Anno IV - Supplemento al Numero 16 Reporter 11 Febbraio 2011 nuovo Alla Nazionale 112 chilometri di conoscenza Le digitali Molte, gratuite a portata di mouse ******************** L’inchiesta I luoghi del fascismo Parla Pennacchi Quelle tracce a misura d’uomo GLI SCRIGNI DEL SAPERE A ROMA E IN TUTTA ITALIA, BIBLIOTECHE CARICHE DI PREZIOSI VOLUMI E STORIA I luoghi del Fascismo Roma/Secondo i progetti la capitale avrebbe dovuto competere con la Grande Berlino disegnata dall’architetto Albert Speer, estendendosi dal Foro Italico Fino al mare di Osta SIMBOLI Il palazzo della Civiltà e a sinistra il palazzo dei Congressi. I due monumenti più importanti del quartiere Eur, il sogno mai realizzato Restano il Colosseo quadrato e il Palazzo dei Congressi Stefano Petrelli “Un popolo di poeti, di artisti di eroi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori”. In questa frase che campeggia sulla facciata del Colosseo quadrato è riassunto il sogno del regime che ha ispirato la costruzione dell’Eur, il quartiere che era destinato ad ospitare l’Esposizione Universale del 1942. Le finestre incassate, i vetri lucidi che riflettono le sagome degli edifici intorno, nella luce del mattino sembra un fabbricato al di là del quartiere dove è stato collocato. Un monumento alto sessantotto metri, che ricorda le ambientazioni oniriche dei quadri De Chirico. Una caratteristica che non è mai passata inosservata, tanto che un maestro del sogno come Federico Fellini, nel 1962, ambientò qui il suo “Le tentazioni del dottor Antonio”, episodio del film “Boccaccio ‘70”. Sotto gli archi, in cima alle scalinate, 28 statue con Stefano Petrelli In Via dei Fori imperiali ci sono quattro mappe in bronzo e marmo che illustrano l’estensione dell’impero romano nelle varie epoche. Negli anni ‘40 in quella che allora si chiamava Via dell’Impero le mappe erano 5. Quelle opere non erano un lascito dell’antica Roma, fu Mussolini a farle installare, per creare un senso di continuità con la passata egemonia della città eterna sul mondo. La lamina mancante, infatti, ritraeva l’estensione del cosiddetto impero fascista. Là, lungo la via dove nel ‘32 si svolse la parata per il decimo anniversario della marcia su Roma, Mussolini cercò di convincere l’Italia di essere 2 11 Febbraio 2011 Due punti d’eccellenza dell’architettura fascista attivi Il foro Italico L’università Posto all’ombra di Monte Mario, il Foro Italico è stato pensato da quel Renato Ricci che fondò i Balilla. I lavori, sulla base del progetto di Enrico Del Debbio, cominciarono nel 1927 e i primi edifici furono terminati nel 1932. Il 4 novembre, il Duce, dopo aver percorso il maestoso viale mosaicato a tessere bianche e nere ed essere passato di fianco ai 36 metri dell’obelisco che ancora oggi accoglie chi arriva da ponte Duca d’Aosta, inaugurò il foro a lui intitolato. Era composto dall’Accademia fascista maschile di educazione fisica, dallo Stadio dei Marmi e dallo Stadio dei Cipressi, l’impianto che, negli anni, è diventato l’odierno Stadio Olimpico. P. R. cui il fascismo celebrava le arti e i mestieri. Avvicinandosi, ci si imbatte nella recinzione che delimita la scalinata. Il restauro sembra sia quasi finito, un cartello fuori dal cantiere dice che il Palazzo della civiltà italiana diventerà la sede del Museo dell’Audiovisivo, ma non se Inaugurata nel 1935 da sua maestà Vittorio Emanuele II, la città universitaria della Sapienza di Roma è una delle opere per le quali il celebre architetto fascista Marcello Piacentini ha potuto operare più liberamente. Posta alle spalle della stazione Termini, la cittadella occupa un’area rettangolare di circa 220 mila metri quadrati che è stata organizzata da Piacentini, curatore anche dell’E42, secondo i criteri dell’architettura classica. E così, oggi, si possono ammirare l’ingresso trionfale da piazzale Aldo Moro, i porticati che portano al rettorato e la statua della Minerva che si specchia in uno specchio d’acqua posto proprio all’ingresso dell’edificio. ne sa molto di più. L’Eur doveva essere il nuovo centro di una capitale dove ci fosse tutto, che doveva espandersi a nord dal Foro Mussolini (l’attuale Foro Italico) passando per via dell’Impero (oggi via dei Fori Imperiali), fino ad Ostia (molte borgate che si trovano fra P. R. queste due città sono state progettate proprio in questo periodo). Una città di 30 chilometri, un progetto che potesse competere con il piano della “Grande Berlino”, portato avanti in Germania dall’architetto Albert Speel. Foro Italico, Città Universitaria, Eur: quello che rimane sono frammenti di quel progetto. Ritornando indietro per il Quadrato della concordia e imboccando via Ciro il Grande sembra di ritrovarsi al Foro italico, gli stessi edifici di marmo bianco, gli stessi pini marittimi, le stesse vie larghe. Passando sotto il loggiato della via, sembra di passeggiare fra gli edifici della Città Universitaria. Una somiglianza chiara, fra tre luoghi realizzati a cavallo tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta. Per accorgersi dell’importanza che doveva avere quel quartiere, nei piani del regime, basta riattraversare via Cristoforo Colombo e osservare l’imponente Palazzo dei Congressi che sarebbe dovuto essere il centro dell’Esposizione Universale. Le sue quattordici colonne in granito sono la testimonianza più eloquente del progetto architettonico fascista, con le sue costruzioni ispirate direttamente alle costruzioni dell’antica Roma. Divelta da Via dei Fori imperiali, la lamina è al Museo della civiltà romana In un giardino la lastra trionfale tornata l’impero che era stata 1900 anni prima. Accanto alla pianta di Roma ai suoi albori (nell’ottavo secolo avanti Cristo), a quella delle conquiste ottenute dopo la prima guerra punica (146 avanti Cristo), e a quelle dei domini di Augusto e di Traiano, il Duce fece mettere la mappa delle conquiste dell’Italia fascista. Dopo la caduta del regime, negli anni dei comitati nazionali di liberazione, in cui il desiderio di dare un taglio netto con il passato totalitario del paese era quanto mai forte, a quella lamina toccò la stessa sorte dei tanti simboli del regime sparsi, per Roma: fu rimossa. Insieme ad essa vennero tolti i fasci littori e gli altri simboli della dittatura (neanche tutti visto che, ad esempio, l’obelisco a piazza Marconi, reca ancora l’iscrizione “Dux”). Insieme alla rimozione dei simboli ci fu l’abbandono di quei progetti iniziati all’epoca, progetti che non sono state portate a termine. A piazza Marconi erano state gettate le fondamenta di quello che doveva essere un teatro, il cui progetto era stato realizzato da Luigi Moretti. L’opera non fu mai realizzata, e al suo posto oggi sorgono degli uffici. Inoltre, il profilo dell’Eur è stato modificato con la costruzione di edifici alti, che andavano contro le idee che avevano ispirato la costruzione dell’area. Alla lamina che doveva mostrare la grandezza dell’Italia del Ventennio, invece, è toccato un insolito destino. Dopo che per molti anni non se ne è saputo più nulla, è stata rinvenuta e oggi si trova al Museo della civiltà romana all’Eur. Vederla non è semplice. La mappa, infatti, non rientra nel percorso della mostra, e per poterla vedere è necessario chiedere il permesso all’ufficio monumenti e scavi. Dieci anni fa è stato deciso di murarla in un giardino interno al Museo. “È come se fosse in deposito permanente qui, noi l’abbiamo in custodia” – dice Lucrezia Ungaro, responsabile delle attività del museo - non so se sarà riesposta o meno, dipende da cosa vuole fare l’amministrazione”. L’OPINIONE Ha lasciato segni indelebili Dell’impatto che il fascismo ha impresso sulla capitale abbiamo parlato con Giorgio Ciucci docente di Storia dell’Architettura presso l’Università di Roma 3. «Un impatto violento – risponde – che però ha costruito dei luoghi di grande interesse, che sono entrati anche nel cinema e nella pubblicità, luoghi che ormai possiamo definire classici, tanto da rappresentare l’immagine che oggi abbiamo della Roma del Novecento. Il Foro Italico, il centro e l’Eur hanno lasciato un segno profondo sulla città. Molti interventi realizzati negli ultimi quindici anni sono proprio in queste zone, Ad esempio, vicino al Foro Italico sono stati costruiti l’Auditorium, il Maxxi e si sta costruendo il ponte della Musica. In centro, in occasione del Giubileo del 2000, si sono ripresi gli scavi interrotti negli anni Trenta. All’Eur Fuksas sta realizzando la Nuvola. Gli interventi sono stati fatti tutti qui a rafforzare il fatto che questa è la Roma del Novecento». Qualcuno sostiene che l’architettura è stata la principale forma di propaganda del regime, è d’accordo? «No, non credo. Sicuramente l’architettura è stata uno strumento, ma la propaganda più pervasiva è stata fatta tramite i giornali, la pubblicistica, la radio, il cinema e anche le opere d’arte, insomma una propaganda portata avanti in tutti settori». S. P. Reporter nuovo I luoghi del Fascismo Italia/In tutte le città e nei borghi realizzazioni ispirate alla dottrina del regime piena di retorica Archi, colonne, palazzi-monumento Terragni e Piacentini, gli architetti delle geometrie e delle simmetrie BRESCIA ANCONA Piazza della Vittoria Monumento ai caduti Piazza della Vittoria, o più semplicemente Piazza Vittoria, è una delle principali piazze di Brescia, costruita fra il 1927 e il 1932 su un progetto dell’architetto Marcello Piacentini attraverso la demolizione di una parte del centro storico medievale. Oggetto di forti polemiche, che ancora oggi spesso si trascinano, e atti vandalici nel secondo dopoguerra, è un emblema di architettura e organizzazione urbanistica di epoca razional-fascista. Il progetto di Piacentini è assolutamente classicheggiante, ricco di volumi nitidi, squadrati e ricoperti di marmo bianco, con molti richiami alla romanità. Oggi Piazza Vittoria, oltre a ospitare la sede centrale delle poste, è sede del mercato dell’antiquariato e sarà sede di una stazione della metropolitana di Brescia, denominata, appunto, Piazza Vittoria. Dalla sua inaugurazione ad oggi, comunque, il luogo è notevolmente degradato: forse a causa della cattiva vocazione attribuitagli nel dopoguerra, è ben evidente come oggigiorno la piazza sia diventata un ambiente ormai lontanissimo dalla sua funzione originaria, molto disordinato e con poca coerenza d’insieme. La realizzazione del grande parcheggio sotterraneo obbligò nel 1974 all’apertura di vaste grate di aerazione su gran parte dell’area della piazza. Il Monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale di Ancona sorge in Piazza IV Novembre nel quartiere del Passetto. È posto al termine del lungo viale della Vittoria ed è collegato al mare attraverso due ampie scalinate. Fu disegnato da Guido Cirilli nel 1932, in piena epoca fascista, come testimoniano i fasci che adornano il fregio della struttura. La struttura è arricchita alla base da elmi e spade, simboli di guerra, di difesa e di attacco. In molti sostengono che l’intero monumento con le scalinate, osservato dal mare, somigli a un’aquila in volo, con le rampe che simboleggiano le ali aperte e il colonnato a far da testa. Il Monumento ai Caduti poggia su una scalinata ed è interamente realizzata in Pietra d’Istria. Le sue otto colonne terminano con capitelli dorici e circondano un piccolo altare. Nel fastigio sono riportati i versi di Giacomo Leopardi, nato a pochi chilometri dal capoluogo marchigiano: “Beatissimi voi, ch’offriste il petto alle nemiche lance per amor di costei ch’al Sol vi diede” (All’Italia, vv.84-86). Qui si festeggiano le più importanti ricorrenze nazionali, l’anniversario della vittoria nella Prima Guerra Mondiale, il 25 Aprile e la Festa della Repubblica. Nella pineta che cresce nelle sue vicinanze sorge un parco giochi per ragazzi. GENOVA Arco della Vittoria L’Arco della Vittoria è un imponente arco di trionfo, situato in Piazza della Vittoria a Genova. È dedicato ai cittadini caduti nel corso della Prima Guerra Mondiale e fu inaugurato il 31 maggio 1931. L’arco è costruito al termine di una rampa semicircolare e ai due lati si aprono le due porte che conducono alla cripta. Nel sacrario si trovano alcune statue dello scultore Giovanni Prini raffiguranti le Vittorie, San Giorgio e lo Stemma di Genova. Dello stesso Prini sono presenti altre sculture con la riproduzione del Bollettino della Vittoria, il Bollettino della Marina e i nomi di tutti i caduti. Al centro della struttura s’innalza l’altare, realizzato in marmo rosso di Levanto, sul quale pende un crocifisso bronzeo su croce di palissandro, opera dello scultore Edoardo De Albertis. Il monumento poggia su quattro pilastri angolari e otto pilastri ornati nella parte esterna da colonne che reggono le fame, opere di Arturo Dazzi e del De Albertis. All’interno si trovano colonne che reggono due grandi lunettoni, scolpite dal Prini, dedicate alla pace e alla famiglia. All’esterno sono situate le Allegorie, scolpite dal Dazzi e recanti quattro iscrizioni, due delle quali ricordano i 680.000 caduti della Grande Guerra e la data della costruzione del monumento. Reporter nuovo ANCONA Monumento ai Caduti, realizzato da Guido Cirilli nel 1932 A ree urbane ridisegnate da zero, costruzioni di nuovi edifici pubblici e monumenti, zone industriali e residenziali. Mussolini in persona, durante il Ventennio, promuove una serie di iniziative urbanistiche, fra cui anche la fondazione di nuove città come Littoria (l’attuale Latina), Sabaudia, Guidonia e Aprilia. In totale il Duce fece costruire dal nulla 60 borghi e tredici centri urbani. È nata così l’architettura fascista, che gli storici Fabio Cani e Chiara Ristagno definiscono come «un’arte che guarda al passato e al tempo stesso all’avvenire». Per questo furono gli architetti la principale e migliore forma di propaganda della volontà del regime, operando in due fasi distinte, corrispondenti agli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Ideologicamente, il razionalismo italiano rappresenta la migliore espressione del primo fascismo, proponendo un distacco netto dal passato, recuperandone solo alcuni elementi classici in chiave nazionalistica. Principale interprete del movimento è Giuseppe Terragni (1904-1943), che, insieme al Gruppo 7, ne disegna le giuste coordinate, sintetizzate nel Monumento ai Caduti di Como. Ma è con la costruzione della Casa del Fascio, sempre a Como, che Terragni raggiunge la fama internazionale. Tutta l’area comasca porta la sua firma, con opere come l’asilo di Sant’Elia e il palazzo Novocomum. Edifici che rispondono perfettamente ai dogmi del Manifesto Programmatico del Razionalismo (1926), in cui è teorizzato «l’uso costante della razionalità e della perfetta rispondenza dell’edificio agli scopi che si propone. All’eclettismo elegante dell’individualismo – si legge nel Manifesto - opponiamo lo spirito della costruzione in serie. L’architettura è la diretta derivazione del nostro tempo». Il razionalismo ha però vita breve. Negli anni Trenta, il fascismo per diffondere i propri ideali tra le masse e trasmettere l’idea di imponenza, promuove un adegua- Mussolini in persona promuove una serie di iniziative urbanistiche mento degli edifici all’ideale di onnipotenza del regime. Se la fase razionalista prevedeva l’uso geometrico e seriale di forme e volumi, a partire dalla metà del decennio viene privilegiato l’effetto di stupore e grandezza. L’intonaco è sostituito dal marmo, le proporzioni si fanno sempre più gigantesche e, inoltre, si fa largo una sempre crescente scenograficità d’insieme. Il maggior architetto monumentalista è Marcello Piacentini (1881-1960). La sua arte è caratterizzata dal recupero di elementi architettonici classici, come archi e colonne, inseriti in un contesto del tut- to nuovo, un neoclassicismo semplificato a metà strada tra il razionalismo e il classicismo. Le sue numerose realizzazioni nella capitale contribuiscono a connotarlo il maggior architetto di regime. Tuttavia, l’opera di maggior spessore è legata a Milano con il Palazzo di Giustizia, ideato e costruito fra il 1939 e il 1940. Stilizzazione dei particolari architettonici, murature lisce, balconi pieni, cornici spianate, archi elementarizzati, colonne smussate, planimetrie simmetriche, volumi chiusi e gigantismo di proporzione sono gli elementi caratteristici dell’opera di Piacentini, spesso nel mirino di violente critiche per lo sventramento di alcuni centri storici. Fra le operazioni più devastanti emerge tristemente la demolizione della “Spina di Borgo” per l’apertura di Via della Conciliazione a Roma. Antecedenti, fra il 1927 e il 1932, sono i lavori di sventramento del centro storico di Brescia per la creazione di Piazza della Vittoria. Anche Napoli, che durante il Ventennio si ritagliò un ruolo preminente nel commercio nel Mediterraneo, porta ancora i segni del passaggio monumentalista: il suo Porto Marittimo, disegnato da Cesare Bazzana e terminato nel 1936. Tra le due “torri”, all’altezza del primo piano, è stato costruito un ponte di collegamento chiuso. L’edificio è stato riconosciuto come monumento dalla Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici. Pagina a cura di Dario Parascandolo LATINA Piazza del Popolo Latina è la maggiore delle città di fondazione dell’epoca fascista e conserva un centro storico unico nel nostro Paese, in passato candidato anche al titolo di Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Fondata il 18 dicembre 1932 con il nome di Littoria, è una delle più giovani città italiane. Assunse la denominazione attuale nel1946. Il centro si è sviluppato intorno alle due piazze. Da un lato troviamo Piazza del Popolo (Piazza del Littorio all’epoca della fondazione), sede del Municipio con la caratteristica Torre Civica, e la cosiddetta Fontana della Palla al centro. Dall’altro è situata Piazza della Libertà (Piazza XXIII Marzo all’epoca della fondazione) sede della Prefettura. Piazza del Popolo è tagliata dal corso della Repubblica che lambisce piazza San Marco (Piazza Savoia alla fondazione), cuore della movida latinense, su cui si affaccia la cattedrale di San Marco, realizzata sulla falsariga di una basilica romanica con il porticato e le vetrate artistiche. La scelta di dedicare la chiesa all’evangelista patrono di Venezia è dovuta all’origine veneta dei primi abitanti della città. Altro edificio caratteristico della città di fondazione è il Palazzo delle Poste, situato in Piazzale Bonificatori, di Angiolo Mazzoni, che progettò anche la stazione ferroviaria. 11 Febbraio 201 3 I luoghi del fascismo Il significato/Intervista ad Antonio Pennacchi sui segni tangibili di un periodo controverso Quelle tracce “a misura d’uomo” Rimuoverle? “E allora anche le chiese per le nefandezze del Papa Re” “I l mito di Roma”, ha scritto Emilio Gentile, “fu la credenza mistica più pervasiva di tutto l’universo simbolico fascista insieme con il mito del duce”. In queste pagine abbiamo raccontato come vent’anni di regime fascista abbiano cambiato il paese e l’aspetto della capitale, imprimendo un segno profondo, in alcuni casi indelebile, sul tessuto urbano delle nostre città. Operaio fino a dieci anni fa, considerato oggi uno dei più grandi scrittori italiani, Antonio Pennacchi ha raccontato dell’Agro Pontino bonificato e delle “città del duce”. Il suo “Canale Mussolini” ha conquistato il Premio Strega, consacrandolo definitivamente al grande pubblico. Gli abbiamo chiesto di parlare del legame di Roma con i segni tangibili del passato fascista, che continuano a disegnare la fisionomia della città eterna. E lui non si è sottratto, senza rinunciare all’ironia appuntita ed elegante che è tipica della sua prosa. Antonio Pennacchi, Il ventennio fascista ha lasciato delle tracce estremamente significative nell’aspetto della capitale d’Italia. Cosa significa per Roma conservare un’impronta tanto significativa di un pe- A sinistra Antonio Pennacchi e la copertina del suo libro vincitore del Premio Strega, Canale Mussolini. In basso Una spiaggia di Sabaudia, con il promontorio del Circeo sullo sfondo, e una piazza della città dell’Agro Pontino, progettata nel 1933 dall’architetto Gino Cancellotti riodo storico così controverso? Qual è, in sostanza, il rapporto della città con il ricordo materiale del ventennio? «Ah, non lo so. Considerato che Roma è oramai una megalopoli di non so quanti milioni di abitanti, a me pare che i segni più tangibili – e più tangibilmente negativi soprattutto per quei poveri milioni che ci abitano, soprattutto quelli delle sterminate periferie – siano quelli dell’edilizia e della speculazione ad essa correlata che si è dipanata dalla fine degli anni Cinquanta in poi. Se la si rapporta a questa, la costruzione dei quartieri sia impiegatizi che popolari in epoca fascista è un campionario mai più raggiunto di architettura ed urbanistica “a misura d’uomo”». Però altre città europee hanno preferito rimuovere i simboli e i ricordi dei propri regimi autoritari e dittatoriali. Perché questo a Roma non è successo? «Scusi, eh? Non è per essere pi- gnolo, ma pure il regime della Chiesa, quando a Roma comandava il Papa Re e il boia Mastro Titta faceva avanti e indietro con la ghigliottina, pure quel regime a me pare che fosse tutto sommato un tantinello più autoritario e dittatoriale del fascismo. Non è che il Papa si eleggesse a suffragio universale». E le chiese a Roma non mancano… «Infatti non mi pare che – arrivate la democrazia e la libertà – a qualcuno sia venuto in mente di an- dare a buttare giù tutte le chiese di Roma. Stanno ancora là. Anzi, ci sta pure quasi in ogni città del nostro Paese una targa con il nome d’una “Via Umberto I”, e Umberto I – lei ricorderà – è quello che mandò le truppe di Bava-Beccaris a sparare sulla folla a Milano che chiedeva pane. Ma pure a Parigi – se lei ci va – lei ci trova ancora la roba non tanto di Napoleone I, ma pure di Napoleone III». Ma cosa passa per la testa di un ragazzo, oggi, quando legge le parole di Mussolini sulla facciata del “Colosseo quadrato”? Che significato possono conservare le incisioni inneggianti al duce sul marmo bianco del Foro Italico? «E che ne so io? Mica sono giovane io. Io credo però – sinceramente – che al giovane, o quanto meno al giovane in genere, e non a quel particolare tipo di giovane fighetto che si suole definire alla Holden, non gliene strafreghi un cazzo. Per lui è roba del passato, del più remoto passato. Mussolini e Cicerone per lui stanno sulla stessa linea temporale. Che cosa vuole che gliene freghi? Il problema si porrà, eventualmente, fra qualche anno, quando qualcuno verrà a dirgli che bisogna intitolare una Via pure a Berlusconi. Venga allora – se si ricorda – a rifarmi la domanda». E’ considerata una gemma dell’architettura littoria, amata da Moravia e Pasolini Sabaudia, una “città metafisica” “S abaudia è l’unico posto dell’Agro Pontino in cui non s’è mai visto il fantasma del Duce. Va dappertutto, fuori che lì”. Così inizia il primo racconto pubblicato dallo scrittore che ha vinto l’ultimo Strega. Antonio Pennacchi è il cantore delle città costruite in epoca fascista sulla palude bonificata dell’Agro Pontino. Ma, sorprendentemente, non ama Sabaudia. E quindi ha immaginato la storia di un Mussolini che si tiene alla larga dalla sua creatura. “A Sabaudia no. Nemmeno a pagamento. C’era venuto una volta insieme a Cencelli – il vero Bonificatore, suo proconsole [...] – dopo la posa della prima pietra”. Ma il duce, nel racconto di Pennacchi, affacciandosi da un’impalcatura per controllare lo stato dell’opera cade rovinosamente e atterra di schiena in una buca riempita d’acqua dalla pioggia torrenziale. Da quel momento persino il suo fantasma si è tenuto ben alla larga dalla città de- 4 11 Febbraio 2011 dicata ai Savoia. Eppure Sabaudia, edificata nel 1934, è considerata una piccola gemma dell’architettura fascista. Non solo per la sua posizione, nel cuore dell’Agro Pontino, incastonata tra quattro laghi: di Paola, dei Monaci, dei Caprolaci e di Fogliano. O per le morbide spiagge di dune, ra resta. E resta, soprattutto, l’impianto urbanistico: le maglie, le strade larghe, le piazze, la pianta radiale. E da piazza del Popolo continuano a vedersi le prospettive lunghissime, e simmetriche, e – sullo sfondo – le montagne. [...] E’ città vera. Centro di uomini. Ha svolto la sua funzione. E se il bello è – Per Pennacchi “a Sabaudia non si è mai visto il fantasma del Duce. È uno scenario. Una città di cartone. Intellettualistica” sullo sfondo delle quali si staglia, imponente, il promontorio del Circeo. Ma anche per la sua struttura urbanistica, uno degli esperimenti più riusciti del razionalismo italiano. A Pennacchi però Sabaudia proprio non va giù. Lo scrittore preferisce la sua Latina: “Le case basse in stile littorio, pensate da Frezzotti, sono state demolite [...]. Ma qualcosa anco- come dice De Sanctis – identità di forma e contenuto, Littoria è bella. Belissima. Anzi sublime”. Mentre invece “Sabaudia sembra Cinecittà. Uno scenario. Nessuno l’ha toccata. Tutti i fabbricati sono come allora. E sulle palazzine, sopra l’intonaco rosso, c’è ancora scritto ‘Vincere’. Se non fosse per le macchine nuove parcheggiate Pagina a cura di Tommaso Rodano dappertutto t’aspetteresti davvero, da un momento all’altro, di veder sbucare i Figli della Lupa [...] Nemmeno la guerra l’ha sfiorata. Non c’era nessuno. Non aveva funzione. [...] Una città di cartone. Intellettualistica. Uno spreco. Un insulto”. Proprio l’eterea sospensione di Sabaudia, paradossalmente, l’ha resa un luogo magico, adorato da diversi intellettuali di sinistra. Come Alberto Moravia, che l’ha definita una “città metafisica”, “che non parla alla ragione ma all’immaginazione”. E Pier Paolo Pasolini, che come altri artisti, poeti e scrittori, ha fatto costruire la sua casa vicino alle sue dune: “Quanto abbiamo riso, noi intellettuali, sull’architettura del Regime, sulle città come Sabaudia! Eppure, adesso, osservandola, proviamo una sensazione assolutamente inaspettata. La sua architettura non ha niente di irreale, di ridicolo: il passare degli anni ha fatto sì che questa architettura di carattere littorio assuma un carattere tra metafisico e realistico”. Reporter nuovo Gli scrigni del sapere Biblioteche/Le romane. Un’offerta culturale articolata e diffusa in tutta la città, c’è però chi protesta Tante, ma ne servirebbero di più Trentasei quelle del comune, nove quelle pubbliche gestite dal ministero C ultura e radicamento sul territorio. Le caratteristiche principali delle biblioteche romane derivano proprio dalla loro presenza capillare in ogni zona, quartiere e municipio. In tutto sono trentasei e costituiscono uno strumento stabile e apprezzato di qualificazione del tessuto urbano. La loro è una struttura a sistema la cui gestione è affidata direttamente al Comune. Fino al 1996, le varie collezioni dislocate per la città facevano capo alle relative circoscrizioni. Quindici anni fa, invece, l’istituzione delle Biblioteche di Roma ha reso possibile un coordinamento migliore, grazie anche al processo di rinnovamento di tutto il servizio e delle sue sedi. L’istituzione è un ente strumentale di Roma Capitale e gestisce il sistema delle biblioteche e dei centri culturali in autonomia amministrativa e progettuale. Diverso il discorso per quanto riguarda le biblioteche pubbliche statali, ossia istituzioni la cui cifra distintiva è quella di essere gestite direttamente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Quarantasei in tutta Italia, la presenza più massiccia è proprio a Roma che può contarne ben nove. Non solo colata e diffusa in tutta la città che, però, non soddisfa la ‘fame’di sapere della popolazione che, anzi, aumenta. E, insieme ad essa, crescono polemiche e malumori. In questo contesto si inseriscono, infatti, le recenti proteste contro i tagli alla cultura, non solo libraria. “Action”, il movimento di attivisti che si battono per il diritto alla casa e agli spazi culturali, ha espresso il proprio dissenso occupando simbolicamente cinque luoghi (tra cui il Teatro 900 di Cinecittà e la Casa della Memoria di via Tiburtina) che “potrebbero essere usati dai cittadini e invece sono inutilizzati da anni”. Un quadro appesantito dalla manovra lacrime e sangue annunciata dal sindaco Alemanno per il 2011. Il budget assegnato dalla giunta di centrodestra per la gestione di musei, teatri, fondazioni, accademie ed enti culturali, corre il rischio concreto di essere dimezzato rispetto a quello dell’anno passato. Dei 62 milioni stanziati nel 2010, nel bilancio di quest’anno potrebbero essercene addirittura meno di 30. Un taglio di oltre il 50 per cento che non farebbe che incrementare il desiderio di conoscenza del popolo romano. LA CROCIERA Il salone della Biblioteca del Collegio Romano la Nazionale Centrale, quindi: nella capitale si trovano anche la Angelica, fondata dal vescovo agostiniano Angelo Rocca nel 1661, che mette a disposizione del pubblico circa 200.000 volumi. La Alessandrina, nata nel 1667, che raccoglie più di un milione di volumi compresi 452 manoscritti e 674 incunaboli oltre a numerosi disegni, manifesti, incisioni e fotografie. La Casanatense, aperta nel 1701, annovera almeno 350.000 volumi, soprattutto sulla storia della Chiesa. La Vallicelliana, aperta al pubblico dal 1581, che possiede circa 130.000 opere, prevalentemente di natura storico-ecclesiastica, patristica e teologica, ma anche testi di filosofia, diritto, botanica, architettura e medicina. E ancora: la biblioteca Baldini, quella medica, di storia moderna e contemporanea e di archeologia e storia dell’arte. La loro missione è di raccogliere e conservare la produzione editoriale del nostro paese (a livello sia nazionale che locale), senza trascurare l’editoria straniera. Ognuna, ovviamente, in base alle specificità delle proprie raccolte e del proprio pubblico. Un’offerta culturale molto arti- Alla Nazionale sei milioni di volumi a stampa e ottomila manoscritti NAZIONALE L’ i n g r e s s o della biblioteca in via Castro Pretorio Centododici chilometri di conoscenza Prima la tessera, poi i tornelli, infine il lungo corridoio del sapere. L’importante è fare silenzio. E spegnere i cellulari, ovviamente. L’atmosfera è quella classica da biblioteca, alla Nazionale di Roma: da fuori soltanto un grande prefabbricato che non colpisce l’occhio del visitatore. Un po’ di verde intorno, un piccolo anfiteatro davanti all’ingresso dove si raccolgono gruppetti di universitari in pausa sigaretta e, in alto, le bandiere italiana e dell’Unione Europea. Dentro, invece, un silenzio irreale accompagna il visitatore, lo studioso o il semplice curioso lungo l’affascinante percorso della conoscenza. Fondata nel 1876 per dotare la capitale del regno d’Italia di un grande archivio librario, espressione della cultura nazionale, la sede della Biblioteca nazionale centrale, fino al 1975, è stata l’antico palazzo del Collegio romano, che costituì il nucleo originario di questo Reporter nuovo scrigno della cultura. Un secolo più tardi, l’inaugurazione della nuova sede nell’area archeologica del Castro Pretorio, fra la città universitaria e la stazione Termini. Nel 2001 è stato completato un vasto progetto di ristrutturazione architettonica e di riqualificazione e raziona- brari coprono, ad oggi, la bellezza di centododici chilometri lineari. E malgrado il suo funzionamento un po’ complicato, alla Nazionale si trova praticamente di tutto. Basta imparare a cercare. Già, perché i sistemi di ricerca e consultazione del vastissimo Molto ampia è anche l’offerta di servizi e iniziative culturali aggiuntive come l’allestimento di esposizioni lizzazione degli spazi e dei servizi. I numeri sono impressionanti: ottomila manoscritti e sei milioni di volumi a stampa, più di venticinquemila cinquecentine, ventimila carte geografiche, centoventimila autografi, trentaquattromila tesi di dottorato e oltre quarantaquattromila testate di periodici. Le scaffalature dei depositi li- patrimonio non soltanto librario, lì custodito, sono moderni e avanzati. Computer fissi dotati di sistema informatizzato interno permettono, infatti, di scovare il volume desiderato senza andare alla ricerca di personale specializzato. Che comunque non manca ma serve, piuttosto, ad agevolare il visitatore alle prime Pagina a cura di Daniele Serio armi nella fruizione dei servizi della biblioteca. Questa si compone di tredici ampie sale dislocate lungo uno spazioso corridoio. Di queste, undici sono di lettura, suddivise per aree tematiche , oltre all’emeroteca e alla sala bibliografica. Si va dalla stanza delle collezioni speciali a quella di arte e archeologia, dalla zona umanistica a quella giuridica. Da quella dei manoscritti rari all’area della musica e della multimedialità, a conferma di un equilibrio perfetto tra le varie epoche, tra antico e moderno.E’ presente una doverosa biblioteca per ciechi. Molto ampia è anche l’offerta di servizi e iniziative culturali aggiuntive come l’allestimento di esposizioni e l’organizzazione di conferenze. Così tra letture, scaffali e collezioni di tutti i tipi, il luogo è ideale a un completo isolamento, almeno per qualche ora. Niente rumori, soltanto libri e voglia di sapere. Reporter nuovo Settimanale della Scuola Superiore di giornalismo della LUISS Guido Carli Direttore responsabile Roberto Cotroneo Comitato di direzione Sandro Acciari, Alberto Giuliani Sandro Marucci Direzione e redazione Viale Pola, 12 - 00198 Roma tel. 0685225558 - 0685225544 fax 0685225515 Stampa Centro riproduzione dell’Università Amministrazione Università LUISS Guido Carli viale Pola, 12 - 00198 Roma Reg. Tribunale di Roma n. 15/08 del 21 gennaio 2008 [email protected] ! www.luiss.it/giornalismo 11 Febbraio 2011 5 Gli scrigni del sapere Biblioteche/Le altre. Le più importanti in Italia, dalla centrale di Firenze alla nazionale di Napoli Una catena di libri da nord a sud Milioni di testi e volumi per una raccolta che tutto il mondo ci invidia M ettendo in fila i suoi scaffali si coprirebbe la distanza da Firenze a Bologna. Si tratta della biblioteca nazionale centrale di Firenze, la più grande italiana, tra le più importanti d’Europa. La nomina di biblioteca centrale gli fu affidata nel 1865, quando l’attuale capoluogo toscano era capitale del Regno d’Italia. Nel suo edificio monumentale che dal Lungarno affaccia su piazza dei Cavalleggeri, trovano posto ben 6 milioni di volumi, oltre due milioni e mezzo di opuscoli, 25 mila manoscritti, 4 mila incunaboli – documenti stampati nel ‘500 con la tecnica dei caratteri mobili – e quasi 30 mila edizioni risalenti al XVI secolo. Un patrimonio inestimabile, seppure danneggiato in parte dalla disastrosa alluvione del 1966, che allagò i depositi sotterranei dove erano conservati i manoscritti più rari e preziosi. Rimanendo in tema di primati, a poche decine di chilometri di distanza dalla centrale si trova la biblioteca Malatestiana di Cesena. Prima biblioteca civica d’Italia e d’Europa, unico esempio di raccolta monastica umanistica giunta fino a noi MONUMENTALE Il palazzo della Biblioteca Nazionale centrale di Firenze a piazza Cavalleggeri perfettamente conservata nell’edificio, negli arredi e nel patrimonio librario. La Malatestiana è stata inoltre inserita dall’Unesco nel Registro della memoria del Mondo, il programma fondato nel 1992 per tutelare gli archivi e documenti storici. La biblioteca, costruita a metà ‘400 grazie al finanziamento di Domenico Malatesta, ospi- ta oggi 250 mila volumi, più di 1500 manoscritti e oltre 17 mila tra lettere e autografi. Opere greche, latine e una grande collezione orientale. Questi, invece, i punti di forza della biblioteca nazionale Marciana di Venezia, che ha potuto contare negli ultimi 700 anni sulla grande varietà multiculturale tipica della Serenissima. Tra i suoi esemplari più importanti ci sono i due codici dell’Iliade più illustri, l’Homerus Venetus A e B, rispettivamente del X e XI secolo. Tra gli altri grandi patrimoni della libreria, da ricordare l’archivio di mappe e atlanti storici, tra cui il famoso mappamondo di Fra Mauro, cartografo del ‘400. Quello italiano è un patrimonio librario che spa- zia senza distinzioni da nord a sud. Un tesoro da oltre 24 milioni di volumi, in cui lavorano oltre 2500 persone. Proprio nel meridione si trova la terza raccolta in Italia per quantità di volumi, la biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli, la più importante del mezzogiorno insieme al polo universitario della Calabria, con la quale condivide oltre due terzi del patrimonio librario totale del meridione. Spostata nel 1922 nel Palazzo Reale, su suggerimento di Benedetto Croce, fu gravemente danneggiata dal terremoto dell’Irpinia nel 1980. Oltre ai suoi due milioni di volumi, la biblioteca può contare anche sulle collezioni di altre importanti raccolte napoletane, come quella Brancacciana, annessa negli anni ’20. Di grande rilievo la raccolta degli autografi posseduti dalla biblioteca, tra i quali spiccano il codice di mano di San Tommaso d’Aquino, proveniente dal convento di San Domenico Maggiore, i cui frammenti venivano donati al popolo come reliquie e l’opera di Giacomo Leopardi, tra cui i Canti, le Operette morali e lo Zibaldone. Uno sguardo alle più grandi raccolte del mondo, da Washington a Pechino passando per l’Egitto Ma quelle dei record sono all’estero Uscendo dai nostri confini nazionali, sono i grandi numeri a farla da padrone. Sono cifre da record, infatti, quelle della Library of Congress di Washington, più grande biblioteca della storia dell’umanità per numero di testi e grandezza degli spazi usati. Oltre 128 milioni tra documenti, manoscritti e libri rari, ospitati in quattro edifici tra i quali spicca il monumentale palazzo intitolato a Thomas Jefferson, considerato dai critici il più grande esempio di architettura del “Rinascimento americano”. Un budget faraonico – stimato in oltre mezzo miliardo di dollari – consente inoltre alla biblioteca di ampliare ogni anno il suo già imponente inventario e di informatizzare i propri archivi, sempre più veloci e accessi- 6 11 Febbraio 2011 bili anche dall’estero. Ame- la collezione britannica, oltre Non è da meno la Bibliorica terra dei record, come ai numerosi manoscritti e thèque nationale de France, nel caso della New York Pu- opere condivise con Wa- biblioteca più importante di blic Library, la biblioteca più shington, sono l’emeroteca, Francia e una delle maggioaffollata del mondo con oltre che raccoglie praticamente ri d’Europa e del mondo. La 3 milioni di iscritti e 10 mi- tutte le pubblicazioni del Re- sua sede è a Parigi, nel quarlioni di visitatori l’anno. gno Unito dal 1840 ai giorni tiere Tolbiac. Le collezioni In stretta collaborazione nostri e il reparto filatelico. dell’istituzione sono stimate con la biin trenta miblioteca del lioni di voluNella British Library tesori come la bibbia di mi, ma si avCongresso è invece la anche Gutenberg, la Magna Charta del 1215 e l’unica vale British Lidella bibliotebrary di ca digitale copia rimasta del poema Beowulf Londra. Gallica, forMolto più mata per lo giovane della sorella ameri- Nella biblioteca sono anche più da documenti informacana – è stata costituita con custodite due copie della bib- tizzati sotto forma di immaun decreto apposito nel 1972 bia di Gutenberg, due della gini. Più grande polo del Me– si trova in un complesso nei Magna Charta del 1215, l’uni- diterraneo e discendente delpressi della stazione di Saint ca rimasta del poema Beowulf l’antica biblioteca di AlesPancras, il più grande edificio e il Sutra del diamante, con- sandria è invece l’odierna Bicostruito in Inghilterra nel XX siderato il libro stampato più bliotheca Alexandrina, in secolo. Fiori all’occhiello del- antico al mondo. Egitto. Inaugurata nel 2002 Pagina a cura di Stefano Silvestre dopo 15 anni di lavori e costruita da una ditta norvegese, la nuova biblioteca dispone di sale lettura per oltre 70 mila metri quadrati su undici livelli ed è costruita in un complesso architettonico ornato con grafemi di origine egizia. Ma la più grande concorrente delle big americane e inglesi è senza dubbio la Biblioteca nazionale cinese. Più di venti milioni di volumi, oltre 35 mila iscrizioni rituali su guscio di tartaruga, sutra buddisti risalenti al sesto secolo e la più ricca collezione di letteratura cinese e documenti storici del continente asiatico. Questi i numeri, in costante crescita grazie alle donazioni private, che fanno del gigante pechinese la più grande biblioteca d’Asia e una tra le prime al mondo. CARRELLATA Le quattro maggiori del nord TORINO Due le maggiori. La biblioteca Reale, che custodisce nelle sue sale di sicurezza il famoso autoritratto di Leonardo da Vinci, e la biblioteca nazionale. Distrutta da un incendio nel 1904 e bombardata negli anni ’40, la Nazionale è stata completamente ricostruita tra il 1958 e il 1973. Oggi, nella sede di piazza Carlo Alberto, trovano posto 732 mila volumi. MILANO La sede principale del sistema bibliotecario meneghino è nella biblioteca Sormani in corso porta Vittoria. Nell’edificio, di grande valore architettonico – la facciata è stata costruita da Benedetto Alfieri, nella sala dei putti si trova un dipinto del Nuvolone – trovano posto oltre un milione di volumi e testi rari. PADOVA La Pontificia Biblioteca Antoniana di Padova dispone di un inventario tra i più antichi d’Italia. Costruita nel convento della Basilica del Santo a partire dal XII secolo, custodisce i Sermones di Sant’Antonio e una preziosa Bibbia glossata parigina in 25 volumi donata a metà ‘200 dal canonico Uguccione. GENOVA Maggiore istituto bibliografico della Liguria, la biblioteca universitaria di Genova raccoglie la maggior parte del patrimonio librario proveniente dal Collegio dei Gesuiti genovesi. Di grande rilievo le raccolte del fondo giuridico Rossello, della biblioteca storica argentina “Belgrano” e la raccolta geografica americana degli anni’30. Reporter nuovo Gli scrigni del sapere Biblioteche/La Vaticana. Riservata a pochi studiosi, conserva un patrimonio di opere uniche Il Canzoniere accanto alla Bibbia Un milione e mezzo di volumi, ottantamila manoscritti, mappe e disegni Irene Pugliese Caratteri minuti disposti su due colonne per risparmiare lo spazio della costosa pergamena, come si usava allora. Capilettera miniati e una scrittura molta chiara. Dietro la teca di vetro che lo custodisce, sembra un libro come tanti e invece fu Francesco Petrarca nella seconda metà del Trecento a scrivere quelle parole. Il Rerum volgarium fragmenta, meglio conosciuto come Canzoniere, raccoglie i sonetti di uno dei padri della lingua italiana. Tra i corridoi della mostra che ricostruisce gli spazi dell’inaccessibile Biblioteca Vaticana, l’opera è sistemata a pochi metri dalla Bibbia Urbinate scritta dalla nota bottega del libraio Vespasiano da Bisticci su incarico del duca Federico da Montefeltro. Il sacro e il profano si intrecciano in questi spazi. Non c’è selezione di fronte al sapere, neanche se ad aprire le porte della propria biblioteca è il Vaticano. A poca distanza da un altro esemplare del libro guida della religione cristiana, c’è una versione del Corano. E ancora. Le Opere di Virgilio, accanto al Rotolo di Exultet. Martin Lutero vicino ad Alessandro Manzoni e alla Vita di Buddha illustrata. Tramite la parola scritta si ricostruisce la storia dell’uomo e, infatti, il materiale custodito in questo luogo di sapere copre un arco temporale di oltre 2.500 anni. Un milione e mezzo di libri, ottantamila manoscritti, il 76 LE PERLE: LE ALTRE OPERE DI VALORE ANTICHISSIMO Il Codex Vaticanus è stato trascritto nel IV secolo E Federico II insegna la falconeria Oltre al Canzoniere di Petrarca e al Papiro Bodmer, la Biblioteca Vaticana ospita altri esemplari di grande valore. Fra questi spicca il Codex Vaticanus, uno dei più antichi manoscritti esistenti della Bibbia, trascritto nel IV secolo. È scritto in greco, su pergamena, con lettere onciali (maiuscole). Il Codex conteneva originariamente il testo completo della traduzione greca della Bibbia detta dei Settanta. Attualmente comprende un totale di 759 fogli, perché manca della “Pericope dell’adultera” e dei versetti relativi all’agonia di Gesù al Getsemani. Il Codex rappresenta uno dei più importanti manoscritti della Bibbia. L’attuale textus receptus (cioè riconosciuto come ufficiale da cristiani cattolici, ortodossi e protestanti), il Greek New Testament (detto anche Nestle-Aland, dai principali curatori) del 1966, si basa proprio sul Codex Vaticanus. De arte venandi cum avibus (“sull’arte di cacciare con gli uccelli”) è un altro codice di grande prestigio della biblioteca vaticana. Scritto dall’imperatore Federico II, è un trattato di falconeria, cioè sui sistemi di allevamento, addestramento e impiego dei falchi nella caccia. Nella genesi dell’opera ebbero una notevole importanza precedenti trattati di cui Federico II aveva disponibilità. L’imperatore dotò l’opera anche di un notevole corredo di immagini. Ulteriori aggiunte furono effettuate dal figlio Manfredi, anch’egli appassionato di falconeria. Sono presenti oltre 500 illustrazioni di uccelli, eseguite con sorprendente precisione. Un manoscritto sbalorditivo per la cura nella scelta dei colori del piumaggio e il dettaglio delle particolarità anatomiche. L’opera è divisa in due libri: il primo tratta della caccia vera e propria, il secondo, invece, dell’allevamento e cura dei rapaci. Altra perla della Biblioteca è il Codex Urbinas Latinus 1270 che contiene il primo manoscritto del “Trattato della pittura”, di Leonardo da Vinci. Si tratta di un’opera composita, compilata da un allievo che scelse vari brani, passi, precetti, teorie e appunti, riordinandoli in diciotto “libri” (capitoli), dei quali solo sette sono giunti a noi. Secondo gli studiosi, l’organicità della trattazione fa pensare che lo stesso Leonardo avesse concepito il “Trattato”, suddividendolo in due sezioni: una prima teorica, dove si affermano i principi filosofici della pittura, paragonandola anche alle altre arti, e i principi dell’applicazione della prospettiva (lineare, aerea e cromatica), di luci e ombre; una seconda pratica, in cui Leonardo dà una serie di consigli e precetti al giovane pittore, su come assimilare le proporzioni di corpi e figure, e sulla rappresentazione dei moti e degli elementi naturali. S. P. per cento degli incunaboli di tutto il mondo, duecentomila stampe e migliaia di disegni. Cinquanta chilometri di scaffalature, una lunghezza che può essere quantificata nella distanza dal Vaticano a Fiumicino, andata e ritorno. E’ un vero patrimonio che tocca tutti i campi del sapere umano, la tradizione culturale a 360 gradi. «Un’accogliente casa di scienza, di cultura e di umanità», ha scritto il papa Benedetto XVI. Di fronte alla copia della Divina Commedia illustrata da Sandro Botticelli, si vive l’emozione di immaginare Dante Alighieri nel momento in cui scrive il suo capolavoro. Ma esistono testimonianze di un sapere ancora più antico. Un foglio eroso dal tempo coperto di scritte greche poco leggibili, eppure conservato come un gioiello: il Papiro Bodmer è stato trascritto nel primo quarto del III secolo, forse non molto lontano dal luogo del Medio Egitto in cui è stato trovato. E’ il più antico manoscritto noto che tramanda insieme due vangeli: il Padre nostro e l’epilogo del Vangelo secondo Luca con il prologo del Vangelo secondo Giovanni. E proprio vicino alle carte che raccontano la vita di Cristo, c’è l’opera che illustra la vita di Buddha. Un segno della molteplicità di linguaggi religiosi proprio di questo luogo che custodisce e protegge il bene più prezioso dell’uomo, qualsiasi sia il suo credo religioso: la parola. Cinquanta chilometri di scaffali affidati alla responsabilità di un Cardinale Col Gps nel dedalo dei testi rari Stefano Petrelli RICOSTRUZIONE Facsimili dei capolavori della biblioteca Reporter nuovo Nel corso dei secoli la Biblioteca Vaticana è diventata un vero e proprio dedalo, che contiene oltre all’enorme numero di testi, monete antiche e altri oggetti d’arte. Una struttura gigantesca amministrata da un Cardinale bibliotecario, da un prefetto, e da un viceprefetto, che presiedono e coordinano le attività di un vero e proprio esercito di lavoratori suddiviso in vari dipartimenti. Questo tempio del sapere si regge su due pilastri dallo strano nome: Azoto e Pergamon. Il primo termine si riferisce al trattamento cui vengono sottoposti i testi, per evitare che i parassiti possano deteriorarli. Pergamon, invece, è un sistema di radio identificazione, che permette di rintracciare i libri tramite un chip inserito nei testi. Il funzionamento è simile a quello del Gps. Uno strumento indispensabile, senza il quale un libro riposto male fra i 50 chilometri di scaffali della biblioteca, potrebbe essere perso per sempre. Un patrimonio di opere nato dalla volontà di un pontefice. Fu, infatti, papa Niccolò V, intorno alla metà del Quattrocento, a cambiare per sempre la storia del cultura, avviando un processo che nel corso dei secoli ha trasformato la sua “biblioteca del tempo” in una delle collezioni del sapere più ricche al mondo. All’origine di tutto, la sua decisione di permettere agli eruditi la consultazione e la lettura i codici latini, greci ed ebraici, raccolti dai suoi predecessori e da lui incrementati durante il suo pontifica- to (dai 350 trovati, fino ai circa 1.200 presenti al momento della sua morte avvenuta il 24 marzo 1455). La “biblioteca del tempo” di Niccolò V era costituita da un’unica sala; il suo progetto fu completato e realizzato da Sisto IV. La sede della nuova istituzione era il pianterreno di un edificio, al quale si accedeva dal cortile detto dei Pappagalli. Le aule erano quattro: la Bibliotheca Latina e la Bibliotheca Graeca (per le opere nelle due lingue), la Bibliotheca Secreta (per manoscritti non a diret- ta disposizione dei lettori, ivi compresi alcuni codici di pregio), la Bibliotheca Pontificia (per gli archivi e i registri papali). Tra il 1587 e il 1589, quando ormai la sede iniziale non riusciva più a contenere il materiale in continua crescita, Sisto V decise di farne costruire una nuova e incaricò del progetto l’architetto Domenico Fontana. L’edificio, che ospita tuttora la Biblioteca, sorge sulle scalee divisorie tra il Cortile del Belvedere e quello della Biblioteca. Nel piano più alto fu decorata una grande sala di lettura: il Salone Sistino, un’aula a due navate lunga 70 metri e larga 15. 11 Febbraio 2011 7 Gli scrigni del sapere Biblioteche/Le digitali Il web è costellato da una miriade di archivi on line da tutto il globo Molte, gratis e a portata di mouse Dal Progetto Gutenberg del 1971 fino all’opera completa di Dante e Totò D alla poesia alla musicologia, dalle novelle alla letteratura per ragazzi, persino Beat Generation e letteratura horror. Il web è costellato da una miriade di biblioteche on line tematiche da tutti gli angoli del globo. Numerose sono le raccolte di misticismo e medicina, occultismo e statistica. Non è fantascienza, quindi, ipotizzare in tempi brevi la catalogazione in rete di tutta la produzione bibliografica mondiale, dalla nascita della scrittura a oggi. Il primo passo verso la digitalizzazione della ricerca bibliografica è l’On line Public Access Catalogue (Opac), il catalogo informatizzato di tutte le biblioteche iscritte al Servizio Bibliotecario Nazionale (Sbn). Grazie agli Opac, nati nei primi anni Ottanta, è possibile con un solo clic di mouse conoscere la collocazione precisa del rarissimo testo richiesto in tutte le biblioteche italiane, risparmiando all’utente infiniti viaggi e telefonate. Molti Opac consentono, inoltre, servizi aggiuntivi quali la prenotazione dei documenti attualmente in prestito, la richiesta di prenotazione, il salvataggio delle ricerche effettuate su spazi personali accessibili attraverso l’identificazione con login. La più antica iniziativa di digitalizzazione dal cartaceo è il Progetto Gutenberg, avviato da Michael Hart nel 1971 con l’obiettivo di costituire una biblioteca di versioni elettroniche liberamente riproducibili di libri stampati, oggi chiamati WIKIPEDIA Jimmy Wales è il fondatore della più grande enciclopedia on line eBook. Il Progetto Gutenberg si concentra principalmente sulle opere letterarie storicamente più significative, su opere di riferimento e dizionari. Lo slogan del progetto è “rompere le barriere dell’ignoranza e dell’analfabetismo”. In casa nostra, tra le molteplici opportunità digitali, si segnala la Biblioteca della Letteratura Italiana, un’antologia di classici dello scorso millennio. Tutte le opere di Tasso, Ariosto, Dante, Foscolo, Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, ma non solo. Il portale è un’esauriente risposta ai bisogni di una scuola che sta sperimentando nuove tecnologie e nuovi contenuti. PoesieRacconti è una community on line in cui gli utenti possono pubblicare gratuitamente le loro opere letterarie: poesie, racconti, frasi e aforismi. Il sito raccoglie inoltre opere di autori fa- IL MIRACOLO WIKIPEDIA «L’enciclopedia partecipata mi preoccupa meno: la uso regolarmente, e trovo che la qualità e l’affidabilità delle informazioni sia notevole. Qualche problema c’è solo quando il soggetto è estremamente controverso. In questo caso la neutralità, e le reciproche obiezioni, spingono verso il minimo comune denominatore, e bisogna accontentarsi. Ma questo è inevitabile, e in fondo accadeva già con le enciclopedie tradizionali». Le parole di Beppe Servegnini ben sintetizzano i vantaggi e le controversie di uno dei più geniali strumenti di consultazione on line. Wikipedia è un’enciclopedia libera ed “universale”, in termini sia di ampiezza che di profondità degli argomenti trattati. Il portale, In oltre 270 lingue tutto il sapere frutto di confronto che ogni anno si riconferma tra i primi dieci siti più consultati al mondo con un totale di 60 milioni di visualizzazioni al giorno, è stato descritto dal fondatore Jimmy Wales come «uno sforzo per creare e distribuire un’enciclopedia libera della più alta qualità possibile ad ogni singola persona sul pianeta nella sua propria lingua». È pubblicata in oltre 270 lingue e contiene voci sia sugli argomenti propri di una tradizionale enciclopedia sia su quelli di almanacchi, dizionari geografici e di attualità. Il suo scopo è quello di creare e distribuire un’enciclopedia libera e ricca di contenuti, nel maggior numero di lingue possibile. Da due anni si è convertito al web l’unico, vero colosso del sapere dei nostri tempi. l’enciclopedia Treccani, con le sue 300 mila voci, riconferma il suo ruolo di guida nella cultura italiana, con le sue tonnellate di pagine a portata di clic. Arricchita da un menu interattivo, la Treccani on line offre anche un costante aggiornamento delle notizie dell’ultim’ora, grazie alla collaborazione di Blitzquotidiano e dell’Aeronautica Militare per quanto riguarda le previsioni del tempo. mosi per un totale di 8000 pubblicazioni. PoesieRacconti è quindi uno strumento di promozione gratuita per autori emergenti appassionati di letteratura e cultura. Il sito offre molti strumenti gratuiti per condividere le proprie opere, promuovere i propri libri e confrontarsi con altri utenti tramite voti e commenti. Oasi delle anime è un mondo di immagini, musica, videosigle, libri, trame, curiosità e tanto altro sui personaggi più famosi dei cartoni animati dagli anni ‘70 ad oggi, il tutto rigorosamente controllato per una navigazione sicura anche per i bambini Per chi, invece, ha trent’anni sarà davvero un’emozione riscoprire le tavole originali di manga e cartoni storici come Lady Oscar, Kiss Me Licia, Lupin III, È Quasi Magia Johnny, Occhi di Gatto, Ken il Guerriero e Dragonball. Ma in assoluto l’opera digitale più completa ed esauriente sulla letteratura mondiale è Readme.it, ovvero l’archivio completo e gratuito di tutte le opere pubblicate in America, Italia, Germania, Spagna, Cuba, Inghilterra, Russia e Argentina, compresi i classici greci e latini, i codici giuridici, le fiabe, i gialli, le storie Zen e le poesie portoghesi. Per i cinefili, infine, su Antoniodecurtis.org sono pubblicati tutti i 99 film completi del re della risata Totò. Oltre, ovviamente, a tutti i libri pubblicati sino a oggi sul comico napoletano. Biblioteche/Le musicali A Santa Cecilia manoscritti rari, libretti e video Un crocevia di studiosi e amatori probenienti da ogni parte del mondo. La Biblioteca Musicale Governativa del Conservatorio “S.Cecilia” possiede circa 300.000 unità catalografiche distinte in due sezioni: 200.000 edizioni musicali e libri, 2.200 edizioni “rare” (1500-1820) fra cui 320 cinquecentine e 8 incunaboli, 11.000 manoscritti, 125 periodici estinti, 98 periodici in corso, 30.000 libretti, una discoteca composta da circa 2.500 unità fra LP, nastri, CD, video e audio cassette. Un numero impressionante, un catalogo unico in Italia, uno dei luoghi del sapere più affascinanti al mon- 8 11 Febbraio 2011 Un gigantesco patrimonio di note do insieme alla biblioteca di San Pietro a Majella a Napoli, che affonda le sue radici febbraio 1875, quando la Regia Accademia di Santa Cecilia nominò il primo bibliotecario nella persona di Adolfo Berwin. Il Conservatorio non esisteva ancora come lo conosciamo oggi. Era una scuola composta da due classi di poche decine di allievi. La Regia Accademia di Santa Cecilia ottenne proprio nel 1875 il riconoscimento ministeriale a Liceo Musicale, e nel maggio 1876 il Ministro concesse una parte dell’ex mo- nastero delle Suore Orsoline con l’attuale ingresso in Via dei Greci. Una svolta storica per la biblioteca fu la creazione al suo interno della Sezione Governativa. Il regio decreto che la istituì (2.3.1882) disponeva che in tale sezione fossero “depositati tutti i libri, opuscoli e fogli stampati dal 1501 in poi riguardanti esclusivamente la musica” posseduti dalle biblioteche governative di Roma. Successivamente il Ministero acquistò per la Sezione governativa parte della Bibliotheca Burghesiana, che il principe Paolo Borghese mise all’asta nel 1892, nonché le partiture autografe di Bellini (Norma e Beatrice di Tenda) e diverse opere autografe di Pietro Raimondi. Altri oculati acquisti ministeriali consentirono poi la formazione di un’imponente collezione di 21.000 libretti del fondo Carvalhaes, di 6.000 libretti della collezione Silvestri e dei 4.000 libretti dei secoli XVII-XIX della Pagina a cura di Dario Parascandolo raccolta Carotti. In quegli anni il Liceo Musicale Santa Cecilia si avviò a una rapida espansione grazie agli assegni del Regio Governo. Gli insegnanti che per tanti anni avevano prestato gratuitamente la loro opera percepirono il loro primo stipendio. Gli studenti seguivano un turbinio di lezioni di composizione, canto, organo, pianoforte, violino e viola, violoncello, contrabbasso, flauto, oboe, clarino, fagotto, corno, tromba e trombone, arpa, strumenti a percussione, solfeggio, storia ed estetica musi- cale, diritti e doveri, declamazione e gesto, letteratura poetica e drammatica, oltre alle lingue italiana e latina, geografia e aritmetica. Quando nel 1923 il Liceo si trasformò in conservatorio, il nuovo istituto ereditò, fra le altre cose, anche l’onere e l’onore di gestire la Biblioteca Musicale Governativa del Conservatorio di Musica “S.Cecilia”. Aperta tutti i giorni dal lunedì al venerdì, la sala principale permette la consultazione di tutte le edizioni aggiornate dei dizionari musicali, dal Deumm al Grove, veri patrimoni enciclopedici. Oggi l’intero archivio della biblioteca è consultabile sul sito dell’Opac. 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