AA.VV. Accarezzare la verità con lo sguardo dell'anima Accarezzare la verità con lo sguardo dell'anima Scritti in onore di Andrea Galimberti In Appendice Contributi al pensiero di Andrea Galimberti A. Galimberti Testi coordinati e raccolti da Santo Arcoleo Sulla filosofia anglo-americana CoUana Filosofica 1 CoUana Filosofica 2 ® Società Filosofica Italiana Sezione di Novara Prima edizione maggio 2013 QUINTESSENZA Andrea Galimberti Editrice , Gallarate (Va) Collana filosofica diretta da Santo Arco leo Curatore Mario Vitale Savigliano di Cuneo 1912- Novi Ligure 1982 Patrocinio culturale Università degli Studi di Genova 3 4 Indice Santo Arcoleo Premessa 3 Premessa Santo Arcoleo 11 L'esemplare ricerca Enrica Bonanati 53 Andrea Galimberti, un maestro Annamaria Siniscalchi 67 Andrea Galimberti interprete bula Fidei Santino Cavaciuti 85 Il metodo linguistico trascendentale Giuseppe Claudio Godani 97 Una lezione di scuola. La filosofia del linguaggio di Andrea Galimberti Ignazio Venzano 187 Andrea Galimberti e lo statuto epistemologico delle scienze umane Marco Buzzoni Nel trentesimo anniversario della scomparsae nella ricorrenza del centenario della nascita del professore Andrea Galimberti (1912- 1982), alcuni amici, collaboratori ed estimatori del suo pensiero, hanno voluto ricordarne la lucidità teoretica, la profondità ermeneutica nell'interpretazione dei protagonisti, degli aspetti e dei momenti della storia del pensiero, e la passione che ne ha caratterizzato l'insegnamento durante la più che trentennale attività didattica. dei Praeam Ne è risultato il libro da cui le pagine qui riportate. 239 Andrea Galimberti. Aspetti e orientamenti del suo "sentire" filosofico Santo Arcoleo APPENDICE 273 Pensatori e problematiche della filosofia americana negli anni '50. La testimonianza e le riflessioni di Andrea Galimberti Santo Arcoleo 5 6 Assieme ai contributi dedicati al pensiero di Galimberti che sottolineano i molteplici aspetti della specificità del suo impegno filosofico, sono riproposti, in appendice, alcuni articoli pubblicati nella seconda metà degli anni '50 e dedicati agli aspetti più innovativi della filosofia anglo-americana, che testimoniano della sua intensa attività scientifica e della pluralità dei suoi interessi, ne illustrano i molteplici aspetti e, soprattutto, mettono in luce il carattere innovativo della sua metodologia e del suo operare sia nelle discipline filosofiche che in quelle pedagogiche . professore ordinario di storia della filosofia. Al pensiero del prof. Galimberti sono stati dedicati sia una commossa commemorazione nella città di Novi Ligure 1 sia una giornata di studi dedicata alla sua lunga docenza, in occasione del venticinquesimo anniversario della sua scomparsa, dalla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli studi di Genova, dal dipartimento di Filosofia e dall'Associazione filosofica ligure (Sezione ligure della SFI). 2 Annotiamo un’ulteriore segnalazione di attualità. Il 20 ottobre 2014, presso l’aula magna del Liceo classico A. Doria in Genova, è stato presentato il volume – da cui queste pagine 3 – da parte dei relatori S. Arcoleo, M. Buzzoni, C. Godani, G. Venzano. Tali collaboratori della citata pubblicazione hanno delucidato il pensiero di A. Galimberti col titolo complessivo La “polytropia” di A. Galimberti. Un percorso, lungo i sentieri della storiografia filosofica, dell’epistemiologia e della pedagogia. (annotazione di E.B.) Andrea Galimberti è stato amico di Adelchi Baratono - artefice dell'Istituto universitario di Magistero della città di Genova -. Con lui e con Raffaele Resta fondò l’“Associazione filosofica ligure” nell’anno 1940 (nota di E.B.) Giovanissimo, è stato docente di Storia della filosofia in questo Istituto universitario (allora comunale) e, successivamente, docente di Filosofia morale presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Genova fino al 1962, anno in cui ha ricevuto l'incarico di docente di pedagogia nella stessa università, ove ha concluso il suo insegnamento come 7 8 NOTE Santo Arcoleo 1. Gli atti, pubblicati con il titolo: La culturali tà umana, Novi Ligure, pubblicazione edita a cura del Rotary Club di Novi Ligure, 1988, pp . 61, comprendono i contribu ti di A. Bausola, del domenicano p. E. di Ravasenda , di B. Salmona, di E. Berti , di l.Venzano. 2. Filologia e Filosofia: un rapporto ancora pos sibile? Nel ricordo di Andrea Galimberti a venticinque anni della sua scomparsa (Genova 28-29 novembre 2007). Gli atti di questo convegno di studi non sono stati pubblicati. 3. A.A. V.V. Accarezzare la verità con lo sguardo dell’anima. Contributo al pensiero di Andrea Galimberti. Quintessenza Editrice, Gallarate (VA) Prima edizione, maggio 2013 Andrea Galimberti. Aspetti e orientamenti del suo "sentire" filosofico Premessa È con una certa emozione che mi accingo ad esporre alcuni aspetti del pensiero di Andrea Galimberti, docente di filosofia morale nella facoltà di Lettere e Filosofia della Università di Genova, correlatore nella discussione della mia tesi di laurea, maestro di disciplina e metodologia didattica negli anni accademici 1962-63, 1963-64, in cui sono stato suo assistente alla cattedra di pedagogia nella facoltà di lettere della stessa università. Non è semplice, anche da assistente e collaboratore, cogliere in poche righe la ricchezza e la profondità del suo insegnamento, nella cattedra di pedagogia, quello spessore teoretico didattico, inserito in un orizzonte nel quale il momento filosofico si coniugava con il richiamo alla didattica rivelando una sensibilità 9 10 sperimentale alla quale faceva riferimento quando esponeva gli aspetti più innovativi della disciplina, applicandoli al suo insegnamento. Una delle sue caratteristiche più rilevanti è la spiccata sensibilità con la quale coglieva i problemi di molti studenti e nella quale si evidenziavano le componenti dell'uomo Galimberti: la sua vocazione di "maestro", la profondità delle sue conoscenze e la vastità dei suoi interessi, già da tempo orientati anche a far luce su prospettive filosofiche ancora poco conosciute e a formulare ipotesi interpretative innovatrici, come mostra il suo ineresse per i ha lasciato a Genova, sia con l'insegnamento al 3 liceo classico "A. Doria" che con le sue lezioni al Magistero "A. Bara tono", allora comunale e, in seguito, alla facoltà di lettere e filosofia dell'Università, è rimasta profonda in quanti siamo stati formati dalle sue lezioni. Ma chi era veramente Andrea Galimberti? Il filosofo e lo studioso hanno già una collocazione e un ruolo definito nel panorama filosofico internazionale, negli anni 50-70. Sono debitore, per le notizie che espongo, alle mie frequentazioni in primo luogo con lo stesso professar Galimberti, poi alla gentilezza della signora Franca, che ha messo a mia disposizione carteggi, corrispondenza e altri documenti del professore. A Lei porgo il mio più vivo ringraziamento. Galimberti si è completamente votato all'universo della filosofia e, come altri colleghi europei, fin dai primi anni '50, ha avuto l'occasione di tenere un ciclo di lezioni nelle università nord-americane, mentre non era facile, in quegli anni, insegnare in Università straniere, rette da statuti giuridici del tutto differenti da 1 "classici", Platone e Aristotele, o per i filosofi medievali, Agostino e Tommaso, o per i rina scimentali, Bruno o Galilei, per i moderni, da Descartes ad Hegel, o per i filosofi contemporanei, dei quali ha messo l'accento sugli aspetti più significativi. 2 L'insegnamento a Genova Dalla cattedra al liceo classico "A. Doria" di Genova all'insegnamento di filosofia alla facoltà di Magistero, alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Ateneo genovese, l'impronta che Galimberti 11 12 quelli delle università italiane. Galimberti possiamo considerarlo fra i migliori interpreti del pensiero americano per il suo temperamento, la personalità e la padronanza della lingua inglese. La sua conoscenza dettagliata e sicura della filosofia americana ne fa uno degli interpreti che non solo contribuiscono a diffonderla fra gli stessi americani, ma sono lo strumento più idoneo attraverso il quale riciamare l'interesse dei filosofi italiani per la filosofia americana e dei filosofi americani per la filosofia italiana. Il prof. Ralph Thomas Flewelling, dell'Università di Southern, California, fra le molte qualità di Galimberti, ha messo in luce soprattutto l'eccellenza delle sue conoscenze, mentre Richard Mc Keon, dell'università di Chicago, ne ha lodato le qualità che ne fanno un professore attento alla tradizione italiana e a quella dell'intero mondo. Egli ricorda lo scambio di idee nelle lunghe discussioni che ha avuto con lui e lo stato presente dei suoi studi dedicato alla natura dell'immaginazione e alle sue funzioni nelle varie discipline. In sintesi la prospettiva filosofica di Galim- anche notevoli capacità analitiche. Se rileggiamo i titoli dei saggi e degli articoli che compaiono nella bibliografia degli scritti, redatta dal prof. Bruno Salmona e pubblicata alle pp. 21-30 del volume: Filosofia trascendentale del linguaggio, (Paideia, Brescia 1985), anche nella semplice enunciazione, si rivela la molteplicità dei temi e degli interessi puntuali e di vasto respiro, che si collegano, oltre che alla filosofia americana, anche a quella inglese e franco-belga. (...) NOTE Cfr., ad esempio, la edizione del Protagora di Platone (Mondadori, Milano 1948) o il Commento critico al sesto libro della Nicomachea, in Horizons of a Philosopher: Essays in Honor of David Baumgardt, Brill, Leiden 1963, pp.137-152. Mi è noto che Galimberti abbia preparato una pregevole traduzione dell'intera Etica a Nicomaco di Aristotele, che non solo non ha pubblicato, ma che non si trova fra le sue carte. Nel 1992 è stata pubblicata, postuma, la traduzione italiana del De Il Maestro, nella versione Magistro di Agostino: italiana di Andrea Galimberti, Galimberti Tipografi editori, Torino 1992. Il volume contiene anche il testo latino del vescovo di lppona. 1 berti è stata giudicata caratterizzata da una in telligenza originale e lucida a cui si uniscono 13 14 2. Nella "Bibliografia degli scritti di Andrea Galimberti", curata da Bruno Salmona che per lunghi anni è stato suo assistente, presso la cattedra di Filosofia morale, si possono reperire quasi tutti i riferimenti agli scritti di Galimberti. (cfr: B. Salmona, Bibliografia degli scritti di Andrea in: A. Galimberti, Filosofia Galimberti, trascendentale del linguaggio, Paideia, Brescia 1985, pp.21-30. Fra gli allievi che hanno frequentato il liceo classico "A. Doria" di Genova, negli anni 50 è rimasto particolarmente vivo il ricordo di questo Professore che si presentava come un "gentleman" inglese, con la sua preziosa pipa in bocca e che parlava ai suoi studenti dei progressi della filosofia angloamericana, soprattutto dopo un suo soggiorno nelle più prestigiose università dell'America del Nord. Il dott. Pietro Albanese, ad esempio, ricorda l'affinità che avvicinava il pensiero del giovane filosofo italiano al pensiero dei filosofi allora più conosciuti del continente americano, principalmente i riferimenti al pensiero giuridico e al pensiero politico; il dott. Fabio Capocaccia, suo alunno al liceo Doria e figlio del prof. Agostino Capocaccia, preside della facoltà di Ingegneria dell'ateneo genovese, ricorda la partecipazione attiva e costruttiva degli interventi di Galimberti, negli incontri che il padre organizzava nell'ampezzano, dove intervenivano alcuni dei maggiori esponenti della cultura italiana e, spesso, della cultura europea. 3. Si ricordano soprattutto gli interventi di Jean Wahl, che in quegli anni dette vita a una profonda e sincera amicizia con Galimberti, di cui sono documento fondamentale le lettere, che la gentilezza della signora Franca Galimberti ha voluto mostrarmi, ma che per me sono state di difficilissima lettura, essendo la scrittura di Wahl del tutto indecifrabile. Fabio Capocaccia ricorda che nelle Dolomiti, fra gli anni '50 e '70, è nata la "cittadella del pensiero", una organizzazione che faceva capo alla Compagnia di S.Paolo ed era di retta dal p. Pasquale Magni. Fra i numerosi uomini di cultura presenti frquentemente ricorda i filosofi Abbagnano e Galimberti ed il matematico Severi. Questi incontri, che avevano come oggetto i rapporti fede-scienza, erano iniziati a S.Martino di Castrozza ed erano continuati a Canazei, a Santa Cristina, ad Andalo, a La Mendola ed infine a Cortina, dove l'hotel Serena divenne il centro degli incontri internazionali. I resoconti di questi incontri si trovano nella rivista "Il fuoco". la responsabilità della cultura è l'argomento che ancora oggi guida gli eredi di questa sensibile e attenta situazione" . 15 16 Corso Aurelio Saffi 11,2 come pure nei complessi della chiesa di S. Maria di Castello e del Quadrivium. Il ciclo dei convegni della seconda fase si svolse a cura del "Centro internazionale di studi e relazioni culturali" di Roma, diretto dal domenicano Padre Benedetto d'Amore. Ricordo che, in alcuni congressi, da lui organizzati, fu presente l'allora cardinale Karol Wojtyla. Durante lo snodarsi dell'itinerario culturalespirituale, ora indicato, e pure in altre molteplici occasioni di incontro, si intensificò il rapporto di amicizia tra il professar Galimberti - docente per un quarantennio all'Università di Genova - e il padre domenicano Enrico di Rovasenda, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze. 3 E' stata un'amicizia molto profonda, foriera di una comunione d'anime che, dopo la scomparsa del Filosofo, continuò con la sua famiglia; amicizia che, attraverso i predetti incontri culturali, ebbi modo di conoscere da vicino, attingendone le valenze altamente educative. Così ho cercato di rivivere l'ascolto della parola di un "maestro", il professar Galimberti - del quale fui allieva nei corsi di "Filosofia morale" -, anche attraverso la sapiente rievocazione della Enrica Bonanati L’esemplare ricerca della verità, fulcro della riflessione di Andrea Galimberti, nei saggi commemorativi di Enrico di Rovasenda Premessa Il mio contributo ha radici anche autobiografiche: sorge da esperienze di alta spiritualità, da momenti di autentica umanizzazione personale e comunitaria. Il presente discorso nasce, infatti, dalla "memoria" di una realtà culturale e comunionale cui partecipai (in Genova e in altre città italiane), negli anni conciliari e seguenti, con studiosi amici e colleghi. La prima fase della predetta realtà culturale si svolse, nell'arco degli anni sessanta, a Genova (in via Giordano Bruno 13) 1, nell'area delle dinamiche degli incontri di gruppo, promossi da Don Giovanni Cereti, anche a nome della "Cittadella cristiana" di Assisi. La seconda fase si attuò nell'arco degli anni settanta, in parte ancora a Genova, nella sede di 17 18 sua figura di pensatore da parte dell'insigne teologo Enrico di Rovasenda. Allo scopo, ho attinto ai saggi da lui stesi in memoria dell'amico filosofo. Il riferimento va ai seguenti scritti: I. E. di Rovasenda, Relazione in A.A.V.V.: La culturalità umana, "Atti del 1o convegno sul pensiero di Andrea Galimberti", Novi Ligure, 25 ottobre 1987 - Arquata Scrivia 1988; (convegno cui parteciparono come relatori, tra gli altri oltre al Padre Enrico di Rovasenda, i professori Adriano Bausola ed Enrico Berti) 4; II. E. di Rovasenda, Galimberti, filosofo aperto in: A. Galimberti, Filosofia alla fede trascendentale del linguaggio - a cura del prof. Bruno Sulmona - Paideia, Brescia 1985. 5 La mia meditazione si avvale pure di vari passi dell'opera del nostro filosofo presenti nel volume appena citato in nota. E' l'evidenziarsi, infatti dell'esemplarità valoriale del Pensatore, sempre animato dalla tensione verso la veritas plena: esemplarità, per l'intreccio di valori emblematici, d'ordine teoretico e morale, in un itinerario dell'interiorità e della comunicazione. Itinerario educativo e didattico, non disgiunto, nel travaglio dell'indagine, da quella "apertura religiosa" che - come afferma Adriano Bausola nel citato convegno di Novi - "è stata larga parte, anche Ho in lermini molto peculiari, della riflessione di Galimherti'' (Atti, p.13). Così esordisce Enrico di Rovasenda nel suo primo saggio sull'amico filosofo: "Durante parecchi anni ho goduto il privilegio dell'amicizia del prof. Andrea Galimberti" (ibidem). Un'amicizia come "privilegio", perché contrassegnata da una comunione di spiriti, in cammino verso l'Assoluto: comunione profonda, duratura, elevata e alimentata dalla sintesi logos-fides-charitas. Un'amicizia, dunque, come alta testimonianza valoriale che, nel turbinio del vivere, rivela pure una rara, illuminante valenza pedagogica. Un'amicizia, infine, che generò, in chi l'ha vissuta personalmente come l'insigne Un'amicizia, cammino di verità La meditata rievocazione di Enrico di Rovasenda, prospettando la personalità, la biografia e l'evolversi del pensiero di Andrea Galimberti, fino all'approdo decisivo e fecondo ai lidi di un umanesimo cristiano, involge, nella sua densità, anche un'alta pregnanza educativa. 19 20 Domeniano - un'acuta penetrazione dell'alta statura intellettuale e morale di Andrea Galimberti; levatura che Enrico di Rovasenda lumeggia con le seguenti espressioni: "In questa città di Novi Ligure, luogo privilegiato delle sue meditazioni e dei suoi studi, ho frequentato la sua casa, ove egli era con la sua alta intelligenza e col suo grande cuore, impareggiabile Sposo, Padre, Maestro". Da lui in Novi convenivano amici e discepoli per fruire del suo "elevato magistero di verità,della sua costante testimonianza di assoluta lealtà e dignitosa fermezza" (ibidem, il corsivo è mio). "Magistero di verità": si focalizza così un tratto dominante nella personalità del Nostro; tratto di grande portata pedagogica, rivelativo di una tensione intima, radicale, verso la veritas plena che illumina il senso della vita. un simbolico raffronto biblico che cito: "Nel dialogo amichevole e nella conoscenza della sua vita e del suo magistero filosofico vedevo in lui il saggio descritto dal testo biblico del Siracide: L'uomo saggio indaga la sapienza di tutti gli antichi ... conserva i detti degli uomini famosi, penetra le sottigliezze delle parabole, indaga il senso recondito dei proverbi e s'occupa degli enigmi delle parabole ... viaggia fra genti straniere, investigando il bene e il male fra gli uomini. Di buon mattino rivolge il cuore al Signore che lo ha creato (39, 1-5). Questo saggio biblico non è forse il nostro Galimberti, che scrutò la filosofia degli antichi, penetrò il senso recondito del linguaggio, ebbe frequenti rapporti con genti di molte nazioni, offrì a Dio la sua quotidiana invocazione.?" (Atti..., p.13; il corsivo è mio). Ma l'empito cognitivo-sapienziale, che muove lo spirito del nostro filosofo a scrutare, con un processo analitico e graduale di discernimento, il diramarsi dellogos umano fino alla soglia del Logos divino, risulta poi scandito, dalla penna del nostro teologo, in una sintesi lapidaria; sintesi concettuale, dal timbro teoretico, etico, religioso, così formulata: "Durante tutta la vita e in tutte le sue espressioni, familiare, didattica, L'itinerario del logos umano verso la "verità tutta intera" L'anelito all'assolutezza veritativa, di Galimberti, anelito esplicato in molteplici suoi percorsi di pensiero, viene espresso dall'amico teologo, innanzitutto, per immagini, mediante 21 22 politica, Galimberti fu libero da tutto fuorché dalla verità: una limpida verità teoretica che si estendeva in una rigorosa verità morale e si elevava verso la Verità trascendente, il Logos eterno incarnato in Gesù Cristo" (ibidem, pp.1415; il corsivo è mio). Nella dottrina del Galimberti - rileva l'amico Domenicano - emerge la tesi secondo cui «vivere il nostro proprio logos» significa coglierne "tutti gli sviluppi" nel cammino della storia con un "saggio discernimento" (ibidem). Con tale criterio di ricerca, Galimberti, in forza del lungo travaglio della sua indagine, rimarca il carattere arduo e itinerante della scoperta del vero. Essa implica un percorso simile all'ascesa verso un'alta vetta, mai umanamente raggiungibile: vetta ideale della veritas plena, vertice supremo del conoscere, che si schiude, con riflessi radiosi, all'occhio della ragione, ma con una luce che la trascende. E' questo l'approdo dell'itinerario storico teoretico di Galimberti che si apre all'assoluto dell'eterno Logos: al suo splendore e al suo mistero. Itinerario teoretico-religioso che si fa pure traccia paradigmatica d’ordine pedagogico, per un processo di sviluppo perfettivo di ricerca, di consapevolezza e di attuazione del valore della vita, a livello immanente-trascendente. L'apertura del logos umano al Logos divino: l'approdo creazionistico dell' antropologia galimbertiana. Ma, quale è il varco teoretico verso la sfera della veritas plena, ideale costante del nostro pensatore? Come è risultato, i suoi percorsi esplorativi, nella storia della ricerca del vero, sono stati molteplici e fecondi. Nella gamma degli esiti di tali indagini, emerge un punto focale, su cui si concentra la sua attenzione: il riferimento va al tema antropologico del linguaggio, peculiarità saliente nel pensiero di Galimberti, che egli reputa come un humus vitale del pensiero contemporaneo. Scrive l'autore della Filosofia trascendentale del linguaggio: "Ciò che sta oggi accadendo, presso larghe e svariate correnti di pensiero, è l'imporsi del linguaggio come centro, da cui l'umanità stessa dell'uomo si dirama. Homo loquens è la più attuale interpretazione dell'homo sapiens e anche, forse, dell'homo faber" (FT.L., P.322). 23 24 Infatti, nella trattazione del nostro pensatore, risulta la potenza del logos umano, in forza del quale la «realtà guardata interiormente da noi si trasfigura in verità» (F.TL., p.358). Potenza penetrativa del reale, atta a tradurre i dati empirici in formulazioni intelligibili. Per tali risultati cognitivo-oggettivi, che tra valicano i confini dello spazio e del tempo, il logos umano rivela "un principio critico di as solutezza" (ibidem, p.330). Tuttavia, esso non è privo di imperfezioni. Pur implicando ed esplicando, in enucleazioni e codificazioni, l'immensa potenzialità cognitiva, di singoli e di gruppi, illogos umano non adegua esaustivamente l'essenza del reale. Esplorando ogni campo di indagine, si accede progressivamente ai settori della realtà, ma la visione prospettica non riflette l'Intero, non coglie il fondamento primario e unitario dell'essere. Così, i ritmi del conoscere ci sollecitano a compiere i seguenti passaggi ascensionali: dal sapere scientifico a quello d'ordine metafisica che si schiude alla Trascendenza e al Mistero. Tesi rimarcata dal nostro teologo nella trattazione di Galimberti, in cui viene evidenziato un orientamento trascendentistico e creazionistico: cioè l'apertura del logos umano al Logos divino, quale orizzonte fondativo di ogni realtà e intelligibilità. Infatti l'homo loquens nel "realismo del suo esistere" (G.F.A.F., p.16), vive il conflitto tra l'eccellenza, propria dell'attitudine di trasfigurare in verità la realtà (F.T.L., p.358), e il suo continuo esperire una carenza d'ordine gnoseologico e ontologico. Tale contrasto tra positività e negatività suscita, nel soggetto pensante, la consapevolezza della sua contingenza, cioè dell'impossibilità logica di ammettere l'autofondazione. E questo approfondimento genera nell'uomo l'atto del trascendersi, a livello emotivo e razionale: trascendersi è affermare il Fondamento assoluto di ogni realtà. Tale dinamica interiore dell'Homo loquens viene esplicitata viene esplicitata metafisicamente dalla riflessione di Galimberti: "L'uomo non può attestare veritativamente se stesso senza rendere insieme testimonianza di una assolutezza dello spirito, che però trascende insieme lui e la natura conosciuta» (ibidem; il corsivo è mio). Il contrasto tra la finitudine esistenziale e l'orizzonte sconfinato dello spirito comporta un'inferenza ontologica 25 26 decisiva, concernente la genesi della totalità cosmica e umana: il senso della realtà «Si palesa dunque guardandola come Creato. Ecco aprirsi la via d'una metafisica", incentrata soprattutto sulla "nozione realistica dello spirito umano" (ibidem, pp.352, 358; il corsivo è mio). Va dunque rilevato che l'evidenziarsi dell' imperfezione dell'homo loquens, pur nella sua massima dignità nella gerarchia dell'universo, genera il sorgere di una capitale consapevolezza: consapevolezza dell'indole creaturale della persona umana, quale sintesi, nella sua identità antropologica, di essere e non-essere: sintesi di grandezza e di miseria, di potenza e di indigenza. Tale specifico della bivalenza antropologica, che illumina lo sviluppo sapienziale del nostro pensatore, viene segnatamente focalizzato nel saggio critico del Di Rovasenda: egli, penetrando "l'acuta e personale analisi della filosofia trascendentale del linguaggio" (G.FA.F, pp.14,15) presente in molti scritti di Galimberti, ne "evidenzia l'approdo creazionistico: L'idea della creatura umana, consapevole di essere creatura, è chiarita dall'indole del linguaggio umano che, a differenza del Logos divino, è contrassegnato dal divenire e dall'imperfezione" (ibidem, p.15; il corsivo è mio). Così la lettura magistrale dell'itinerario meditativo galimbertiano, da parte del Teologo, mette in rilievo come, nella riflessione del Filosofo, la presenza del potere intellettivocomunicativo logico-verbale, nella sua enigmaticaessenza di valore e limite, comporti il rinvio al suo fondamento nel Logos assoluto: fondamento nel Creatore di enti simili a lui, improntati dal suo essere e dal nulla. Risaliamo, in merito, alla fonte originaria; scrive Galimberti: "Quale di fatto è, l'uomo porta consapevolmente in se stesso il marchio, il segno consapevole della creazione. Creazione è infatti causazione ex nihilo; e l'uomo conosce il nulla; lo reca in sé, al centro del suo agire" (F.T.L., p.330): il nulla, quale causa del suo limiite ontologico e della sua origine creaturale. Si evidenzia così come il percorso del nostro filosofo - percorso diramato sui versanti tematici del sapere storico, scientifico e filosofico, nonché dell'educazione e della religione -, convergendo sul tema del linguaggio, approdi ad ad un varco d'ordine metafisica-religioso, che addita lo status ontologico dell'homo loquens: status che, implicando l'integralità-polarità antropologica di essere-nulla, esclude, nell'esistente egoitario, il primato dell'autofondazione; ma specifica ed 27 28 eleva il soggetto stesso quale luogo metafisica dell'analogia umano-divino (G.F.A.F., p.16; il corsivo è mio). Dal nodo ontologico tra la positività umana, illuminata dal riflesso dell'assolutezza, e il limite esistenziale, proprio dell' homo loquens, si deduce il rapporto originario con il Principio assoluto: rapporto di partecipazione - non nel senso dell'identificazione ma dell'analogia - del logos umano al Logos divino. In merito, sottolinea l'Autore: "Il linguaggio (...) esplica in noi una funzione in qualche modo analoga a quella del Logos divino della tradizione" (F.T.L., p.323; il corsivo è mio); analoga, ma non identica perché il linguaggio umano è soggetto alle inadeguatezze proprie della nostra natura. Per la "bivalenza" della sua indole creaturale, "l'uomo - rileva Galimberti riprendendo Aristotele - non è né un dio né una bestia" (F.T.L., p.330). Ma si può affermare che "egli è, sotto un aspetto, simile a un dio", poiché possiede - va ribadito - un principio critico di as solutezza (ibidem; il corsivo è mio): è simile, ma non identico, dato che la sua positività antologi ca si coniuga col suo limite. Limite derivato dal non-essere che pervade ilsuo essere. In merito, l'approfondimento del nostro filosofo: "È questo il paradosso della condizione umana. Dio non avrebbe mai potuto creare l'uomo simile a sé, se non ne avesse fondata sul non-essere la libera responsabilità. Fondandola sull'essere, lo avrebbe infatti reso non simile, ma eguale a sé: in altre parole, non lo avrebbe creato affatto!" (ibidem; il corsivo è mio). Pertanto, afferma Galimberti: "L'uomo dunque, non è l'Assoluto, benché renda oscuramente testimonianza di lui ogni qualvolta asserisce se stesso" (F.T.L., p.346; il corsivo è mio). Il rapporto di partecipazione uomo-Dio (nel senso precisato) trova quindi la sua attestazione nel darsi dell'enigma antropologico, filtrato dalla luce della Verità. È quanto ribadisce la penna di Galimberti, riecheggiando le note della tradizione teistica: "L'uomo non può asserire se stesso, senza asserire ad un tempo Dio" (F.T.L., p.364 ). Va rilevato che Galimberti - in forza della sua concezione dell'uomo intero, come simbiosi di componenti eterogenee, quale l'essenza spirituale e quella corporea - dissente dalle interpretazioni estremiste: riprova, cioè, i poli contrapposti sia del naturalismo sia del puro spiritualismo. Terza fra queste filosofie, si inserisce allora una rivalutazione della natura, particolarmente di 29 30 quella umana, che riconosce le istanze dell’una e dell’altra tesi teoretica e schiude la mente alle nozioni della trascendenza di Dio e del suo mistero» (da F.T.L., pp.321-322). Emerge, in quest'ultima tesi, la concezione propria di Galimberti, che coniuga il naturalismo con lo spiritualismo, in una visione antropologica integrale: visione antropologica che riconosce l'interezza dell'essere umano, quale simbiosi di corpo e di spirito, di positività e di limite. Visione antropologica che si schiude all'affermazione teoretica dell'esistenza di Dio come principio fontale e ragion d'essere finale della vita; di Dio come sorgente dell'inviolabile dignità dell'uomo e del suo privilegio ontologico dell'immortalità. Tema che, in questa sede, può avvenire solo accennato e che rimanda ad un approfondimento metafisico presupposto, come afferma l'Autore: "Questa atropo-teologia, per il terzo giorno, ch'io mi sono sforzato di esporre e di difendere, è la premessa perché anche la dottrina dell'immortalità possa e debba rientrare nell'economia di verità nella quale, di fatto, l'uomo vive" (F.T.L., p.373; il corsivo è mio). Così, nel pensiero del nostro filosofo, la creatura umana, profilandosi come il composto ontologico che travalica la temporalità e partecipa dell'eternità, si qualifica come il punto di incontro tra l'ordine immanente del finito e la trascendenza dell'Infinito. Come tale l'uomo deve crescere e perfezionarsi, attraverso un'opera educativa adeguata alla complessità del suo essere, improntato dall'analogia umano-divino (G.F.A.F., p.16). Galimberti, filosofo aperto alla fede L'antropologia filosofica di Galimberti risulta foriera di un'apertura alla trascendenza, al Mistero e, quindi, all'atto di fede. Come rileva Enrico di Rovasenda, poiché tra ragione e fede esiste un raccordo costituito da un fondamento razionale, intessuto dalle argomentazioni che vengono denominate "praeambula fidei", si può affermare che l'Autore si ponga su questa linea di pensiero "col suo acuto e personale filosofare" (G.F.A.F., Precisa il Teologo domenicano: p.16). "Galimberti assolve il proprio compito filosofico di ridare attualità ai praeambula fidei, partendo, con un processo di sola ragione, da una visuale realistica dell'essere umano e dei contenuti empirici del suo viversi nell'esperienza" (ibidem, p.15; il corsivo è mio). 31 32 Lo scavo profondo nella "nozione realistica dello spirito umano" il quale, secondo le tesi del nostro filosofo, sottolineate dal Di Rovasenda e focalizzate nel presente saggio, "non può fare astrazione dai contenuti empirici del suo viiversi nell'esperienza, senza con ciò annullare se stesso" (F.T.L., p.352), comporta lo svelarsi della polarità antropologica di potenza e di limite, di positività e di indigenza. N e consegue lo "squarcio o ntologico" nell'orizzonte soprasensibile: squarcio, quale approdo dell'ascesa verso il metastorico, come rinvio dal logos umano al Logos divino. Squarcio che, per l'intersecarsi nell'uomo delle coordinate dell'essere e del non-essere, schiude alla sua mente finita la genesi fondativa dell'esistenza: il suo emergere dall'Assoluto e dal nulla mediante l'atto divino della creazione. Pertanto, l'uomo si rivela come il "luogo" drammatico di un vissuto antinomico: della ten sione esistenziale tra il polo dello stato cosmico e quello dell'analogia con l'Assoluto. Così, dalla riflessione galimbertiana, emerge l'intima dia lettica, propria della creatura razionale, tra im manenza e trascendenza: dialettica inquietante ma propulsiva del cuore dell'uomo verso la meta dell'autoconsapevolezza esistenziale. Tale penetrazione del soggetto umano, eminente "oggetto metafisico" (F.T.L., p.363), schiude la strada ai praeambula fidei: le vie della ragione, che intessono "argomentazioni metafisiche", non disgiunte dall'umiltà della mente umana, costituiscono i "fondamenti critici del soprannaturale" (F.T.L., pp. 337, 340, 353). Al riguardo - afferma Galimberti - l'analisi realistica dell'homo loquens, disgelandone la peculiarità creaturale, "introduce alla scoperta di praeambula fidei che non sono ancora, di per sé, la fede stessa, e non la presuppongono razionalmente, anche se verso di lei conducono" (F.T.L., p. 353). Così l'indagine antropologica in oggetto giunge a lumeggiare gli itinerari verso il Principio creatore, in modo rinnovato e non ignaro della critica della filosofia moderna: si potrebbe asserire, col nostro filosofo, che la nozione del limite ontologico, causato nell'esistente dal suo rapporto col nulla - nozione non scevra da frequente drammaticità - costituisce una lezione atta a "fronteggiare le tendenze nihilistiche fermentanti nel mondo moderno" (ibidem). Fronteggiarle non significa contrastarle in toto: si tratta, in primo luogo, di accordare loro "ciò 33 34 che mostrano di sentire più vivacemente" (ibidem), cioè quel senso di vacuità abissale che mina le radici dell'esistenza; e, in secondo luogo, di compiere uno scandaglio di approfondimento e di integrazione, a livello teoretico, atto a scardinare le posizioni negativiste e a far tralucere la Fonte assoluta del reale. Si attua, quindi, un procedimento, mediante l'umiltà di una ragione protesa alla verità, che oppone al nihilismo una concezione costruttiva: concezione che, proprio riconoscendo la finitudine, ma pure la positività del soggetto egoitario, comporta lo schiudersi del logos umano al Logos divino. Pertanto, la nozione del nulla viene recuperata all'interno di una tesi creazionistica e contribuisce allo strutturarsi dei praeambula fidei: prepara la mente all'accettazione del Mistero e della "fede, in modo, d'altronde, tutt'altro che sconosciuto ai grandi mistici della tradizione" (F.T.L., p. 353). In merito a tale tematica, pertinente la fede religiosa, l'acuta e intensa meditazione di Enrico di Rovasenda si enuclea nelle seguenti focalizzazioni: "L'orizzonte di Galimberti nei vari campi in cui spaziò la sua riflessione è sempre stato rigorosamente filosofico" (G.F.A.F., p.16; il corsivo è mio). In primo luogo, va rilevato che, da un impegno di ricerca esigente e profondo d'ordine teoretico ed etico, emerge, nella meditazione del nostro filosofo, un concetto dell'homo loquens segnatamente realistico: concetto pervaso dalla consapevolezza del valore e del limite dell'essere umano; consegue profilo dell'ente educabile si prospetta nello che il sfondo del Mistero. Infatti l'esigenza dell'obiettività teoretica indusse Galimberti ad espungere la tesi di una ragione autosufficiente pur ricuperandone l'autonomia: autonomia sia nell'accesso alla realtà immanente sia nel riconoscerne l'orizzonte trascendente. In secondo luogo, va rimarcato che il nostro pensatore - come evidenzia l'amico teologo -, in coerenza col suo criterio rigorosamente filosofico, "non si inoltrò mai [...] nei temi propri della sacra dottrina" (ibidem). Tuttavia, lo sviluppo in profondità del suo empito religioso, compenetrato dalla ratio, sospinse il suo pensiero a sostare sui momenti e sugli autori della storia del Cristianesimo. Ciò è attestato da numerosi saggi6 e interventi a convegni, rivelativi di una "fede pensata" e nutrita dalla "sua personale esperienza" (Atti..., p.l9): fede maturata attraverso l'intenso meditare sulla complessità dell'homo loquens. 35 36 NOTE Fede come supremo atto interiore, cui Galimberti - sottolinea Enrico di Rovasenda - anelò da sempre: "Andrea Galimberti, da sempre, aspirante alla fede, in virtù di una esigenza teoretica ed etica che contrassegnò la sua vita", giunse a credere «attraverso un processo esigente e profondo quale lo era il suo spirito» (G.F.A.F., p.13). l 2 3 4 5 lvi era la sede della mia abitazione. lvi era l'abitazione della prof. Gabriella Borzone Morera. Padre di Rovasenda, ancora vivente al tempo del convegno galimbertiano, si spense, ultracentenario, il 15 dicembre 2007. Il saggio del Di Rovasenda viene qui citato con la seguente indicazione: "Atti...". Il saggio viene qui citato con la seguente sigla: G.F.A.F. Il volume A. Galimberti, Filosofia trascendentale del linguaggio, viene qui citato con la seguente sigla: F.T.L. 6 L'indicazione dei saggi sui contenuti cristiani risultano nel quadro bibliografico degli scritti dell'Autore in: A. Galimberti, Filosofia trascendentale del linguaggio, Paideia Editrice, Brescia 1985, pp.21-30. 7 Tale privilegio antropologico, qui solo accennato, rimanda chiaramente a trattazioni metafisiche presupposte. 37 38