Voci dal Sud 34 AnnoVI° nr. 12 Dicembre 2010 w w w . s o s e d . eu Calabresi con la “C” maiuscola--Pina Amarelli, prima donna Cavaliere del Lavoro per l’imprenditoria Calabria Ora L’aula “Italo Falcomatà” dell’Università per stranieri Dante Alighieri, ha ospitato, l’incontro con l’imprenditrice Pina Amarelli, alla quale è stato consegnato il premio Anassilaos 2010 per l’imprenditoria, una targa dell’artista Antonclaudio Pizzimenti e la medaglia del presidente della Camera dei Deputati. Cavaliere del lavoro per decreto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, prima donna insignita di questa onorificenza in Calabria nel giugno 2006, per aver portato l’industria alimentare familiare al ruolo di leader mondiale nel settore della liquirizia. Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, onorificenza conferitale dal presidente Carlo Azeglio Ciampi quale, docente di diritto all’università di Napoli e vincitrice dell’edizione 2001 del premio “Impresa-cultura”. Nell’azienda di famiglia, la “Amarelli” di Rossano che fabbrica liquirizia sin dal 1731, svolge funzioni di strategia della comunicazione e di responsabile delle relazioni istituzionali sin dal 1975 a tut’ oggi. In questo ruolo Pina Amarelli, insieme agli altri membri della famiglia, ha voluto fortemente la realizzazione del Museo della liquirizia “Giorgio Amarelli” inaugurato nel luglio 2001. Si tratta da un lato di una singolare esperienza imprenditoriale, dall’altro della storia di un prodotto unico del territorio calabrese: in mostra preziosi cimeli di famiglia, macchine per la lavorazione della liquirizia, documenti d’archivio, libri, grafica d’epoca, utensili agricoli e una collezione di abiti antichi da donna, uomo e bambino a testimoniare l’origine familiare dell’azienda. Dal 1° gennaio 2002 è stata Presidente internazionale di tutta l’associazione, prima donna al vertice nella storia degli HénoHens. E’ stata cooptata nell’Associazione italiana delle aziende familiari (Aidaf). Attualmente è impegnata nell’ampliamento del progetto “Museo della liquirizia”, con l’allestimento di un orto botanico contiguo agli spazi museali. Attraverso una passeggiata naturalistica si potrà approfondire la conoscenza del mondo della liquirizia e delle altre specie botaniche che hanno accompagnato la storia della sua industrializzazione, come l’ulivo, l’alloro, gli agrumi, l’anice, la menta, le viole e le rose. Nelle foto: sopra: Pina Amarelli sotto: il Logo dell’Azienda fondata nel 1731 che è una pochissime aziende italiane pluricentenarie Voci dal Sud 35 Anno VI° nr. 12 Dicembre 2010 w w w . s o s e d . eu Calabresi con la “C” maiuscola--- Cilea, una passione innata per la composizione in un’epoca difficile Nato a Palmi, cittadina tirrenica della provincia di Reggio Calabria, coltivò con caparbietà la sua passione ed a 30 anni conobbe il successo con “L’Arlesiana” j.c. – Calabria Ora Malgrado le soddisfazioni nei conservatori, il suo animo romantico lo portava a prediligere la composizione. Soffriva in silenzio, senza dimenticare il suo passato. Scrive, infatti, all’amico Piero Ostali, nel 1923 divenuto proprietario di Casa Sonzogno, il quale, riconosciuti i meriti della musica cileana, si batteva per l’inserimento delle sue opere nei cartelloni teatrali: «Se nel 1913 tu fossi stato al mio fianco, non sarei uscito dalla carriera attiva per trovare scampo nei conservatori, dove mi applico non solo per il bisogno, ma per mitigare i miei dolori». Amara considerazione del maestro che vivrà in un tempo culturale difficile, segnato dalla transizione che non gli lascerà l’adeguato spazio. Eppure Cilea appena trentenne era giunto agli onori della critica. Le luci della ribalta illuminavano la sua genialità e il suo immediato futuro specie dopo aver messo in scena “L’Arlesiana” e 1' “Adriana Lecouvreur”, della quale persino la grande Callas interpretò l’aria “Io son l’umile ancella”. Un artista acclamato dalle platee italiane e internazionali sul quale improvvisamente cala l’oblio e che si accontenta di dividere l’amore per l’arte con gli allievi dei Conservato-ri di Napoli e Palermo. Egli tuttavia rimane consapevole delle sue capacità tanto che in uno sfogo sincero confesserà «lo so; la mia produzione artistica non è stata copiosa quale io l’avrei voluta, e quale l’avrei potuta dare. Purtroppo la grave crisi nella mia casa editrice Sonzogno, m’indusse ad accogliere l’invito di rientrare nei conservatori». Una menzogna benevola che induce a comprendere l’animo riservato di un uomo che inorridiva al chiasso giornalistico, molto più amante dello studio e della quiete che dei dibattiti. Sulla carriera artistica del Cilea ci sono ancora tanti lati oscuri seppure le sue opere abbiano ottenuto un successo esclusivo in tutta Europa. Appena ventenne Cilea già si distingueva per quelle composizioni ritenute anticipatrici di successive intuizioni, che valsero ad immortalare altri musicisti. Voci dal Sud 36 AnnoVI° nr. 12 Dicembre 2010 w w w . s o s e d . eu Ma solo nel 1989, l’onestà intellettuale di Roman Vlad, affratello Michele al convitto di Napoli. Qui manifestò subito l’inclinazione per la musica quarant’anni dopo la scomparsa del maestro calabrese, ha segnalato al mondo musicale l’originalità della produzione componendo diversi pezzi che dedicherà alla zia Eleonora, “musicale compagna” dell’infanzia, e cileana. “Gina” doveva essere solo il saggio finale degli studi, destando l’interesse del Direttore dell’Istituto che gli consiglierà di intraprendere gli studi musicali, noma si rivelò una vera rappresentazione lirica. nostante le resistenze del padre che intravedeva nel “La Tilda” fu replicata ad Ancona, Reggio Calabria, Palsuo futuro la carriera forense. mi, Faenza, Foligno, Milano, Venezia, Vienna, Mosca. Sarà grazie all’interessamento di Jonata e del con“L’Arlesiana” si affermò al teatro Lirico e poi all’estero. terraneo Francesco Florimo che Cilea, sotto la sorCosì 1' “Adriana Lecouvreur” trionfante in tutto il mon- veglianza del “cerbero” (il professore di latino e gredo e interpretata dalle più grandi voci dei nostri tempi. co che il padre gli mise alle calcagna) verrà ammes“Gloria” tra le più amate di Cilea fu un successo convin- so al Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli. “Amavo Bach, mi appassionava Beethoven, mi cente in tutta Italia, seppure sottoposta a tagli dalla commoveva Chopin”scriverà e nel volgere di qualSonzogno. che anno darà prova tangibile del suo talento meritanIl “Poema sinfonico” fu altrettanto applaudito. Allora quale fu il torto fatto a Cilea? Gianandrea Gavazzerà, do il primo posto gratuito nel Collegio e la nomina illustre direttore d’orchestra, durante il discorso per il decen- prestigiosa a “primo alunno maestrino”. Lo scorrere sereno della sua giovinezza fu segnanale della morte di Cilea parla di «crisi di fede verista, che to presto dai dolori: la morte del padre nel 1884 non coinvolse soltanto Cilea». preceduta da quella di due sorelle e dalla prematura Una considerazione troppo spicciola per la vedova Cilea. scomparsa della madre peseranno notevolmente sulLa fase di passaggio culturale, dal verismo al de- l’animo del Musicista attenuate dall’opera lodevole cadentismo, non giovò al maestro, ma per la signora Rosa del tutore, l’avvocato Pietro Carbone che si prodila verità era un’altra. gò per amministrare i beni degli orfani Cilea e garanLo scrive in un opuscolo conservato presso la Bibliote- tire loro un tranquillo avvenire. Rientrato a Napoli, ad epidemia di colera ca di Palmi. debellata, si aggiunse per Francesco un atro lutto La verità stava nell’invidia, nel non poter sopportare i difamiglia’: la scomparsa di Francesco Florimo il 18 successi della sua opera in grado evidentemente di mettere dicembre 1888. in ombra illustri compositori che mai raggiunsero la fama di In quanto primo alunno toccherà a lui, secondo Cilea in così breve tempo. tradizione, dargli l’estremo saluto, ricevendo l’incaIntrighi su intrighi, indifferenza della Sonzogno, perso- rico di musicare il libretto di un’opera in tre atti di naggi che tramano per interrompere i contratti di Francesco Enrico Golisciani. Cilea. Nasce la “Gina” alla quale il giovane Cilea si deQuesto più probabilmente lo scenario che irretì un arti- dicherà consapevole dell’onere e dell’onore ricevusta dal cuore ingenuo e dal carattere mite costringendolo to. L’opera, eseguita sul piccolo palcoscenico del colad un silenzio arrendevole. GENIO E GENTILUOMO di Marina Crisafi - Calabria ora Animo nobile e discreto, dall’onestà cristallina e dall’indole sensibile e modesta. Questo era il mondo interiore di Francesco Cilea, genio musicale e gentiluomo. Palmi, “ridente cittadina in provincia di Reggio Calabria” viveva un gran fermento letterario e musicale quando venne al mondo il 23 luglio 1866, dall’avvocato Giuseppe e dalla nobildonna Felicia Grillo, in una palazzina sul corso principale distrutta insieme alla città dal tremendo terremoto del 1908 (“Cilea: documenti e immagini”, Grande, Laruffa 2001). Primogenito di cinque figli si ritrovò a crescere in casa dei nonni materni in via San Filippo (oggi via Cilea) dove venne a contatto con la musica seguendo le lezioni di pianoforte impartite alla giovane zia Eleonora, dal maestro Rosario Jonata, direttore della banda musicale cittadina, la stessa che a soli quattro anni gli diede la più profonda e avvincente commozione eseguendo le note dolenti della Norma di Bellini che gli rimasero impresse nell’animo per tutta la vita, come scriverà egli stesso nei “Ricordi”. Ancora in tenerissima età, a causa della sciagura che colpì la madre “colta da irreparabile alienazione mentale” il piccolo “Ciccillo”fu mandato insieme legio la sera del 9 febbraio 1889, fu giudicata con crescente favore dalla critica e dal pubblico e venne ripetuta per più sere consecutive. Una volta conseguito il diploma di magistero Cilea dovette lasciare S. Pietro a Majella e lanciato in un mare in tempesta si dedicò all’ insegnamento del pianoforte, componendo suite per violoncello e piano ed assaporando “il gusto dei primi modesti guadagni”. “La Gina, intanto, da buona figliola, lavorava per me in segreto’annoterà nei ricordi, ed, infatti, gli aprì la strada per la composizione de “La Tilda” su libretto di Zanardini offer-tagli dall’editore Sonzogno messo a parte dei suoi successi dal maestro Paolo Serrao. Il dramma, dalle situazioni volgari e fosche, avulse dal suo stile, non piacque a Cilea, ilquale accettò per paura di perdere una rara opportunità professionale, ponendo comunque, gran fervore nel lavoro di composizione e rifugian-dosi a Bagnara Calabra in casa dell’affezionato cugino Arena. La “Tilda” fu rappresentata la sera del 7 aprile 1892 al teatro Pagliano di Firenze e ripetuta in altre città, tra cui la diletta Palmi, dove la sua notorietà era già grandissima al punto che ad una sorella di Leonida Répaci fu imposto il nome Tilda. Da questo momento comincia la stagione più feconda per il compositore che si appresta a lavorare 37 Anno VI° nr. 12 Dicembre 2010 sul libretto de “L’Arlesiana” da Leopoldo Marenco liberamente tratto dalla novella di Alphonse Daudet per il cui omonimo dramma Bizet aveva composto le musiche di scena. Per lavorare serenamente Cilea, assistito dalla sorella Lina, si appartò in campagna e, una volta completata la composizione, si trasferì a Roma per il lavoro finaìe di lima e stru-mentazione. “Quivi - ammetterà - in una placida sera proruppero spontanee dal mio cuore le nostalgiche note del ‘Lamento di Federico’, nella cui parte, per inciso, la sera della prima, il 27 novembre 1897, c’è un giovanissimo tenore il cui nome raggiunge d’un balzo la luminosa sfera della celebrità: Enrico Caruso”. Malgrado il successo l’editore Sonzogno impose drastici tagli ai quali, seppur a malincuore, Cilea dovette arrendersi ma fu tale l’amarezza che non esitò a tornare all’insegnamento a Firenze, dove nel frattempo aveva vinto il concorso per la cattedra di Armonia, ritirando la partitura e tenendola sequestrata per ventanni; sarà solo dopo l’acquisizione di casa Sonzogno daparte di Piero Ostali che Cilea rimetterà a posto l’opera e L’ Arlesiana rientrerà trionfale alla Scala. Forse pentito per l’ingiusto trattamento Sonzogno commissionò a Cilea una nuova opera. Fra i libretti proposti la scelta cadde su “Adriana Lecouvreur” un’opera in quattro atti di Arturo Colautti su pièce di Scribe e Legouvé. Andata in scena la sera del 6 novembre 1902 al teatro Lirico di Milano, L’Adriana riportò un trionfo grandioso e fu rappresentata nei teatri di tutto il mondo, da Lisbona, a Buenos Aires, a New York, al Covent Garden di Londra. Sull’onda delsuccesso, Cilea pensa a nuovi impegni essendo affascinato dalla Firenze medicea e dalla Toscana. Sfumata l’aspirazione di musicare la Francesca da Rimini di D’Annunzio, per le richieste del poeta ritenute troppo gravose da Edoardo Sonzogno, si concretizzò, invece, l’ipotesi di Gloria, tragedia in tre atti su pièce di Sardou, scritta per lui dal fraterno amico Arturo Colautti, per dedicarsi alla quale Cilea lasciò persino l’insegnamento ritirandosi nella tranquilla cittadina ligure di Varazze. Qui, concedendosi solo ”brevi riposi all’aperto”, durante la cerimonia del varo dello yacht Cio-CioSan, costruito dai Baglietto per Giacomo Puccini, conobbe la signorina Rosy Lavoretto che divenne presto la dolce, amatissima, inseparabile e ideale compagna’della sua vita. Si sposarono, infatti, il 26 giugno l909 nel Santuario Cateriniano della SS. Trinità e vissero insieme per quasi mezzo secolo con rispetto e reciproco amore. Gloria, frattanto, sotto la magica guida di Arturo Toscanini, fu rappresentata il 15 aprile 1907 alla Sca- la, davanti al pubblico che gremiva i palchi, la galleria e il loggione, replicando il grande successo a Genova, Messina, Roma e al San Carlo di Napoli. Dopo di che i contrasti con la casa editrice determinarono il silenzio che durerà oltre vent’anni. Fu così che Cilea, onorerà l’incarico conferito dal Municipio di Genova per la celebrazione del centenario della nascita di Giuseppe Verdi, componendo “II canto della vita”, poema sinfonico su versi di Sem Benelli, e poi abbandonare definitivamente, nel 1913, la sua carriera di operista (sebbene non manchino notizie di progetti successivi, come “Il matrimonio selvaggio” e “La Rosa di Pompei”, dei quali però non si hanno riscontri neanche nei Ricordi). Torna così all’insegnamento. Prima al Bellini di Palermo e poi nel caro S. Pietro a Majella che Cilea riporterà agli antichi fasti distaccandosene solo per raggiunti limiti di età, dispiegando le sue doti morali ed artistiche e spartendo con i suoi allievi i segreti dell’arte che amava tanto profondamente. Intanto, casa Sonzogno (trapassata di mano. L’aveva rilevata il ricco industriale milanese Piero Ostali che avviò con il compositore calabrese un rapporto di amicizia che durerà per tutta la vita, battendosi per il reinserimento delle opere cileane nei cartelloni dei Teatri. Cominciò così l’ascesa dell’Adriana alla quale Cilea assisterà per l’ultima volta all’età di 82anni, nella sua Reggio, presso il teatro comunale che in quell’occasione venne a lui intitolato, e con essa dell’Artesiana, anche se il dispiacere più grande rimase per lui l’infelice cammino di Gloria, tanto che negli ultimi giorni di vita, nell’abbracciarlo, sussurrò a Piero Ostali: “ti ringrazio ancora tanto per quanto hai fatto per me, ma ti raccomando Gloria”. Cilea morì il 20 novembre 1950 a Varazze, che gli conferì la cittadinanza onoraria, portando con sé il mistero di una gloriosa carriera artistica interrotta senza una ragione apparente. Non ebbe la forza di contrastare gli intrighi e le avversità che gli si presentarono davanti. Del resto, come confessava egli stesso ponendo fine ai suoi Ricordi: “io vorrei tutti felici e contenti. Per ciò mi sono sempre adoperato a non procurare ad alcuno il minimo malumore -sebbene la nequizia degli uomini mi ha procurato imbarazzi e amarezze non lievi”. Oggi Cilea riposafinalmente in pace nella sua diletta Palmi, nel mausoleo creato per lui da Guerrisi e Bagola, con alle spalle il mito di Orfeo e al centro la statua trionfale della musica che lo accompagna nel suo sonno eterno. Sul sacello, incise nel ferro, Artesiana, Adriana e Gloria, le tre creature della sua fantasia e del suo sognato ideale. Voci dal Sud w w w . s o s e d . eu