Cieli Dolomitici n°19

annuncio pubblicitario
19
2013
Giornalino dell’ Associazione Astrofili Agordini
“Cieli Dolomitici”
La cometa C/2011 L4 PANSTARRS , la più luminosa degli ultimi anni, ha impreziosito il cielo primaverile regalando
emozioni ai suoi ammiratori. A dire il vero la sua osservazione non è però risultata agevole, sia per la scomoda posizione
occupata in cielo nel periodo in cui si è mostrata più luminosa, ma soprattutto per le sfavorevoli condizioni meteo che,
mai come quest’anno, regalano pochissime occasioni favorevoli agli astrofili. Proprio per questo verrà ricordata come la
“Cometa delle nuvole”.
Foto di Claudio Pra ottenuta applicando una Canon EOS D 1000 al fuoco diretto di un telescopio da 8 cm. di diametro.
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SOMMARIO
IL PLANETARIO DA’ I NUMERI di Tomaso Avoscan pag. 3
Le statistiche
LA COMETA DELLE NUVOLE di Claudio Pra Pag. 4
Cometa PANSTARRS, una mission (quasi) impossible
IL MITICO SUPERSIMONE di Simone Pra pag. 6
Un racconto di fantascienza molto personale
ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE pag. 7
Oltre quaranta puntate radiofoniche
IL FORO ASTRONOMICO DI NICOLO’ CUSANO AL CASTELLO DI ANDRAZ
di Giuseppe De Donà pag. 8
Un foro di possibile funzione astronomica
IL VIAGGIO INFINITO DELLE VOYAGER di Alvise Tomaselli pag. 11
Due sonde entrate nella storia
GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI pag. 13
Chiara Zavarise, l’astrofila entusiasta
SULLE TRACCE DI ORIONE di Serena Dagai pag. 14
Sotto il cielo invernale
LE MIE COMETE di Vittorio De Nardin pag. 15
Gli “astri chiomati” che ho avuto la possibilità di osservare
INTERVISTA A GABRIELE VANIN di Claudio Pra pag. 17
Gli astrofili, guai non ci fossero
GRANDI SFIDE PER GIOVANI MENTI di Nadia Tomaselli pag. 18
Astronomi in erba
IL CIELO E LE SUE MERAVIGLIE della Classe Quinta Elementare di La Valle pag. 21
l’approfondimento dei ragazzini dopo una lezioncina a scuola della nostra Associazione
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IL PLANETARIO DA’ I NUMERI di Tomaso Avoscan
Al giro di boa dei 10 anni di vita vogliamo mettervi al corrente di alcuni dati statistici riguardanti
l’attività inerente alla gestione del Planetario di S.Tomaso Agordino. Aggiornata a fine dicembre 2012
la statistica indica in 5730 i visitatori complessivi, ripartiti in 2782 adulti (51.45%) e 2782 studenti
(48.55%), frequentanti in genere scuole elementari e medie (vedi figura 1). La media annuale
ammonta a 636 presenze, superate nel 2005 (821), nel 2007 (661), nel 2009 (814). Il trend degli
ultimi due anni evidenzia purtroppo una modesta flessione (588 nel 2011 e 493 nel 2012). La
spiegazione di tale flessione ha come probabile causa principale la realizzazione in questi ultimi anni
di altri due Planetari nella Provincia di Belluno, precisamente a Cortina d’Ampezzo e a Feltre.
Ovviamente l’offerta formativa proposta da tali realtà ha sicuramente drenato una parte di possibili
visitatori della nostra struttura. Pur essendo stati realizzati a pochi anni di distanza dal nostro, queste
strutture risultano al momento più ricche e dinamiche della nostra. Infatti, come ben si sa, la
tecnologia ai nostri giorni corre a velocità incredibile e un salto temporale di soli 10 anni comporta
grandi cambiamenti tecnologici. I due nuovi Planetari sono stati infatti realizzati con tecnologia
digitale e non elettro-meccanica come il nostro. Le possibilità offerte dalla nuova tecnologia sono
ovviamente di gran lunga superiori alle possibilità offerte dalla passata tecnologia fatto salvo forse
solo per un aspetto non insignificante, la proiezione delle stelle sulla cupola del nostro planetario è
qualitativamente migliore. Comunque, per stare al passo con i tempi, anche noi stiamo valutando di
implementare qualche supporto digitale sul nostro Planetario, in modo da arricchire l’offerta formativa
per i visitatori.
Gli incontri tenuti risultano complessivamente 326. Per quanto riguarda i divulgatori, escludendo il
contributo di Alberto Bertini che ha collaborato solo nella fase iniziale, l’attività è stata condotta
esclusivamente da Alvise Tomaselli, Andrea Cibien, Claudio Pra, Lino Tancon e Tomaso Avoscan.
L’arrivo di Vittorio De Nardin ha dato nuova linfa e vigore alla gestione (vedi figure 2 e 3). ...E forse a
breve ci onoreremo dell’arrivo del gentil sesso...
Figura 1
Figura 2
figura 3
3
LA COMETA DELLE NUVOLE di Claudio Pra
Giugno 2011: il telescopio
aut o mat ico hawaiano
PANSTARRS 1 (Panoramic
Survey Telescope And Rapid
Response System) individua
nella parte settentrionale dello
Scorpione una debolissima
cometa, distante oltre un
miliardo di km. dal nostro
pianeta.
I
calcoli
successivamente effettuati sulla
sua orbita e le previsioni sulla
sua possibile progressione
luminosa
innalzano
quell’insignificante oggetto al
rango di potenziale futura grande
cometa, che si mostrerà in tutto
il suo splendore a fine inverno
2013. La notizia, una volta
diffusa fra gli appassionati, crea
L’autore dell’articolo in compagnia della PANSTARRS
ovviamente un grande fermento.
Tutti sognano di poter assistere al raro e fantastico passaggio di un “astro chiomato” luminoso, facilmente
osservabile a occhio nudo.
Un anno dopo la cometa è ancora molto debole e lontana, ma tento un primo approccio puntando il telescopio
nei pressi di Antares, la rossa stella Alfa dello Scorpione. Il tentativo è coronato da successo nonostante le
condizioni osservative molto sfavorevoli (oggetto debolissimo e basso in cielo). Mancano nove mesi al suo
passaggio al perielio (punto dell’orbita più vicino al Sole) coincidente con il suo picco luminoso. Non resta che
attendere...
Marzo 2013, ci siamo! A inizio mese la cometa non è ancora osservabile, ma è questione di giorni. L’attesa tra
gli appassionati è spasmodica. C’è però la paura che le grandi aspettative vengano frustrate, soprattutto perché
l’oggetto sembra dover subire un ridimensionamento. Negli ultimi mesi non è infatti cresciuto in linea con le
previsioni. Ma l’imprevedibilità delle “stelle con la coda” è notoria e quindi chi vivrà vedrà.
I giorni passano, ma dall’Italia ancora nessuno riesce ad avvistare la PANSTARRS. Personalmente ho in testa
di tentarne l’ individuazione intorno al 7/8 marzo, anche se le condizioni osservative saranno ancora molto
critiche (cometa bassissima in cielo e immersa tra le intense luci del tramonto). Il meteo pessimo non mi
concede però opportunità. Il 10 e il 14 marzo decido di provare a salire in quota a piedi nonostante le nubi,
sperando di trovare uno sprazzo di cielo sereno e di vedere così premiati i miei generosi tentativi. Macchè! Solo
delle gran faticate in mezzo alla neve e al freddo. Nubi e maltempo si ripropongono quasi tutti i giorni da
almeno un paio di mesi, una situazione anomala che sembra non avere mai fine. Intanto, dopo alcuni falsi
allarme (qualcuno scambia degli aerei o delle scie di condensazione all’orizzonte per l’oggetto), tra l’unici e il
dodici marzo arrivano i primi reali avvistamenti made in Italy. Qualche osservatore più fortunato di me
individua la cometa e la descrive simile a una stellina dall’apparenza leggermente nebulosa. Non certo vistosa
quindi, ma sufficientemente condensata per vincere il chiarore del crepuscolo serale e risultare a malapena
visibile ad occhio nudo.
Il 15 marzo il freddo è intensissimo e tira un fortissimo vento in quota, ma finalmente il cielo è azzurro.
Alleluja! Il giorno seguente è previsto il ritorno del maltempo e l’occasione va quindi assolutamente sfruttata.
Salgo così a Passo Giau, meraviglioso valico usato per mille altre osservazioni. Essendo posizionata molto
bassa in cielo non risulterebbe visibile a valle. Lassù, oltre a uno scenario tra i più belli delle Dolomiti, trovo gli
amici dell’Associazione Astronomica Cortina saliti in forze. Saremo una quarantina, tutti in attesa di rendere
omaggio alla PANSTARRS. Non appena l’intensa luce del giorno si smorza leggermente, tanti binocoli la
cercano. La individuo io per primo. È piccola e luminosa e sfoggia una coda piuttosto corta. Dieci minuti dopo,
con il cielo un po’ più buio, è percepibile a occhio nudo, seppure non spicchi granché. Vista attraverso un
grosso binocolo è davvero bella. La sua coda risalta meglio, allungandosi per poco meno di un grado e
cominciando a curvarsi nella parte terminale. La testa è simile a una stellina sfocata, senza accenni di chioma
attorno. Mi alterno tra binocolo e fotocamera, incurante del gran freddo. Poco prima del suo tramonto il cielo è
decisamente più buio, fattore che permette a tutti i presenti (anche i meno esperti) di ammirarla anche senza
strumenti. Non è certo la grande cometa tanto sognata ma si fa comunque apprezzare. Ormai la PanSTARRS è
in procinto di lasciare la scena e lo fa in modo spettacolare, scomparendo dietro i 3152 metri del Piz Boè. La
4
Dopo quella prima osservazione il maltempo torna a imperversare, concedendo un secondo brevissimo
spiraglio nel tardo pomeriggio del 19 marzo. Finito di lavorare decido così di darle un'altra occhiata, anche
perché questo è il periodo in cui si possono notare repentini cambiamenti nel suo aspetto. Ieri però è nevicato
abbondantemente e quasi tutti i principali valichi dolomitici sono chiusi per pericolo valanghe. Decido così di
raggiungere a piedi il Rifugio Città di Fiume, nei pressi di Passo Staulanza. Lasciata l’auto sulla strada (non c’è
nemmeno uno spiazzo per parcheggiare) mi metto le racchette da neve ai piedi e comincio la salita. In un'altra
stagione o in altre condizioni è una escursione elementare, ma con 60 centimetri di neve fresca da calpestare e
un pesante zaino contenente la strumentazione necessaria da portare sulle spalle diventa una piccola impresa. A
ogni passo sprofondo abbondantemente nella neve e lo zaino è un autentica zavorra. La lenta avanzata sembra
quella di un alpinista quasi in vetta a un ottomila. Non so come e perché ma vado avanti con tutta l’energia che
ho in corpo. Mentre salgo mi accorgo che non giungerò a destinazione in tempo. Se però riuscissi ad arrivare
almeno fina a Malga Fiorentina, un po’ sotto il rifugio, forse potrebbe bastare. Da quel luogo l’orizzonte è già
abbastanza aperto nella direzione in cui dovrò osservare. Arrivo stremato alla malga e in breve mi ricavo una
piazzola. Dopo aver rifiatato comincio la ricerca della cometa nel cielo ancora una volta chiaro del posttramonto. La trovo abbastanza in fretta grazie Al solito piccolo binocolo. Passo allora al binocolo maggiore,
che ho montato su uno sgangherato treppiede. La Luna al primo quarto e gli ultimi bagliori del Sole non
compromettono troppo la visione della cometa che sfoggia il solito nucleo stellare vistoso, mentre la coda si
percepisce facilmente solo nella parte iniziale. Con il cielo più buio la PANSTARRS si mostra facilmente a
occhio nudo. Posso scendere a valle soddisfatto, notando che stanno arrivano nuovamente le nuvole. Per poco
non mi fregavano...
Due giorni dopo, il 21 marzo, il cielo non è perfetto ma nemmeno troppo male. Parto per Passo Giau trovando
in cima alcuni altri appassionati tra cui l’amico Bepi De Donà e il Presidente del gruppo Astrofili Rheticus
Gabriele Vanin, vecchi guerrieri indomiti che in quanto a passione danno lezioni a molti giovani astrofili.
Incuranti del freddo e della Luna che disturba non poco, ci gustiamo la cometa e più tardi una pizza a Caprile,
chiacchierando naturalmente di astronomia.
Il periodo seguente è nuovamente condizionato dalle nubi. Incredibile come le condizioni meteo continuino ad
essere avverse. Devo attendere una decina di giorni per rivedere la PANSTARRS, che stavolta osservo poco
prima dell’alba salendo a S. Tomaso, località dall’orizzonte piuttosto aperto verso nord est, dove mi interessa
spingere lo sguardo. Purtroppo anche in questa occasione la Luna disturba l’osservazione, specie della coda,
che risulta poco contrastata. Finora non sono mai riuscito ad osservare l’ ”astro chiomato” in un cielo realmente
buio, dove verrebbero evidenziati molto meglio i particolari più elusivi.
Mercoledì 3 e giovedì 4 aprile è in programma un appuntamento imperdibile. La PANSTARRS transita alla
minima distanza (2,5° circa) da M 31, la Grande Galassia di Andromeda. Veder transitare una cometa luminosa
prospetticamente vicina a un oggetto del cielo profondo così vistoso e noto è cosa rara. Salgo per l’ennesima
volta in quota, ai quasi 2200 metri di Passo Valparola. Sono però partito senza troppa convinzione. Il cielo
infatti è abbondantemente coperto. Voglio comunque provare anche perché (ovviamente) il meteo non
promette niente di buono per i giorni a venire. Incredibilmente, giunto a destinazione, mi ritrovo davanti un
cielo quasi del tutto sereno proprio nella direzione in cui dovrò osservare. In tutte le altre direzioni nubi a
volontà. Approfittando dell’ultima luce del giorno preparo la strumentazione. Mano a mano che il tramonto si
spegne, le condizioni meteo però peggiorano. In sequenza, prima arriva la nebbia (che in seguito va e viene),
poi le nubi. Poi comincia a nevischiare. Il quadro cambia in continuazione di minuto in minuto. Appoggiato
alla macchina, scoraggiato, attendo una improbabile schiarita che miracolosamente arriva, seppur molto
limitata. Nei pochi squarci che si aprono tra le nubi vado a caccia della PANSTARRS, ma devo cercarla quasi
senza punti di riferimento. Andando per tentativi la trovo grazie al piccolo binocolo e in velocità scatto
qualche foto. Osservata con il piccolo strumento la cometa esce vincitrice dal confronto con M 31 e la coda,
che finalmente osservo per la prima volta nel cielo buio (anche se un po’ velato), è ben rilevabile, anche se
piuttosto corta. Poi, in breve, le nubi si ingoiano la cometa e il cielo intero.
Altri dieci giorni di maltempo e poi un altro spiraglio. Sveglia alle 2.30. Si sale ancora una volta a Passo Giau.
Parto da Alleghe con le stelle ma cinque chilometri dopo, a Caprile, comincia a piovigginare. Altri cinque
chilometri e diluvia. Appena imboccata la strada per il valico la pioggia scende mista a neve. Una situazione
tragicomica; da mettersi a ridere per non piangere. Giro l’auto e torno a casa avvilito. E’ un episodio
emblematico su quanto sia stata sfortunata l’apparizione di questa cometa. Ma non mi arrendo e alle 3.00 del
giorno seguente ritento. Stavolta decido di raggiungere Laste di Rocca Pietore. Il cielo, probabilmente ripulito
dalle ultime burrasche, è perfetto. Inoltre non c’è la Luna a disturbare. Mentre salgo però, continuo a scrutare
fuori dal finestrino, temendo che la maledizione che sembra aleggiare sulla PANSTARRS colpisca ancora. Per
fortuna stavolta va tutto alla perfezione. La cometa, anche se molto indebolita, è ancora percepibile a occhio
nudo tra le stelle di Cassiopea, simile a una macchietta nebulosa, mentre nel grande binocolo sfoggia l' abituale
ed evidente nucleo
5
stellare circondato da un piccolissimo e brillante alone. La coda è lunga
mezzo grado circa, con la parte finale molto sfumata. La forma a
ventaglio rilevabile nelle fotografie, si percepisce con difficoltà. Si nota
anche una codina sottile sotto la coda principale. Davvero una visione
appagante che mi ripaga degli sforzi.
Con l’oggetto finalmente altissimo in cielo, le ultime osservazioni le
posso eseguire finalmente da casa, naturalmente nelle poche occasioni
concesse da Giove Pluvio. La cometa si indebolisce ma rimane
interessante anche in maggio e giugno, sfoggiando una notevole anticoda
(vedi immagine a lato).
La C/2011 L4 PanSTARRS non passerà alla storia come una grande
cometa. E’risultata però un notevole oggetto dal nucleo compatto e
luminoso, facilmente percepibile anche a occhio nudo ed osservabile
perfino dalle città. E’ scesa al di sotto della seconda magnitudine,
Disegno di Claudi Pra ricavato
piazzandosi al secondo posto tra le comete più luminose degli ultimi
osservando in un binocolo 20x90 il
sedici anni osservabili dalle nostre latitudini, battuta solo dalla
6 giugno. Oltre alla coda da notare
fenomenale C/2006 P1 McNaught. Niente male direi, anche se è forse è
una notevolissima anticoda.
mancata nell’aspetto che caratterizza di più questi oggetti, la coda,
rimasta sempre corta e discreta, anche se decisamente interessante. Una cosa è però certa; gli amatori italiani
ricorderanno la sua apparizione come una delle più sfortunate di sempre. In una fase dell’anno in cui
solitamente il cielo è spesso sereno, la mancata protezione di una configurazione di alta pressione ci ha esposti
a condizioni meteo incredibilmente sfavorevoli, con il maltempo che ha imperversato in modo continuo per un
lunghissimo periodo. Davvero poche le occasioni per poterla ammirare. Non bastasse tutto ciò anche la Luna,
in crescita proprio nel momento topico, ha disturbato parecchio, inondando di luce il cielo, così come un altro
fattore limitante, anche se ampiamente previsto, chiama in causa la scarsa altezza sull’orizzonte dell’oggetto.
Insomma, la PANSTARRS è stata una cometa per “uomini duri”. Chi ha infatti tentato di seguirla con
continuità ha dovuto vincere la frustrazione indotta da un contesto davvero scoraggiante, armarsi di infinita
pazienza e cercare di raccogliere il massimo senza poter pianificare alcunché. Personalmente la ricorderò come
IL MITICO SUPERSIMONE di Simone Pra
Anno 3015: nell’Universo era scoppiata una guerra fra i pianeti
del Sistema Solare, che metteva in pericolo anche la Terra. Per
fortuna Supersimone, il super eroe della Terra, dopo una
ricognizione segreta a bordo della sua astronave aveva capito i
motivi del conflitto. Infatti, grazie al suo super-udito, aveva
percepito queste parole pronunciate da Drog, lo Scheletro Feroce
e il Vampiro Succhiasangue, tre spaventosi nemici: -Se voi pianeti
non farete la guerra, vi faremo esplodere con una potentissima
bomba… ha, ha, ha!!!-. Supersimone capì che la guerra non era
voluta dai pianeti, ma dai quei tre mostri e che non c’era tempo da
perdere. Tornò così sulla Terra per studiare un piano, intuendo il
pericolo che correva anche il nostro pianeta. Intanto nello spazio
la guerra imperversava, ma Supersimone aveva studiato una
soluzione. Doveva eliminare i nemici che avevano fomentato la
guerra. Partì così con la sua astronave sapendo che sarebbe
stata dura. Aveva pensato di fare uno scherzetto ai tre nemici:
mettere una bomba nelle loro astronavi. Penetrò così di nascosto
nelle navi spaziali, piazzando tre bombe sotto i sedili. Poi andò
dai pianeti invitandoli ad allontanarsi se non volevano saltare in
aria. Poco tempo dopo Drog, lo Scheletro Feroce e il Vampiro
Succhiasangue salirono a bordo delle loro astronavi e Supersimone, appena li vide seduti al posto di
comando, fece esplodere gli ordigni con un telecomando a distanza…Booooom! I tre non ebbero
scampo, ma dopo la deflagrazione si udì una inquietante voce che diceva:- Ritorneremo, maledetto
Supersimone!-. Supersimone, sorridente e soddisfatto, tornò dai pianeti e disse loro:- Se dei nemici
vi obbligheranno in futuro a fare la guerra o a distruggere la Terra minacciandovi, chiamatemi con
questi telefonini speciali-. La risposta fu :- Grazie Supersimone!-. Supersimone, tornò sulla Terra e fu
accolto con entusiasmo al grido di: -Sei mitico Supersimone!-.
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ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE
(dicembre 2012--giugno 2013)
Sabato 15 dicembre al Rifugio Scarpa, di proprietà della Sezione Agordina del CAI, è stato inaugurato il primo
osservatorio astronomico collegato a una struttura del Club Alpino Italiano, il Dolomites Curiosity
Observatory, dotato di tre notevoli strumenti tra i quali un Newton dedicato all’astrofotografia, che si potrà
manovrare in remoto, cioè da casa propria stando comodamente seduti al computer, indicandogli dove puntare
e acquisendo delle immagini. Il merito dell’iniziativa va dato al nuovo gestore del rifugio, Aron Lazzaro, che
si è avvalso anche nostra collaborazione. All’appuntamento sono intervenuti Tomaso Forin, affermato
fotografo che ha mostrato le sue foto delle Pale di S. Martino e l’alpinista Tamara Lungher, la donna più
giovane ad aver salito il Lothse, vetta himalayana alta ben 8516 metri. Tamara ha proiettato e commentato il
suo documentario “La passione in me”. Infine tutti fuori sulla terrazza del rifugio ad osservare il cielo con gli
strumenti a disposizione, tra i quali un mostruoso Dobson da quasi mezzo metro di diametro.
Giovedì 17 gennaio, presso la scuola elementare di Vallada, Claudio Pra ha svolto una piccola lezione
imperniata sul contesto che circonda il pianeta Terra, dagli altri pianeti e corpi del sistema solare, alle stelle,
nebulose e galassie. L’appuntamento si è svolto grazie all’ interessamento dell’insegnante Luisa Manfroi. I
ragazzini della quarta e quinta elementare dell’istituto scolastico non hanno mancato di partecipare attivamente,
dimostrandosi ben preparati sull’argomento e mantenendo la concentrazione fino al termine. Questo dimostra
che il cielo e l’astronomia hanno molta presa sui giovanissimi e ci fa sperare che almeno qualcuno di loro
diventi astrofilo in futuro.
Sabato 9 febbraio ci siamo recati a Malga Laste per una iniziativa organizzata in collaborazione con il CAI di
Agordo. Ben quaranta partecipanti sono saliti con le “ciaspe” dall’abitato di Laste fino appunto alla malga per
osservare il cielo invernale. Arrivati a destinazione, dopo esserci rifocillati con cioccolato, biscotti, vin brulè e
tè, siamo andati sotto il firmamento, illustrato dagli esperti della nostra Associazione. Stelle dai nomi evocativi,
costellazioni difficili da riconoscere ma che per gli antichi impersonano un cacciatore, un toro, un cocchiere,
una grande orsa. E poi le leggende loro legate. Per qualche tempo il grande gelo e il vento presenti sulla scena
sono passati in secondo piano, ma ben presto si sono presi la loro rivincita, consigliando la ritirata. Zaini in
spalla giù verso Laste, infreddoliti ma contenti per aver condiviso un esperienza particolare fatta di neve, stelle
e montagne.
Venerdì 22 marzo la classe quinta elementare di La Valle Agordina Agordina ha dedicato le ultime due ore di
lezione all’astronomia, affidandole a Claudio Pra. I ragazzini, molto incuriositi e affascinati, non hanno
risparmiato commenti e domande, dimostrando grande interesse. Appuntamenti di questo tipo sono sempre più
richiesti da insegnanti sensibili alle risorse culturali proposte dal territorio, una delle quali è la nostra
Associazione. Noi, d’altro canto, siamo ben felici di poter accontentare le richieste, dando sfogo alla nostra
passione davanti una platea entusiasta che, si spera, raccoglierà il testimone fra qualche anno, continuando a
raccontare ed a osservare l’universo che ci circonda.
Nel marzo di quest’anno, nell'ambito dei percorsi formativi per istruttore di sci alpino, l’S.A.S. (Snowsports
Academy San Marino) Istituto di formazione per professionisti dell' insegnamento di sport invernali, ha
effettuato una parte della formazione in Agordino. Per le lezioni teoriche che richiedono fra l'altro conoscenze
nella lettura di carte topografiche e orientamento in ambiente montano, sono state integrate da una visita al
Planetario di San Tomaso dove gli allievi, che provenivano da varie regioni italiane, hanno potuto prendere
visione del cielo stellato con le sue principali costellazioni. Trattati pure argomenti come l’orientamento con le
stelle più luminose e i fenomeni più belli e interessanti. Notevole la partecipazione (circa 60 persone in tre
serate) e grande l’ entusiasmo che ha accompagnato gli incontri guidati da Alvise Tomaselli.
Sabato 18 maggio (causa meteo avverso) è saltata una serata osservativa che avevamo programmato ad
Agordo, rientrante nell’ambito di“Occhi su Saturno”, un appuntamento giunto alla seconda edizione e dedicato
al grande astronomo Gian Domenico Cassini, che osservò il pianeta con gli anelli per lungo tempo. L’iniziativa
vedeva coinvolte molte associazioni sparse in tutta Italia.
Da ottobre 2012 e fino a luglio 2013 l’emittente Agordina Radio Più ha ripreso a trasmettere “Per tetto un cielo
di stelle”, la trasmissione dedicata al cielo stellato condotta da Claudio e Simone Pra. Ben 41 le puntate
programmate in questa nuova serie, che segue quella dello scorso anno (25 puntate) e quella del 2010 (11
puntate).
E’ continuato l’invio settimanale via mail agli Associati che di news contenenti informazioni astronomiche,
appuntamenti, notizie sull’ Associazione, consigli per osservare il cielo, immagini ecc.
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IL FORO ASTRONOMICO DI NICOLO’ CUSANO
AL CASTELLO DI ANDRAZ di Giuseppe De Donà
Giuseppe De Donà, classe 1945, vive a Sospirolo. Si interessa di fotografia astronomica, comete, meridiane,
storia del calendario e meccanica celeste. Su questi e altri temi ha scritto articoli divulgativi su riviste nazionali
e tenuto diverse conferenze. E’ stato membro del Consiglio direttivo dell’Unione Astrofili Italiani per dieci
anni, svolgendo le funzioni di Tesoriere e Vicepresidente, Dal 2002 cura l’edizione dell’almanacco dell’UAI.
Abstract
Nicolò Cusano, uno dei massimi pensatori del XV secolo, negli ultimi anni della sua esistenza dimorò al Sancti
Raphaelis, oggi Castello di Andraz. In una parete della stanza che lo ospitò è presente un foro di possibile
funzione astronomica. L’autore di questo articolo propone che Cusano abbia ideato il piccolo spiraglio per
determinare l’errore del calendario giuliano. L’ipotesi, gradita dalla Soprintendenza che ha curato il restauro,
è ora proposta ai visitatori del Castello.
Introduzione
Il 30 giugno 2012, dopo delicati lavori di restauro durati molti anni, è stato riaperto ai visitatori il Castello di
Andraz. Sul muro perimetrale di una stanza del Castello si trova un piccolo foro che attraversa la parete ed è
puntato verso in cielo. La stanza, definita “segreta”, era lo studiolo riservato alla persona più importante del
maniero. Il piccolo locale si trova nel lato del Castello rivolto a sud-ovest. Nel XV secolo la stanza era priva
dell’attuale porta di entrata, quindi l’accesso avveniva da una botola ubicata nel soffitto. Escludendo una
citazione riportata sul libro di Gregorio Piaia dal titolo “Nicolò Cusano, vescovo filosofo, e il Castello di
Andraz”, pubblicato nel 2007 a cura del Comune di Livinallongo del Col di Lana, non esistono riferimenti
letterari riguardanti il foro. Malgrado ciò, la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Veneto
Orientale che ha curato il restauro del Castello, ha considerato il foro di grande interesse in quanto attribuito a
Nicolò Cusano (1401-1464), il personaggio più illustre che visse al Castello. Il grande pensatore tedesco
dimorò ad Andraz negli anni compresi tra il 1454 e il 1460. In quel periodo Cusano era Cardinale e Vescovo di
Bressanone e il Castello era un dominio della Diocesi brissinese. Cusano fu costretto a rifugiarsi ad Andraz a
causa di aspre liti che lo videro opposto al duca Sigismondo e al clero in generale. Il nemico più ostico fu
rappresentato dalla Badessa Verena von Stuben che nel monastero di Sonnenburg (a Castel Badia nel comune
di San Lorenzo di Sebato), non voleva saperne di applicare le rigide regole di stretta clausura imposte dal
Cardinale.
Chi era Cusano
Nicolò Cusano nacque nel 1401 a Kues, nella valle della Mosella da una famiglia agiata; il padre possedeva dei
vigneti e faceva il barcaiolo. Fin da giovane mostrò grande propensione per lo studio tanto che, a soli sedici
anni, fu mandato all’Università di Padova dove, dopo cinque anni, gli fu conferito il titolo di doctor decreto-
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Figura 1 – Nella foto, scattata nella “segreta” il 12 gennaio 2012, è visibile l’immagine reale del
Sole sulla parete opposta al foro. Inoltre sono state disegnate le immagini D 1 e D2 (sotto) e Ds
(sopra), utilizzate nella formula per il calcolo della data del solstizio.
rum. Tornato in patria, fu segretario del vescovo di Treviri (Trier), scrisse saggi di teologia, filosofia,
matematica e la sua fama gli permise di raggiungere alte cariche ecclesiastiche, tanto da diventare uomo di
fiducia di Roma e di tutti i papi della sua epoca: Eugenio IV papa dal 1431, Nicolò V dal 1447, Callisto III dal
1455 e Pio II che, appena eletto nel 1458, lo volle con sé a Roma. Per molti studiosi Nicolò Cusano fu
“l’intelligenza” più vasta e completa del suo secolo. Felice Battaglia asserisce che il rinascimento filosofico
occidentale cominciò con Nicolò Cusano: “la sua sintesi è un preludio a Giordano Bruno, Spinoza, Liebnitz e
pure Hegel”. Inoltre, dai suoi scritti, traspare evidente la capacità di muoversi con disinvoltura in altri settori
del sapere del suo tempo, tra cui l’astronomia e la cosmologia. Nella sua opera più importante “La dotta
ignoranza” scritta nel 1440, Cusano anticipa Copernico denotando una visione eliocentrica dell’universo. Il
professor Romano nel libro “I primi giganti dell’astronomia moderna, da Cusano a Newton”, pubblicato nel
2010 a cura dell’Ateneo di Treviso, afferma tuttavia che le considerazioni sull’Universo di Cusano hanno
giustificazioni filosofico/teologiche e non mostrano accenni a fatti sperimentali. L’astronomia di Cusano non è
però solo filosofica. A Kues, nella sua biblioteca, è conservato un Codice acquistato a Norimberga nel 1444
contenente diverse opere astronomiche. Nel manoscritto vi è un’annotazione autografa relativa al moto della
Terra e dei pianeti, al movimento del Sole e alla precessione degli equinozi. Su di esso Cusano annotò anche
l’acquisto di tre strumenti astronomici: un globo celeste, un astrolabio e un Torquetum; strumenti adoperati per
osservare e studiare il cielo anch’essi custoditi nella sua biblioteca. Il torqueto è un antico strumento che era
usato per distinguere i piani fondamentali per l’osservazione degli astri: quello orizzontale, quello equatoriale
inclinato sull’orizzonte sud di 90° meno la latitudine del luogo (90° - φ), e quello dell’eclittica in cui giace il
moto apparente del Sole. Il globo celeste di Cusano risulta essere il più antico ad avere la possibilità di
calcolare la precessione degli equinozi, mentre il Torquetum astronomico di Kues è il più antico ad essere
conservato in un museo. Nicolò Cusano conobbe diversi personaggi che appartengono alla storia
dell’astronomia: Georg von Peurbach, Johannes Müller, meglio noto col nome di Regiomontano, e Paolo Dal
Pozzo Toscanelli, conosciuto al tempo degli studi a Padova e col quale Cusano rimase sempre in contatto, tanto
da averlo vicino anche al momento della morte avvenuta a Todi nell’agosto del 1464. Toscanelli è noto in
ambito astronomico per avere annotato le posizioni delle comete del 1433, 1449-1450, 1456, 1457 e 1472,
come geografo per aver intuito come si potessero raggiungere le Indie attraverso l’Oceano Atlantico, e, in
ambito gnomonico, per avere installato nel 1468 il foro stenopeico sulla cupola di Santa Maria del Fiore a
Firenze.
Cusano morì esattamente 100 anni prima della nascita di Galileo. Non è quindi un caso che nel 1964
l’Università di Padova abbia celebrato le coincidenze dei centenari, accumunando i due personaggi per le loro
convergenze scientifiche.
Ipotesi sull’utilizzo del foro
E’ possibile che il piccolo spiraglio della “segreta” di Andraz sia stato realizzato dal Cardinale per scopi
astronomici. In particolare con quel foro Cusano potrebbe avere tentato la determinazione dell’errore che
all’epoca affliggeva il calendario Giuliano.
Nicolò Cusano infatti, fa parte della lunga lista di scienziati che studiarono il problema per attuare la riforma
del calendario. Il calendario giuliano, promulgato da Giulio Cesare nel 46 a.C., prevedeva la lunghezza dell’an-
9
no tropico di 365.25 giorni, leggermente differente dal dato vero di
365.2422 giorni. Col passare dei secoli, ciò determinò uno slittamento
delle stagioni rispetto al calendario civile. La cosa era intollerabile per
la Chiesa, che, ubbidendo alle regole stabilite al Concilio di Nicea nel
325 d.C., celebra la Pasqua facendo riferimento all’equinozio di
primavera. All’epoca di Cusano, dopo 1500 anni dalla riforma di
Cesare, la data dell’equinozio astronomico si era abbassata di circa
dieci giorni rispetto alla data canonica del 21 marzo che è alla base del
computo della Pasqua. L’errore costrinse la Chiesa alla riforma attuata
nel 1582 da Papa Gregorio XIII. Per annullare la differenza
accumulatasi nei secoli, si cancellarono dieci giorni passando
direttamente da giovedì 4 a venerdì 15 ottobre 1582.
Nel 1436 Cusano scrisse De Correctione Kalendarii, un testo che
portò al Concilio di Basilea. In esso suggerì di eliminare la settimana
di Pentecoste dell’anno 1439, ritenendo che l’errore fosse di sette
giorni. La discordanza era invece già di dieci giorni e in ogni caso la
proposta di Cusano fu accantonata. Cusano non era però una persona
che si arrendeva facilmente. Nilo Tiezza afferma che egli è un “
pensatore emancipato, che vuole vedere da sé, giudicare da sé,
decidere da sé…..e sa che in ogni cosa, non è mai detta l’ultima
parola.” Dopo l’insuccesso di Basilea, Cusano acquistò gli strumenti
astronomici sopra indicati per approfondire le sue nozioni sui
Il cardinale Cusano rappresentato nelle movimenti degli astri in cielo, probabilmente alla ricerca dello
strumento per determinare con precisione i giorni da recuperare.
cronache di Norimberga
Quando giunse ad Andraz, nella quiete del Castello, tra il verde
intenso dei pascoli estivi e le bianche, interminabili distese di neve dei lunghi inverni, il Cardinale lavorò su
alcune opere della sua straordinaria produzione letteraria: De caesarea circuli quadratura, De beryllo, De
mathematica perfectione, Aurea propositio in matematica. Inoltre, probabilmente, forò la parete della “segreta”
costruendosi lo strumento per recuperare e riallineare gli equinozi.
Il foro ha un diametro di 6 cm ed è praticato su un muro dello spessore di 65 cm. Con l’uso di un teodolite
l’autore di questo articolo ha rilevato un’inclinazione verso l’alto di 16.7° e l’orientamento in direzione sudovest con azimut A = +28.5° misurato dal semimeridiano Sud. Esaminato da vicino, il pertugio mostra
chiaramente d’esser stato fatto con strumenti antichi: non ha il taglio netto di una carotatrice o di una
perforatrice, il suo profilo è frastagliato e irregolare. Usando l’immagine del Sole che d’inverno entra nella
“segreta” attraverso il piccolo spiraglio, si può determinare con precisione la data astronomica del solstizio di
dicembre, requisito sufficiente per la soluzione del problema. Ecco la spiegazione del metodo.
Come ricavare la data del solstizio
Al solstizio estivo il Sole compie l’arco diurno massimo e culmina sul meridiano locale toccando in cielo il
punto più alto. Da quel giorno, ogni giorno, il Sole si abbassa in ogni punto del suo arco diurno. Scendendo,
arriva il giorno in cui un piccolo raggio di Sole entra dal foro nella stanza. Quel giorno coincide ai giorni nostri
col 9 novembre. Dopo di allora, giorno dopo giorno, il Sole all’esterno si abbassa e l’immagine nella stanza
sale sulla parete opposta. Proseguirà così fino al giorno del solstizio d’inverno. Dal giorno seguente il Sole
lentamente torna ad alzarsi e, sulla parete, l’immagine ad abbassarsi. Continuerà così fino al primo febbraio,
giorno in cui l’immagine entra nella stanza per l’ultima volta. Il 2 febbraio la “segreta” torna al buio senza il
raggio di luce che le ha tenuto compagnia per 84 giorni, la cui metà è 42. Sommando al 9 novembre (o
sottraendo dal 1 febbraio) 42 giorni, si arriva al 21 dicembre, il giorno del solstizio d’inverno.
L’operazione può essere ripetuta più volte. In figura 1, se D1 è la data in cui il Sole transita in un punto
qualsiasi quando l’immagine sale (prima del solstizio), e D2 la data in cui l’immagine passa nello stesso punto
quando scende (dopo il solstizio), la data del solstizio DS si ottiene sommando alla prima data la metà della
differenza in giorni tra le due date, cioè:
DS  D1 
D2  D1
2
Nel 1457, con la riforma ancora da fare, il giorno più corto fu il 12 dicembre. La differenza rispetto al 22
dicembre, data canonica del solstizio di quell’anno, era esattamente di dieci giorni, quelli che furono poi
eliminati. Come detto Nicolò Cusano fu amico di Paolo Dal Pozzo Toscanelli che nel 1468 costruì lo gnomone
di Santa Maria del Fiore a Firenze, un foro alto 90 metri utile per l’individuazione del solstizio estivo, in
letteratura il primo di quel genere. I due fori solstiziali, quello del Castello di Andraz e quello del Duomo di
Firenze, sembrano costruiti per la stessa funzione e potrebbero quindi avere in comune anche i loro progettisti.
In questo caso il foro solstiziale del Castello di Andraz diverrebbe il più antico esistente.
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IL VIAGGIO INFINITO DELLE VOYAGER di Alvise Tomaselli
Alla fine degli anni 60 un ambizioso progetto
spaziale prevedeva la costruzione di alcune sonde
con l’obiettivo di esplorare i pianeti più lontani dal
Sole, in particolare Giove e Saturno e
successivamente, se tutto fosse andato per il verso
giusto, andare oltre il limite fisico e “psicologico” del
sistema solare.
In realtà i sogni faraonici delle grandi conquiste
spaziali vennero quasi immediatamente
ridimensionati e si puntò a qualcosa di più
economico.
Furono così pensate e progettate due sonde :
Voyager 1 e Voyager 2.
Il primo grande problema da risolvere fu definire il
tipo di alimentazione da adottare, dal momento che
a distanze molto grandi dal Sole non era ipotizzabile
ricaricare eventuali batterie sfruttandone l’energia. Si
puntò quindi ad un’alimentazione basata sul
decadimento radioattivo del plutonio. Bisognava poi
progettare un sistema
in grado di captare e
trasmettere debolissimi segnali radio indispensabili
per tenere i contatti a quelle grandi distanze. Per il
lancio si decise di utilizzare il più potente vettore
esistente all’epoca : il razzo Titan-Centauro (Titan
III). Inoltre, ma non poteva essere diversamente, si
decise di utilizzare l’effetto “fionda gravitazionale” (fly
-by) per accelerare le sonde, sfruttando la forza
centrifuga impressa dal passaggio della sonda
stessa vicino ai corpi del sistema solare.
Con queste premesse, il 20 agosto del 1977 veniva
lanciata la Voyager 2 e pochi giorni dopo , il 5
settembre 1977, la Voyager 1.
La dotazione di bordo
Una delle sonde Voyager
Con un peso di 722 Kg. le sonde erano dotate di
alcuni propulsori (16) per gestire la direzionalità e una serie di strumentazioni per la raccolta dei dati,
nonché antenne per l’invio degli stessi sulla Terra. In particolare furono attrezzate con sensori per la
rilevazione di campi magnetici, sensori per misure radiometriche, uno spettrometro, un rilevatore di
raggi UV e raggi cosmici, strumentazione per la realizzazione di immagini fotografiche. La tecnologia
usata forse oggi fa un po’ sorridere, ma dobbiamo pensare che i progetti erano il frutto di quello che
si conosceva negli anni settanta.
A bordo fu anche sistemato un disco magnetico in una custodia dorata contenente indicazioni
essenziali (suoni e immagini), per poter rendere edotti sulle caratteristiche fisiche della Terra e dei
sui abitanti eventuali intelligenze extraterrestri che si fossero imbattute nelle sonde.
Il viaggio
La Voyager 1 iniziò l’esplorazione di Giove il 4 gennaio 1979 e il 3 marzo arrivò ad incrociare l’orbita
della luna Callisto. Il 5 marzo effettuò il “fly-by” di Giove avvicinandosi fino a 22.000 km.
Nel contempo, il 9 agosto 1979, iniziò il lavoro della sonda gemella Voyager 2 che transitò a 126.000
km. da Callisto e successivamente, risolti alcuni problemi al sistema di raccolta immagini, fu
impegnata nella trasmissione di immagini della Luna Io. Seguirono gli incontri ravvicinati con le lune
Ganimede (passaggio a 62.000 km. di distanza) e Europa (avvicinamento fino a 206.000 km.).
Il viaggio proseguì verso Saturno, raggiunto da Voyager 1 nel novembre 1980. Anche Voyager 2 (il
27 agosto 1981) arrivò nei pressi del ”Signore degli anelli”. Da questo punto in poi le due sonde
presero decisamente direzioni diverse. Voyager 1 puntò verso l’uscita dal sistema solare senza
incontrare altri pianeti mentre Voyager 2 fu fatta dirigere verso Urano, dove arrivò nel gennaio 1986,
proseguendo poi verso Nettuno, raggiunto nell’agosto 1989. Da questo momento anche Voyager 2
abbandonò l’esplorazione del sistema solare per dirigersi verso lo spazio profondo.
11
Scoperte
E’ quasi superfluo dire che si
tratta di due missioni spaziali di
grande rilevanza scientifica e
mediatica. Le numerosissime
immagini inviate dalle due sonde,
specie quelle riguardanti Giove e
Saturno, hanno fatto la storia
della fotografia astronomica di
dettaglio. Per anni sono state le
uniche immagini ravvicinate a
disposizione. Solo recentemente
quelle zone del sistema solare
sono state esplorate da altre
missioni (“Galileo” per Giove, e
“Cassini” per Saturno).
Indimenticabili le immagini dei
satelliti principali di Giove e degli
anelli di Saturno. Ma non
dimentichiamo la scoperte di tre
nuovi satelliti di Giove e il suo
La traiettoria delle due sonde Voyager dopo il lancio
sottile disco di polveri. Di grande
interesse scientifico anche i dati registrati circa i campi magnetici dei pianeti visitati e i rilievi sui
raggi UV e cosmici specie nello spazio extrasolare.
E ora?
Dopo più di trent’anni le due sonde stanno cercando i confini del sistema solare (eliopausa), là dove
l’influenza magnetica e il plasma di particelle (vento solare) che emana in ogni momento la nostra
stella non ha più influenza. Oltre quel punto c’è lo spazio interstellare. Quali sono le difficoltà? Sono
grandi, soprattutto per l’ enorme distanza che separa ormai le due sonde dal nostro pianeta (vedi
tabella sotto).
Dati missione
Data di lancio
Velocità di spostamento
Distanza dalla terra (aprile 2013)
Tempo per invio dati
Stato di funzionamento
Voyager 1
9/9/1977
61.000 km/ora circa
18,5 miliardi di km
17 ore
Attiva
Voyager 2
20/8/1977
55.000 km/ora circa
15,5 miliardi di km
14 ore
Attiva
Gli ultimi flebili segnali che ancora giungono da queste instancabili sonde hanno fatto ipotizzare ai
ricercatori e responsabili del programma spaziale che ormai siano giunte in prossimità del limite
estremo di influenza del Sole. In sostanza stanno facendo un tuffo nello spazio, quello vero, che
separa le stelle l’una dall’altra, dove è possibile incontrare pochi atomi e....dove la solitudine è quella
vera.
Voyager 1 (di fatto, la sonda spaziale più distante dalla Terra) fra 40.000 anni passerà nei pressi (1,6
anni luce, circa 15.000 miliardi di km) della stella AC+783888 nella costellazione della Giraffa).
Voyager 2 fra 260.000 anni transiterà a 4, 6 anni luce (circa 45.000 miliardi di km) dalla stella Sirio.
Conclusioni
Sicuramente le sonde Voyager rappresentano una pietra miliare nella storia della ricerca
astronomica e dell’astronautica. Un progetto ambizioso, di grandi vedute. Considerando i tempi in cui
fu pensato ha rappresentato per la scienza un passo non privo di incognite ma nel contempo di
grande coraggio.
12
GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI
Proseguendo nelle interviste ai nostri Associati, conosciamo Chiara Zavarise, insegnante di
professione, entusiasta new entry del nostro gruppo. Chiara ha molteplici interessi ma poco tempo
per coltivarli tutti. Uno spazio per il cielo stellato però, di tanto in tanto, ha dimostrato di riuscire a
ricavarlo e di tanto in tanto ci mette al corrente di qualche sua esperienza celeste o ci chiede qualche
consiglio. Vive a contatto con i giovani studenti, volontari dell’ODAR e del Centro Missionario e
scout, parlando loro, in qualche occasione, delle stelle.
La domanda iniziale è scontata: quando e come hai iniziato ad osservare con vera curiosità il
cielo?
Da piccola, quando si inizia a guardare la forma delle nuvole, l’immaginazione va sempre oltre. Vedi
gli animali, le lettere, il loro movimento veloce con il vento: già ci si abitua a scrutare il cielo con
curiosità, come un mistero che nasconde sempre qualcosa, come il Sole dietro alle nuvole. Mi
capitava di ritrovarmi spesso a bocca aperta davanti ad un’alba o un tramonto, la Luna o il cielo
stellato. E così ora, crescendo, ho pensato che altri prima di me hanno studiato tutto questo mistero,
e che potevo iniziare ad attingere da loro.
Qual è la più grande soddisfazione che finora ti sei tolta e quale vorresti toglierti
prossimamente?
Una sera ho fatto una pazzia: sono partita da Padova e dopo qualche ora mi ritrovavo, zaino in
spalla verso Col Margherita, alle 3 di notte, insieme a due compagni sognatori come me. Da lassù,
già ero felice per il passaggio insperato dalla pioggia alle nuvole e dalle nuvole al Sole e.. poi, che
soddisfazione assistere al passaggio di Venere sul Sole! Lo ricorderò per sempre. Prossimamente,
continuerò a leggere le e-mail dell’Associazione: passerà qualche altra cometa? La aspetto!
Da neofita e comunque abitando a Belluno, ti sei resa conto di come l’inquinamento luminoso
riduce l’osservazione della volta stellata? Prima avevi coscienza della problematica?
Insomma, non esageriamo! D’accordo, voi vivete in Paradiso, nell’alto Agordino, ma Belluno non è
mica l’inferno! Mi sono accorta dell’inquinamento luminoso quando, facendo l’università a Padova,
sentivo la mancanza delle stelle di casa mia. Il cielo più spettacolare penso di averlo visto nei posti
più poveri del mondo, in un altopiano desertico a nord del Messico, o sulle Ande sud Americane.
Tu sei insegnante. Secondo te i giovani sono attratti dal cielo e dall’astronomia?
Secondo me, i giovani sono attratti da qualunque cosa venga presentata loro con passione. Ormai
hanno mezzi in abbondanza per conoscere tutto senza sforzo, come telefonini con programmi che
riconoscono e mostrano sullo schermo le costellazioni anche se il cielo è nuvoloso! Ma è solo
quando hai davvero la passione dentro che le conoscenze si impregnano nel cuore e non le togli più.
La batteria del telefono può anche spegnersi in montagna, ma ciò che ti porti dentro avrà sempre
qualcosa da dirti. E contagia gli altri.
In che circostanze hai conosciuto la nostra Associazione?
I miei genitori vivono nell’Agordino, ed è quindi impossibile non sentir parlare dell’osservatorio di San
Tomaso. Penso siano stati loro a farmi scoprire l’Associazione.
Da neofita ti sei posta qualche obbiettivo da raggiungere?
Al momento mi sono solo proposta di continuare questo cammino, a piccoli passi, magari comprando
un binocolo per iniziare ad essere più autonoma. Continuerò comunque a trovare il tempo, nelle mie
giornate piene, per tenermi aggiornata con le e-mail dell’Associazione e a alzare lo sguardo. Ciò che
spero è di non smettere mai di stupirmi.
13
SULLE TRACCE DI ORIONE di Serena Dagai
Sabato 18 febbraio 2012 gli Astrofili Agordini hanno organizzato un’ escursione da Laste fino al Col delle
Cajiere per osservare le stelle invernali. Partiti verso le 16:30 ci siamo incamminati verso Malga Laste. La
serata era abbastanza fredda, ma nonostante questo eravamo in tanti (il gruppo era composto da circa 25
persone). Data la scarsità di neve, non è stato necessario l’ uso della ciaspe. Raggiunta la meta verso le 18.00,
aspettando che facesse buio, abbiamo bevuto tè e brulè per scaldarci. Una volta buio alcuni astrofili ci hanno
illustrato, grazie a un potente laser, diverse costellazioni : Orione con i suoi cani, il Grande e il Piccolo Carro,
Cassiopea, Cefeo, Perseo, il Toro, i Gemelli, il Leone, il Dragone… Abbiamo così potuto apprezzare la
fantasia degli antichi, che interpretarono la posizione della stelle in modo originale. Abbiamo visto anche i
pianeti Giove, Venere e Marte, che si distinguevano dalle altre stelle perché più brillanti anche di Sirio, l’astro
più luminoso della volta celeste.
Abbiamo poi assistito al passaggio della Stazione Spaziale Interrnazionale che viaggia a 25000 km/h e compie
in un ora e mezza un orbita completa attorno al nostro pianeta. L’ abbiamo vista comparire a Nord-est come un
puntino brillante che viaggiava veloce. Poi è scomparsa, entrando nel cono d’ ombra della terra. Con un
telescopio abbiamo osservato le Pleiadi e quattro degli oltre sessanta satelliti di Giove.
Purtroppo non siamo riusciti a vedere tutte le costellazioni, soprattutto quelle vicino al Monte Civetta e al Col
di Lana, a causa dell’ inquinamento luminoso prodotto dalle piste da sci della Val di Zoldo e dalla Val Badia.
Gli astrofili ci hanno spiegato perché si battono contro questo fenomeno; non si tratta di dover spegnere tutte le
luci, ma di indirizzare il fascio luminoso dove ve ne sia davvero bisogno, cioè verso il basso. Un esempio di
spreco sono i lampioni a palla, dato che metà della luce viene inutilmente diffusa verso l’ alto. Magari fra
qualche anno, per colpa di questo fenomeno, non potremo più vedere il cielo stellato e sarebbe un vero peccato.
Un po’ alla volta il freddo ha cominciato a farsi sentire, convincendoci ad imboccare la strada del ritorno
guidati dalla luce delle torce. Siamo arrivati in paese verso le 21.00, stanchi ma soddisfatti.
È stata un’ esperienza interessante che ci ha permesso di comprendere la bellezza, non sempre apprezzata, di
quello che abbiamo sopra la nostra testa.
Anche quest’anno l’esperienza è stata riproposta e grazie alla partecipazione del CAI di Agordo Il gruppo era
più numeroso dell’ anno scorso (una quarantina i partecipanti). La serata è stata ugualmente coinvolgente e
istruttiva, nonostante il freddo pungente che ci ha costretti a restare per gran parte del tempo nella stalla,
bevendo del tè caldo. Abbiamo comunque potuto ammirare nuovamente le bellezze del cielo notturno
invernale.
PLANETARIO DI S. TOMASO
Le serate si tengono ogni venerdì con inizio alle 20.30. Per partecipare occorre prenotarsi telefonando al
Comune di S. Tomaso in
mattinata allo 0437/598004
oppure passare direttamente in
Municipio. Il costo è fissato in 5
euro per gli adulti e 3 euro per i
minorenni. Non pagano i
bambini sotto i cinque anni e i
portatori di handicap. Al
raggiungiment o del t et to
massimo di prenotazioni per una
serata, si sarà dirottati
alla
successiva o alla prima dove ci
sia posto (se d' accordo).
Per le scolaresche sono due le
giornate di apertura settimanale,
il mercoledì e il giovedì con
lezioni alle 9.00 e alle 10.30. La
prenotazione va effettuata sempre ai numeri del Municipio e il pagamento (anticipato) è possibile tramite
bollettino di c/c Il costo va dai 2,50 euro a persona per le scuole dell' obbligo ai 3,00 euro per le superiori. Il
numero massimo di studenti per lezione non può superare i 25 per le scuole dell' obbligo e i 20 per le superiori
(nel numero rientrano gli accompagnatori).
PER GLI ASSOCIATI L’INGRESSO E’ GRATUITO
141
LE MIE COMETE di Vittorio De Nardin
Era la primavera del 1996 e mio figlio Andrea, che aveva allora due anni, spesso si svegliava di notte. Avendo
appreso dai mezzi di informazione che in quel periodo c'era una cometa che stava dando spettacolo in cielo,
ogni tanto coglievo l’occasione per dare una sbirciatina a quell'oggetto così particolare. Si trattava della C/1996
B2 meglio conosciuta con il nome del suo scopritore, il compianto astronomo dilettante Yuji Hyakutake.
Questa cometa si è potuta ammirare per poco tempo, ma è rimasta impressa nella mente di tutti gli astrofili,
basti pensare che all'apice della sua luminosità possedeva una coda che si estendeva per ben 80 gradi,
praticamente metà della volta celeste! Purtroppo a quel tempo non ero ancora appassionato di astronomia e il
mio non era un osservare da astrofilo estasiato per quella
magnifica, stupenda, spettacolare visione. Guardavo in
maniera quasi distratta, superficiale. Molti tempo dopo mi
sarei pentito amaramente di questo comportamento....Il caso
comunque volle che circa un anno dopo si presentasse in
cielo un' altra cometa “insignificante”.....una certa HaleBopp, una delle grandi comete del secolo scorso, che ha
ammaliato una marea di persone ed è stata visibile ad occhio
nudo per ben 18 mesi. La vedevo da casa mia, ad Agordo,
sopra le Pale di San Lucano, ma anche in questa occasione
non è scoccata la scintilla dell'astrofilo.....sembra impossibile
ma è andata proprio così, quella "cometona" non è riuscita a
farmi
innamorare del cielo.
La cometa Hale-Bopp
Passa il tempo ed arriviamo al 2007, anno cruciale per la mia carriera di astrofilo. Nell’ agosto di quell’anno
visitai per la prima volta il planetario di San Tomaso, entrando in contatto con un mondo assolutamente
affascinante e coinvolgente. Successivamente, tramite un'amica già socia di “Cieli Dolomitici”, venni a sapere
che il 31 ottobre era stata organizzata una serata dedicata alla cometa 17/P Holmes, che nei giorni precedenti
aveva avuto un eccezionale incremento di luminosità, passando dalla magnitudine 17 ( quindi osservabile
solamente con grossi telescopi professionali ) alla magnitudine 2,5, divenendo facilmente visibile ad occhio
nudo anche sotto cieli moderatamente inquinati. Tutto questo grazie a un outburst, una mini esplosione del
nucleo cometario. La Holmes è stata la mia prima cometa osservata attraverso un telescopio. Ricordo molto
bene il nucleo centrale, attorniato dalla chioma di forma sferica. Anche ad occhio nudo si percepiva un bel
batuffolo di cotone, che faceva compagnia alle stelle più luminose della costellazione di Perseo. In
quell'occasione ho potuto gettare lo sguardo anche sulla Galassia di Andromeda, che fino ad allora avevo visto
solo attraverso il mio piccolo binocolo 10x40. Fu una visione molto appagante. Durante la serata conobbi i
membri più attivi di “Cieli Dolomitici” e decisi di dare un contributo maggiore all’Associazione. Nei giorni
successivi continuai ad osservare la cometa, notando il suo progressivo spostamento rispetto alle stelle. Passati
alcuni mesi decisi di acquistare il mio primo telescopio, avendo ormai capito che di non essere immune al
fascino dell’universo.
Nel 2009 fece la sua comparsa un altra cometa luminosa, la C/2007 N3 Lulin, che nel mese di febbraio offrì un
ottimo spettacolo. La sua buona luminosità ci spinge ad organizzare una serata a lei dedicata. Il meteo ci
sorrise e in riva al lago di Alleghe ci fecero compagnia 50-60 persone, che si alternarono ai vari strumenti che
avevamo messo a disposizione. La Lulin, di un bel colore verdastro, mostrava la coda e l’ anticoda, che per una
questione di prospettiva assumevano l’aspetto di due propaggini quasi opposte. Alla fine di quella serata io e gli
altri amici dell' Associazione ci concedemmo un drink in un bar ad Avoscan. Parcheggiai la macchina in una
piazzola accanto ad una casa e poi entrai nel locale. pochi minuti dopo il proprietario del bar, che aveva appena
preso una boccata d'aria, rientrando chiese a chi appartenesse una Fiat Punto verde. Capii che parlava della mia
auto e un po' timoroso domandai se fosse successo qualcosa....Lui mi invitò a seguirlo. Quell’inverno di neve
ce n’era una montagna e una volta all’esterno osservai sconsolato la mia povera vettura con la fiancata sinistra
devastata dalla neve caduta dal tetto dell’abitazione sotto la quale avevo parcheggiato. Mi consolai pensando a
quel che sarebbe potuto succedere se la “valanga” fosse caduta mentre scendevo dalla macchina... Nei giorni
successivi continuai ad osservare la Lulin, approfittando della limpidezza del cielo invernale.
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piazzale di casa. Una sera io e il mio amico Nevio salimmo verso passo Duran, raggiungendo Malga Caleda,
dove puntammo i nostri strumenti sull'astro chiomato. La Hartley, cometa poco spettacolare, ci parve simile a
un ammasso globulare.
Nell' agosto del 2011 fu la C/2009 P1 Garradd ad attirare la mia attenzione. La cometa, osservata sempre con il
mio ottantino, mostrava un minimo accenno di coda. Il 10 agosto salii al rifugio Bottari, sopra Falcade,
assieme ad alcuni componenti dell’Associazione, per una serata richiestaci dai gestori del rifugio, membri del
CAI di Oderzo. In questa occasione, dopo aver mostrato al numeroso pubblico i classici oggetti del cielo estivo,
puntai la Garradd, facendo notare che non esistevano solo le "mega" comete tipo la Hale Bopp.
Successivamente la osservai ancora un paio di volte.
Due ottobre 2011: mi alzo presto dirigendomi in macchina verso Voltago. Ho bisogno di un orizzonte libero
verso est per poter annotare sulla mia agenda astronomica l’osservazione di un altra "palla di neve sporca" ,
nomignolo affibbiato alle comete da un famoso astronomo. Si tratta della 45/P Honda-Mrkos-Pajdušáková. Mi
fermo poco prima del paese a lato della strada e preparo il telescopio. Utilizzando una cartina che riporta il
percorso della cometa, incomincio poi la ricerca nel cielo prossimo all'alba. Individuo il nucleo, ma la coda non
riesco a percepirla, anche perché il contrasto è ormai ridotto al minimo. Rimetto tutto in auto e riprendo la via
di casa.
Nel dicembre del 2012 io e Claudio Pra siamo saliti al rifugio Scarpa per l'inaugurazione del Dolomites
Curiosity Observatory, un osservatorio astronomico annesso alla struttura di proprietà del CAI di Agordo.
Dopo aver ascoltato gli interventi di un paio di illustri ospiti, il fotografo -escursionista Tommaso Forin e la
brava alpinista Tamara Lunger e dopo aver gustato un'ottima cena, eccoci sul terrazzo del rifugio accanto ai
notevoli telescopi, uno S.C. Celestron da 20 cm. di diametro e un possente Dobson da ben 46 cm. di diametro.
Inoltre, nei pressi del rifugio, montato su una colonna fissa, c'è un Newton da 20 cm. di apertura che si può
muovere a distanza e che è usato per l’astrofotografia. Un parco strumenti decisamente niente male. Causa il
meteo, che fino al primo pomeriggio sembrava tendere al brutto, non c'è molta gente. La tenacia dei pochi saliti
fin quassù è stata però premiata da una nottata veramente ottima, che ci ha permesso di osservare diversi
oggetti, tra cui la cometa C/2012 K5 Linear, puntata abbastanza agevolmente da Claudio. L’oggetto
presentava un evidente accenno di coda, ben evidenziata della generosa apertura mega telescopio usato per la
sua osservazione.
Ma veniamo ai giorni nostri. Il 2013 è iniziato in maniera molto promettente. Infatti, verso metà marzo, è
arrivata sui nostri cieli l’ attesissima C/2011 L4 PANSTARRS. Per comete come queste l'astrofilo si prepara
accuratamente, in modo da non arrivare impreparato al grande appuntamento. Ma spesso è la sorte a mandare
tutto all’aria... Quello che è successo al sottoscritto è veramente comico: è il 15 aprile e decido di tentare il
primo approccio visual/fotografico con la PANSTARRS. Carico la strumentazione in auto e parto verso il
Passo Duran. Sono le 18:30 circa e devo sbrigarmi perché lo spiraglio osservativo è molto ristretto. Arrivo a
qualche centinaio di metri dal valico e lì, a lato della strada, decido di posizionarmi. Preparo il telescopio e
monto in parallelo sul tubo ottico la fotocamera digitale, Il cielo è ancora chiaro e rintracciare l'oggetto dei
desideri non è proprio agevole. Consulto la cartina che riporta il tragitto della cometa giorno per giorno e
basandomi sulla sua posizione rispetto alla Luna un dubbio mi sfiora: avrò azzeccato la scelta del
sito?....L’ovest infatti è un po' ostruito dalle montagne che incombono e la cometa è molto bassa sull’orizzonte.
Mah! Guardo l'orologio, le diciannove sono passate da una manciata di minuti. Devo muovermi. Smontato lo
strumento e caricatolo in macchina scendo verso valle. Dopo un paio di chilometri mi arresto su una piazzola.
Da lì l'orizzonte verso ovest è leggermente più aperto. Tiro fuori di nuovo il telescopio e mentre sto allineando
il cercatore puntando la cima di una montagna cosa ti vedo? Una piccola chiazza luminosa con uno sbuffo di
luce che punta verso l'alto. Non sarà mica la PANSTARRS? Si, è lei! Ho a disposizione sì e no 5 minuti per
fotografarla, prima che sparisca dietro le montagne. Avvito la fotocamera sopra al tubo ottico ed eseguo
qualche scatto in tutta fretta. Mi avvicino poi all'oculare del telescopio giusto in tempo per vedere la cometa
sparire definitivamente. E se mi spostassi un po' più verso il passo? Detto fatto! smontata per l'ennesima volta
la strumentazione riparto, ma dopo una manciata di minuti mi fermo sconsolato, rendendomi conto che mi
conviene tornare a casa: ho cannato completamente il luogo d'osservazione. E sarei un astrofilo serio? Penso di
avere sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare! Ho però fiducia di rifarmi nei giorni successivi, ma prima il
maltempo e poi l'assenza da casa per motivi di lavoro non mi permettono più di osservare la cometa. Mi
consolo guardando, con un pizzico di invidia i numerosi report fotografici (molti del nostro bravo Claudio Pra )
che vedo sulle riviste astronomiche ed in internet.
Spero possa andare decisamente meglio con la C/2012S1 ISON, che a novembre-dicembre di quest’anno, a
detta degli esperti, potrebbe estasiarci. Potrebbe, perché molte volte le previsioni entusiastiche si tramutano in
cocenti delusioni e le aspettative vengono deluse. Le comete sono da prendere con le pinze perché sono spesso
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imprevedibili. . Ma noi astrofili già sogniamo una ISON capace di squarciare il cielo come una lama di luce.
INTERVISTA A GABRIELE VANIN di Claudio Pra
Gabriele Vanin è Presidente emerito dell'Unione Astrofili Italiani (in carica fra il 1995 e il 2000), fondatore e
Presidente dell’Associazione Astronomica Feltrina Rheticus. Ha scritto parecchi libri tra i quali “Principi della
notte”, con chiaro riferimento agli astrofili. Nel campo è conosciuto e apprezzato per la sua grande competenza
e la sua instancabile attività divulgativa.
Quanto è cambiata l’attività dell’astronomo dilettante da quando lei ha cominciato a coltivare questa
passione molti decenni fa?
E’ cambiata moltissimo per i progressi in campo tecnologico che abbiamo sotto gli occhi. Inoltre la diffusione
della scienza è aumentata e gli astrofili hanno ora una comprensione dei fenomeni astronomici molto maggiore
rispetto al passato. Devo però constatare che ai nostri giorni molti appassionati preferiscono l’elaborazione
delle immagini davanti al computer piuttosto che l’attività sotto il cielo e questo a mio parere non è positivo.
Ci sono giovani disposti a intraprendere con impegno in questa attività così affascinante ma di certo non
facile, o la passione per il cielo stellato è prerogativa delle vecchie generazioni. In sostanza c’è la
speranza che anche fra qualche decennio ci sia ancora qualcuno che osserva il cielo?
Bella domanda! Io vorrei essere fiducioso ma guardando alla mia Associazione, la Rethicus di Feltre, devo dire
che è la vecchia guardia a tirare la carretta. Ci sono si dei giovani, ma molto pochi rispetto ai soci storici e il
ricambio si fa desiderare. Spero che il trend cambi ma ho l’impressione che i giovani abbiano altri interessi.
Tutto sommato l’hobby dell’astronomia è impegnativo, da “uomini duri”, come ha avuto modo di scrivere un
vecchio astrofilo ligure, il compianto Mario Monaco, e quindi non tutti sono disposti a praticarlo.
Dopo aver fotografato e osservato di tutto, cosa la stimola ancora a frequentare la volta stellata?
Ho osservato di tutto ma non certo tutto. Per fortuna ci sono ancora cose nuove da osservare e comunque quelle
vecchie sono sempre belle da vedere. Ad esempio i pianeti, che a un certo punto si perdono nel chiarore del
Sole ma tempo dopo si possono ritrovare e riosservare con entusiasmo. Per non parlare delle comete; non ce
n’è mai una uguale a un'altra. Insomma, è sempre lo stesso cielo me è sempre una novità. Con la crisi odierna
poi, abbiamo la bella sorpresa di veder diminuito l’inquinamento luminoso, avendo quindi la possibilità di
osservare sotto cieli un po’ più bui.
Lei ha scritto parecchi libri sul cielo e l’astronomia, tra i quali mi piace ricordare “I principi della
notte”, ovvero gli astrofili. Un omaggio a una categoria di persone che porta avanti una tradizione
antichissima…
La tradizione è antichissima perché non dobbiamo dimenticarci che gli astronomi di un tempo erano spesso
degli astrofili, mossi dalla grande passione per il cielo stellato. Quei pochi che lo facevano di mestiere avevano
la fortuna di essere pagati dalla comunità, ma non c’era certamente la struttura accademica di oggi, oppure
erano fortunati nello sposare ricche ereditiere e a quel punto potevano dedicarsi senza problemi alla loro
passione. Durante il medioevo, ma anche durante i primi secoli dell’età moderna, lo scienziato in generale era
colui che aveva il privilegio di non dover lavorare per vivere, quindi o qualcuno lo manteneva o si accontentava
di poco, occupandosi della sua passione. La scienza quasi mai permetteva di incamerare un reddito e quindi
erano da considerare astrofili proprio come noi.
Qual è il fenomeno o l’osservazione più incredibile che ricorda?
Direi la tempesta di stelle cadenti che ho visto dal Monte Sinai nel 1999. Una quantità sterminata di meteore,
circa quattromila all’ora, viste da un sito davvero adatto. Allora ero Presidente dell’Unione Astrofili Italiani e
temendo che in quel periodo in Veneto il meteo fosse sfavorevole (come è poi stato) organizzai insieme ad
altri il viaggio in Egitto. Fu uno spettacolo davvero incredibile. Tra l’altro, a quel tempo, non era possibile
prevedere come oggi questa tipologia di fenomeno e temevamo che la tempesta si sarebbe ripetuta dopo un
secolo o più. Invece oggi sappiamo che nel 2034 lo spettacolo si ripeterà con un tasso di meteore addirittura
superiore, circa 5500 all’ora.
Perché in Italia l’astronomia è relegata in un angolino mentre imperversa l’oroscopo o trasmissioni
assurde che cercano l’audience attraverso incredibili invenzioni?
Non lo so. Forse le cause vanno ricercate in una riforma della scuola varata quasi un secolo fa, la riforma
Gentile e nella filosofia Crociana e quindi anche Gentiliana, che vedeva nella scienza una cosa da tecnici, non
degna di essere definita cultura. Per molti decenni, grazie all’eccellenza delle nostre menti scientifiche, siamo
riusciti a limitare questa sciagura ma ultimamente i nodi vengono al pettine e quindi paghiamo lo scotto di
questa grande frattura che si è creata nella scuola e nella società italiana. Da questo punto di vista la comunità
degli astrofili ha svolto un opera davvero encomiabile, quasi eroica, nel cercare di portare l’astronomia in
particolare,
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la scienza in generale, a livello delle nuove generazioni e del pubblico.
Recentemente a Feltre avete inaugurato un nuovo planetario. Come vanno le cose? Le persone lontane
dal cielo sono attratte dalla struttura?
Devo dire che vanno meglio di quanto pensassi. Abbiamo più gente ora, pur facendo pagare un biglietto di
ingresso, che nel passato, quando non chiedevamo niente per le nostre iniziative. Dal giorno dell’inaugurazione
del nostro centro astronomico, in meno di sei mesi abbiamo avuto più di 2200 visite. Questo ci fa capire che c’è
una grande fame di scienza e che comunque la gente capisce che i soldi ci servono per finire di pagare una
struttura che ci è costata parecchio e che non ha usufruito di contributi pubblici. Siamo davvero soddisfatti.
Ha un sogno nel cassetto legato alla passione per il cielo stellato?
Il mio sogno è quello di molti altri astrofili. Poter usufruire di una struttura pubblica con a disposizione
strumenti dal diametro enorme, un metro e mezzo o due metri. Negli Stati Uniti ciò è possibile. Il vecchio
telescopio di Monte Wilson, un metro e mezzo di diametro, è stato reso disponibile per l’osservazione pubblica.
In Italia si potrebbe fare qualcosa con gli strumenti che ormai son quasi del tutto dismessi negli osservatori
professionali, costruiti curiosamente vicino a luoghi troppo vicini a forti fonti di inquinamento luminoso e oggi
quindi inservibili. Se però fossero messi a disposizione della comunità potrebbero rendere un grande servizio.
Cosa è il cielo per Gabriele Vanin?
Il cielo è molto più della metà della realtà in cui viviamo. E’ qualcosa con cui bisogna fare i conti tutti quanti,
non solo noi astrofili. Questo è il messaggio che dobbiamo far passare. La nostra vita è determinata dal cielo in
maniera molto più importante di quanto la gente non sia disposta ad ammettere. La storia del nostro pianeta ha
spesso a che fare con qualcosa che proviene dal cielo. non dimentichiamo poi che la cosa più importante per
l’uomo è un oggetto astronomico, il Sole. Senza la nostra stella noi non saremo qui.
GRANDI SFIDE PER GIOVANI MENTI di Nadia Tomaselli
Esperienza di un “incontro” tra i bambini della scuola materna e l’astronomia
Nadia è una giovane maestra d’asilo. Fin da bambina ha coltivato il sogno di diventare
insegnante. Così, nel 2008, concluso il liceo scientifico di Agordo, si è trasferita a Padova
dove, dopo un percorso universitario quadriennale, ha conseguito a marzo di quest’anno il
diploma di Laurea magistrale in Scienze della Formazione Primaria, titolo che abilita
all’insegnamento nella scuola materna. L’esperienza raccolta in queste righe descrive con
chiarezza e perizia la realizzazione di un’idea quasi “impossibile” che si trasforma invece in
qualcosa di unico e che ha come obiettivo quello di trasferire le emozioni delle conoscenze
scientifiche legate ai segreti del cielo a dei giovanissimi discenti. Traspare la difficoltà del
percorso didattico e per contro, la bravura, la competenza e l’entusiasmo dell’autrice, che ora
Se vi state chiedendo la ragione che giustifica un mio intervento all’interno di un giornalino dedicato
all’astronomia, ecco la semplice motivazione: il Corso di Laurea in Scienze della Formazione
Primaria prevede che durante il quarto e ultimo anno gli studenti realizzino un periodo di tirocinio
presso una scuola pubblica. L’esperienza del tirocinio dà a noi studenti la possibilità di ideare e
realizzare concretamente un percorso di lavoro della durata di 20 ore con i bambini della scuola
materna. Tale percorso di lavoro viene appunto ideato dallo studente ed in seguito sottoposto al
vaglio dell’università e dell’insegnante di classe della scuola materna che ospita il tirocinante. Solo
dopo essere stato approvato viene realizzato nella pratica. In poche parole, all’interno di una
situazione protetta, il tirocinio ha dato a me, come studentessa universitaria, l’opportunità di vestire
per la prima volta i panni dell’insegnante. Ecco che a questo punto emerge l’aggancio tra la mia
esperienza di tirocinio e l’astronomia: ho infatti pensato e proposto ai bambini un percorso di lavoro
dedicato in parte proprio a quest’affascinante disciplina. L’azione didattica che ho realizzato a scuola
si proponeva quindi di partire da una basilare esplorazione delle caratteristiche e delle proprietà della
luce per creare, in un secondo momento, un collegamento tra la luce ed il Sole. Naturalmente ho
dovuto adeguare le attività ed i contenuti ai tempi e agli spazi che avevo a disposizione e, non da
ultimo, agli inte-.
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ressi, alle possibilità e alle capacità cognitive dei 23 bambini di età compresa tra 4 e 6 anni con i
quali ho lavorato.
Ho voluto includere nel mio percorso didattico una parte dedicata all’astronomia in primis perché è
una mia grande passione (prima di trasferirmi in città ho fatto anch’io parte per alcuni anni
dell’Associazione Astrofili Agordini). Credo che la mia passione sia nata proprio dal semplice alzare
gli occhi al cielo. Dal percepirne la profondità, l’immensità, dal viverne il fascino ed il mistero. A ben
pensarci dunque il mio interesse per l’astronomia è nato e si è sviluppato esclusivamente all’interno
dell’ambito familiare. Ripensando alla mia esperienza scolastica mi sono resa conto che la scuola
non mi ha mai proposto attività significative in tal senso. E allora ho iniziato a domandarmi perché
l’astronomia non trovi posto nell’insegnamento scolastico. È una scienza antica, alla quale tutti i
popoli della Terra, fin dalla notte dei tempi, hanno dedicato interesse e attenzione. È inoltre una
scienza, per sua natura, multidisciplinare che ben risponderebbe alla necessità della scuola di
formulare proposte didattiche interdisciplinari. C’è di più: l’oggetto di studio sul quale l’astronomia si
basa, il cielo, rappresenta un “laboratorio” gratuito, accessibile a tutti, elemento non secondario visti i
tempi e le condizioni di restrizione economica in cui si trova la scuola nel nostro Paese. Allora perché
l’astronomia viene presa in considerazione solo in rari casi eccezionali? La risposta che si sente più
spesso ripetere è che l’astronomia è un argomento difficile. Ciò non è del tutto vero. L’esperienza
che ho realizzato e che tra poco andrò a raccontare dimostra che è possibile realizzare attività
significative di astronomia fin dai primi momenti del percorso di scolarizzazione a patto che si adotti
un metodo adeguato. Nel mio caso ho puntato sulle esperienze concrete, pratiche e
sull’osservazione dei fenomeni dal vivo. Sono infatti convinta che affrontare l’osservazione del cielo
partendo da immagini a due dimensioni come quelle che si trovano nei manuali o nei testi divulgativi
complichi le cose piuttosto che chiarirle e semplificarle. In un primo momento ho dunque privilegiato
l’osservazione diretta, senza l’uso di strumenti. Solo in un secondo momento, sulla base di questo
materiale percettivo, ho ragionato e discusso con i bambini evitando di ridimensionarmi subito alle
ricostruzioni in scala, ai modellini e alle fotografie. Perché proporre una scienza “in piccolo” quando
invece l’osservazione diretta e personale del cielo offre a tutti una possibilità di scienza “in grande”,
nella sua complessità e nella sua ricchezza?
Vediamo dunque in che cosa consistono le semplici attività di astronomia che ho proposto ai
bambini. Come ho già anticipato, la prima parte del percorso didattico era dedicata alla scoperta dei
fenomeni luminosi. Ho impostato il percorso di lavoro in modo tale che, durante l’osservazione e lo
studio del fenomeno dell’ombra, venisse spontaneo ai bambini iniziare ad interrogarsi e a riflettere
sul ruolo e sulla funzione della principale sorgente di luce naturale per la Terra, il Sole. Dialogando
con i bambini ho raccolto e registrato le impressioni, le conoscenze ingenue che loro già
possedevano sull’argomento. Riflessioni che avevano maturato in base alla loro esperienza di vita o
informazioni che possedevano perché riferite dai genitori, dai fratelli maggiori o perché sentite in
televisione. Ad esempio tutti i bambini immaginavano che il Sole si trovasse molto lontano dalla
Terra. A questo proposito aggiungo che dai discorsi di alcuni bambini di 5 anni ho capito che loro già
possedevano i concetti fondanti la teoria eliocentrica. Un paio di bambini, infatti, ricorrendo all’uso
delle mani, ha cercato di spiegami che il Sole è fermo e che è la Terra che gli si muove attorno.
Personalmente mi sono limitata ad ascoltare questi ragionamenti senza aggiungervi informazioni
ulteriori ritenendo che, a questo livello di scolarità, l’introduzione di concetti teorici fosse prematura e
controproducente e che inoltre minasse le basi del metodo di lavoro fondato sull’osservazione del
reale che avevo adottato e che ho sopra esposto.
Ho cercato quindi di riportare la conversazione sul piano
della concretezza rivolgendo ai bambini domande riferite
alla percezione del colore e delle dimensioni del Sole. Alla
domanda «Di che colore è il Sole?» molti bambini sono
intervenuti precisando che il Sole non è sempre e solo di
colore giallo: il suo colore cambia a seconda delle
situazioni e dei diversi momenti della giornata. Al tramonto
ad esempio lo possiamo vedere arancione o rosso; se
invece lo osserviamo attraverso la nebbia, fenomeno al
quale i bambini padovani sono assai abituati, lo
intravediamo di colore bianco. Tutti i bambini erano inoltre
concordi nel ritenere che la dimensione apparente del
Sole, paragonata a quella della Luna piena, fosse
decisamente maggiore. Quando ho chiesto ai bambini di
giustificare quest’affermazione ecco alcune delle risposte
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Maddalena, 5 anni e 6 mesi: «È più grande perché c’ha i raggi».
Samuele, 5 anni e 10 mesi: «Perché la Luna non c’ha i raggi. È ovvio che il Sole è più grande».
Martino, 4 anni e 5 mesi: «È più grande perché è fatto di fuoco».
Per testare la validità delle ipotesi e
delle affermazioni formulate dai
ba mbi ni ho proposto l oro
un’osservazione diretta del Sole. Tutti
erano consapevoli che il Sole non
poteva essere osservato ad occhio
nudo. La fase successiva del nostro
percorso di lavoro ha visto quindi la
fabbricazione di maschere individuali
di cartone che i bambini hanno
ritagliato e decorato a piacimento. Su
ciascuna maschera ho incollato un
paio di occhialini da eclisse che
permettessero ad ogni bambino di
osservare il Sole in sicurezza. Ed
eccoci finalmente al tanto atteso
incontro dedicato all’osservazione del
Sole, fase cardine del nostro percorso
didattico, che i bambini hanno
affrontato con sorprendente interesse
e serietà. L’osservazione del Sole li ha
Tutti ad osservare il Sole
motivati e affascinati. A titolo
esemplificativo riporto alcuni commenti che ho trascritto a caldo: essi dimostrano l’entusiasmo con il
quale hanno accolto la proposta e la sorpresa nell’osservare alcuni aspetti che inizialmente non
avevano previsto:
Lucio, 5 anni e 2 mesi: «Io lo vedo bianco come la Luna».
Io: «Assomiglia secondo voi alla Luna?».
«Sì!!».
Io: «Perché?».
Caterina, 4 anni e 7 mesi: «Perché è senza raggi!».
Roberto, 4 anni e 6 mesi: «E poi è anche bianco».
Leonardo, 5 anni e 10 mesi: «E il cielo è blu scuro».
Io: «Che forma ha?».
«È rotondo».
Leonardo, 5 anni e 10 mesi: «È piccolo così!».
«L’ho visto!».
«È piccolino».
«È davvero piccolo».
«È come la Luna».
Io: «Si vedono i raggi?».
Giulio, 6 anni e 2 mesi: «No, io lo vedo come la Luna».
In sostanza i bambini si sono resi conto della forma e delle dimensioni del Sole così com’è percepito
osservandolo dalla Terra senza strumenti d’ingrandimento. Dopo l’incontro dedicato all’osservazione
del Sole ho realizzato altri due incontri conclusivi con i bambini durante i quali, attraverso esperienze
pratiche, ho affrontato il tema della percezione delle dimensioni di un oggetto che si trova molto
lontano dall’osservatore. Tutti i bambini hanno così compreso che il Sole è effettivamente molto più
grande della Terra ma che la sua dimensione apparente risulta assai più piccola a causa dell’elevata
distanza alla quale si trova.
Per concludere posso affermare con sicurezza che il bilancio dell’esperienza che ho realizzato è
stato assolutamente positivo in termini di coinvolgimento e partecipazione da parte dei bambini. Ciò
non fa che confermare la mia iniziale ipotesi secondo la quale semplici percorsi di astronomia
possono essere realizzati con successo anche con la collaborazione di bambini molto piccoli.
L’insegnamento più grande che ho tratto personalmente da quest’esperienza è che, a dispetto del
metodo che mi è stato proposto durante tutta la mia carriera scolastica, non è solo con la testa che si
conosce e s’impara, ma è anche con le mani, con gli occhi, con le orecchie e con la pelle. La
conoscenza non è solo il frutto dell’organizzazione e della riduzione del mondo ai nostri schemi: per
imparare meglio e di più bisogna andare incontro alle cose, muoversi, evolvere, essere capaci di
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cambiare il proprio punto di vista.
IL CIELO E LE SUE MERAVIGLIE
Classe Quinta Elementare di La valle
Venerdì 22 marzo è arrivato a scuola il Signor Claudio Pra,
membro dell’Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici”,
per spiegare agli alunni della classe quinta il cielo, lo spazio e i
pianeti.
Con il suo proiettore, Claudio ha posto l’accento su alcuni
aspetti e alcune particolarità. Ad esempio all’’esterno del Sole
la temperatura si aggira intorno ai 6000 gradi, mentre invece
all’interno raggiunge quasi 14.000.000 milioni di gradi.
Interessante è stato il viaggio immaginario intorno a Mercurio, il
pianeta che assomiglia alla Luna per la presenza di tanti crateri.
Magico è risultato Marte con i suoi deserti rossi.
Tra le informazioni date ha invitato tutta la classe a rispettare il
nostro pianeta, l’unico che rende possibile la nostra esistenza.
L’esperto ha concluso invitandoci a visitare il Planetario di San
Tomaso .
APPROFONDIMENTO IN CLASSE SEGUITO ALLA LEZIONE
L’astronomia è una scienza antichissima che studia la
posizione, i movimenti e la costituzione dei corpi celesti.
Il sistema solare è l’insieme del Sole, che è una stella, e di otto pianeti.
Il Sole è l’oggetto più grande ed è una stella nana gialla.
Guai a guardare il Sole senza appositi filtri. Se lo si guarda con un potente telescopio si possono
vedere gli spruzzi delle sostanze contenute al suo interno che risalgono in superficie. Se pensate che
la temperatura esterna sia caldissima, (come già detto circa 6000 gradi), quella al suo interno è
molto, ma molto più elevata.
I pianeti che ruotano attorno al Sole sono legati ad esso grazie alla forza di gravità.
Andiamo a conoscerli.
Mercurio: non ha l’atmosfera e la sua superficie è coperta da numerosi crateri. La sua temperature
media in superficie è di circa 350 gradi dove batte il Sole.
Venere: è il pianeta più luminoso del sistema solare, perché le dense nuvole che lo avvolgono
riflettono la luce nello spazio. La temperatura media in superficie si aggira attorno ai 500 gradi.
Terra: la Terra, vista dallo spazio, è un pianeta blu ricoperto in gran parte da acqua allo stato liquido.
Ha un’atmosfera ricca di ossigeno e ha una temperatura che consente la vita.
La Luna è il satellite della Terra ed è piena di buchi giganteschi causati dall’impatto di molti asteroidi
con la sua superficie.
Interessante da osservare è il fenomeno dell’eclisse; questa può essere di Sole o di Luna. Quando è
di Sole vuol dire che la Luna si mette davanti al Sole, mentre quando è di Luna significa che è la
Terra a mettersi davanti al Sole, proiettando un ombra che colpisce la Luna stessa.
Marte: è uno dei pianeti più vicini alla Terra ed è conosciuto come il “pianeta rosso”. La sua
superficie è ricoperta da rocce e polveri rosse. La sua temperatura superficiale può raggiungere al
massimo i 20 gradi.
Giove: è il pianeta più grande del sistema solare e possiede un’enorme “macchia rossa” simile a un
gigantesco vortice di Gas. La sua temperatura media è di –150 gradi.
Saturno: è famoso per i suoi anelli, costituiti da minuscoli frammenti di ghiaccio e polveri.
Urano: è detto il pianeta “rovesciato” perché percorre la sua orbita intorno al Sole con una forte
inclinazione. La sua temperatura alla sommità delle nubi è di –218 gradi.
Nettuno: è il pianeta più freddo del Sistema Solare. La sua temperatura superficiale è di -220 gradi.
Plutone: non è considerato un vero pianeta per le sue modeste dimensioni, ed appartiene alla
categoria dei “pianeti nani”.
Tra Marte e Giove c’è una zona a forma di disco che contiene migliaia di asteroidi, rocce di forme
diverse; questa fascia viene chiamata “fascia degli asteroidi”.
Nel sistema solare c’è uno strato esterno ricchissimo di nuclei di comete, cioè “sassi” contenenti gas
ghiacciato e polvere; questa zona viene chiamata “Nube di Oort”.
Nelle notti limpide, lontano dalle luci della città, si può osservare nel cielo una striscia debolmente
luminosa che lo attraversa da una parte all’altra. E’ la Via Lattea, la galassia in cui è immerso anche
il nostro sistema solare e quindi anche la nostra Terra. Con l’aiuto di un telescopio si può facilmente
scoprire che essa è formata da innumerevoli stelle e da gigantesche nubi di polveri e di gas. Ben-
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ché sia immensa, la Via Lattea non è che una delle centinaia di miliardi di galassie dell’universo.
Le stelle, le luci dolci del cielo, nascono da una nube di polvere e gas che si contrae.
Una stella molto grande alla fine della sua vita diventa una supernova ed esplode. A volte forma un
buco nero.
Le stelle hanno una durata che dipende dalla loro grandezza. Le più grandi muoiono prima.
Alcune stelle formano le costellazioni.
Ma perché le stelle muoiono?
Le stelle hanno un equilibrio, dato dalla forza di gravità che le contrae e dalla pressione interna che
le fa espandere. Quando il loro gas che le tiene accese finisce … le stelle scoppiano e regalano al
mondo la magia di sognare sdraiati sotto un cielo stellato immenso.
FILASTROCCA DEL SISTEMA SOLARE
Il sistema solare è un regno incantato
di cui il Sole è il re incontrastato
e i pianeti, 9 principi adoranti
gli girano intorno tutti quanti
Ecco Mercurio, il butterato
sembra un formaggio stagionato
e Venere, la principessa stravagante
la sua danza originale è assai
elegante
e la Terra, florida e generosa
è fonte di vita e del Sole è la sposa
e poi Marte, il primo cugino
lo stiamo studiando perché è il più vicino
forse c'è l'acqua, non dico di no
ma con quel freddo sarà ghiaccio però....
ed ecco Giove, dei nove è il più grande
è tutto un miscuglio di gas che si espande
poi Saturno, il principe prezioso
ha un anello di pietre e ghiaccio maestoso
e Urano
pieno di metano
poi Nettuno
non ci andrà mai nessuno
e infine Plutone
che con il suo Caronte
è l'ultimo
del carrozzone
LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE
Tra le opportunità offerte agli Associati c’è quella di poter fruire della biblioteca dell’Associazione. La
biblioteca è ben fornita (oltre a molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è auspicabile
che un buon numero di persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla biblioteca bisogna
contattare Claudio al 3493278611 per fissare un appuntamento.
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