Ortofrutticoltura biologica : conservazione delle biodiversità

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REGIONE LIGURIA
valorizzazione produzioni tipiche, lungo tutta la filiera.
P.S.R. 2000-2006 – Reg. CE 1257/99 – Mis. 3.3
.R. 2000-2006 – Reg. CE 1257/99 – Mis. 3.3
IMPIANTO DI UN FRUTTETO SPERIMENTALE DI PERO COLLO
STORTO E PERO BURO', c/o AZIENDA AGRICOLA " LA FELCE" di
MARCESINI ANDREA
Progetto Dimostrativo :
Ortofrutticoltura biologica : conservazione delle biodiversità in situ e
valorizzazione delle produzioni tipiche lungo tutta la filiera
P.S.R 2000-2006, Reg. CE 1257/99, Mis. 3.3
PREMESSA
Il progetto dimostrativo in esame, prevede di lavorare alla conservazione e
valorizzazione della biodiversità orticola e frutticola della Val di Magra, tenuto
anche conto di quanto già ottenuto dalla Cooperativa Fratellanza Agricola nel
biennio 2001-2003.
Infatti il lavoro già svolto sul territorio, ha consentito di individuare diverse vecchie
specie di piante orticole e frutticole, di particolare interesse agronomico e socioeconomico, tra cui possiamo ricordare il Ciliegio Durona Sarzanese, il Melo Rotella,
il Pesco Birindella, il Susino Massina, il Fagiolo Lupinaro, lo Zucchino Alberello di
Sarzana etc.
Pertanto a partire da quanto ottenuto abbiamo iniziato ad approfondite le tematiche
della conservazione e valorizzazione di tale patrimonio. Questo verrà condotto
innanzitutto attraverso il mantenimento in purezza e l’incremento della stabilità
genetica degli ecotipi sopra elencati.
Il mantenimento delle biodiversità in sito, valorizza l’intero comparto agricolo
locale, con ovvi riflessi positivi soprattutto in termini di qualità delle produzioni.
Questa azione, inoltre, può rappresentare per gli addetti al settore, anche dal punto di
vista economico, una buona prospettiva per la ripresa del comparto ortofrutticolo.
Sono stati contattati tre produttori interessati ad coinvolgimento diretto nel progetto
stesso, Andrea Marchesini, Vincenzo Cibei e Giacomo Bandone, che hanno offerto la
loro disponibilità per un impianto di frutteto all’interno delle loro aziende dove poter
effettuare divulgazione di tecniche di agricoltura biologica.
L’azienda agricola “La Felce”, di Andrea Marchesini è la prima azienda pilota in cui
realizzato un frutteto di Pero Burò e Pero Collo Storto, mentre gli altri due produttori
dovranno attendere l’anno 2006 in quanto le piante da loro scelte per l’arboreto
(Ciliegio Durona Sarzanese e Pesco Birindella) non sono attualmente disponibili.
Questa fase del progetto offre non solo la possibilità di applicare tecniche di
agricoltura biologica sensibilizzando i produttori stessi, ma anche di continuare il
ripristino della biodiversità nell’area interessata.
P.S.R. 2000-2006 – Reg. CE 1257/99 – Mis. 3.3
1. DESCRIZIONE DELL’AZIENDA
L’AZIENDA
AGRICOLA
“LA
FELCE” di Marcesini Andrea è sita nel
comune di Ortonovo, in provincia di La
Spezia.
Si estende su una superficie totale di
oltre 50.000 mq. di cui circa 35.000
coltivati a vite e 15.000 destinati alla
coltivazione di frutta e ortaggi.
La conduzione è di tipo familiare tant’è
vero che la grande passione nei confronti
del settore agricolo, fa si che il giovane
Andrea subentra come titolare, nel 1998
al nonno Renato, proprietario sin dal
1952.
Al fine dell’attività progettuale, la grande
tradizione ortofrutticola di casa Marcesini,
tramandata di padre in figlio, ha giocato un
ruolo chiave durante la scelta delle aziende
partecipanti.
Inoltre, Andrea, è particolarmente attento al
recupero e alla valorizzazione di piante
arboree frutticole, senza tralasciare il fatto
che attualmente è al lavoro con una selezione
di Vermentino e con la coltivazione di viti
Massaretta in purezza.
2. Le varietà scelte per l’impianto
IL PERO BURO’
Specie da frutto appartenente alla famiglia delle Rosacee, il pero Burò rappresenta un
ecotipo della Val di Magra. Forma conica nei primi anni e tendenzialmente globulare
nella maturità; se lasciata crescere liberamente può raggiungere altezze superiori ai
10 m. Foglie ovali con margine crenato, verde scuro nella pagina superiore e chiaro
in quella inferiore. La forma del frutto è diversa da quella piriforme tipica (esempio
William), assumendo un aspetto più irregolare e schiacciato. Varietà a maturazione
estiva.
IL PERO dal COLLO STORTO o MIRANDINO ROSSO
Specie da frutto appartenente alla famiglia delle Rosacee, rappresenta un ecotipo
della Val di Magra, come il Pero Burò. Forma caratteristica del frutto, piriforme
molto allungato, di dimensione piccola e pigmentato di giallo con sfumature rosse più
marcate con l’avanzamento della maturazione. Varietà a maturazione estiva (fine di
giugno-inizi di luglio), non molto conservabile nel tempo.Come il Pero Burò, in
passato veniva utilizzato non solo per l’approvvigionamento familiare ma anche per
delimitare i confini poderali.
3. TECNICA COLTURALE
Propagazione : è stata utilizzata la propagazione agamica per innesto a triangolo a
fine febbraio dell’anno 2004. Alternativa possibile sarebbe stato l’ innesto a gemma
dormiente nei mesi di agosto-settembre.
Ambiente pedoclimatico : le colture in esame prediligono un clima temperatofresco, rifugendo sia dai forti freddi che dalle elevate temperature estive e dalla
siccità.
Nei riguardi dei freddi invernali, le piante risultano più sensibili del melo. Le brinate
primaverili sono molto pericolose; le temperature critiche al di sotto delle quali si
verficano danni, sono di –2, -4 °C nello stado dei bottoni fiorali, di –1,5, -2,5 °C in
piena antesi e –1, -2 °C a frutticini allegati. Oltre a danneggiare le gemme mosse e gli
organi fiorali compromettendo l’allegagione, le gelate possono indurre caratteristiche
alterazioni sui frutti quali ruggine e anelli da gelo, macchie tuberose e deformazioni.
Nel periodo estivo una forte insolazione può danneggiare i frutti delle parti della
chioma esposte al sole.
Le zone collinari della bassa Val di Magra, risultano essere particolarmente idonee
per lo sviluppo del pero Burò e del Mirandino Rosso, ma anche il terreno scelto, se
pur localizzato in pianura, possiede le caratteristiche necessarie per la coltivazione in
esame.
Forma d’allevamento consigliata e sesto d’impianto: accanto a forme
d’allevamento ormai superate si stanno diffondendo nuove forme come la palmetta
libera, fusetto, cordone verticale ed ipsilon trasversale. Tali forme favoriscono tramite
una riduzione degli interventi di potatura nella fase di allevamento, una più rapida
entrata in produzione.
Nel nostro caso si potrà adottare un sesto d’impianto di m 4 x 4 o m 4 x 4,5 sulla fila,
allevando le piante a fusetto o a piramide (Figura 1), forme che assecondano il
portamento naturale della pianta e permettono di contenere l’altezza intorno ai tre
metri, onde migliorare la resa oraria delle operazioni colturali. Le piante assumeranno
un aspetto “singolo” e questo consentirà una migliore penetrazione della luce sulla
fila fra pianta e pianta. La forma a piramide, se pur superata, è la forma
d’allevamento che maggiormente venne adottata anche in passato nelle nostre zone.
Fig.1: schema della struttura scheletrica di piramide di pero, alla fine della fase di allevamento.
Alternativa che potrebbe essere adottata è la forma a palmetta irregolare “Baldassari”
(Figura 2), molto indicata per il pero, con sesto d’impianto di 4 m. sulla fila e 3,4 m.
tra le file. Essendo una forma appiattita consente una più rapida entrata in
produzione, riduzione dei costi colturali ma il frutteto risulterà meno longevo.
Fig.2: schema della palmetta “Baldassari”, primo- secondo e terzo anno d’impianto
In un primo momento saranno messe a dimora rispettivamente 20 piante di Pero Burò
e 20 piante di Pero dal Collo Storto, anche se come visionabile in Figura 3 la
particella n. 152, di mq. 2050,5 destinata all’intervento, è stata predisposta per
ulteriori 40 piante che saranno probabilmente piantumate nell’anno 2006.
Il terreno è sito in località Luni Antica, nel comune di Ortonovo.
Fig.3: planimetria del terreno oggetto dell’intervento, scala 1: in disegno originale.
Esigenze nutritive : in base ad una dettagliata analisi del terreno d’impianto,
effettuata dal Laboratorio Analisi Terreni e Produzioni Vegetali di Sarzana (SP), è
stato possibile definire un piano di correzione inerente alla coltura in esame. Il suolo
di granulometria franco sabbiosa (Figura 3), sub alcalino (pH 8), presenta un
contenuto in sostanza organica molto bassa, insufficiente, e scarso per quanto
riguarda il Potassio mentre buono per Magnesio, Calcio e Fosforo.
Pertanto nei 2000 mq. di frutteto, saranno somministrati, frazionando gli apporti
nutritivi a seconda delle diverse fasi fenologiche delle piante nel corso dell’anno, 16
Kg di Azoto, 8 Kg di Fosforo e 26 Kg di Potassio, uniti ad un consistente apporto di
sostanza organica sotto forma di letame o altro in proporzione. Sarà indispensabile
per aumentare l’apporto in sostanza organica, attuare tecniche agronomiche a cadenza
pluriennale, come il sovescio. Anche l’inerbimento del terreno contribuirà ad
aumentare lentamente il tenore in humus.
Fig.3: Triangolo della tessitura, terreno per l’impianto del frutteto; franco sabbioso 56,4 % sabbia e 11,9% argilla.
4. Modalità d’impianto
L’impianto del nostro frutteto richiede l’esecuzione di una serie di una serie di
operazioni preliminari attuabili al terreno, al cui completamento seguiranno altre
specifiche operazioni relative alla messa a dimora degli astoni.
Operazioni preliminari: comprendono fondamentalmente la sistemazione del
terreno, lo scasso integrato dalla concimazione di fondo e seguito da lavorazioni atte
ad affinare le zolle, la squadratura dell’appezzamento e la formazione delle buche.
La sistemazione del terreno ha lo scopo di livellare adeguatamente la superficie onde
favorire un rapido sgrondo delle acque anche se il terreno in esame tendenzialmente
sabbioso, non avrà questo problema. Ma nelle operazioni di livellamento dovremmo
tener presente anche le nostre esigenze relative al sistema di irrigazione adottabile.
Essendo la particella in esame, confinante con un canale d’irrigazione, sarà utilizzato
il sistema d’irrigazione per scorrimento e in questo caso il terreno destinato a frutteto
sarà dotato di scoline marginali confluenti nei fossi collettori.
La lavorazione di fondo integrata da un’adeguata concimazione, può essere
rappresentata da uno scasso oppure da un’aratura più profonda di quella
comunemente eseguita per una coltura erbacea. Questa fondamentale operazione ha
lo scopo di aumentare sia la porosità del terreno, sia lo strato utilizzabile dalle radici.
La concimazione d’impianto si esegue in contemporanea alla lavorazione di fondo,
allo scopo di arricchire di sostanza organica ( di cui il nostro terreno è deficitario) e di
elementi nutritivi, gli strati meno superficiali del ostro arboreo. La somministrazione
di letame è stata estremamente utile: i suoi benefici effetti sulla struttura e sulla flora
microbica del terreno sono, infatti, elementi indispensabili per la buona riuscita
dell’arboreto.
La squadratura dell’appezzamento è stata eseguita mediante corda metrica,
orientando il futuro frutteto a nord-sud onde favorire una equilibrata illuminazione
delle piante.
La formazione delle buche è stata eseguita con una trivella, formando singole buche
di misura cm. 40 x 40 in corrispondenza di ogni picchetto posato in precedenza.
Messa a dimora: gli astoni già innestati e
radicati sono stati messi a dimora prima
della ripresa vegetativa primaverile, al fine
di risentire meno della “crisi” di trapianto.
Al momento della messa a dimora, le
giovani piante sono state sottoposte alla
pulizia dell’apparato radicale mediante
l’eliminazione delle radici rotte e di quelle
eccessivamente sviluppate.
L’astone è posto nella buca con l’accortezza
di mantenere il colletto appena affiorante e
intendendo effettuare una concimazione
organo-minerale localizzata è stato
necessario evitare il contatto diretto delle
radici con il concime: il fondo della buca
con il concime è stato pertanto ricoperto da
un piccolo strato di terra normale.
Le giovani piantine messe a dimora,
saranno successivamente sottoposte alle
dovute cure come concimazioni localizzate,
irrigazioni,
trattamenti
antiparassitari
ammessi
in
agricoltura
biologica,
operazioni di potatura di formazione.
Fig. 5: Astone di pero Burò messo a dimora.
Fig.4: Astone di pero Collo Storto messo a dimora.
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