8-
Martedì 22 Settembre 2009 - Corriere della Sera - Moda
Tendenze
di moda
Icone
‘‘
Pelle nera, pelle nera, rompi, rompi, rompi/
Pelle nera, pelle nera, scuoti, scuoti, scuoti/
Pelle nera, pelle nera, uccidi, uccidi, uccidi/
Lo sai, l'amore per la pelle è un modo di tirarsi fuori dalla mischia
Dal film di «These are the damned» di Joseph Losey (1962)
STORIA DI UNA PASSIONE
Il rock ha un chiodo fisso
È dagli anni Cinquanta che pelle e cuoio flirtano con la musica giovane.
Ma dopo la carica ribelle di rock’n’roll e punk, ha trionfato il «look»
✹ di Marcello Parilli
«Ne voglio quaranta per il prossimo tour!». Davide
Dinardo, piccolo stilista di Carpi, non crede alle
sue orecchie. All’altro capo del filo c’è Bono Vox
che si è innamorato dei suoi giubbotti di pelle (visti
casualmente in due negozi di Londra e Los Angeles) e gli sta ordinando praticamente l’intera collezione primavera-estate 2005 per il tour degli U2. È
solo uno dei mille capitoli di quel legame atavico e
indissolubile tra rock e abbigliamento dominato
da due sole parole: blue jeans e pelle. Pelle che, anno dopo anno, è passata agilmente da simbolo anti-sistema a feticcio, per poi diventare elemento imprescindibile di ogni nuova tendenza.
La storia ha una premessa romantica, che attribuisce l’invenzione del giubbotto di pelle nientemeno
che a Manfred von Richtofen, il Barone Rosso. Ma
fu certamente la Army Air Force americana, nel
1930, a mettere a punto per i propri piloti quella
confortevolissima flying jacket in cuoio di cavallo o
montone rovesciato che diventerà un vero e proprio archetipo copiato fino a oggi. Ci penserà poi il
cinema di guerra, facendola indossare a tutte le
movie star dell’epoca, a trasformarla in un capo alla moda.
Ma sul mercato è arrivato già dalla fine degli anni
’20 anche il giubbotto di pelle nera (il Perfecto, dalla marca di un sigaro cubano), comodo e caldo, studiato da Irving Schott per i motociclisti. Quando
Marlon Brando («Il selvaggio», 1953) e James Dean
(«Gioventù bruciata», 1955) ne indossano uno sul
grande schermo, lo trasformano in un lampo nel
simbolo di ogni ribelle in rotta con la società perbenista, a partire dalle famigerate bande di teppisti-motociclisti come gli Hell’s Angels fino agli studenti di buona famiglia in vena di trasgressione. È
a questo punto che il rock, musica ribelle per antonomasia, si impadronisce del fenomeno, facendo
della pelle (insieme alla motocicletta) la propria
bandiera. A rappresentare quella gioventù che voleva bruciare in fretta arrivano Elvis Presley, Eddie
Cochran e Gene Vincent, che incominciano a vestirsi di pelle (ora di vitello) e ad atteggiarsi come i
due attori, imitati da migliaia di loro fan, tra cui
non fanno eccezione i Silver Beatles, prima incarnazione del quartetto di Liverpool, che poi renderanno un’icona i loro mitici stivaletti di cuoio a
punta. È il momento delle bande: in Inghilterra sono all’ordine del giorno gli scontri tra rockers, vestiti di pelle nera e amanti del rock’n’roll, e mods, devoti a Who e Kinks, che di cuoio hanno al massimo
la cravatta. Poi, nella seconda parte degli anni Sessanta, il giubbotto nero lascia momentaneamente
il campo: se Jim Morrison, il trasgressivo poeta-cantante dei Doors, provoca il pubblico dal palco vestito con una giacca di serpente e pantaloni di
pelle nera lucida a vita bassa, dappertutto trionfano il colore e la fantasia e a Woodstock, nel concerto del secolo, fanno epoca le giacche frangiate in
pelle di daino chiara di Roger Daltrey (Who) e di
Jimi Hendrix. Ma l’utopia hippy dura poco e, fatto
salvo il glam (con tutine di pelle attillate e stivali
smisurati), il rock vira di nuovo verso tonalità scure: Robert Plant (Led Zeppelin) e Freddy Mercury
(Queen) non disdegnano indossare giacche e giubbini sul torso nudo, mentre gli hard-rocker impazzano vestiti di pelle e pelliccia.
Punk, neri, sporchi e cattivi
A metà tra l’onda distruttrice e nichilista made in
Usa e la grande truffa pianificata a tavolino in Inghilterra da Malcolm McLaren e dalla stilista Vivienne Westwood (folgorati dal primo tour inglese
dei Ramones), il punk (1976) riporta in auge la pelle nera, con pantaloni attillati e giubbotti martoria-
Feticcio Con Ligabue e Piero
Pelù, in Italia è Vasco Rossi (a
sinistra) l’alfiere indiscusso del
giubbotto di pelle, che usa spesso
colorato. Qui a fianco, un giovane
Bruce Springsteen sfoggia il suo
«chiodo» ai tempi di «Darkness on
the Edge of Town» (1978)
ti da tagli, borchie e catene. E mentre sui palchi inglesi i Sex Pistols cantano Sii uomo/uccidi qualcuno/Sii uomo/uccidi te stesso scambiando sputi e bestemmie con il pubblico, in Italia fa discutere perfino il guanto «punk» di pelle nera indossato a Sanremo 1978 da Anna Oxa.
Anni Ottanta, trasgressione ko
Ma siamo a un’altra svolta, che sembra annunciata dal malinconico commiato in giubbetto nero di
Bowie («Heroes»): arriva l’edonistica leggerezza
new romantic degli anni Ottanta e la pelle nera perde molto del suo potere trasgressivo, diventando
esclusiva degli unici due movimenti «resistenti» al
colore, il dark e l’heavy metal. La new wave celebra
addirittura il nuovo decennio glorificando l’avvento della plastica al posto del cuoio, declassato a «roba da vecchietti». Per il resto la pelle diventa ele-
mento glamour, cardine dell’unica cosa che sembra contare: stupire il prossimo con il proprio look.
Così i giubbini di pelle delle popstar (viola per Madonna, classico per Withney Houston, rossi per Michael Jackson nei video di «Beat it» e «Thriller»), dimenticati i mercatini dell’usato, sono quelli costosissimi firmati dagli stilisti più in voga. Da qui la
tendenza all’uso modaiolo e addomesticato della
pelle non si fermerà più.
A testimonianza di un legame tra rock e pelle rimangono, oltre a centinaia di copertine di Lp, una
manciata di film cult con i loro feticci, come i giubbotti neri di Travolta-Newton-John in «Grease», i
costumi sadomaso di «Rocky Horror Picture
Show», il cappotto di Sting in «Quadrophenia» o
quello neo-nazi di Bob Geldof nel floydiano «The
Wall».
MODELLI
The King
Il demone
L’unica
Delinquente del
rock’n’roll, faccia
pulita dell’America,
re decaduto e
tragicamente solo.
Nelle sue tre
incarnazioni Elvis
Presley non
abbandona mai
la pelle, prima nera,
poi bianca, infine
tempestata di
borchie, frange
e lustrini come un
albero di Natale. Un
legame indissolubile
Gene Simmons,
bassista dei Kiss
e lingua più lunga
del rock, incarna
«il Demone»
negli spettacolibaraccone della
band americana.
Qui la pelle è
stravolta in una
parodia tra medioevo
e «Star Wars». Unico
motore: il culto
per lo spettacolo
eccessivo e per
il puro divertimento
Nessun dubbio:
Madonna è la regina
del look, l’unica ad
aver attraversato 25
anni di musica con
la consapevolezza
di poter scegliere
il capo o il colore
che avrebbe fatto
moda dal giorno
dopo. E la pelle è
sempre stata una
sua vecchia amica,
che si trattasse di
uno stivale nero o
di un giubbetto viola
© RIPRODUZIONE RISERVATA