OMELIA DI MONS. DOMENICO SORRENTINO
IN OCCASIONE DELL’APERTURA DELLA PORTA SANTA
Assisi - Basilica di Santa Maria degli Angeli 20 dicembre 2015
“Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno!”
Cari fratelli e sorelle, questa Porta Santa della misericordia, nella basilica consacrata alla
Vergine degli Angeli, ci fa sentire la dolcezza materna di Maria. È lei che ci apre la porta della
misericordia, consegnandoci Gesù, che è il volto stesso della misericordia.
Nel vangelo che è stato proclamato, il vangelo della Visitazione, Ella ci introduce alla
misericordia di Dio col suo Magnificat: canto di lode che aleggia sulla storia degli uomini,
mettendo a fuoco le frane dell’umanità inciampata nel peccato e diventata per questo un’umanità
ferita. Un’umanità in cui si confrontano, da sempre, potenti e umili, ricchi e affamati, in una guerra
senza fine. Un’umanità dove scarseggia la giustizia e ancora scorre tanto sangue.
Il sogno di Dio, che ha pensato l’umanità come un giardino di fratellanza e di pace, si è
infranto sullo scoglio del nostro “no” al suo amore. Dal primo “no” dei nostri progenitori, la
violenza la fa da padrone. Da allora i beni della terra sono ostaggio di pochi e preclusi ai molti. Da
allora la vita non fiorisce più nella gioia e nell’accoglienza ma è spesso rifiutata e umiliata. I
problemi che le nostre cronache ci rovesciano ogni giorno davanti agli occhi, sempre più abituati e
indifferenti, vengono da lontano, vengono da quel “no”, continuamente ribadito, che ha creato
distanza tra noi e Dio, e conseguentemente anche tra ciascuno di noi e i fratelli che ci stanno
intorno.
Questo mondo ha bisogno di misericordia. È l’unica via per risalire la china. Ci serve
misericordia per ritrovare la bussola e la direzione di marcia. Essa non è soltanto la via del regno di
Dio, ma anche la via della città dell’uomo. Non è soltanto cosa da confessionali: interessa anche i
parlamenti e le nostre città. È virtù, in qualche modo, “politica”, perché serve a ricostruire la
fraternità e il bene comune.
Ma non saremmo capaci di esercitare la misericordia se non sentissimo in fondo al cuore che
Dio è già arrivato a noi con la sua misericordia. Tutto l’annuncio cristiano, quello che le feste ormai
vicine faranno risuonare, è annuncio di misericordia.
Misericordia è un altro nome di Dio, quello che ci porta al cuore del suo mistero. Egli, nella
sua vita intima a noi rivelata da Gesù, è un Dio che si dona. Non è un Dio solitario, ma un Dio
trinitario, nel quale tutto è scambiato e donato in un infinito dialogo di amore. È in questo eterno
donarsi la radice stessa della misericordia. Il trionfo della misericordia si ha quando Dio si offre
alla sua creatura, pur essendo questa diventata nemica, ingrata, quasi concorrente del suo Creatore.
Lo dice l’apostolo Paolo: “Dio dimostra il suo amore verso noi nel fatto che mentre eravamo ancora
peccatori Cristo è morto per noi” (Rm 5,8).
Si capisce la misericordia guardando al Bimbo di Betlemme, venuto a far propri i vagiti di
ogni bimbo del mondo.
Si capisce la misericordia soprattutto contemplando il Crocifisso: “Padre, perdona loro,
perché non sanno quello che fanno!”.
La misericordia è perdono abbondante, sovrabbondante, che scende come balsamo sulle
nostre ferite, e diventa segreto di una ripresa della nostra vita nella bontà e nella santità.
Chi di noi non si sente fragile e peccatore? L’Anno della misericordia, voluto da papa
Francesco, viene a dirci: coraggio! Non disperare! Dio ti vuole bene, e ti aspetta.
La Porziuncola, da otto secoli, è il segno di questa misericordia senza confini. Francesco,
che aveva fatto di questa chiesetta il luogo privilegiato della sua contemplazione e della sua
fraternità, volle che da qui sgorgasse per tutti una sorgente di misericordia, perché sulle macerie del
peccato si potesse ricostruire un giardino fiorito, un lembo di Paradiso, come è possibile intuire
dalle parole con cui annunciò il perdono: “Voglio mandarvi tutti in Paradiso!”
Qui, da otto secoli, sono portate le lacrime dell’umanità sofferente, sbandata, disperata, e
qui, con il perdono mediato dalla Chiesa madre e dalla tenerezza materna di Maria, si torna a gioire,
si torna a sperare.
L’anno della misericordia coincide provvidenzialmente con gli ottocento anni di questo
luogo di grazia. Non so se il primo papa che porta il nome di Francesco abbia pensato anche a tale
coincidenza mentre decideva quest’anno speciale, ma certo l’ottavo centenario arriva
provvidenziale. Se san Francesco fu l’uomo della misericordia, papa Francesco è il papa della
misericordia. Per questo, accanto alla Porta Santa della cattedrale e a quella aperta stamane nella
Basilica di San Francesco, non potevo non aprire anche una Porta Santa alla Porziuncola. È in
fondo solo un accentuare e un approfondire quanto in questa basilica, non solo nei primi giorni di
agosto, ma tutti i giorni dell’anno, si vive.
Si sentano dunque accolti i tanti pellegrini che raggiungono Assisi, dalla diocesi e da fuori,
in questa oasi di misericordia.
Ricordiamo tuttavia un aspetto di questo dono che il Papa ha voluto mettere ben in evidenza,
scegliendo, come tema dell’anno, “misericordiosi come il Padre”, e ricordandoci la beatitudine
evangelica: “Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia”.
Il vangelo ci mostra che la misericordia di Dio è un atto del tutto gratuito. Il Signore non ci
pone altra condizione che lasciarci amare da lui. Nella logica stessa dell’amore, vuole però che la
misericordia non sia solo ricevuta ma anche testimoniata. Più la esercitiamo nei confronti dei
fratelli, più diventiamo capaci di riceverla da Dio. E se non la esercitassimo, chiuderemmo il cuore
anche alla misericordia divina.
In questo modo la misericordia diventa non soltanto un principio di pacificazione del nostro
cuore, ma anche una via di ricostruzione solidale dell’umanità. Dio ha il desiderio di stringere al
cuore i suoi figli, uno per uno, ma vuole anche annodarli in un vero rapporto fraterno. È la
misericordia che fa dell’umanità intera una sola famiglia.
Per questo alla Porta della Cattedrale ho voluto annettere un atrio simbolico, che viene
additato anche ai pellegrini delle altre Porte Sante: è l’Istituto Serafico, dove si serve e si ama la vita
più debole e fragile. Chi varca la Porta della misericordia in entrata, per sperimentare il perdono di
Dio, dovrà varcarla anche in uscita per recarsi dovunque Dio gli dà appuntamento nei fratelli più
bisognosi. Nessuno resti fuori da questa dinamica di amore, di cui Francesco di Assisi è maestro.
Proprio la misericordia infatti fu alla base della sua conversione. Egli stesso confidò, quasi
come una consegna, che il Signore, all’inizio della sua vita penitente, lo aveva condotto tra i
lebbrosi, i più poveri ed emarginati del suo tempo. E proprio nell’incontro con loro, che egli prima
non avrebbe avuto l’animo di avvicinare, si sentì riempire di dolcezza nell’anima e nel corpo.
Sia questo anno giubilare alla Porziuncola, dove Francesco ha innalzato le sue ultime lodi
prima di levarsi verso l’eternità, un anno di profonda dolcezza, un anno in cui tanti possano
sperimentare la gioia che solo Gesù sa donare.