generalmente chiamate quanti di flusso o flussoni. Un flussone si presenta come un vortice di supercorrenti, di raggio approssimativamente pari a , che circolano intorno ad un nucleo normale, circondato da materiale superconduttore, il cui spessore è maggiore o uguale alla lunghezza di penetrazione . Il campo magnetico associato ad un singolo vortice è massimo al centro del nucleo normale e decresce in maniera approssimativamente esponenziale all’aumentare della distanza da esso. Figura 1.5: andamento qualitativo del campo magnetico e del parametro d’ordine superconduttivo intorno ad un vortice Osservando l’andamento del parametro d’ordine e del campo magnetico intorno ad un vortice isolato (figura 1.5) si nota che a distanza , ovvero molto lontano dal nucleo normale del vortice, si ha che il campo magnetico risulta praticamente nullo e con esso anche le correnti di schermo; inoltre il parametro d’ordine tende al suo valore asintotico . La seconda equazione di Ginzburg – Landau pertanto diventa: la quale conduce all’equazione 12 tenendo conto della forma (1.6) del parametro d’ordine. A questo punto integriamo entrambi i membri dell’equazione (1.5) su un cammino chiuso che contenga il vortice: Il parametro d’ordine è una funzione complessa ad un sol valore per cui, le variazioni della fase lungo il percorso chiuso di integrazione, non possono che essere multipli interi di ; l’integrale di linea al primo membro per cui diventa: L’integrale al secondo membro può essere espresso in termini del flusso magnetico che attraversa la superficie delimitata dal contorno chiuso; dal teorema di Stokes si ha Unendo i risultati (1.22 – 23 ) si ottiene L’equazione esprime quanto già anticipato: il flusso del campo magnetico penetra il superconduttore in maniera quantizzata sotto forma di multipli interi di una quantità fondamentale definita come quanto di flusso o flussone il cui valore è: Nel limite di alti risulta possibile ottenere un’equazione in forma chiusa la cui risoluzione permette di descrivere in maniera quantitativa il comportamento del campo magnetico confinato da un vortice; in tali condizioni si può utilizzare l’equazione[6]: denominata equazione di Helmholtz. Se si assume che il vortice sia infinitamente lungo ed assialmente simmetrico l’unica dipendenza possibile che può avere la distribuzione del campo magnetico è dalla coordinata radiale, che identifica la distanza dal centro del vortice nel piano ortogonale al suo asse. Esprimendo la (1.26) in coordinate cilindriche e sfruttando le proprietà di simmetria si ha: 13 Questa equazione ammette la soluzione esatta dove è la funzione di Bessel modificata di ordine zero. Sfruttando gli sviluppi asintotici di tale funzione l’andamento approssimato del campo magnetico intorno ad un vortice è: La soluzione presenta una singolarità in che però può essere regolarizzata imponendo che il valore assunto al centro del vortice dal campo sia pari al valore da esso assunto ad una distanza pari alla lunghezza di coerenza: la posizione risulta appropriata in quanto nel limite di grandi il nucleo normale del vortice presenta dimensioni trascurabili. Nel limite di grandi distanze invece il campo si smorza in maniera pressoché esponenziale come anticipato in precedenza. 1.2.2 Interazione tra vortici: reticolo di Abrikosov Dal paragrafo precedente è emerso che lo stato misto di un superconduttore di tipo II è caratterizzato da una penetrazione quantizzata del flusso magnetico all’interno di strutture tubulari chiamate flussoni o vortici. La formazione dei vortici nel superconduttore comincia non appena il campo applicato supera il valore , la loro densità cresce al crescere del campo fino a che, raggiunto un certo valore critico , essi si sovrappongono completamente comportando la transizione del sistema allo stato normale. All’inizio del processo di formazione dei vortici, essendo la loro densità bassa, il campo presente all’interno del materiale assume valori notevoli nella regione interessata dai nuclei normali e si smorza in modo esponenziale man mano che la distanza da essi aumenta. Per alti campi applicati i vortici iniziano a sovrapporsi e il campo magnetico inizia a diventare abbastanza forte in tutto il materiale fino a che le linee di flusso del campo esterno penetrano tutto il sistema sopprimendo le proprietà superconduttive. I vortici non sono entità indipendenti ma interagiscono tra loro mediante una forza repulsiva, simile alla forza di Lorentz, legata all’influenza che interviene tra le 14 supercorrenti associate ad un vortice e il flusso magnetico associato all’altro[6]. In elettrodinamica la densità di forza di Lorentz dovuta all’interazione tra una corrente elettrica e un campo magnetico di induzione magnetica è data da Assumendo che i vortici in interazione siano infinitamente lunghi, assialmente simmetrici ed interposti parallelamente tra loro ad una certa distanza la forza totale che si esercita tra di essi può essere espressa nella forma: Dove, non essendoci alcuna dipendenza dalla coordinata per ragioni di simmetria, risulta conveniente stimare la forza per unità di lunghezza: Il calcolo dettagliato richiederebbe la conoscenza delle distribuzioni di campo e correnti, tuttavia, l’espressione può essere notevolmente semplificata assumendo che i vortici si trovino a grande distanza tra loro. In tale condizione la corrente può essere ritenuta costante attraverso la regione di integrazione per cui Il campo magnetico integrato sulla sezione del vortice è pari ad un quanto di flusso orientato lungo , per cui la forma definitiva per la forza (per unità di lunghezza) tra vortici posti a grande distanza è pari a: Per un superconduttore di dimensioni finite sarebbe lecito aspettarsi una tendenza dei vortici ad uscire dal materiale per via della loro mutua repulsione; in realtà le correnti di schermo presenti sulla superficie esterna del campione esercitano su di essi un forza che tende a confinarli all’interno del materiale. In condizioni ideali viene a crearsi una condizione di bilanciamento, associata ad uno stato di minima energia, per cui i vortici si organizzano secondo una disposizione ordinata e regolare, generalmente di tipo esagonale[7], conosciuta con il nome di reticolo di Abrikosov e per cui sono mostrati alcuni esempi in figura 1.6. E’ importante sottolineare, per gli sviluppi successivi, che durante il raggiungimento di questa configurazione di equilibrio, sui vortici in movimento si esercitano altre due forze: una di tipo viscoso della forma , dovuta proprio alla “resistenza” che i 15 vortici incontrano nel muoversi all’interno del materiale, e un’altra detta di spinta 2 con una forma del tipo dove rappresenta la densità di elettroni superconduttori ed un coefficiente che dipende dal tipo di modello utilizzato. Figura 1.6: a)Prima immagine sperimentale del reticolo di quanti di flusso risalente al 1967 evidenziato da particelle di ferro[8], b) Immagine dell’ordinamento dei vortici del composto MgB2 ottenuta attraverso Scanning Tunnel Microscopy [9]. 1.2.3 Pinning Il passaggio di una corrente di trasporto in un superconduttore puro, ovvero privo di impurità, dislocazioni e altre imperfezioni, comporta un moto dei flussoni dovuto alla forza di Lorentz (1.34) che si esercita sui vortici per effetto della corrente stessa. Sebbene tale moto non causi perdite isteretiche, e ciò è reso evidente dal fatto che la curva di magnetizzazione è reversibile (figura 1.7), esso comporta un’ingente dissipazione di energia per effetto Joule: ad un moto dei vortici corrisponde sempre un campo elettrico3 che in presenza di una corrente dà luogo ad una densità di potenza dissipata di natura ohmica dovuta alla resistività diversa da zero dei nuclei normali dei vortici stessi. In tali condizioni il superconduttore non sarebbe in grado di sostenere la corrente: queste dissipazioni, producendo calore, inducono un aumento della temperatura del sistema con conseguente riduzione delle proprietà superconduttive e possibile transizione allo stato normale, rendendolo di fatto, inutilizzabile da un punto di vista applicativo. 2 La forza di spinta è una conseguenza dell’effetto Magnus che coinvolge la forza che si esercita su un oggetto rotante che si muove all’interno di un fluido. Se indichiamo con la velocità con cui si muove un vortice nel superconduttore e con la velocità della supercorrente circolante intorno ad esso, per effetto della composizione di tali velocità ai bordi del vortice viene a crearsi un gradiente di pressione che determina una deviazione nella traiettoria seguita da vortice nel verso di diminuzione della pressione. 3 Se è la velocità media dei flussoni il campo elettrico macroscopico associato vale [6]. 16 Figura 1.7: andamento della magnetizzazione in funzione del campo magnetico applicato per un superconduttore di tipo II. La situazione è ben diversa nei superconduttori reali dove il meccanismo delle dissipazioni è regolato, in larga parte, dalla presenza dei difetti. Per ragioni di minimizzazione dell’energia, i vortici tendono a posizionarsi sulle imperfezioni del materiale (impurità, dislocazioni, vacanze reticolari, ecc..) le quali agiscono come centri di ancoraggio. Il fenomeno prende il nome di pinning il quale, opponendosi alla forza di Lorentz agente sui vortici in presenza di una corrente di trasporto, determina il valore della cosiddetta corrente critica , ovvero quanta corrente può essere effettivamente trasportata dal superconduttore senza che ci siano perdite: nel sistema potrà fluire una corrente senza che si presentino dissipazioni fino a che la forza di Lorentz, e dunque la corrente, non supera un certo valore critico, oltre il quale i flussoni si mettono in moto. La situazione appena descritta viene generalmente indicata come stato critico. Da un punto di vista tecnologico questa condizione può essere controllata sottoponendo il materiale a opportuni trattamenti chimici e meccanici il cui scopo è, attraverso l’introduzione nel materiale di impurità e difetti strutturali, quello di elevarne la corrente critica a valori compatibili con le applicazioni pratiche. (Valori della densità di corrente critica raggiunti in superconduttori sia a bassa che alta sono molto alti, dell’ordine di ). Si nota che gli effetti della temperatura possono indurre un moto dei vortici anche per correnti . Anderson e Kim, utilizzando la statistica di Boltzmann, dimostrarono che per una qualsiasi temperatura è possibile che un flussone o un gruppo di questi (bundle) possa disancorarsi termicamente da un centro di pinning con una probabilità che cresce all’aumentare della temperatura. Detto ciò si identificano tre regimi di flusso dei vortici a seconda del valore che assume la corrente di trasporto rispetto alla corrente critica: - flux flow flux creep flux flow termicamente attivato 17 Flux flow Il flux flow è un regime resistivo[10], e quindi dissipativo, legato ad un moto di insieme delle linee di flusso. Se la corrente che scorre all’interno di un superconduttore, nello stato misto, supera un certo valore critico, sperimentalmente si osserva l’instaurarsi di una differenza di potenziale tra due punti qualsiasi disposti lungo il campione. Numerose indagini in merito, condotte su diversi materiali, hanno mostrato che il fenomeno presenta delle sistematicità: la tensione che compare sul campione aumenta linearmente con la differenza e la pendenza della curva risulta indipendente dalla corrente critica ; quindi sebbene il campione non si trovi ancora nello stato normale esso è oggetto di un regime resistivo caratterizzato da un valore costante della resistenza elettrica. Kim descrisse tale comportamento attraverso una semplice interpretazione fenomenologica secondo la quale la velocità media dei flussoni fosse determinata dalla condizione di equilibrio di tre forze: la forza di driving , legata alla spinta esercitata dalla corrente di trasporto sui flussoni, la forza di pinning e una forza di attrito viscoso : qui rappresenta il coefficiente di attrito viscoso del superconduttore, il quale dipende solo dalle proprietà ideali del superconduttore senza essere influenzato dal pinning. Il campo elettrico associato al moto dei vortici sarà dunque: L’equazione appena ottenuta è formalmente simile alla legge di Ohm e quindi permette di definire una resistività di flux flow definita come: la quale permette di caratterizzare le perdite del sistema. Notiamo che l’entità del coefficiente di attrito viscoso ha delle ripercussioni sulla velocità con il quale i vortici si muovono e quindi su tali perdite: maggiore è , più lento sarà il loro moto e minori saranno le dissipazioni. Flux creep Il flux creep è un fenomeno dissipativo legato ad un moto dei vortici, reso possibile dall’attivazione termica, dovuto al fatto che i vortici possono disancorarsi dai centri di pinning anche nella condizione in cui la forza di Lorentz, agente sui vortici per effetto della corrente di trasporto, risulti inferiore alla forza di pinning. Quando al 18 superconduttore non è applicata alcuna corrente di trasporto, possiamo immaginare che l’effetto del pinning sia quello di confinare i vortici all’interno di buche di potenziale di profondità e larghezza . In presenza di una corrente di densità , ortogonale al campo magnetico applicato, la forza di Lorentz, che favorisce il salto dei flussoni attraverso la barriera di pinning, contribuirà con un energia a ridurne la profondità ad un valore efficace (figura 1.8) : Figura 1.8: Rappresentazione schematica dei flussoni che saltano la barriera di pinning per raggiungere un centro di ancoraggio adiacente. La frequenza con cui i flussoni possono saltare attraverso la barriera di pinning è regolata, nel modello teorico di Anderson e Kim[11], dalla statistica di Boltzmann e data dalla relazione: è una frequenza di salto flussonico caratteristica, compresa nell’intervallo . La velocità con cui si muovono i flussoni è data da al quale è associato un campo elettrico; dove e quindi una resistività pari a: L’altezza della barriera di potenziale nel quale sono confinati i vortici si riduce man mano che la corrente di trasporto si approssima alla corrente critica, quindi il 19 fenomeno del flux creep risulta dominante quando . In tali condizioni e si può utilizzare l’approssimazione per cui la (1.41) diventa: In linea del tutto generale il valore efficace dell’energia di pinning può essere espressa nella forma: dove è una funzione che descrive di quanto viene depresso il potenziale di pinning per effetto della corrente e una corrente di riferimento in corrispondenza della quale il potenziale efficace assume valore nullo. A seconda del modello utilizzato esistono diverse forme per questa funzione; quella originariamente adottata da Anderson è del tipo: Zeldov[12] ed altri ipotizzaro una deviazione dal comportamento lineare quando, per possibili valori dell’energia di pinning, del volume dei bundle dei flussoni o delle distanze di salto flussonico, il moto unidirezionale dei vortici, indotto dalla corrente di trasporto, prevale rispetto al moto casuale dovuto all’agitazione termica; in tal caso si può avere un andamento di tipo logaritmico della forma: Con questa struttura del potenziale efficace di pinning, il campo elettrico corrispondente al regime di flux creep è dato da: ) Questo, attraverso una semplice manipolazione algebrica, può essere espresso nella forma: dove si è posto: 20 Questa legge a potenza viene osservata sperimentalmente, tuttavia l’esponente , che a prima vista sembra essere correlato solamente all’energia di pinning, potrebbe dipendere anche da imperfezioni macroscopiche del superconduttore; torneremo su questo aspetto in relazione ai difetti macroscopici che si presentano nella fase di fabbricazione dei fili superconduttori. Flux Flow Termicamente Attivato (TAFF) Il flux flow termicamente attivato presenta lo stesso meccanismo che sta alla base del flux creep ed è riscontrabile in superconduttori, a temperature sufficientemente elevate, che presentano una barriera di pinning estremamente bassa, come ci si aspetta tenendo conto che il moto dei vortici risulta possibile anche per correnti di gran lunga inferiori alla corrente critica. Questo effetto risulta poco evidente, invece, nei materiali di reale interesse applicativo in quanto caratterizzati generalmente da un alto valore dell’energia di pinning. Si nota che il flux flow ed il flux creep sono fenomeni che riguardano tutti i superconduttori sia a bassa che ad alta temperatura critica. Chiaramente il flux creep, che dipende dall’attivazione termica, risulterà maggiormente evidente negli HTS in quanto le temperature di lavoro sono maggiori rispetto a quelle coinvolte nei materiali a bassa temperatura critica. 1.3 Irreversibilità magnetica nei superconduttori 1.3.1 Stato critico Il concetto di stato critico premette, in molti casi di interesse, di ben approssimare il comportamento magnetico di un superconduttore. Sebbene esistano diversi modelli che permettano di simulare tale stato, tutti sono basati su un’assunzione comune: quando all’interno di un superconduttore vi è la presenza di una corrente questa può assumere solo il valore e il legame che intercorre tra il campo magnetico e la densità di corrente è dato dall’equazione di Maxwell: 21 In generale la corrente critica risulta essere una funzione del campo magnetico e la particolare dipendenza analitica dipende dal tipo di modello adottato; ad esempio nel modello di Bean, che è il più semplice modello di stato critico, si assume ovvero che la corrente critica è pari ad una costante indipendente dal campo magnetico, mentre nel modello di Kim la dipendenza è del tipo . Per completezza in tabella 1.2, posta al termine di questa sezione, vengono richiamati i modelli di stato critico più noti. E’ doveroso sottolineare che tutti i modelli di stato critico non tengono conto della differenza tra stato Meissner e stato misto; per tale motivo il campo esterno viene schermato da correnti con una densità pari a quella critica ed il campo penetra dalla superficie del campione tanto più, quanto maggiore è la sua intensità fino a che l’intero campione viene a trovarsi nello stato critico. Nel seguito caratterizzeremo lo stato critico di un superconduttore avente la semplice geometria di una lunga sbarretta rettangolare, trascurando gli effetti di demagnetizzazione, dapprima ricavando delle espressioni di natura completamente generale che non dipendono dal particolare modello di stato critico utilizzato e successivamente riferendoci al modello di Bean. Figura 1.9: lastra superconduttiva sottoposta ad un campo diretto lungo l’asse z, di spessore 2a lungo le direzioni y e z e di spessore trascurabile lungo la direzione x. Si noti l’andamento delle correnti di schermo. Dalla (1.49) segue che e risultano ortogonali in ogni punto dello spazio e facendo riferimento alla situazione mostrata in figura 1.9, assumiamo che , in corrispondenza di un campo applicato lungo l’asse , il campo presente all’interno del superconduttore sia diretto lungo la stessa direzione e che la densità di corrente abbia solo la componente lungo l’asse trascurando la componente . In tali condizioni l’equazione (1.49) diventa: 22 la quale indica che il campo e la corrente dipendono solo dalla coordinata . Il campo magnetico internamente presente al superconduttore è pari al prodotto: dove rappresenta il numero di vortici per unità di area e associato al singolo vortice. In tal modo la (1.50) diventa: il flusso magnetico Dalle equazioni (1.49 – 52) è evidente che il rotore del campo produce un gradiente nella densità dei vortici nella direzione perpendicolare al flusso di corrente. I vortici vengono mantenuti fermi nelle loro posizioni di equilibrio fin tanto che la densità della forza di Lorentz è bilanciata dalla densità di forza di pinning , per cui: dove è stata utilizzata l’equazione (1.49). Nel caso in esame, componente lungo la direzione ed il suo modulo vale: presenta solo la L’insieme delle equazioni (1.49 – 54) deve essere soddisfatto quando è diretto lungo l’asse e lungo l’asse . Esistono diverse configurazioni di e che soddisfano a questo requisito. Il modello di Bean assume , mentre il modello a Pinning costante assume . Per molti modelli la relazione tra e nel caso della geometria considerata è della forma: dove è una funzione del campo magnetico e un fattore di proporzionalità che può dipendere dalla temperatura ma non dal campo. Se si conosce l’andamento della corrente attraverso l’equazione differenziale (1.50) si può ottenere la funzione che descrive la dipendenza del campo magnetico interno al superconduttore in funzione della coordinata . In definitiva sostituendo questo risultato nella (1.54) si ottiene immediatamente anche il profilo della forza di pinning . 23 Si nota, per evitare ambiguità che, nel presente paragrafo e nei successivi, il campo esterno spesso risulterà definito in termini dell’induzione magnetica piuttosto che in termini del campo magnetico ; ciò ha il vantaggio di poter lavorare con unità di misura più convenienti ma la differenza tra ed non dovrebbe essere mai dimenticata. Nel campione subisce cambiamenti ad opera delle correnti di magnetizzazione mentre ne risulta indipendente e uguale al campo applicato dall’esterno. Tabella 1.2: relazione tra e per diversi modelli di stato critico 1.3.2 Modello di Bean per una lastra superconduttrice Come già anticipato il modello di Bean è il più semplice modello tra quelli che permettono di descrivere lo stato critico. In esso si assume che ogni qualvolta risulta presente una corrente nel superconduttore questa assume un valore costante pari alla corrente critica, la quale risulta indipendente dal campo magnetico presente nel materiale e che è collegata al profilo del campo attraverso l’equazione di Maxwell (1.49). Per quanto detto in precedenza, nel limite di bassi campi applicati, nel superconduttore esisterà una regione vicina al centro dello stesso, nel quale non sono presenti né il campo, né le correnti. Sempre in riferimento alla figura 24 1.9, nel caso di un superconduttore a forma di lastra le condizioni al contorno da imporre sono: la prima indica che il campo interno al superconduttore in prossimità della superficie è uguale al campo applicato , mentre la seconda, che il campo internamente e lontano dalla superficie risulta nullo. Ponendo nella (1.49) la condizione si ha: L’andamento della corrente (1.57) richiede che il campo dipenda linearmente dalla coordinata nella regione in cui è presente la corrente, quindi il campo presente all’interno del materiale, consistentemente con le condizioni al contorno, assume la forma: notiamo che e sono correlati dalla relazione: e attraverso l’equazione (1.54) si ottiene anche l’andamento della forza di pinning: Gli andamenti (1.58 - 59) sono mostrati in figura 1.10 per un valore finito di . e per Il caso di alti campi applicati può essere correlato al limite di bassi campi appena descritto, attraverso un campo caratteristico , proporzionale alla semilarghezza della lastra superconduttrice , attraverso la relazione: 25 Il campo ha la proprietà per cui quando il campo e le correnti hanno raggiunto il centro del superconduttore, ovvero l’intero sistema si trova nello stato critico. Chiaramente per ricadiamo nella situazione di bassi campi vista precedentemente, mentre il limite di alti campi si ottiene per . È facile mostrare [6] che in tale limite il profilo del campo e delle correnti assume la forma: Figura 1.10: andamento del campo e delle correnti del superconduttore ed in termini del rapporto : a) in funzione della posizione all’interno , c) . L’intensità della densità di corrente critica è legata alle caratteristiche del materiale di cui è composto il superconduttore studiato e dipende da diversi fattori quali: la granularità, la concentrazione di difetti, ecc. La figura mostra come cambiano i profili di campo, correnti e forza di pinning al variare del campo applicato e per diversi valori del rapporto nel modello di Bean. Finora abbiamo tacitamente assunto che il campione sotto esame fosse sottoposto ad un campo magnetico applicato incrementato da un valore iniziale (zero field – cooled) fino al valore . Ora cercheremo di capire da un punto di vista qualitativo quello che accade quando il campo viene decrementato a partire da un certo valore massimo. I primi tre pannelli della figura 1.11 mostrano le configurazioni di campo e correnti per valori crescenti di campo da a , mentre i tre 26 pannelli successivi mostrano i corrispettivi profili per un decremento del campo da fino a . Nella fase di incremento del campo applicato, il campo interno è maggiore alla superficie e si riduce linearmente fino a raggiungere il centro. Nella fase di decremento quello che accade è che il campo in superficie risulta ridotto rispetto a quello interno comportando la presenza di un flusso magnetico intrappolato nel superconduttore. La particolare configurazione considerata è tale che si ha un raggiungimento della massima quantità il flusso intrappolato quando il campo applicato subisce un decremento nel range e oltre il quale si mantiene costante. Quando il campo va a zero e assume valori negativi nel materiale viene a formarsi uno stato critico inverso rispetto a quello che viene a formarsi per valori positivi del campo, ovvero nella fase di incremento dello stesso. Figura 1.11: Andamento di campo e correnti all’interno di un superconduttore sottoposto ad un ciclo di campo esterno: partendo dal valore , il campo viene aumentato da (a) fino a (c), in seguito viene decrementato fino a (d) – (f) ed infine incrementato nuovamente (g). Dalla figura 1.11 si nota chiaramente che per campi applicati oltre , nel superconduttore si realizza uno stato critico caratterizzato da un massimo di flusso schermato e che diminuendo il campo di o più si produce uno stato critico caratterizzato da un massimo di flusso intrappolato. La figura 1.12 mostra questi due casi e rappresenta il flusso schermato e intrappolato attraverso delle regioni marcate. 27 Figura 1.12: le regioni triangolari evidenziate in figura rappresentano il flusso schermato per campi crescenti di intensità (a) ed il flusso intrappolato per campi la cui intensità viene ridotta (b). L’area di tali regioni ha un valore intrappolato per unità di lunghezza vale: e ciò significa che il massimo flusso Per quanto detto il flusso viene schermato quando il campo medio all’interno del superconduttore risulta più basso rispetto al campo applicato mentre un intrappolamento del flusso si ha nella situazione opposta. Per e si ha: Se il campo applicato è incrementato da zero fino a e successivamente viene riportato a zero, avremo una quantità di flusso intrappolato a seconda che sia minore a , compreso tra e , o maggiore di . Ciò porta ad un comportamento isteretico di in funzione del campo applicato, che viene interamente mostrato in figura. I cinque punti speciali ivi presenti vengono riportato in tabella. La magnetizzazione è collegata al campo magnetico dalla relazione: Nel caso di un superconduttore a forma di lunga lastra, le condizioni al contorno indicano che assume, sia internamente che esternamente al superconduttore, il valore . Solitamente, per magnetizzazione si intende il valor medio del momento magnetico per unità di volume del sistema, ovvero e tenendo 28 questo in mente l’equazione (1.65), riscritta in termini di quantità medie all’interno del superconduttore, diventa: in tal modo la magnetizzazione viene determinata dalla differenza che intercorre tra il campo medio presente all’interno del superconduttore e il campo applicato. 1.3.3 Cicli di isteresi Nel paragrafo precedente abbiamo visto che a causa dello stato critico la penetrazione del flusso magnetico ha carattere non reversibile: le forze di ancoraggio danno luogo a gradienti di flusso magnetico di natura macroscopica il cui risultato è un comportamento isteretico della magnetizzazione del sistema. Un ciclo di isteresi è un grafico della magnetizzazione in funzione del campo magnetico applicato il quale, a partire dal valore , viene portato prima ad un valore massimo , poi ad un valore minimo ed infine nuovamente a zero. L’energia dissipata per unità di volume in un ciclo di campo è: dove appare chiara l’analogia fra la magnetizzazione di un superconduttore e quella dei materiali magnetici; in entrambi i casi, l’area racchiusa dal ciclo di isteresi, nel piano rappresenta il lavoro eseguito dal campo esterno. Le perdite prodotte da un dato cambiamento del campo dipendono dalla “storia magnetica del campione”: le correnti di magnetizzazione indotte dai primi cambiamenti del campo rimangono “congelate” e modificano le variazioni del flusso magnetico interno al campione, durante il primo ciclo. Un ciclo di campo è sempre sufficiente a cancellare questa memoria e tutti i cicli successivi produrranno le medesime perdite. In un campione vergine, in cui non sono presenti correnti di magnetizzazione, le perdite prodotte al primo ciclo saranno differenti e di maggiore entità rispetto a quelle dei cicli successivi. Indicando con il valore massimo raggiunto dal campo, l’area racchiusa dal ciclo di isteresi [6] per campioni di diversa geometria, può essere espressa nel seguente modo: dove è una quantità nota con il nome di fattore di perdita, che risulta dipende dal rapporto: 29 Nel limite di campi applicati, approssimativamente il valore: mentre nel limite opposto , il fattore di perdita per una lastra rigida assume assume il valore: La figura che segue mostra l’andamento del fattore di perdita in funzione di per il caso della lastra, nelle due approssimazioni (1.70 – 71) e per una geometria cilindrica, sia in campo parallelo che trasverso. In quest’ultimo caso le espressioni che approssimano il valore del fattore di perdite, nei due limiti di alti e bassi campi, sono: Figura 1.13: Fattore di perdita , per campioni di diversa forma, al variare del campo magnetico. L’espressione (1.67) che permette di calcolare le perdite per isteresi considera soltanto il campo esterno nel quale il superconduttore è immerso; in generale si deve 30 tener conto anche del campo generato dalle correnti che attraversano il campione. E’ utile sapere che ai fini del calcolo delle perdite si può utilizzare, oltre che un approccio di tipo “magnetico” legato al calcolo della (1.67), anche un approccio di tipo “elettrico” ottenuto mediante il calcolo del flusso del vettore di Poynting attraverso una superficie che racchiude il campione; in tal caso le dissipazioni prodotte in un ciclo di campo sono date da: dove tale espressione è completamente equivalente a: La (1.74) permette di calcolare la conversione di energia elettromagnetica in energia meccanica o termica, la quale per confronto con la (1.73), risulta bilanciata da una perdita di energia del campo elettromagnetico. Per dimostrare l’equivalenza tra le espressioni (1.73 – 74 ) partiamo col considerare la legge di Ampere – Maxwell moltiplicata scalarmente per il campo elettrico: Sfruttando l’identità vettoriale: ed utilizzando la legge di Faraday la (1.75) diventa: A questo punto integrando sul volume del campione la (1.76) e sfruttando il teorema della divergenza si ha: Il primo membro della (1.77) corrisponde al secondo membro della (1.74) per cui: 31 dove si è tenuto conto della (1.65) e che per mezzi omogenei . Non considerando gli ultimi due termini, che non contribuiscono al calcolo delle perdite, l’ultima relazione si riconduce alla (1.74) come volevamo dimostrare. I termini rimanenti nella (1.78) permettono di calcolare le cosiddette perdite per isteresi le quali, per un materiale puramente magnetico sono caratterizzate solo dal termine proporzionale a , mentre per un superconduttore è necessario tener conto anche del termine . Il fatto di avere due approcci completamente equivalenti al fine del calcolo dell’energia dissipata è di notevole importanza, sia per ricavare delle espressioni analitiche che numeriche: in alcuni casi può essere più semplice utilizzare una relazione piuttosto che l’altra, soprattutto per quanto riguarda le simulazioni numeriche, in cui per esempio una quantità può essere mal definita e una delle due espressioni può essere inutilizzabile. 1.3.4 Relazione magnetizzazione – corrente nel modello di Bean Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che per alti campi applicati, che soddisfano la relazione , il valor medio del campo interno assume valori compresi tra e . Di conseguenza la magnetizzazione definita dalla relazione (1.66) varierà all’interno del range . Facendo riferimento alla figura 1.14c notiamo che, nel limite di alti campi, la magnetizzazione tende a saturare rispettivamente ai valori: da cui tenendo conto della relazione (1.61) che definisce il campo 32 si ottiene: Questa formula permette di collegare la differenza dei valori di saturazione assunti dalla magnetizzazione e la corrente critica per un superconduttore a forma di lastra. Questa formula, nota come formula di Bean, generalizzata al caso di una geometria qualsiasi può essere scritta nella forma: rappresenta una lunghezza caratteristica dipendente dalla geometria del campione esaminato; per un cilindro di raggio si ha Figura 1.14: ciclo (a) , di magnetizzazione con (b), campo variato (c) nell’intervallo Prima di concludere il paragrafo è importante notare che la formula (1.81), ricavata nell’ambito del modello di stato critico di Bean, dipende da due approssimazioni importanti. Per prima cosa tale formula è ottenuta assumendo che risulti indipendente dal campo magnetico presente nel materiale. Come accade nella maggior parte dei superconduttori tale dipendenza risulta presente e la funzione ottenuta attraverso misure di magnetizzazione, piuttosto che descrivere la dipendenza dal campo interno, rappresenta l’andamento della corrente critica in funzione del campo applicato. Le due funzioni risultano approssimativamente uguali solo se il campo magnetico presente internamente al materiale soddisfa opportune condizioni di omogeneità. La seconda importante approssimazione sta nel fatto che il metodo, che permette di estrarre informazioni circa la densità di corrente critica dalla misura della differenza di magnetizzazione della regione di alti campi del 33 ciclo di isteresi, è teoricamente giustificato solo per campioni infinitamente lunghi e dunque risulta non corretta nel caso realistico di superconduttori di dimensioni finite. 1.3.5 Fattore di demagnetizzazione A questo punto vale la pena discutere brevemente gli effetti giocati dalla forma dei campioni superconduttivi in relazione all’espulsione totale o parziale dal campo magnetico. La curva di magnetizzazione, già mostrata in figura 1.2, prevista per un superconduttore nello stato Meissner, al cui interno si ha un induzione magnetica , si riferisce qualitativamente ad un lungo campione di forma cilindrica disposto con l’asse parallelamente al campo magnetico applicato . In altre geometrie, il campo esterno può non essere omogeneo attorno al campione e può penetrare anche per valori inferiori al campo critico. Per un ellissoide di rivoluzione con l’asse parallelo ad [13], il campo presente internamente al campione , è uniforme e parallelo al campo applicato; il suo valore è dato dalla relazione: dove è la magnetizzazione del sistema e è una costante nota come fattore di demagnetizzazione del corpo, che dipende dalla geometria del campione. Per un campione di forma sferica , per un campione dalla forma di un lungo cilindro con l’asse perpendicolare al campo magnetico applicato , mentre se l’asse è parallelo ad si ha . Per un superconduttore che presenta stato Meissner completo deve essere chiaramente: per cui dalla (1.83) segue: di conseguenza intensità del campo magnetico interno al campione vale: In prossimità della superficie del superconduttore le linee di forza del campo magnetico risultano distorte per effetto della magnetizzazione tuttavia, essendo la 34 componente tangenziale del campo magnetico alla superficie continua, campo interno e campo esterno risultano paralleli all’equatore. Di conseguenza l’intensità del campo all’equatore appena fuori alla superficie è uguale all’intensità del campo ovvero . Nel caso di una sfera, l’intensità del campo magnetico esterno all’equatore è uguale a ; per una lunga bacchetta cilindrica posta in campo magnetico trasversale il campo vale E’ evidente che, a causa degli effetti di demagnetizzazione, il campo magnetico applicato risulta amplificato in prossimità della superficie del campione. Ciò permette anche di dare una spiegazione fenomenologica circa la formazione dello stato intermedio in cui possono venire a trovarsi i superconduttori di tipo I. Anche nella situazione per cui il campo applicato risulta di intensità inferiore rispetto al campo critico , l’amplificazione del campo alla superficie del campione può comportare che alcune regioni del superconduttore possano essere sottoposte ad un campo di intensità superiore al campo critico . Lo stato risultante che viene a formarsi, caratterizzato dal fatto che alcune regioni del campione si trovano allo stato normale mentre altre si trovano nello stato superconduttivo, è proprio lo stato intermedio. 1.3.6 Dissipazioni in un filo superconduttore Come accade in diverse applicazioni pratiche che riguardano gli avvolgimenti magnetici per acceleratori di particelle, il campo magnetico statico o pulsato può essere diretto ortogonalmente ad un conduttore di forma cilindrica. In tale configurazione, il problema di determinare i profili del campo e delle correnti risulta di difficile risoluzione in quanto, a differenza di quanto accade per una lastra o per un cilindro posto campo parallelo[14], questi non sono delle semplici funzioni unidimensionali. Siccome la geometria è complicata per calcolare le perdite risulta conveniente utilizzare l’equazione (1.67) piuttosto che la (1.73) per la quale è necessario il calcolo del campo elettrico in ogni punto del cilindro. Per piccoli valori di oscillazione del campo, le correnti di schermo indotte si disporranno a ridosso della superficie del campione secondo una distribuzione approssimativamente ellissoidale, la cui eccentricità varia per adattarsi a variazioni del campo imposto; a tali correnti è associato un campo interno[14]: 35 dove rappresenta il diametro del filo, mentre descrive la distanza tra il centro della sezione circolare dello stesso e il contorno ellittico definito dalle correnti. Detto il rapporto tra l’asse minore e quello maggiore dell’ellisse, assume la forma: così la (1.87) diventa: Un’integrazione simile alla precedente permette di ottenere anche il valore della del sistema: La distribuzione delle correnti nel filo è tale da generare oltre che un campo interno, anche un campo esterno al campione, ed il risultato di ciò è un aumento del valore del campo in prossimità della superficie del filo. Quando il campo applicato viene ridotto di intensità le correnti di schermo più esterne scorrono nella direzione opposta rispetto a quella seguita dalle correnti già esistenti. Ai fini del calcolo possiamo interpretare questa situazione in termini di uno strato di corrente inversa , sovrapposto alle correnti di schermo originali. Così come la distribuzione di queste ultime era caratterizzata dalla grandezza , tale strato può essere caratterizzato da una corrispondente quantità, che indichiamo con , ed il cui spessore può essere determinato richiedendo che esso sia tale da schermare completamente il centro del superconduttore da una certa variazione del campo esterno, ovvero: In tal modo la magnetizzazione risultante sarà: dove rappresenta il valore massimo della magnetizzazione che tiene conto di correnti di schermo tutte fluenti nella stessa direzione. 36 Figura 1.15: Profilo delle correnti di schermo e del campo magnetico in un superconduttore cilindrico sottoposto ad un campo trasverso variabile (a), il campo viene ridotto (b) e dopo aver raggiunto il valore minimo (c) viene incrementato nuovamente[14]. La condizione di completa penetrazione si realizza quando l’oscillazione del campo è tale da raggiunge il centro del campione; con riferimento all’equazione (1.89) la sua espressione è data da in cui : In corrispondenza di tale campo, la magnetizzazione di completa penetrazione assumerà il valore: Come già visto nei paragrafi precedenti, conviene normalizzare i campi rispetto al campo di completa penetrazione definendo la quantità (vedi equazione 1.69): dove rappresenta l’ampiezza picco – picco del campo oscillante applicato al filo. A questo punto [14] attraverso semplici considerazioni di natura geometrica e sfruttando la (1.92), l’energia dissipata per unità di volume può essere espressa nella forma: 37 differenziando la (1.91): risulta possibile utilizzare al posto del campo l’integrazione: , la variabile per eseguire dove è emerso naturalmente il fattore di perdita già introdotto precedentemente. L’ultima relazione vale nella condizione . rappresenta il valore che assume la grandezza in corrispondenza della magnetizzazione , la quale può essere collegata al coefficiente grazie all’ausilio delle equazioni (1.89 – 93 – 95): In condizioni di piena penetrazione si ha e e dalla (1.98) si trova . Nella condizione si può dimostrare che le perdite del sistema possono essere espressa nella forma: dalla quale sostituendo i valori di e si trova: Dalla figura 1.13 si nota che le perdite per un cilindro in campo trasverso risultano maggiori rispetto a quelle subite da cilindro in campo parallelo. La principale ragione di ciò risiede nel fatto che, in campo parallelo, le correnti di schermo producono solo una componente di campo interna al campione, mentre come già anticipato, in campo trasverso le componenti del campo di schermo sono presenti sia internamente che esternamente. Quest’ultima componente si sovrappone al campo applicato, ciò dà luogo ad un incremento del campo effettivo e quindi alle perdite. Nelle applicazioni pratiche solitamente si ha a che fare con gruppi di conduttori cilindrici sottoposti a campo magnetico, come ad esempio nel caso dei fili superconduttori multifilamentari, e quindi in fase di progettazione questo discorso delle perdite 38 dovuto ai campi esternamente generati dai singoli conduttori cilindrici, deve essere tenuto in considerazione. Notiamo inoltre che in molti casi di interesse pratico, il coefficiente è sufficientemente grande, da poter approssimare la (1.101) nella forma: Poiché le applicazioni richiedono fili e cavi capaci di trasportare la maggiore densità di corrente critica possibile, l’ultima relazione suggerisce che per contenere le perdite è necessaria la realizzazione di filamenti sempre più sottili. Questo è un risultato centrale in relazione ai requisiti che devono essere soddisfatti da fili superconduttori operanti in regime di campo variabile. Come vedremo per filamenti sottili si intende sistemi il cui diametro è dell’ordine di pochi micrometri e ciò pone un serio problema di natura tecnologica alla realizzazione dei fili e dei cavi. Per completezza notiamo che in un magnete il conduttore non è sottoposto solo ad un campo variabile ma porta anche una corrente di trasporto variabile . È stato dimostrato che le perdite in queste condizioni risultano incrementate di un fattore , dove rappresenta il rapporto tra la corrente di trasporto e la corrente critica [14]. 39 CAPITOLO II Struttura e dissipazioni di compositi multifilamentari 2.1 Introduzione Una delle più rilevanti applicazioni di potenza riguardanti i superconduttori, è relativa alla realizzazione di grandi magneti capaci di trasportare ingenti correnti di lavoro. Gli elementi costruttivi di base di un magnete sono dei cavi che generalmente si ottengono attraverso l’assemblaggio di fili superconduttori che, a loro volta, si presentano come dei compositi multifilamentari in cui dei filamenti molto sottili di materiale superconduttore, risultano immersi in una matrice di materiale normale. Come vedremo meglio nel seguito, sebbene la presenza della matrice sia essenziale nella realizzazione del filo in quanto svolge allo stesso tempo un ruolo metallurgico, stabilizzante e di protezione, essa permette l’instaurarsi di indesiderate correnti di accoppiamento tra i filamenti quando il filo è sottoposto ad un campo magnetico variabile. Rispetto alla scoperta della superconduttività, la realizzazione di fili superconduttori con caratteristiche elettriche sufficientemente interessanti ha dovuto attendere progressi significativi nella comprensione della superconduttività stessa, con particolare riferimento alla scoperta dei materiali superconduttori di tipo II, i quali si candidavano ad essere realmente compatibili con un processo di lavorazione in lunghi fili superconduttori. Il primo vero risultato positivo in tal senso si determinò a partire dalla metà degli anni ’50 con la scoperta della superconduttività in composti binari a base di Niobio. Tra queste leghe, si annoverano principalmente il Nb3Sn, il Nb3Ge ed il NbTi, le quali presentando temperature critiche sufficientemente superiori a quella dell’elio liquido, si prestavano ad essere impiegate nella realizzazione di dispositivi superconduttori immersi in un tale bagno criogenico. Nonostante le proprietà sulla carta nettamente superiori del Nb 3Sn (vedi figura 2.1) rispetto alle altre leghe note all’epoca, ci si rese ben presto conto che fattori apparentemente secondari come la duttilità, la stabilità e la lavorabilità, acquisiscono un’importanza quasi superiore alle caratteristiche superconduttive intrinseche al 40 materiale stesso. Inoltre, si dovette osservare come, nella maggior parte dei casi, il processo produttivo di un superconduttore in forma di filo potesse svolgere un ruolo più che attivo nella definizione delle caratteristiche del materiale stesso, attraverso parametri quali la connettività e la creazione di centri di pinning addizionali. Figura 2.1: Diagramma di fase per la lega NbTi e per i composti Nb3Sn e Nb3Ge. In relazione a ciò, la prima vera svolta applicativa della superconduttività in applicazioni elettrotecniche avvenne, di fatto, con la scoperta della superconduttività del NbTi il quale, ad oggi, è l’unico composto superconduttivo realmente duttile e lavorabile, attraverso processi termomeccanici, in un filo con assoluta continuità strutturale. Non solo, la sapiente combinazione di trattamenti termici alternati a processi di deformazione meccanica, si è rivelata in grado di incrementare significativamente il campo critico dei fili, sino a portarlo a valori prossimi ai 10T. La duttilità del materiale si è rivelata, inoltre, una caratteristica vincente per molti anni in favore della lega NbTi, consentendo infatti la realizzazione di fili superconduttori con struttura multifilamentare, rivelatasi assolutamente necessaria per ovviare a cronici problemi di instabilità dei primi conduttori a filamento singolo, che furono inizialmente realizzati senza grande successo a partire dal composto Nb3Sn. 41 2.2 Criterio di stabilità adiabatica L’instabilità a cui si fa riferimento nel paragrafo precedente riguarda, principalmente, un fenomeno che nella realizzazione di un filo superconduttore va assolutamente evitato: il flux jumping. Questo fenomeno consiste in moto collettivo, ma non continuo, dei vortici che “saltano” rapidamente verso una localizzazione diversa da quella iniziale. Tale moto dei vortici è dovuto alle variazioni in temperatura che subisce la densità di corrente critica e rappresenta un tipo di instabilità termica-elettromagnetica che riguarda tutti i superconduttori che possono operare ad alto campo. Per questi superconduttori lo stato critico può diventare instabile per effetto delle correlazioni tra due proprietà ad essi connesse: la diminuzione della densità di corrente critica con l’aumento della temperatura e la generazione di calore dovuta al moto dei vortici. Quantitativamente e qualitativamente possiamo capire cosa accade immaginando di fornire ad un superconduttore termicamente isolato, e che si trova ad una certa temperatura iniziale , una piccola quantità di calore . Corrispondentemente avremo un aumento della temperatura con una conseguente diminuzione della densità di corrente critica. Questo indurrà un decadimento delle correnti di schermo, permettendo al campo magnetico di penetrare il superconduttore ad una maggiore profondità. Il moto dei vortici risultante genererà calore, comportando un ulteriore aumento della temperatura. Il processo, schematizzabile attraverso un ciclo del tipo: tende ad amplificare il disturbo che l’ha generato, il quale può essere abbastanza intenso da causare un processo a valanga in cui si ha generazione di calore e moto dei vortici che induce il sistema nel complesso a transire allo stato normale. Figura 2.1: Variazione del campo interno ad una lastra superconduttiva per effetto del decadimento delle correnti di schermo indotte da un aumento della temperatura. 42 In figura 2.1 è mostrata la variazione subita dal profilo di campo, per effetto del decadimento delle correnti di schermo, nel caso di un superconduttore a forma di lastra. Durante questo decadimento, una caduta di tensione di natura resistiva sarà indotta all’interno della lastra per effetto delle variazioni del flusso magnetico. Con riferimento alla figura 2.1 immaginiamo che un sottile strato di spessore della lastra superconduttiva, racchiuda una variazione di flusso . Inoltre, se la variazione subita dalla densità di corrente è piccola possiamo assumere al primo ordine che la corrente fluente attraverso lo spessore sia costante e di conseguenza pari (per semplicità si è assunto pari ad uno il valore delle dimensioni della lastra lungo le direzioni e ). Il calore totale generato nel sottile layer superconduttivo può essere trovato attraverso l’integrazione della potenza resistiva sul tempo di decadimento: La variazione del flusso , presente nell’equazione (2.1), può essere calcolata considerando la variazione subita dal campo nella regione di spazio compresa tra il piano definito al punto dal sottile strato superconduttivo ed il piano in lungo cui, per simmetria, il campo elettrico deve assumere valore nullo. In tal modo il calore generato per unità di volume, mediato sull’intera lastra è: Dove la variazione può essere espressa nella forma seguente[14]: se si assume che decada linearmente in funzione della temperatura . A questo punto imponendo la condizione di bilanciamento termico per l’intera lastra, si ha: dove e rappresentano, rispettivamente, la densità ed il calore specifico del materiale di cui è composto il superconduttore. Il calore specifico effettivo , legato al calore fornito al superconduttore dall’esterno, attraverso la (2.5) può essere espresso nella forma: 43 L’energia immagazzinata dalle correnti di schermo, rappresentata dall’ultimo termine dell’equazione (2.6), porta ad una riduzione del calore specifico effettivo. Se quest’ultimo termine eguaglia il prodotto , il calore specifico effettivo va a zero e si presenta una situazione limite per cui anche il più piccolo disturbo di natura termica causerà un aumento della temperatura senza limiti che causerà la transizione del sistema allo stato normale. Dall’equazione (2.6), si può notare che tale circostanza può essere evitata se risulta soddisfatta la condizione: dove la quantità viene definita parametro di stabilità. La condizione (2.7) è conosciuta col nome di criterio di stabilità adiabatica in quanto ricavata nell’ipotesi che il sistema sia termicamente isolato. Da un punto di vista pratico i modi migliori per rispettare la (2.7), e quindi per evitare la comparsa del fenomeno del flux jumping, consistono nel ridurre il moto dei vortici causato dalle variazioni (stabilità adiabatica) o nel diminuire la generazione di calore (stabilità dinamica). In entrambi i casi ciò può essere fatto ricorrendo ad una suddivisione fine del superconduttore e questo giustifica la realizzazione di fili superconduttori multifilamentari. 2.3 Correnti di accoppiamento in compositi multifilamentari Alla luce di quanto detto sia nel primo capitolo, in relazione alla riduzione delle perdite isteretiche, che nel paragrafo precedente, in merito alla stabilità contro i disturbi, un filo superconduttore per applicazioni pratiche non può essere realizzato sotto forma di singolo filamento; in questo caso le ingenti perdite isteretiche, dovute alla grandezza del diametro del filo, produrrebbero fenomeni di instabilità termica nel superconduttore tali da indurre, anche a bassi campi, il fenomeno del flux jump. Per ragioni pratiche i filamenti superconduttori sono immersi in una matrice di materiale normale, tipicamente rame e spesso alluminio. Solitamente viene scelto il rame per la sua estrema duttilità che, in fase di fabbricazione, ha un ruolo centrale nel processo di trafilatura del superconduttore, per la sua alta conduttività termica e per la 44 sua alta conduttività elettrica, proprietà che promuove stabilità dinamica contro il fenomeno del flux jumping. Inoltre la matrice dà sostegno all’intero composito e assicura protezione in caso di quench. Il quench consiste in una transizione brusca del superconduttore allo stato normale che produce pertanto un surriscaldamento dovuto alla resistenza normale del superconduttore, di solito elevata. La presenza del rame, fornendo un percorso alternativo alla corrente a minore resistenza, evita così ai filamenti di raggiungere temperature troppo elevate. Se da un lato la presenza della matrice di materiale normale risulta necessaria a fini costruttivi, dall’altro può condurre a problemi di perdite dovute all’instaurarsi di un accoppiamento tra i filamenti attraverso delle correnti di Foucault, indotte nel composito quando esso è sottoposto ad un campo variabile. Quello che accade è mostrato qualitativamente in figura 2.3; in particolare la figura 2.3(a) mostra un composito posto in campo trasverso in cui i filamenti non sono accoppiati. Ogni filamento viene percorso in superficie dalla propria corrente di schermo e non essendo presente alcuna corrente attraverso la matrice, il campo magnetico presente tra i filamenti è identico al campo esterno. La figura 2.3(b) mostra la situazione opposta in cui si ha accoppiamento tra i filamenti e le correnti di schermo fluiscono anche attraverso la matrice. Osservando il profilo del campo all’interno del composito si nota che gli effetti di schermaggio prodotti da quest’ultima configurazione delle correnti sono maggiori rispetto alla situazione in cui i filamenti risultano disaccoppiati. Di conseguenza, le variazioni del flusso magnetico indotte dalla distribuzione delle correnti di accoppiamento saranno predominati e daranno luogo ad una caduta di tensione attraverso la matrice; questa essendo composta da materiale resistivo sarà dunque interessata da un flusso di corrente in direzione trasversale e, quindi, da perdite di natura ohmica. Figura 2.3: Sistema composito sottoposto a campo magnetico trasverso: (a) i filamenti non sono accoppiati per effetto del campo esterno, (b) filamenti completamente accoppiati. In basso è riportato il profilo del campo all’interno del composito. 45 Fortunatamente risulta possibile ridurre l’accoppiamento tra i filamenti operando sul filo un’operazione di torsione detta twisting. Per capire il perché di ciò consideriamo, come mostrato in figura 2.4, due filamenti paralleli immersi in una matrice di rame e sottoposti ad un campo magnetico variabile diretto ortogonalmente al piano formato dalla coppia di filamenti. Il campo magnetico variabile, per la legge di Lenz, indurrà una caduta di tensione attraverso un qualsiasi percorso chiuso, la quale risulterà proporzionale alla variazione temporale del flusso magnetico concatenato con il percorso stesso. Scegliendo un percorso come quello mostrato in figura e assumendo che i filamenti abbiano resistenza nulla (ciò risulta approssimativamente vero fin tanto che la corrente che attraversa i filamenti è inferiore alla corrente critica) segue banalmente che tutta la caduta di tensione si presenta attraverso la matrice in direzione trasversale ai filamenti. Tali tensioni indotte possono essere ridotte attraverso l’operazione di twisting, poiché viene ridotta la quantità di flusso trasverso che la coppia di filamenti può racchiudere. Dunque seguendo la linea classica per la riduzione dell’accoppiamento di una coppia di fili si può schematizzare un composito come una collezione di coppie di filamenti accoppiati tra loro attraverso la matrice. Figura 2.4: Coppia di filamenti superconduttori immersi in una matrice di rame, in campo magnetico trasverso variabile. La tensione ottenuta integrando il campo elettrico lungo il cammino chiuso tratteggiato è attraverso la matrice e proporzionale ad l [15]. Lo studio quantitativo della distribuzione delle correnti e delle corrispondenti perdite AC nei compositi twistati è basato su due approcci principali, la cui equivalenza è stata successivamente dimostrata da vari autori ([16]–[17]). Il primo, originariamente proposto da Wilson [18] e Morgan [19] nel 1970, prende esplicitamente conto della natura discreta dei filamenti superconduttori immersi in una matrice di rame e schematizza l’intero composito in termini di un complesso circuito equivalente; il secondo sviluppato da Carr [15]–[20] a partire dal 1974, tratta il problema in termini di una teoria di campo, in cui le equazioni di Maxwell vengono risolte assumendo che la struttura filamentare sia approssimabile ad un sistema continuo, omogeneo ma anisotropo. La forte anisotropia nasce dal fatto che le proprietà del composito lungo la 46 direzione dei filamenti sono notevolmente differenti rispetto a quelle lungo la direzione trasversale. Consideriamo, come mostrato in figura 2.5, un composito multifilamentare twistato, esposto ad un campo magnetico uniforme, trasverso e variabile nel tempo. Assumendo che il campo all’interno del conduttore sia uniforme (questa assunzione sarà giustificata nel seguito) la variazione del flusso magnetico concatenato al percorso chiuso 1 – 2 – 3 – 4 può essere calcolato come [21]: dove è il passo di twist del filo, la coordinata lungo l’asse del composito e campo magnetico presente al suo interno. il Figura 2.5: Composito filamentare twistato sottoposto ad un campo variabile . I numeri da 1 a 4 identificano il percorso chiuso utilizzato per calcolare la distribuzione delle correnti attraverso la matrice. Si noti che per ragioni di simmetria il campo elettrico, internamente al composito, risulta uniforme e diretto lungo la direzione (ortogonale all’asse del cilindro e coincidente con la direzione del campo magnetico esterno) e che la corrispondente densità di corrente, anch’essa uniforme, assume il valore: dove rappresenta la resistività esibita dal composito multifilamentare nella direzione trasversa percorsa dalla corrente. In relazione alle correnti che attraversano la regione filamentare, Carr [15] ha calcolato la resistività trasversa ed ha mostrato 47 che essa varia all’interno di due casi limite, dipendenti dal tipo di resistenza di contatto che intercorre tra i filamenti e la matrice. Se non c’è resistenza di contatto (buon contatto) , il superconduttore cortocircuita la matrice e la resistività trasversa si riduce a: dove rappresenta la resistività del materiale che compone la matrice e la frazione di superconduttore presente nella sezione del filo. Non di rado capita di trovarsi nella situazione opposta in cui la resistenza di contatto tra matrice e filamenti assume valori relativamente alti. Ciò in larga parte è dovuto, in seguito ai trattamenti termici che il filo subisce in fase di fabbricazione, a processi di diffusione risultanti nella formazione di leghe intermetalliche, che si presentano tra filamenti e matrice. In questo caso la resistività trasversa assume il valore: Immancabilmente i compositi multifilamentari presentano un layer esterno di rame che circonda l’intera zona filamentare ed un calcolo complessivo delle correnti di accoppiamento deve tener conto anche delle correnti che fluiscono attraverso di esso. Se lo spessore di questo layer è molto più piccolo del raggio della regione filamentare, (come accade solitamente) si può assumere che queste correnti siano uniformemente distribuite su di esso; di conseguenza si può scrivere [14]: Da cui: I filamenti che sono percorsi in superficie dalle correnti di schermo, perderanno corrente poiché una parte di questa può fluire attraverso la matrice in direzione trasversa, mentre un’altra parte, può scorrere attraverso l’anello di rame esterno. Trascurando la struttura dettagliata della regione filmentare si può assegnare ai filamenti una densità di corrente lineare che può essere ottenuta proprio imponendo tale condizione di bilanciamento. La componente di questa densità di corrente può essere espressa nella forma[14]: 48 Figura 2.6: Sezione di un composito multifilamentare twistato dove sono mostrate le correnti che fluiscono in direzione trasversa attraverso la regione filamentare e quelle che percorrono lo strato esterno di rame. Infine è necessario includere anche le normali eddy current indotte sul bordo de filamenti: Se si può assumere che queste correnti fluiscano tutte ad un distanza radiale dell’asse del composito pari ad e quindi sommando i contributi (2.14) e (2.15) la corrente di schermo complessiva diventa: dove rappresenta la resistività traversa effettiva della matrice definita dalla relazione: Ammesso che il campo esterno sia uniforme, una distribuzione cosinusoidale delle correnti di schermo, come quella rappresentata dall’equazione (2.16), produce un campo magnetico interno uniforme[14] che può essere espresso nella forma: che tenendo conto della (2.7) diventa: dove si è posto: 49 L’equazione (2.19) può essere risolta esplicitamente e permette di ricavare l’andamento del campo interno per differenti andamenti di quello esterno; inoltre permette di interpretare la quantità in termini di una costante di tempo naturale del sistema. indica il tempo che le correnti di accoppiamento impiegano a decadere una volta che il campo esterno smette di variare. Si può dimostrare che a tali correnti risulta associata una magnetizzazione: Chiaramente la potenza totale dissipata da tutte le correnti presenti nel composito può essere ricavata integrando il prodotto sui cammini percorsi dai tre flussi di corrente , , , dove questa può essere vista come uno speciale tipo di potenza da eddy current, la cui intensità è amplificata da un’ulteriore concatenazione di flusso fra i filamenti superconduttori. Attraverso una serie di manipolazioni si perviene alla seguente espressione per la potenza dissipata per unità di volume: A questo punto l’equazione (2.22) permette di calcolare le perdite dovute alle correnti di accoppiamento in compositi multifilamentari twistati una volta noto l’andamento temporale del campo interno il quale, come già anticipato, può essere ottenuto dalla (2.19) per differenti tipologie di campo esterno. Nel caso di un campo esterno che viene rampato con un rate stazionario, in cui il tempo che esso impiega a raggiungere un certo valore di picco è grande confrontato con la costante di tempo , possiamo assumere che . Inoltre se in un ciclo di campo, questo viene portato al valore con lo stesso rate della rampa di salita, dalla (2.22) segue che le perdite per unità di volume per ciclo risultano: Nel caso di un campo oscillante della forma campo interno: al quale risultano associate delle perdite per ciclo: 50 , la (2.19) conduce ad un Si nota che le equazioni finora ottenute si riferiscono a fili di sezione circolare posti in campo trasverso e che per altri tipi di sezioni il fattore 2, presente nella (2.20) e nella (2.25),va sostituito con un fattore di forma : In generale tale sostituzione viene effettuata, non solo per tener conto della possibilità che il fattore vari al variare della geometria dei fili in esame, ma soprattutto perché si vuole evidenziare un problema sostanziale legato alla difficoltà oggettiva di identificare un corretto fattore di forma che tenga conto ad esempio dei complicati effetti di demagnetizzazione indotti dalla struttura assai complessa di un composito multifilamentare. Terminiamo il paragrafo notando che sebbene la torsione dei fili risulti efficace nella riduzione degli accoppiamenti tra i filamenti indotti dall’azione del campo esterno, lo stesso non si può dire in relazione all’auto – campo, che si presenta quando nel sistema scorre anche una corrente di trasporto, il quale è caratterizzato da linee di forza che assumono la forma di cerchi concentrici all’asse di ogni filamento. In questa situazione si ha comunque un accoppiamento tra i filamenti in quanto il twisting non riduce la concatenazione del flusso tra i filamenti interni e quelli esterni. Per un filo in cui la corrente viene ripetutamente rampata nella stesa direzione, la perdita per ciclo, associata ad un campo di ampiezza massima , vale[14]: dove la (2.27) deriva dal modello di stato critico di Bean. Se la corrente viene rampata alternativamente, ovvero assume valori positivi e negativi, le perdite da auto – campo assumono un valore che è circa due volte più grande rispetto a quelle indicate dalla (2.27). Il fatto di non poter ridurre le perdite da auto – campo attraverso la torsione pone un limite superiore al numero di filamenti che possono essere vantaggiosamente utilizzati all’interno di un singolo filo superconduttore. Fortunatamente tale limite non è molto restrittivo: per esempio[23], considerando filamenti da di diametro, le perdite da auto – campo, mediate su un tipico avvolgimento di un magnete, si attestano intorno al rispetto alle perdite del filamento calcolate attraverso la 51 (1.102), quando il filo nel complesso raggiunge un diametro dell’ordine del e contiene circa filamenti. Considerazioni pratiche che saranno più chiare nel seguito limitano solitamente il numero di filamenti presenti in un filo a valori molto più piccoli a questo. 2.4 Struttura dei fili superconduttori Dall’analisi condotta finora emerge che la struttura di un filo superconduttore per applicazioni AC è determinato in larga parte da considerazioni di carattere elettromagnetico. Infatti si è visto come la minimizzazione delle dissipazioni richieda la realizzazione di sistemi compositi caratterizzati da filamenti quanto più sottili possibile, da piccoli passi di twist e dall’utilizzo di matrici caratterizzate da buoni valori della resistività trasversa. Ovviamente non si può prescindere da altre considerazioni di tipo pratico legate ai limiti intrinseci che possono derivare dalla meccanica di fabbricazione o legate al tipo di materiale da utilizzare. Come già anticipato, sebbene siano passati oltre 40 anni dalla sua introduzione commerciale, la lega NbTi è ancora il solo superconduttore ad essere utilizzato su larga scala nei sistemi magnetici dove il campo deve subire rapide variazioni nel tempo. Dunque nel seguito in relazione alle tecniche di fabbricazione e alle caratteristiche dei fili superconduttori focalizzeremo l’attenzione su compositi realizzati attraverso questa particolare lega superconduttiva. 2.4.1 Tecniche di fabbricazione La produzione di un composito multifilamentare viene effettuata assemblando un fascio, in gergo denominato stacking, di bacchette esagonali in NbTi ricoperte di rame, all’interno di un contenitore denominato billetta il cui diametro è dell’ordine di poche decine di centimetri. La struttura così assemblata, come schematizzato in figura 2.7, subisce tutta una serie di processi metallurgici come estrusioni, trafilature e trattamenti termici, il cui scopo è quello di ottenere un filo il cui diametro è dell’ordine del millimetro, contenente, a seconda delle correnti che si vogliono ottenere, da poche decine fino a svariate migliaia di filamenti. A partire da parametri quali il numero di bacchette inserite nella billetta ed il fattore di riempimento , che indica la quantità di materiale superconduttore presente 52 rispetto al restante materiale normale, per un diametro finale del filo dei filamenti presenti nel composito è dato dalla relazione: , il diametro Quindi se consideriamo un filo tipico avente diametro pari a e fattore di riempimento 0.4 il diametro risultante di ogni filamento in esso presente è pari a . Figura 2.7: bacchette esagonali in NbTi e ricoperte di rame che vengono assemblate e caricate nella billetta ad inizio lavorazione. In relazione al fattore di riempimento si nota che durante il processo di stacking, considerazioni di tipo pratico, limitano di fatto il valore minimo del diametro delle bacchette di NbTi a circa e quindi se consideriamo una tipica billetta di estrusione con un diametro di questa potrà contenere non più di 12000 bacchette. In realtà tale limite può essere notevolmente superato attraverso opportuni accorgimenti legati alla disposizione delle bacchette all’interno della billetta: ad esempio raggruppando le bacchette in clusters esagonali, Kanithi [28] ed altri sono stati in grado di ottenere un filo a singolo fascio di di diametro contenente oltre filamenti di diametro pari a . In figura 2.8 è riportato un esempio di filo a singolo fascio. 53 Figura 2.8: (a) vista in sezione di un filo a singolo fascio con 6264 filamenti, (b) dettaglio della regione filamentare [25]. Per realizzare fili contenenti filamenti ancora più sottili, si ricorre a processi di stacking in successione; per esempio il doppio stacking consiste nel realizzare tante bacchette composite, ognuna delle quali ottenibile attraverso un singolo processo di stacking, come risultato di una prima estrusione, ridurle a sezione esagonale, e con esse assemblare una nuova billetta per una seconda estrusione. In figura 2.9 viene mostrata la sezione di un filo ottenuto attraverso questo procedimento. Figura 2.9: (a) vista in sezione di un filo a doppio stacking con 22686 filamenti, (b) dettaglio della regione filamentare[25]. 2.4.2 Difetti macroscopici dei filamenti e loro effetti In questo paragrafo discuteremo brevemente gli effetti che le imperfezioni macroscopiche di un filo superconduttore possono indurre sulle perdite e sul trasporto di corrente. A tal proposito è necessario chiarire prima in che modo viene determinato il valore della corrente critica in un filo superconduttore. Nel capitolo precedente, la corrente critica è stata definita, in base alle proprietà microscopiche del materiale, come la massima corrente che può sostenere il 54 superconduttore prima dell’insorgere delle dissipazioni indotte dal flux flow. In realtà per i superconduttori reali non è possibile determinare una netta separazione tra questo regime di movimento dei vortici ed il flux creep, ma risulta possibile solamente individuare una zona di transizione tra i due regimi. Per tale motivo, da un punto di vista pratico, il valore della corrente critica viene definito in maniera operativa. Essa è definita come la corrente in corrispondenza della quale nel filo insorge un valore convenzionale di resistività elettrica (che generalmente viene assunto pari a ), o alternativamente, una caduta di potenziale per unità di lunghezza pari a . Fatta questa premessa torniamo alla figura 2.9 la quale raffigurava la struttura di un tipico filo realizzato attraverso un procedimento di doppio stacking e nella quale si può notare che diversi filamenti risultano distorti. Tale distorsione è altamente indesiderata in quanto comporta un aumento del diametro effettivo del filamento (in relazione ad un campo magnetico applicato trasversalmente al filo), e di conseguenza delle perdite. Un buon metodo che permette di quantificare questo effetto consiste nel confrontare la densità di corrente critica ottenibile attraverso misure di magnetizzazione con quella misurata dal trasporto di corrente nel senso visto in precedenza. In generale ci si aspetterebbe che i valori di queste due correnti coincidano ma in realtà si osserva che a causa della distorsione dei filamenti, la densità di corrente di magnetizzazione può assumere valori notevolmente superiori rispetto a quella di trasporto. Si nota inoltre che per filamenti circolari la situazione si inverte, in tal caso, la corrente di magnetizzazione risulta leggermente inferiore rispetto a quella di trasporto. In particolare per il filo a singolo stacking mostrato in figura 2.8, che presenta filamenti approssimativamente circolari, il rapporto tra le correnti vale , mentre per il filo a doppio stacking della figura 2.9 vale 1.23. Da questi valori è evidente che per lo stesso diametro e la stessa capacità di trasportare corrente, un filo a doppio stacking presenta perdite del 30% superiori rispetto a quelle che si hanno in un filo realizzato attraverso un unico processo di estrusione. Tenendo conto che molti fili a doppio stacking presentano distorsioni nei filamenti anche notevolmente superiori rispetto a quelle del filo mostrato in figura 2.9, le perdite saranno ulteriormente aumentate rispetto al 30%, che in qualche modo può essere visto come un limite inferiore, e per questo si preferisce utilizzare fili ottenuti attraverso una singola estrusione. Tuttavia nei casi in cui le dissipazioni AC devono essere assolutamente minimizzate, non vi sono alternative all’utilizzo di fili ottenuti da processi di doppio, o addirittura, multi stacking. Le fasi di lavorazione inficiano l’uniformità dei filamenti non solo per quanto riguarda la sezione ma anche in relazione alla loro lunghezza con un effetto noto con il nome di sausaging. Siccome la sezione complessiva del filo deve rimanere costante per la sua lunghezza, ad un restringimento di alcuni filamenti deve corrispondere un allargamento di altri. Questi ultimi dovrebbero condurre una corrente maggiore e ciò comporta un trasferimento di una parte della corrente, attraverso la matrice, dai 55 filamenti più larghi a quelli più stretti. L’effetto di questi flussi di corrente, integrato su tutti i filamenti e su tutta la lunghezza del filo, è tale da produrre una caratteristica tensione corrente che può essere ben approssimata dalla relazione: E’ ovvio che quanto più è grande il valore di tanto più risulta netta la transizione dallo stato superconduttore allo stato normale (figura 2.10) e per questo motivo nelle applicazioni pratiche si cerca di utilizzare fili con alti valori di (praticamente ); in questo caso, infatti, il filo è in grado di sostenere correnti vicine al valore critico senza che si instaurino fenomeno dissipativi in grado di portare alla transizione allo stato normale. La relazione (2.29) è formalmente simile e strettamente correlata all’equazione (1.47) che descriveva il legame tra il campo elettrico e la corrente in relazione al fenomeno del flux creep. L’indice in assenza di difetti macroscopici del superconduttore risulta correlato solamente all’energia di pinning del materiale attraverso l’equazione (1.48) ma può subire anche forti diminuzioni quando sono presenti deformazioni o rotture dei filamenti e quindi spesso viene interpretato come un parametro che quantifica la qualità del filo. Figura 2.10: rappresentazione schematica della caratteristica tensione – corrente di un filo superconduttore: (a) per un valore finito dell’indice , (b) nel limite . 2.4.3 Barriere di diffusione Durante il processo di fabbricazione di un filo superconduttore, in particolare nei passaggi che riguardano l’estrusione a caldo ed il trattamento intermedio di riscaldamento, è possibile che vengano a formarsi all’interfaccia tra la matrice ed i filamenti, per un effetto di diffusione del titanio contenuto in questi ultimi, dei composti intermetallici di CuTi. Questi layer essendo meno duttili rispetto resto, non 56 si deformano durante il processo di estrusione e quindi, alla fine del processo, la loro dimensione diventa paragonabile con quella dei filamenti. In questa fase i filamenti possono subire enormi distorsioni o rompersi con corrispondenti diminuzioni dell’indice che caratterizza il filo; addirittura in casi estremi può verificarsi una rottura dell’intero filo. Per evitare questi problemi è opportuno proteggere i filamenti con delle barriere di diffusione in Niobio: il processo in pratica consiste nel ricoprire attraverso un sottile strato di Niobio le bacchette in NbTi prima che queste vengano introdotte all’interno della prima billetta di estrusione. 2.4.4 Effetto prossimità tra i filamenti La figura 2.11 mostra l’andamento della magnetizzazione in fili di NbTi in funzione del diametro dei filamenti. Come si può notare per filamenti di grande diametro l’andamento è praticamente lineare, mentre per filamenti il cui diametro è inferiore a pochi micron, la magnetizzazione inizia ad aumentare nuovamente di valore e tale effetto è tanto più marcato, quanto più è basso il campo magnetico applicato. Figura 2.11: Magnetizzazione di fili in NbTi/Cu in funzione del diametro del filamento; i dati sono prelevati da [26]. Tale comportamento è dovuto al cosiddetto accoppiamento di prossimità che interviene tra i filamenti quando la loro mutua distanza risulta confrontabile con la lunghezza di penetrazione del NbTi. In particolare quando i filamenti sono troppo vicini le coppie di Cooper possono migrare, per effetto tunnel attraverso la matrice di rame, da un filamento all’altro. Ciò comporta l’instaurarsi di flussi di corrente fra i filamenti che possono vanificare i vantaggi della suddivisione fine ottenibile attraverso la realizzazione di un composito multifilamentare. È importante notare che diversamente da quanto accade per le correnti di accoppiamento AC, che decadono 57 nel tempo quando il campo esterno smette di variare, l’accoppiamento per effetto prossimità risulta persistente. Ghosh ed altri [26] suggeriscono che la densità di queste correnti possa essere fittata da una relazione del tipo: dove rappresenta la separazione tra i filamenti mentre è un parametro, dipendente da campo magnetico e temperatura, che dà un’indicazione sulla penetrazione di queste correnti nel materiale presente intorno ai filamenti. Notiamo che la meccanica dell’estrusione impone, per avere fili dalle caratteristiche ottimali nel quale viene ridotto al minimo l’effetto di sausaging, un valore del rapporto di circa . In queste condizioni se consideriamo un filamento che ha un diametro pari a la distanza fra i filamenti sarà di soli , valore assolutamente confrontabile con la lunghezza di penetrazione del NbTi . Sebbene capiti solo per campi non superiori a pochi decimi di Tesla, l’accoppiamento di prossimità può accrescere significativamente le perdite in quelle applicazioni in cui il campo è estremamente basso e quindi deve essere tenuto in considerazione nella fase di progettazione del filo. A tal proposito, essendo ben noto l’antagonismo tra superconduttività (almeno convenzionale) e magnetismo, le correnti possono essere fortemente attenuate grazie all’aggiunta di materiale ferromagnetico nel Rame. Sono stati provati sia il Nickel che il Manganese, ma quest’ultimo è di gran lunga più efficiente: la sola aggiunta dello in peso di Manganese è sufficiente ad eliminare l’effetto prossimità tra filamenti di diametro dell’ordine del micron. Altri studi hanno dimostrato, inoltre, che anche l’aggiunta di Silicio al Rame può comportare una riduzione dell’accoppiamento di prossimità con l’ulteriore vantaggio di indurre una riduzione nella velocità di formazione, durante i trattamenti a caldo del filo, dei composti intermetallici di CuTi, permettendo così di poter fare a meno delle barriere di diffusione in Nb [28]. 2.5 Matrice resistiva 2.5.1 Effetto delle dimensioni Quando un filo superconduttore è caratterizzato da filamenti estremamente sottili, e le distanze interfilamentari iniziano ad essere confrontabili con il cammino libero medio 58 elettronico del materiale di cui è composta la matrice, è necessario tener conto degli effetti che la finita dimensionalità ha sulla resistività della matrice stessa. Sebbene non sia affatto semplice quantificare questo effetto per via della complessa geometria interna di una filo superconduttore possiamo, in prima approssimazione, utilizzare la seguente formula per caratterizzare l’aumento della resistività con il diminuire delle dimensioni: dove rappresenta la resistività bulk del materiale di cui è composta la matrice ad una data temperatura ed la separazione fra i filamenti. Nel caso del rame, per cui , l’effetto può essere notevole; infatti per un tipico rapporto di resistività (rappresenta il rapporto tra la resistività bulk di un materiale a ea ) pari a 150 ed una distanza interfilamentare di , la resistività del rame aumenta all’incirca di un fattore . 2.5.2 Magnetoresistenza La resistività di un materiale viene incrementata anche per effetto dell’applicazione di un campo magnetico esterno. Sebbene la magnetoresistenza dia contributi abbastanza piccoli a temperatura ambiente, essa diventa importante alle basse temperature e quindi deve essere sempre presa in considerazione in fase di progettazione di un filo superconduttore. Fickett, ad esempio, ha studiato in dettaglio il comportamento magnetico della resistività del Rame [29], che può essere fittato attraverso la seguente formula empirica[30]: rappresenta la resistività del rame in campo nullo ed è definito dalla relazione: dove In queste formule il campo è misurato in Tesla e la resistività 59 in . 2.5.3 Minimum Propagating Zone La scelta della matrice resistiva da utilizzare nella realizzazione di un filo superconduttore può dipendere in larga parte dalle frequenze al quale il filo stesso dovrà operare. I fili in matrice di rame puro presentano perdite accettabili per tempi di rampa superiori al minuto ma per tempi di rampa inferiori è necessario utilizzare una matrice maggiormente resistiva allo scopo di ridurre le correnti di accoppiamento tra i filamenti. Ad esempio, per una tipica applicazione a [31], si può utilizzare una matrice in Cu–30%Ni che alla temperatura di 4K ha una resistività di [32]; questo valore essendo circa 2000 volte superiore rispetto alla resistività del Rame induce una soppressione delle correnti di accoppiamento di un fattore 2000 rendendo, di fatto, realizzabile l’operazione a . In realtà l’utilizzo di una matrice in CuNi se da un lato permette di sopprimere gli accoppiamenti AC, dall’altro comporta la perdita di due importanti funzioni che invece una matrice in Rame riesce a svolgere quali la protezione e la stabilizzazione. È noto che gli avvolgimenti realizzati attraverso fili in CuNi/NbTi siano molto sensibili agli stress meccanici subiti dai filamenti stessi. In relazione alla stabilità, un parametro estremamente significativo è la cosiddetta minima energia di quench (MQE), definita come il minimo impulso di energia necessario per avere un quench nel filo. Il termine quenching è comunemente usato per descrivere un processo, che si può verificare in un qualunque punto di un magnete, in cui si ha una transizione dallo stato superconduttivo e quello normale. In questi punti normali ci sarà la generazione di calore per effetto joule che si propagherà anche ai punti immediatamente vicini comportandone un aumento di temperatura oltre la temperatura critica. Nel complesso si ha un processo in cascata irreversibile che porta l’intera energia immagazzinata nel magnete superconduttore ad essere dissipata sottoforma di calore. Nel seguito utilizzeremo un semplice approccio[14] che permette di avere un’idea di quali sono i fattori maggiormente rilevanti che intervengono nella fenomenologia del quench, fermo restando che per un calcolo dettagliato dell’MQE si può ricorrere ad una complessa trattazione analitica o ad un approccio di tipo numerico. A questo punto consideriamo una “zona calda” del filo che trasporta una densità di corrente pari a quella critica e che per semplicità si trovi ad una temperatura pari a . La zona calda si troverà allo stato normale e quindi genererà calore ad un rate dove rappresenta la resistività normale del materiale, ed rispettivamente la sezione e la lunghezza della regione interessata dal processo dissipativo. Il calore così generato si propagherà lungo il filo attraverso le pareti della zona calda e la velocità di propagazione dipenderà dal gradiente di temperatura , dove rappresenta la temperatura di operazione del resto del magnete. In condizioni di equilibrio possiamo eguagliare il calore generato con quello perso, per cui: 60 dove rappresenta la conduttività termica del materiale (misurata in ) di cui è composto il filo. Dalla condizione di bilanciamento (2.24) si ottiene la lunghezza: Questa relazione definisce una scala di lunghezza che viene denominata Minimum Propaganting Zone (MPZ) che permette di caratterizzare la stabilità di un materiale rispetto al quench: quanto più è grande l’MPZ, tanto più grande sarà l’MQE e tanto maggiore sarà la stabilità del sistema. Infatti una zona normale che ha una lunghezza maggiore di crescerà senza limiti in quanto la generazione di calore eccede rispetto alla sua perdita; nel caso opposto una zona più corta cederà più calore di quanto ne viene generato con un conseguente recupero dello stato superconduttivo. Sfortunatamente il NbTi ha un piccola conduttività termica e una grande resistività ( e per una campo di ) quindi il valore dell’MPZ, in relazione alla totalità del filo superconduttore, è essenzialmente determinato dalla matrice. Per un filo basato su matrice di Rame si trova mentre per una matrice in CuNi si ha , dove è ovvio che l’ultimo caso rappresenta una situazione meno stabile. Si può vedere che in seguito ad un quench la temperatura massima raggiungibile in un magnete cresce con la resistività del materiale di cui esso è composto e quindi alla luce di quanto detto finora sembra che il miglior compromesso per contenere questi aumenti di temperatura e aumentare la stabilità sia quello di utilizzare matrici in rame. 2.5.4 Compositi a tre componenti Da quanto detto finora appare chiaro che, per avere una minimizzazione delle perdite dovute all’accoppiamento dei filamenti e per assicurare stabilizzazione e protezione in caso di quench, risulta necessaria l’adozione di una matrice caratterizzata da un’alta anisotropia per quanto concerne le proprietà conduttive; in particolare la matrice ideale dovrebbe avere in direzione trasversa ed in direzione longitudinale, rispettivamente, un alto ed un basso valore di resistività. Questi aspetti possono essere tenuti entrambi in considerazione realizzando fili superconduttori con una matrice in Rame ed in cui risultano presenti delle barriere in CuNi maggiormente resistive, allo scopo di intercettare il fluire della corrente in direzione trasversa senza ridurre le proprietà conduttive lungo la direzione longitudinale. Tali barriere dovrebbero 61 occupare meno spazio possibile in modo da lasciare nella matrice un’alta proporzione di Rame al fine di evitare problemi di protezione e stabilizzazione. Figura 2.12: Composito multifilamentare a tre componenti per uso pulsato contenente 14701 filamenti in NbTi immersi in una matrice di Cu-CuNi. Oltre alle barriere intorno ai filamenti sono presenti delle barriere di CuNi di tipo radiale ed azimutale tra gli ammassi di filamenti e sul guscio esterno[25]. In figura 2.12 è mostrato un primo esempio di questa tipologia di fili in cui l’alta conduttività del Rame viene ridotta attraverso l’utilizzo di barriere concentriche ai filamenti e di strutture radiali in CuNi. Il filo mostrato in figura 2.12 è ottimizzato da un punto di vista elettromagnetico ma presenta problemi in fase di realizzazione in quanto le barriere radiali causano gravi distorsioni ai filamenti durante il processo di estrusione. Ciò può portare ad avere scarsi valori dell’indice e in alcuni casi anche a rotture del filo. Per questo motivo conviene realizzare fili che non presentano queste barriere radiali. In figura 2.13 è mostrato un esempio di filo nel quale, oltre che intorno ai singoli filamenti, è stato incluso un sottile guscio di CuNi anche intorno all’intera regione filamentare. Sebbene questa configurazione permetta alle eddy current di fluire nell’involucro più esterno di rame, il flusso di corrente verso la regione filamentare risulta inibito. Questa soluzione sebbene meno efficiente rispetto alla precedente, risulta costruttivamente realizzabile e non comporta grosse deformazioni dei filamenti in NbTi. Figura 2.12: Filo superconduttore con anello di Rame esterno, guscio in CuNi tra anello e regione filamentare e barriere concentriche ai filamenti. 62 CAPITOLO III Misure di magnetizzazione e di suscettività AC L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di caratterizzare, da un punto di vista magnetico, un composito multifilamentare di nuova generazione le cui caratteristiche principali verranno descritte nel capitolo successivo. Da un punto di vista sperimentale tale caratterizzazione è stata suddivisa in due sessioni di misura: nella prima sono state condotte delle misure di magnetizzazione in funzione del campo magnetico e della temperatura, mentre nella seconda sono state condotte misure di una grandezza fisica denominata suscettività AC che verrà meglio definita nel corso del capitolo. 3.1 Magnetometro a campione vibrante Lo strumento utilizzato, per eseguire le misure di magnetizzazione sul nostro campione, è un Magnetometro a Campione Vibrante (VSM – Vibrating Sample Magnetometer) in dotazione al Laboratorio E.R.M.E.S. dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ospitato nel Dipartimento di Fisica “E. R. Caianiello” dell’Università degli Studi di Salerno. Il principio di funzionamento del VSM si basa sulla tecnica dell’induzione magnetica attraverso cui è possibile effettuare misure di momento magnetico. In particolare l’elemento sensibile dello strumento, è costituito da un set di due bobine, dette bobine di pick-up, al centro delle quali viene posizionato il campione, che può essere messo in oscillazione attraverso un opportuno sistema di vibrazione. Se il campione è magnetizzato, ad un moto dello stesso, risulta associata una variazione del flusso magnetico concatenato alle bobine che produce una tensione che risulta proporzionale proprio al suo momento magnetico. Per poter convertire i valori di tensione letti, in valori di momento magnetico occorre preventivamente eseguire una calibrazione dello strumento attraverso l’utilizzo di un campione di momento magnetico noto. Nel seguito descriveremo con maggiore dettaglio le parti più importanti dello strumento ed i passi principali della fase di calibrazione. 63 3.1.1 L’apparato sperimentale L’apparato strumentale è costituito da un dewar in acciaio non magnetico, all’interno del quale sono presenti due camere: una più interna ed una più esterna coassiale alla prima, entrambe contenute in una camera esterna in cui viene creato un vuoto di isolamento pompando l’aria fino a pressioni dell’ordine di . La camera più interna viene riempita di Elio liquido ed ha una capienza di circa . Le perdite da radiazione, che si avrebbero se questa fosse direttamente esposta all’ambiente esterno, vengono minimizzate attraverso il preraffreddamento con azoto liquido, di un intercapedine, consistente nella camera più esterna, di capienza simile alla prima. Nella camera più interna è alloggiato un magnete superconduttore capace di generare un campo magnetico stazionario massimo da , caratterizzato da un valore di induttanza di circa e realizzato con delle sezioni esterne in NbTi ed una sezione interna in Nb3Sn. Il solenoide è alimentato da un generatore di corrente DC, modello IPS120 della Oxford Instruments, in grado di erogare fino a di corrente. Lungo l’asse centrale del dewar è presente un buco “caldo” di circa di diametro in cui è alloggiato un criostato a temperatura variabile raffreddato con un flusso d’elio, detto criostato a flusso. All’interno del criostato a flusso, vengono inserite le bobine di pick-up di tipo “Foner Coil” [ 33 – 34 ] in cui viene inserito il campione sul quale si vogliono effettuare le misurare. Si nota che le bobine di pick-up sono collegate tra loro in serie ma opposizione di fase. Quando sono sottoposte ad identiche variazioni di flusso, cosa che ad esempio accade per effetto di variazioni del campo magnetico esterno, in esse viene indotta una tensione identica, che in virtù del loro collegamento, non dà luogo a nessun segnale in output. Quando il campione magnetizzato viene fatto oscillare in maniera sinusoidale intorno al centro di simmetria tra le bobine, le bobine sono, in ogni istante, sottoposte a variazioni opposte di flusso e quindi il segnale complessivo sarà dato dallo somma delle tensioni indotte ai capi di ciascuna bobina. L’inserto delle bobine ha una forma a guscio cilindrico in modo tale da permettere l’inserimento del campione al loro interno. Il criostato a flusso, realizzato in acciaio, presenta un fondo in ottone al fine di garantire un’alta uniformità di temperatura nella zona del campione. Sempre sul fondo, è presente uno scambiatore che permette di termoregolare il flusso di elio, per portare il campione alla temperatura desiderata, mediante un riscaldatore che riesce ad erogare una potenza massima di . Si nota che il range di temperatura accessibile va dalla temperatura ambiente fino a . L’elio liquido, contenuto in un dewar esterno al sistema, giunge al criostato a flusso, attraverso un’opportuna linea di trasferimento, caratterizzata dalla presenza di una valvola a spillo la cui apertura può essere variata al fine di regolare l’intensità del flusso stesso. Il campione, che nel nostro sistema di misura non può superare i di estensione in direzione verticale, viene montato su un supporto in plexiglass, a sua volta avvitato all’estremità di un’asta in fibra di carbonio e attraverso la quale può 64 essere portato al centro delle bobine di pick-up. L’asta (e con essa il campione) può essere messa in oscillazione attraverso un vibratore consistente in un trasduttore meccanico. Le frequenze di vibrazione che l’elettronica è in grado di fornire, variano da pochi fino a , ma si deve tener presente che in pratica, i valori di frequenza utilizzabili, sono quelli prossimi alla frequenza meccanica naturale del sistema di vibrazione, contenuti in un intervallo che va da a . La testa vibrante permette anche di spostare il campione lungo la direzione verticale, così da rendere possibile il posizionamento dello stesso al centro delle bobine. La tensione indotta ai capi delle bobine, per effetto dell’oscillazione del campione magnetizzato, induce ai capi delle bobine di pick-up una tensione che, opportunamente amplificata, viene inviata come segnale in ingresso ad un amplificatore lock-in, il quale ha come riferimento la frequenza di vibrazione imposta dalla testa vibrante. Notiamo che per avere misure attendibili, il campione deve avere la caratteristica di essere molto piccolo rispetto alla dimensione delle bobine e l’oscillazione indotta dalla testa vibrante deve essere perfettamente sinusoidale. In tal modo si evita l’insorgere di componenti multipolari di tensione che altrimenti sarebbero filtrate dal lock-in. Tutti gli strumenti in dotazione al sistema VSM sono interfacciati ad un computer che permette, attraverso software dedicati, di controllare i vari parametri operativi e di acquisire le misure in modo automatizzato. 3.1.2 Calibrazione dello strumento Chiaramente, prima di iniziare una qualsiasi operazione di misura, il sistema va opportunamente calibrato. La calibrazione viene effettuata, valutando il segnale di tensione indotto nelle bobine di pick-up da un campione di momento magnetico noto. Nel nostro caso abbiamo provveduto ad introdurre nel sistema di misura un piccolo campione di Nickel di forma cilindrica. A questo punto, operando sul motore del VSM, abbiamo resettato la posizione verticale del campione e applicato un campo magnetico dc di intensità pari a , in modo tale da essere sicuri che il Nickel si trovasse oltre la condizione di saturazione alla quale è associato un momento magnetico costante pari a . Fatto ciò, abbiamo messo in vibrazione il campione e avviato una discesa dello stesso lungo la direzione verticale. In tal modo viene generato un profilo di tensione in funzione della posizione occupata del campione lungo l’asse , come mostrato nella figura 3.1, il cui punto centrale corrisponde approssimativamente al punto medio fra le due bobine. 65 Figura 3.1: segnale di tensione indotto nelle bobine di pick-up in funzione della posizione verticale del campione. Il campione viene portato dalla posizione iniziale a quella finale per poi ritornare a quella iniziale. La curva mostra un profilo leggermente isteretico dovuto all’isteresi magnetica del campione di calibrazione. A questo punto il campione viene movimentato nuovamente e portato nella posizione appena individuata. Fatto ciò, in generale, il lock-in, oltre a rilevare un segnale in fase con l’oscillazione del campione, rileverà un segnale fuori fase . Rimuovendo questo shift di fase, il lock-in rivelerà solo un segnale di tensione in fase, il cui valore corrisponde al momento magnetico del campione. Nel nostro caso, per una frequenza e per un’ampiezza di oscillazione del campione, rispettivamente pari a e , il lock-in rilevava al centro delle bobine una tensione di corrispondente ad un momento magnetico di . 3.2 Metodo di misura di suscettività AC 3.2.1 Considerazioni introduttive Come visto nei capitoli precedenti, in un filo superconduttore multifilamentare esposto ad un campo magnetico AC trasverso, le correnti di accoppiamento tra i filamenti introducono una rilevante componente di perdita, in aggiunta alle perdite isteretiche intrinseche del materiale superconduttore. È evidente, allo scopo di poter utilizzare questi fili in applicazioni pratiche, come la conoscenza delle dissipazioni AC, giochi un ruolo fondamentale al fine di mantenere le perdite complessive entro valori accettabili. A tal proposito negli anni sono state sviluppate diverse tecniche di indagine sperimentale, molte delle quali risultano basate, principalmente, su misure di magnetizzazione in funzione della velocità di rampa del campo magnetico applicato 66 [35–38]. Ciò nonostante, per le applicazioni che prevedono l’utilizzo di fili superconduttori in magneti rapidamente pulsati, in cui la velocità di rampa del campo può arrivare a , questi metodi presentano un limite intrinseco, dovuto al fatto che le misure dovrebbero essere condotte utilizzando simili rate di campo, generalmente molto più alti rispetto a quelli ottenibili dagli apparati di misura presenti in un normale laboratorio ( . Un metodo alternativo che permette di avere informazioni circa le perdite da accoppiamento AC, senza pratiche limitazioni dovute alla massima velocità di rampa del campo raggiungibile, è basato sulla misura della suscettività AC, grandezza che descrive le variazioni della magnetizzazione di un campione rispetto ad un campo AC applicato dall’esterno. Questa tipologia di misura si effettua grazie ad un suscettometro, strumento composto da tre bobine: un avvolgimento primario, che genera il campo oscillante, e due avvolgimenti secondari, posti internamente al primo, in uno dei quali viene posizionato il campione. Le bobine interne sono identiche e collegate, in modo del tutto analogo a quanto accadeva per le misure di magnetizzazione, in serie ma con polarità opposta, in modo tale da permette il rilevamento dei soli segnali direttamente connessi alle informazioni a cui siamo interessati. 3.2.2 Analisi armonica del segnale Consideriamo un campione cilindrico di materiale superconduttore, avente raggio e lunghezza , immerso in campo magnetico oscillante, trasverso rispetto alla direzione individuata dall’asse del cilindro: Il campione è posto fisicamente all’interno di una bobina di pick-up di raggio e altezza , che utilizziamo per rilevare le variazioni del flusso magnetico. Le correnti che si generano nel campione per schermare il flusso magnetico fluiranno in prossimità della superficie o attraverso tutto il campione, a seconda che il campo applicato sia di debole intensità o superi il valore di completa penetrazione . Queste correnti di schermo, a loro volta, generano un campo magnetico che si oppone al campo esterno e quindi, da un punto di vista completamente generale, il campione presenta un momento magnetico dipendente dal tempo . La risposta del campione alle variazioni del campo esterno, dunque, è tale da generare una variazione del flusso magnetico che verrà rilevato dalla bobina di pick-up e che ora vogliamo caratterizzare. Se il campione è piccolo, confrontato con le dimensioni della 67 bobina ( , ), esso può essere assimilato ad un dipolo magnetico il cui asse è parallelo a quello dell’avvolgimento. In coordinate cilindriche, il potenziale vettore generato da questo oggetto, a grande distanza da esso, presenta la sola coordinata angolare e può essere espresso nella forma [39] : ed il corrispondente flusso magnetico che attraversa la bobina di pick-up risulta pari a [40]: dove rappresenta il numero di spire dell’avvolgimento e definito dalla relazione: un fattore geometrico Il campo esterno introduce un ulteriore contributo di flusso magnetico di cui non si terrà conto, in quanto può essere facilmente eliminato attraverso l’utilizzo della seconda bobina di pick-up identica alla prima, ma presa con la polarità opposta. In questa particolare configurazione, dunque, il segnale di tensione misurato ai capi delle bobine sarà dato semplicemente dalla derivata temporale del contributo (3.3) del flusso magnetico: e, quindi, dipenderà esplicitamente dal momento magnetico del campione. Quest’ultimo può essere espresso nella forma: dove le quantità rappresentano degli shift di fase causati dalla risposta non lineare del superconduttore. Tenendo conto della (3.6), la (3.5) diventa: Se questo segnale viene inviato ad un amplificatore lock-in per filtrare solo la prima armonica, la tensione in uscita sarà esprimibile nella forma semplificata: 68 La (3.8), tenendo conto delle proprietà della funzione seno, permette di individuare una componente del segnale in uscita in fase con l’eccitazione indotta dal campo AC, ed una componente fuori fase ; esse assumono la forma: Allo scopo di collegare la fase a quantità fisiche ben definite, come l’energia dissipata ed immagazzinata dal campione durante un ciclo di campo, teniamo conto del fatto che il campo magnetico presente all’interno del campione può essere espresso nella forma: dove rappresenta la magnetizzazione del campione (data rapporto tra il momento magnetico ed il volume del campione) e il fattore di demagnetizzazione che, come visto nel capitolo I, dipende dalla geometria del sistema. Tenendo conto delle espressioni (3.1) e del primo termine della (3.6), la (3.10) diventa: La quantità è definita dalla relazione: ed è detta suscettività esterna; il suo ordine di grandezza rappresenta l’amplificazione del campo applicato ai bordi del campione, dovuta alle correnti schermanti. Ora calcoliamo l’energia dissipata dal campione in un ciclo di campo, che si ottiene risolvendo l’integrale: che nel nostro caso diventa: 69 Inoltre, utilizzando l’espressione (3.10), l’energia media campione in un ciclo di campo vale: immagazzinata nel Dalle espressioni (3.14) e (3.15) si trova finalmente: dove . Combinando le coppie di equazioni (3.9) e (3.16) si ottiene: Le equazioni (3.17) mostrano che il segnale in fase misurato ai capi delle bobine di pick-up è direttamente proporzionale all’energia dissipata dal campione durante un ciclo di campo, mentre quello in opposizione di fase è legato all’energia da esso immagazzinata. 3.2.3 Suscettività AC In questa sezione vediamo come i segnali (3.17) misurati ai capi della bobina di pick-up siano collegati alla suscettività AC. Consideriamo dapprima definizione di suscettività magnetica: 70 dove la magnetizzazione può essere espressa, attraverso la (3.10), nella forma: e ricordiamo che è legato al campo dalla relazione conto della (3.19) e differenziandola rispetto ad , si ha: . Tenendo di conseguenza possiamo esprimere la suscettività magnetica come: Se consideriamo un campo esterno oscillante complesso della forma: il campo presente all’interno del campione potrà essere espresso attraverso uno sviluppo in armoniche del tipo: Come fatto in precedenza, consideriamo solo la prima armonica per cui: Utilizzando quest’ultima relazione e la (3.21), la suscettività può essere espressa nella forma: dove si è posto: 71 Si nota dall’espressione (3.25) che nel caso di un campo esterno oscillante, la suscettività magnetica si compone di una parte reale e di una parte immaginaria e per questo motivo viene denominata suscettività AC. Utilizzando l’espressione (3.22) del campo esterno, si può dimostrare [41] che le ampiezze sono direttamente correlate alle espressioni dell’energia dissipata ed immagazzinata dal campione, secondo le relazioni: In definita facendo uso delle (3.27) la suscettività AC può essere espressa nella forma finale: L’espressione (3.28) permette di dare un’interpretazione fisica alle componenti della suscettività: la parte reale è legata alle proprietà schermanti del campione, in quanto coincide con la differenza di energia fra lo stato normale e lo stato superconduttivo, mentre la parte immaginaria è legata alla quantità di energia che viene convertita in calore. Combinando le espressioni (3.17) con le (3.27) otteniamo finalmente le relazioni che permettono di correlare i segnali in uscita che possono essere misurati con le componenti della suscettività AC: dove è stato definito il fattore che dipende dalle caratteristiche geometriche della bobina di pick-up. Dobbiamo notare che il sistema che vogliamo studiare consiste in un composito in cui dei filamenti superconduttori risultano immersi in una matrice di materiale normale. In alcuni casi il campo applicato dall’esterno sarà schermato solamente dai filamenti, mentre in altri lo schermaggio riguarderà l’intero campione e sarà caratterizzato da correnti di schermo filamentari e da correnti generate dal loro accoppiamento. Di conseguenza il volume che compare nelle 72 relazioni (3.29) rappresenta il volume realmente schermato piuttosto che l’intero volume del campione. Queste relazioni indicano che per avere informazioni sulla suscettività AC del campione, basta misurare la tensione indotta ai capi delle bobine di pick-up e successivamente, attraverso un amplificatore lock-in che ha come riferimento il segnale oscillante generato dall’avvolgimento primario, separare la componente in fase e quella fuori fase del segnale. 3.2.4 Informazioni sulla resistività trasversa Come visto nel capitolo II, quando un composito multifilamentare è esposto ad un campo armonico del tipo , la dissipazione di energia per unità di volume e per ciclo di campo, dovuta alle correnti di accoppiamento tra i filamenti superconduttori, è data dalla relazione (2.25): dove il fattore di forma introdotto in quella circostanza per tener conto degli effetti demagnetizzazione, è stato semplicemente sostituito dalla suscettività esterna definita in questo capitolo attraverso la relazione (3.10). Osservando la (3.30) si nota che un’analisi dell’andamento in frequenza delle perdite permette di stimare il tempo caratteristico delle correnti di accoppiamento tra i filamenti. Infatti la (3.30) presenta un massimo per , che corrisponde ad un tempo caratteristico di accoppiamento pari a: dove rappresenta il valore di frequenza in corrispondenza del quale si ha il picco. Siccome la componente della della suscettività è direttamente proporzionale alle perdite , il valore della frequenza di picco, e quindi della costante di tempo , può essere determinata direttamente analizzando la dipendenza di dalla frequenza. Fatto ciò è immediato risalire al valore della resistività trasversa del filo, ricordando la relazione (2.20): 73 Nel capitolo successivo mostreremo le misure condotte analizzando i risultati ottenuti. 74 CAPITOLO IV RISULTATI SPERIMENTALI 4.1 Il filo superconduttore Le misure sono state effettuate su un filo superconduttore prototipo a basse perdite realizzato dall’azienda tedesca EAS-Bruker per applicazioni in magneti superconduttori a carica rapida ( ) come quelli previsti per il sincrotrone SIS300 del laboratorio tedesco GSI. Da quanto detto nei capitoli precedenti per un filo operante in tali regimi di campo risulta necessario ridurre le perdite complessive, e ciò può essere fatto realizzando un filo caratterizzato da filamenti estremamente sottili per ridurre le perdite isteretiche intrinseche, e sopprimere quanto più possibile l’insorgere di correnti di accoppiamento tra i filamenti che lo compongono, introducendo alti valori della resistività trasversa e piccoli passi di twist. Il filo oggetto di studio, le cui caratteristiche principali sono riportate nella tabella 4.1, è stato ottenuto attraverso un doppio processo di estrusione e si presenta come un composito in cui dei filamenti estremamente sottili di NbTi, risultano immersi in una matrice di rame ed in cui sono presenti delle barriere di CuMn per ridurre l’effetto prossimità fra i filamenti stessi. Risultano presenti anche delle barriere di diffusione in Niobio che, in relazione alla sezione dell’intero filo, interessano il dell’area totale occupata dalla lega NbTi. Complessivamente il filo è composto da NbTi per il 39%, da Rame per il 42.4% e per il restante 18.6% da CuMn. Diametro Passo di twist Diametro nominale filamenti Direzione twisting Numero di filament Matrice interfilamentare Matrice di stabilizzazione Rapporto Cu + CuMn : NbTi ( fattore di riempimento ) Indice n ( ) ( ) Senso orario 56000 Cu-0.5wt% Mn Rame puro 1.56 >30 Tabella 4.1: Caratteristiche principali del filo superconduttore utilizzato nelle misure. 75 Per mostrare la struttura del composito di seguito sono riportate delle micrografie ottenute al SEM presso l’ENEA di Frascati. Figura 4.1: Sezione complessiva del filo: le zone più chiare identificano gli ammassi di filamenti (bundle) mentre le zone più scure rappresentano la matrice normale. Nel complesso il filo è composto da 56000 filamenti ripartiti in 246 bundle. Figura 4.2: Dettaglio della struttura filamentare del filo: (a) parte esterna, (b) parte interna, (c) singolo bundle di filamenti, (d) singoli filamenti. 76 Le figure 4.2(a) e 4.2(b) mostrano rispettivamente la struttura esterna e la struttura interna della zona multifilamentare. Notiamo che a meno dei bundle più esterni che subiscono evidenti distorsioni in quanto sottoposti maggiori sollecitazioni durante il processo di fabbricazione, gli altri conservano approssimativamente la loro forma esagonale di partenza. La figura 4.2(c) mostra una vista ingrandita di un singolo bundle mentre l’ultima immagine dà una vista dettagliata dei singoli filamenti. Si nota la loro estrema vicinanza: il rapporto tra la distanza interfilamentare ed il loro diametro è all’incirca pari a . Del filo sopra descritto è stato utilizzato un piccolo tratto di lunghezza pari a che ha costituito il nostro campione durante le operazioni di misura. 4.2 Misure di magnetizzazione Nel capitolo precedente abbiamo spiegato brevemente in che modo il VSM riesce ad eseguire misure di momento magnetico su un campione magnetizzato. Nel nostro caso il campione è costituito da materiale superconduttore e, per indurre in esso una magnetizzazione diversa da zero, è necessario raffreddarlo sotto la temperatura critica in condizioni di campo applicato non nullo; questa procedura tecnicamente è denominata field-cooling (FC). Attraverso questa procedura, non appena il campione diventa superconduttore, il flusso magnetico dovuto al campo esterno rimane intrappolato nel superconduttore inducendo in esso un momento magnetico diverso da zero. Per cominciare le misure, il nostro campione é stato montato sul porta campioni dell’apparato di misura in una configurazione ad anello aperto con diametro di curvatura minore di , in posizione ortogonale al campo magnetico dc applicato. Fatto ciò, a partire dalla temperatura ambiente abbiamo raffreddato il campione fino alla temperatura di applicando un campo dc pari a , tenendo conto del fatto che la temperatura di transizione del NbTi è di circa . In tal modo, una volta che il campione è stato magnetizzato, si è provveduto a spegnere il campo esterno. A questo punto per portare il campione al centro delle bobine di pick-up è stata eseguita la procedura per centrare il campione in modo del tutto analogo a quanto descritto nel capitolo precedente. Una volta portato il campione nel punto medio fra le due bobine si è avviata la misura di momento magnetico in funzione della temperatura per osservare la transizione dallo stato superconduttore a quello normale. Dal grafico mostrato in figura 4.3 si nota che la transizione avviene ad una temperatura di circa . 77 Figura 4.3: transizione dallo stato superconduttore allo stato normale: si nota che la magnetizzazione del campione scompare intorno alla temperatura di 8.75K. In seguito alla transizione, il campione essendo tornato allo stato normale ha perso le sue caratteristiche magnetiche. A questo punto sono state eseguite le misure dei cicli di isteresi per diversi intervalli di campo applicato, e per diverse temperature. A differenza di quanto accadeva prima, ora le misure sono realizzate attraverso la modalità Zero Field Cooling (ZFC) consistente nel raffreddamento del campione sotto la temperatura critica in assenza di campo magnetico applicato. In questa situazione il campione è “vergine” da un punto di vista magnetico. Per la misura del primo ciclo il campione è stato portato ad una temperatura di . Dopo di che attraverso una procedura automatizzata è stato possibile acquisire il primo ciclo. In tale procedura è possibile specificare la velocità di rampa del campo esterno e quattro valori di campo magnetico che permettono di realizzare il ciclo stesso. A titolo di esempio in tabella 4.2 si riportano il valore della velocità di rampa e dei valori di campo specificati per la realizzazione del primo ciclo. Inoltre la misura completa del primo ciclo viene mostrata in figura 4.4. Temperatura Velocità di rampa Campo magnetico 1 Campo magnetico 2 Campo magnetico 3 Campo magnetico 4 Tabella 4.2: Specifiche relative al primo ciclo di isteresi acquisito. 78 Figura 4.4: Misura completa del ciclo di isteresi a : i numeri cerchiati in nero si riferiscono ai valori dei quattro campi da specificare nella procedura automatizzata di acquisizione del ciclo. Nell’inset è mostrato in modo più dettagliato il tratto di prima magnetizzazione nel range di campo . Una volta terminato il ciclo il campione viene riportato alla temperatura di così da farlo transire nuovamente allo stato normale. Poi in condizioni di ZFC lo si porta alla temperatura desiderata per il secondo ciclo e così via per i cicli successivi. Di seguito vengono riportati tutti i cicli misurati in due figure distinte per maggiore chiarezza grafica. Figura 4.5: cicli di isteresi privati dei tratti di prima magnetizzazione per maggiore chiarezza grafica; temperature di campionamento: , , , e . 79 Figura 4.6: cicli di isteresi privati dei tratti di prima magnetizzazione per maggiore chiarezza grafica; temperature di campionamento: , , , . La parte iniziale del tratto di prima magnetizzazione dei cicli di isteresi, non riportato per maggiore chiarezza nei grafici precedenti, caratterizza lo stato di completa espulsione del campo (stato Meissner) da parte del campione; la pendenza di tali tratti di curva permette di stimare il volume superconduttivo che viene realmente schermato attraverso la formula [42]: Figura 4.7: (a) parte delle curve di prima magnetizzazione dei cicli di isteresi misurati a , , , e ; (b) fit della parte lineare delle curve di prima magnetizzazione nel range di campo . 80 Come si nota dalla figura 4.7(b) la pendenza delle curve di prima magnetizzazione diminuisce all’aumentare della temperatura e ciò indica una riduzione del volume superconduttivo che realmente viene schermato. I valori del volume schermato al variare della temperatura, ottenuti fittando il tratto lineare delle curve di prima magnetizzazione sono mostrati in tabella 4.3; notiamo che il volume nominale occupato dal materiale superconduttore, che è pari a , può essere ottenuto dal volume complessivo del campione attraverso la relazione: dove rappresenta il fattore di riempimento che indica quanto materiale superconduttore è presente rispetto al materiale normale di cui è composta la matrice; come mostrato in tabella 4.1 nel nostro caso . Temperatura (K) 4.5 5.5 6.5 7.0 7.5 Volume schermato ( 2.25 1.99 1.75 1.48 1.07 ) Tabella 4.3: volumi schermati in funzione della temperatura ottenuti mediante fit lineare della parte iniziale del tratto di prima magnetizzazione nel range di campo magnetico . Si nota che i volumi schermati sono stati calcolati assumendo che la suscettività esterna fosse pari a 2, in quanto in prima approssimazione i filamenti superconduttori sono assimilabili a cilindri posti in campo trasverso. In realtà è noto che necessita di una correzione quando il raggio dei filamenti risulta confrontabile con la lunghezza di penetrazione del materiale di cui essi sono composti. Nel caso di un cilindro posto in campo trasverso si ha [42]: dove le funzioni e rappresentano le funzioni di Bessel modificate di prima specie di ordine zero e di ordine uno. Nel nostro caso, i filamenti superconduttori hanno raggio approssimativamente pari ad , valore non trascurabile rispetto alla lunghezza di penetrazione del NbTi che nel range di temperatura interessato assume valore compreso tra i ed i [43]. Per questo motivo una valutazione corretta dei volumi schermati dovrebbe tener conto degli effetti di penetrazione del campo. 81 Dalle figure 4.5 e 4.6 si nota che i cicli di isteresi presentano un’inclinazione tanto più marcata quanto più è alta la temperatura. Tale effetto è dovuto al contributo ferromagnetico del CuMn contenuto nella matrice del filo superconduttore. A tal proposito si può immaginare che il momento magnetico del campione, misurato durante un ciclo, sia dato dalla somma di due contributi: un momento magnetico irreversibile dovuto al comportamento isteretico intrinseco del superconduttore ed un momento magnetico reversibile dovuto al debole fondo magnetico apportato dal Manganese contenuto nella matrice. Se indichiamo con la magnetizzazione del primo ramo del ciclo di isteresi e con quella del quarto ramo, possiamo scrivere: da cui si ottiene: Dunque simmetrizzando ed antisimmetrizzando i rami I e IV del ciclo di isteresi riusciamo a separare la componente isteretica della magnetizzazione da quella reversibile. A titolo di esempio, in figura 4.8, mostriamo questa “deconvoluzione” delle componenti di magnetizzazione per la misura eseguita a 4.5K: Figura 4.8: Deconvoluzione del primo e quarto ramo del ciclo di isteresi nella componente di momento magnetico reversibile ed irreversibile. 82 Di seguito sono mostrati gli andamenti della componente reversibile della magnetizzazione sia al variare del campo applicato, sia in funzione della temperatura. Figura 4.9: (a) andamento della componente reversibile della magnetizzazione in funzione del campo magnetico per diverse temperature: la curva in nero mostra il fondo magnetico del CuMn misurato direttamente alla temperatura di 10K, ovvero quando il campione si trova allo stato normale. (b) andamento della componente reversibile della magnetizzazione al variare della temperatura per diversi campi applicati. Dalle figure 4.9(a) e 4.9(b) si nota che la componente reversibile del momento magnetico subisce un incremento non solo all’aumentare del campo ma anche all’aumentare della temperatura. Il primo comportamento è aspettato in quanto maggiore è il campo magnetico applicato, maggiore sarà l’allineamento dei momenti magnetici nel materiale nella direzione del campo. Il secondo comportamento è spiegabile tenendo presente che il Manganese, nel range di temperature studiato, si trova allo stato antiferromagnetico in quanto caratterizzato da una temperatura di Neel pari a -173°C. L’ordinamento antiferromagnetico è contraddistinto da una disposizione antiparallela dei momenti magnetici che dà luogo ad un momento magnetico complessivamente nullo. Man mano che la temperatura aumenta il disordine termico favorisce il ribaltamento di una parte dei momenti magnetici nella direzione del campo applicato, con conseguente aumento del momento magnetico in temperatura. La componente irreversibile del momento magnetico, per come è definita, può essere utilizzata per ottenere informazioni circa l’andamento della densità di corrente critica in funzione del campo magnetico applicato. Infatti ricordando quanto detto nel capitolo I, il modello di Bean di stato critico stabilisce, attraverso l’equazione (1.81), una relazione tra la densità di corrente critica di un superconduttore e la differenza di magnetizzazione tra il ramo superiore e quello inferiore del ciclo di isteresi; nel caso di un cilindro in campo trasverso si ha: 83 ovvero dove indica il momento magnetico misurato del campione, il raggio del singolo filamento e il volume occupato dal materiale superconduttore. L’andamento della corrente critica così ottenuto è mostrato in figura 4.10. Figura 4.10: (a) andamento della densità di corrente critica ottenuta dal modello di stato critico di Bean in funzione del campo magnetico applicato per diverse temperature, (b) andamento della densità di corrente critica in funzione della temperatura per diversi valori del campo applicato. Dalla 4.10(a) si nota che la densità di corrente critica per un campo di ed una temperatura di assume un valore pari a . Valore assolutamente 4 confrontabile con quello ottenuto da misure di trasporto , nelle stesse condizioni di campo e temperatura, riportato nella tabella 4.1. Notiamo che la corrente critica calcolata a partire da misure di magnetizzazione è leggermente superiore alla densità di corrente critica ottenuta dalle misure di trasporto. Alla luce di quanto detto al capitolo II ciò può essere attribuito alla deformazione subita dai filamenti in fase di lavorazione, ipotesi supportata dalla vista dettagliata 4.2(d) della regione filamentare. Notiamo che dal confronto tra questi valori di densità di corrente critica è possibile risalire al diametro efficace dei filamenti: 4 Su questo filo sono state condotte misure di trasporto presso il laboratorio milanese LASA dell’I.N.F.N. 84 Il diametro effettivo dei filamenti risulta maggiore rispetto al valore nominale previsto e questo in generale può comportare un aumento delle perdite in relazione all’utilizzo di questi fili. 4.3 Misure di suscettività Da un punto di vista sperimentale le misure sono state condotte sostituendo, nel sistema VSM, le bobine di pick-up utilizzate per le misure di magnetizzazione, con un nuovo set di bobine che costituiscono il nostro suscettometro. La bobina esterna di eccitazione è caratterizzata da un fattore di conversione corrente–campo pari a , ovvero essa è capace di generare un campo AC il cui valore di picco è pari ad quando è alimentata con una corrente di . Internamente a questa sono presenti le due bobine di pick-up, nella configurazione già descritta in precedenza. Mentre la bobina inferiore rimane vuota, il campione viene alloggiato nella bobina superiore attraverso una canna d’acciaio alla cui estremità è presente un supporto in plastica che ne permette il fissaggio. A tal proposito notiamo che il campione è montato nell’apparato di misura nella stessa configurazione ad anello ortogonale al campo applicato, utilizzata per le misure di magnetizzazione. Il sistema di misura non consente di alloggiare campioni di estensione maggiore a lungo la direzione verticale e tale configurazione ad anello consente di effettuare misure su campioni più lunghi. In particolare in relazione alle misure di suscettività è importante lavorare con campioni di filo che abbiano almeno una lunghezza maggiore del passo di twist: in queste condizioni le perdite non sono determinate da effetti di bordo e sono descrivibili attraverso l’equazione (2.23) o (2.25) nel caso di un campo AC oscillante. Figura 4.11: Schema dell’apparato sperimentale utilizzato per effettuare le misure di suscettività ac. 85 Quando il campione si trova allo stato normale, esso non esibisce proprietà magnetiche (in realtà esiste un debole fondo magnetico dovuto alla matrice di Cu/CuMn) e le variazioni del flusso indotte alle due bobine di pick-up per effetto delle variazioni del campo AC, generato dall’avvolgimento primario, saranno identiche e non daranno luogo a nessun segnale in uscita, tenendo conto che le bobine di pick-up sono collegate con polarità opposta. Come già discusso nel capitolo III, se il campione si trova allo stato superconduttivo, le variazioni del campo AC indurranno in esso un momento magnetico dipendente dal tempo e le corrispondenti variazioni di flusso potranno essere rilevate dalla sola bobina di pick-up nel quale il campione è stato introdotto. In tal modo avremo uno sbilanciamento tra i segnali indotti ai capi delle due bobine di pick-up che può essere misurato e collegato alle componenti della suscettività AC del campione. Per questa tipologia di misure il lock-in ha come riferimento di fase il segnale oscillante generato dall’avvolgimento primario. Il lock-in presenta due canali di ingresso A e B al quale sono collegate rispettivamente la bobina di pick-up superiore e quella inferiore. Siccome la misura di suscettività si presenta come una misura differenziale di tensione, dobbiamo avere un riferimento di fase che viene preso ai capi di una delle due bobine. Ad esempio quando il campione è allo stato normale, e quindi non esibisce proprietà magnetiche, il lock-in rileva uno shift di fase tra l’eccitazione primaria e il segnale in uscita preso ai capi della bobina . Questo shift di fase è dovuto a fenomeni quali: correnti parassite circolanti nelle parti metalliche del criostato, dissipazioni del primario, accoppiamenti capacitivi negli avvolgimenti delle bobine ecc. La rimozione dello shift di fase permette di avere un riferimento per la fase in quanto, dal momento in cui questa viene azzerata, ogni variazione di fase è da attribuire alle proprietà magnetiche del campione. Quindi una volta applicato il campo AC, generato dall’avvolgimento primario con una data frequenza, col campione allo stato normale si azzera la fase relativamente al canale del lock-in, dopodiché si legge il segnale differenziale diminuendo la temperatura del campione fino alla temperatura più bassa raggiungibile ( . La componente in fase di questo segnale, essendo legata alla componente immaginaria della suscettività AC, contiene informazioni circa le dissipazioni in regime variabile del campione. Ricordando le equazioni (3.28-30), il tempo di caratteristico delle correnti di accoppiamento, e quindi il valore della resistività trasversa del filo, può essere ricavato dall’individuazione del picco in frequenza presentato dalla componente in fase del segnale di tensione misurato. Per tale motivo le misure sono state eseguite al variare della frequenza del campo AC di eccitazione. Si nota che in sovrapposizione al campo AC è stato anche applicato un campo dc di per sopprimere ulteriormente l’effetto prossimità tra i filamenti ed essere sicuri che le perdite provenissero solamente dal loro accoppiamento AC. 86 Prima di mostrare gli andamenti in frequenza consideriamo a titolo di esempio un tipico andamento in temperatura delle componenti in fase e fuori fase per una data frequenza. Figura 4.12: Tensioni e ampiezza e in funzione della temperatura per un campo magnetico AC frequenza sovrapposto ad un campo dc di Le curve mostrate in figura 4.12 presentano delle peculiarità di cui vale la pena discutere. Ricordiamo che la componente della suscettività è legata alle proprietà schermanti del superconduttore ed in generale ci si aspetta che il segnale di tensione corrispondente decresca al diminuire della temperatura fino a saturare ad un certo valore che corrisponde alla situazione fisica in cui il campo AC risulta completamente schermato dalle correnti che si generano sulla superficie dei filamenti di NbTi. La componente è legata alle dissipazioni AC e ci si aspetta che il corrispondente segnale di tensione abbia un picco ad un certo valore di temperatura, per poi decrescere man mano che la temperatura va a zero. Il valore del picco è collegato alla condizione di completa penetrazione del campo AC nel superconduttore, alla quale è associato il massimo delle dissipazioni. L’annullamento del segnale al diminuire della temperatura è invece correlato alla quasi completa schermatura del flusso magnetico. Alla luce di quanto detto le curve in figura 4.12 possono essere interpretate nel seguente modo. A basse temperature la suscettività AC è dominata dalle correnti di accoppiamento, mentre gli effetti isteretici non contribuiscono alle perdite, poiché il debole campo AC applicato è completamente schermato in superficie dai filamenti superconduttori. Da questo punto di vista la componente della suscettività AC a 87 basse temperature dovrebbe dare una misura diretta delle perdite AC dovute alle correnti di accoppiamento. Se questa interpretazione risulta corretta come previsto dall’equazione (3.30) la funzione dovrebbe avere un picco in corrispondenza del valore di frequenza . Allo stesso tempo la componente dovrebbe crescere all’aumentare della frequenza, poiché le correnti di accoppiamento dovrebbero via via schermare frazioni sempre più grandi di filo, fino alla situazione limite di completo schermo su tutto il volume del filo. Tornando al problema della determinazione del tempo caratteristico di accoppiamento AC tra i filamenti di seguito mostriamo un grafico contenente l’andamento in frequenza della componente del segnale, ovvero della componente della suscettività legata alle perdite. Notiamo che le misure sono state fatte utilizzando diversi campi dc in modo da poter valutare anche l’andamento della resistività trasversa del filo in funzione di un campo magnetico stazionario applicato. Figura 4.13: Andamento in frequenza della differenza del segnale in fase di tensione, letto ai capi delle bobine di pick-up, tra lo stato normale e quello superconduttivo ( alla temperatura più bassa ) normalizzato alla frequenza in funzione della frequenza. I simboli indicano i punti sperimentali acquisiti mentre le curve continue rappresentano delle curve interpolanti che hanno permesso una più agevole individuazione del picco. Si nota che nel grafico in figura 4.13 è mostrata la differenza tra il segnale misurato nello stato superconduttivo e nello stato normale. Ciò viene fatto per eliminare il contributo delle dissipazioni dovute alle eddy current che si presentano anche nello stato normale. Osservando le frequenze di picco si deduce, alla luce di quanto detto nel capitolo precedente, il valore del tempo caratteristico di accoppiamento AC tra i filamenti al variare del campo magnetico applicato. 88 Campo dc applicato 0.2 0.5 1.0 2.0 5.0 Tempo caratteristico 1.11 0.94 0.76 0.68 0.45 Tabella 4.3: Valori del tempo caratteristico delle correnti di accoppiamento tra i filamenti per il nostro campione di filo superconduttore al variare del campo dc imposto. Di seguito viene anche riportato un grafico nel quale sono mostrati i corrispondenti valori di resistività trasversa al variare del campo dc imposto. I valori sono stati fittati attraverso un linea retta del tipo , al fine di estrapolare il valore della resistività trasversa in condizioni di campo dc applicato nullo. Figura 4.12: Valori di resistività trasversa a , corrispondenti ai tempi caratteristici mostrati in tabella 4.3, in funzione del campo magnetico applicato. La curva in rosso rappresenta la retta di attraverso cui sono stati interpolati i dati. In tabella si riportano i valori ottenuti dal fit: A ( resistività estrapolata in condizioni di zero campo) B (pendenza retta interpolante) Tabella 4.4: parametri del fit lineare interpolante l’andamento della resistività trasversa del filo in funzione del campo applicato. 89 CONCLUSIONI In questo lavoro di tesi ho studiato la problematica dell’irreversibilità magnetica in relazione ai fenomeni dissipativi che prendono luogo in un filo superconduttore. In particolare ho caratterizzato un filo prototipo di ultima generazione impiegabile nella realizzazione di cavi per magneti superconduttori rapidamente pulsati come quelli previsti per il sincrotrone SIS300 della facility FAIR (Facility for Antiproton and heavy Ion Research) del laboratorio tedesco GSI di Darmstadt. Nella prima parte del lavoro sono state condotte misure di magnetizzazione per dare una caratterizzazione generale del filo e sono stati utilizzate le curve isteretiche per ricavare, nell’ambito del modello di stato critico di Bean, l’andamento della densità di corrente critica del filo in funzione del campo magnetico applicato. Poi ho focalizzato l’attenzione sul problema dell’accoppiamento elettromagnetico che viene ad instaurarsi tra i filamenti, quando il filo è esposto ad un campo magnetico variabile. A tal proposito abbiamo visto che le perdite relative, dipendono in particolare da due caratteristiche del filo: il passo di twist e la resistività trasversa . Quest’ultima grandezza è stata poi determinata, al variare del campo magnetico dc applicato, attraverso misure di suscettività AC in funzione della temperatura e della frequenza del campo ac di eccitazione. Dal punto di vista dei risultati quest’ultimo campione di filo superconduttore di terza generazione conferma le ipotesi di base: la resistività trasversa risulta ulteriormente aumentata rispetto a fili di generazione precedente e quindi le perdite da accoppiamento ac in un magnete, realizzato avvolgendo un cavo fatto con questi fili, sarebbero ulteriormente ridotte. In principio anche le perdite statiche sarebbero ridotte, ma il diametro efficace dei filamenti non risulta, causa la deformazione subita in fase di lavorazione, dalle prime misure di trasporto fatte dal costruttore, cambiato come aspettato dalle riduzioni nominali geometriche dei filamenti. Notiamo che ancora ad oggi non si hanno evidenze della fattibilità di cavi con questa tipologia di fili di ultima generazione e quindi nulla si sa in relazione ad eventuali degradazioni del cavo rispetto al filo singolo; la produzione di di filo è ancora in corso di verifica (principalmente verifiche sul twist che potrebbe portare a rotture dei filamenti su lunghezze di questa dimensione). 90 Ciò suggerisce che la strada per i magneti superconduttori pulsati ha ancora un ampio margine di sviluppo che si gioca in gran parte sulla costruzione e sulle tecniche di lavorazione dei fili in NbTi. Infatti, come più volte richiamato nel lavoro di tesi, attualmente il NbTi rappresenta l’unico elemento metallico superconduttore in grado di garantire la fattibilità di un cavo adatto per queste applicazioni 91 Bibliografia [1] L. Landau, E. M. Lifshitz, Fisica Teorica vol. 5, Fisica Statistica, Editori Riuniti. [2] J. Bardeen, N. Cooper, J.R. Schrieffer, Physical Review, Vol. 108, p 1175 (1957). 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