6 ANNO LITURGICO La Voce dei Berici Domenica 20 febbraio 2011 Parola di Dio VII Domenica del Tempo Ordinario Siate perfetti come il Padre vostro Letture: Levìtico 19,1-2.17-18; Salmo 102; I Lettera di S. Paolo Ap. ai Corinzi 3,16-23; Matteo 5,38-48 vete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. A on il brano evangelico di questa domenica, Gesù completa la sua richiesta ai discepoli di realizzare una «giustizia superiore» a quella della Legge e dei comandamenti per come erano stati interpretati fino ad allora. Egli chiede di vivere la “nuova” giustizia nelle relazioni tra fratelli, ed è per questo che sostituisce la legge del taglione con quella della mitezza e completa la legge dell’amore al prossimo con il precetto dell’amore ai nemici. La legge che stabilisce per un delitto compiuto una pena tale e quale, non risolve il male: lo raddoppia! Gesù propone al discepolo di vincere il male ricevuto da un uomo, restituendogli del bene; invita a rinunciare alla vendetta e alle rivendicazioni, a reagire senza violenza; suggerisce di fare qualcosa di inatteso ed inaspettato che possa sorprendere e “disarmare” il fratello. Il comandamento dell’amore al prossimo (in nessuno testo dell’Antico Testamento è prescritto di odiare il nemico, ma evidentemente una certa tradizione interpretativa aveva prevalso), viene precisato da Gesù con il comando “nuovo” di amare i nemici e di pregare «per» loro, non “contro” di loro. È così che i figli di Dio camminano verso la somiglianza al loro Padre, ed imparano l’umana e possibile perfezione nell’amore! Nicoletta Fusaro C “Sacro Cuore”, A. Belmonte, pastoral care S. Ann Parish, immagine digitale. Gesù, modello di umanità nuova, insegna ai suoi discepoli il comandamento dell’amore. È la nuova legge del Vangelo che sostituisce per sempre la legge dell’uomo vecchio: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Non possiamo non rimanere turbati anche oggi ascoltando ciò che ci domanda. Mons. Giandomenico Tamiozzo commenta su TvA il Vangelo della Domenica sabato sera alle ore 20.30 e domenica alle ore 13. I segni della liturgia Il commento di don Gaetano Comiati La logica dello stupore ci può convertire «Quanto dista l’Oriente dall’Occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono»: l’infinitamente grande della misericordia di Dio (oriente-occidente) si esprime nell’infinitamente piccolo di un gesto di tenerezza (padrefigli). Non diversamente da quello che avviene quando le nubi si addensano e promettono di scendere sulla terra. In ogni goccia di pioggia è una goccia di cielo, che cade così sui giusti e sugli ingiusti, rivelando la segreta speranza che muove il cuore di Dio. C’è da rimanere basiti davanti alla densità amorosa delle azioni e delle parole compiute da Cristo. Piovono improvvise, fitte e pazienti, scroscio che sorprende il viandante, scompiglia il mercato, fa ritirare il bucato alla massaia, indispettisce la compostezza del fariseo, diverte i bimbi che giocano sulla strada. Gesù chiede di compiere qualcosa di molto piccolo e altresì straordinario, di spalancare un orizzonte inesplorato tra le pos- sibilità dell’ordinario. Il mondo è ancora tutto da immaginare, non va ricalcato come fosse infinitesima copia di se stesso. Ma c’è da abbandonare quella rassicurante logica di reciprocità che nasconde il nuovo. “Quello che tu fai a me, io lo faccio a te; quello che io faccio a te, tu fallo a me”: no, non è questo Vangelo! Questa è notizia antica come il mondo. Il Vangelo rompe con l’ordine rigido, schematico, speculare, infrange la dinamica replicativa per cui al bene rispondo con il bene e al male con il male. “Fai un passo oltre”, dice il Signore. “Inventa una strategia nuova, crea una strada che non è mai stata: ecco, sarai perfetto come perfetto è il Padre celeste”. Il mondo invecchia, altrimenti, si consuma nei rancori inespressi, deteriora nelle rabbie sottili, rimane uguale a se stesso. Metti in scacco il tuo carceriere con il guizzo della tua libertà. Fai così: porgi l’altra guancia, dai anche il mantello, aggiungi un altro miglio. Il tuo nemico strabuzzi gli occhi, il tuo avversario rimanga senza pa- role, il tuo padrone ti cammini accanto domandandosi della tua follia. E se ai più, ai sapienti, agli intelligenti, ai grandi di questo mondo, la proposta sembrasse debolezza - o ancor meglio - stupidità, nessuna paura: stupore e stupidità, da questo punto di vista, sono parenti assai prossimi. Perché da lì nasce una bontà disarmante. Nessuna lama, nemmeno quella brandita da Pietro nella notte del rinnegamento, può tagliare la spirale della violenza insita nelle relazioni umane. Il sopruso genera sopruso: chi di spada ferisce di spada perisce. Gesù smaschera l’apparente efficacia della vendetta che dilania le nostre famiglie, i vicini di casa e i colleghi di lavoro, i confratelli e le consorelle di ogni dove, città, casa, ufficio, canonica e monastero. Riporta la Chiesa alla perfezione di Dio, certosino e instancabile cesellatore di novità. I nemici esitono. I persecutori esistono. Solo una logica ci può convertire; quella che raggiunge il mondo ad ogni Eucarestia: la logica dello stupore. L’uso dell’incenso La venerazione dell’altare, oltre che con il bacio, può prolungarsi con l’incensazione. Si tratta di un gesto semplice (si brucia, in un apposito contenitore, incensiere o turibolo, una resina che provoca un fumo profumato) ma di alto significato simbolico: l’incenso, bruciando si consuma, il fumo sale verso l’alto e il profumo emanato pervade l’ambiente. Il salire verso l’alto è visto dalla Bibbia come immagine della preghiera del credente che sale verso il cielo: «Come incenso salga a te la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera» (Sal 141,2). Incensare è, dunque, preghiera in azione. Nel libro dell’Apocalisse vi è un chiaro paragone tra la preghiera e l’incenso: «Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono. E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi» (Ap 8,1-4). L’incenso, poi, è espressione di onore e di adorazione (cf l’episodio evangelico dei magi: Mt 2,2.11), e, quindi, di riconoscimento di una qualche particolare forma di presenza di Dio in chi o in ciò che si incensa: per questo, oltre l’altare, si incensa il sacerdote, il libro della Parola, la croce, e la stessa assemblea riunita, vera immagine della Chiesa in cui è presente il suo Capo e Signore. Un ulteriore significato viene dal fatto che questo «fumo che sale» ha un buon odore. San Paolo ricorda che, quando si vive la carità, il soave odore della vita dei cristiani si espande: «Fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,12); «Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo» (2 Cor 2,15). Dunque, sotto questo profilo, l’incenso viene utilizzato come espressione dell’atteggiamento di offerta di sé dei credenti davanti a Dio, a imitazione del loro Signore e Maestro; Infine, l’essere bruciato per poter produrre il proprio buon profumo, è un ulteriore rafforzamento del carattere di sacrificio che l’offerta di sé comporta: come infatti i grani aromatici si consumano nel fuoco e in questa maniera emettono un piacevole profumo, così l’intera vita dei credenti è gradita a Dio, se accetta di consumarsi ogni giorno nel sacrificio e nel dono. don Pierangelo Ruaro 18 febbraio: S. Francesco Regis Clet 22 febbraio: Cattedra di San Pietro 23 febbraio: San Policarpo Ordinato nel 1773, appartiene alla Congregazione della Missione, fondata da S. Vincenzo de' Paoli. Fu missionario in Cina. La ricorrenza mette al centro la missione affidata da Gesù a Pietro. La storia ci ha tramandato l'esistenza di due cattedre dell'Apostolo. Nato a Smirne nell'anno 69 fu dagli Apostoli stessi posto in qualità di vescovo per l'Asia nella Chiesa di Smirne.