Risorgimento invisibile - 150 anni

..La St
oria d
el Riso
rgime
nto “I
nvisib
ile”
“L’amore di una madre per i figli non può nemmeno
essere compreso dagli uomini…Con donne simili una
nazione non può morire”.
Giuseppe Garibaldi
a cura di
Giada Petrelli
classe VG Liceo Scientifico Tecnologico Lattanzio
La Ciociara di Francesco Hayez
La Ciociara di Hayez sembra personificare l’Italia stessa: la donna
pensosa appoggiata al rudere antico che nella sua arcaica bellezza allude
a un glorioso perduto passato. L’abbigliamento tricolore, verde la veste,
bianca la camicia, rossi i coralli e i bordi della gonna, sembrerebbe
confermare tale lettura.
“Non dobbiamo mai dimenticare l’ardua e doppia
impresa del nostro secolo,consistere nel distruggere e
fecondare nello stesso tempo, non dobbiamo
dimenticare che scopo che scopo finale del nostro
destino sulla terra non è l’incivilimento,ma l’amore
sociale,la fratellanza degli uomini,il trionfo della
verità e del bene assoluto”.
-Cristina di Belgioso-
Una storia scritta con l’inchiostro invisibile quella delle
donne risorgimentali. Molti se ne sono dimenticati ma la
nostra amata Italia, la nostra patria, ha avuto non solo
dei padri, ma anche delle madri.
Nonostante la poca o nulla visibilità pubblica, ci sono
state donne che hanno reso GRANDE questo Paese, che
hanno tracciato modelli di comportamento virtuosi per
tutte noi, ma come spesso accade, dell’agire femminile, i
libri di storia non ne fanno menzione.
Molte furono le donne, per lo più appartenenti a quella
borghesia cittadina che rappresentava il cuore della
mobilitazione, che dedicarono l'intera vita all’ Unità
d'Italia.
Relegate in un angolino della memoria collettiva, pochi
sanno chi siano e quale ruolo fondamentale abbiano
giocato nel processo di liberazione e di unificazione del
nostro
paese:
contribuendo
con
atteggiamenti
propositivi, coraggiosi e innovativi, dimostrandosi
determinate, combattenti e insofferenti all’oppressione
straniera,
furono
donne
capaci
di trasformarsi
da”bambole” da salotto a temibili rivoluzionarie.
Entrarono nella storia con i loro sforzi e le loro idee
ad un’azione collettiva e diffusa in cui è difficile far
emergere singole individualità.
Sono gruppi di giornaliste e intellettuali che si
impegnarono a dar vita a prime forme di
associazionismo intorno a veri e propri progetti
politici, a comitati di filantrope dedite ad un
progetto sociale.
Spinte dall’amore dell’agire, da progetti da seguire e
costruire per la patria si dedicarono alla fondazione
delle scuole, e alla istituzione di asili per gli orfani
ed agli Istituti professionali per la diffusione
dell’istruzione fra le stesse donne.
Costanza Trotti
Antronati
Bianca Milesi
LA CARBONERIA FEMININA E LE
GIARDINIERE
Tra cui ricordiamo…
Matilde Visconti
Enrichetta
di Lorenzo
Con il termine Carbonare venivano chiamate tutte le
donne che, appartenenti alla Carboneria, invece che
radunarsi alle "vendite" si incontravano nei loro
giardini. Ogni raggruppamento, giardino formale o
aiuola, era composto da nove donne. Il motto era
Costanza e Perseveranza, e in esso venivano
illustrati i programmi operativi in atto. Erano
autorizzate a portare un pugnale tra calza e
giarrettiera. Il loro segno di riconoscimento era
disegnare con la mano un semicerchio, toccandosi la
spalla sinistra, poi quella destra e alla fine battere
tre colpi sul cuore.
La Società delle Giardiniere cominciò ad agire in
Lombardia durante e dopo il marzo del 1821,
comunque già nel 1816 sulle rive dell’Olona era
infuriata una battaglia romantica che aveva
coinvolto tutto il popolo, e che lasciava presagire il
malcontento popolare.
Si parla della nascita di una nuova società segreta, sotto il nome di
società romantica, della quale fanno parte anche le donne e il cui
centro è Milano; il suo scopo è "l’insegnare, il persuadere ai suoi
membri che l’Uomo non è soggetto ad alcun principio di Religione o di
morale,
ma
che
deve
seguire
solo
le
leggi
della
sua
natura".Inizialmente l’attività di queste donne non fu presa
completamente sul serio, solo dopo il tentativo rivoluzionario del
1821 e dopo che furono giunte diverse notizie da Napoli su una
Società delle Giardiniere, le cui componenti erano solite tenere un
pugnale nella giarrettiera e usare un linguaggio molto acceso, ci si
cominciò
a
chiedere
se
queste
società
esistessero
realmente,soprattutto perché la donna, fino ad allora, era considerata
solo nel suo ruolo di madre, moglie, amante. L’Autorità austriaca si
mostrò subito preoccupata nei confronti della partecipazione
femminile al Risorgimento italiano. In risposta a questa
preoccupazioni il conte Seldnitzsky inviò, il 19 settembre 1823, una
lettera al conte Strassoldo, governatore della Lombardia, in cui gli
chiedeva di aumentare i controlli, la sorveglianza delle Giardiniere
"come tali vengono indicate Camilla Fé, Matilde Dembowski, Bianca
Milesi, le contesse Frecavalli e Confalonieri, ed inoltre anche la
vedova Teresa Agazzini nata Cobianchi e Amalia Tirelli pure nata
Cobianchi".
1848
Donne A
difesa
della Patria
I Moti del
1848
Le Stelle “Rivoluzionarie”
Tra cui ricordiamo…
Donne alla
Difesa
Repubblica
Romana
Cristina Di
Belgioso
Organizzatrice
della Spedizione
da Napoli a
Milano durante i
moti del 1848
Il contributo delle “rivoluzionarie”a volte era di tipo
patriottico come quello di soffrire la prigionia per una
giusta causa come diceva donna Matilde, madre dello
Stratigò, a volte di tipo logistico come faceva
Maria Cucci. Contributi quindi preziosissimi quelli delle
donne,viste come sostegno, come via di fuga, come
collegamento con le donne degli altri patrioti, come
approviggionamento
nelle
prigionie,creative
nell’inventare nuove vie di fuga. Si occupavano della
raccolte di fondi, sottoscrizioni, proclami, scritti,
messaggi patriottici,che passavano più facilmente nelle
loro mani o sotto le vesti, meno sospette perché
femminili. Mentre nei salotti, sotto l’apparenza di
conversazioni letterarie,cospiravano: celebre fra tutti
quello di Clara Maffei, amica di Manzoni e di Verdi. Non
sempre è andata così liscia, molte erano state costrette
all’esilio come Bianca Melesi e Luisa Blondel,moglie di
Massimo D’Azeglio; molte finite nelle maglie della
polizia, denunciate e processate.
Ma soprattutto avevano svolto un ruolo di primo piano in
quell’appuntamento cruciale della storia,che fu il ’48. Scoppiata
la rivolta antiaustriaca a Milano,Cristina Trivulzio,detta
«principessa rossa»,organizzò quello che, con un po’ di ironia,
venne chiamato l’ “esercito Belgioioso”. Da Napoli salpò con
200 volontari portati in piroscafo fino a Genova e di qui a
Milano per sostenere l’insurrezione.Oltre alla principessa di
Belgioioso, le Cinque Giornate di Milano ebbero come
protagoniste tante giovani patriote di ogni classe sociale. C’era
Luisa Battistotti Sassi, moglie di un artigiano, che vestita con
l’abito della guardia nazionale, la striscia tricolore al petto e la
gonna a campana si batté valorosamente, salvando la vita a
molti insorti rimasti accerchiati. O la diciassettenne Giuseppina
Lazzaroni, scappata di casa per mettere la sua mira infallibile al
servizio della difesa di Porta Comasina. Oppure Paola Pirola,
che combatté per cinque giorni fino a quando, sfinita dalla
stanchezza, il fucile le esplose fra le mani, amputandole due
dita. Da Palermo a Venezia, da Milano a Brescia l’insurrezione le
aveva viste mobilitate in prima linea con gli uomini a costruire
barricate, a confezionare cartucce.
O come durante l’esperienza mazziniana della Repubblica
Romana, che vide le donne impegnate in operazioni militari ad
alto rischio. Quando ancora non esistevano quei sofisticati
congegni che si usano oggi per disinnescare gli esplosivi, le
ausiliarie della Giovine Italia erano in prima linea nel
raccogliere e disattivare bombe. A Venezia le donne avevano
fondato la Pia associazione per supporto ai militari. Mazzini
così a Roma nel 49 aveva affidata a una specie di”triumvirato
femminile”,al quale facevano parte Cristina Belgioioso,Giulia
Bovio Paolucci e Enrichetta Di Lorenzo,la direzione del
comitato di soccorso ai feriti,che vedrà la nascita delle
infermiere. Alcune avevano imbracciato le armi e combattuto
sulle baricate,come Antonietta De Pace,Antonietti,Marianne
De Crescenzo,che a Napoli aveva capeggiato uno squadrone di
armati e accolto Garibaldi con lo scialle in spalla e il pugnale
nella cintura. Travestite da uomini erano andate a quelle
guerre “sante”nell’accezione mazziniana. Ed è ,quindi, nel
contesto di una Italia povera, allo sbando, senza diritti che
matura il dramma delle chiamiamole così “Rivoluzionarie”,che
è dramma della rottura dell’equilibrio familiare, dramma di
madri senza più figli, di ragazze orfane dei genitori, di
vedove: è dramma di donne disperate che, ribaltando un ruolo
stereotipo di rassegnazione e sudditanza, si dimostrano
capaci di affiancare con coraggio i propri uomini, i propri figli
e partecipare attivamente alla rivolta.
“Forse un giorno gioverà ricordare tutto
questo”( cit. Virgilio ).
Noi, con ammirazione, volgiamo uno sguardo
al passato e non dimentichiamo quello che è
stato il nostro vissuto nazionale, che ci ha
reso Uniti e Orgogliosi di essere Italiani.