9. GROSSETO Informazioni: Grosseto - Azienda di Promozione Turistica - Ufficio informazioni via Fucini tel.: 0564/414303; fax: 0564/26571 e-mail: [email protected] Museo Archeologico e d’Arte della Maremma - Museo d’Arte Sacra della Diocesi di Grosseto Piazza Bacccarini, 3 tel.: 0564/ 488750-1-2-4 fax: 0564/488753 e-mail: [email protected] Orario: 9.00-13.00; dal 1° novembre al 28 febbraio: sabato e domenica anche 16.00-18.00; dal 1° marzo al 30 aprile: 9.00-13.00 e 16.00-18.00; dal 2 maggio al 30 ottobre: 10.00-13.00 e 17.0020.00; giorno di chiusura: lunedì G rosseto è una città sviluppatasi ordinatamente e incessantemente a partire dal secondo dopoguerra del Novecento estendendosi nella pianura alluvionale dell’Ombrone, delimitata da gruppi collinari che la cingono a corona. Dell’antica palude, che tanto ha condizionato l’immagine della Maremma, rimane solo l’area umida della “Diaccia Botrona”, situata a ovest della città in prossimità di Castiglione della Pescaia, residuo della grande laguna salata costiera di età romana (il Lago Prile) divenuta salmastra nel corso del Medioevo e specchio d’acqua dolce solo alle soglie dell’età moderna. L’abitato di Grosseto sorgeva, inoltre, in prossimità della foce del fiume Ombrone e controllava il princi- L’AMBIENTE La fortezza medicea (disegno M. Nardini) 122 Il cassero senese nella fortezza medicea (1996) LE INDAGINI ARCHEOLOGICHE Guida alla Maremma medievale pale porto fluviale della costa tirrenica tra Pisa e Roma. Durante il Medioevo questo territorio era, dunque, contrassegnato da un paesaggio lagunare e palustre, delimitato a sud dalla foce del fiume Ombrone e a nord dal lago di Castiglione, specchio d’acqua poco profondo, costellato da isolotti e punte argillose e racchiuso in misura progressivamente più serrata da una lunga e stretta lingua di terra costiera prodotta dalle correnti marine (il Tombolo). Questo ecosistema, ostile ai nostri occhi, era invece l’ambiente ideale per alcune attività economiche che determinarono la ricchezza di Grosseto: la pesca, i traffici marini e fluviali, la produzione di sale. Ancora tutta da chiarire è, invece, la questione dell’insalubrità del territorio grossetano durante il Medioevo, poiché gli indizi di cui disponiamo sono ancora pochi e contraddittori. Le prime testimonianze indirette delle difficoltà a risiedere nella pianura grossetana risalgono agli anni Trenta del XIV secolo, ma non possiamo proiettare nel passato le notizie relative alle pestilenze di cui la regione sarebbe stata in seguito ripetutamente oggetto, considerata la floridezza economica complessiva dell’area che invece è chiaramente testimoniata per i secoli precedenti. La bonifica della regione è stata condotta solo a partire dalla metà del XVIII secolo, con interventi progressivamente più efficaci, che si sono protratti nel corso dell’Ottocento e si sono conclusi nella prima metà del Novecento. Il sistema che condusse al successo delle iniziative fu quello della “colmata”, realizzata convogliando negli specchi d’acqua palustri, mediante apposite canalizzazioni artificiali, le piene dell’Ombrone, ricche di sedimenti e detriti, e regimentando il drenaggio dell’area con interventi specifici. L e indagini di archeologia medievale in Grosseto hanno preso avvio nell’estate 1978, quando i lavori di restauro del cassero senese nella fortezza medicea costituirono l’occasione per condurre ricerche finalizzate alla corretta collocazione storica degli edifici e delle loro trasformazioni nel tempo. Gli studi, portati avanti pionieristicamente attraverso l’intreccio di diversi strumenti di conoscenza, vennero coordinati dall’Insegnamento di Archeologia Medievale dell’Università di Siena, in accordo con le amministrazioni locali e gli organismi di tutela. Contestualmente al lavoro sulle fonti archeologiche, furono intraprese indagini Grosseto 123 sui documenti d’archivio e eseguite analisi di laboratorio, affidate a specialisti operanti nell’ambito di diverse sedi universitarie (paletnologi, antropologi, paleobotanici, mineralogisti, sedimentologi). Questo intervento rappresentò una tappa importante nella maturazione della disciplina, poiché introdusse nell’archeologia medievale italiana metodologie di ricerca avanzate, mutuandole anche dalle più mature esperienze europee (ad esempio, le indagini stratigrafiche condussero per la prima volta al riconoscimento di edifici abitativi in terra battuta di età postclassica e costituirono anche una occasione fondamentale per l’elaborazione di una tipologia datante delle ceramiche medievali). Al momento in cui scriviamo il restauro e il recupero funzionale del cassero senese sono stati completati ed estesi all’intera fortezza medicea, complesso architettonico destinato a usi pubblici, e il medesimo Insegnamento di Archeologia Medievale sta coordinando, in accordo con l’amministrazione comunale e con gli organi di tutela, un articolato programma di ricerche finalizzato alla valutazione del potenziale archeologico del centro storico di Grosseto. Questo progetto di archeologia urbana, che non ha riscontri in Toscana, è stato avviato a partire dal 1998 in occasione della realizzazione di sottoservizi per l’intera area del centro storico e prevede il monitoraggio degli interventi che incidono sulla sedimentazione archeologica, lo studio della documentazione scritta, cartografica e iconografica e l’indagine sulle strutture sopravvissute in elevato. Centro storico, tracce di strutture altomedievali 124 Guida alla Maremma medievale Le recenti indagini archeologiche condotte nel centro storico di Grosseto stanno confermando l’ipotesi che questo sito fosse abitato già in età etrusca e romana, con fasi di occupazione che giungono con certezza alla fine del III secolo d.C. Per quanto concerne il periodo di transizione tra il paesaggio antico e quello medievale, il rinvenimento al centro dell’area cinta dalle mura rinascimentali di un orecchino aureo “a cestello” databile al VI secolo d.C., oggi conservato nel Museo Archeologico di Grosseto, costituisce un ritrovamento di notevole interesse ma di difficile interpretazione, in quanto effettuato al di fuori di ogni controllo archeologico. In ogni caso, in relazione alle fasi iniziali dell’insediamento altomedievale, le indagini archeologiche compiute tra il 1978 e il 2000 apportano comunque dati di notevole rilievo. Il quadro più verosimile che se ne trae è caratterizzato da un esteso abitato di capanne a maglie larghe, che aveva sede su un terrazzo alluvionale sabbiosoghiaioso, più elevato di 5-6 m rispetto alla pianura circostante. La topografia del sito era quella di un modesto dosso, circondato nella stagione piovosa da aree acquitrinose, che coprivano i terreni già occupati dall’insediamento di età romana, inondati dopo ripetute esondazioni del fiume Ombrone. Durante gli scavi condotti nell’area del cassero senese sono stati riconosciuti alcune tracce di frequentazione e i resti di un fossato, forse relativo a una cinta fortificata, riferibili ai secoli centrali del Medioevo, dati che concorrono a definire Centro storico, tracce di capanne altomedievali Grosseto una articolazione dell’insediamento proto-urbano di Grosseto per nuclei distinti, distribuiti sulle modeste alture della zona. Le successive indagini di archeologia urbana hanno confermato tali conclusioni, consentendo di delineare meglio l’area di sviluppo dell’abitato in strutture deperibili pre-romaniche incentrato sull’area di Piazza della Palma, che risulta occupare un’ampia superficie di forma tendenzialmente ovale e si articola in almeno tre diverse fasi. L’alto Medioevo In epoca alto-medievale la chiesa di Lucca vantava ampi possedimenti, incentrati sulla chiesa di San Giorgio, nell’area ove oggi sorge la città di Grosseto. Nel difficile clima politico degli ultimi decenni dell’VIII secolo, l’episcopato lucchese vide allentarsi sempre più la dipendenza dei beni siti in Maremma dalla propria città e, quindi, dal proprio controllo. Solo con i primi anni del IX secolo il vescovo di Lucca Iacopo intraprese una politica di riorganizzazione di questi possedimenti, la cui esecuzione (agosto 803) fu affidata ai figli di Ilprando, abate del monastero suburbano lucchese di San Pietro Somaldi, dai quali avrebbe avuto origine la casata aldobrandesca. Da questo momento e sino al XIII secolo le sorti di Grosseto rimangono legate a quelle degli Aldobrandeschi, che trasferirono da Lucca in Maremma il proprio centro di interessi e fecero di Grosseto uno dei punti focali del proprio dominato, per certi versi alternativo alla stessa sede vescovile di Roselle. La Maritima, del resto, consentì agli esponenti della casata di esercitare il controllo su rilevanti risorse economiche e su importanti vie di comunicazione terrestri, fluviali e marittime. La civitas Durante gli anni Trenta del XII secolo si determinarono alcune favorevoli condizioni che incisero profondamente sulla definizione istituzionale dell’abitato. Infatti, in quel decennio papa Innocenzo II ebbe occasione di soggiornarvi a più riprese assistendo, tra l’altro, nella primavera del 1137, all’assedio montato dal duca Enrico di Baviera e sanzionando, con bolla del 18 aprile 1138, la traslazione della sede episcopale rosellana a Grosseto. Già prima della fine del XII secolo, l’elevato numero degli enti religiosi presenti nella città attesta il notevole sviluppo del centro, come emerge da una bolla pontificia del 1188 ove sono menzionate la cattedrale e ben cinque chiese (San Pietro, ancor oggi riconoscibile nel tessuto urbano, San Michele, Sant’Andrea, San Giorgio, Santa Lucia), oltre alle quali esistevano perlomeno anche quella di San Benedetto e quella di San Leonardo, cui era annesso un ospedale documentato attorno al 1163. In tale contesto acquista rilievo l’interpretazione della volontà manifestata dal conte Ildebrandino VII Aldobrandeschi, nell’agosto 1179, di trasferire la città sul vicino Monte Corneliano (oggi Poggio di Moscona, v. scheda 10) quale atto di pressione sulla cittadinanza in una delicata fase politica, dalla quale uscì consolidato il nascente ordinamento comunale. 125 126 Centro storico, resti delle lottizzazioni del XIII secolo (chiasso degli Zuavi) Guida alla Maremma medievale La città nel Duecento L a crescita della città, riscontrabile nei primi decenni del XIII secolo, si determinò anche a seguito dell’attrazione da essa esercitata sulle popolazioni dei vicini castelli di Caliano, Montecavolo, Racalete e Calvello, che risultano tutti abbandonati prima della metà del Duecento, nonché su quelle di altri centri limitrofi. Non conosciamo le dimensioni demografiche di Grosseto nel corso del XII secolo, ma alcuni giuramenti degli anni Venti del Duecento mostrano come all’epoca si superasse un migliaio di uomini atti alle armi e, quindi, che la popolazione superasse abbondantemente i duemila abitanti. Al XIII secolo, inoltre, sono stati datati i resti di una serie di ambienti realizzati in laterizio, rinvenuti al di sotto della pavimentazione dell’attuale chiasso degli Zuavi e riconducibili a un piano preordinato volto alla urbanizzazione della zona retrostante la cattedrale, indizio di un aumento demografico dell’insediamento, regolamentato dalle autorità cittadine. Ancora al Duecento si datano alcuni pregevoli edifici in pietra e in laterizio realizzati nell’area vicina – di cui oggi possiamo ammirare gli archi in via Aldobrandeschi – mentre nei settori periferici della città continuavano a essere costruite case in terra battuta, come è emerso dagli scavi condotti nel cassero senese. Il dinamismo economico che caratterizzava l’abitato e la conseguente articolazione sociale consentirono, come si è accennato, la nascita di un ordinamento comunale che si sviluppò e si impose nel seno della signoria degli Aldobrandeschi tra XII e XIII secolo, a partire da forme di rappresentanza dal carattere fiduciario e occasionale attestate già alla metà del 1100. La prima attestazione di una struttura comunale, al cui vertice operava un collegio consolare tenuto a seguire le norme contenute nello statuto del Comune, risale al novembre 1203 allorquando fu stipulato un contratto per la creazione di una dogana del sale tra il Grosseto conte Ildebrandino VIII e una società senese: i compiti affidati dall’Aldobrandeschi ai consoli di Grosseto lasciano intuire una stretta collaborazione tra il centro di potere signorile e il gruppo dirigente cittadino che operava all’interno delle istituzioni comunali, sebbene questo equilibrio fosse turbato di lì a poco; nel settembre 1204, i contrasti sfociarono nella concessione di una carta delle libertà da parte dello stesso Ildebrandino VIII ai Grossetani, nell’intento di alleviare i danni provocati da un incendio che aveva devastato l’abitato. Gli anni successivi appaiono segnati dalla progressiva erosione delle prerogative signorili degli Aldobrandeschi da parte del Comune di Grosseto, con una decisa accelerazione a partire dal secondo decennio del Duecento quando anche Siena accentuò la pressione del suo moto espansionistico verso la costa maremmana, attestato già dalla metà del XII secolo. Un episodio significativo in questo processo è costituito dal patto stipulato nel novembre 1221 con gli Aldobrandeschi e mediante il quale Siena si era assicurata alcuni privilegi per i suoi traffici commerciali con la Maremma, tra i quali l’esenzione dal pagamento di dazi nel distretto di Grosseto. Tuttavia i grossetani, disobbediendo alle clausole del patto e, quindi, venendo meno anche agli obblighi di fedeltà nei confronti degli Aldobrandeschi, continuarono a pretendere i pagamenti anche dai mercanti senesi, scatenando in tal modo una violenta reazione da parte di Siena, decisa a far valere i propri diritti: le milizie senesi si impadronirono di Grosseto, distruggendone le fortificazioni e danneggiando gravemente anche le abitazioni (settembre 1224). Infatti, il Comune di Siena violò gli accordi presi con gli Aldobrandeschi, secondo i quali l’esercito senese si sarebbe dovuto limitare a distruggere le mura della città e spianarne i fossati e le carbonaie, mentre, dal canto proprio, i conti avrebbero dovuto combattere contro i Grossetani dall’interno del proprio palazzo, opportunamente fortificato come pure la torre da essi posseduta presso Grosseto. 127 Il Memoriale delle Offese del Comune di Siena, ove è ricordata la conquista di Grosseto del 1224 128 Guida alla Maremma medievale Le aperture di via Aldobrandeschi (prima metà del ’200) (schizzo Terrosi) L’occupazione imperiale Un altro evento determinante per la storia della città che segnò definitivamente la sorte delle residue ragioni signorili degli Aldobrandeschi, fu l’occupazione della contea da parte delle truppe di Federico II nel decennio che va dal 1240 al 1250, cui seguirono l’insediamento del vicario imperiale a Grosseto e la ripetuta presenza dello stesso imperatore in città tra il novembre 1243 e il febbraio 1244, e tra il dicembre 1245 e il marzo 1246. L’età di Federico II costituì un momento di rottura con la tradizione aldobrandesca della città: dopo la metà del XIII secolo i conti continuarono a esercitare una certa ingerenza in Grosseto, ma la loro signoria perdette i caratteri dell’autorità e si ridusse a quella influenza politica che i singoli esponenti della casata – divisa ormai nei due rami familiari di Sovana e Santa Fiora – riuscivano a esercitare sul gruppo dirigente cittadino. Anche la supremazia di Siena su Grosseto assunse i caratteri di una egemonia politica, che solo eccezionalmente si tradusse in forme di controllo militare, basato sull’occupazione di uno o più “casseri” posti in corrispondenza dei principali accessi alla cinta urbana. C I CASSERI on il termine cassero, una parola di origine araba etimologicamente connessa al latino “castrum”, si indicava nella documentazione maremmana a partire dagli ultimi decenni del XII secolo un ridotto fortificato posto all’interno o – più spesso – ai margini di un abitato fortificato. In Grosseto le più antiche notizie su queste strutture sono relative al 1260, durante il periodo di più stretto controllo militare senese e riguardano la costruzione, per iniziativa del Comune di Siena, di una “fortezza o cassero” che sarebbe stata custodita da venticinque masnadieri di quella città, ridotti poi a tredici. A due anni di distanza, oltre a questa fortificazione principale eretta in corrispondenza della porta meridionale, era stata edificata, dalla parte opposta Grosseto 129 della città, una torre sopra la porta di San Pietro, definita anche “cassaretto” per le sue minori dimensioni (qui la guardia, infatti, era ridotta a soli due soldati). Numerosi furono i tentativi di ribellione all’egemonia di Siena, che, comunque, seppe stringere solidi rapporti con il gruppo dirigente grossetano e, in particolare, con gli esponenti della famiglia denominata degli Abati-Del Malia, che alcuni eruditi hanno qualificato come signori di Grosseto, fino a che la città maremmana si assoggettò definitivamente a Siena tra il 1334 e il 1336. Gli ultimi bagliori A lla vigilia di questa fase, passati gli anni turbolenti delle continue scaramucce contro Siena sotto la guida di Bino degli Abati-Del Malia, la città raccoglieva i frutti di una fortunata congiuntura politica. Infatti, lo schieramento del Comune maremmano al fianco di Siena e di Firenze tra i Guelfi di Toscana favoriva l’uso del porto di Grosseto da parte delle grandi compagnie mercantili di quelle città, in disprezzo degli scali “ghibellini” pisani e lucchesi. Questo rinnovato slancio attirò, tra gli altri, l’attenzione di Iacopo Aldobrandeschi, conte di Santa Fiora, che, fedele alla tradizione della sua famiglia, si trovava nel 1328 al seguito dell’imperatore Ludovico il Bavaro (Ludovico IV di Wittelsbach) sceso in Italia e già transitato vicino a Grosseto alla fine del dicembre 1327. I l conte Iacopo, desideroso di riconquistare con la forza quello che i suoi avi avevano perduto ormai da decenni, convinse l’imperatore a muovere contro Grosseto, descrivendone l’importanza strategica nel contesto dei traffici commerciali guelfi. L’assedio, montato contro L’ASSEDIO DEL SETTEMBRE 1328 Cattedrale di San Lorenzo, lato meridionale, emblema del Comune di Grosseto (XIV secolo) 130 Guida alla Maremma medievale la città dalle truppe imperiali rafforzate dall’armata del re di Sicilia, durò quattro giorni – dal 15 al 18 settembre 1328 – e provocò gravi perdite tra gli assalitori, mentre Grosseto resistette grazie alle sue mura e alla difesa portata anche da contingenti francesi assoldati da Siena. Dalle cronache risulta che gli assedianti si servirono di scale per affrontare le mura e che scagliarono all’interno della città “guirittoni e moschette” in quantità tale che tutti i tetti e tutte le piazze di Grosseto ne erano pieni. Dall’altra parte, gli assediati si difesero gettando dall’alto proiettili di pietra e respingendo all’arma bianca gli assalitori che riuscivano a scavalcare i fossati e le cortine murarie. Negli anni successivi Grosseto confermò il suo ruolo strategico, mentre gli esponenti più importanti del suo ceto dirigente erano annoverati come “speciali amici” delle città guelfe di Toscana, prime tra tutte Siena e Firenze. Ciò perdurò sino a quando il tentativo di Vanni detto il Malia di sottrarsi all’ingerenza senese a favore di Pisa segnò, per la decisa reazione che ne seguì, la definitiva sottomissione della città maremmana al Comune di Siena, sancita nei patti del 23 gennaio 1334. Il dominio senese Dopo le pattuizioni del gennaio, già nella primavera 1334 Siena dette avvio alla costruzione di un cassero e di una torre, detta “torre senese”, nell’area a nord della città: dall’aprile di quell’anno, infatti, fu stipulata una serie di contratti di acquisto di terreni e immobili, il cui sedime sarebbe stato occupato dalla fortificazione. I lavori subirono una battuta d’arresto quando Bino del Malia, con l’aiuto di truppe pisane, occupò la città il 26 luglio 1335. La reazione di Siena produsse dei risultati solo nell’anno successivo, quando alla riconquista di Grosseto seguì l’abbattimento delle mura della città, che rimase priva di difese per quasi un decennio. Il Comune di Siena, infatti, permise lo scavo di nuovi fossati attorno a Grosseto solo nel 1343, mentre il divieto di erigere mura cadde solo nel giugno 1344: in questa fase i lavori di costruzione procedettero con particolare celerità, tanto che nella primavera del 1345 la cinta muraria era ricostituita e il cassero compiuto. Nel corso dei decenni centrali del XIV secolo l’area grossetana fu interessata da un processo di degrado, che segnò per secoli il paesaggio e le cui cause possono essere individuate in una congiuntura segnata dalla perdita delle libertà comunali, da una disastrosa alluvione che nel 1333 mutò il corso del fiume Ombrone allontanandolo dalla città, dal tracollo demografico determinato in Maremma dalla Peste Nera (1348) e dalle periodiche epidemie che ne seguirono. Lo spopolamento, l’impaludamento delle campagne e la malaria divennero fenomeni endemici in quest’area e, a partire dalla seconda metà del XIV secolo, la città di Grosseto fu caratterizzata da una notevole instabilità demografica, con ampie oscillazioni – tra Grosseto 131 Cattedrale di San Lorenzo, unità di misura lineare scolpita nel paramento murario esterno meno di mille abitanti a circa duemila – dovute alle crisi di mortalità e ai consistenti afflussi migratori, determinati dalle agevolazioni che Siena stabiliva per favorire il ripopolamento della zona. I segni di questo mutamento sono emersi anche dalle indagini archeo-zoologiche sui reperti osteologici provenienti dallo scavo del cassero mediceo, le quali, tra l’altro, hanno evidenziato che nel corso del XIV secolo si verificò rispetto ai secoli precedenti un drastico declino del consumo di carne bovina a beneficio di quella di suini e ovini, sintomo anche del passaggio da un’agricoltura intensiva a un’economia pastorale basata sulla transumanza, sollecitamente favorita da Siena interessata al migliore sfruttamento dei pascoli maremmani (risale, tra l’altro, al 1419 lo statuto dei paschi, istituzione all’origine del Monte dei Paschi di Siena). Il decadimento delle condizioni igieniche e demografiche della città venne denunciato dalla comunità grossetana attraverso una serie di petizioni inviate nel corso del Quattrocento al governo senese per chiedere sgravi fiscali e libertà nella commercializzazione dei prodotti locali, ma, essendo dirette a ottenere agevolazioni, devono essere attentamente valutate: infatti, a Grosseto né venne meno la continuità della vita civile nel corso dei secoli successivi né si mancò di provvedere alla realizzazione di alcune opere pubbliche di una certa rilevanza, quali la costruzione del campanile della cattedrale (1402), la risistemazione delle mura cittadine e dei palazzi pubblici posti sulla piazza principale (1419-1430). Il ducato mediceo Nei primi decenni del Cinquecento la città rappresentò uno dei capisaldi militari più importanti dello stato senese, soprattutto quando, verso la metà del XVI secolo, la Toscana meridionale fu teatro di aspri scontri nel contesto della lunga guerra per la supremazia nella penisola italiana, che oppose lo schieramento dell’imperatore Carlo V a quello filo-francese e che trovò definitiva composizione con la pace di Cateau-Cambrésis del 1559: in questo periodo, infatti, Grosseto, facilmente raggiungibile via mare, costituiva la base delle truppe franco-senesi, che da qui partivano per le incursioni nei centri vicini. 132 Guida alla Maremma medievale Centro storico, ambienti di età moderna rinvenuti in via Saffi Alla sconfitta dello schieramento filo-francese seguì l’inserimento dello stato senese nel ducato mediceo (1557), evento che per Grosseto segnò l’avvio di un intenso riassetto urbanistico, quale ancor oggi caratterizza il centro storico della città. LA VISITA Fortezza medicea, particolare L a visita prende avvio da Porta Vecchia, che si apre nella cortina muraria dalla parte di piazza De Maria. In questa piazza e nelle sue adiacenze è anche possibile parcheggiare le vetture, a esclusione del giovedì, quando l’area è destinata allo svolgimento del mercato settimanale. Dunque, facciamo ingresso all’interno delle mura cittadine – realizzate in laterizio sotto i primi Granduchi medicei – attraverso una porta aperta sul basamento di una torre medievale inglobata al loro interno e utilizzata come unico accesso diretto alla città rinascimentale. Grosseto Porta Vecchia Sul fronte esterno, la porta è coperta da un arco gotico in pietra, che possiamo immaginare sovrastastante un sottarco, secondo l’uso senese, poiché questa parte più bassa è stata tagliata e coperta dalle strutture di un grande arco a tutto sesto risalente al XVI secolo, come i due spigoli esterni della torre. Nelle pareti interne del fornice si nota l’aggiunta di un corpo di fabbrica cinquecentesco alla struttura medievale, la quale presenta ancora le tracce degli alloggi per le saracinesche; inoltre, è possibile riconoscere sulla destra, nella porzione cinquecentesca, un segno lapidario e sulla sinistra, nella porzione medievale, uno stemma difficilmente leggibile perché inciso sommariamente e ridotto a semplice abbozzo; alcune lapidi ce- 133 La città in una veduta del XVII secolo (da Francovich, Gelichi 1980) Porta Vecchia 134 Guida alla Maremma medievale lebrative sono state inserite nel corso del XX secolo sulle medesime pareti, una delle quali ricorda l’assedio montato a Grosseto nel 1328 dalle truppe dell’imperatore Ludovico il Bavaro, che la tradizione collega a questa struttura fortificata. L Porta Vecchia, interno del fornice PORTA CITTADINA Il “cassero del Sale” a porta – denominata dalla seconda metà del Duecento Porta Cittadina e, più tardi, Porta Reale – era originariamente sormontata da un’alta torre che fu ribassata una prima volta all’epoca della realizzazione della cinta medicea e ulteriormente nel XIX secolo. In via ipotetica la sua edificazione sembra da far risalire a un’iniziativa del Comune di Grosseto successiva alla distruzione delle fortificazioni cittadine imposta da Siena nel 1224. Infatti, nel periodo in cui il conte Guglielmo esercitava i diritti signorili sulla città – tra il 1224 e il 1239 – il Comune si impegnò nella costruzione di una porta che all’epoca venne definita “nuova”. È diffusa l’opinione che l’antico nome di “Porta Cittadina” derivi da quello del senese Lambertesco di Vigoroso di Cittadino che fu capitano del popolo di Grosseto nel 1262, anno in cui una tradizione erudita – riportata già dallo storico cinquecentesco Giugurta Tommasi e proposta con intenti celebrativo-genealogici – ha collegato l’edificazione della Grosseto 135 struttura a quel capitano. In realtà, il nome della porta non sembra da collegare a questo personaggio, quanto semmai alla via Cittadina (l’attuale via San Martino) che a essa conduce o, come ritenuto da altri, al terzo di Città su cui insisteva la struttura. Il Cassero del Sale Oltrepassata la porta, sulla sinistra si ammira il cosiddetto “Cassero del sale”, un imponente edificio romanico, costituito da un corpo di fabbrica a pianta rettangolare di circa 30 x 9 m, il cui piano terra si articola attualmente in tre grandi ambienti coperti da quattro volte a botte, in pietra. La conformazione oggi visibile dall’esterno costituisce il frutto di successivi rimaneggiamenti, i più consistenti dei quali hanno portato nel Cinquecento alla costruzione della scalinata sul fronte di piazza del Mercato e negli anni Venti del Novecento all’aggiunta di un corpo di fabbrica sul lato di via Mazzini, la cui parte più alta termina con una balaustra dietro la quale si scorgono, sul muro originale del “cassero”, gli emblemi del Comune (la balzana bianconera) e del Popolo di Siena (il leone rampante). La presenza di questi stemmi è legata all’utilizzazione dell’edificio da parte del Comune senese nel corso del XIV secolo: dapprima, tra il 1336 e il 1345 e in mancanza di veri e propri casseri, come fortezza, successivamente come sede della dogana del sale. Più oscure sono le origini di questa struttura, forse ricollegabili all’iniziativa degli Aldobrandeschi, che si erano dotati di una domus specificamente destinata allo stoccaggio del sale almeno dal tempo del conte Guglielmo. Pur in mancanza di indagini archeologiche specifiche, sono recentemente emersi alcuni indizi sfavorevoli all’ipotesi dell’identificazione del sito occupato dal cassero del sale con l’antico castello degli Aldobrandeschi, che era ubicato in un’altra zona della città. Edifici preesistenti inglobati nelle mura medicee 136 Guida alla Maremma medievale Resti di edifici medievali rinvenuti tra Porta Vecchia e il “cassero del Sale” UN “CASTELLARE” A GROSSETO L’ esame delle fonti documentarie bassomedievali e moderne induce a localizzare il “castellare”, toponimo che indica l’esistenza o la memoria di strutture fortificate in stato di abbandono, in un sito posto a sud dell’antico Palazzo dei Priori, forse all’interno della cinta muraria medicea tra le attuali via Manin e piazza San Michele (nell’isolato dell’Hotel Bastiani e della Banca Toscana), dove, nei primi anni del XVIII secolo, vennero alla luce consistenti resti di strutture architettoniche probabilmente risalenti all’età romana. Per poter ammirare gli stemmi senesi apposti sul cassero del sale occorre allontanarsi dalla facciata dell’edificio verso via Ricasoli, all’altezza delle vetrine della gioielleria Cesaroni. Nello spazio stradale antistante questi esercizi commerciali, sino al limite della pavimentazione di piazza del Mercato, nel corso del programma di ar- Grosseto 137 cheologia urbana sono state rinvenute numerose strutture murarie che costituiscono il fronte di edifici medievali, la cui tessitura in laterizio appariva molto ben curata. Il tessuto urbanistico medievale Percorsa la via Ricasoli, prima di addentrarsi in piazza Dante si volta verso destra in via Galileo Galilei, al termine della quale si prende sulla sinistra il tratto terminale di via San Martino. Il lato destro di questa strada è caratterizzato dalla presenza di alcuni archi con elementi decorativi in cotto stampato e dal rinvenimento di lacerti di murature in filaretto di pietra calcarea, oggi ricoperti da intonaco, che proseguono anche nel tratto destro iniziale di via dell’Unione, nella quale ci si immette al termine di via San Martino. In via dell’Unione è stata rinvenuta una pavimentazione lastricata, posta a una quota di circa 1 m inferiore a quella dell’attuale piano stradale e lunga quanto il fronte dell’edificio a esso contiguo, che oggi è in parte visibile all’interno di una struttura in ferro e cemento. Questo lastricato è composto da pietre di pezzatura medio-grande ed è caratterizzato da due profonde canalette trasversali, una delle quali visibile in parte. Data la sua conformazione, appare difficoltoso individuare con certezza la natura e le funzioni della pavimentazione, sebbene sia possibile escludere la sua destinazione a sede stradale. Sempre lungo via dell’Unione è stata rinvenuta una sepoltura umana, tagliata semplicemente nel terreno intaccando strati pre-medievali, che presentava il corpo dell’inumato ancora integro e del tutto privo di corredo. Dal margine della struttura in ferro e cemento entriamo in via Paglialunga, che ci porta in piazza Martiri d’Istia, dove si affaccia la chiesa della Misericordia. Si tratta di un edificio ottocentesco impiantato sui resti della chiesa medievale di San Leonardo, della quale rimane visibile il paramento romanico in travertino nella porzione basamentale del lato nord, mentre Via dell’Unione, lastricato medievale 138 Via dell’Unione, scheletro umano Piazza della Palma: impianto siderurgico altomedievale Guida alla Maremma medievale le indagini di archeologia urbana hanno consentito di identificare le fondamenta dell’abside nel lato di piazza della Palma. Lungo il fianco della chiesa, un settore di scavo ha portato alla luce i resti di una fornace destinata alla riduzione del minerale ferroso, ma la cui carica non venne mai portata a combustione. La struttura a pozzetto fu ricavata tagliando gli strati altomedievali e, appunto per il suo mancato uso, è stata rinvenuta sostanzialmente integra. L’area contigua a quella occupata dalla fornace attualmente non è pavimentata e ciò consente di vedere le canalizzazioni e le sovrastrutture in laterizio realizzate nei primi decenni del Novecento per coprire l’apertura dell’antico “pozzo di San Leonardo”, che rappresentava una delle principali cisterne urbane. L’invaso è stato parzialmente indagato nell’ambito del programma di archeologia urbana e, sebbene lo scavo non sia giunto al fondo della cisterna, l’esplorazione ne ha accertato una origine medievale, testimoniata dall’ottima qualità delle murature in filaretto che la delimitano internamente nella porzione superiore. Nello spazio retrostante la chiesa della Misericordia, in piazza della Palma, sono state individuate numerose tracce di edifici in legno (buche di palo, strati di vita, fosse) da collegare all’esistenza di un villaggio altomedievale, forse cinto da un fossato e da una palizzata, esteso in larga parte del centro storico di Grosseto, nelle aree contrassegnate originariamente da una maggiore quota s.l.m. In questo luogo, infatti, dovrebbe trovarsi il nucleo principale che ha dato vita alla città vera e propria, sviluppatasi in un’area distinta dal castello signorile: dal punto di vista topografico, infatti, nella prima metà del XII secolo si registra una separazione tra il castello signorile e l’agglomerato urbano vero e proprio, il cui asse portante si situerebbe in corrispondenza dell’attuale via Garibaldi, sulla direttrice che univa la costa all’entroterra; solo durante la prima metà del Duecento, i due nuclei sarebbero stati racchiusi entro un’unica cinta muraria. Da via Garibaldi, che costituisce il lato nord-occidentale di piazza della Palma, si prosegue verso destra per pochi passi, fino a che si apre allo sguardo la cinta muraria della città con la fortezza medicea nei cui terrapieni è inglobato il cassero senese, che sporge con la sua mole per una decina di metri: la struttura si presenta come un torrione in pietra coronato da un ter- Grosseto razzo con copertura sorretta da pilastri in laterizio. Le fortificazioni della città nel Medioevo non avevano i caratteri della cinta medicea che oggi ammiriamo: sebbene in più parti l’andamento delle attuali mura coincida con quello medievale, i materiali e la tecnica costruttiva utilizzati rispondevano ad altre esigenze; infatti, a differenza della cortina medicea, costituita da un fronte bastionato con muri a scarpa in laterizio che sorreggevano spessi terrapieni necessari a sopportare l’urto delle armi da fuoco, la cinta urbana più antica rispondeva certamente alle diverse esigenze di una difesa contro le armi da lancio, fondata essenzialmente su cortine verticali, munite di torri, merli e caditoie. I l complesso architettonico costituisce il frutto della successiva fusione di due corpi di fabbrica ben distinti: l’alta e massiccia torre di guardia, nettamente emergente sul tessuto edificato circostante, e l’adiacente cortile fortificato, che vi si addossa sul lato orientale e nel quale si aprivano, in serie, le porte di accesso alla città, ulteriormente difese da un massiccio antiporto sporgente verso l’esterno. Nel secondo Cinquecento il cortile fortificato perse la sua funzione di accesso alla città. Così, vennero tamponate le due porte monumentali aperte nei lati opposti del cortile, mentre quest’ultimo fu coperto ed elevato sino a raggiungere l’altezza della torre, a sua volta ribassata per evitare che costituisse un pericoloso bersaglio per le artiglierie nemiche. Perduta in tal modo l’originaria distinzione tra i due corpi di fabbrica, ormai trasformati in un unico edificio tozzo e massiccio, il torrione venne utilizzato come sede della guarnigione. Gli architetti medicei, che inclusero il complesso medievale nella fortezza bastionata, lo interrarono per circa 6 m e realizzarono sulla sua sommità un ampio terrazzo coperto, funzionale al rapido piazzamento in ogni direzione dell’artiglieria leggera. 139 Piazza della Palma: strutture medievali IL CASSERO SENESE 140 Guida alla Maremma medievale I restauri del cassero del 1978-1980 e quelli della fortezza ultimati nel 2000 consentono al visitatore di apprezzare le strutture medievali nella loro genesi e nelle successive trasformazioni formali e funzionali. Oltrepassata la porta della fortezza, i cui locali ospitano attualmente la sede del corso di laurea in Beni Culturali, e salita la prima breve rampa cordonata, si entra sulla sinistra accendendo a un locale di raccordo realizzato nel Cinquecento. Al suo interno è possibile osservare alcuni resti delle strutture medievali, valorizzati dai lavori di restauro. Sulla sinistra si riconosce la faccia esterna del muro in travertino dotato di scarpa che delimitava il recinto fortificato della porta trecentesca (porta di Santa Lucia). Questo muro prosegue, ancora all’interno, oltre un’apertura che ci conduce al di fuori del circuito delle mura senesi, dove sulla nostra sinistra è possibile osservare quanto rimane delle imponenti strutture dell’antiporto difensivo, che sporgeva all’esterno del cortile fortificato. Tornati indietro verso la stanza pentagonale di raccordo, proseguiamo la visita alle strutture medievali entrando in un vano che si trova ora alla nostra destra: costeggiamo in tal modo, dall’esterno, il perimetro del cortile fortificato, attraversando uno stretto corridoio che fu ricavato nel ’500 anche mediante l’abbattimento di uno spigolo della scarpa. Facciamo così ingresso al cortile trecentesco attraversando la porta rivolta verso l’interno della città: si tratta di una apertura molto alta, sovrastata da un grande arco ogivale realizzato con pietre bianche e nere, che richiamavano i colori del Comune di Siena, e agevolmente visibile dall’esterno. Sul lato opposto del cor- Cassero senese, ipotesi ricostruttiva (da Francovich, Gelichi 1980) Grosseto tile si apre, specularmente, la monumentale porta di accesso settentrionale, in tutto simile alla prima per la bicromia decorativa e sovrastata anche dallo stemma del Comune di Siena (la Balzana bianco-nera). Sulla facciata esterna di questa medesima porta si conserva pure un’epigrafe murata, approssimativamente all’altezza dell’imposta dell’arco, nella quale si riferisce dell’erezione N del cassero e della ricostruzione delle mura urbiche, una volta ultimata l’opera nel 1345. Prima di uscire all’aperto e salire sugli spalti medicei per ammirare questi particolari, possiamo visitare l’altro ambiente contiguo, che costituiva il piano terra della torre originaria. Si tratta di un unico grande ambiente, con volta a botte, integralmente fasciato in mattoni, cui si accede tramite una breccia nel muro meridionale, praticata all’epoca della costruzione della fortezza medicea. Tornando sui nostri passi, usciamo all’esterno e proseguiamo in avanti per poter accedere al livello superiore della fortezza mediante un’altra rampa cordonata. Giunti in cima, ci volgiamo verso destra e percorriamo il camminamento sino a entrare sugli spalti medicei per ammirare dall’esterno i particolari costruttivi e decorativi del torrione. Usciti dalla fortezza, la visita prosegue a destra lungo le mura medicee, che possono essere percorse sino al termine del bastione Rimembranza, N dal quale si discende all’imbocco di via Andrea da Grosseto. 141 Cassero Senese, in alto, assonometria delle strutture del cortile fortificato. In basso, assonometria del piano terra della torre 142 Chiesa di San Francesco, Crocifisso attribuito alla Scuola di Duccio di Buoninsegna Guida alla Maremma medievale La chiesa di San Francesco Qui si trovano la chiesa e il convento di San Francesco. Il complesso monastico, fortemente rimaneggiato, era contrassegnato dalla presenza di due chiostri, di cui rimane quello colonnato, sebbene parzialmente ricostruito, in cui si conservano alcuni elementi medievali e un pozzo cinquecentesco. Il chiostro sul lato orientale si addossa alla chiesa di San Francesco, cui si accede anche dall’esterno. L’edificio religioso venne impostato nel Duecento sulla chiesa pertinente al monastero benedettino di San Fortunato e rispecchia i canoni costruttivi degli ordini religiosi mendicanti: realizzato interamente in laterizio, eccettuata la parte basamentale della facciata in travertino, è a navata unica con abside a scarsella coperta a crociera, ove si conserva un crocifisso attribuito alla scuola di Duccio di Buoninsegna. Chiesa di San Pietro Uscendo dall’edificio religioso si prosegue in avanti fino a raggiungere piazza Baccarini, ove si trova il Museo Archeologico e d’Arte della Maremma e dalla quale si diparte via Cairoli, dove si ammira l’abside della chiesa di San Pietro. Questo edificio religioso, ad aula rettangolare monoabsidata, ha subito pesanti rifacimenti e dell’originario tessuto murario rimane, inserita in un cortiletto aperto, l’abside romanica con alto basamento sul cui si impostano semicolonne in travertino che sorreggono un coronamento a archetti ciechi. Sulla facciata, in corso Carducci, si notano, recentemente inseriti nella muratura medievale, alcuni bassorilievi provenienti dall’area della cattedrale, mentre appartenevano al suo originario apparato decorativo alcuni elementi a losanga di matrice pisana, che ospitavano ceramiche policrome oggi perdute. Il Museo Archeologico Tornado indietro verso piazza Baccarini possiamo accedere al Museo civico, che conserva, tra l’altro, anche importanti testimonianze Grosseto 143 medievali relative alla città di Grosseto e al suo territorio. Usciti dal Museo, possiamo proseguire, girando sulla nostra destra, lungo via Vinzaglio, ove, all’altezza dell’incrocio con via Garibaldi, è stato ritrovato nel corso del programma di archeologia urbana un lacerto di paramento murario in conci di travertino pertinente a un edificio medievale di pregio. Di fronte si apre piazza Innocenzo II, nella quale si affaccia il campanile della cattedrale, realizzato nel 1402 e più volte rimaneggiato, e dove sono stati rinvenuti i resti del palazzo vescovile ascrivibile alla prima metà del XV secolo. La Cattedrale B ordeggiando il fianco della Cattedrale si arriva in piazza del Duomo, dove nel Medioevo si affacciava anche il palazzo dei Priori, demolito nei primi decenni del Novecento. Secondo la tradizione qui venne edificata la maior ecclesia in sostituzione della pieve di Santa Maria, attestata sin dal 1015. Nelle forme ancor oggi percepibili, la cattedrale di San Lorenzo venne costruita a partire dal 1294 sotto la direzione del maestro senese Sozzo Rustichini, come attesta un consistente gruppo di epigrafi poste nell’edificio. Gli elementi più antichi conservatisi risalgono proprio a quegli anni e sono stati attribuiti alla mano del maestro senese: il Santo, simbolo di San Matteo, e l’Aquila, simbolo di San Giovanni, che si trovano in facciata. Le forme originarie dell’edificio sono state modificate dai numerosi interventi di restauro che si sono succeduti nei secoli, ma sono sicuramente ascrivibili alla Chiesa di San Pietro, abside Piazza Innocenzo II, resti del Palazzo Vescovile con area cimiteriale 144 Campanile della cattedrale, elementi scultorei di riuso Guida alla Maremma medievale metà del XIV secolo gli elementi di maggior pregio della facciata meridionale, che domina un lato di piazza Dante: le bifore e il portale, realizzati da maestranze senesi probabilmente all’indomani della definitiva sottomissione del Comune di Grosseto a Siena (1334-1336), come sembra suggerire, ai lati dello stesso portale, la presenza della balzana senese accanto al grifo (stemma del Comune maremmano). Nella piazza Dante si affaccia anche il palazzo della Provincia edificato in stile neogotico su progetto dell’architetto Lorenzo Porciatti, che ricollocò in facciata alcuni stemmi dei personaggi che ricoprirono sullo scorcio del Medioevo la carica di podestà a Grosseto. Consistenti elementi architettonici medievali sono visibili, entrando nell’androne di ingresso, sulla controfacciata del palazzo. Seguendo il lato meridionale della Cattedrale, giungiamo in via Aldobrandeschi, caratterizzata su entrambi i lati dalla presenza di palazzi duecenteschi, di cui è visibile, al pianoterra, una serie di archi a sesto acuto in conci di travertino. Alla fine della strada ci immettiamo nuovamente, sulla destra, in via San Martino, il cui percorso, caratterizzato da loggette recentemente valorizzate, termina di fronte a Porta Vecchia, punto di partenza del nostro itinerario. Via San Martino, proiettile di catapulta rinvenuto durante gli scavi