7 Colloquium on Perception and Experience Director: Tonino Griffero – Coordinator: Michele Di Monte – Executive Secretary: Silvia Pedone e Marco Tedeschini Advisory Board: Alessandro Alfieri, Brunella Antomarini, Emanuele Antonelli, Stefano Bevacqua, Richard Bösel, Luca Bortolotti, Alessandra Campo, Lazzaro Rino Caputo, Lucia Casellato, Dario Cecchi, Alessia Cervini, Gianluca Consoli, Barbara Continenza, Gianni Dessì, Maria Giuseppina Di Monte, Nicoletta Domma, Francesca Dragotto, Alessandro Ferrara, Alessandro Fiengo, Riccardo Finocchi, Saverio Forestiero, Elio Franzini, Elena Gagliasso, Gloria Galloni, Claudia Hassan, Giovanni Iorio Giannoli, Cristina Lardo, Micaela Latini, Giovanni Matteucci, Tiziana Migliore, Carmela Morabito, Giuseppe Novelli, Isabella Pezzini, Giovanna Pinna, Giuseppe Novelli, Christoph Riedweg, Massimo Rosati, Manrica Rotili, Franciscu Sedda, Antonio Somaini, Francesco Sorce, Marco Tedeschini, Claudia Terribile, Massimo Venturi Ferriolo, Pietro Vereni. Per informazioni: www.sensibilia.it – [email protected] ERRORE A cura di Silvia Pedone e Marco Tedeschini MIMESIS Traduzioni di: Silvia Pedone (J. Miller) e Marco Tedeschini (M. Seel). MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine) www.mimesisedizioni.it [email protected] Isbn: 9788857528045 © 2015 – MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone, 17/19 – 20099 Sesto San Giovanni (MI) Phone: +39 02 24861657 / 24416383 Fax: +39 02 89403935 INDICE INTRODUZIONE. L’ERRORE COME PROBLEMA di Silvia Pedone e Marco Tedeschini 9 PER UN’ESTETICA DELL’ERRORE: LA GLITCH ART di Alessandro Alfieri 11 L’ERRORE, O DEL CARATTERE FANTASTICO DEL MONDO di Brunella Antomarini 25 ERRARE NEL LABIRINTO DELL’ERRORE di Stefano Bevacqua 43 MACHIAVELLI: L’ERRORE E LA VIRTÙ di Giovanni Dessì 57 L’OCCHIO AMMAESTRATO. SULLO STATUTO CONOSCITIVO DELLA STORIA DELL’ARTE (VISIVA) di Michele Di Monte DISTRUGGERE, DISSE. AUTORITRATTO DEL FILOSOFO DA ARCHITETTO di Filippo Fimiani IMMAGINI ERRATE O ERRORI IMMAGINATI? di Riccardo Finocchi 71 99 113 L’ERRORE E L’EVOLUZIONE di Saverio Forestiero 133 L’ERRORE DELL’IMMAGINAZIONE di Elio Franzini 149 L’ERRORE INTERNO AL METODO: UNO SCENARIO FENOMENOLOGICO di Sara Fumagalli 159 PSICOLOGISMO, RIDUZIONISMO, INTROIETTIVISMO. LA NUOVA FENOMENOLOGIA E GLI ERRORI DELLA STORIA DELLO SPIRITO 173 di Tonino Griffero CRONOTOPI “SCONVENIENTI”. L’ERRORE E IL LOCUS AMOENUS NELL’ORLANDO FURIOSO DI LUDOVICO ARIOSTO di Cristiana Lardo ERRORI DI VALUTAZIONE di Jerry Miller LA STORIA DELLE SCIENZE DALL’ERRORE ALL’OSTACOLO EPISTEMOLOGICO di Mattia Della Rocca - Gloria Galloni - Carmela Morabito LA QUESTIONE DELL’«ERRORE» IN LUDWIG KLAGES di Giampiero Moretti 197 213 229 243 MA COME TI VESTI? ERRORI E TRASFORMAZIONI NELLA TELEVISIONE CONTEMPORANEA 255 di Marta Perrotta L’ARATRO E LA STELLA: TUTTO È IEROFANIA, BASTA SAPER GUARDARE. LA SECOLARIZZAZIONE COME ERRORE di Massimo Rosati 271 IL FILM COME IMMAGINAZIONE di Martin Seel A NATURAL DISASTER. L’ERRORE DUALISTICO ALLA LUCE DEL POST-UMANO di Davide Sisto 287 307 L’INDICE DELL’ERRORE. LA FENOMENOLOGIA TRASCENDENTALE E IL PROBLEMA DELLA CREDENZA VERA GIUSTIFICATA 321 di Marco Tedeschini GLI AUTORI 331 133 L’ERRORE E L’EVOLUZIONE di Saverio Forestiero1 1. Introduzione: la natura fa errori? Di solito la nozione di errore, pur nella molteplicità delle sue accezioni, si riferisce tuttavia a tipi di eventi che interessano l’Uomo e i suoi prodotti, la sua attività conoscitiva o la sua azione nel mondo sotto forma di obiettivi mancati. Per estensione, non fatichiamo a parlare di errore rispetto a certi comportamenti di organismi complessi a noi famigliari come il cane o il gatto di casa, o ai comportamenti in natura di tante specie selvatiche. Nell’inseguirla, il ghepardo può mancare di artigliare la gazzella; dietro l’insuccesso del predatore si nasconde una qualche forma di inadeguatezza e/o un calcolo sbagliato, un errore. Al confine tra discorso scientifico e riflessione filosofica metterei dunque l’idea di una plausibile storia naturale dell’errore (l’idea che la natura possa compiere errori), sulla genesi del quale, innanzitutto, vorrei condurre qualche osservazione. Proverò perciò a ragionare sia sull’origine dell’errore nella materia servendomi del comportamento di un particolare tipo di oggetto naturale, la molecola informazionale del DNA, sia sulle conseguenze dell’errore del materiale genetico sul destino degli organismi, sia, infine, sul ruolo che l’errore assume nel fenomeno dell’evoluzione dei viventi: dunque, il posto dell’errore nell’evoluzione. È palese che l’errore rimanda a una qualche finalità, scopo, e sembra avere a che fare con l’esistenza di possibili determinazioni e di una causalità. Questo è un punto critico per quanto ci proponiamo di esaminare, dato che ci sembra si diano situazioni naturali in cui è possibile riconoscere una 1 [email protected]; [email protected]. 134 Errore finalità nella materia, o meglio, un preciso scopo incarnato in uno specifico tipo di materia, che è la materia vivente. E questa finalità nella materia vivente ci pare a sua volta svelata proprio dall’errore, dalla sua genesi originaria dentro la materia. Oltre che a trattare dell’origine dell’errore nella materia vivente, proveremo anche a formulare schematicamente il problema del rapporto tra errore e funzione come esso si incarna nella materia vivente, ove per funzione, come sarà chiarito più avanti, intendiamo lo specifico aspetto assunto dalla finalità nel vivente. 2. L’errore nel DNA Presenteremo la nostra nozione di errore nella materia, indicandone il prototipo nella mutazione genica puntiforme, la mutazione di una base del DNA di un gene. Per fare questo è necessario tracciare brevemente una fenomenologia, anche se davvero molto semplificata, del DNA e delle sue attività. 2.1. La molecola di DNA Per quanto si sa, il DNA (acronimo che sta per DeoxyriboNucleic Acid, acido desossiribonucleico), è l’unica molecola del vivente capace di autoreplicarsi. In determinate condizioni questa molecola complessa, un polimero, può fare una copia di sé stessa sfruttando una proprietà direttamente derivata dalla sua struttura interna; più precisamente derivata dai legami che possono intercorrere tra le unità più piccole di cui essa si compone; le quattro basi azotate: guanina, adenina, citosina e timina. Come è noto, la molecola viene rappresentata come avente una struttura a doppia elica avvolta in maniera destrorsa (guardandola dall’alto) attorno a un asse centrale virtuale che attraversa idealmente la successione di tutti i legami idrogeno con cui le basi sono unite a due a due. I gradini della scala elicoidale sono rappresentati ognuno da una coppia di basi tenute insieme da legami idrogeno; lo scheletro esterno della scala elicoidale consiste nella monotona ripetizione di un gruppo fosfato e di uno zucchero pentoso. Lo zucchero è legato verso l’interno della doppia elica a una base azotata, e verso l’esterno a due gruppi fosfato. A mano a mano che si procede salendo (o scendendo) lungo la doppia elica, troviamo ripetuti il gruppo fosfato e lo zucchero; a cambiare (ma non necessariamente) è la coppia di basi corri- S. Forestiero - L’errore e l’evoluzione 135 spondente al gradino della scala2. Ogni 10 gradini, più o meno, la doppia elica compie un giro complete di 360o. Il DNA è dunque un polimero organico formato da monomeri, i nucleotidi, ognuno dei quali è composto da tre gruppi molecolari: il gruppo fosfato, lo zucchero pentoso (deossiribosio) e una delle quattro basi azotate già menzionate. Detto altrimenti, il DNA è un polimero costituito da una doppia catena di nucleotidi, orientata, spiralizzata, destrorsa (fig. 1). Il meraviglioso comportamento del DNA (cioè la sua capacità di autosintetizzarsi, di fare una copia di sé stesso) rappresenta un preciso effetto della sua struttura chimica, in particolare discende dal criterio di collegamento delle basi tra di loro. 2.2. L’appaiamento delle basi: regola di complementarietà Il punto chiave della logica del vivente, che concorre a fondarne il determinismo è l’esistenza di una regola di appaiamento delle basi. Questa è una regola semplice. Per esempio, se su un lato della scala – lato che per comodità potremmo identificare con il filamento di sinistra – in corrispondenza di un gradino, troviamo una molecola di guanina, è sicuro che di fronte sul filamento di destra - ci sarà una molecola di citosina (fig. 2). Se, continuando l’ascesa lungo la doppia elica, al gradino successivo a sinistra (o, è lo stesso, a destra) c’è una adenina, allora la base con cui essa sarà legata sarà immancabilmente una timina. La semplice regola di appaiamento delle basi è Guanina con Citosina, Adenina con Timina (o con Uracile, se si tratta di RNA). Ovvero più semplicemente G-C; A-T (o, che è lo stesso: C-G; T-A). Il motivo per cui è ammesso solo questo tipo di corrispondenza risiede nel fatto che tutti gli altri appaiamenti teoricamente possibili (C-A; C-T; G-A; G-T) rendono la molecola instabile; la sua struttura non tiene. 2.3. La replicazione Nel corpo vivo della cellula il DNA fà soltanto due cose: si autoreplica ogni volta che è necessario e presiede alla sintesi delle proteine. Va detto che nel fenomeno dell’autosintesi del DNA e in quello della sintesi di una proteina, accanto alle molecole informazionali vi sono in realtà un gran nu2 Un modello animato della doppia elica è reperibile all’indirizzo: http:// en.wikipedia.org/wiki/DNA; tutte le informazioni sulla molecola di DNA, la replicazione, la sintesi delle proteine e le mutazioni sono reperibili su qualunque trattato di biologia molecolare (per es., Amaldi et al. 2014). 136 Errore mero di molecole proteiche di natura enzimatica, prima fra tutte la DNA polimerasi. Benché il loro ruolo sia fondamentale per la riuscita dei due processi, tuttavia la loro trattazione non è indispensabile per afferrare la logica di base. La replicazione del materiale genetico conservato nel nucleo di una cellula avviene ogni volta che c’è una moltiplicazione cellulare. Quando da una cellula ne vengono prodotte due, identiche, vengono non solo duplicati gli organelli presenti nel citoplasma, ma anche tutto il DNA esistente nel nucleo. L’identità genetica, l’eredità di un organismo, è contenuta nel suo DNA e, per essere trasmessa alla progenie, deve essere replicata ad ogni moltiplicazione cellulare durante la mitosi o affidata ai gameti durante la meiosi. La base chimica della replicazione è l’autocatalisi (il composto K catalizza la formazione di ulteriore composto K a partire dalla materia prima): un processo che spesso ha come risultato proprio una replicazione. L’eredità dell’identità si basa sulla replicazione dell’informazione che fonda quell’identità. Nel caso della replicazione dell’informazione genetica di un organismo eucariotico, il doppio filamento di DNA parentale serve da stampo per la sintesi dei due filamenti figli complementari. Seguendo la replicazione di uno solo dei due filamenti, quello gergalmente noto come filamento “leader”, si vede che la replicazione ha contemporaneamente inizio in più punti della doppia elica e che a livello di ciascuna zona del filamento dove ha origine la replicazione, la doppia elica si apre (a una velocità di circa 1.000 nucleotidi al secondo). A questo punto, grazie all’intervento di molti enzimi specifici (come per es. le polimerasi, le primasi, le elicasi, le topoisomerasi, le ligasi, ecc.) viene sintetizzato un nuovo filamento, il filamento “figlio”, perfettamente complementare al vecchio filamento stampo. Il processo di sintesi si realizza per avvicinamento e accoppiamento, secondo la regola di complementarietà, dei nucleotidi liberi (che si trovano nell’ambiente nucleare) con le basi nucleotidiche allineate lungo il filamento stampo. Finita la replicazione si ottengono due doppi filamenti di DNA, identici, ognuno composto da un filamento vecchio e da un filamento nuovo. La replicazione viene detta per questo: semiconservativa (fig. 3). 2.4. Il codice genetico. Per comprendere la sintesi di una proteina è necessario introdurre la nozione di codice genetico. Il codice genetico, stabilito per via empirica negli anni Sessanta, è uguale per tutti i tipi di organismi (universalità del codice) e consiste nella tabella di corrispondenza fra terne di basi nucleotidiche del S. Forestiero - L’errore e l’evoluzione 137 DNA e amminoacidi della proteina codificata da quel DNA (fig. 4). Ogni terna di basi codifica per un solo amminoacido; uno stesso amminoacido può però essere codificato da più di una terna di basi (ridondanza del codice). Le basi (4 tipi in tutto) sono i materiali costituenti le molecole informazionali (DNA e RNA), gli amminoacidi (20 tipi in tutto) sono i materiali di cui è composta una qualsiasi proteina. Preso un filamento singolo di DNA, l’informazione genetica è precisamente data dall’ordine con cui si succedono le basi lungo quel certo filamento di DNA (preso un doppio filamento di DNA, l’informazione genetica è l’ordine con cui si succedono le coppie di basi lungo quel doppio filamento). La lunghezza media di un gene si aggira intorno alle 27.000 basi. Il corredo genetico, genoma, di un individuo varia a seconda delle specie; nell’Uomo il numero di geni stimato è di 20.000-25.000 unità, riunite in 46 cromosomi diversi. 2.5. La sintesi delle proteine L’altra azione del DNA riguarda la sintesi di una proteina (un polimero di amminoacidi indispensabile al funzionamento cellulare), un processo che si svolge in due fasi: trascrizione e traduzione. La prima fase, la trascrizione, avviene nel nucleo e consiste nella produzione di un RNA (molecola elicoidale a filamento singolo composta da una successione di nucleotidi uguali a quelli presenti nel DNA, con la sola differenza che al posto della Timina del DNA nel RNA si trova una base, leggermente diversa, chiamata Uracile). Questo processo di produzione di un RNA detto messaggero a partire da una molecola stampo di DNA viene chiamato trascrizione del DNA in RNA messaggero. In pratica un segmento della molecola di DNA a doppio filamento, un gene, viene trascritto in un RNA a filamento singolo stampando (grazie alla regola dell’appaiamento delle basi) l’RNA su uno dei due filament del DNA: il filamento stampo. Questo RNA-messaggero dopo un trattamento biochimico esce dal nucleo raggiungendo un complesso proteico citoplasmatico chiamato ribosoma, dove con l’intervento di un secondo tipo di RNA, una piccola molecola ponte detta RNA-di-trasferimento, e seguendo le regole di corrispondenza del codice genetico universale, traduce il messaggio scritto sotto forma di allineamento di basi del RNA in allineamento di amminoacidi della proteina in via di formazione3. 3 Trattando la sintesi del DNA e delle proteine abbiamo fatto ricorso a una necessaria quanto brutale iper-semplificazione di fenomeni in realtà assai più complessi. Tra le tante cose non dette ce n’è almeno una della massima importanza su cui 138 Errore 3. L’errore nella materia: la mutazione genetica Per comprendere cosa possa significare “errore nella materia”, qui sinonimo di “mutazione”, è stato necessario partire da una molecola di DNA: la macromolecola presente nei nuclei cellulari di un qualunque tipo di organismo, dai più semplici ai più complessi, che ne conserva l’informazione relativa alla propria identità. La mutazione genica puntiforme consiste nell’alterazione casuale della struttura di un gene e corrisponde alla modificazione del codice genetico, con conseguente modifica di una o più terne di basi e quindi del prodotto del gene (cioè la sua proteina). Di mutazioni ne esistono tipi diversi in rapporto al meccanismo di azione e all’entità del cambiamento provocato (puntiformi, dell’intero gene, cromosomiche, genomiche). Le mutazioni geniche del DNA sono tutte mutazioni puntiformi che interessano una o poche basi del DNA nucleare (fig. 5). Consistono in sostituzioni, microdelezioni, inserzioni di uno o pochissimi nucleotidi. Una mutazione puntiforme4 implica la modifica della terna di basi, quindi dell’amminoacido corrispondente e in ultimo della proteina contenente l’amminoacido “sbagliato”. 4 dobbiamo però spendere qualche parola. Sappiamo che sia nell’autosintesi del DNA che nella sintesi delle proteine intervengono molto proteine enzimatiche ognuna delle quali svolge compiti specifici indispensabili alle varie fasi dei due processi. Naturalmente nasce subito l’interrogativo su come sia stato possibile per il DNA sintetizzare la prima proteina se per farlo era necessario avere già a disposizione delle proteine enzimatiche specifiche. A questo proposito è stato ipotizzato che la molecola informazionale delle prime forme di vita fosse un certo tipo di RNA e che altre forme di RNA (ribozimi) ne catalizzassero le reazioni, proprio come oggi fanno le proteine enzimatiche nei confronti del DNA. Nel corso del tempo il sistema informazionale-catalitico basato sull’RNA si sarebbe evoluto nel più stabile DNA e nel più flessibile sistema enzimatico di tipo proteico. Seconda questa “ipotesi del mondo a RNA”, risalente agli anni ’80 del secolo scorso, RNA che oggi si trova in corpuscoli intracellulari quali i ribosomi non sarebbe altro che un residuo dell’antico mondo a RNA. (Per una trattazione della questione si veda per es. Amaldi et al. 2014). Un esempio di mutazione puntiforme del DNA è quella del gene della catena β della proteina emoglobina, mutazione che determina la sostituzione della base adenina con la base uracile (GAG → GUG). Mentre nell’emoglobina normale l’amminoacido normale è la glutammina (come è stabilito nel codice genetico), nell’emoglobina mutata l’amminoacido è la valina (Tav. 6). Questo errore a livello delle basi viene tradotto in una sostituzione amminoacida nella proteina che altera il funzionamento della proteina mutata. Quest’alterazione a sua volta provoca una grave patologia emoglobinica conosciuta come anemia falciforme, il cui danno è più o meno grave a seconda dello stato genetico, omozigote o eterozigote, nell’individuo che porta l’errore, il gene alterato dentro di sé. Oltre alle mutazioni S. Forestiero - L’errore e l’evoluzione 139 Va osservato che gli errori nella replicazione dell’informazione genetica sono errori puramente legati al caso5. Veri e propri eventi casuali, che, sotto un certo profilo non sono spiegabili in modo semplice e che comunque rappresentano la rottura di una precedente funzione. L’errore informazionale a carico di una stringa di DNA si può trasmettere o meno alla proteina (esistono infatti meccanismi, ma non infallibili, di riparazione del DNA alterato), si può propagare nella cellula e trasmettersi con la riproduzione cellulare all’organismo. L’errore biologico sembra fortemente collegato a una rottura di ordine e simmetria nel materiale biologico, al fallimento dell’esatta replicazione del materiale ereditario ovvero al funzionamento e alla riproduzione di una struttura assai più complessa e di ordine superiore come è un’intera cellula6. In quanto unica sorgente di novità genetica, il fenomeno della mutazione genetica è sì il prototipo, la madre di tutti gli errori, ma è anche l’evento indispensabile a un qualunque fenomeno evolutivo, a qualunque scala tale evento venga immaginato oppure osservato. Se sono espressi a livello del fenotipo individuale, la maggioranza degli errori di mutazione sono dannosi per l’organismo; molti sono invece neutrali rispetto alla performance dell’individuo portatore; mentre in pochi casi fortunati gli errori da mutazione possono essere positivamente selezionati per il vantaggio che essi danno alla fitness individuale del fenotipo che li manifesta. Ciò accade quando rendono quell’individuo meglio adattato, rispetto ad altri indivi- 5 6 geniche puntiformi, ne esistono altri tipi con effetti più vistosi come le mutazioni che coinvolgono frazioni di un cromosoma o interi cromosomi e quelle che riguardano l’intero genoma individuale. Le mutazioni avvengono a caso con una frequenza, variabile da gene a gene, ma che in molti casi, (per molti geni e per molte specie) si aggira su valori dell’ordine di 10-5-10-6 per gene per generazione. Per cui se ammettiamo un tasso di mutazione di 10-6 e un genoma umano di 20.000 geni, almeno 1 gamete su 200 porta un gene mutato. La stima va intesa come molto approssimativa. A livello non evolutivo ma organismico, l’invecchiamento è un buon esempio di accumulo di errori nell’individuo. L’invecchiamento è un fenomeno che riguarda tanto le cellule quanto l’organismo nel suo insieme. Le acquisizioni della ricerca in questo campo indicano l’esistenza di un legame fortissimo, una causazione più che una semplice correlazione, tra la perdita di funzionalità cellulare e il peggioramento, la minore efficacia delle reazioni biochimiche che presiedono al metabolismo cellulare e al funzionamento degli organi e dei sistemi d’organo. Dietro il cattivo metabolismo cellulare c’è una alterazione delle proteine enzimatiche sia in termini qualitativi che quantitativi. I delicati meccanismi di regolazione della sintesi delle proteine sono alterati a partire dai geni proprio per un effettivo accumulo di errori a carico della struttura del DNA e delle molecole regolatrici del suo funzionamento. 140 Errore dui, al proprio ambiente di vita, aumentando le sue probabilità di sopravvivenza e/o di fecondità-riproduzione e quindi dandogli un premiante vantaggio selettivo. 4. Identità, differenza, individualità Dopo avere introdotta la nozione di “errore nella materia”, converrà soffermarsi sulla nozione di identità, specificamente nel caso biologico, riflettendo sul meccanismo garante del riaffermarsi, della ripetizione dell’identità nel tempo. Lo faremo trattando perciò la nozione di identità biologica basica concepita nella sua relazione con la differenza biologica relativa. Osservando le forme di vita e la molteplicità cangiante dei cambiamenti grazie ai quali anche noi esistiamo e arriviamo a riflettere sul mondo, sembra necessario riconoscere la realtà della determinazione e l’esistenza per davvero degli enti molteplici e gerarchizzabili (le molteplici stringhe di DNA “erroneamente” generate, i molteplici individui, le plurime specie). Questi enti, queste stringhe di DNA, generate dall’errore, sono non identici-unici e sono differenziati. Tanti non addetti ai lavori, ma talora persino qualche raro biologo, sono inclini a pensare al DNA come all’“essenza” immutabile della specie. Ciò forse sarebbe vero se esistesse soltanto la replica perfetta dell’identico, se l’identico corrispondesse a un ente non differenziabile e non differenziato. Ma, grazie alla creatività dell’errore, esistono le determinazioni e vengono generate le differenze. Nel vivente la variabilità, come l’insieme delle differenze tra individui, è la norma, e questo nega per sempre l’esistenza di un’unità immanente nella molteplicità. Se un’unità esiste essa perciò non potrà che essere trascendente quella molteplicità. Converrà sottolineare che attraverso la mediazione dell’errore, la ripetizione fondata sul meccanismo della replicazione produce la differenza: la differenza è cioè prodotta dall’errore. A un’osservazione ravvicinata appare anche che attraverso la replicazione ciò che si ripete non è soltanto l’identico, il DNA-identico-a-sé-stesso, ma si ripete anche la differenza, come possibilità realizzate di novità, in un processo di perenne variazione di quello che è l’identico-a-sé-stesso. Io riconoscerei perciò due forme di ripetizione: la ripetizione come produzione di copie identiche (sul piano empirico questa produzione di copie esatte di un gene è l’evento probabilisticamente più frequente), e la ripetizione come dispositivo di produzione di differenze (evento normalmente raro). Ora, è proprio questa seconda forma di ripetizione a rappresentare il S. Forestiero - L’errore e l’evoluzione 141 materiale basico, il combustibile, l’alimento dell’evoluzione biologica. La ripetizione come possibilità produttiva di differenze genera la variabilità genetica, o meglio ancora la “variazione genetica”. Il primo effetto della variazione genetica è che, diversamente dal mondo della materia inanimata, nel mondo vivente non esistono due organismi, due individui che siano eguali tra di loro con tutte le possibili conseguenze evolutive di ciò; e possono essere enormi se si pensa che l’evoluzione stessa e la selezione naturale possono esservi solo a partire dall’esistenza della variazione genetica legata all’errore. La comparsa dell’errore, la sua irruzione nella fenomenologia della replicazione dell’informazione genetica è alla base della produzione dell’individualità. L’individuo, cioè il concretizzarsi delle differenze identitarie, nasce in ultimo dall’errore. Per cui possiamo sostenere che la natura vivente è il dominio, il territorio dell’individualità e degli individui generati dall’errore. Questo comporta tra l’altro, ma saremmo fuori tema se affrontassimo questo discorso, che la biologia come scienza si trova a trattare non universali invarianti, ma enti e processi particolari soggetti a variabilità e impregnati di evenemenzialità; macchine cartesiane ma pure dispositivi storici, anche solo in quanto sede di processi irreversibili, intrinsecamente complessi, quali: l’origine della vita, delle specie, l’adattamento, la costituzione della biosfera, l’evoluzione dei viventi (Forestiero 2000).7 5. L’unità di evoluzione: differenze alla base dell’evoluzione In generale, un’unità di evoluzione è definibile come un’unità capace di riprodursi e in possesso di ereditarietà imperfetta. 7 Una riflessione su di un aspetto della complessità del vivente riguarda l’equilibrio precario tra identico e diverso, tra pattern ordinati e disordinati. Nelle vicende del vivente, osservabili tanto nel compimento ontogenetico quanto nel processo, aperto rispetto agli esiti, dell’evoluzione delle specie, sono continuamente all’opera meccanismi che con il loro funzionamento consentono il gioco mutevole tra riproduzione puntuale dell’identità di una struttura del vivente (una sequenza genica, un corpuscolo cellulare, un’intera cellula, ecc.) e deviazione inattesa dal prestabilito e perciò nascita della differenza. Questo gioco tra casualità (ovviamente intesa non come assenza di cause, ma semmai come presenza di cause molteplici i cui effetti intrecciati rendono il fenomeno intrinsecamente complesso e imprevedibile) e determinismo (azione di cause lineari o quasi lineari che consentono l’accesso alla conoscenza previsionale di un fenomeno) è un fattore costante caratterizzante il vivente, un segnale forte e chiaro della sua complessità. 142 Errore Quando alcuni dei caratteri ereditari sono influenti sulle probabilità di riproduzione e/o di sopravvivenza di quell’unità, in una popolazione di replicatori così organizzati avremo evoluzione per selezione naturale: la cosiddetta evoluzione darwiniana. La definizione data non si riferisce necessariamente a sistemi naturali viventi; qualsiasi sistema che soddisfi questi criteri (replicazione, imperfezione, replicatori con fitness diverse), tipo un virus o un’unità digitale di vita artificiale (alife), può evolvere secondo modalità darwiniane. Naturalmente, se l’unità di evoluzione è anche un’unità vivente, avremo un fenomeno di evoluzione di tipo biologico. In ogni caso, il punto essenziale, che fonda un qualunque fenomeno evolutivo è l’esistenza dell’errore di replicazione, che assume valore di necessità, diventa precondizione necessaria e sufficiente per l’evoluzione. Alla base dell’evoluzione c’è l’errore. È indiscutibile che, come già era chiarissimo a Darwin, l’evoluzione ha luogo se e solo se c’è disponibilità di variazione ereditaria nella popolazione-specie. Detto in altri termini, l’unità minima di evoluzione, il cambiamento evolutivo più piccolo, ha luogo solo se si dispone di almeno una variante “erronea” all’interno di una popolazione. Tutta la biodiversità, sotto forma di diversità tra i geni, tra le specie e tra le biocenosi e tutti gli adattamenti osservabili nei viventi sono prodotti dell’evoluzione, derivati, lungo un arco di tempo di oltre 3,8 miliardi di anni, dall’”errore” originario, ripetuto infinite volte e sommato a tutti gli altri tipi di errori distribuiti nella struttura gerarchica del vivente, nel funzionamento dei suoi processi, nella sua storia. 6. La finalità intrinseca allo stato vivente della materia: nascita della funzione Prima di esaminare l’origine della funzione così come s’incarna nel comportamento del DNA, vorremmo indicare, sottolineandola, l’esistenza di una questione che anche se qui non analizzeremo ci sembra tuttavia assai interessante. L’idea è che le basi del DNA con la loro regola di complementarietà, ovvero l’obbligatoria combinazione di basi che si fronteggiano nel DNA, anticipano sul piano ontologico quello che evolutivamente, con l’emergenza del pensiero, del linguaggio e della matematica, sarà assai più tardi la doppia implicazione sul piano della logica naturale e di quella scientifica. Osservando la struttura materiale del DNA relativamente alla regola di appaiamento delle basi azotate si arriva a riconoscervi un principio fonda- S. Forestiero - L’errore e l’evoluzione 143 tivo della logica del vivente; forse, per estensione, della logica tout court, cioè il principio di doppia implicazione. Ovviamente questo: “se … allora …” nel caso del DNA è costituito da proposizioni descriventi lo stato di enti materiali, più precisamente da enunciati sulle relazioni necessarie e sufficienti tra alcuni oggetti-cose (le quattro basi azotate: adenina, timina, citosina, guanine nelle loro condizioni di esistenza nel DNA (“se A allora T”, “se T allora A”, “se C allora G” e “se G allora C”), le sole relazioni che consentendo il comportamento di autosintesi del DNA garantiscono il mantenimento dell’identità e la sua trasmissione nel tempo attraverso la replicazione. Le conseguenze di questa doppia implicazione logica, ci sembrano decisive anche su di un altro piano, in quanto essa apre la strada a un criterio di intellegibilità della nozione di “funzione”. Intendiamo dire che la doppia implicazione logica si trova in enunciati riferentesi a oggetti che, per la prima volta secondo noi, hanno introdotto nel mondo il fenomeno della “funzione” e che ci permettono di comprendere quanto accadde e accade nella materia vivente. Anzi, più in generale, quanto accade in qualsiasi tipo di sistema, anche artificiale, purché incorpori al suo interno gli effetti di un principio finalistico8. Circa il concetto di funzione adottiamo la posizione di Ruth Millikan e appoggiamo la sua difesa del concetto di “funzione propria” di un oggetto (Millikan 1984, 1989). La definizione di funzione propria (proper function) di Millikan è di tipo ricorsivo. In sostanza, un oggetto O possiede come funzione la funzione propria F come propria funzione, se è rispettata almeno una delle seguenti due condizioni: I) O si è originato come riproduzione di un elemento o di più elementi precedenti che, in parte in quanto possessori di proprietà riprodotte e trasmissibili, in passato hanno svolto la funzione F; II) O si è originato come prodotto di un qualche dispositivo storico precedente che, date le circostanze aveva la funzione F come funzione propria 8 A scanso di equivoci, vorremmo chiarire che secondo noi le scienze biologiche possono leggittimamente e utilmente ricorrere alle spiegazioni finalistiche, come stiamo facendo in questo caso, senza cadere nell’antropomorfismo psicologico e senza dovere abbracciare necessariamente le idee di progetto, intenzione o scopo. Tutto ciò a patto di assumere la nozione di funzione in un contesto di naturalismo metodologico e filosofico. Si veda come pietra di paragone l’analisi dettagliata che fa del finalismo Ernst Mayr in Teleologia e teleonomia (Mayr 1983), originariamente pubblicato nel 1974 come Teleological and teleonomic: a new analysis, per i «Boston Studies in the Philosophy of Science», 14: pp. 91-117. 144 Errore e che, in quelle certe circostanze permetteva che la funzione F fosse svolta mediante la produzione di un elemento di tipo O. Come si vede, caratteristica di questa definizione di funzione è la determinazione di una chiusura della relazione causa-effetto (condizione isomorfa a quanto si osserva nel vivente), in quanto la finalità è intrinseca alla materia. In altri termini, i geni ci sono per il funzionamento della cellula e sono kantianamente causa ed effetto di sé stessi. Nel nostro caso, limitando l’analisi alla prima funzione del DNA, l’autoreplicazione, vediamo rispettate entrambe le condizioni indicate dalla Millikan. Conclusioni Abbiamo proposto l’idea che in natura l’errore appaia con la riproduzione del primo vivente e che si diffonda e perpetui nella biosfera e nel tempo primariamente attraverso la replicazione delle molecole informazionali, la riproduzione degli organismi, il loro funzionamento e l’evoluzione delle forme di vita. Per questa ragione, l’errore rintracciabile nelle cose viventi potrebbe essere visto come primo in ordine di tempo e fondamento ontologico, connesso alla funzione, di tutti i tipi di errore, anche di quelli che interesseranno il pensiero e l’azione umana. Sul piano speculativo, l’idea che l’origine della vita, l’origine della finalità e l’origine dell’errore possano essere considerati tre aspetti intimamenti intrecciati di una stessa fenomenologia, facce di un’unica medaglia, è secondo noi plausibile e meritevole di riflessione; un’idea buona da pensare. Ringraziamenti Pur restando responsabile di eventuali errori e omissioni, l’autore ringrazia Francesco Amaldi e Massimo Stanzione per gli utili suggerimenti e i rilievi critici fatti a una prima stesura del lavoro. S. Forestiero - L’errore e l’evoluzione 145 Bibliografia AMALDI F. - BENEDETTI P. - PESOLE G. - PLEVANI P. 2014 Biologia molecolare, 2a ed., Rozzano (MI). FORESTIERO S. 2000 Complessità biologica, in Enciclopedia Italiana, Appendice, Roma, pp. 405-410. MAYR E. 1983 Teleologia e teleonomia: una nuova analisi, in Id. (a c. di), Evoluzione e varietà dei viventi, Torino, pp. 206-238. MILLIKAN R.G. 1984 Language, Thought, and Other Biological Categories. New Foundation for Realism, Cambridge (Mass.). MILLIKAN R.G. 1989 In Defence of Proper Functions, «Philosophy of Science», LVI, pp. 288-302. 146 Errore Tav. 1 (e Tav. 1 bis) - Modello policromo di un breve tratto della doppia elica del DNA; le quattro basi hanno colori differenti Tav. 2 - L’appaiamento tra le basi del DNA segue la regola di complementarietà: A-T; C-G. S. Forestiero - L’errore e l’evoluzione 147 Tav. 3 - La duplicazione semiconservativa del DNA è straordinariamente precisa. Da una singola molecola di DNA (in alto) si ottengono due molecole di DNA identiche (in basso). Ogni nuova doppia elica di DNA è formata da una semielica originaria (semielica stampo, qui in rosso) e da una semielica nuova (semielica neoformata, qui in blu). Tav. 4 - Il codice genetico universale. Le basi azotate si riferiscono a quelle che compongono l’RNA. I codoni (triplette di basi) sono 64 in tutto. Tre codoni (codoni di stop) non codificano di norma per nessun amminoacido ma servono solo a bloccare la traduzione dell’RNA messaggero durante la sintesi delle proteine. Perciò i 20 amminoacidi sono codificati a partire da 61 codoni. 148 Errore Tav. 5 - Mutazione durante la duplicazione del DNA: una base viene erroneamente sostituita con un’altra. Nel disegno, il filamento stampo è in blu, quello neoformato in arancione. In alto: copiatura corretta; in basso copiatura errata per inserzione della base sbagliata (in rosso). Nonostante i meccanismi di controllo e di riparazione degli errori siano altamente affidabili, tuttavia non sono perfetti. Questi meccanismi biomolecolari possono agire sia durante che dopo la duplicazione del DNA. Tav. 6 - Effetto di una mutazione durante la sintesi di una proteina. In alto: filamento singolo di DNA di un individuo sano (sin.), con emoglobina normale, e codone alterato da una mutazione nel DNA di un individuo ammalato (dx). Al centro: RNA messaggero dell’individuo normale (sin.) e del mutante (dx). In basso: situazione finale a livello della catena amminoacidica della proteina sintetizzata; nell’individuo normale (sin.) e nel mutante malato di anemia falciforme (dx). Per altre spiegazioni, si rimanda alla nota 4. Le scritte 5′ (cinque primo) e 3′ (tre primo) si riferiscono alle estremità asimmetriche di un filamento singolo di DNA, o di RNA, indicandone l’orientamento.