UNIVERSITA` DEGLI STUDI DI SALERNO Fili Superconduttori a

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO
Dipartimento di Fisica “E. R. Caianiello”
Corso di Laurea in Fisica
Tesi di Laurea Magistrale
Fili Superconduttori a Basse Perdite per Magneti
Rapidamente Pulsati
Relatori:
Ch.mo Prof. Salvatore De Pasquale
Gent.mo Dott. Umberto Gambardella
Correlatore:
Ch.mo Prof. Sergio Pagano
Anno Accademico 2013/2014
Candidato:
Federico Quero
Matr. 0522600019
Ringraziamenti
In questo traguardo della vita non posso esimermi dal ringraziare chi, in tutti questi
anni, mi è stato vicino…
Un grazie particolare va alla mia famiglia. Grazie Mamma e grazie Papà per avermi
permesso di essere l’uomo che sono, per aver sopportato i miei nervosismi e per
aver permesso materialmente il raggiungimento di questo obbiettivo.
Grazie Lucia. Grazie per essere come sei. Grazie perché in questi anni abbiamo
condiviso tanto e soprattutto grazie per avermi sopportato e supportato nei
momenti di sconforto. In ogni momento “no”, in cui tutto sembrava buio, tu ci sei
stata ed hai permesso che io risollevassi la testa per andare avanti…
Grazie agli amici “Marateoti” che sebbene spesso distanti ci sono stati sempre…
Grazie agli “amici di Laborario”. Grazie Armando e grazie Domenico per le risate, per
le consulenze tecniche e per aver trascorso bei momenti in quel “corridoio” che
bellissimo non è!
Grazie al gruppo “anti-mestizia”. Grazie Enrico, grazie Vincenzo per il supporto e per
i discorsi “aulici” che alla fine sfociavano quasi sempre in un’enorme risata.
Ovviamente grazie a tutti gli altri colleghi universitari insieme ai quali in questi anni
ho condivisione gioie, dolori, ansie e paure… L’elenco sarebbe troppo lungo e per
questo condenso con un “grazie a tutti…”
Grazie dott. Gambardella. Grazie per la disponibilità, per la Sua competenza e per
avermi assistito nel corso di tutto il periodo di tesi.
Grazie Gerardo. Grazie per il supporto, per i consigli, per la simpatia e per l’aiuto che
mi hai dato, in merito alla stesura di questo lavoro di tesi.
Grazie agli altri membri del laboratorio ERMES. Grazie Amedeo e grazie Nello, per
avermi aiutato in laboratorio e per i preziosi consigli..
i
Indice
Abstract………………………………………………………………………………..v
CAPITOLO I: Proprietà di irreversibilità magnetica nei superconduttori....................1
1.1 Cenni di superconduttività…………….………………....………..….....…......1
1.1.1 Superconduttività: una breve storia…...…….……...……..……….........1
1.2.1 Teoria di Ginzburg – Landau...................................................................3
1.1.3 Superconduttori di tipo I e II....................................................................8
1.1.4 Stato misto e stato intermedio: considerazioni energetiche....................10
1.2 Superconduttori di tipo II..................................................................................12
1.2.1 Quantizzazione del flusso.......................................................................12
1.2.2 Interazione tra vortici: reticolo di Abrikosov..........................................14
1.2.3 Pinning....................................................................................................16
1.3 Irreversibilità magnetica nei superconduttori...................................................21
1.3.1 Stato critico.............................................................................................21
1.3.2 Modello di Bean per una lastra superconduttrice...................................24
1.3.3 Cicli di isteresi........................................................................................29
1.3.4 Relazione magnetizzazione – corrente nel modello di Bean..................32
1.3.5 Fattore di demagnetizzazione.................................................................34
1.3.6 Dissipazioni in un filo superconduttore..................................................35
CAPITOLO II: Struttura e dissipazioni di compositi multifilamentari.......................40
2.1 Introduzione......................................................................................................40
ii
2.2 Criterio di stabilità adiabatica...........................................................................42
2.3 Correnti di accoppiamento in compositi multifilamentari................................44
2.4 Struttura dei fili superconduttori.......................................................................52
2.4.1 Tecniche di fabbricazione........................................................................52
2.4.2 Difetti macroscopici dei filamenti e loro effetti......................................54
2.4.3 Barriere di diffusione..............................................................................56
2.4.4 Effetto prossimità tra i filamenti..............................................................57
2.5 Matrice resistiva................................................................................................58
2.5.1 Effetto delle dimensioni...........................................................................58
2.5.2 Magnetoresistenza......................................................................................5
2.5.3Minimum propaganting zone....................................................................60
2.5.4 Compositi a tre componenti.....................................................................61
CAPITOLO III: Misure di magnetizzazione e di suscettività AC..............................63
3.1 Magnetometro a campione vibrante.................................................................63
3.1.1 L’apparato sperimentale...........................................................................64
3.1.2 Calibrazione dello strumento...................................................................65
3.2 Metodo di misura della suscettività AC........................................................... 66
3.2.1 Considerazioni introduttive......................................................................66
3.2.2 Analisi armonica del segnale....................................................................67
3.2.3 Suscettività AC.........................................................................................70
3.2.4 Informazioni sulla resistività trasversa.....................................................73
CAPITOLO IV: Risultati sperimentali........................................................................75
4.1 Il filo superconduttore.......................................................................................75
4.2 Misure di magnetizzazione.............................................................................. 77
iii
4.3 Misure di suscettività AC.................................................................................84
Conclusioni..................................................................................................................90
Bibliografia..................................................................................................................92
iv
Abstract
Negli ultimi anni, nel campo delle macchine acceleratrici, vi è la richiesta
sempre crescente di magneti che possano generare campi relativamente
intensi
e che possano essere caricati e scaricati rapidamente
. Lo sviluppo di magneti dalle proprietà così spinte è limitato
però dagli alti livelli di dissipazione in regime variabile, a cui sono sottoposti i
cavi superconduttori di cui essi si costituiscono. Questo rende necessario
un'ottimizzazione del cavo superconduttore che permetta di ottenere bassi
livelli di dissipazione e che, al contempo, risulti stabile rispetto ai disturbi
indotti dal campo magnetico stesso.
Le dissipazioni AC in un cavo superconduttore sono di diverso tipo: alcune
sono riconducibili all'isteresi magnetica del superconduttore stesso, altre
invece dipendono da complessi fenomeni di accoppiamento elettromagnetico
tra le varie componenti del cavo, visto che esso è generalmente ottenuto
assemblando fili superconduttori, i quali a loro volta si presentano come
complicate strutture multifilamentari in cui sottili filamenti di materiale
superconduttore risultano immersi in una matrice di materiale normale come
ad esempio il rame.
Per quanto detto, il lavoro di tesi ha riguardato la caratterizzazione magnetica
di compositi multifilamentari in NbTi di terza generazione con particolare
attenzione alle perdite in campo AC.
In particolare è stato caratterizzato, attraverso misure di magnetizzazione e di
suscettività AC, un filo prototipo per applicazioni in magneti superconduttori a
carica rapida
come quelli previsti per il sincrotrone SIS300 del
laboratorio tedesco GSI di Darmstadt.
Nella prima parte dell'elaborato vengono richiamate le proprietà più
importanti dei superconduttori di tipo II e viene focalizzata l'attenzione sul
concetto di irreversibilità magnetica e sullo studio delle perdite di un singolo
filamento superconduttore posto in un campo magnetico trasverso.
v
Segue un approfondimento relativo allo studio delle dissipazioni in regime
variabile cui è soggetto un composito multifilamentare e vengono sottolineati
alcuni aspetti importanti in relazione alle fasi di realizzazione e alla struttura
di tali sistemi. Successivamente viene descritto l’apparato sperimentale
utilizzato per effettuare le misure di magnetizzazione sul campione di filo
superconduttore sotto esame e vengono studiate le nozioni principali legate
al concetto di suscettività AC.
Nell’ultima parte del lavoro vengono riportati i risultati sperimentali ottenuti
ed i relativi commenti; seguono poi le conclusioni.
vi
CAPITOLO I
Proprietà di irreversibilità
magnetica nei superconduttori
1.1 Cenni di superconduttività
1.1.1 Superconduttività: una breve storia
La superconduttività rappresenta un particolare stato in cui può venire a trovarsi la
materia, contraddistinto da particolari caratteristiche elettriche e magnetiche. La
strada verso la superconduttività fu aperta dallo studio delle proprietà dei materiali
alle basse temperature. In particolare nel 1908 il fisico olandese Heike Kammerlingh
Onnes riuscì nella titanica impresa di liquefare l’Elio, ultimo tra i gas inerti ad essere
condensato, raffreddandolo ad una temperatura prossima ai 4K. Ciò aprì le porte
all’investigazione delle proprietà della materia in una regione di bassissime
temperature che precedentemente risultava inaccessibile. Nel 1911 Onnes
investigando le proprietà elettriche di un campione di Mercurio in funzione della
temperatura notò che al di sotto di una certa temperatura, denominata temperatura
critica , la resistenza elettrica del metallo assumeva valore nullo. Lo stesso Onnes
affermo: “ il mercurio è passato in un nuovo stato della materia che in base alle
straordinarie proprietà elettriche può essere indicato come stato superconduttivo”; la
scoperta gli valse il premio Nobel per la Fisica nel 1913.
La proprietà di opporre resistenza nulla al passaggio della corrente non fu l’unico
effetto a destare meraviglia, infatti i superconduttori presentano un’altra sorprendente
caratteristica quando sono immersi in un campo magnetico: il perfetto
diamagnetismo. Nel 1933 due fisici tedeschi Karl Walther Meissner e Robert
Ochsenfeld scoprirono che se un materiale superconduttore è posto in campo
magnetico, una volta raffreddato al di sotto della temperatura di transizione, esso è
capace di espellere il flusso magnetico prima presente al suo interno. La completa
espulsione del flusso magnetico è nota come effetto Meissner e questa avviene solo se
il campo magnetico applicato dall’esterno è inferiore a certo valore critico oltre il
quale il campo inizia a penetrare nuovamente all’interno del superconduttore
comportandone la transizione allo stato normale.
1
Fino agli anni ’50 le evidenze sperimentali riguardanti il fenomeno della
superconduttività correvano più velocemente dei modelli teorici che potessero
spiegare cosa accadeva a livello microscopico. La prima teoria di carattere
fenomenologico fu sviluppata dai due fisici russi Vitalj. L. Ginzburg e Lev. D.
Landau[1] i quali modellarono la transizione dallo stato normale a quello
superconduttivo in termini di una transizione di fase del secondo ordine introducendo
il concetto di parametro d’ordine. La teoria permette di ottenere delle equazioni
capaci di descrivere diversi aspetti della transizione superconduttiva senza però
comprendere il meccanismo microscopico che la rende possibile. Solo nel 1957 tre
fisici dell’Università dell’Illinois, John Bardeen, Leon Cooper e Robert Schrieffer[2]
riuscirono a formulare la prima teoria microscopica della superconduttività,
conosciuta con il nome di teoria BCS e per la quale furono insigniti del premio Nobel
nel 1972. Secondo la teoria BCS, al di sotto della temperatura di transizione, nello
stato superconduttivo, si determina una situazione energeticamente favorevole in cui
gli elettroni di conduzione si dispongono in uno stato ordinato formando coppie
elettroniche di spin e momento opposto note con il nome di coppie di Cooper. Tali
coppie essendo dei bosoni possono condensare in un unico stato di minima energia e
muoversi collettivamente e coerentemente all’interno del sistema senza incontrare
resistenza. In presenza di un’interazione attrattiva tra due fermioni, che si muovono in
prossimità del livello di Fermi, si può avere uno stato di più bassa energia in cui essi
si legano in una coppia stabile. All’interno di un superconduttore, almeno per quanto
riguarda la superconduttività convenzionale, tale interazione attrattiva tra elettroni è
mediata dalle vibrazioni reticolari associate al moto degli elettroni stessi. Un elettrone
in moto nel solido perturba localmente la concentrazione di carica reticolare cosicché
un secondo elettrone che si trova in prossimità di tale perturbazione ne risulta attratto;
nel complesso i due elettroni risentono di un’interazione che, da un punto di vista
efficace, presenta una natura attrattiva.
Fino agli anni ’80 i superconduttori conosciuti erano essenzialmente metalli con
temperature di transizione che andavano da qualche frazione di grado Kelvin fino ai
23K del composto Nb3Ge. Nel 1986 J. Georg Bednorz e K. Alex Muller [3] nei
laboratori IBM di Zurigo conducendo esperimenti su una particolare classe di
composti a base di Lantanio, Bario, Rame e Ossigeno (La2-xBaxCuO4) trovarono
evidenze sperimentali di superconduttività a 35K. Tale scoperta, premiata con il
premio Nobel per la Fisica nel 1987, spalancava un nuovo orizzonte per la ricerca di
una nuova classe di materiali superconduttori, quello degli ossidi ceramici. Nei mesi
immediatamente successivi grazie alla sostituzione del Lantanio con l’Ittrio fu
individuata una ceramica perovskite (YBa 2Cu3O7-x ) in grado di manifestare proprietà
superconduttive alla temperatura di 92K. Con tali materiali è potenzialmente possibile
utilizzare come fluido criogenico l’Azoto liquido (temperatura di ebollizione 77K)
con notevoli ripercussioni da un punto di vista tecnologico-applicativo, in quanto più
2
economico dell’Elio liquido, facilmente reperibile e con una criogenia estremamente
semplificata.
Viste le temperature in gioco si cominciò ad indicare questi materiali ceramici come
Superconduttori ad Alta Temperatura Critica (HTS – High Temperature
Superconductor) e ad oggi sono notevoli gli sforzi economici e scientifici relativi allo
studio, allo sviluppo delle tecniche di fabbricazione e alla sintetizzazione di nuovi
composti dalla temperatura critica sempre più elevata, soprattutto per le enormi
potenzialità che tali materiali possono avere, sia per quanto concerne le applicazioni
elettriche e magnetiche di potenza, sia per quelle elettroniche. Comunque ad oggi non
esistono ancora applicazioni su larga scala o di potenza basate su materiali HTS,
essendo ancora lontana l’industrializzazione di cavi di potenza realizzati con tali
materiali.
Fig. 1.1: Misura storica della resistenza elettrica del Mercurio in funzione della temperatura, effettuata
da Onnes. E’ mostrata la transizione dallo stato normale a quello superconduttore.
1.1.2 Teoria di Ginzburg - Landau
La teoria di Ginzburg – Landau pone le sue basi su una modelizzazione teorica delle
transizioni di fase del secondo ordine eseguita precedentemente ad opera dello stesso
Landau. Come già detto, questa permette di spiegare diversi aspetti legati alla
transizione superconduttiva e al comportamento elettromagnetico dei superconduttori,
sebbene costituisca un modello fenomenologico che prescinde dal meccanismo
microscopico che dà luogo alla superconduttività stessa. Il modello di
Ginzburg – Landau si fonda sullo studio delle funzioni termodinamiche che
descrivono il sistema, in prossimità del punto di transizione, in termini di una quantità
fisica, introdotta per la prima volta da Landau nel 1937, denominata parametro
d’ordine. Tale grandezza, che verrà indicata con la lettera greca , come il nome
stesso suggerisce, fornisce un’indicazione circa il livello di ordine di un sistema e
3
descrive, qualitativamente e quantitativamente, la differenza tra le fasi attraverso cui
un sistema può transire. Nelle transizioni di fase del secondo ordine il parametro
d’ordine varia con continuità assumendo valore nullo nella fase disordinata e diverso
da zero in quella ordinata. Come conseguenza di ciò in prossimità del punto di
transizione il parametro d’ordine assume valori prossimi allo zero. Detto ciò, la
densità di energia libera del sistema in prossimità del punto di transizione può essere
espressa come una funzione del parametro d’ordine oltre che delle usuali coordinate
intensive come pressione e temperatura. E’ doveroso notare che il parametro d’ordine
non è classificabile come coordinata termodinamica intensiva, infatti viene ricavato
nel modello, in modo auto consistente, come valore che deve assumere il parametro
d’ordine, per assegnati valori delle coordinate termodinamiche intensive, affinché il
sistema si trovi in uno stato di equilibrio stabile. Immaginando di sviluppare in serie
di potenze di la densità di energia libera, in un intorno del punto di transizione, e
arrestando lo sviluppo al quarto ordine si ha
dove rappresenta la densità di energia libera della fase disordinata (
) ed i
coefficienti
e sono funzioni delle variabili termodinamiche e . Tenendo
presente che nella fase ordinata della transizione il parametro d’ordine assume valori
diversi da zero e che nella fase disordinata assume valore nullo, tali coefficienti
vengono determinati richiedendo che la loro struttura analitica sia tale da verificare le
seguenti condizioni:
-
per
il minimo della densità di potenziale termodinamico deve
corrispondere a
;
per
il minimo della densità di potenziale termodinamico deve
corrispondere a
;
per
si deve avere
con continuità.
Imponendo tali condizioni segue che i coefficienti dispari dello sviluppo devono
annullarsi per cui la densità di energia libera assume la forma:
Ora calcolando il minimo per
per il parametro d’ordine:
come funzione di
si ottiene il seguente andamento
che è effettivamente consistente con le ipotesi iniziali: infatti, permette di distinguere
la fase ordinata da quella disordinata e per
è tale che
con continuità. A
4
questo punto se si calcolasse il valore minimo della funzione in corrispondenza dei
valori assunti dal parametro d’ordine sarebbe possibile dimostrare che, da semplici
considerazioni di natura termodinamica, il modello riproduce le caratteristiche salienti
di una transizione di fase del secondo ordine ovvero: l’assenza di un calore latente e
un salto, al punto di transizione, nell’andamento in temperatura del calore specifico.
Finora non si è tenuto conto del fatto che il parametro d’ordine può subire delle
fluttuazioni ad opera della temperatura. Queste divergono alla temperatura critica e
tenderebbero ad invalidare la teoria di Ginzburg – Landau che ha senso, proprio in un
intorno del punto di transizione. Inoltre si può dimostrare [1] che le fluttuazioni
possono dipendere dalle coordinate spaziali e che, per tenerne conto, l’espressione
della densità di energia libera deve essere complementata attraverso l’introduzione di
un termine che dipende dalle derivate spaziali1 del parametro d’ordine della forma:
dove , , rappresentano dei coefficienti positivi. Tale quantità, nel caso di forti
variazioni spaziali del parametro d’ordine, porterebbe ad un aumento improvviso
dell’energia libera e ovviamente la probabilità che ciò avvenga risulta molto bassa.
Detto in altri termini, si introduce una rigidità del parametro d’ordine che si esplica
nell’attenuazione delle fluttuazioni. La forma finale della densità di energia libera per
un sistema spazialmente isotropo è:
Questa espressione è del tutto generale e prescinde dalla particolare transizione del
secondo ordine studiata. In relazione alla transizione superconduttiva, i parametri
fenomenologici in essa contenuti, nonché il significato fisico del parametro d’ordine,
vennero correlati ai parametri microscopici del sistema elettronico solo nel 1958
quando Gorkov[4], riformulando la teoria BSC nell’ambito del formalismo delle
funzioni di Green, dimostra l’equivalenza tra la teoria BCS e la teoria
fenomenologica di Ginzburg – Landau in prossimità del punto di transizione. Per la
transizione superconduttiva si scelse un parametro d’ordine complesso coincidente
con la funzione d’onda macroscopica associata alle coppie di Cooper della seguente
forma:
1
È importante notare che per un sistema isotropo si ha la condizione
situazione il termine di rigidità del parametro d’ordine può essere espresso nella forma
5
. In tale
.
il quale rappresenta l’ampiezza di probabilità di trovare i portatori di carica nello
stato superconduttivo, la cui densità locale risulta pertanto:
L’espressione per l’energia libera diventa dunque:
In presenza di un campo magnetico applicato l’espressione per l’energia libera (1.8)
deve essere modificata per due motivi. Il primo consiste nell’aggiunta del termine
che rappresenta la densità di energia del campo magnetico localmente presente
nel superconduttore, il secondo è la modifica dell’operatore gradiente (in analogia a
quanto accade in meccanica quantistica) per la presenza del potenziale vettore :
Inoltre in presenza di campo magnetico il potenziale termodinamico giusto da
utilizzare è l’energia libera di Gibbs e non l’energia libera di Helmotz . Si
dimostra[1] che l’energia libera di Gibbs dello stato supercondutivo
si ottiene
aggiungendo all’energia libera (1.8) il termine
per cui:
Per determinare le equazioni differenziali che regolano l’andamento del parametro
d’ordine e del campo magnetico nel superconduttore bisogna minimizzare l’energia
libera di Gibbs intesa come funzionale delle tre funzioni indipendenti:
problema pertanto è quello di determinare le funzioni
variazioni:
;
corrisponda una variazione
condizione:
. Il
tali che alle
;
nulla del potenziale di Gibbs, ovvero imponendo la
Il calcolo dettagliato porta alla coppia di equazioni:
6
le quali costituiscono il sistema completo di equazioni di Ginzburg – Landau.
L’equazione (1.10) descrive l’andamento del parametro d’ordine nel superconduttore
e dalla risoluzione di tale equazione emerge naturalmente che questo subisce
variazioni significative sulla lunghezza
detta lunghezza di coerenza. Questa rappresenta la distanza media tra due elettroni
legati in una coppia di Cooper e quindi descrive le dimensioni medie della coppia
stessa che può variare da qualche decina a qualche centinaia di nanometri.
L’equazione (1.11) descrive l’andamento della densità di corrente nel superconduttore
e permette di introdurre una seconda lunghezza caratteristica detta lunghezza di
penetrazione , definita dalla relazione:
dove
è il valore che assume il parametro d’ordine in assenza di campo
magnetico. Questa rappresenta la distanza dalla superficie del campione entro cui il
campo magnetico penetra come conseguenza dello smorzamento esponenziale delle
correnti superficiali di schermo; tipicamente assume valori che variano da qualche
decina a qualche migliaia di nanometri.
Gorkov ottenne le equazioni (1.10 – 11) dalla teoria microscopica e notò che la carica
fenomenologica in esse contenuta era pari a
, avvalorando l’idea che la
superconduttività fosse dovuta all’esistenza delle coppie di Cooper. Inoltre
convenzionalmente si sceglie
con conseguenze solo sulla normalizzazione
che in tal caso viene assunta della forma
. Con questa scelta fu possibile
identificare il parametro d’ordine con la funzione d’onda macroscopica di coppie di
Cooper di densità
; alla luce di quanto detto si può notare come la (1.10)
costituisca un’equazione non lineare, ricavata tramite pure considerazioni di tipo
termodinamico, che risulta formalmente analoga all’equazione di Schrodinger per un
bosone di carica
, di massa
, sottoposta all’azione del campo magnetico
associato al potenziale vettore e soggetta ad un potenziale proporzionale a
. Sia
la lunghezza di coerenza
, sia quella di penetrazione
divergono al punto di
transizione con un andamento
di conseguenza il loro rapporto resterà
circa costante:
7
Tale quantità prende il nome di parametro di Ginzburg – Landau del materiale e
permette di distinguere i superconduttori in base al loro tipo:
Nei paragrafi successivi verrà presentata brevemente la differenza tra le due tipologie
di materiali dapprima da un punto di vista fenomenologico e successivamente in
termini delle energie in gioco.
1.1.3 Superconduttori di tipo I e II
Abbiamo accennato al fatto che un superconduttore è contraddistinto, oltre che dalla
proprietà di condurre corrente elettrica senza opporre resistenza, dalla proprietà di
essere un diamagnete perfetto. Esiste una sostanziale differenza tra un conduttore
perfetto ed un superconduttore che nel seguito verrà brevemente spiegata.
Immaginiamo, in assenza di campo magnetico applicato, di considerare un materiale
che possa subire una transizione dallo stato normale ad uno stato caratterizzato
dall’avere solo resistenza nulla (iperconducibilità). L’iperconducibilità di per se
implica il diamagnetismo perfetto, infatti se si cerca di magnetizzare l’iperconduttore
applicando un campo magnetico dall’esterno, verrà generata al suo interno una
corrente indotta tale da escludere esattamente il campo magnetico imposto. Se però il
sistema risulta originariamente sottoposto ad un campo magnetico una volta avvenuta
la transizione l’iperconduttore non espelle il campo, anzì continua a trattenerlo anche
quando il campo esterno viene rimosso.
Per un superconduttore la situazione è differente. Se il sistema, inizialmente allo
stato normale, viene fatto transire allo stato superconduttivo abbassandone la
temperatura, esso espellerà il campo magnetico, sia se questo viene applicato dopo
che la transizione è avvenuta (situazione simile al caso precedente), sia se il campo
era presente prima che la transizione avvenisse. La capacità da parte di un
superconduttore di espellere il campo magnetico al quale è sottoposto prende il nome
di effetto Meissner.
8
Stato
normale
alta T
Raffreddamento
campione
Nuovo stato
ordinato a
bassa T
Nuovo stato in
presenza di
campo
Nuovo stato
in assenza
di campo
ZFC
Eslusione campo
Superconduttore
FC
Esclusione campo :
Meissner
ZFC
Esclusione campo
Iperconduttore
FC
Ritenzione campo
Tabella 1.1: differenza tra un iperconduttore ed un superconduttore in presenza ed in assenza di campo.
Relativamente al comportamento dei superconduttori sottoposti a campo magnetico si
individuano fenomenologicamente due famiglie. La prima è caratterizzata dal fatto
che è possibile eseguire una transizione netta tra lo stato superconduttore e quello
normale per opera del campo magnetico. Infatti per questi superconduttori, che
vengono denominati superconduttori di tipo I, l’espulsione completa del campo
avviene fino al raggiungimento di un certo campo detto campo critico . Per campi
di intensità superiore le linee di forza penetrano il materiale ed il sistema torna allo
stato normale. Il campo critico dipende dal tipo di materiale e dalla temperatura con
un andamento ben approssimato dalla legge empirica[5]:
dove
rappresenta il valore del campo critico a temperatura
. Questo tipo di
superconduttività esibita da tutti gli elementi metallici (eccetto il Niobio) è
caratterizzata da campi critici il cui valore è estremamente basso, dell’ordine delle
decine di millitesla.
Figura 1.2: andamento della magnetizzazione in funzione del campo magnetico applicato per un
superconduttore di tipo I.
9
La seconda famiglia è quella dei cosiddetti superconduttori di tipo II i quali risultano
caratterizzati da due campi critici: il campo critico inferiore
e il campo critico
superiore
. Per campi magnetici applicati di intensità inferiore a
la situazione
è analoga a quanto accade per i superconduttori di tipo I: il campo viene espulso ed il
superconduttore si trova nello stato Meissner. Per campi di intensità compresa tra
e
il flusso magnetico penetra parzialmente il superconduttore il quale viene a
trovarsi in uno stato detto misto dove coesisteranno sia lo stato normale che quello
superconduttore. Per campi di intensità maggiore a
il campo penetra il sistema e
le proprietà superconduttive vengono soppresse. Sono superconduttori di tipo II il
Niobio per quanto concerne gli elementi metallici puri, tutti i composti metallici e i
superconduttori ceramici. Questa tipologia di superconduttività presenta campi critici
inferiori estremamente bassi, di intensità dell’ordine del millitesla, e campi critici
superiori che possono essere estremamente elevati, ad esempio 37 Tesla per il
composto metallico Nb3Ge e 190 Tesla per il superconduttore ceramico
HgBa2Ca2Cu3O8+x. Il fatto di poter sopportare campi magnetici così elevati senza
sopprimere le proprietà superconduttive, insieme alla caratteristica di trasportare
elevate correnti rende i superconduttori di tipo II maggiormente interessanti, sia da un
punto di vista fisico che applicativo, rispetto ai superconduttori di tipo I.
Figura 1.3: andamento qualitativo dei campi critici in superconduttori di tipo I a) ed in superconduttori
di tipo II b).
1.1.4 Stato misto e stato intermedio: considerazioni energetiche
Per un meccanismo diverso rispetto a quello che porta alla formazione dello stato
misto, anche nei superconduttori di tipo I può presentarsi la coesistenza tra lo stato
normale e lo stato superconduttivo; in tal caso si parla di stato intermedio. Allo stato
misto e allo stato intermedio, quindi, corrisponde all’interno del materiale la
formazione di zone superconduttive S e normali N che risultano interfacciate tra loro.
In ognuna delle zone normali il campo magnetico penetra annullandosi a partire
dall’interfaccia su distanze dell’ordine della lunghezza di penetrazione . Tornando
all’espressione dell’energia libera di Gibbs (1.9) la parziale penetrazione del campo
comporta una diminuzione del potenziale termodinamico, rispetto alla situazione in
10
cui il campo verrebbe completamente espulso dalle zone S; infatti in quest’ultimo
caso il termine di energia magnetica presente nell’espressione del potenziale di Gibbs
varrebbe (all’interfaccia)
quantità che risulta maggiore della corrispondente
energia
in presenza di penetrazione, essendo il campo localmente
presente nel superconduttore diverso da zero. Da ciò si evince che la situazione più
favorevole da un punto di vista energetico sarebbe quella per cui il sistema risultasse
suddiviso nel maggior numero possibile di zone S ed N così da massimizzare la
superficie di penetrazione del campo. In questa ottica dovrebbero, dunque, esistere
solo superconduttori caratterizzati da zone S ed N di dimensione infinitamente
piccole. In realtà esiste un limite a tale suddivisione imposto dalla quantizzazione del
flusso del campo magnetico. Inoltre esistono dei superconduttori in cui le zone S ed N
risultano macroscopicamente significative, e quindi per essi deve esistere un
meccanismo tale che la formazione di un numero elevato di pareti risulti inibita. Tale
meccanismo è proprio legato al termine di rigidità del parametro d’ordine (1.4),
introdotto precedentemente nell’espressione dell’energia libera di Gibbs. Nel
passaggio dalla zona S alla zona N il parametro d’ordine non va immediatamente a
zero ma si annulla con continuità su distanze dell’ordine della lunghezza di coerenza
. Tale effetto di variazione del parametro d’ordine comporta un aumento del
potenziale termodinamico che si contrappone all’effetto discusso in precedenza
dovuto alla penetrazione del campo magnetico. Da quanto detto risulta abbastanza
chiaro che il comportamento di un superconduttore dipende da quale termine di parete
risulta dominante. Se predomina il termine di parete dovuto alle variazioni del
parametro d’ordine (energia di parete positiva:
) il superconduttore viene detto
di tipo I e risulta caratterizzato da zone S ed N macroscopicamente significative. Se,
invece, il termine di parete predominante è quello relativo alla penetrazione del
campo (energia di parete negativa:
), il superconduttore viene detto di tipo II ed
è contraddistinto da zone S ed N di natura microscopica.
Figura 1.4: Interfaccia tra un dominio normale ed uno superconduttore: la curva in rosso e in verde
rappresentano rispettivamente l’andamento del parametro d’ordine superconduttivo e del campo
magnetico in funzione della posizione. La figura di sinistra caratterizza un superconduttore di tipo I,
mentre quella di destra un superconduttore di tipo II.
11
1.2 Superconduttori di tipo II
1.2.1 Quantizzazione del flusso
Dai paragrafi precedenti è emerso che i superconduttori di tipo II, per campi esterni
applicati di intensità compresa tra
e
, presentano un particolare stato, detto
misto, in cui si ha coesistenza di zone normali, all’interno del quale penetra il campo,
e di zone superconduttive, schermate da esso. Per questa tipologia di superconduttori
la condizione
indica che la creazione di interfacce N–S è energeticamente
favorita e studi approfonditi hanno portato a concludere che la struttura delle
interfacce è di tipo filamentare: il campo penetra nel materiale in modo quantizzato in
strutture cilindriche, di diametro dell’ordine di grandezza della lunghezza di coerenza,
che vengono generalmente chiamate quanti di flusso o flussoni. Un flussone si
presenta come un vortice di supercorrenti, di raggio approssimativamente pari a ,
che circolano intorno ad un nucleo normale, circondato da materiale superconduttore,
il cui spessore è maggiore o uguale alla lunghezza di penetrazione . Il campo
magnetico associato ad un singolo vortice è massimo al centro del nucleo normale e
decresce in maniera approssimativamente esponenziale all’aumentare della distanza
da esso.
Figura 1.5: andamento qualitativo del campo magnetico e del parametro d’ordine superconduttivo
intorno ad un vortice
Osservando l’andamento del parametro d’ordine e del campo magnetico intorno ad un
vortice isolato (figura 1.5) si nota che a distanza
, ovvero molto lontano dal
nucleo normale del vortice, si ha che il campo magnetico risulta praticamente nullo e
con esso anche le correnti di schermo; inoltre il parametro d’ordine tende al suo
valore asintotico . La seconda equazione di Ginzburg – Landau pertanto diventa:
la quale conduce all’equazione
12
tenendo conto della forma (1.6) del parametro d’ordine. A questo punto integriamo
entrambi i membri dell’equazione (1.5) su un cammino chiuso che contenga il
vortice:
Il parametro d’ordine è una funzione complessa ad un sol valore per cui, le variazioni
della fase lungo il percorso chiuso di integrazione, non possono che essere multipli
interi di ; l’integrale di linea al primo membro per cui diventa:
L’integrale al secondo membro può essere espresso in termini del flusso magnetico
che attraversa la superficie delimitata dal contorno chiuso; dal teorema di Stokes si ha
Unendo i risultati (1.22 – 23 ) si ottiene
L’equazione esprime quanto già anticipato: il flusso del campo magnetico penetra il
superconduttore in maniera quantizzata sotto forma di multipli interi di una quantità
fondamentale definita come quanto di flusso o flussone il cui valore è:
Nel limite di alti
risulta possibile ottenere un’equazione in forma chiusa la
cui risoluzione permette di descrivere in maniera quantitativa il comportamento del
campo magnetico confinato da un vortice; in tali condizioni si può utilizzare
l’equazione[6]:
denominata equazione di Helmholtz. Se si assume che il vortice sia infinitamente
lungo ed assialmente simmetrico l’unica dipendenza possibile che può avere la
distribuzione del campo magnetico è dalla coordinata radiale, che identifica la
distanza dal centro del vortice nel piano ortogonale al suo asse. Esprimendo la (1.26)
in coordinate cilindriche e sfruttando le proprietà di simmetria si ha:
13
Questa equazione ammette la soluzione esatta
dove
è la funzione di Bessel modificata di ordine zero. Sfruttando gli
sviluppi asintotici di tale funzione l’andamento approssimato del campo magnetico
intorno ad un vortice è:
La soluzione presenta una singolarità in
che però può essere regolarizzata
imponendo che il valore assunto al centro del vortice dal campo sia pari al valore da
esso assunto ad una distanza pari alla lunghezza di coerenza: la posizione
risulta appropriata in quanto nel limite di grandi il nucleo normale del
vortice presenta dimensioni trascurabili. Nel limite di grandi distanze invece il campo
si smorza in maniera pressoché esponenziale come anticipato in precedenza.
1.2.2 Interazione tra vortici: reticolo di Abrikosov
Dal paragrafo precedente è emerso che lo stato misto di un superconduttore di tipo II
è caratterizzato da una penetrazione quantizzata del flusso magnetico all’interno di
strutture tubulari chiamate flussoni o vortici. La formazione dei vortici nel
superconduttore comincia non appena il campo applicato supera il valore
, la loro
densità cresce al crescere del campo fino a che, raggiunto un certo valore critico
,
essi si sovrappongono completamente comportando la transizione del sistema allo
stato normale. All’inizio del processo di formazione dei vortici, essendo la loro
densità bassa, il campo presente all’interno del materiale assume valori notevoli nella
regione interessata dai nuclei normali e si smorza in modo esponenziale man mano
che la distanza da essi aumenta. Per alti campi applicati i vortici iniziano a
sovrapporsi e il campo magnetico inizia a diventare abbastanza forte in tutto il
materiale fino a che le linee di flusso del campo esterno penetrano tutto il sistema
sopprimendo le proprietà superconduttive.
I vortici non sono entità indipendenti ma interagiscono tra loro mediante una forza
repulsiva, simile alla forza di Lorentz, legata all’influenza che interviene tra le
14
supercorrenti associate ad un vortice e il flusso magnetico associato all’altro[6]. In
elettrodinamica la densità di forza di Lorentz
dovuta all’interazione tra una
corrente elettrica e un campo magnetico di induzione magnetica è data da
Assumendo che i vortici in interazione siano infinitamente lunghi, assialmente
simmetrici ed interposti parallelamente tra loro ad una certa distanza la forza totale
che si esercita tra di essi può essere espressa nella forma:
Dove, non essendoci alcuna dipendenza dalla coordinata per ragioni di simmetria,
risulta conveniente stimare la forza per unità di lunghezza:
Il calcolo dettagliato richiederebbe la conoscenza delle distribuzioni di campo e
correnti, tuttavia, l’espressione può essere notevolmente semplificata assumendo che i
vortici si trovino a grande distanza tra loro. In tale condizione la corrente può essere
ritenuta costante attraverso la regione di integrazione per cui
Il campo magnetico integrato sulla sezione del vortice è pari ad un quanto di flusso
orientato lungo , per cui la forma definitiva per la forza (per unità di lunghezza)
tra vortici posti a grande distanza è pari a:
Per un superconduttore di dimensioni finite sarebbe lecito aspettarsi una tendenza dei
vortici ad uscire dal materiale per via della loro mutua repulsione; in realtà le correnti
di schermo presenti sulla superficie esterna del campione esercitano su di essi un
forza che tende a confinarli all’interno del materiale. In condizioni ideali viene a
crearsi una condizione di bilanciamento, associata ad uno stato di minima energia,
per cui i vortici si organizzano secondo una disposizione ordinata e regolare,
generalmente di tipo esagonale[7], conosciuta con il nome di reticolo di Abrikosov e
per cui sono mostrati alcuni esempi in figura 1.6.
E’ importante sottolineare, per gli sviluppi successivi, che durante il raggiungimento
di questa configurazione di equilibrio, sui vortici in movimento si esercitano altre due
forze: una di tipo viscoso della forma
, dovuta proprio alla “resistenza” che i
15
vortici incontrano nel muoversi all’interno del materiale, e un’altra detta di spinta 2
con una forma del tipo
dove
rappresenta la densità di elettroni
superconduttori ed un coefficiente che dipende dal tipo di modello utilizzato.
Figura 1.6: a)Prima immagine sperimentale del reticolo di quanti di flusso risalente al 1967 evidenziato
da particelle di ferro[8], b) Immagine dell’ordinamento dei vortici del composto MgB2 ottenuta
attraverso Scanning Tunnel Microscopy [9].
1.2.3 Pinning
Il passaggio di una corrente di trasporto in un superconduttore puro, ovvero privo di
impurità, dislocazioni e altre imperfezioni, comporta un moto dei flussoni dovuto alla
forza di Lorentz (1.34) che si esercita sui vortici per effetto della corrente stessa.
Sebbene tale moto non causi perdite isteretiche, e ciò è reso evidente dal fatto che la
curva di magnetizzazione è reversibile (figura 1.7), esso comporta un’ingente
dissipazione di energia per effetto Joule: ad un moto dei vortici corrisponde sempre
un campo elettrico3 che in presenza di una corrente dà luogo ad una densità di
potenza dissipata
di natura ohmica dovuta alla resistività diversa da zero dei
nuclei normali dei vortici stessi. In tali condizioni il superconduttore non sarebbe in
grado di sostenere la corrente: queste dissipazioni, producendo calore, inducono un
aumento della temperatura del sistema con conseguente riduzione delle proprietà
superconduttive e possibile transizione allo stato normale, rendendolo di fatto,
inutilizzabile da un punto di vista applicativo.
2
La forza di spinta è una conseguenza dell’effetto Magnus che coinvolge la forza che si esercita su un
oggetto rotante che si muove all’interno di un fluido. Se indichiamo con
la velocità con cui si
muove un vortice nel superconduttore e con la velocità della supercorrente circolante intorno ad
esso, per effetto della composizione di tali velocità ai bordi del vortice viene a crearsi un gradiente di
pressione che determina una deviazione nella traiettoria seguita da vortice nel verso di diminuzione
della pressione.
3
Se è la velocità media dei flussoni il campo elettrico macroscopico associato vale
[6].
16
Figura 1.7: andamento della magnetizzazione in funzione del campo magnetico applicato per un
superconduttore di tipo II.
La situazione è ben diversa nei superconduttori reali dove il meccanismo delle
dissipazioni è regolato, in larga parte, dalla presenza dei difetti. Per ragioni di
minimizzazione dell’energia, i vortici tendono a posizionarsi sulle imperfezioni del
materiale (impurità, dislocazioni, vacanze reticolari, ecc..) le quali agiscono come
centri di ancoraggio. Il fenomeno prende il nome di pinning il quale, opponendosi
alla forza di Lorentz agente sui vortici in presenza di una corrente di trasporto,
determina il valore della cosiddetta corrente critica , ovvero quanta corrente può
essere effettivamente trasportata dal superconduttore senza che ci siano perdite: nel
sistema potrà fluire una corrente senza che si presentino dissipazioni fino a che la
forza di Lorentz, e dunque la corrente, non supera un certo valore critico, oltre il
quale i flussoni si mettono in moto. La situazione appena descritta viene
generalmente indicata come stato critico.
Da un punto di vista tecnologico questa condizione può essere controllata
sottoponendo il materiale a opportuni trattamenti chimici e meccanici il cui scopo è,
attraverso l’introduzione nel materiale di impurità e difetti strutturali, quello di
elevarne la corrente critica a valori compatibili con le applicazioni pratiche. (Valori
della densità di corrente critica raggiunti in superconduttori sia a bassa che alta
sono molto alti, dell’ordine di
). Si nota che gli effetti della temperatura
possono indurre un moto dei vortici anche per correnti
. Anderson e Kim,
utilizzando la statistica di Boltzmann, dimostrarono che per una qualsiasi temperatura
è possibile che un flussone o un gruppo di questi (bundle) possa disancorarsi
termicamente da un centro di pinning con una probabilità che cresce all’aumentare
della temperatura. Detto ciò si identificano tre regimi di flusso dei vortici a seconda
del valore che assume la corrente di trasporto rispetto alla corrente critica:
-
flux flow
flux creep
flux flow termicamente attivato
17
Flux flow
Il flux flow è un regime resistivo[10], e quindi dissipativo, legato ad un moto di
insieme delle linee di flusso. Se la corrente che scorre all’interno di un
superconduttore, nello stato misto, supera un certo valore critico, sperimentalmente si
osserva l’instaurarsi di una differenza di potenziale tra due punti qualsiasi disposti
lungo il campione. Numerose indagini in merito, condotte su diversi materiali, hanno
mostrato che il fenomeno presenta delle sistematicità: la tensione che compare sul
campione aumenta linearmente con la differenza
e la pendenza della curva
risulta indipendente dalla corrente critica ; quindi sebbene il campione
non si trovi ancora nello stato normale esso è oggetto di un regime resistivo
caratterizzato da un valore costante della resistenza elettrica. Kim descrisse tale
comportamento attraverso una semplice interpretazione fenomenologica secondo la
quale la velocità media dei flussoni
fosse determinata dalla condizione di
equilibrio di tre forze: la forza di driving , legata alla spinta esercitata dalla corrente
di trasporto sui flussoni, la forza di pinning e una forza di attrito viscoso
:
qui rappresenta il coefficiente di attrito viscoso del superconduttore, il quale
dipende solo dalle proprietà ideali del superconduttore senza essere influenzato dal
pinning. Il campo elettrico associato al moto dei vortici sarà dunque:
L’equazione appena ottenuta è formalmente simile alla legge di Ohm e quindi
permette di definire una resistività di flux flow
definita come:
la quale permette di caratterizzare le perdite del sistema. Notiamo che l’entità del
coefficiente di attrito viscoso ha delle ripercussioni sulla velocità con il quale i vortici
si muovono e quindi su tali perdite: maggiore è , più lento sarà il loro moto e minori
saranno le dissipazioni.
Flux creep
Il flux creep è un fenomeno dissipativo legato ad un moto dei vortici, reso possibile
dall’attivazione termica, dovuto al fatto che i vortici possono disancorarsi dai centri di
pinning anche nella condizione in cui la forza di Lorentz, agente sui vortici per
effetto della corrente di trasporto, risulti inferiore alla forza di pinning. Quando al
18
superconduttore non è applicata alcuna corrente di trasporto, possiamo immaginare
che l’effetto del pinning sia quello di confinare i vortici all’interno di buche di
potenziale di profondità
e larghezza . In presenza di una corrente di densità ,
ortogonale al campo magnetico applicato, la forza di Lorentz, che favorisce il salto
dei flussoni attraverso la barriera di pinning, contribuirà con un energia
a
ridurne la profondità ad un valore efficace (figura 1.8) :
Figura 1.8: Rappresentazione schematica dei flussoni che saltano la barriera di pinning per raggiungere
un centro di ancoraggio adiacente.
La frequenza con cui i flussoni possono saltare attraverso la barriera di pinning è
regolata, nel modello teorico di Anderson e Kim[11], dalla statistica di Boltzmann e
data dalla relazione:
è una frequenza di salto flussonico caratteristica, compresa nell’intervallo
. La velocità con cui si muovono i flussoni è data da
al quale
è associato un campo elettrico;
dove
e quindi una resistività pari a:
L’altezza della barriera di potenziale nel quale sono confinati i vortici si riduce man
mano che la corrente di trasporto si approssima alla corrente critica, quindi il
19
fenomeno del flux creep risulta dominante quando
. In tali condizioni
e si può utilizzare l’approssimazione
per cui la (1.41) diventa:
In linea del tutto generale il valore efficace dell’energia di pinning può essere
espressa nella forma:
dove è una funzione che descrive di quanto viene depresso il potenziale di pinning
per effetto della corrente e una corrente di riferimento in corrispondenza della
quale il potenziale efficace assume valore nullo. A seconda del modello utilizzato
esistono diverse forme per questa funzione; quella originariamente adottata da
Anderson è del tipo:
Zeldov[12] ed altri ipotizzaro una deviazione dal comportamento lineare quando, per
possibili valori dell’energia di pinning, del volume dei bundle dei flussoni o delle
distanze di salto flussonico, il moto unidirezionale dei vortici, indotto dalla corrente
di trasporto, prevale rispetto al moto casuale dovuto all’agitazione termica; in tal caso
si può avere un andamento di tipo logaritmico della forma:
Con questa struttura del potenziale efficace di pinning, il campo elettrico
corrispondente al regime di flux creep è dato da:
)
Questo, attraverso una semplice manipolazione algebrica, può essere espresso nella
forma:
dove si è posto:
20
Questa legge a potenza viene osservata sperimentalmente, tuttavia l’esponente , che
a prima vista sembra essere correlato solamente all’energia di pinning, potrebbe
dipendere anche da imperfezioni macroscopiche del superconduttore; torneremo su
questo aspetto in relazione ai difetti macroscopici che si presentano nella fase di
fabbricazione dei fili superconduttori.
Flux Flow Termicamente Attivato (TAFF)
Il flux flow termicamente attivato presenta lo stesso meccanismo che sta alla base del
flux creep ed è riscontrabile in superconduttori, a temperature sufficientemente
elevate, che presentano una barriera di pinning estremamente bassa, come ci si aspetta
tenendo conto che il moto dei vortici risulta possibile anche per correnti di gran lunga
inferiori alla corrente critica. Questo effetto risulta poco evidente, invece, nei
materiali di reale interesse applicativo in quanto caratterizzati generalmente da un alto
valore dell’energia di pinning.
Si nota che il flux flow ed il flux creep sono fenomeni che riguardano tutti i
superconduttori sia a bassa che ad alta temperatura critica. Chiaramente il flux creep,
che dipende dall’attivazione termica, risulterà maggiormente evidente negli HTS in
quanto le temperature di lavoro sono maggiori rispetto a quelle coinvolte nei materiali
a bassa temperatura critica.
1.3 Irreversibilità magnetica nei
superconduttori
1.3.1 Stato critico
Il concetto di stato critico premette, in molti casi di interesse, di ben approssimare il
comportamento magnetico di un superconduttore. Sebbene esistano diversi modelli
che permettano di simulare tale stato, tutti sono basati su un’assunzione comune:
quando all’interno di un superconduttore vi è la presenza di una corrente questa può
assumere solo il valore
e il legame che intercorre tra il campo magnetico e la
densità di corrente è dato dall’equazione di Maxwell:
21
In generale la corrente critica risulta essere una funzione del campo magnetico e la
particolare dipendenza analitica dipende dal tipo di modello adottato; ad esempio nel
modello di Bean, che è il più semplice modello di stato critico, si assume
ovvero che la corrente critica è pari ad una costante indipendente dal campo
magnetico, mentre nel modello di Kim la dipendenza è del tipo
. Per
completezza in tabella 1.2, posta al termine di questa sezione, vengono richiamati i
modelli di stato critico più noti.
E’ doveroso sottolineare che tutti i modelli di stato critico non tengono conto della
differenza tra stato Meissner e stato misto; per tale motivo il campo esterno viene
schermato da correnti con una densità pari a quella critica ed il campo penetra dalla
superficie del campione tanto più, quanto maggiore è la sua intensità fino a che
l’intero campione viene a trovarsi nello stato critico.
Nel seguito caratterizzeremo lo stato critico di un superconduttore avente la semplice
geometria di una lunga sbarretta rettangolare, trascurando gli effetti di
demagnetizzazione, dapprima ricavando delle espressioni di natura completamente
generale che non dipendono dal particolare modello di stato critico utilizzato e
successivamente riferendoci al modello di Bean.
Figura 1.9: lastra superconduttiva sottoposta ad un campo diretto lungo l’asse z, di spessore 2a lungo le
direzioni y e z e di spessore trascurabile lungo la direzione x. Si noti l’andamento delle correnti di
schermo.
Dalla (1.49) segue che e risultano ortogonali in ogni punto dello spazio e facendo
riferimento alla situazione mostrata in figura 1.9, assumiamo che , in corrispondenza
di un campo applicato
lungo l’asse , il campo presente all’interno del
superconduttore
sia diretto lungo la stessa direzione e che la densità di
corrente
abbia solo la componente lungo l’asse trascurando la componente
. In tali condizioni l’equazione (1.49) diventa:
22
la quale indica che il campo e la corrente dipendono solo dalla coordinata . Il campo
magnetico internamente presente al superconduttore è pari al prodotto:
dove
rappresenta il numero di vortici per unità di area e
associato al singolo vortice. In tal modo la (1.50) diventa:
il flusso magnetico
Dalle equazioni (1.49 – 52) è evidente che il rotore del campo produce un gradiente
nella densità dei vortici nella direzione perpendicolare al flusso di corrente. I vortici
vengono mantenuti fermi nelle loro posizioni di equilibrio fin tanto che la densità
della forza di Lorentz
è bilanciata dalla densità di forza di pinning , per cui:
dove è stata utilizzata l’equazione (1.49). Nel caso in esame,
componente lungo la direzione ed il suo modulo vale:
presenta solo la
L’insieme delle equazioni (1.49 – 54) deve essere soddisfatto quando è diretto
lungo l’asse e lungo l’asse . Esistono diverse configurazioni di
e
che soddisfano a questo requisito. Il modello di Bean assume
,
mentre il modello a Pinning costante assume
. Per molti modelli la
relazione tra
e
nel caso della geometria considerata è della forma:
dove
è una funzione del campo magnetico e un fattore di proporzionalità
che può dipendere dalla temperatura ma non dal campo. Se si conosce l’andamento
della corrente
attraverso l’equazione differenziale (1.50) si può ottenere la
funzione
che descrive la dipendenza del campo magnetico interno al
superconduttore in funzione della coordinata . In definitiva sostituendo questo
risultato nella (1.54) si ottiene immediatamente anche il profilo della forza di pinning
.
23
Si nota, per evitare ambiguità che, nel presente paragrafo e nei successivi, il campo
esterno spesso risulterà definito in termini dell’induzione magnetica piuttosto che
in termini del campo magnetico ; ciò ha il vantaggio di poter lavorare con unità di
misura più convenienti ma la differenza tra
ed
non dovrebbe essere mai
dimenticata. Nel campione
subisce cambiamenti ad opera delle correnti di
magnetizzazione mentre
ne risulta indipendente e uguale al campo applicato
dall’esterno.
Tabella
1.2:
relazione
tra
e
per
diversi
modelli
di
stato
critico
1.3.2 Modello di Bean per una lastra superconduttrice
Come già anticipato il modello di Bean è il più semplice modello tra quelli che
permettono di descrivere lo stato critico. In esso si assume che ogni qualvolta risulta
presente una corrente nel superconduttore questa assume un valore costante pari alla
corrente critica, la quale risulta indipendente dal campo magnetico presente nel
materiale e che è collegata al profilo del campo attraverso l’equazione di Maxwell
(1.49).
Per quanto detto in precedenza, nel limite di bassi campi applicati, nel
superconduttore esisterà una regione
vicina al centro dello stesso, nel
quale non sono presenti né il campo, né le correnti. Sempre in riferimento alla figura
24
1.9, nel caso di un superconduttore a forma di lastra le condizioni al contorno da
imporre sono:
la prima indica che il campo interno al superconduttore in prossimità della superficie
è uguale al campo applicato , mentre la seconda, che il campo internamente e
lontano dalla superficie risulta nullo.
Ponendo nella (1.49) la condizione
si ha:
L’andamento della corrente (1.57) richiede che il campo
dipenda linearmente
dalla coordinata nella regione in cui è presente la corrente, quindi il campo presente
all’interno del materiale, consistentemente con le condizioni al contorno, assume la
forma:
notiamo che
e
sono correlati dalla relazione:
e attraverso l’equazione (1.54) si ottiene anche l’andamento della forza di pinning:
Gli andamenti (1.58 - 59) sono mostrati in figura 1.10 per un valore finito di
.
e per
Il caso di alti campi applicati può essere correlato al limite di bassi campi appena
descritto, attraverso un campo caratteristico
, proporzionale alla semilarghezza
della lastra superconduttrice , attraverso la relazione:
25
Il campo
ha la proprietà per cui quando
il campo e le correnti hanno
raggiunto il centro del superconduttore, ovvero l’intero sistema si trova nello stato
critico. Chiaramente per
ricadiamo nella situazione di bassi campi vista
precedentemente, mentre il limite di alti campi si ottiene per
. È facile
mostrare [6] che in tale limite il profilo del campo e delle correnti assume la forma:
Figura 1.10: andamento del campo
e delle correnti
del superconduttore ed in termini del rapporto
: a)
in funzione della posizione all’interno
, c)
.
L’intensità della densità di corrente critica è legata alle caratteristiche del materiale
di cui è composto il superconduttore studiato e dipende da diversi fattori quali: la
granularità, la concentrazione di difetti, ecc. La figura mostra come cambiano i profili
di campo, correnti e forza di pinning al variare del campo applicato e per diversi
valori del rapporto
nel modello di Bean.
Finora abbiamo tacitamente assunto che il campione sotto esame fosse sottoposto ad
un campo magnetico applicato
incrementato da un valore iniziale
(zero field – cooled) fino al valore . Ora cercheremo di capire da un punto di vista
qualitativo quello che accade quando il campo viene decrementato a partire da un
certo valore massimo. I primi tre pannelli della figura 1.11 mostrano le configurazioni
di campo e correnti per valori crescenti di campo da
a
, mentre i tre
26
pannelli successivi mostrano i corrispettivi profili per un decremento del campo da
fino a
. Nella fase di incremento del campo applicato, il campo interno
è maggiore alla superficie e si riduce linearmente fino a raggiungere il centro. Nella
fase di decremento quello che accade è che il campo in superficie risulta ridotto
rispetto a quello interno comportando la presenza di un flusso magnetico intrappolato
nel superconduttore. La particolare configurazione considerata è tale che si ha un
raggiungimento della massima quantità il flusso intrappolato quando il campo
applicato subisce un decremento nel range
e oltre il quale si mantiene
costante. Quando il campo va a zero e assume valori negativi nel materiale viene a
formarsi uno stato critico inverso rispetto a quello che viene a formarsi per valori
positivi del campo, ovvero nella fase di incremento dello stesso.
Figura 1.11: Andamento di campo e correnti all’interno di un superconduttore sottoposto ad un ciclo di
campo esterno: partendo dal valore
, il campo viene aumentato da
(a) fino a
(c), in
seguito viene decrementato fino a
(d) – (f) ed infine incrementato nuovamente (g).
Dalla figura 1.11 si nota chiaramente che per campi applicati oltre
, nel
superconduttore si realizza uno stato critico caratterizzato da un massimo di flusso
schermato e che diminuendo il campo di
o più si produce uno stato critico
caratterizzato da un massimo di flusso intrappolato. La figura 1.12 mostra questi due
casi e rappresenta il flusso schermato e intrappolato attraverso delle regioni marcate.
27
Figura 1.12: le regioni triangolari evidenziate in figura rappresentano il flusso schermato per campi
crescenti di intensità (a) ed il flusso intrappolato per campi la cui intensità viene ridotta (b).
L’area di tali regioni ha un valore
intrappolato per unità di lunghezza vale:
e ciò significa che il massimo flusso
Per quanto detto il flusso viene schermato quando il campo medio
all’interno del
superconduttore risulta più basso rispetto al campo applicato mentre un
intrappolamento del flusso si ha nella situazione opposta. Per
e
si ha:
Se il campo applicato è incrementato da zero fino a
e successivamente viene
riportato a zero, avremo una quantità di flusso intrappolato a seconda che
sia
minore a
, compreso tra
e
, o maggiore di
. Ciò porta ad un
comportamento isteretico di
in funzione del campo applicato, che viene
interamente mostrato in figura. I cinque punti speciali ivi presenti vengono riportato
in tabella.
La magnetizzazione
è collegata al campo magnetico dalla relazione:
Nel caso di un superconduttore a forma di lunga lastra, le condizioni al contorno
indicano che assume, sia internamente che esternamente al superconduttore, il
valore
. Solitamente, per magnetizzazione si intende il valor medio del
momento magnetico per unità di volume del sistema, ovvero
e tenendo
28
questo in mente l’equazione (1.65), riscritta in termini di quantità medie all’interno
del superconduttore, diventa:
in tal modo la magnetizzazione viene determinata dalla differenza che intercorre tra il
campo medio presente all’interno del superconduttore e il campo applicato.
1.3.3 Cicli di isteresi
Nel paragrafo precedente abbiamo visto che a causa dello stato critico la penetrazione
del flusso magnetico ha carattere non reversibile: le forze di ancoraggio danno luogo
a gradienti di flusso magnetico di natura macroscopica il cui risultato è un
comportamento isteretico della magnetizzazione del sistema. Un ciclo di isteresi è un
grafico della magnetizzazione
in funzione del campo magnetico applicato
il
quale, a partire dal valore
, viene portato prima ad un valore massimo
, poi ad un valore minimo
ed infine nuovamente a zero.
L’energia dissipata per unità di volume in un ciclo di campo è:
dove appare chiara l’analogia fra la magnetizzazione di un superconduttore e quella
dei materiali magnetici; in entrambi i casi, l’area racchiusa dal ciclo di isteresi, nel
piano
rappresenta il lavoro eseguito dal campo esterno. Le perdite prodotte da
un dato cambiamento del campo dipendono dalla “storia magnetica del campione”: le
correnti di magnetizzazione indotte dai primi cambiamenti del campo rimangono
“congelate” e modificano le variazioni del flusso magnetico interno al campione,
durante il primo ciclo. Un ciclo di campo è sempre sufficiente a cancellare questa
memoria e tutti i cicli successivi produrranno le medesime perdite. In un campione
vergine, in cui non sono presenti correnti di magnetizzazione, le perdite prodotte al
primo ciclo saranno differenti e di maggiore entità rispetto a quelle dei cicli
successivi. Indicando con
il valore massimo raggiunto dal campo, l’area racchiusa
dal ciclo di isteresi [6] per campioni di diversa geometria, può essere espressa nel
seguente modo:
dove
è una quantità nota con il nome di fattore di perdita, che risulta dipende
dal rapporto:
29
Nel limite di campi applicati,
approssimativamente il valore:
mentre nel limite opposto
, il fattore di perdita per una lastra rigida assume
assume il valore:
La figura che segue mostra l’andamento del fattore di perdita
in funzione di
per il caso della lastra, nelle due approssimazioni (1.70 – 71) e per una geometria
cilindrica, sia in campo parallelo che trasverso. In quest’ultimo caso le espressioni
che approssimano il valore del fattore di perdite, nei due limiti di alti e bassi campi,
sono:
Figura 1.13: Fattore di perdita
, per campioni di diversa forma, al variare del campo magnetico.
L’espressione (1.67) che permette di calcolare le perdite per isteresi considera
soltanto il campo esterno nel quale il superconduttore è immerso; in generale si deve
30
tener conto anche del campo generato dalle correnti che attraversano il campione. E’
utile sapere che ai fini del calcolo delle perdite si può utilizzare, oltre che un
approccio di tipo “magnetico” legato al calcolo della (1.67), anche un approccio di
tipo “elettrico” ottenuto mediante il calcolo del flusso del vettore di Poynting
attraverso una superficie che racchiude il campione; in tal caso le dissipazioni
prodotte in un ciclo di campo sono date da:
dove tale espressione è completamente equivalente a:
La (1.74) permette di calcolare la conversione di energia elettromagnetica in energia
meccanica o termica, la quale per confronto con la (1.73), risulta bilanciata da una
perdita di energia del campo elettromagnetico. Per dimostrare l’equivalenza tra le
espressioni (1.73 – 74 ) partiamo col considerare la legge di Ampere – Maxwell
moltiplicata scalarmente per il campo elettrico:
Sfruttando l’identità vettoriale:
ed utilizzando la legge di Faraday
la (1.75) diventa:
A questo punto integrando sul volume del campione la (1.76) e sfruttando il teorema
della divergenza si ha:
Il primo membro della (1.77) corrisponde al secondo membro della (1.74) per cui:
31
dove si è tenuto conto della (1.65) e che per mezzi omogenei
. Non
considerando gli ultimi due termini, che non contribuiscono al calcolo delle perdite,
l’ultima relazione si riconduce alla (1.74) come volevamo dimostrare. I termini
rimanenti nella (1.78) permettono di calcolare le cosiddette perdite per isteresi le
quali, per un materiale puramente magnetico sono caratterizzate solo dal termine
proporzionale a
, mentre per un superconduttore è necessario tener conto
anche del termine
.
Il fatto di avere due approcci completamente equivalenti al fine del calcolo
dell’energia dissipata è di notevole importanza, sia per ricavare delle espressioni
analitiche che numeriche: in alcuni casi può essere più semplice utilizzare una
relazione piuttosto che l’altra, soprattutto per quanto riguarda le simulazioni
numeriche, in cui per esempio una quantità può essere mal definita e una delle due
espressioni può essere inutilizzabile.
1.3.4 Relazione magnetizzazione – corrente nel modello di Bean
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che per alti campi applicati, che soddisfano la
relazione
, il valor medio del campo interno assume valori compresi tra
e
. Di conseguenza la magnetizzazione definita dalla relazione
(1.66) varierà all’interno del range
.
Facendo riferimento alla figura 1.14c notiamo che, nel limite di alti campi, la
magnetizzazione tende a saturare rispettivamente ai valori:
da cui tenendo conto della relazione (1.61) che definisce il campo
32
si ottiene:
Questa formula permette di collegare la differenza dei valori di saturazione assunti
dalla magnetizzazione e la corrente critica per un superconduttore a forma di lastra.
Questa formula, nota come formula di Bean, generalizzata al caso di una geometria
qualsiasi può essere scritta nella forma:
rappresenta una lunghezza caratteristica dipendente dalla geometria del campione
esaminato; per un cilindro di raggio si ha
Figura
1.14:
ciclo
(a) ,
di
magnetizzazione
con
(b),
campo
variato
(c)
nell’intervallo
Prima di concludere il paragrafo è importante notare che la formula (1.81), ricavata
nell’ambito del modello di stato critico di Bean, dipende da due approssimazioni
importanti. Per prima cosa tale formula è ottenuta assumendo che
risulti
indipendente dal campo magnetico presente nel materiale. Come accade nella
maggior parte dei superconduttori tale dipendenza risulta presente e la funzione
ottenuta attraverso misure di magnetizzazione, piuttosto che descrivere la
dipendenza dal campo interno, rappresenta l’andamento della corrente critica in
funzione del campo applicato. Le due funzioni risultano approssimativamente uguali
solo se il campo magnetico presente internamente al materiale soddisfa opportune
condizioni di omogeneità. La seconda importante approssimazione sta nel fatto che il
metodo, che permette di estrarre informazioni circa la densità di corrente critica
dalla misura della differenza di magnetizzazione
della regione di alti campi del
33
ciclo di isteresi, è teoricamente giustificato solo per campioni infinitamente lunghi e
dunque risulta non corretta nel caso realistico di superconduttori di dimensioni finite.
1.3.5 Fattore di demagnetizzazione
A questo punto vale la pena discutere brevemente gli effetti giocati dalla forma dei
campioni superconduttivi in relazione all’espulsione totale o parziale dal campo
magnetico. La curva di magnetizzazione, già mostrata in figura 1.2, prevista per un
superconduttore nello stato Meissner, al cui interno si ha un induzione magnetica
, si riferisce qualitativamente ad un lungo campione di forma cilindrica
disposto con l’asse parallelamente al campo magnetico applicato .
In altre geometrie, il campo esterno può non essere omogeneo attorno al campione e
può penetrare anche per valori inferiori al campo critico. Per un ellissoide di
rivoluzione con l’asse parallelo ad
[13], il campo presente internamente al
campione , è uniforme e parallelo al campo applicato; il suo valore è dato dalla
relazione:
dove
è la magnetizzazione del sistema e è una costante nota come fattore di
demagnetizzazione del corpo, che dipende dalla geometria del campione. Per un
campione di forma sferica
, per un campione dalla forma di un lungo
cilindro con l’asse perpendicolare al campo magnetico applicato
, mentre se
l’asse è parallelo ad si ha
.
Per un superconduttore che presenta stato Meissner completo deve essere
chiaramente:
per cui dalla (1.83) segue:
di conseguenza intensità del campo magnetico interno al campione vale:
In prossimità della superficie del superconduttore le linee di forza del campo
magnetico risultano distorte per effetto della magnetizzazione tuttavia, essendo la
34
componente tangenziale del campo magnetico alla superficie continua, campo interno
e campo esterno risultano paralleli all’equatore. Di conseguenza l’intensità del campo
all’equatore appena fuori alla superficie è uguale all’intensità del campo
ovvero
. Nel caso di una sfera, l’intensità del campo magnetico esterno all’equatore è
uguale a
; per una lunga bacchetta cilindrica posta in campo magnetico trasversale
il campo vale
E’ evidente che, a causa degli effetti di demagnetizzazione, il
campo magnetico applicato risulta amplificato in prossimità della superficie del
campione. Ciò permette anche di dare una spiegazione fenomenologica circa la
formazione dello stato intermedio in cui possono venire a trovarsi i superconduttori di
tipo I. Anche nella situazione per cui il campo
applicato risulta di intensità
inferiore rispetto al campo critico , l’amplificazione del campo alla superficie del
campione può comportare che alcune regioni del superconduttore possano essere
sottoposte ad un campo di intensità superiore al campo critico . Lo stato risultante
che viene a formarsi, caratterizzato dal fatto che alcune regioni del campione si
trovano allo stato normale mentre altre si trovano nello stato superconduttivo, è
proprio lo stato intermedio.
1.3.6 Dissipazioni in un filo superconduttore
Come accade in diverse applicazioni pratiche che riguardano gli avvolgimenti
magnetici per acceleratori di particelle, il campo magnetico statico o pulsato può
essere diretto ortogonalmente ad un conduttore di forma cilindrica. In tale
configurazione, il problema di determinare i profili del campo e delle correnti risulta
di difficile risoluzione in quanto, a differenza di quanto accade per una lastra o per un
cilindro posto campo parallelo[14], questi non sono delle semplici funzioni
unidimensionali. Siccome la geometria è complicata per calcolare le perdite risulta
conveniente utilizzare l’equazione (1.67) piuttosto che la (1.73) per la quale è
necessario il calcolo del campo elettrico in ogni punto del cilindro. Per piccoli valori
di oscillazione del campo, le correnti di schermo indotte si disporranno a ridosso della
superficie del campione secondo una distribuzione approssimativamente ellissoidale,
la cui eccentricità varia per adattarsi a variazioni del campo imposto; a tali correnti è
associato un campo interno[14]:
35
dove rappresenta il diametro del filo, mentre descrive la distanza tra il centro
della sezione circolare dello stesso e il contorno ellittico definito dalle correnti. Detto
il rapporto tra l’asse minore e quello maggiore dell’ellisse, assume la forma:
così la (1.87) diventa:
Un’integrazione simile alla precedente permette di ottenere anche il valore della
del sistema:
La distribuzione delle correnti nel filo è tale da generare oltre che un campo interno,
anche un campo esterno al campione, ed il risultato di ciò è un aumento del valore del
campo in prossimità della superficie del filo.
Quando il campo applicato viene ridotto di intensità le correnti di schermo più esterne
scorrono nella direzione opposta rispetto a quella seguita dalle correnti già esistenti.
Ai fini del calcolo possiamo interpretare questa situazione in termini di uno strato di
corrente inversa
, sovrapposto alle correnti di schermo originali. Così come la
distribuzione di queste ultime era caratterizzata dalla grandezza , tale strato può
essere caratterizzato da una corrispondente quantità, che indichiamo con , ed il cui
spessore può essere determinato richiedendo che esso sia tale da schermare
completamente il centro del superconduttore da una certa variazione
del campo
esterno, ovvero:
In tal modo la magnetizzazione risultante sarà:
dove
rappresenta il valore massimo della magnetizzazione che tiene conto di
correnti di schermo tutte fluenti nella stessa direzione.
36
Figura 1.15: Profilo delle correnti di schermo e del campo magnetico in un superconduttore cilindrico
sottoposto ad un campo trasverso variabile (a), il campo viene ridotto (b) e dopo aver raggiunto il
valore minimo (c) viene incrementato nuovamente[14].
La condizione di completa penetrazione si realizza quando l’oscillazione del campo è
tale da raggiunge il centro del campione; con riferimento all’equazione (1.89) la sua
espressione è data da
in cui
:
In corrispondenza di tale campo, la magnetizzazione di completa penetrazione
assumerà il valore:
Come già visto nei paragrafi precedenti, conviene normalizzare i campi rispetto al
campo di completa penetrazione definendo la quantità (vedi equazione 1.69):
dove
rappresenta l’ampiezza picco – picco del campo oscillante applicato al filo.
A questo punto [14] attraverso semplici considerazioni di natura geometrica e
sfruttando la (1.92), l’energia dissipata per unità di volume può essere espressa nella
forma:
37
differenziando la (1.91):
risulta possibile utilizzare al posto del campo
l’integrazione:
, la variabile
per eseguire
dove è emerso naturalmente il fattore di perdita
già introdotto precedentemente.
L’ultima relazione vale nella condizione
.
rappresenta il valore
che assume la grandezza in corrispondenza della magnetizzazione
, la
quale può essere collegata al coefficiente
grazie all’ausilio delle equazioni
(1.89 – 93 – 95):
In condizioni di piena penetrazione si ha
e
e dalla (1.98) si trova
. Nella condizione
si può dimostrare che le perdite del
sistema possono essere espressa nella forma:
dalla quale sostituendo i valori di
e
si trova:
Dalla figura 1.13 si nota che le perdite per un cilindro in campo trasverso risultano
maggiori rispetto a quelle subite da cilindro in campo parallelo. La principale ragione
di ciò risiede nel fatto che, in campo parallelo, le correnti di schermo producono solo
una componente di campo interna al campione, mentre come già anticipato, in campo
trasverso le componenti del campo di schermo sono presenti sia internamente che
esternamente. Quest’ultima componente si sovrappone al campo applicato, ciò dà
luogo ad un incremento del campo effettivo
e quindi alle perdite. Nelle
applicazioni pratiche solitamente si ha a che fare con gruppi di conduttori cilindrici
sottoposti a campo magnetico, come ad esempio nel caso dei fili superconduttori
multifilamentari, e quindi in fase di progettazione questo discorso delle perdite
38
dovuto ai campi esternamente generati dai singoli conduttori cilindrici, deve essere
tenuto in considerazione. Notiamo inoltre che in molti casi di interesse pratico, il
coefficiente è sufficientemente grande, da poter approssimare la (1.101) nella
forma:
Poiché le applicazioni richiedono fili e cavi capaci di trasportare la maggiore densità
di corrente critica possibile, l’ultima relazione suggerisce che per contenere le perdite
è necessaria la realizzazione di filamenti sempre più sottili. Questo è un risultato
centrale in relazione ai requisiti che devono essere soddisfatti da fili superconduttori
operanti in regime di campo variabile. Come vedremo per filamenti sottili si intende
sistemi il cui diametro è dell’ordine di pochi micrometri e ciò pone un serio problema
di natura tecnologica alla realizzazione dei fili e dei cavi. Per completezza notiamo
che in un magnete il conduttore non è sottoposto solo ad un campo variabile ma porta
anche una corrente di trasporto variabile . È stato dimostrato che le perdite in queste
condizioni risultano incrementate di un fattore
, dove
rappresenta il
rapporto tra la corrente di trasporto e la corrente critica [14].
39
CAPITOLO II
Struttura e dissipazioni di
compositi multifilamentari
2.1 Introduzione
Una delle più rilevanti applicazioni di potenza riguardanti i superconduttori, è relativa
alla realizzazione di grandi magneti capaci di trasportare ingenti correnti di lavoro.
Gli elementi costruttivi di base di un magnete sono dei cavi che generalmente si
ottengono attraverso l’assemblaggio di fili superconduttori che, a loro volta, si
presentano come dei compositi multifilamentari in cui dei filamenti molto sottili di
materiale superconduttore, risultano immersi in una matrice di materiale normale.
Come vedremo meglio nel seguito, sebbene la presenza della matrice sia essenziale
nella realizzazione del filo in quanto svolge allo stesso tempo un ruolo metallurgico,
stabilizzante e di protezione, essa permette l’instaurarsi di indesiderate correnti di
accoppiamento tra i filamenti quando il filo è sottoposto ad un campo magnetico
variabile.
Rispetto alla scoperta della superconduttività, la realizzazione di fili superconduttori
con caratteristiche elettriche sufficientemente interessanti ha dovuto attendere
progressi significativi nella comprensione della superconduttività stessa, con
particolare riferimento alla scoperta dei materiali superconduttori di tipo II, i quali si
candidavano ad essere realmente compatibili con un processo di lavorazione in lunghi
fili superconduttori.
Il primo vero risultato positivo in tal senso si determinò a partire dalla metà degli anni
’50 con la scoperta della superconduttività in composti binari a base di Niobio. Tra
queste leghe, si annoverano principalmente il Nb3Sn, il Nb3Ge ed il NbTi, le quali
presentando temperature critiche sufficientemente superiori a quella dell’elio liquido,
si prestavano ad essere impiegate nella realizzazione di dispositivi superconduttori
immersi in un tale bagno criogenico.
Nonostante le proprietà sulla carta nettamente superiori del Nb 3Sn (vedi figura 2.1)
rispetto alle altre leghe note all’epoca, ci si rese ben presto conto che fattori
apparentemente secondari come la duttilità, la stabilità e la lavorabilità, acquisiscono
un’importanza quasi superiore alle caratteristiche superconduttive intrinseche al
40
materiale stesso. Inoltre, si dovette osservare come, nella maggior parte dei casi, il
processo produttivo di un superconduttore in forma di filo potesse svolgere un ruolo
più che attivo nella definizione delle caratteristiche del materiale stesso, attraverso
parametri quali la connettività e la creazione di centri di pinning addizionali.
Figura 2.1: Diagramma di fase per la lega NbTi e per i composti Nb3Sn e Nb3Ge.
In relazione a ciò, la prima vera svolta applicativa della superconduttività in
applicazioni elettrotecniche avvenne, di fatto, con la scoperta della superconduttività
del NbTi il quale, ad oggi, è l’unico composto superconduttivo realmente duttile e
lavorabile, attraverso processi termomeccanici, in un filo con assoluta continuità
strutturale. Non solo, la sapiente combinazione di trattamenti termici alternati a
processi di deformazione meccanica, si è rivelata in grado di incrementare
significativamente il campo critico dei fili, sino a portarlo a valori prossimi ai 10T. La
duttilità del materiale si è rivelata, inoltre, una caratteristica vincente per molti anni in
favore della lega NbTi, consentendo infatti la realizzazione di fili superconduttori con
struttura multifilamentare, rivelatasi assolutamente necessaria per ovviare a cronici
problemi di instabilità dei primi conduttori a filamento singolo, che furono
inizialmente realizzati senza grande successo a partire dal composto Nb3Sn.
41
2.2 Criterio di stabilità adiabatica
L’instabilità a cui si fa riferimento nel paragrafo precedente riguarda, principalmente,
un fenomeno che nella realizzazione di un filo superconduttore va assolutamente
evitato: il flux jumping. Questo fenomeno consiste in moto collettivo, ma non
continuo, dei vortici che “saltano” rapidamente verso una localizzazione diversa da
quella iniziale. Tale moto dei vortici è dovuto alle variazioni in temperatura che
subisce la densità di corrente critica e rappresenta un tipo di instabilità
termica-elettromagnetica che riguarda tutti i superconduttori che possono operare ad
alto campo. Per questi superconduttori lo stato critico può diventare instabile per
effetto delle correlazioni tra due proprietà ad essi connesse: la diminuzione della
densità di corrente critica con l’aumento della temperatura e la generazione di calore
dovuta al moto dei vortici.
Quantitativamente e qualitativamente possiamo capire cosa accade immaginando di
fornire ad un superconduttore termicamente isolato, e che si trova ad una certa
temperatura iniziale , una piccola quantità di calore
. Corrispondentemente
avremo un aumento della temperatura
con una conseguente diminuzione della
densità di corrente critica. Questo indurrà un decadimento delle correnti di schermo,
permettendo al campo magnetico di penetrare il superconduttore ad una maggiore
profondità. Il moto dei vortici risultante genererà calore, comportando un ulteriore
aumento della temperatura. Il processo, schematizzabile attraverso un ciclo del tipo:
tende ad amplificare il disturbo che l’ha generato, il quale può essere abbastanza
intenso da causare un processo a valanga in cui si ha generazione di calore e moto dei
vortici che induce il sistema nel complesso a transire allo stato normale.
Figura 2.1: Variazione del campo interno ad una lastra superconduttiva per effetto del decadimento
delle correnti di schermo indotte da un aumento della temperatura.
42
In figura 2.1 è mostrata la variazione subita dal profilo di campo, per effetto del
decadimento delle correnti di schermo, nel caso di un superconduttore a forma di
lastra. Durante questo decadimento, una caduta di tensione di natura resistiva sarà
indotta all’interno della lastra per effetto delle variazioni del flusso magnetico. Con
riferimento alla figura 2.1 immaginiamo che un sottile strato di spessore
della
lastra superconduttiva, racchiuda una variazione di flusso
. Inoltre, se la
variazione
subita dalla densità di corrente è piccola possiamo assumere al primo
ordine che la corrente
fluente attraverso lo spessore
sia costante e di
conseguenza pari
(per semplicità si è assunto pari ad uno il valore delle
dimensioni della lastra lungo le direzioni e ).
Il calore totale
generato nel sottile layer superconduttivo può essere trovato
attraverso l’integrazione della potenza resistiva sul tempo di decadimento:
La variazione del flusso
, presente nell’equazione (2.1), può essere calcolata
considerando la variazione subita dal campo nella regione di spazio compresa tra il
piano definito al punto dal sottile strato superconduttivo ed il piano in
lungo
cui, per simmetria, il campo elettrico deve assumere valore nullo.
In tal modo il calore generato per unità di volume, mediato sull’intera lastra è:
Dove la variazione
può essere espressa nella forma seguente[14]:
se si assume che decada linearmente in funzione della temperatura . A questo
punto imponendo la condizione di bilanciamento termico per l’intera lastra, si ha:
dove
e rappresentano, rispettivamente, la densità ed il calore specifico del
materiale di cui è composto il superconduttore. Il calore specifico effettivo
,
legato al calore
fornito al superconduttore dall’esterno, attraverso la (2.5) può
essere espresso nella forma:
43
L’energia immagazzinata dalle correnti di schermo, rappresentata dall’ultimo termine
dell’equazione (2.6), porta ad una riduzione del calore specifico effettivo. Se
quest’ultimo termine eguaglia il prodotto , il calore specifico effettivo va a zero e
si presenta una situazione limite per cui anche il più piccolo disturbo di natura termica
causerà un aumento della temperatura senza limiti che causerà la transizione del
sistema allo stato normale. Dall’equazione (2.6), si può notare che tale circostanza
può essere evitata se risulta soddisfatta la condizione:
dove la quantità viene definita parametro di stabilità. La condizione (2.7) è
conosciuta col nome di criterio di stabilità adiabatica in quanto ricavata nell’ipotesi
che il sistema sia termicamente isolato. Da un punto di vista pratico i modi migliori
per rispettare la (2.7), e quindi per evitare la comparsa del fenomeno del flux
jumping, consistono nel ridurre il moto dei vortici causato dalle variazioni
(stabilità adiabatica) o nel diminuire la generazione di calore (stabilità dinamica). In
entrambi i casi ciò può essere fatto ricorrendo ad una suddivisione fine del
superconduttore e questo giustifica la realizzazione di fili superconduttori
multifilamentari.
2.3 Correnti di accoppiamento in
compositi multifilamentari
Alla luce di quanto detto sia nel primo capitolo, in relazione alla riduzione delle
perdite isteretiche, che nel paragrafo precedente, in merito alla stabilità contro i
disturbi, un filo superconduttore per applicazioni pratiche non può essere realizzato
sotto forma di singolo filamento; in questo caso le ingenti perdite isteretiche, dovute
alla grandezza del diametro del filo, produrrebbero fenomeni di instabilità termica nel
superconduttore tali da indurre, anche a bassi campi, il fenomeno del flux jump.
Per ragioni pratiche i filamenti superconduttori sono immersi in una matrice di
materiale normale, tipicamente rame e spesso alluminio. Solitamente viene scelto il
rame per la sua estrema duttilità che, in fase di fabbricazione, ha un ruolo centrale nel
processo di trafilatura del superconduttore, per la sua alta conduttività termica e per la
44
sua alta conduttività elettrica, proprietà che promuove stabilità dinamica contro il
fenomeno del flux jumping. Inoltre la matrice dà sostegno all’intero composito e
assicura protezione in caso di quench. Il quench consiste in una transizione brusca del
superconduttore allo stato normale che produce pertanto un surriscaldamento dovuto
alla resistenza normale del superconduttore, di solito elevata. La presenza del rame,
fornendo un percorso alternativo alla corrente a minore resistenza, evita così ai
filamenti di raggiungere temperature troppo elevate.
Se da un lato la presenza della matrice di materiale normale risulta necessaria a fini
costruttivi, dall’altro può condurre a problemi di perdite dovute all’instaurarsi di un
accoppiamento tra i filamenti attraverso delle correnti di Foucault, indotte nel
composito quando esso è sottoposto ad un campo variabile. Quello che accade è
mostrato qualitativamente in figura 2.3; in particolare la figura 2.3(a) mostra un
composito posto in campo trasverso in cui i filamenti non sono accoppiati. Ogni
filamento viene percorso in superficie dalla propria corrente di schermo e non
essendo presente alcuna corrente attraverso la matrice, il campo magnetico presente
tra i filamenti è identico al campo esterno. La figura 2.3(b) mostra la situazione
opposta in cui si ha accoppiamento tra i filamenti e le correnti di schermo fluiscono
anche attraverso la matrice. Osservando il profilo del campo all’interno del composito
si nota che gli effetti di schermaggio prodotti da quest’ultima configurazione delle
correnti sono maggiori rispetto alla situazione in cui i filamenti risultano
disaccoppiati. Di conseguenza, le variazioni del flusso magnetico indotte dalla
distribuzione delle correnti di accoppiamento saranno predominati e daranno luogo ad
una caduta di tensione attraverso la matrice; questa essendo composta da materiale
resistivo sarà dunque interessata da un flusso di corrente in direzione trasversale e,
quindi, da perdite di natura ohmica.
Figura 2.3: Sistema composito sottoposto a campo magnetico trasverso: (a) i filamenti non sono
accoppiati per effetto del campo esterno, (b) filamenti completamente accoppiati. In basso è riportato il
profilo del campo all’interno del composito.
45
Fortunatamente risulta possibile ridurre l’accoppiamento tra i filamenti operando sul
filo un’operazione di torsione detta twisting. Per capire il perché di ciò consideriamo,
come mostrato in figura 2.4, due filamenti paralleli immersi in una matrice di rame e
sottoposti ad un campo magnetico variabile diretto ortogonalmente al piano formato
dalla coppia di filamenti. Il campo magnetico variabile, per la legge di Lenz, indurrà
una caduta di tensione attraverso un qualsiasi percorso chiuso, la quale risulterà
proporzionale alla variazione temporale del flusso magnetico concatenato con il
percorso stesso. Scegliendo un percorso come quello mostrato in figura e assumendo
che i filamenti abbiano resistenza nulla (ciò risulta approssimativamente vero fin
tanto che la corrente che attraversa i filamenti è inferiore alla corrente critica) segue
banalmente che tutta la caduta di tensione si presenta attraverso la matrice in
direzione trasversale ai filamenti. Tali tensioni indotte possono essere ridotte
attraverso l’operazione di twisting, poiché viene ridotta la quantità di flusso trasverso
che la coppia di filamenti può racchiudere. Dunque seguendo la linea classica per la
riduzione dell’accoppiamento di una coppia di fili si può schematizzare un composito
come una collezione di coppie di filamenti accoppiati tra loro attraverso la matrice.
Figura 2.4: Coppia di filamenti superconduttori immersi in una matrice di rame, in campo magnetico
trasverso variabile. La tensione ottenuta integrando il campo elettrico lungo il cammino chiuso
tratteggiato è attraverso la matrice e proporzionale ad l [15].
Lo studio quantitativo della distribuzione delle correnti e delle corrispondenti perdite
AC nei compositi twistati è basato su due approcci principali, la cui equivalenza è
stata successivamente dimostrata da vari autori ([16]–[17]). Il primo, originariamente
proposto da Wilson [18] e Morgan [19] nel 1970, prende esplicitamente conto della
natura discreta dei filamenti superconduttori immersi in una matrice di rame e
schematizza l’intero composito in termini di un complesso circuito equivalente; il
secondo sviluppato da Carr [15]–[20] a partire dal 1974, tratta il problema in termini
di una teoria di campo, in cui le equazioni di Maxwell vengono risolte assumendo che
la struttura filamentare sia approssimabile ad un sistema continuo, omogeneo ma
anisotropo. La forte anisotropia nasce dal fatto che le proprietà del composito lungo la
46
direzione dei filamenti sono notevolmente differenti rispetto a quelle lungo la
direzione trasversale.
Consideriamo, come mostrato in figura 2.5, un composito multifilamentare twistato,
esposto ad un campo magnetico
uniforme, trasverso e variabile nel tempo.
Assumendo che il campo all’interno del conduttore sia uniforme (questa assunzione
sarà giustificata nel seguito) la variazione del flusso magnetico concatenato al
percorso chiuso 1 – 2 – 3 – 4 può essere calcolato come [21]:
dove è il passo di twist del filo, la coordinata lungo l’asse del composito e
campo magnetico presente al suo interno.
il
Figura 2.5: Composito filamentare twistato sottoposto ad un campo variabile . I numeri da 1 a 4
identificano il percorso chiuso utilizzato per calcolare la distribuzione delle correnti attraverso la
matrice.
Si noti che per ragioni di simmetria il campo elettrico, internamente al composito,
risulta uniforme e diretto lungo la direzione (ortogonale all’asse del cilindro e
coincidente con la direzione del campo magnetico esterno) e che la corrispondente
densità di corrente, anch’essa uniforme, assume il valore:
dove
rappresenta la resistività esibita dal composito multifilamentare nella
direzione trasversa percorsa dalla corrente. In relazione alle correnti che attraversano
la regione filamentare, Carr [15] ha calcolato la resistività trasversa ed ha mostrato
47
che essa varia all’interno di due casi limite, dipendenti dal tipo di resistenza di
contatto che intercorre tra i filamenti e la matrice. Se non c’è resistenza di contatto
(buon contatto) , il superconduttore cortocircuita la matrice e la resistività trasversa si
riduce a:
dove
rappresenta la resistività del materiale che compone la matrice e la
frazione di superconduttore presente nella sezione del filo. Non di rado capita di
trovarsi nella situazione opposta in cui la resistenza di contatto tra matrice e filamenti
assume valori relativamente alti. Ciò in larga parte è dovuto, in seguito ai trattamenti
termici che il filo subisce in fase di fabbricazione, a processi di diffusione risultanti
nella formazione di leghe intermetalliche, che si presentano tra filamenti e matrice. In
questo caso la resistività trasversa assume il valore:
Immancabilmente i compositi multifilamentari presentano un layer esterno di rame
che circonda l’intera zona filamentare ed un calcolo complessivo delle correnti di
accoppiamento deve tener conto anche delle correnti che fluiscono attraverso di esso.
Se lo spessore
di questo layer è molto più piccolo del raggio della regione
filamentare, (come accade solitamente) si può assumere che queste correnti
siano uniformemente distribuite su di esso; di conseguenza si può scrivere
[14]:
Da cui:
I filamenti che sono percorsi in superficie dalle correnti di schermo, perderanno
corrente poiché una parte di questa può fluire attraverso la matrice in direzione
trasversa, mentre un’altra parte, può scorrere attraverso l’anello di rame esterno.
Trascurando la struttura dettagliata della regione filmentare si può assegnare ai
filamenti una densità di corrente lineare
che può essere ottenuta proprio
imponendo tale condizione di bilanciamento. La componente di questa densità di
corrente può essere espressa nella forma[14]:
48
Figura 2.6: Sezione di un composito multifilamentare twistato dove sono mostrate le correnti che
fluiscono in direzione trasversa attraverso la regione filamentare e quelle che percorrono lo strato
esterno di rame.
Infine è necessario includere anche le normali eddy current indotte sul bordo de
filamenti:
Se
si può assumere che queste correnti fluiscano tutte ad un distanza radiale
dell’asse del composito pari ad e quindi sommando i contributi (2.14) e (2.15) la
corrente di schermo complessiva diventa:
dove
rappresenta la resistività traversa effettiva della matrice definita dalla
relazione:
Ammesso che il campo esterno sia uniforme, una distribuzione cosinusoidale delle
correnti di schermo, come quella rappresentata dall’equazione (2.16), produce un
campo magnetico interno uniforme[14] che può essere espresso nella forma:
che tenendo conto della (2.7) diventa:
dove si è posto:
49
L’equazione (2.19) può essere risolta esplicitamente e permette di ricavare
l’andamento del campo interno per differenti andamenti di quello esterno; inoltre
permette di interpretare la quantità in termini di una costante di tempo naturale del
sistema. indica il tempo che le correnti di accoppiamento impiegano a decadere una
volta che il campo esterno smette di variare. Si può dimostrare che a tali correnti
risulta associata una magnetizzazione:
Chiaramente la potenza totale dissipata da tutte le correnti presenti nel composito può
essere ricavata integrando il prodotto
sui cammini percorsi dai tre flussi di
corrente , , , dove questa può essere vista come uno speciale tipo di potenza da
eddy current, la cui intensità è amplificata da un’ulteriore concatenazione di flusso fra
i filamenti superconduttori. Attraverso una serie di manipolazioni si perviene alla
seguente espressione per la potenza dissipata per unità di volume:
A questo punto l’equazione (2.22) permette di calcolare le perdite dovute alle correnti
di accoppiamento in compositi multifilamentari twistati una volta noto l’andamento
temporale del campo interno il quale, come già anticipato, può essere ottenuto dalla
(2.19) per differenti tipologie di campo esterno.
Nel caso di un campo esterno che viene rampato con un rate stazionario, in cui il
tempo che esso impiega a raggiungere un certo valore di picco
è grande
confrontato con la costante di tempo , possiamo assumere che
. Inoltre se in
un ciclo di campo, questo viene portato al valore
con lo stesso rate della rampa
di salita, dalla (2.22) segue che le perdite per unità di volume per ciclo risultano:
Nel caso di un campo oscillante della forma
campo interno:
al quale risultano associate delle perdite per ciclo:
50
, la (2.19) conduce ad un
Si nota che le equazioni finora ottenute si riferiscono a fili di sezione circolare posti
in campo trasverso e che per altri tipi di sezioni il fattore 2, presente nella (2.20) e
nella (2.25),va sostituito con un fattore di forma :
In generale tale sostituzione viene effettuata, non solo per tener conto della possibilità
che il fattore vari al variare della geometria dei fili in esame, ma soprattutto perché si
vuole evidenziare un problema sostanziale legato alla difficoltà oggettiva di
identificare un corretto fattore di forma che tenga conto ad esempio dei complicati
effetti di demagnetizzazione indotti dalla struttura assai complessa di un composito
multifilamentare.
Terminiamo il paragrafo notando che sebbene la torsione dei fili risulti efficace nella
riduzione degli accoppiamenti tra i filamenti indotti dall’azione del campo esterno, lo
stesso non si può dire in relazione all’auto – campo, che si presenta quando nel
sistema scorre anche una corrente di trasporto, il quale è caratterizzato da linee di
forza che assumono la forma di cerchi concentrici all’asse di ogni filamento. In questa
situazione si ha comunque un accoppiamento tra i filamenti in quanto il twisting non
riduce la concatenazione del flusso tra i filamenti interni e quelli esterni. Per un filo in
cui la corrente viene ripetutamente rampata nella stesa direzione, la perdita per ciclo,
associata ad un campo di ampiezza massima , vale[14]:
dove la (2.27) deriva dal modello di stato critico di Bean. Se la corrente viene
rampata alternativamente, ovvero assume valori positivi e negativi, le perdite da auto
– campo assumono un valore che è circa due volte più grande rispetto a quelle
indicate dalla (2.27).
Il fatto di non poter ridurre le perdite da auto – campo attraverso la torsione pone un
limite superiore al numero di filamenti che possono essere vantaggiosamente
utilizzati all’interno di un singolo filo superconduttore. Fortunatamente tale limite
non è molto restrittivo: per esempio[23], considerando filamenti da
di diametro,
le perdite da auto – campo, mediate su un tipico avvolgimento di un magnete, si
attestano intorno al
rispetto alle perdite del filamento calcolate attraverso la
51
(1.102), quando il filo nel complesso raggiunge un diametro dell’ordine del
e
contiene circa
filamenti. Considerazioni pratiche che saranno più chiare nel
seguito limitano solitamente il numero di filamenti presenti in un filo a valori molto
più piccoli a questo.
2.4 Struttura dei fili superconduttori
Dall’analisi condotta finora emerge che la struttura di un filo superconduttore per
applicazioni AC è determinato in larga parte da considerazioni di carattere
elettromagnetico. Infatti si è visto come la minimizzazione delle dissipazioni richieda
la realizzazione di sistemi compositi caratterizzati da filamenti quanto più sottili
possibile, da piccoli passi di twist e dall’utilizzo di matrici caratterizzate da buoni
valori della resistività trasversa. Ovviamente non si può prescindere da altre
considerazioni di tipo pratico legate ai limiti intrinseci che possono derivare dalla
meccanica di fabbricazione o legate al tipo di materiale da utilizzare. Come già
anticipato, sebbene siano passati oltre 40 anni dalla sua introduzione commerciale, la
lega NbTi è ancora il solo superconduttore ad essere utilizzato su larga scala nei
sistemi magnetici dove il campo deve subire rapide variazioni nel tempo. Dunque nel
seguito in relazione alle tecniche di fabbricazione e alle caratteristiche dei fili
superconduttori focalizzeremo l’attenzione su compositi realizzati attraverso questa
particolare lega superconduttiva.
2.4.1 Tecniche di fabbricazione
La produzione di un composito multifilamentare viene effettuata assemblando un
fascio, in gergo denominato stacking, di bacchette esagonali in NbTi ricoperte di
rame, all’interno di un contenitore denominato billetta il cui diametro è dell’ordine di
poche decine di centimetri. La struttura così assemblata, come schematizzato in figura
2.7, subisce tutta una serie di processi metallurgici come estrusioni, trafilature e
trattamenti termici, il cui scopo è quello di ottenere un filo il cui diametro è
dell’ordine del millimetro, contenente, a seconda delle correnti che si vogliono
ottenere, da poche decine fino a svariate migliaia di filamenti.
A partire da parametri quali il numero di bacchette inserite nella billetta ed il
fattore di riempimento , che indica la quantità di materiale superconduttore presente
52
rispetto al restante materiale normale, per un diametro finale del filo
dei filamenti presenti nel composito è dato dalla relazione:
, il diametro
Quindi se consideriamo un filo tipico avente diametro pari a
e fattore di
riempimento 0.4 il diametro risultante di ogni filamento in esso presente è pari a
.
Figura 2.7: bacchette esagonali in NbTi e ricoperte di rame che vengono assemblate e caricate nella
billetta ad inizio lavorazione.
In relazione al fattore di riempimento si nota che durante il processo di stacking,
considerazioni di tipo pratico, limitano di fatto il valore minimo del diametro delle
bacchette di NbTi a circa
e quindi se consideriamo una tipica billetta di
estrusione con un diametro di
questa potrà contenere non più di 12000
bacchette.
In realtà tale limite può essere notevolmente superato attraverso opportuni
accorgimenti legati alla disposizione delle bacchette all’interno della billetta: ad
esempio raggruppando le bacchette in clusters esagonali, Kanithi [28] ed altri sono
stati in grado di ottenere un filo a singolo fascio di
di diametro contenente
oltre
filamenti di diametro pari a
. In figura 2.8 è riportato un esempio
di filo a singolo fascio.
53
Figura 2.8: (a) vista in sezione di un filo a singolo fascio con 6264 filamenti, (b) dettaglio della regione
filamentare [25].
Per realizzare fili contenenti filamenti ancora più sottili, si ricorre a processi di
stacking in successione; per esempio il doppio stacking consiste nel realizzare tante
bacchette composite, ognuna delle quali ottenibile attraverso un singolo processo di
stacking, come risultato di una prima estrusione, ridurle a sezione esagonale, e con
esse assemblare una nuova billetta per una seconda estrusione. In figura 2.9 viene
mostrata la sezione di un filo ottenuto attraverso questo procedimento.
Figura 2.9: (a) vista in sezione di un filo a doppio stacking con 22686 filamenti, (b) dettaglio della
regione filamentare[25].
2.4.2 Difetti macroscopici dei filamenti e loro effetti
In questo paragrafo discuteremo brevemente gli effetti che le imperfezioni
macroscopiche di un filo superconduttore possono indurre sulle perdite e sul trasporto
di corrente. A tal proposito è necessario chiarire prima in che modo viene determinato
il valore della corrente critica in un filo superconduttore.
Nel capitolo precedente, la corrente critica è stata definita, in base alle proprietà
microscopiche del materiale, come la massima corrente che può sostenere il
54
superconduttore prima dell’insorgere delle dissipazioni indotte dal flux flow. In realtà
per i superconduttori reali non è possibile determinare una netta separazione tra
questo regime di movimento dei vortici ed il flux creep, ma risulta possibile
solamente individuare una zona di transizione tra i due regimi. Per tale motivo, da un
punto di vista pratico, il valore della corrente critica viene definito in maniera
operativa. Essa è definita come la corrente in corrispondenza della quale nel filo
insorge un valore convenzionale di resistività elettrica (che generalmente viene
assunto pari a
), o alternativamente, una caduta di potenziale per unità di
lunghezza pari a
.
Fatta questa premessa torniamo alla figura 2.9 la quale raffigurava la struttura di un
tipico filo realizzato attraverso un procedimento di doppio stacking e nella quale si
può notare che diversi filamenti risultano distorti. Tale distorsione è altamente
indesiderata in quanto comporta un aumento del diametro effettivo del filamento
(in relazione ad un campo magnetico applicato trasversalmente al filo), e di
conseguenza delle perdite. Un buon metodo che permette di quantificare questo
effetto consiste nel confrontare la densità di corrente critica ottenibile attraverso
misure di magnetizzazione
con quella misurata dal trasporto
di corrente nel
senso visto in precedenza. In generale ci si aspetterebbe che i valori di queste due
correnti coincidano ma in realtà si osserva che a causa della distorsione dei filamenti,
la densità di corrente di magnetizzazione può assumere valori notevolmente superiori
rispetto a quella di trasporto. Si nota inoltre che per filamenti circolari la situazione si
inverte, in tal caso, la corrente di magnetizzazione risulta leggermente inferiore
rispetto a quella di trasporto. In particolare per il filo a singolo stacking mostrato in
figura 2.8, che presenta filamenti approssimativamente circolari, il rapporto tra le
correnti
vale
, mentre per il filo a doppio stacking della figura 2.9 vale
1.23. Da questi valori è evidente che per lo stesso diametro e la stessa capacità di
trasportare corrente, un filo a doppio stacking presenta perdite del 30% superiori
rispetto a quelle che si hanno in un filo realizzato attraverso un unico processo di
estrusione. Tenendo conto che molti fili a doppio stacking presentano distorsioni nei
filamenti anche notevolmente superiori rispetto a quelle del filo mostrato in figura
2.9, le perdite saranno ulteriormente aumentate rispetto al 30%, che in qualche modo
può essere visto come un limite inferiore, e per questo si preferisce utilizzare fili
ottenuti attraverso una singola estrusione. Tuttavia nei casi in cui le dissipazioni AC
devono essere assolutamente minimizzate, non vi sono alternative all’utilizzo di fili
ottenuti da processi di doppio, o addirittura, multi stacking.
Le fasi di lavorazione inficiano l’uniformità dei filamenti non solo per quanto
riguarda la sezione ma anche in relazione alla loro lunghezza con un effetto noto con
il nome di sausaging. Siccome la sezione complessiva del filo deve rimanere costante
per la sua lunghezza, ad un restringimento di alcuni filamenti deve corrispondere un
allargamento di altri. Questi ultimi dovrebbero condurre una corrente maggiore e ciò
comporta un trasferimento di una parte della corrente, attraverso la matrice, dai
55
filamenti più larghi a quelli più stretti. L’effetto di questi flussi di corrente, integrato
su tutti i filamenti e su tutta la lunghezza del filo, è tale da produrre una caratteristica
tensione corrente che può essere ben approssimata dalla relazione:
E’ ovvio che quanto più è grande il valore di tanto più risulta netta la transizione
dallo stato superconduttore allo stato normale (figura 2.10) e per questo motivo nelle
applicazioni pratiche si cerca di utilizzare fili con alti valori di (praticamente
); in questo caso, infatti, il filo è in grado di sostenere correnti vicine al
valore critico senza che si instaurino fenomeno dissipativi in grado di portare alla
transizione allo stato normale. La relazione (2.29) è formalmente simile e
strettamente correlata all’equazione (1.47) che descriveva il legame tra il campo
elettrico e la corrente in relazione al fenomeno del flux creep. L’indice in assenza di
difetti macroscopici del superconduttore risulta correlato solamente all’energia di
pinning del materiale attraverso l’equazione (1.48) ma può subire anche forti
diminuzioni quando sono presenti deformazioni o rotture dei filamenti e quindi
spesso viene interpretato come un parametro che quantifica la qualità del filo.
Figura 2.10: rappresentazione schematica della caratteristica tensione – corrente di un filo
superconduttore: (a) per un valore finito dell’indice , (b) nel limite
.
2.4.3 Barriere di diffusione
Durante il processo di fabbricazione di un filo superconduttore, in particolare nei
passaggi che riguardano l’estrusione a caldo ed il trattamento intermedio di
riscaldamento, è possibile che vengano a formarsi all’interfaccia tra la matrice ed i
filamenti, per un effetto di diffusione del titanio contenuto in questi ultimi, dei
composti intermetallici di CuTi. Questi layer essendo meno duttili rispetto resto, non
56
si deformano durante il processo di estrusione e quindi, alla fine del processo, la loro
dimensione diventa paragonabile con quella dei filamenti. In questa fase i filamenti
possono subire enormi distorsioni o rompersi con corrispondenti diminuzioni
dell’indice che caratterizza il filo; addirittura in casi estremi può verificarsi una
rottura dell’intero filo. Per evitare questi problemi è opportuno proteggere i filamenti
con delle barriere di diffusione in Niobio: il processo in pratica consiste nel ricoprire
attraverso un sottile strato di Niobio le bacchette in NbTi prima che queste vengano
introdotte all’interno della prima billetta di estrusione.
2.4.4 Effetto prossimità tra i filamenti
La figura 2.11 mostra l’andamento della magnetizzazione in fili di NbTi in funzione
del diametro dei filamenti. Come si può notare per filamenti di grande diametro
l’andamento è praticamente lineare, mentre per filamenti il cui diametro è inferiore a
pochi micron, la magnetizzazione inizia ad aumentare nuovamente di valore e tale
effetto è tanto più marcato, quanto più è basso il campo magnetico applicato.
Figura 2.11: Magnetizzazione di fili in NbTi/Cu in funzione del diametro del filamento; i dati sono
prelevati da [26].
Tale comportamento è dovuto al cosiddetto accoppiamento di prossimità che
interviene tra i filamenti quando la loro mutua distanza risulta confrontabile con la
lunghezza di penetrazione del NbTi. In particolare quando i filamenti sono troppo
vicini le coppie di Cooper possono migrare, per effetto tunnel attraverso la matrice di
rame, da un filamento all’altro. Ciò comporta l’instaurarsi di flussi di corrente fra i
filamenti che possono vanificare i vantaggi della suddivisione fine ottenibile
attraverso la realizzazione di un composito multifilamentare. È importante notare che
diversamente da quanto accade per le correnti di accoppiamento AC, che decadono
57
nel tempo quando il campo esterno smette di variare, l’accoppiamento per effetto
prossimità risulta persistente.
Ghosh ed altri [26] suggeriscono che la densità di queste correnti possa essere fittata
da una relazione del tipo:
dove rappresenta la separazione tra i filamenti mentre è un parametro, dipendente
da campo magnetico e temperatura, che dà un’indicazione sulla penetrazione di
queste correnti nel materiale presente intorno ai filamenti. Notiamo che la meccanica
dell’estrusione impone, per avere fili dalle caratteristiche ottimali nel quale viene
ridotto al minimo l’effetto di sausaging, un valore del rapporto
di circa
. In
queste condizioni se consideriamo un filamento che ha un diametro pari a
la
distanza fra i filamenti sarà di soli
, valore assolutamente confrontabile con la
lunghezza di penetrazione del NbTi
.
Sebbene capiti solo per campi non superiori a pochi decimi di Tesla,
l’accoppiamento di prossimità può accrescere significativamente le perdite in quelle
applicazioni in cui il campo è estremamente basso e quindi deve essere tenuto in
considerazione nella fase di progettazione del filo. A tal proposito, essendo ben noto
l’antagonismo tra superconduttività (almeno convenzionale) e magnetismo, le
correnti possono essere fortemente attenuate grazie all’aggiunta di materiale
ferromagnetico nel Rame. Sono stati provati sia il Nickel che il Manganese, ma
quest’ultimo è di gran lunga più efficiente: la sola aggiunta dello
in peso di
Manganese è sufficiente ad eliminare l’effetto prossimità tra filamenti di diametro
dell’ordine del micron.
Altri studi hanno dimostrato, inoltre, che anche l’aggiunta di Silicio al Rame può
comportare una riduzione dell’accoppiamento di prossimità con l’ulteriore vantaggio
di indurre una riduzione nella velocità di formazione, durante i trattamenti a caldo
del filo, dei composti intermetallici di CuTi, permettendo così di poter fare a meno
delle barriere di diffusione in Nb [28].
2.5 Matrice resistiva
2.5.1 Effetto delle dimensioni
Quando un filo superconduttore è caratterizzato da filamenti estremamente sottili, e le
distanze interfilamentari iniziano ad essere confrontabili con il cammino libero medio
58
elettronico del materiale di cui è composta la matrice, è necessario tener conto degli
effetti che la finita dimensionalità ha sulla resistività della matrice stessa. Sebbene
non sia affatto semplice quantificare questo effetto per via della complessa geometria
interna di una filo superconduttore possiamo, in prima approssimazione, utilizzare la
seguente formula per caratterizzare l’aumento della resistività con il diminuire delle
dimensioni:
dove
rappresenta la resistività bulk del materiale di cui è composta la matrice ad
una data temperatura ed la separazione fra i filamenti. Nel caso del rame, per cui
, l’effetto può essere notevole; infatti per un tipico rapporto
di resistività (rappresenta il rapporto tra la resistività bulk di un materiale a
ea
) pari a 150 ed una distanza interfilamentare di
, la resistività del rame
aumenta all’incirca di un fattore .
2.5.2 Magnetoresistenza
La resistività di un materiale viene incrementata anche per effetto dell’applicazione di
un campo magnetico esterno. Sebbene la magnetoresistenza dia contributi abbastanza
piccoli a temperatura ambiente, essa diventa importante alle basse temperature e
quindi deve essere sempre presa in considerazione in fase di progettazione di un filo
superconduttore. Fickett, ad esempio, ha studiato in dettaglio il comportamento
magnetico della resistività del Rame [29], che può essere fittato attraverso la seguente
formula empirica[30]:
rappresenta la resistività del rame in campo nullo ed è definito dalla relazione:
dove
In queste formule il campo
è misurato in Tesla e la resistività
59
in
.
2.5.3 Minimum Propagating Zone
La scelta della matrice resistiva da utilizzare nella realizzazione di un filo
superconduttore può dipendere in larga parte dalle frequenze al quale il filo stesso
dovrà operare. I fili in matrice di rame puro presentano perdite accettabili per tempi di
rampa superiori al minuto ma per tempi di rampa inferiori è necessario utilizzare una
matrice maggiormente resistiva allo scopo di ridurre le correnti di accoppiamento tra i
filamenti. Ad esempio, per una tipica applicazione a
[31], si può utilizzare una
matrice in Cu–30%Ni che alla temperatura di 4K ha una resistività di
[32]; questo valore essendo circa 2000 volte superiore rispetto alla
resistività del Rame induce una soppressione delle correnti di accoppiamento di un
fattore 2000 rendendo, di fatto, realizzabile l’operazione a
.
In realtà l’utilizzo di una matrice in CuNi se da un lato permette di sopprimere gli
accoppiamenti AC, dall’altro comporta la perdita di due importanti funzioni che
invece una matrice in Rame riesce a svolgere quali la protezione e la stabilizzazione.
È noto che gli avvolgimenti realizzati attraverso fili in CuNi/NbTi siano molto
sensibili agli stress meccanici subiti dai filamenti stessi. In relazione alla stabilità, un
parametro estremamente significativo è la cosiddetta minima energia di quench
(MQE), definita come il minimo impulso di energia necessario per avere un quench
nel filo. Il termine quenching è comunemente usato per descrivere un processo, che si
può verificare in un qualunque punto di un magnete, in cui si ha una transizione dallo
stato superconduttivo e quello normale. In questi punti normali ci sarà la generazione
di calore per effetto joule che si propagherà anche ai punti immediatamente vicini
comportandone un aumento di temperatura oltre la temperatura critica. Nel complesso
si ha un processo in cascata irreversibile che porta l’intera energia immagazzinata nel
magnete superconduttore ad essere dissipata sottoforma di calore. Nel seguito
utilizzeremo un semplice approccio[14] che permette di avere un’idea di quali sono i
fattori maggiormente rilevanti che intervengono nella fenomenologia del quench,
fermo restando che per un calcolo dettagliato dell’MQE si può ricorrere ad una
complessa trattazione analitica o ad un approccio di tipo numerico. A questo punto
consideriamo una “zona calda” del filo che trasporta una densità di corrente pari a
quella critica e che per semplicità si trovi ad una temperatura pari a . La zona
calda si troverà allo stato normale e quindi genererà calore ad un rate
dove
rappresenta la resistività normale del materiale, ed rispettivamente la sezione e la
lunghezza della regione interessata dal processo dissipativo. Il calore così generato si
propagherà lungo il filo attraverso le pareti della zona calda e la velocità di
propagazione dipenderà dal gradiente di temperatura
, dove
rappresenta la temperatura di operazione del resto del magnete. In condizioni di
equilibrio possiamo eguagliare il calore generato con quello perso, per cui:
60
dove rappresenta la conduttività termica del materiale (misurata in
) di
cui è composto il filo. Dalla condizione di bilanciamento (2.24) si ottiene la
lunghezza:
Questa relazione definisce una scala di lunghezza che viene denominata Minimum
Propaganting Zone (MPZ) che permette di caratterizzare la stabilità di un materiale
rispetto al quench: quanto più è grande l’MPZ, tanto più grande sarà l’MQE e tanto
maggiore sarà la stabilità del sistema. Infatti una zona normale che ha una lunghezza
maggiore di crescerà senza limiti in quanto la generazione di calore eccede rispetto
alla sua perdita; nel caso opposto una zona più corta cederà più calore di quanto ne
viene generato con un conseguente recupero dello stato superconduttivo.
Sfortunatamente il NbTi ha un piccola conduttività termica e una grande resistività
(
e
per una campo di
) quindi il valore
dell’MPZ, in relazione alla totalità del filo superconduttore, è essenzialmente
determinato dalla matrice. Per un filo basato su matrice di Rame si trova
mentre per una matrice in CuNi si ha
, dove è ovvio che l’ultimo caso
rappresenta una situazione meno stabile.
Si può vedere che in seguito ad un quench la temperatura massima raggiungibile in un
magnete cresce con la resistività del materiale di cui esso è composto e quindi alla
luce di quanto detto finora sembra che il miglior compromesso per contenere questi
aumenti di temperatura e aumentare la stabilità sia quello di utilizzare matrici in rame.
2.5.4 Compositi a tre componenti
Da quanto detto finora appare chiaro che, per avere una minimizzazione delle perdite
dovute all’accoppiamento dei filamenti e per assicurare stabilizzazione e protezione
in caso di quench, risulta necessaria l’adozione di una matrice caratterizzata da
un’alta anisotropia per quanto concerne le proprietà conduttive; in particolare la
matrice ideale dovrebbe avere in direzione trasversa ed in direzione longitudinale,
rispettivamente, un alto ed un basso valore di resistività. Questi aspetti possono essere
tenuti entrambi in considerazione realizzando fili superconduttori con una matrice in
Rame ed in cui risultano presenti delle barriere in CuNi maggiormente resistive, allo
scopo di intercettare il fluire della corrente in direzione trasversa senza ridurre le
proprietà conduttive lungo la direzione longitudinale. Tali barriere dovrebbero
61
occupare meno spazio possibile in modo da lasciare nella matrice un’alta proporzione
di Rame al fine di evitare problemi di protezione e stabilizzazione.
Figura 2.12: Composito multifilamentare a tre componenti per uso pulsato contenente 14701 filamenti
in NbTi immersi in una matrice di Cu-CuNi. Oltre alle barriere intorno ai filamenti sono presenti delle
barriere di CuNi di tipo radiale ed azimutale tra gli ammassi di filamenti e sul guscio esterno[25].
In figura 2.12 è mostrato un primo esempio di questa tipologia di fili in cui l’alta
conduttività del Rame viene ridotta attraverso l’utilizzo di barriere concentriche ai
filamenti e di strutture radiali in CuNi. Il filo mostrato in figura 2.12 è ottimizzato da
un punto di vista elettromagnetico ma presenta problemi in fase di realizzazione in
quanto le barriere radiali causano gravi distorsioni ai filamenti durante il processo di
estrusione. Ciò può portare ad avere scarsi valori dell’indice e in alcuni casi anche a
rotture del filo. Per questo motivo conviene realizzare fili che non presentano queste
barriere radiali. In figura 2.13 è mostrato un esempio di filo nel quale, oltre che
intorno ai singoli filamenti, è stato incluso un sottile guscio di CuNi anche intorno
all’intera regione filamentare. Sebbene questa configurazione permetta alle eddy
current di fluire nell’involucro più esterno di rame, il flusso di corrente verso la
regione filamentare risulta inibito. Questa soluzione sebbene meno efficiente rispetto
alla precedente, risulta costruttivamente realizzabile e non comporta grosse
deformazioni dei filamenti in NbTi.
Figura 2.12: Filo superconduttore con anello di Rame esterno, guscio in CuNi tra anello e regione
filamentare e barriere concentriche ai filamenti.
62
CAPITOLO III
Misure di magnetizzazione e di
suscettività AC
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di caratterizzare, da un punto di vista
magnetico, un composito multifilamentare di nuova generazione le cui caratteristiche
principali verranno descritte nel capitolo successivo. Da un punto di vista
sperimentale tale caratterizzazione è stata suddivisa in due sessioni di misura: nella
prima sono state condotte delle misure di magnetizzazione in funzione del campo
magnetico e della temperatura, mentre nella seconda sono state condotte misure di
una grandezza fisica denominata suscettività AC che verrà meglio definita nel corso
del capitolo.
3.1 Magnetometro a campione vibrante
Lo strumento utilizzato, per eseguire le misure di magnetizzazione sul nostro
campione, è un Magnetometro a Campione Vibrante (VSM – Vibrating Sample
Magnetometer) in dotazione al Laboratorio E.R.M.E.S. dell’Istituto Nazionale di
Fisica Nucleare, ospitato nel Dipartimento di Fisica “E. R. Caianiello” dell’Università
degli Studi di Salerno.
Il principio di funzionamento del VSM si basa sulla tecnica dell’induzione magnetica
attraverso cui è possibile effettuare misure di momento magnetico. In particolare
l’elemento sensibile dello strumento, è costituito da un set di due bobine, dette bobine
di pick-up, al centro delle quali viene posizionato il campione, che può essere messo
in oscillazione attraverso un opportuno sistema di vibrazione. Se il campione è
magnetizzato, ad un moto dello stesso, risulta associata una variazione del flusso
magnetico concatenato alle bobine che produce una tensione che risulta proporzionale
proprio al suo momento magnetico. Per poter convertire i valori di tensione letti, in
valori di momento magnetico occorre preventivamente eseguire una calibrazione
dello strumento attraverso l’utilizzo di un campione di momento magnetico noto. Nel
seguito descriveremo con maggiore dettaglio le parti più importanti dello strumento
ed i passi principali della fase di calibrazione.
63
3.1.1 L’apparato sperimentale
L’apparato strumentale è costituito da un dewar in acciaio non magnetico, all’interno
del quale sono presenti due camere: una più interna ed una più esterna coassiale alla
prima, entrambe contenute in una camera esterna in cui viene creato un vuoto di
isolamento pompando l’aria fino a pressioni dell’ordine di
. La camera più
interna viene riempita di Elio liquido ed ha una capienza di circa
. Le perdite da
radiazione, che si avrebbero se questa fosse direttamente esposta all’ambiente esterno,
vengono minimizzate attraverso il preraffreddamento con azoto liquido, di un
intercapedine, consistente nella camera più esterna, di capienza simile alla prima.
Nella camera più interna è alloggiato un magnete superconduttore capace di generare
un campo magnetico stazionario massimo da
, caratterizzato da un valore di
induttanza di circa
e realizzato con delle sezioni esterne in NbTi ed una sezione
interna in Nb3Sn. Il solenoide è alimentato da un generatore di corrente DC, modello
IPS120 della Oxford Instruments, in grado di erogare fino a
di corrente. Lungo
l’asse centrale del dewar è presente un buco “caldo” di circa
di diametro in cui
è alloggiato un criostato a temperatura variabile raffreddato con un flusso d’elio, detto
criostato a flusso. All’interno del criostato a flusso, vengono inserite le bobine di
pick-up di tipo “Foner Coil” [ 33 – 34 ] in cui viene inserito il campione sul quale si
vogliono effettuare le misurare.
Si nota che le bobine di pick-up sono collegate tra loro in serie ma opposizione di
fase. Quando sono sottoposte ad identiche variazioni di flusso, cosa che ad esempio
accade per effetto di variazioni del campo magnetico esterno, in esse viene indotta
una tensione identica, che in virtù del loro collegamento, non dà luogo a nessun
segnale in output. Quando il campione magnetizzato viene fatto oscillare in maniera
sinusoidale intorno al centro di simmetria tra le bobine, le bobine sono, in ogni
istante, sottoposte a variazioni opposte di flusso e quindi il segnale complessivo sarà
dato dallo somma delle tensioni indotte ai capi di ciascuna bobina.
L’inserto delle bobine ha una forma a guscio cilindrico in modo tale da permettere
l’inserimento del campione al loro interno. Il criostato a flusso, realizzato in acciaio,
presenta un fondo in ottone al fine di garantire un’alta uniformità di temperatura nella
zona del campione. Sempre sul fondo, è presente uno scambiatore che permette di
termoregolare il flusso di elio, per portare il campione alla temperatura desiderata,
mediante un riscaldatore che riesce ad erogare una potenza massima di
. Si nota
che il range di temperatura accessibile va dalla temperatura ambiente fino a
.
L’elio liquido, contenuto in un dewar esterno al sistema, giunge al criostato a flusso,
attraverso un’opportuna linea di trasferimento, caratterizzata dalla presenza di una
valvola a spillo la cui apertura può essere variata al fine di regolare l’intensità del
flusso stesso. Il campione, che nel nostro sistema di misura non può superare i
di estensione in direzione verticale, viene montato su un supporto in plexiglass, a sua
volta avvitato all’estremità di un’asta in fibra di carbonio e attraverso la quale può
64
essere portato al centro delle bobine di pick-up. L’asta (e con essa il campione) può
essere messa in oscillazione attraverso un vibratore consistente in un trasduttore
meccanico. Le frequenze di vibrazione che l’elettronica è in grado di fornire, variano
da pochi
fino a
, ma si deve tener presente che in pratica, i valori di
frequenza utilizzabili, sono quelli prossimi alla frequenza meccanica naturale del
sistema di vibrazione, contenuti in un intervallo che va da
a
. La testa
vibrante permette anche di spostare il campione lungo la direzione verticale, così da
rendere possibile il posizionamento dello stesso al centro delle bobine. La tensione
indotta ai capi delle bobine, per effetto dell’oscillazione del campione magnetizzato,
induce ai capi delle bobine di pick-up una tensione che, opportunamente amplificata,
viene inviata come segnale in ingresso ad un amplificatore lock-in, il quale ha come
riferimento la frequenza di vibrazione imposta dalla testa vibrante. Notiamo che per
avere misure attendibili, il campione deve avere la caratteristica di essere molto
piccolo rispetto alla dimensione delle bobine e l’oscillazione indotta dalla testa
vibrante deve essere perfettamente sinusoidale. In tal modo si evita l’insorgere di
componenti multipolari di tensione che altrimenti sarebbero filtrate dal lock-in. Tutti
gli strumenti in dotazione al sistema VSM sono interfacciati ad un computer che
permette, attraverso software dedicati, di controllare i vari parametri operativi e di
acquisire le misure in modo automatizzato.
3.1.2 Calibrazione dello strumento
Chiaramente, prima di iniziare una qualsiasi operazione di misura, il sistema va
opportunamente calibrato. La calibrazione viene effettuata, valutando il segnale di
tensione indotto nelle bobine di pick-up da un campione di momento magnetico noto.
Nel nostro caso abbiamo provveduto ad introdurre nel sistema di misura un piccolo
campione di Nickel di forma cilindrica. A questo punto, operando sul motore del
VSM, abbiamo resettato la posizione verticale del campione e applicato un campo
magnetico dc di intensità pari a
, in modo tale da essere sicuri che il Nickel si
trovasse oltre la condizione di saturazione alla quale è associato un momento
magnetico costante pari a
. Fatto ciò, abbiamo messo in vibrazione il
campione e avviato una discesa dello stesso lungo la direzione verticale. In tal modo
viene generato un profilo di tensione in funzione della posizione occupata del
campione lungo l’asse , come mostrato nella figura 3.1, il cui punto centrale
corrisponde approssimativamente al punto medio fra le due bobine.
65
Figura 3.1: segnale di tensione indotto nelle bobine di pick-up in funzione della posizione verticale del
campione. Il campione viene portato dalla posizione iniziale a quella finale per poi ritornare a quella
iniziale. La curva mostra un profilo leggermente isteretico dovuto all’isteresi magnetica del campione
di calibrazione.
A questo punto il campione viene movimentato nuovamente e portato nella posizione
appena individuata. Fatto ciò, in generale, il lock-in, oltre a rilevare un segnale in fase
con l’oscillazione del campione, rileverà un segnale fuori fase . Rimuovendo
questo shift di fase, il lock-in rivelerà solo un segnale di tensione in fase, il cui valore
corrisponde al momento magnetico del campione. Nel nostro caso, per una frequenza
e per un’ampiezza di oscillazione del campione, rispettivamente pari a
e
, il lock-in rilevava al centro delle bobine una tensione di
corrispondente ad un momento magnetico di
.
3.2 Metodo di misura di suscettività AC
3.2.1 Considerazioni introduttive
Come visto nei capitoli precedenti, in un filo superconduttore multifilamentare
esposto ad un campo magnetico AC trasverso, le correnti di accoppiamento tra i
filamenti introducono una rilevante componente di perdita, in aggiunta alle perdite
isteretiche intrinseche del materiale superconduttore. È evidente, allo scopo di poter
utilizzare questi fili in applicazioni pratiche, come la conoscenza delle dissipazioni
AC, giochi un ruolo fondamentale al fine di mantenere le perdite complessive entro
valori accettabili. A tal proposito negli anni sono state sviluppate diverse tecniche di
indagine sperimentale, molte delle quali risultano basate, principalmente, su misure di
magnetizzazione in funzione della velocità di rampa del campo magnetico applicato
66
[35–38]. Ciò nonostante, per le applicazioni che prevedono l’utilizzo di fili
superconduttori in magneti rapidamente pulsati, in cui la velocità di rampa del campo
può arrivare a
, questi metodi presentano un limite intrinseco, dovuto al fatto che
le misure dovrebbero essere condotte utilizzando simili rate di campo, generalmente
molto più alti rispetto a quelli ottenibili dagli apparati di misura presenti in un
normale laboratorio (
.
Un metodo alternativo che permette di avere informazioni circa le perdite da
accoppiamento AC, senza pratiche limitazioni dovute alla massima velocità di rampa
del campo raggiungibile, è basato sulla misura della suscettività AC, grandezza che
descrive le variazioni della magnetizzazione di un campione rispetto ad un campo AC
applicato dall’esterno.
Questa tipologia di misura si effettua grazie ad un suscettometro, strumento composto
da tre bobine: un avvolgimento primario, che genera il campo oscillante, e due
avvolgimenti secondari, posti internamente al primo, in uno dei quali viene
posizionato il campione. Le bobine interne sono identiche e collegate, in modo del
tutto analogo a quanto accadeva per le misure di magnetizzazione, in serie ma con
polarità opposta, in modo tale da permette il rilevamento dei soli segnali direttamente
connessi alle informazioni a cui siamo interessati.
3.2.2 Analisi armonica del segnale
Consideriamo un campione cilindrico di materiale superconduttore, avente raggio
e lunghezza , immerso in campo magnetico oscillante, trasverso rispetto alla
direzione individuata dall’asse del cilindro:
Il campione è posto fisicamente all’interno di una bobina di pick-up di raggio
e
altezza , che utilizziamo per rilevare le variazioni del flusso magnetico. Le correnti
che si generano nel campione per schermare il flusso magnetico fluiranno in
prossimità della superficie o attraverso tutto il campione, a seconda che il campo
applicato sia di debole intensità o superi il valore di completa penetrazione
.
Queste correnti di schermo, a loro volta, generano un campo magnetico che si oppone
al campo esterno e quindi, da un punto di vista completamente generale, il campione
presenta un momento magnetico dipendente dal tempo
. La risposta del
campione alle variazioni del campo esterno, dunque, è tale da generare una
variazione del flusso magnetico che verrà rilevato dalla bobina di pick-up e che ora
vogliamo caratterizzare. Se il campione è piccolo, confrontato con le dimensioni della
67
bobina (
,
), esso può essere assimilato ad un dipolo magnetico il cui
asse è parallelo a quello dell’avvolgimento. In coordinate cilindriche, il potenziale
vettore generato da questo oggetto, a grande distanza da esso, presenta la sola
coordinata angolare e può essere espresso nella forma [39] :
ed il corrispondente flusso magnetico che attraversa la bobina di pick-up risulta pari a
[40]:
dove
rappresenta il numero di spire dell’avvolgimento e
definito dalla relazione:
un fattore geometrico
Il campo esterno introduce un ulteriore contributo di flusso magnetico di cui non si
terrà conto, in quanto può essere facilmente eliminato attraverso l’utilizzo della
seconda bobina di pick-up identica alla prima, ma presa con la polarità opposta. In
questa particolare configurazione, dunque, il segnale di tensione misurato ai capi
delle bobine sarà dato semplicemente dalla derivata temporale del contributo (3.3) del
flusso magnetico:
e, quindi, dipenderà esplicitamente dal momento magnetico del campione.
Quest’ultimo può essere espresso nella forma:
dove le quantità
rappresentano degli shift di fase causati dalla risposta non lineare
del superconduttore. Tenendo conto della (3.6), la (3.5) diventa:
Se questo segnale viene inviato ad un amplificatore lock-in per filtrare solo la prima
armonica, la tensione in uscita sarà esprimibile nella forma semplificata:
68
La (3.8), tenendo conto delle proprietà della funzione seno, permette di individuare
una componente del segnale in uscita in fase con l’eccitazione indotta dal campo
AC, ed una componente fuori fase ; esse assumono la forma:
Allo scopo di collegare la fase
a quantità fisiche ben definite, come l’energia
dissipata ed immagazzinata dal campione durante un ciclo di campo, teniamo conto
del fatto che il campo magnetico
presente all’interno del campione può essere
espresso nella forma:
dove
rappresenta la magnetizzazione del campione (data rapporto tra il momento
magnetico ed il volume del campione) e il fattore di demagnetizzazione che,
come visto nel capitolo I, dipende dalla geometria del sistema. Tenendo conto delle
espressioni (3.1) e del primo termine della (3.6), la (3.10) diventa:
La quantità
è definita dalla relazione:
ed è detta suscettività esterna; il suo ordine di grandezza rappresenta l’amplificazione
del campo applicato ai bordi del campione, dovuta alle correnti schermanti.
Ora calcoliamo l’energia dissipata dal campione in un ciclo di campo, che si ottiene
risolvendo l’integrale:
che nel nostro caso diventa:
69
Inoltre, utilizzando l’espressione (3.10), l’energia media
campione in un ciclo di campo vale:
immagazzinata nel
Dalle espressioni (3.14) e (3.15) si trova finalmente:
dove
. Combinando le coppie di equazioni (3.9) e (3.16) si ottiene:
Le equazioni (3.17) mostrano che il segnale in fase misurato ai capi delle bobine di
pick-up è direttamente proporzionale all’energia dissipata dal campione durante un
ciclo di campo, mentre quello in opposizione di fase è legato all’energia da esso
immagazzinata.
3.2.3 Suscettività AC
In questa sezione vediamo come i segnali (3.17) misurati ai capi della bobina di
pick-up siano collegati alla suscettività AC. Consideriamo dapprima definizione di
suscettività magnetica:
70
dove la magnetizzazione
può essere espressa, attraverso la (3.10), nella forma:
e ricordiamo che
è legato al campo
dalla relazione
conto della (3.19) e differenziandola rispetto ad
, si ha:
. Tenendo
di conseguenza possiamo esprimere la suscettività magnetica come:
Se consideriamo un campo esterno oscillante complesso della forma:
il campo presente all’interno del campione potrà essere espresso attraverso uno
sviluppo in armoniche del tipo:
Come fatto in precedenza, consideriamo solo la prima armonica per cui:
Utilizzando quest’ultima relazione e la (3.21), la suscettività può essere espressa nella
forma:
dove si è posto:
71
Si nota dall’espressione (3.25) che nel caso di un campo esterno oscillante, la
suscettività magnetica si compone di una parte reale e di una parte immaginaria e per
questo motivo viene denominata suscettività AC. Utilizzando l’espressione (3.22) del
campo esterno, si può dimostrare [41] che le ampiezze
sono direttamente
correlate alle espressioni dell’energia dissipata ed immagazzinata dal campione,
secondo le relazioni:
In definita facendo uso delle (3.27) la suscettività AC può essere espressa nella forma
finale:
L’espressione (3.28) permette di dare un’interpretazione fisica alle componenti della
suscettività: la parte reale è legata alle proprietà schermanti del campione, in quanto
coincide con la differenza di energia fra lo stato normale e lo stato superconduttivo,
mentre la parte immaginaria è legata alla quantità di energia che viene convertita in
calore. Combinando le espressioni (3.17) con le (3.27) otteniamo finalmente le
relazioni che permettono di correlare i segnali in uscita che possono essere misurati
con le componenti della suscettività AC:
dove è stato definito il fattore
che dipende dalle caratteristiche geometriche
della bobina di pick-up. Dobbiamo notare che il sistema che vogliamo studiare
consiste in un composito in cui dei filamenti superconduttori risultano immersi in una
matrice di materiale normale. In alcuni casi il campo applicato dall’esterno sarà
schermato solamente dai filamenti, mentre in altri lo schermaggio riguarderà l’intero
campione e sarà caratterizzato da correnti di schermo filamentari e da correnti
generate dal loro accoppiamento. Di conseguenza il volume che compare nelle
72
relazioni (3.29) rappresenta il volume realmente schermato piuttosto che l’intero
volume del campione.
Queste relazioni indicano che per avere informazioni sulla suscettività AC del
campione, basta misurare la tensione indotta ai capi delle bobine di pick-up e
successivamente, attraverso un amplificatore lock-in che ha come riferimento il
segnale oscillante generato dall’avvolgimento primario, separare la componente in
fase e quella fuori fase del segnale.
3.2.4 Informazioni sulla resistività trasversa
Come visto nel capitolo II, quando un composito multifilamentare è esposto ad un
campo armonico del tipo
, la dissipazione di energia per unità di volume e
per ciclo di campo, dovuta alle correnti di accoppiamento tra i filamenti
superconduttori, è data dalla relazione (2.25):
dove il fattore di forma introdotto in quella circostanza per tener conto degli effetti
demagnetizzazione, è stato semplicemente sostituito dalla suscettività esterna
definita in questo capitolo attraverso la relazione (3.10). Osservando la (3.30) si nota
che un’analisi dell’andamento in frequenza delle perdite permette di stimare il tempo
caratteristico delle correnti di accoppiamento tra i filamenti. Infatti la (3.30)
presenta un massimo per
, che corrisponde ad un tempo caratteristico di
accoppiamento pari a:
dove
rappresenta il valore di frequenza in corrispondenza del quale si ha il picco.
Siccome la componente della
della suscettività è direttamente proporzionale alle
perdite , il valore della frequenza di picco, e quindi della costante di tempo , può
essere determinata direttamente analizzando la dipendenza di
dalla frequenza.
Fatto ciò è immediato risalire al valore della resistività trasversa
del filo,
ricordando la relazione (2.20):
73
Nel capitolo successivo mostreremo le misure condotte analizzando i risultati
ottenuti.
74
CAPITOLO IV
RISULTATI SPERIMENTALI
4.1 Il filo superconduttore
Le misure sono state effettuate su un filo superconduttore prototipo a basse perdite
realizzato dall’azienda tedesca EAS-Bruker per applicazioni in magneti
superconduttori a carica rapida (
) come quelli previsti per il sincrotrone SIS300
del laboratorio tedesco GSI. Da quanto detto nei capitoli precedenti per un filo
operante in tali regimi di campo risulta necessario ridurre le perdite complessive, e
ciò può essere fatto realizzando un filo caratterizzato da filamenti estremamente
sottili per ridurre le perdite isteretiche intrinseche, e sopprimere quanto più possibile
l’insorgere di correnti di accoppiamento tra i filamenti che lo compongono,
introducendo alti valori della resistività trasversa e piccoli passi di twist. Il filo
oggetto di studio, le cui caratteristiche principali sono riportate nella tabella 4.1, è
stato ottenuto attraverso un doppio processo di estrusione e si presenta come un
composito in cui dei filamenti estremamente sottili di NbTi, risultano immersi in una
matrice di rame ed in cui sono presenti delle barriere di CuMn per ridurre l’effetto
prossimità fra i filamenti stessi. Risultano presenti anche delle barriere di diffusione
in Niobio che, in relazione alla sezione dell’intero filo, interessano il
dell’area
totale occupata dalla lega NbTi. Complessivamente il filo è composto da NbTi per il
39%, da Rame per il 42.4% e per il restante 18.6% da CuMn.
Diametro
Passo di twist
Diametro nominale filamenti
Direzione twisting
Numero di filament
Matrice interfilamentare
Matrice di stabilizzazione
Rapporto Cu + CuMn : NbTi
( fattore di riempimento )
Indice n (
)
(
)
Senso orario
56000
Cu-0.5wt% Mn
Rame puro
1.56
>30
Tabella 4.1: Caratteristiche principali del filo superconduttore utilizzato nelle misure.
75
Per mostrare la struttura del composito di seguito sono riportate delle micrografie
ottenute al SEM presso l’ENEA di Frascati.
Figura 4.1: Sezione complessiva del filo: le zone più chiare identificano gli ammassi di filamenti
(bundle) mentre le zone più scure rappresentano la matrice normale. Nel complesso il filo è composto
da 56000 filamenti ripartiti in 246 bundle.
Figura 4.2: Dettaglio della struttura filamentare del filo: (a) parte esterna, (b) parte interna, (c) singolo
bundle di filamenti, (d) singoli filamenti.
76
Le figure 4.2(a) e 4.2(b) mostrano rispettivamente la struttura esterna e la struttura
interna della zona multifilamentare. Notiamo che a meno dei bundle più esterni che
subiscono evidenti distorsioni in quanto sottoposti maggiori sollecitazioni durante il
processo di fabbricazione, gli altri conservano approssimativamente la loro forma
esagonale di partenza. La figura 4.2(c) mostra una vista ingrandita di un singolo
bundle mentre l’ultima immagine dà una vista dettagliata dei singoli filamenti. Si nota
la loro estrema vicinanza: il rapporto tra la distanza interfilamentare ed il loro
diametro è all’incirca pari a
. Del filo sopra descritto è stato utilizzato un piccolo
tratto di lunghezza pari a
che ha costituito il nostro campione durante le
operazioni di misura.
4.2 Misure di magnetizzazione
Nel capitolo precedente abbiamo spiegato brevemente in che modo il VSM riesce ad
eseguire misure di momento magnetico su un campione magnetizzato. Nel nostro
caso il campione è costituito da materiale superconduttore e, per indurre in esso una
magnetizzazione diversa da zero, è necessario raffreddarlo sotto la temperatura critica
in condizioni di campo applicato non nullo; questa procedura tecnicamente è
denominata field-cooling (FC). Attraverso questa procedura, non appena il campione
diventa superconduttore, il flusso magnetico dovuto al campo esterno rimane
intrappolato nel superconduttore inducendo in esso un momento magnetico diverso
da zero.
Per cominciare le misure, il nostro campione é stato montato sul porta campioni
dell’apparato di misura in una configurazione ad anello aperto con diametro di
curvatura minore di
, in posizione ortogonale al campo magnetico dc applicato.
Fatto ciò, a partire dalla temperatura ambiente abbiamo raffreddato il campione fino
alla temperatura di
applicando un campo dc pari a
, tenendo conto del fatto
che la temperatura di transizione del NbTi è di circa
. In tal modo, una volta che il
campione è stato magnetizzato, si è provveduto a spegnere il campo esterno. A questo
punto per portare il campione al centro delle bobine di pick-up è stata eseguita la
procedura per centrare il campione in modo del tutto analogo a quanto descritto nel
capitolo precedente. Una volta portato il campione nel punto medio fra le due bobine
si è avviata la misura di momento magnetico in funzione della temperatura per
osservare la transizione dallo stato superconduttore a quello normale. Dal grafico
mostrato in figura 4.3 si nota che la transizione avviene ad una temperatura di circa
.
77
Figura 4.3: transizione dallo stato superconduttore allo stato normale: si nota che la magnetizzazione
del campione scompare intorno alla temperatura di 8.75K.
In seguito alla transizione, il campione essendo tornato allo stato normale ha perso le
sue caratteristiche magnetiche. A questo punto sono state eseguite le misure dei cicli
di isteresi per diversi intervalli di campo applicato, e per diverse temperature. A
differenza di quanto accadeva prima, ora le misure sono realizzate attraverso la
modalità Zero Field Cooling (ZFC) consistente nel raffreddamento del campione
sotto la temperatura critica in assenza di campo magnetico applicato. In questa
situazione il campione è “vergine” da un punto di vista magnetico. Per la misura del
primo ciclo il campione è stato portato ad una temperatura di
. Dopo di che
attraverso una procedura automatizzata è stato possibile acquisire il primo ciclo. In
tale procedura è possibile specificare la velocità di rampa del campo esterno e quattro
valori di campo magnetico che permettono di realizzare il ciclo stesso. A titolo di
esempio in tabella 4.2 si riportano il valore della velocità di rampa e dei valori di
campo specificati per la realizzazione del primo ciclo. Inoltre la misura completa del
primo ciclo viene mostrata in figura 4.4.
Temperatura
Velocità di rampa
Campo magnetico 1
Campo magnetico 2
Campo magnetico 3
Campo magnetico 4
Tabella 4.2: Specifiche relative al primo ciclo di isteresi acquisito.
78
Figura 4.4: Misura completa del ciclo di isteresi a
: i numeri cerchiati in nero si riferiscono ai
valori dei quattro campi da specificare nella procedura automatizzata di acquisizione del ciclo.
Nell’inset è mostrato in modo più dettagliato il tratto di prima magnetizzazione nel range di campo
.
Una volta terminato il ciclo il campione viene riportato alla temperatura di
così
da farlo transire nuovamente allo stato normale. Poi in condizioni di ZFC lo si porta
alla temperatura desiderata per il secondo ciclo e così via per i cicli successivi. Di
seguito vengono riportati tutti i cicli misurati in due figure distinte per maggiore
chiarezza grafica.
Figura 4.5: cicli di isteresi privati dei tratti di prima magnetizzazione per maggiore chiarezza grafica;
temperature di campionamento:
,
,
,
e
.
79
Figura 4.6: cicli di isteresi privati dei tratti di prima magnetizzazione per maggiore chiarezza grafica;
temperature di campionamento:
,
,
,
.
La parte iniziale del tratto di prima magnetizzazione dei cicli di isteresi, non riportato
per maggiore chiarezza nei grafici precedenti, caratterizza lo stato di completa
espulsione del campo (stato Meissner) da parte del campione; la pendenza di tali tratti
di curva permette di stimare il volume superconduttivo che viene realmente
schermato attraverso la formula [42]:
Figura 4.7: (a) parte delle curve di prima magnetizzazione dei cicli di isteresi misurati a
,
,
,
e
; (b) fit della parte lineare delle curve di prima magnetizzazione nel range di campo
.
80
Come si nota dalla figura 4.7(b) la pendenza delle curve di prima magnetizzazione
diminuisce all’aumentare della temperatura e ciò indica una riduzione del volume
superconduttivo che realmente viene schermato. I valori del volume schermato al
variare della temperatura, ottenuti fittando il tratto lineare delle curve di prima
magnetizzazione sono mostrati in tabella 4.3; notiamo che il volume nominale
occupato dal materiale superconduttore, che è pari a
, può essere ottenuto
dal volume complessivo del campione
attraverso la relazione:
dove
rappresenta il fattore di riempimento che indica quanto materiale
superconduttore è presente rispetto al materiale normale di cui è composta la matrice;
come mostrato in tabella 4.1 nel nostro caso
.
Temperatura (K)
4.5
5.5
6.5
7.0
7.5
Volume schermato (
2.25
1.99
1.75
1.48
1.07
)
Tabella 4.3: volumi schermati in funzione della temperatura ottenuti mediante fit lineare della parte
iniziale del tratto di prima magnetizzazione nel range di campo magnetico
.
Si nota che i volumi schermati sono stati calcolati assumendo che la suscettività
esterna
fosse pari a 2, in quanto in prima approssimazione i filamenti
superconduttori sono assimilabili a cilindri posti in campo trasverso. In realtà è noto
che
necessita di una correzione quando il raggio dei filamenti
risulta
confrontabile con la lunghezza di penetrazione del materiale di cui essi sono
composti. Nel caso di un cilindro posto in campo trasverso si ha [42]:
dove le funzioni e rappresentano le funzioni di Bessel modificate di prima specie
di ordine zero e di ordine uno.
Nel nostro caso, i filamenti superconduttori hanno raggio approssimativamente pari
ad
, valore non trascurabile rispetto alla lunghezza di penetrazione del NbTi
che nel range di temperatura interessato assume valore compreso tra i
ed i
[43]. Per questo motivo una valutazione corretta dei volumi schermati
dovrebbe tener conto degli effetti di penetrazione del campo.
81
Dalle figure 4.5 e 4.6 si nota che i cicli di isteresi presentano un’inclinazione tanto più
marcata quanto più è alta la temperatura. Tale effetto è dovuto al contributo
ferromagnetico del CuMn contenuto nella matrice del filo superconduttore. A tal
proposito si può immaginare che il momento magnetico del campione, misurato
durante un ciclo, sia dato dalla somma di due contributi: un momento magnetico
irreversibile
dovuto al comportamento isteretico intrinseco del superconduttore
ed un momento magnetico reversibile dovuto al debole fondo magnetico apportato
dal Manganese contenuto nella matrice. Se indichiamo con
la magnetizzazione
del primo ramo del ciclo di isteresi e con
quella del quarto ramo, possiamo
scrivere:
da cui si ottiene:
Dunque simmetrizzando ed antisimmetrizzando i rami I e IV del ciclo di isteresi
riusciamo a separare la componente isteretica della magnetizzazione da quella
reversibile. A titolo di esempio, in figura 4.8, mostriamo questa “deconvoluzione”
delle componenti di magnetizzazione per la misura eseguita a 4.5K:
Figura 4.8: Deconvoluzione del primo e quarto ramo del ciclo di isteresi nella componente di momento
magnetico reversibile ed irreversibile.
82
Di seguito sono mostrati gli andamenti della componente reversibile della
magnetizzazione sia al variare del campo applicato, sia in funzione della temperatura.
Figura 4.9: (a) andamento della componente reversibile della magnetizzazione in funzione del campo
magnetico per diverse temperature: la curva in nero mostra il fondo magnetico del CuMn misurato
direttamente alla temperatura di 10K, ovvero quando il campione si trova allo stato normale. (b)
andamento della componente reversibile della magnetizzazione al variare della temperatura per diversi
campi applicati.
Dalle figure 4.9(a) e 4.9(b) si nota che la componente reversibile del momento
magnetico subisce un incremento non solo all’aumentare del campo ma anche
all’aumentare della temperatura. Il primo comportamento è aspettato in quanto
maggiore è il campo magnetico applicato, maggiore sarà l’allineamento dei momenti
magnetici nel materiale nella direzione del campo. Il secondo comportamento è
spiegabile tenendo presente che il Manganese, nel range di temperature studiato, si
trova allo stato antiferromagnetico in quanto caratterizzato da una temperatura di
Neel
pari a -173°C. L’ordinamento antiferromagnetico è contraddistinto da una
disposizione antiparallela dei momenti magnetici che dà luogo ad un momento
magnetico complessivamente nullo. Man mano che la temperatura aumenta il
disordine termico favorisce il ribaltamento di una parte dei momenti magnetici nella
direzione del campo applicato, con conseguente aumento del momento magnetico in
temperatura.
La componente irreversibile del momento magnetico, per come è definita, può essere
utilizzata per ottenere informazioni circa l’andamento della densità di corrente critica
in funzione del campo magnetico applicato. Infatti ricordando quanto detto nel
capitolo I, il modello di Bean di stato critico stabilisce, attraverso l’equazione (1.81),
una relazione tra la densità di corrente critica di un superconduttore e la differenza di
magnetizzazione tra il ramo superiore e quello inferiore del ciclo di isteresi; nel
caso di un cilindro in campo trasverso si ha:
83
ovvero
dove indica il momento magnetico misurato del campione, il raggio del singolo
filamento e
il volume occupato dal materiale superconduttore. L’andamento della
corrente critica così ottenuto è mostrato in figura 4.10.
Figura 4.10: (a) andamento della densità di corrente critica ottenuta dal modello di stato critico di Bean
in funzione del campo magnetico applicato per diverse temperature, (b) andamento della densità di
corrente critica in funzione della temperatura per diversi valori del campo applicato.
Dalla 4.10(a) si nota che la densità di corrente critica per un campo di
ed una
temperatura di
assume un valore pari a
. Valore assolutamente
4
confrontabile con quello ottenuto da misure di trasporto , nelle stesse condizioni di
campo e temperatura, riportato nella tabella 4.1. Notiamo che la corrente critica
calcolata a partire da misure di magnetizzazione è leggermente superiore alla densità
di corrente critica ottenuta dalle misure di trasporto. Alla luce di quanto detto al
capitolo II ciò può essere attribuito alla deformazione subita dai filamenti in fase di
lavorazione, ipotesi supportata dalla vista dettagliata 4.2(d) della regione filamentare.
Notiamo che dal confronto tra questi valori di densità di corrente critica è possibile
risalire al diametro efficace dei filamenti:
4
Su questo filo sono state condotte misure di trasporto presso il laboratorio milanese LASA
dell’I.N.F.N.
84
Il diametro effettivo dei filamenti risulta maggiore rispetto al valore nominale
previsto e questo in generale può comportare un aumento delle perdite in relazione
all’utilizzo di questi fili.
4.3 Misure di suscettività
Da un punto di vista sperimentale le misure sono state condotte sostituendo, nel
sistema VSM, le bobine di pick-up utilizzate per le misure di magnetizzazione, con
un nuovo set di bobine che costituiscono il nostro suscettometro. La bobina esterna di
eccitazione è caratterizzata da un fattore di conversione corrente–campo pari a
, ovvero essa è capace di generare un campo AC il cui valore di picco è pari
ad
quando è alimentata con una corrente di
. Internamente a questa sono
presenti le due bobine di pick-up, nella configurazione già descritta in precedenza.
Mentre la bobina inferiore rimane vuota, il campione viene alloggiato nella bobina
superiore attraverso una canna d’acciaio alla cui estremità è presente un supporto in
plastica che ne permette il fissaggio. A tal proposito notiamo che il campione è
montato nell’apparato di misura nella stessa configurazione ad anello ortogonale al
campo applicato, utilizzata per le misure di magnetizzazione. Il sistema di misura non
consente di alloggiare campioni di estensione maggiore a
lungo la direzione
verticale e tale configurazione ad anello consente di effettuare misure su campioni
più lunghi. In particolare in relazione alle misure di suscettività è importante lavorare
con campioni di filo che abbiano almeno una lunghezza maggiore del passo di twist:
in queste condizioni le perdite non sono determinate da effetti di bordo e sono
descrivibili attraverso l’equazione (2.23) o (2.25) nel caso di un campo AC oscillante.
Figura 4.11: Schema dell’apparato sperimentale utilizzato per effettuare le misure di suscettività ac.
85
Quando il campione si trova allo stato normale, esso non esibisce proprietà
magnetiche (in realtà esiste un debole fondo magnetico dovuto alla matrice di
Cu/CuMn) e le variazioni del flusso indotte alle due bobine di pick-up per effetto
delle variazioni del campo AC, generato dall’avvolgimento primario, saranno
identiche e non daranno luogo a nessun segnale in uscita, tenendo conto che le bobine
di pick-up sono collegate con polarità opposta. Come già discusso nel capitolo III, se
il campione si trova allo stato superconduttivo, le variazioni del campo AC
indurranno in esso un momento magnetico dipendente dal tempo e le corrispondenti
variazioni di flusso potranno essere rilevate dalla sola bobina di pick-up nel quale il
campione è stato introdotto. In tal modo avremo uno sbilanciamento tra i segnali
indotti ai capi delle due bobine di pick-up che può essere misurato e collegato alle
componenti della suscettività AC del campione.
Per questa tipologia di misure il lock-in ha come riferimento di fase il segnale
oscillante generato dall’avvolgimento primario. Il lock-in presenta due canali di
ingresso A e B al quale sono collegate rispettivamente la bobina di pick-up superiore
e quella inferiore. Siccome la misura di suscettività si presenta come una misura
differenziale di tensione, dobbiamo avere un riferimento di fase che viene preso ai
capi di una delle due bobine. Ad esempio quando il campione è allo stato normale, e
quindi non esibisce proprietà magnetiche, il lock-in rileva uno shift di fase tra
l’eccitazione primaria e il segnale in uscita preso ai capi della bobina . Questo shift
di fase è dovuto a fenomeni quali: correnti parassite circolanti nelle parti metalliche
del criostato, dissipazioni del primario, accoppiamenti capacitivi negli avvolgimenti
delle bobine ecc. La rimozione dello shift di fase permette di avere un riferimento
per la fase in quanto, dal momento in cui questa viene azzerata, ogni variazione di
fase è da attribuire alle proprietà magnetiche del campione. Quindi una volta
applicato il campo AC, generato dall’avvolgimento primario con una data frequenza,
col campione allo stato normale
si azzera la fase relativamente al canale
del lock-in, dopodiché si legge il segnale differenziale
diminuendo la
temperatura del campione fino alla temperatura più bassa raggiungibile (
. La
componente in fase di questo segnale, essendo legata alla componente immaginaria
della suscettività AC, contiene informazioni circa le dissipazioni in regime variabile
del campione. Ricordando le equazioni (3.28-30), il tempo di caratteristico delle
correnti di accoppiamento, e quindi il valore della resistività trasversa del filo, può
essere ricavato dall’individuazione del picco in frequenza presentato dalla
componente in fase del segnale di tensione misurato. Per tale motivo le misure sono
state eseguite al variare della frequenza del campo AC di eccitazione. Si nota che in
sovrapposizione al campo AC è stato anche applicato un campo dc di
per
sopprimere ulteriormente l’effetto prossimità tra i filamenti ed essere sicuri che le
perdite provenissero solamente dal loro accoppiamento AC.
86
Prima di mostrare gli andamenti in frequenza consideriamo a titolo di esempio un
tipico andamento in temperatura delle componenti in fase e fuori fase per una
data frequenza.
Figura 4.12: Tensioni
e ampiezza
e in funzione della temperatura per un campo magnetico AC frequenza
sovrapposto ad un campo dc di
Le curve mostrate in figura 4.12 presentano delle peculiarità di cui vale la pena
discutere. Ricordiamo che la componente della suscettività è legata alle proprietà
schermanti del superconduttore ed in generale ci si aspetta che il segnale di tensione
corrispondente decresca al diminuire della temperatura fino a saturare ad un certo
valore che corrisponde alla situazione fisica in cui il campo AC risulta completamente
schermato dalle correnti che si generano sulla superficie dei filamenti di NbTi. La
componente
è legata alle dissipazioni AC e ci si aspetta che il corrispondente
segnale di tensione
abbia un picco ad un certo valore di temperatura, per poi
decrescere man mano che la temperatura va a zero. Il valore del picco è collegato alla
condizione di completa penetrazione del campo AC nel superconduttore, alla quale è
associato il massimo delle dissipazioni. L’annullamento del segnale al diminuire
della temperatura è invece correlato alla quasi completa schermatura del flusso
magnetico.
Alla luce di quanto detto le curve in figura 4.12 possono essere interpretate nel
seguente modo. A basse temperature la suscettività AC è dominata dalle correnti di
accoppiamento, mentre gli effetti isteretici non contribuiscono alle perdite, poiché il
debole campo AC applicato è completamente schermato in superficie dai filamenti
superconduttori. Da questo punto di vista la componente
della suscettività AC a
87
basse temperature dovrebbe dare una misura diretta delle perdite AC dovute alle
correnti di accoppiamento. Se questa interpretazione risulta corretta come previsto
dall’equazione (3.30) la funzione
dovrebbe avere un picco in corrispondenza del
valore di frequenza
. Allo stesso tempo la componente dovrebbe crescere
all’aumentare della frequenza, poiché le correnti di accoppiamento dovrebbero via via
schermare frazioni sempre più grandi di filo, fino alla situazione limite di completo
schermo su tutto il volume del filo.
Tornando al problema della determinazione del tempo caratteristico di accoppiamento
AC tra i filamenti di seguito mostriamo un grafico contenente l’andamento in
frequenza della componente
del segnale, ovvero della componente della
suscettività legata alle perdite. Notiamo che le misure sono state fatte utilizzando
diversi campi dc in modo da poter valutare anche l’andamento della resistività
trasversa del filo in funzione di un campo magnetico stazionario applicato.
Figura 4.13: Andamento in frequenza della differenza del segnale in fase di tensione, letto ai capi delle
bobine di pick-up, tra lo stato normale e quello superconduttivo ( alla temperatura più bassa )
normalizzato alla frequenza in funzione della frequenza. I simboli indicano i punti sperimentali
acquisiti mentre le curve continue rappresentano delle curve interpolanti che hanno permesso una più
agevole individuazione del picco.
Si nota che nel grafico in figura 4.13 è mostrata la differenza tra il segnale
misurato nello stato superconduttivo e nello stato normale. Ciò viene fatto per
eliminare il contributo delle dissipazioni dovute alle eddy current che si presentano
anche nello stato normale. Osservando le frequenze di picco si deduce, alla luce di
quanto detto nel capitolo precedente, il valore del tempo caratteristico di
accoppiamento AC tra i filamenti al variare del campo magnetico applicato.
88
Campo dc applicato
0.2
0.5
1.0
2.0
5.0
Tempo caratteristico
1.11
0.94
0.76
0.68
0.45
Tabella 4.3: Valori del tempo caratteristico delle correnti di accoppiamento tra i filamenti per il nostro
campione di filo superconduttore al variare del campo dc imposto.
Di seguito viene anche riportato un grafico nel quale sono mostrati i corrispondenti
valori di resistività trasversa al variare del campo dc imposto. I valori sono stati fittati
attraverso un linea retta del tipo
, al fine di estrapolare il valore della
resistività trasversa in condizioni di campo dc applicato nullo.
Figura 4.12: Valori di resistività trasversa a
, corrispondenti ai tempi caratteristici mostrati in
tabella 4.3, in funzione del campo magnetico applicato. La curva in rosso rappresenta la retta di
attraverso cui sono stati interpolati i dati.
In tabella si riportano i valori ottenuti dal fit:
A ( resistività estrapolata in
condizioni di zero campo)
B (pendenza retta interpolante)
Tabella 4.4: parametri del fit lineare interpolante l’andamento della resistività trasversa del filo in
funzione del campo applicato.
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CONCLUSIONI
In questo lavoro di tesi ho studiato la problematica dell’irreversibilità magnetica in
relazione ai fenomeni dissipativi che prendono luogo in un filo superconduttore. In
particolare ho caratterizzato un filo prototipo di ultima generazione impiegabile nella
realizzazione di cavi per magneti superconduttori rapidamente pulsati
come
quelli previsti per il sincrotrone SIS300 della facility FAIR (Facility for Antiproton
and heavy Ion Research) del laboratorio tedesco GSI di Darmstadt.
Nella prima parte del lavoro sono state condotte misure di magnetizzazione per dare
una caratterizzazione generale del filo e sono stati utilizzate le curve isteretiche per
ricavare, nell’ambito del modello di stato critico di Bean, l’andamento della densità di
corrente critica del filo in funzione del campo magnetico applicato.
Poi ho focalizzato l’attenzione sul problema dell’accoppiamento elettromagnetico che
viene ad instaurarsi tra i filamenti, quando il filo è esposto ad un campo magnetico
variabile. A tal proposito abbiamo visto che le perdite relative, dipendono in
particolare da due caratteristiche del filo: il passo di twist e la resistività trasversa
. Quest’ultima grandezza è stata poi determinata, al variare del campo magnetico
dc applicato, attraverso misure di suscettività AC in funzione della temperatura e
della frequenza del campo ac di eccitazione.
Dal punto di vista dei risultati quest’ultimo campione di filo superconduttore di terza
generazione conferma le ipotesi di base: la resistività trasversa risulta ulteriormente
aumentata rispetto a fili di generazione precedente e quindi le perdite da
accoppiamento ac in un magnete, realizzato avvolgendo un cavo fatto con questi fili,
sarebbero ulteriormente ridotte.
In principio anche le perdite statiche sarebbero ridotte, ma il diametro efficace dei
filamenti non risulta, causa la deformazione subita in fase di lavorazione, dalle prime
misure di trasporto fatte dal costruttore, cambiato come aspettato dalle riduzioni
nominali geometriche dei filamenti.
Notiamo che ancora ad oggi non si hanno evidenze della fattibilità di cavi con questa
tipologia di fili di ultima generazione e quindi nulla si sa in relazione ad eventuali
degradazioni del cavo rispetto al filo singolo; la produzione di
di filo è ancora in
corso di verifica (principalmente verifiche sul twist che potrebbe portare a rotture dei
filamenti su lunghezze di questa dimensione).
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Ciò suggerisce che la strada per i magneti superconduttori pulsati ha ancora un ampio
margine di sviluppo che si gioca in gran parte sulla costruzione e sulle tecniche di
lavorazione dei fili in NbTi. Infatti, come più volte richiamato nel lavoro di tesi,
attualmente il NbTi rappresenta l’unico elemento metallico superconduttore in grado
di garantire la fattibilità di un cavo adatto per queste applicazioni
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