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Come funziona la NATO
Ne hanno parlato al telefono Donald Trump e Paolo Gentiloni
Il presidente del Consiglio italiano e il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump hanno parlato al telefono
per la prima volta, e uno dei principali argomenti della discussione è stato il futuro della NATO, l’alleanza militare che
raggruppa 28 paesi tra Europa, Medio Oriente e Nord America. Entrambi hanno ricordato l’importanza dell’alleanza,
nonostante siano trascorsi oramai quasi 30 anni dalla fine dell’Unione Sovietica, la minaccia che la NATO era nata per
affrontare.
Oggi molti criticano la NATO definendola un relitto del passato, mentre altrettanti ne affermano l’importanza,
soprattutto a causa del ritorno della Russia sulla scena internazionale. Oltre alle consuete frasi diplomatiche, Trump ha
ripetuto un punto che aveva sottolineato spesso nel corso della campagna elettorale: tutti gli alleati devono condividere
«l’onere monetario della spesa per la difesa». Trump si riferisce all’accusa, molto diffusa negli Stati Uniti, che i
paesi europei non facciano abbastanza per proteggersi e contino troppo sull’appoggio degli Stati Uniti. Questa questione
è simboleggiata dalla “linea guida” che – per i paesi che fanno parte della NATO – fissa la spesa per la difesa a un
minimo del 2 per cento del PIL. È una soglia che solo cinque dei 28 membri della NATO rispettano e tra loro non c’è
l’Italia.
Come funziona la NATO
La NATO è un’alleanza militare fondata nel 1949, pochi anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, per
contrastare l’egemonia dell’Unione Sovietica in Europa (il precursore della NATO fu, nel 1948, un’alleanza di soli
paesi europei). Nel corso della Guerra fredda, la NATO è diventata la forza speculare che si opponeva al Patto di
Varsavia, l’alleanza fondata nel 1955 e guidata dall’Unione Sovietica. Con il tempo la NATO si è ingrandita fino ad
includere quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale, più Grecia e Turchia. Con la caduta dell’Unione Sovietica la
NATO si è allargata ulteriormente verso est, arrivando a comprendere i paesi baltici ex sovietici e gran parte dei paesi
dell’Europa orientale. Oggi 28 paesi fanno parte della NATO e un’altra decina sono in trattativa per entrare a farne
parte.
Oggi la NATO ha un quartier generale a Bruxelles e un’imponente burocrazia civile e militare. L’alleanza è governata
dal North Atlantic Council (NAC), di cui fanno parte i rappresentanti permanenti presso la NATO di tutti i paesi
membri. Le riunioni del NAC sono presiedute dal segretario generale della NATO, attualmente il norvegese Jens
Stoltenberg. La NATO ha anche un comando che sovrintende agli affari militari, il Comitato militare, che attualmente è
presieduto dal generale ceco Petr Pavel.
Nel Trattato dell’Atlantico del Nord, l’accordo che diede origine alla NATO, l’articolo più importante è il quinto, che
obbliga i componenti dell’alleanza ad andare in soccorso dei propri alleati in caso di aggressione. In tutta la storia della
NATO l’articolo quinto è stato invocato una volta soltanto, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. In risposta la
NATO organizzò una missione militare in Afghanistan, l’ISAF, rimasta operativa tra il 2001 e il 2014. L’articolo 4, che
impone consultazioni tra gli stati membri in caso di minaccia, è stato utilizzato cinque volte, tutte negli ultimi 15 anni.
La Turchia lo ha invocato per quattro volte, soprattutto in relazione alla guerra in Siria, mentre la Polonia lo ha invocato
nel 2014 in risposta all’intervento russo in Crimea.
Le operazioni della NATO
Nata per opporsi all’URSS durante la Guerra fredda, la NATO non ha mai condotto operazioni militari durante la
Guerra fredda: ha iniziato a intervenire soltanto nel 1994, durante la guerre nella ex-Jugoslavia. Nel 1999 intervenne
nuovamente per bombardare la Serbia nel corso della guerra in Kosovo. Negli anni successivi è stata impegnata in
Afghanistan, in Iraq con missioni di addestramento, e nel Golfo di Aden in operazioni anti-pirateria. L’ultimo intervento
di combattimento è stato l’imposizione di una “no fly zone” in Libia, durante la rivoluzione contro il regime di
Gheddafi, quando per alcuni mesi gli aerei dell’alleanza attaccarono le forze del regime in appoggio delle truppe ribelli.
All’epoca l’intervento – costato pochissime perdite tra i civili, ma devastante per le forze del regime – fu considerato un
“modello” da imitare, ma a causa del caos politico in cui è precipitata la Libia negli ultimi anni la missione oggi è
duramente criticata. Recentemente la NATO si è impegnata in una nuova operazione: il dispiegamento di truppe in
alcuni paesi dell’Europa orientale che confinano con la Russia e si sentono minacciati dal suo espansionismo. A questa
operazione partecipano anche alcune decine di militari italiani che, lo scorso ottobre, sono arrivati in Lettonia.
La soglia del 2 per cento
Con la caduta dell’Unione Sovietica e la fine della Guerra fredda all’inizio degli anni Novanta, la NATO perse il suo
principale avversario. Per evitare che l’alleanza terminasse, i paesi membri si accordarono per mantenere le loro spese
militari sopra al 2 per cento del PIL, mentre gli Stati Uniti si impegnarono a mantenerla sopra il 3 per cento. Senza più
la minaccia sovietica, però, per molti paesi europei divenne politicamente difficile mantenere una spesa militare
consistente. I bilanci cominciarono a essere tagliati al punto che nel 2013 soltanto quattro paesi rispettavano la linea
guida del 2 per cento.
Nel 2014, con l’aggressione russa all’Ucraina, l’utilità della NATO e la spesa in difesa dei suoi membri è tornata di
attualità: in particolare negli Stati Uniti, dove si sono moltiplicati i critici che accusano l’Europa di vivere alle spalle del
loro più forte alleato. Trump ha duramente criticato questa situazione, di cui negli Stati Uniti si parla più spesso che in
Europa. In un’occasione ha detto che non è scontato che gli Stati Uniti andranno in difesa di un paese che invochi
l’articolo 5, se questo non è tra quelli che rispettano la soglia del 2 per cento. L’espansionismo russo ha comunque
prodotto alcuni risultati e, secondo l’ultimo bollettino NATO, nel corso del 2016 il trend ha iniziato a invertirsi. Oggi
sono cinque i paesi che rispettano la soglia del 2 per cento: Stati Uniti (che spendono il 3,6), Grecia, Regno Unito,
Estonia e Polonia. L’Italia, con una spesa di poco superiore all’1 per cento, è in fondo alla classifica.
Negli anni, la soglia del 2 per cento è stata molto criticata come strumento per valutare il reale impegno di un paese nel
sostenere l’alleanza. La Grecia, per esempio, ha sempre rispettato la soglia, ma il suo esercito non ha mai fornito
contributi sostanziosi alle missioni dell’alleanza: sembra concentrato soprattutto nel suo confronto decennale con la
Turchia, storico rivale della Grecia nonostante entrambi i paesi facciano parte della NATO. Inoltre il ministero della
Difesa è stato accusato di essere uno dei più corrotti e inefficienti dell’intero governo greco. La Danimarca, d’altro
canto, spende solo l’1,5 per cento del PIL in difesa ma le sue forze armate sono efficienti e professionali e hanno
contribuito a operazioni, come quelle in Libia e in Afghanistan, in maniera più che proporzionale al peso del paese
all’interno dell’alleanza.
Il Post, 6 febbraio 2017
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