Marco Bascetta: si può criticare Saviano?
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Il libro di Alessandro Dal Lago pubblicato da manifestolibri di critica a Roberto Saviano, Eroi di carta,
ha innescato una serie di polemiche furiose tanto a destra (la finiana Farefuturo) quanto a sinistra
(Flores DArcais su Micromega e Sofri su Repubblica).
Il dibattito è aperto. Qui sotto una replica alle critiche del direttore di manifestolibri Marco Bascetta.
Eroi di carta
La libertà negata di criticare Saviano
di Marco Bascetta *
Perché manifestolibri ha voluto pubblicare una decisa analisi critica (seria, rigorosa e diffusamente
argomentata, come da più parti è stato riconosciuto) di Gomorra e di numerose, successive, prese di
posizione pubbliche del suo autore, Roberto Saviano?
Ci sono diverse ragioni. La prima può essere messa in chiaro dal passo di un articolo che attacca
furiosamente Eroi di carta, il libro di Alessandro Dal Lago edito da manifestolibri, pubblicato sul
periodico della fondazione finiana Farefuturo: «Un paese che non ha bisogno di eroi è un paese che
non ha esempi da seguire, che rinuncia a guardare il futuro con la speranza del cambiamento».
Da un siffatto «futuro», carico di richiami arcaici e inquietanti modelli, volentieri ci teniamo alla
larga. È la discussione democratica, il confronto tra posizioni diverse, lesercizio dello spirito critico e
non lemulazione di santi, martiri ed eroi a fare crescere una collettività. E, forse suo malgrado,
Saviano è stato risucchiato proprio in questo genere di tristi retoriche che non vorremmo veder
tornare a prevalere. È vero e molto rilevante il fatto che Roberto Saviano sia minacciato, esposto, in
una pesante condizione di rischio.
Questo dovrebbe spingere a proteggerlo, a cercare di assicurare rapidamente alla giustizia coloro
che lo minacciano, a bandire i politici che si avvalgono dellappoggio delle mafie. Ma non è in nessun
modo un argomento che renda indiscutibili le sue «verità», inconfutabili le sue affermazioni,
incontestabile la sua interpretazione del fenomeno camorra, sublime la sua scrittura.
Certamente Berlusconi e lineffabile Fede hanno attaccato Saviano piuttosto volgarmente (con
argomenti, precisa la stampa di destra, del tutto diversi da quelli del sovversivo Dal Lago), quando
larbitrio e le opportunità del momento hanno suggerito loro di farlo, come in passato gli avevano
suggerito di apprezzare lo scrittore campano e in futuro potranno tornare a suggerirglielo.
Dobbiamo allora subordinare le nostre riflessioni e i tempi della loro espressione alle mutevoli
esternazioni del cavaliere e della sua corte? E, del resto, quanti danni ha fatto la logica secondo cui
«il nemico del mio nemico è mio amico»? Anche Adriano Sofri non dovrebbe averlo dimenticato.
Ricorderà, spero, gli «amici» assai poco presentabili scelti da certo antiamericanismo. Se dovesse
essere questo, come purtroppo sembra, uno dei principi dellantiberlusconismo odierno (da Di Pietro
a Murdoch?) lo considererei una grave iattura, per non dire di peggio.
E, tuttavia, non si può negare che Saviano abbia meritevolmente attirato lattenzione di una vasta
opinione pubblica sulla criminalità organizzata in Campania. Ma si potrà pur ritenere,
argomentandolo, che lo abbia fatto in forme spesso discutibili e che il mito che gli si è costruito
intorno abbia indotto più a una sorta di innocua tifoseria (come dimostrano molte reazioni alle
critiche di Dal Lago, emotive e del tutto ignare delle sue motivazioni) che allimpegno politico e
sociale o alla comprensione di una realtà complessa e contraddittoria come quella meridionale.
Come avranno letto Gomorra dalle parti della Lega? È lecito discuterne? Manifestolibri pensa di sì.
È abbastanza evidente che la questione vada ben oltre il caso di Gomorra e del suo autore. Ma,
allora, ci si chiederà, perché prendersela proprio con Saviano, viste le numerose controindicazioni?
Perché ciò che si è raggrumato intorno alla sua figura è lesempio più vivido, e al tempo stesso più
scomodo, di mito che si sostituisce al ragionamento, di predicazione che prende il posto dellanalisi,
di moda che subentra alla convinzione, in un paese in cui tutto ciò che non avviene sotto i riflettori, o
nel regno delle alte tirature, semplicemente non esiste, e tutto ciò che da questi è invece illuminato
assume i tratti incontestabili della verità e delloggettività, di un ordine invalicabile del discorso.
In un paese in cui il darsi sulla voce nei talk show è diventato la quintessenza dellagire comunicativo
e lesercizio della critica impiegando strumenti culturali non banali, una colpevole perdita di tempo.
Così, almeno, sembra pensarla Paolo Flores dArcais che tuttavia ha inspiegabilmente sottratto una
frazione (speriamo limitata) del suo prezioso tempo per mettere allindice (quello dei libri proibiti) su
tre colonne del Fatto quotidiano un libro che non ha letto e non intende leggere.
Si possono condividere (e io personalmente le condivido), smontare o respingere le critiche che Dal
Lago rivolge allepopea di Gomorra, ma non censurarle o relegarle nella categoria, che a sinistra non
dovrebbe avere cittadinanza, della bestemmia. Sono, alla fine, proprio queste reazioni, le quali
rivelano una «sinistra» impregnata della retorica degli exempla virtutis, sempre più disposta a
sacrificare la comprensione delle radici (legalissime e beneducate) dellingiustizia allindignazione del
telespettatore, alle emozioni forti del suddito in cerca di protezione (che è ben diverso dal cittadino
in cerca di sicurezza), a testimoniare della necessità di confrontarsi con i temi importanti che Dal
Lago pone.
Qui a Berlusconia, tra fandonie e miti, tra spettri ed epifanie del Maligno, tra risentimenti e
narcisismi (non stiamo più parlando, sia chiaro, di Saviano, ma dei fustigatori di Dal Lago) è in corso
da un pezzo una vera e propria guerra allintelligenza, dove ogni ragionamento di un qualche
spessore è tacciato di sabotaggio o di spregio dellumore popolare.
Un antico scrittore puritano americano diceva che quanto più sei colto, arguto, intelligente, tanto più
sei pronto a lavorare per Satana (la camorra?). Attenetevi dunque alle sacre scritture, ai sentimenti
«sani», allammirazione della Virtù. Che questo imperativo provenga dalla sinistra la dice lunga sullo
stato in cui versa.
Per quanto ci riguarda continueremo a cercare di comprendere il mondo che ci circonda, a
pubblicare e leggere libri che ci aiutino a farlo, anche a costo di mettere in questione, magari
giovandogli, qualche idolo popolare.
* direttore editoriale manifestolibri
(da www.ilmanifesto.it uscito sul manifesto del 30 maggio 2010)
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