UNIVERSITA` DEGLI STUDI DI BARI I NUOVI CRITERI DI

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI
FACOLTA’ DI ECONOMIA E COMMERCIO
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO
I NUOVI CRITERI DI IMPOSIZIONE
DEGLI ATTI GIUDIZIARI
RELATORE:
Chiarissimo Prof.
Domenico Ciavarella
LAUREANDO:
Sig. Angelo de Gennaro
ANNO ACCADEMICO 2002 - 2003
INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO I
L’IMPOSTA DI REGISTRO
1. Natura giuridica dell’Imposta di Registro.
9-20
2. La
21-27
riscossione
Rivoluzione
dell’Imposta
giurisprudenziale
di
Registro.
della
Corte
Costituzionale.
CAPITOLO II
LE NUOVE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE IN MATERIA DI
SPESE DI GIUSTIZIA
1. Dal groviglio normativo e giurisprudenziale di
oltre
un
secolo
al
quadro
normativo
28-36
e
regolamentare unitario ed armonico.
2. Il fondamento giuridico del Testo Unico delle
36-43
disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia.
3. L’imposizione tributaria sugli atti giudiziari.
44-51
CAPITOLO III
IL CONTRIBUTO UNIFICATO PER LE SPESE DEGLI ATTI
GIUDIZIARI
1. Il percorso evolutivo del Contributo Unificato
52-58
dalla sua nascita all’entrata a regime.
2. Le ragioni dei cambiamenti.
59-72
3. Le basi oggettive in sede di assorbimento del
72-82
bollo ed altri diritti in una tassa unica sul valore.
4. L’ambito
di
applicazione
del
Contributo
82-99
Unificato, le modalità di pagamento e la
riscossione coatta.
5. Le esenzioni dal Contributo Unificato per
99-103
materia e per valore della causa.
CAPITOLO IV
IL CONTRIBUTO UNIFICATO NEI VARI PROCESSI
SECONDO IL NUOVO ORDINAMENTO GIURIDICO
1. Il Contributo Unificato nella giustizia ordinaria: 104-119
processo civile e processo penale.
2. Il Contributo Unificato e la giustizia speciale: 119-125
processo amministrativo, contabile e tributario.
3. Il Contributo Unificato in sede di procedure 125-131
concorsuali.
CAPITOLO V
LE COMPETENZE RESIDUALI DEI TRIBUTI SOPPRESSI E
GLI ALTRI TRIBUTI SOPRAVVISSUTI
1. L’imposta di bollo ed i diritti soppressi nelle 132-136
procedure ante-marzo 2002 e gli altri casi.
2. I diritti di copia per uso privato.
2
136-140
3. Le spese degli Ufficiali Giudiziari.
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
3
140-145
INTRODUZIONE
Il presente lavoro si propone di esaminare criticamente un
aspetto dell’imposizione tributaria del nostro Stato. Si prende qui
in esame un aspetto dell’imposizione tributaria assai delicato,
come vedremo nel corso del presente lavoro: la giustizia.
Nell’esercizio di una delle pubbliche funzioni per
eccellenza, appunto la giustizia, lo Stato consuma una parte della
propria ricchezza che ottiene, sappiamo, mediante le proprie
entrate patrimoniali tributarie ed extratributarie.
Le entrate extratributarie occupano tendenzialmente una
fetta sempre meno importante della parte attiva del bilancio dello
Stato a causa della retrocessione della presenza dello Stato
moderno nell’economia, dovuta anche alla partecipazione ad una
unione di stati (la Comunità Europea) che in questa direzione ha
orientato l’economia dei propri stati membri.
Allora vi è una maggiore attenzione da parte dello Stato
alla spesa ed alle entrate tributarie. Trattando di entrate tributarie
lo Stato deve fronteggiare da un lato i propri bisogni, anche a
causa della diminuzione dei proventi extratributari, ma d’altro
4
lato deve anche badare al quantum di ricchezza sottratta
all’economia del paese. Aggiungasi che il contribuente, a fronte
di quanto avrebbe corrisposto coattivamente allo Stato,
pretenderebbe una funzione pubblica o un pubblico servizio di
buona qualità. Riassumendo lo Stato avrebbe: a) una crescente
domanda di qualità dei servizi; b) una minore disponibilità
liquida; c) la necessità di intralciare meno possibile l’economia
dei privati, se non addirittura di sostenerla.
Dal lato della giustizia, lo Stato avrebbe cercato di far
fronte a queste contingenti esigenze mediante l’emanazione di un
Testo Unico avente finalità di armonizzazione e riordino di una
normativa frammentata, disorganica, lacunosa sotto certi aspetti
ed ingolfata di disposizioni, non sempre coordinate, sotto certi
altri aspetti.
Con l’occasione si sarebbe cercato di snellire sia l’attività
degli uffici giudiziari, sia quella degli utenti-contribuenti così
creando economie per ambo le parti, soddisfacendo le esigenze
delle
economie
dei
privati
e
quelle
della
pubblica
amministrazione.
Il testo unico innanzi citato si occupa sostanzialmente della
materia delle spese di giustizia in senso lato, comprendendo
5
anche il prelievo tributario sulla giustizia che è poi l’oggetto di
questo studio.
La trattazione comincia con l’esame dell’imposta di
registro che pur non essendo una mera imposta sugli atti
giudiziari, non colpisce in maniera sistematica tutti gli atti
giudiziari, ma soltanto quelli tassativamente previsti dal testo
unico sull’imposta di registro ed aventi tutti il carattere della
patrimonialità.
La trattazione continua soffermandosi sul passaggio dalla
vecchia alla nuova normativa e sulla presentazione tecnicogiuridica ed economica del testo unico. Con l’occasione si è
anche argomentato circa la fiscalità sugli atti giudiziari, così
disquisendo sulla natura del prelievo tributario sulla giustizia
nell’ambito della normativa previgente e nel diritto vivente.
Una importante parte del presente lavoro è dedicata al
contributo unificato sugli atti giudiziari. Questa nuova tassa ad
valorem, commisurata al valore della causa, è la vera novità del
nuovo corso. Essa assorbe taluni tributi in un’unica tassa
semplificando di gran lunga la vita di uffici pubblici e privati.
Del contributo unificato si dice del lungo escursus
legislativo subito prima della sua decisiva entrata in vigore. Per
6
meglio comprenderne la propria portata si è analizzato ogni
cambiamento subito durante la sua gestazione, curando appunto
le ragioni dei cambiamenti.
Così si entra nel merito della nuova tassa con una analisi
tecnico-giuridica della medesima, confinando l’ambito di
applicazione, definendo le modalità di pagamento e le modalità
di riscossione della tassa nel caso di omesso o irregolare
pagamento.
Meritevole di analisi è stata anche la disciplina delle
esenzioni. Importante lo è stata anche in ragione del fatto che,
l’esenzione dal pagamento della tassa, comunque rende il fatto
impositivo ricompreso nella nuova disciplina e, pertanto, non
soggetto alla vecchia normativa sul bollo e gli altri diritti
soppressi che pur sopravvivono in ipotesi marginali.
Senza perdersi nel tecnicismo giudiziario si percorre
l’introduzione del nuovo tributo nell’ambito dei procedimenti
giudiziari ordinari civile e penale. Senz’ombra dubbio il
procedimento civile è quello che più è stato interessato dal
cambiamento
unitamente
al
procedimento
giudiziario-
amministrativo del complesso TAR-Consiglio di Stato.
7
Un altro procedimento giudiziario coinvolto nella riforma
è quello connesso alle procedure concorsuali di diritto
fallimentare che, seppur di diritto di procedura civile, assume una
veste con una propria particolare connaturazione.
I procedimenti speciali contabile e tributario restano avulsi
dalla riforma ed anche di loro si è trattato unitamente alla
casistica di sopravvivenza della trascorsa normativa.
8
CAPITOLO I
L’IMPOSTA DI REGISTRO
SOMMARIO: 1. Natura giuridica dell’Imposta di Registro; 2. La
riscossione dell’Imposta di Registro. Rivoluzione giurisprudenziale della
Corte Costituzionale.
1. Natura giuridica dell’Imposta di Registro.
L’imposta di registro ha origine dall’esigenza, molto antica
e di carattere extrafiscale, di documentare i rapporti giuridici e
ciò accadeva conservando i relativi atti scritti in pubblici archivi
con una procedura facilmente collegabile ad una qualche forma
di imposizione tributaria.
Gradualmente, nel tempo, con l’obbligatorietà della
registrazione e la commisurazione via via più marcata del
prelievo fiscale ai corrispettivi contrattuali, o addirittura ai valori
correnti dei beni trasferiti, l’istituto ha assunto le caratteristiche
di una vera e propria imposta.
Si tratta di un tributo giustificato dal contenuto
patrimoniale degli atti soggetti a registrazione, tanto è vero che
9
l’imposta di registro costituisce il caso tipico delle cosiddette
“imposte sui trasferimenti di ricchezza”.
In merito alla natura del tributo, esso è da annoverarsi tra
le imposte indirette, quali tradizionalmente intese, perché mira a
colpire una manifestazione indiretta di capacità contributiva. Per
quanto concerne la denominazione di imposta, sarebbe forse il
caso di esaminare se, secondo la dottrina tradizionale in materia
di diritto tributario, non trattasi, invece, in alcuni casi di tassa.
Comunque, fatte salve tutte le considerazioni del caso, la
questione è stata risolta dal legislatore che agli articoli 1, 40 e 41
del D.P.R. n. 131/1986, che fondamentalmente disciplina
l’imposta in trattazione, l’ha definita imposta (anche quella
dovuta in misura fissa).
L’imposta è disciplinata dal Testo unico approvato con
D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 e si propone di colpire tutti gli atti
scritti a contenuto patrimoniale formati nel territorio dello Stato.
Precedentemente, l’imposta di registro era disciplinata dal
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, rispetto al quale il nuovo testo
unico ha introdotto innovazioni non trascurabili appunto
attraverso norme correttive ed integrative, eliminando quelle
10
passibili di censura di legittimità costituzionale ed accogliendo
l’autorevole giurisprudenza formatasi per talune questioni.
“L’oggetto dell’imposta di registro è evidentemente
connesso alla registrazione ed essa colpisce con l’imposta
proporzionale o con imposta fissa essenzialmente gli atti scritti
formati nel territorio dello Stato e, solo eccezionalmente, alcune
convenzioni verbali che, con la presentazione di una prescritta
denuncia, assumono la qualità di atto (art. 12 co. 3° D.P.R. n.
131/1986)”1.
Sotto il profilo teorico, l’imposta di registro assolve alla
propria funzione di prelievo tributario e la registrazione
costituisce un pubblico servizio consistente nell’annotazione nei
pubblici registri, nella conservazione degli atti, nel rilascio di
copie delle scritture private e nell’attestazione della loro
esistenza.
In astratto l’imposta dovrebbe applicarsi a tutti gli atti
formati per iscritto nel territorio dello stato ed aventi il carattere
della patrimonialità, pur se in concreto però, numerose previsioni
estromettono dalla sfera applicativa dell’imposta la maggior parte
1
NASTRI L., L’imposta di registro e le relative agevolazioni, in Teoria e pratica del
diritto, Sez. V – 12. Diritto Tributario, Giuffrè, Milano 1990, pag. 11.
11
degli atti ricorrenti nella prassi commerciale e professionale, in
virtù, per esempio, dell’esclusione dell’imposta proporzionale di
registro sugli atti aventi ad oggetto operazioni soggette all’I.V.A.
oppure in virtù dell’assoggettamento ad imposta solo in caso
d’uso.
Riguardo la specifica trattazione in argomento, l’art. 8
della parte prima (atti soggetti a registrazione in termine fisso)
della tariffa allegata all’articolato del testo unico prevede
l’assoggettamento all’imposizione degli atti emessi dall’autorità
giudiziaria, ordinaria e speciale in materia di controversie civili.
Si riporta, qui di seguito, testualmente l’art. 8 della tariffa
– parte prima – allegato al testo unico dell’imposta di registro
(atti soggetti a registrazione in termine fisso):
“Atti dell’autorità giudiziaria, ordinaria e speciale in materia di
controversie civili che definiscono, anche parzialmente il
giudizio, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti
di aggiudicazione e quelli di assegnazione, anche in sede di
scioglimento di comunioni, le sentenze che rendono efficaci nello
Stato sentenze straniere e provvedimenti che dichiarano esecutivi
i lodi arbitrali:
12
a) recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni
immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti;
b) recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre
prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura;
c) di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale;
d) non recanti trasferimento, condanna o accertamento di diritti
a contenuto patrimoniale;
e) che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un
atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o
beni, o la risoluzione di un contratto;
f) aventi per oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti
civili del matrimonio o la separazione personale, ancorché
recanti condanne al pagamento di assegni o attribuzioni di
beni patrimoniali, già facenti parte di comunione fra i
coniugi; modifica di tali condanne o attribuzioni;
g) di omologazione”.
Immancabile, anche in materia di imposta di registro, il
regime delle esenzioni. Ci sono, infatti, atti giudiziari
espressamente esclusi dall’applicazione dell’imposta di registro e
sono quelli contemplati dall’art. 2 della tabella (atti per i quali
non vi è l’obbligo di chiedere la registrazione) allegata alla tariffa
13
di cui al testo unico dell’imposta di registro che, testualmente, si
riporta di seguito:
“Atti diversi da quelli espressamente contemplati nella parte
prima della tariffa, dell’autorità giudiziaria in sede civile e
penale, della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato, della
Corte dei Conti, dei Tribunali Amministrativi Regionali, delle
Commissioni Tributarie e degli organi di giurisdizione speciale e
dei relativi procedimenti; atti del contenzioso in materia
elettorale e dei procedimenti disciplinari; procure alle liti”.
Dall’esame congiunto dei due citati articoli della tariffa,
appare evidente che, la norma che dispone l’esenzione
dall’imposta di registro come naturale conseguenza della non
obbligatorietà della registrazione, è una norma meramente
residuale. Essa confina le ipotesi di esenzione a tutte quelle non
espressamente previste come obbligatorie. Si registrano gli atti
giudiziari, e se ne sconta l’imposta, solo quando ciò è
espressamente previsto, con esclusione di tutti gli altri casi.
Purtuttavia, l’elencazione degli atti giudiziari soggetti a
registrazione è così vasta da comprendere una enorme fetta degli
atti giudiziari, tanto da confinare le ipotesi di esenzione endogene
al Testo unico sull’imposta di registro a carattere di residualità.
14
Sembra parimenti assai curioso come, una imposta che si
propone di colpire i trasferimenti di ricchezza mediante
imposizione degli atti pubblici e privati che hanno tale finalità,
nel caso degli atti giudiziari finisce con il colpire tutti gli atti a
contenuto patrimoniale e non, talvolta. Vedi su tutte, la lettera d)
dell’art. 8 della tariffa. Infatti, sono colpite tutte le sentenze
concernenti a vario titolo i diritti reali, indipendentemente
dall’effettivo trasferimento di ricchezza ed indipendentemente
dall’effettivo accoglimento della domanda.
Nella prassi amministrativa poi, si giunge al culmine. Gli
uffici giudiziari trasmettono agli uffici finanziari tutti gli atti
definitore delle cause, che sono tutti registrati dall’ufficio del
registro ad imposta proporzionale, fissa o anche in esenzione.
Cioè tutti gli atti giudiziari sono registrati due volte, la prima
volta nella cancelleria dell’autorità giudiziaria e la seconda volta
negli uffici finanziari.
A modesto parere dello scrivente, questa sembra una
procedura assai burocratica per i tempi moderni anche se
suffragata
da
numerose
circolari
competenti che in tal senso dispongono.
15
delle
amministrazioni
Sempre in materia di esenzioni, abbiamo anche esenzioni
esogene rispetto al testo unico dell’imposta di registro previste da
altre disposizioni legislative:
“Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle
procedure previste dalla presente legge nei riguardi di persone
minori di età, sono esenti dalle imposte di bollo e di registro e da
ogni spesa, tassa e diritti dovuti ai pubblici uffici.
Sono ugualmente esenti gli atti e i documenti relativi
all’esecuzione dei provvedimenti pronunciati dal giudice nei
procedimenti su indicati”2.
“Gli atti e i provvedimenti relativi alle cause ovvero alle
attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non
eccede la somma di due milioni di lire sono esenti da imposta di
bollo e di registro e da ogni altra spesa, tassa o diritto di
qualsiasi specie e natura”3.
“Il processo verbale di conciliazione, nelle cause pendenti
anche in istruttoria alla data del 30 aprile 1995, è esente
dall’imposta di registro quando il valore non supera i cinquanta
2
Art. 82 della Legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento
dei minori);
3
Art. 46 co. 1° della Legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace);
16
milioni. Oltre tale limite l’imposta di registro è ridotta alla
metà”4.
La prima disposizione legislativa citata, opera una evidente
esenzione ad causam, mentre le altre due disposizioni operano
una esenzione ad valorem.
Ai fini del pagamento dell’imposta è fatto obbligo ai sensi
dell’art. 10 lett. c) del testo unico dell’imposta di registro, ai
cancellieri e segretari dell’amministrazione giudiziaria, per le
sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali alla
cui formazione hanno partecipato nell’esercizio delle loro
funzioni, di richiederne la registrazione all’Ufficio del Registro
(ora Agenzia delle Entrate) competente per territorio, rispetto alla
sede dell’autorità giudiziaria, entro cinque giorni dalla data in cui
il provvedimento è stato pubblicato o emanato, per come
disposto dall’art. 13 del testo unico. Sul punto è opportuno
precisare che, sono da sottoporre a registrazione nei termini
suddetti gli atti dell’autorità giudiziaria soggetti ad imposta anche
se impugnati o nei termini per l’impugnazione, salvo il
4
Art. 13 co. 6° della Legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del
contenzioso civile pendente. Nomina di giudici onorari aggregati e istituzioni delle sezioni
stralcio nei tribunali ordinari.
17
conguaglio per l’ufficio o il rimborso per il contribuente in base a
successive sentenze passate in giudicato.
L’imposta deve essere pagata all’atto della registrazione.
Pertanto la parte che chiede la registrazione deposita anche
l’importo dovuto. In alcuni casi è possibile differire la
liquidazione non oltre tre giorni da quello della presentazione
dell’atto.
“La disposizione in commento è estensibile ai cancellieri
ed
ai
segretari
giudiziari
limitatamente
ai
decreti
di
trasferimento emanati nei provvedimenti esecutivi e agli atti
dagli stessi ricevuti. Invece, per gli altri atti giurisdizionali
l’onere del pagamento incombe alle parti in causa o alla parte
nel cui interesse è richiesta la registrazione tenendo, comunque,
presente che in mancanza si procederà alla registrazione
d’ufficio.
Il 4° comma dell’art. 54, come si legge nella relazione
ministeriale al testo unico, è stato adeguato all’orientamento
della Corte di Cassazione espresso con la sentenza n. 4574 del
12 agosto 1982 prevedendo la registrazione d’ufficio per i
provvedimenti giurisdizionali, per cui gli obbligati al pagamento
18
dell’imposta dovranno corrisponderla nel termine di sessanta
giorni”5.
L’imposta principale da corrispondersi in sede di
registrazione non è soggetta a specifica sanzione nel caso di
tardività di registrazione in quanto è assorbita dalla pena
pecuniaria prevista per omissione o per tardività della richiesta di
registrazione o della presentazione della denuncia.
La riscossione dell’imposta principale non è sospesa dal
ricorso del contribuente e questa disposizione, che si ricava per
esclusione dalla normativa dell’art. 56, riveste una particolare
importanza poiché è evidente, fermo restante la possibilità di
esperire la fase contenziosa, l’onere del pagamento a carico
dell’obbligato la cui inottemperanza consente all’ufficio la
riscossione coattiva dell’imposta.
Stante la soppressione del servizio di cassa degli Uffici del
Registro
(oggi
Sezioni
dell’Agenzia
delle
Entrate),
il
contribuente versa l’imposta con le solite modalità tecniche (F23
presso i concessionari di riscossione) e deposita presso l’ufficio
la ricevuta del versamento.
5
NASTRI L., L’imposta di registro e le relative agevolazioni, in Teoria e pratica del
diritto, Sez. V – 12. Diritto Tributario, Giuffrè, Milano 1990, pag. 350.
19
Nel caso di omesso pagamento dell’imposta si procede
secondo le ordinarie norme della riscossione coatta: notifica al
debitore dell’invito al pagamento e successivamente si procede
con l’iscrizione a ruolo del dovuto (imposta, sopratassa, interessi
di mora) con trasmissione del ruolo agli agenti della riscossione.
Un caso particolare di registrazione è la registrazione a
debito.
Nella
registrazione
in
esame
la
corresponsione
dell’imposta è differita nel tempo e la sua percezione avverrà
solo al verificarsi delle condizioni previste dalla legge.
L’art. 59 elenca tassativamente in quali casi è possibile la
registrazione a debito. Tra questi abbiamo, limitatamente
all’oggetto di questa trattazione: le sentenze ed i provvedimenti
dell’autorità
giudiziaria
nei
quali
siano
interessate
le
amministrazioni statali o persone o enti morali ammessi al
gratuito patrocinio, gli atti della procedura fallimentare se non vi
sono somme liquide nel fallimento, le sentenze di condanna al
risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato
ancorché non pronunziate dal giudice penale secondo autorevole
e costante giurisprudenza della Suprema Corte.
20
2. La riscossione dell’Imposta di Registro. Rivoluzione
giurisprudenziale della Corte Costituzionale.
Recentemente, in materia di riscossione dell’imposta di
registro, è intervenuta la Corte Costituzionale con le sentenze n.
333 del 24 settembre – 5 ottobre 2001 e n. 522 del 21 novembre
– 6 dicembre 2002 la quale, decidendo in via incidentale sulla
questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della Legge 9
dicembre 1998, n. 431, in materia di locazione di immobili, con
la prima sentenza, e, con la seconda sentenza, parzialmente
dell’art. 66 del Decreto del Presidente della Repubblica del 26
aprile 1986, n. 131 (Testo Unico delle disposizioni sull’imposta
di registro), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle
norme invocate in relazione all’art. 24 comma 1° della
Costituzione per le ragioni che di seguito vengono esposte.
Anche se la prima sentenza citata pare estremamente
avulsa dalla questione in trattazione, tuttavia il principio dettato
in quella sede dalla Corte Costituzionale, e poi ribadito con la
seconda citata sentenza, è suscettibile di una più larga ed estesa
efficacia giuridica.
21
In
materia
di
locazione,
la
norma
dichiarata
costituzionalmente illegittima, poneva a carico del richiedente
giustizia l’onere di provare l’avvenuto pagamento delle imposte
inerenti l’immobile del quale se ne richiedeva il rilascio coatto
come condizione di accesso alla tutela giurisdizionale delle
proprie ragioni sull’immobile e nei confronti del conduttore.
Sostanzialmente, la norma invocata invitava compulsivamente la
parte attrice del procedimento alla regolarizzazione della propria
posizione fiscale in merito, ponendo una condizione sospensiva
al diritto ad agire in giudizio (quantunque in sede di esecuzione)
riservato dalla costituzione ad ogni cittadino.
In materia di diritto processuale civile e di imposta di
registro, la seconda delle citate sentenze della Consulta,
dichiarava illegittima la norma (art. 66 del Testo Unico in
materia di imposta di registro) secondo la quale è fatto espresso
divieto al Cancelliere di rilasciare copie con formula esecutiva di
sentenze per le quali non è stata corrisposta l’imposta di registro.
Mi riporto a quanto già detto, nel senso che, la norma pone una
condizione sospensiva all’esercizio del diritto di agire in
giudizio, peraltro dipendente da una questione tributaria.
22
Con la sentenza n. 333/2001, la Corte Costituzionale, in
parte motiva, dicendo del diritto, ha sancito che: “Il problema
della compatibilità tra il principio costituzionale che garantisce
a tutti la tutela giurisdizionale, anche nella fase esecutiva, dei
propri diritti e le norme che impongono determinati oneri a chi
quella tutela richieda non è nuovo nella giurisprudenza di questa
Corte ed è stato risolto, pur se con qualche incertezza, nel senso
di distinguere fra oneri imposti allo scopo di assicurare al
processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed
alle sue esigenze ed oneri tendenti, invece, al soddisfacimento di
interessi del tutto estranei alle finalità processuali.
Mentre i primi, si è detto, sono consentiti in quanto
strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratta di
garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un
ostacolo
all’esperimento
della
tutela
giurisdizionale
e
comportano, perciò, la violazione dell’art. 24 della Costituzione
(sentenza n. 113 del 1963)”6.
Motivando
la
sentenza
n.
522/2002,
Costituzionale ha ribadito il precedente concetto.
6
Corte Costituzionale, sentenza del 24 settembre – 5 ottobre 2001, n. 333.
23
la
Corte
“Questa Corte ha affermato – in epoca anteriore alla
riforma – che la Costituzione <<non vieta di imporre prestazioni
fiscali in stretta e razionale correlazione con il processo, sia che
esse configurino vere e proprie tasse giudiziarie sia che abbiano
riguardo all’uso di documenti necessari alla pronunzia finale dei
giudici>> (sentenza n. 45 del 1963, e poi sentenze n. 91 e n. 100
del 1964); che occorre distinguere fra <<oneri che siano
razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo
scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio
conforme alla sua funzione>>, da ritenersi consentiti, e oneri
che invece tendano <<alla soddisfazione di interessi del tutto
estranei alle finalità predette, e, conducendo al risultato di
precludere o ostacolare gravemente l’esperimento della tutela
giurisdizionale,
incorrono
dell’incostituzionalità>>
(sentenza
nella
n.
80
sanzione
del
1966,
sull’illegittimità costituzionale della norma che vietava di
rilasciare copie di sentenze non ancora registrate, il cui deposito
in giudizio condizionasse la procedibilità dell’impugnazione); ed
ancora che l’interesse del cittadino alla tutela giurisdizionale e
quello generale della comunità alla riscossione dei tributi
24
<<sono armonicamente coordinati>> (sentenze n. 157 del 1969
e n. 111 del 1971)”7.
Continuando, la medesima sentenza: “Considerando
questo tipo di bilanciamento fra i due interessi alla luce del
principio secondo cui la garanzia della tutela giurisdizionale
posta dall’articolo 24, primo comma, della Costituzione
comprende anche la fase dell’esecuzione forzata – <<la quale è
diretta a rendere effettiva l’attuazione del provvedimento
giurisdizionale>> (sentenza n. 321 del 1998) – appare evidente
come
la
scelta
compiuta
dalla
norma
impugnata
sia
irragionevole e si risolva anche in lesione dell’articolo 24 della
Costituzione.
Essa infatti comporta che la valutazione di bilanciamento
fra l’interesse all’effettività della tutela giurisdizionale e quello
alla riscossione dei tributi sia effettuata, per i due tipi di
processo, in modo irragionevolmente diverso: l’inadempimento
dell’obbligazione tributaria – che pure non ha precluso lo
svolgimento del processo di cognizione fino all’emanazione della
sentenza (o di altro provvedimento esecutivo) ed ha determinato
solo la comunicazione da parte del cancelliere all’ufficio del
7
Corte Costituzionale, sentenza del 21 novembre – 6 dicembre 2002, n. 522.
25
registro degli atti non registrati – impedisce poi che alla
sentenza (o al provvedimento esecutivo) sia data attuazione
mediante
l’esercizio
della tutela giurisdizionale in via
esecutiva”8.
In conclusione, la riscossione dell’imposta di registro trova
la sua naturale tutela giuridica nell’ambito degli ordinari mezzi di
riscossione mediante ruolo con esclusione di ogni mezzo di
tentativo di riscossione mediante preclusione di attività
giuridicamente garantite all’evasore dell’imposta.
Sembra allo scrivente una impostazione di elevato livello
di civiltà – quella dettata dalla Corte Costituzionale – secondo la
quale lo Stato (tutti i cittadini) tutela il cittadino infedele
(evasore) al pari di tutti gli altri cittadini nelle garanzie di legge.
Potrebbe anche sembrare un eccesso di “buonismo” dello Stato
che porta magari alla diffusione di un senso di debolezza dello
stesso se non si pensasse al fatto che, spesso chi non paga quanto
impostogli può essere persona “bisognosa” in senso economico
(non può pagare) ed anche bisognosa di giustizia. E magari ha
8
Vedi nota sub 7).
26
anche avuto giustizia con una sentenza che non può mettere in
esecuzione
in
dipendenza
di
27
un
vincolo
finanziario.
CAPITOLO II
LE NUOVE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE IN
MATERIA DI SPESE DI GIUSTIZIA
SOMMARIO: 1. Dal groviglio normativo e giurisprudenziale di oltre un
secolo al quadro normativo unitario ed armonico; 2. Il fondamento giuridico
del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia; 3. L’imposizione tributaria sugli atti giudiziari.
1. Dal groviglio normativo e giurisprudenziale di oltre un secolo
al quadro normativo e regolamentare unitario ed armonico.
Il
Testo
regolamentari
Unico
in
delle
materia
di
disposizioni
spese
di
legislative
giustizia
e
arriva
nell’ordinamento giuridico italiano il 30 maggio 2002 (data della
promulgazione) o meglio ancora il 15 giugno 2002, data della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
n. 139 – Supplemento Ordinario, e per volere dell’ultimo articolo
di cui si compone – l’art. 302 – le disposizioni del Testo Unico
entrano in vigore il 1° luglio 2002.
Si dirà appresso della qualificazione giuridica, dell’oggetto
e delle finalità del Testo Unico ma pare assai chiaro che il Testo
28
Unico interviene a ridare alla materia una disciplina unitaria,
armonica e coordinata.
Prima dell’avvento del Testo Unico, la materia era
disciplinata da disposizioni di varia origine e rango che si sono
stratificate nel corso di centocinquantanni. “L'unitarietà –
esistente almeno per il processo penale e civile nei Regi Decreti
nn. 2700 e 2701 - è andata ben presto perduta con l'emanazione
di leggi che, sin dalla fine dell'ottocento, hanno innovato, il più
delle volte senza chiarire i rapporti con i testi originari e senza
abrogare espressamente le corrispondenti disposizioni. Il
risultato è una confusa frammentazione del quadro normativo,
tale da rendere difficile, a volte addirittura impossibile,
all'operatore e all'interprete la ricostruzione del sistema e
l'individuazione della disciplina applicabile alle singole
fattispecie. Si ha di fronte, quindi, una situazione di disordine
normativo che rende indispensabile la sistemazione organica in
un testo unico per garantire la stessa effettività delle innovazioni
che il legislatore ha introdotto via via, seppure in modo
frammentario”1.
1
Relazione ministeriale illustrativa del Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, pagg. 6-7.
29
La normativa più antica in tema di spese di giustizia è
direttamente riferita solo al processo penale e civile, i quali
costituiscono, ad un tempo, i processi quantitativamente più
rilevanti e i modelli per gli altri processi che, in modo e per
strade diverse, sono diventati tali. L'applicazione delle norme
originarie del processo penale e civile agli altri processi è
avvenuta sulla base di estensioni esplicite, disposte dal
legislatore, di questo o quell'istituto relativo alle spese o al
processo, analogamente all'estensione residuale (sempre disposta
dal legislatore) delle regole processuali civili agli altri processi,
nonché dei principi generali dell'ordinamento.
Il Testo Unico riordina e armonizza la materia rendendo
espliciti i collegamenti già esistenti nell'ordinamento, riferendo
gli istituti a tutti o ad alcuni dei processi, conservando le
specialità connaturate alla funzione e struttura e superando le
specialità quando si riconnettevano a profili procedurali ed
organizzativi.
Con il testo unico, sono state riunite e coordinate tutte le
disposizioni legislative e regolamentari che, sino all'emanazione,
hanno disciplinato la materia. “Il testo unico abroga 100 testi, di
cui 75 di rango primario e 25 di rango secondario. Un'idea
30
parziale del numero di articoli abrogati si ha se si considera che
il solo R.D. n. 2700 del 1865 ne conteneva ben 481”2.
Innanzitutto, il riordino ha tenuto conto di importanti
riforme intervenute nell'ordinamento. “La parte relativa alla
riscossione ha dovuto fare i conti con la riforma, avviata nel
1996 e proseguita con adattamenti successivi fino al 2001, che –
attraverso la soppressione degli uffici di cassa finanziari e
l'attribuzione delle competenze ai concessionari – ha uniformato
la disciplina della riscossione delle entrate dello Stato,
ricomprendendo tra queste le spese di giustizia e le pene
pecuniarie.
Il testo unico ha dovuto stabilire: dove l'impatto della
disciplina generale sul sistema speciale rendeva necessari
raccordi, per consentirne il funzionamento, ed esplicitare questi
raccordi; quali norme speciali sopravvivevano, perché salvate
dalla disciplina generale o perché connaturate alla specificità
delle spese e pene pecuniarie.
2
Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 9.
31
La stessa riforma ha inciso sulla parte relativa al
pagamento delle spese anticipate dall'erario. La sostituzione
degli uffici del registro con i concessionari ha imposto, secondo
scelte già chiaramente individuate dal legislatore, nuove norme
secondarie per le modalità di pagamento e per le regolazioni
contabili.
La materia dei diritti di copia è stata incisa dalla
soppressione
dei
diritti
di
cancelleria,
contestuale
all'introduzione del contributo unificato nel 1999, e da modifiche
legislative intervenute nel 2000. Il testo unico perimetra l'area
residua dei diritti di copia. Nel contempo, avendo rimesso allo
strumento regolamentare la disciplina a regime dei diritti di
copia, in conformità alle possibilità offerte dalla semplificazione
procedurale ed organizzativa, la determinazione dell'area
residua è fatta a fini transitori.
Diritti e indennità di trasferta e spese di spedizione degli
ufficiali giudiziari è una materia che, anche secondo gli
operatori del settore, è divenuta con gli anni oscura per effetto di
interventi non coordinati sul D.P.R. n. 1229/1959, che l'aveva
sistematizzata, e di prassi applicative diversificate, non sempre
conformi al dettato legislativo, fiorite nel disordine normativo.
32
Per i profili direttamente incidenti sulla materia delle spese di
giustizia, il testo unico la riordina sulla base di attenta verifica
delle fonti diverse, della giurisprudenza, dei principi generali.
La voce indennità di custodia dei beni sequestrati nel
procedimento giurisdizionale costituisce uno degli istituti che
registra
i
più
variegati
orientamenti
applicativi
e
giurisprudenziali, sia per la determinazione del quantum, sia per
la tutela giurisdizionale. Il testo unico riconduce a sistema la
materia
sulla
base
dell'orientamento
consolidato
della
giurisprudenza costituzionale e di legittimità”3.
Il Testo Unico è adottato ai sensi dell'articolo 7, comma 1°
e 2°, della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall'art. 1
della legge 24 novembre 2000, n. 340.
”Questa norma prevede l'emanazione di testi unici intesi a
riordinare, tra le altre, le materie elencate nelle leggi annuali di
semplificazioni. La legge 8 marzo 1999, n. 50, all'articolo 1,
comma 1, prevede l'emanazione di regolamenti di delegificazione
per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui
3
Relazione illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia, pagg. 10-11.
33
all'allegato 1. L'allegato 1 a quest'ultima legge contiene tre
procedimenti che coprono l'intera materia delle spese di
giustizia: i nn. 9, 10 e 11. In particolare, il n. 10 richiama il R.D.
23 dicembre 1865, n. 2700 e il R.D. 23 dicembre 1865, n. 2701
(cosiddetti campione civile e penale) che costituivano dei veri e
propri testi unici della materia, pur senza averne l'espressa
qualificazione. Infatti, erano individuate e disciplinate le spese di
giustizia ed erano regolamentate le procedure per il pagamento e
per il recupero, anche rispetto all'ammissione al gratuito
patrocinio, effettuata con riferimento alla legislazione all'epoca
vigente. Il n. 11, poi, annovera il procedimento per l'iscrizione a
ruolo e per il rilascio di copie di atti, anche in materia tributaria,
richiamando testi normativi di ampia portata nella materia delle
spese. Il n. 9, infine, prevede il procedimento di alienazione di
beni sequestrati e confiscati, richiamando le norme generali in
materia penale”4.
Il Testo Unico provvede alla puntuale individuazione della
norme vigenti, prendendo atto delle abrogazioni implicite. Fa
4
Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 7.
34
chiarezza nell'ordinamento attraverso un lungo elenco di
abrogazioni espresse, che comprende le norme già abrogate
implicitamente, quelle confluite nel testo unico riscritte e
coordinate, quelle incompatibili con l'armonizzazione degli
istituti e con le innovazioni procedurali.
La stessa previsione legislativa che delega il Governo
all’emanazione di questo Testo Unico è espressione di un
esplicito disegno politico mirante alla creazione di Testi Unici
disciplinanti materie (non solo quella delle spese di giustizia)
contingenti ed oggi regolate da un inevitabile groviglio di norme,
interventi giurisprudenziali e prassi applicative. Questo sistema
consente ai cittadini ed ai tecnici dei rispettivi settori di avere un
quadro normativo completo ed unitario dal quale non si sfugge.
Tutto ciò determina delle notevoli economie per chiunque viene
in relazione con la materia ed elimina quella sgradevole
sensazione di trovarsi in repubbliche o epoche diverse passando
da un Ufficio ad un altro a causa del diverso modus operandi di
questo o quell’altro funzionario amministrativo. In buona
sostanza il diritto si riprende il suo legittimo posto e si sostituisce
alle diverse prassi amministrative. Il medesimo vantaggio riceve
35
il funzionario che spesso era costretto a barcamenarsi tra norme
discordanti ma tutte, più o meno, viventi.
2. Il fondamento giuridico del Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.
Il fondamento giuridico del Testo Unico è la delega
conferita al Governo con l’art. 7 co. 1° e 2° della legge 8 marzo
1999, n. 50, modificato dall’art. 1 della legge 24 novembre 2000,
n. 340. Questa norma prevede l'emanazione di testi unici intesi a
riordinare, tra le altre, le materie elencate nelle leggi annuali di
semplificazioni. La legge 8 marzo 1999, n. 50, all'articolo 1,
comma 1, prevede l'emanazione di regolamenti di delegificazione
per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui
all'allegato 1. L'allegato 1 a quest'ultima legge contiene tre
procedimenti che coprono l'intera materia delle spese di giustizia:
i nn. 9, 10 e 11. In particolare, il n. 10 richiama il R.D. 23
dicembre 1865, n. 2700 e il R.D. 23 dicembre 1865, n. 2701
(cosiddetti campione civile e penale) che costituivano dei veri e
36
propri testi unici della materia, pur senza averne l'espressa
qualificazione. Infatti, erano individuate e disciplinate le spese di
giustizia ed erano regolamentate le procedure per il pagamento e
per il recupero, anche rispetto all'ammissione al gratuito
patrocinio, effettuata con riferimento alla legislazione all'epoca
vigente. Il n. 11, poi, annovera il procedimento per l'iscrizione a
ruolo e per il rilascio di copie di atti, anche in materia tributaria,
richiamando testi normativi di ampia portata nella materia delle
spese. Il n. 9, infine, prevede il procedimento di alienazione di
beni sequestrati e confiscati, richiamando le norme generali in
materia penale. “Quanto alla collocazione del testo unico nel
sistema delle fonti l'art. 7 co. 2° della legge n. 50 del 1999 ha
previsto un testo unico di norme legislative e regolamentari
armonizzate, che consente la selezione e la riorganizzazione del
vigente quadro normativo e, al tempo stesso, la delegificazione
delle norme primarie concernenti gli aspetti organizzativi e
procedimentali, secondo i criteri fissati dall'art. 20 della legge
15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni. Il testo unico
contiene, dunque, norme primarie concernenti il regime
sostanziale (che restano di rango invariato), norme secondarie
che
delegificano
precedenti
37
norme
primarie
(quelle
procedimentali ed organizzative) e norme secondarie già in
origine tali”5.
“L'articolo 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999, come
modificato dall'art. 1, comma 6, lett. e) della legge 24 novembre
2000, n. 340, prevede – in conformità alle risoluzioni adottate
dalle Camere in sede di parere sulla relazione del Governo al
Parlamento sul riordino normativo – che il testo unico
comprende sia disposizioni primarie, contenute in un decreto
legislativo, sia disposizioni secondarie, contenute in un apposito
regolamento di delegificazione. A tal fine vi sono tre testi distinti
(A, B, C): il testo A contiene l'insieme di tutte le disposizioni
legislative e regolamentari e consente di apprezzare l'impianto
normativo nel suo insieme; il testo B contiene solo le norme di
rango legislativo ed è emanato con decreto legislativo; il testo C
contiene solo le norme secondarie ed è emanato con D.P.R. ai
sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
In considerazione della caratterizzazione mista del testo unico,
nei tre testi è stata evidenziata di volta in volta (con l'uso
rispettivamente della lettera L o R ) la natura legislativa o
5
Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 8.
38
regolamentare dei singoli articoli. Il sistema di numerazione
adottato nello schema di decreto legislativo e nello schema di
regolamento – poi trasfusi nel testo unico – si è reso necessario,
sul modello anche di analoghe esperienze straniere, per
assicurare la corrispondenza tra gli articoli del testo unico, da
una parte, e quelli del decreto legislativo o del regolamento,
dall'altra; ciò al fine di assicurare la leggibilità dei testi,
soprattutto a seguito di eventuali future modificazioni degli
stessi”6.
Il Testo Unico riordina ed armonizza tutte le disposizioni
concernenti le spese di giustizia, innovando, in parte, l’assetto
legislativo
vigente
mediante
la
semplificazione
e
la
razionalizzazione dei procedimenti e l’abrogazione di una serie
di norme ormai desuete.
“Il mandato assegnato dall'art. 7 della legge n. 50 del
1999 è quello del riordino e dell'armonizzazione delle norme
legislative e regolamentari, da compiersi alla luce dei criteri e
principi direttivi espressamente menzionati. Con chiarezza il
legislatore precisa che il riordino investe anche le disposizioni
6
Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 8.
39
sostanziali e non si limita a quelle procedimentali. Che si tratta
di un testo unico di armonizzazione si desume: dai principi e
criteri direttivi fissati; dalla previsione di un termine finale per
la emanazione; dalla previsione di una procedura articolata, che
evidentemente risulterebbe superflua per la redazione di un testo
unico compilativo”7.
Per i profili sostanziali, il testo unico può operare la
selezione e la riorganizzazione del quadro normativo vigente
introducendo innovazioni per raggiungere la finalità del riordino.
Il riordino normativo – alla luce dei principi e criteri individuati
dal legislatore – può consistere nella riconduzione ad unità
organica del materiale normativo sparso in modo da armonizzare
gli istituti in un sistema unitario ed omogeneo di disciplina
sostanziale e procedurale. “Il riordino per l'armonizzazione
consente un intervento sulle norme preesistenti per rendere la
disciplina più coerente nel suo complesso, in sintonia con
l'evolversi dei principi generali, con il diritto vivente creato dalla
7
Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, pagg. 8-9.
40
giurisprudenza costituzionale e di legittimità, con l'evolversi dei
valori complessivi dell'ordinamento”8.
Per i profili procedurali e organizzativi, il testo unico può
delegificare riscrivendo l'assetto normativo esistente in modo
fortemente
innovativo
in
termini
di
semplificazione
e
razionalizzazione: snellire i procedimenti, ridurre i tempi,
eliminare
fasi
inutili,
sopprimere
organi
e
fasi
endoprocedimentali superflue.
Il testo unico provvede, innanzitutto, alla puntuale
individuazione della norme vigenti, prendendo atto delle
abrogazioni implicite. Fa chiarezza nell'ordinamento attraverso
un lungo elenco di abrogazioni, che comprende le norme già
abrogate implicitamente, quelle confluite nel testo unico riscritte
e coordinate, quelle incompatibili con l'armonizzazione degli
istituti e con le innovazioni procedurali.
“Il testo unico evita il più possibile i richiami ad altri testi
normativi e li limita alle ipotesi indispensabili. La tecnica del
richiamo è stata necessaria per ancorare la disciplina delle
8
Consiglio di Stato, Adunanza generale del 29 marzo 2001, Relazione al Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità.
41
spese di giustizia a quella generale delle altre entrate
patrimoniali dello Stato, al fine di garantire anche nel futuro la
scelta operata dal legislatore di uniformare la disciplina della
riscossione, evitando che si realizzasse con il passare del tempo
quella diversificazione appena superata”9. La riconduzione a
sistema della materia e la semplificazione procedurale ed
organizzativa determinano vantaggi immediati per gli uffici,
centrali e periferici, per la collettività, per le entrate patrimoniali
dello Stato.
E proprio questa è la finalità della riforma. L'attività delle
cancellerie e segreterie giudiziarie è accelerata da un quadro
normativo certo, nonché dalla soppressione di tutti gli arcaismi
procedurali. L'attività degli uffici dell'amministrazione centrale è
alleggerita dalla funzione di perseguimento dell'uniforme
interpretazione delle vecchie norme. La conseguente liberazione
di risorse che si determina può essere utilizzata per il
perseguimento dei fini istituzionali degli uffici giudiziari.
9
Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 9.
42
Inoltre, anche chi fruisce del servizio “giustizia”, di
conseguenza, consegue i vantaggi derivanti da un sicuro quadro
giuridico di riferimento e dallo snellimento delle procedure.
La norma di cui all’art. 1 del T.U. specifica che il testo
unico disciplina le voci e le procedure di spesa del processo, il
patrocinio a spese dello Stato e la riscossione delle spese
processuali e di mantenimento, delle pene pecuniarie, delle
sanzioni amministrative pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie
processuali. Invece l’art. 2 stabilisce nei confronti di quali
processi trovano applicazione le norme del testo unico.
Si può, sin dai primissimi articoli di questo testo unico,
apprezzare la precisione e la puntualità adottata dal legislatore
nell’inquadrare nella normativa le fattispecie concrete ed astratte.
Si dirà di seguito dei processi interessati attivamente dalla
nuova normativa e di quelli che, quantunque ricompresi nella
disciplina, non hanno subito modificazioni, ma vengono qui
trattati per la suddetta finalità di normazione organica della
materia.
43
3. L’imposizione tributaria sugli atti giudiziari.
Funzione
pubblica
per
eccellenza,
la
giustizia,
amministrata in nome del popolo italiano per dettato
costituzionale, è soprattutto pagata dal popolo italiano.
Infatti, l’Amministrazione della Giustizia, ordinaria e non,
assorbe una cospicua fetta del bilancio dello Stato, anche se, a
detta di molti questa è ancora insufficiente. Il finanziamento della
spesa giudiziaria è, come pare giusto che sia, a carico del
contribuente che deve, sempre per dettato costituzionale,
contribuire alla spesa pubblica secondo la propria capacità
contributiva (art. 53 Cost.).
Andiamo ora ad occuparci delle modalità mediante le quali
è finanziata la spesa giudiziaria nell’ordinamento giuridico
italiano, nell’ottica della normativa previgente l’entrata in vigore
del Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari e
secondo la nuova normativa su detto contributo.
La parte attiva del bilancio dello Stato (Entrate) si
distingue in entrate tributarie ed entrate extra-tributarie. Queste
ultime, per l’effetto della sempre minor presenza dello Stato
nell’economia, tendono a ridimensionarsi sempre più. Le entrate
44
tributarie, secondo autorevole e consolidata dottrina, si
distinguono a seconda della natura del prelievo in imposte
dirette, imposte indirette, tasse e contributi.
Per Say, “quella porzione dell’avere dei privati, che il
governo consacra a soddisfare i suoi desideri od i bisogni del
corpo sociale, si dice imposta”10.
Per l’Arena, “l’imposta è la parte di ricchezza
coattivamente prelevata dagli enti pubblici sulle economie dei
cittadini per provvedere ai servizi di utilità generale
indivisibili”11.
Per lo Stefani, “il fondamento razionale dell’imposta
generale sta nel fatto che il contribuente – in quanto tale – non
riceve nessuna controprestazione. Egli utilizza un gran numero
di
servizi
pubblici,
ma
questa
utilizzazione
avviene
gratuitamente, e senza relazione con il contemporaneo
pagamento dell’imposta”12 13 14.
10
SAY G.B., Corso completo di economia politica pratica, in “Biblioteca
dell’economista”, I serie, vol. 7, Utet, Torino 1855, pag. 786 e segg.
11
ARENA C., Finanza pubblica, Utet, Torino 1963, pag. 647.
12
STEFANI G., Corso di finanza pubblica, Cedam, Padova 1978, pag. 165.
13
CIAVARELLA D., La finanza dinamica, vol. II, ed. N.R.T., Roma 1974.
14
CIAVARELLA D., La scienza del governare, G.E.S.P.I. Editore, Milano 1992, pag. 399
e segg.
45
L’imposta diretta colpisce la capacità contributiva assoluta,
reale ed effettiva, del contribuente ossia la ricchezza (reddito o
patrimonio), mentre l’imposta indiretta colpisce la capacità
contributiva correlata ovvero le manifestazioni di ricchezza
(scambi di beni e/o servizi). Colpisce invece la capacità
contributiva relativa il contributo speciale. Vi sono poi imposte
che colpiscono una capacità contributiva lato sensu nella quale
sono da ricomprendere tutte quelle imposte non diversamente
qualificabili e tra queste senz’altro l’imposta di bollo15.
Parlando di tasse invece, ricorriamo ad Einaudi per il quale
“la tassa è il compenso inferiore al costo totale, pagato dai
contribuenti per un servizio speciale divisibile reso loro dietro
domanda, ma contemporaneamente al soddisfacimento di un
bisogno indivisibile di tutti i consociati”16. Lo Stefani definisce
la tassa come “quel contributo, inferiore al costo di produzione,
che il privato paga, per ottenere, dietro sua domanda, un servizio
particolare avente utilità generale (indivisibile)”17. Pertanto, la
tassa non paga che una parte del costo di produzione della
15
CIAVARELLA D., Il contraddittorio nel diritto finanziario, Edizioni CEDEL,
Margherita di S. 1997, pag. 81.
16
EINAUDI L., La riforma sociale, Torino 1926.
17
STEFANI G., Corso di finanza pubblica, Cedam, Padova 1978, pag. 161.
46
prestazione richiesta che realizza, contemporaneamente, una
utilità generale per la collettività ed un beneficio particolare per
le categorie che la pagano. Il servizio è fornito a domanda
dell’interessato.
La tassa ha importanti implicazioni che la rendono
particolarmente efficace per il potere pubblico, infatti l’entità
della stessa può essere commisurata all’importanza obiettiva del
servizio, al suo costo ed al valore del servizio per il singolo (es. il
valore della causa per quanto concerne le tasse giudiziarie).
Inoltre, la tassa può essere riscossa, tra l’altro, per esazione
indiretta mediante bollo, quando il servizio dà luogo ad una
domanda scritta o consiste nel rilascio di documenti.
Trattando invece del contributo speciale, si dirà che è
corrisposto coattivamente da coloro i quali hanno tratto o
traggono
vantaggio
da
un
servizio
reso
dallo
Stato
indipendentemente dalla loro volontà, ossia per il sol fatto di
poter potenzialmente trarne utilità ed indipendentemente dal
desiderio o non di questa utilità, che paradossalmente, talvolta,
può essere addirittura ritenuta un peso.
Nel diritto previgente l’entrata in vigore dell’art. 9 della
finanziaria 2000 istitutivo del Contributo Unificato, colui il quale
47
ricorreva all’autorità giudiziaria per la risoluzione di controversie
pagava l’imposta di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di
cancelleria ed i diritti di chiamata di causa dell’ufficiale
giudiziario. Orbene, volendo classificare secondo i criteri escussi
in premessa, pare assai palese la configurazione di tassa
attribuibile alla tassa di iscrizione a ruolo, ai diritti di cancelleria
ed ai diritti di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario. Infatti,
lo Stato sostiene una spesa giudiziaria di cui beneficia
sicuramente tutta la collettività (vedasi sicurezza, ordine
pubblico, certezza dei traffici ed in generale il beneficio di
un’autorità terza che tutela gli interessi giuridicamente protetti).
Di contro, ogni singolo individuo della collettività che domanda
giustizia, gode in modo particolare del servizio.
Alla luce di quanto finora detto, la spesa giudiziaria, pare
equo che sia coperta dal gettito fiscale derivante dalle imposte,
ma una parte di essa deve essere coperta dal cittadino che gode
del servizio e che pertanto deve pagare la tassa in senso stretto.
Un problema in più si ha nel classificare l’imposta di bollo.
Anch’essa sembra essenzialmente una tassa perché è pagata da
chi chiede un servizio ed è commisurata all’entità del servizio
richiesto eppure tutti la chiamano imposta (legislatore compreso).
48
Anche il Ministero delle finanze, risolvendo una controversia,
afferma che il beneficio dell’esenzione dal bollo per i
provvedimenti di natura penale non sussiste dopo l’irrevocabilità
della sentenza in quanto, al generico diritto di difesa durante il
procedimento penale, sopravviene, a domanda dell’interessato,
una mera attività amministrativa successiva al procedimento
penale18. Si deduce quindi che l’imposta di bollo è il corrispettivo
di un’attività svolta dalla pubblica amministrazione, e questo, è
un concetto tipico piuttosto della tassa che dell’imposta.
Adeguandosi alla consolidata denominazione di imposta, si
considera il bollo sotto l’aspetto della ricchezza colpita, cioè
come capacità contributiva lato sensu.
Anche lo stesso Contributo Unificato, pur chiamandosi
Contributo, ha piuttosto la veste della tassa che quella del
contributo. In questo caso, data la palese natura dello stesso
(mero corrispettivo politico di un’attività domandata – che
nessuno ti chiede se non fai ricorso all’autorità giudiziaria), non
pare neppure il caso di perdersi in bizantinismi giuridici e si può
18
Risoluzione Ministero delle finanze n. 310983 del 18 maggio 1984 e n. 300565/X del 30
gennaio 1984, in “Rivista Cancellerie”, 1985, 54.
49
ragionevolmente concludere che il Contributo Unificato è una
tassa sulla giustizia.
Ancora una considerazione di alto profilo merita la materia
della imposizione tributaria sugli atti giudiziari alla luce di alcune
recenti pronuncie della Corte Costituzionale, che da un lato
legittimano l’imposizione tributaria sugli atti giudiziari e
dall’altro, invece, sanciscono l’assoluta necessità di eliminare
dall’ordinamento giuridico ogni impedimento di natura fiscale ad
agire in giudizio per la tutela dei propri diritti.
Decidendo incidentalmente in sede di giudizio di
legittimità costituzionale di alcune disposizioni legislative in
materia di imposte, asserite in contrasto con l’art. 24 co. 1° della
Costituzione, la Corte Costituzionale ha espresso le seguenti
considerazioni. “Il problema della compatibilità tra il principio
costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale,
anche nella fase esecutiva, dei propri diritti e le norme che
impongono determinati oneri a chi quella tutela richieda non è
nuovo nella giurisprudenza di questa Corte ed è stato risolto, pur
se con qualche incertezza, nel senso di distinguere fra oneri
imposti allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento
meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze ed oneri
50
tendenti, invece, al soddisfacimento di interessi del tutto estranei
alle finalità processuali.
Mentre i primi, si è detto, sono consentiti in quanto
strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratti di
garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un
ostacolo
all’esperimento
comportano,
perciò
la
della
tutela
violazione
giurisdizionale
dell’art.
24
e
della
Costituzione”19.
Un’ultima voce presente nelle spese di giustizia sono le
cosiddette spese anticipate dall’Erario presenti nel procedimento
civile limitatamente alle spese legate alla disciplina di assistenza
e difesa nel giudizio per i non abbienti, meglio noto come
gratuito patrocinio, e in maniera più importante nel procedimento
penale dove, tra le parti processuali ce ne una di parte pubblica
(Pubblico Ministero) e sostiene oneri particolari per fini
d’indagine (es.: consulenze tecniche, intercettazioni telefoniche,
ecc.). Questa voce può pacificamente considerarsi un mero
rimborso che una imposizione tributaria in senso stretto.
19
Corte Costituzionale, 24 settembre 2001, sentenza n. 333 depositata il 5 ottobre 2001.
51
CAPITOLO III
IL CONTRIBUTO UNIFICATO PER LE SPESE
DEGLI ATTI GIUDIZIARI
SOMMARIO: 1. Il percorso evolutivo del Contributo Unificato dalla sua
nascita all’entrata a regime; 2. Le ragioni dei cambiamenti; 3. Le basi
oggettive in sede di assorbimento del bollo ed altri diritti in una tassa unica
sul valore; 4. L’ambito di applicazione del Contributo Unificato, le modalità
di pagamento e la riscossione coatta; 5. Le esenzioni dal Contributo
Unificato per materia e per valore della causa.
1. Il percorso evolutivo del Contributo Unificato dalla sua
nascita all’entrata a regime.
Il
Testo
Unico
delle
disposizioni
legislative
e
regolamentari in materia di spese di giustizia riprende e fa sua la
nuova disciplina introdotta più che un anno prima dall’art. 9 della
Legge 23 dicembre 1999, n. 488 (cd. “finanziaria 2000”).
Questa disposizione legislativa apporta una sostanziale
modifica alla disciplina giuridica riguardante le spese di giustizia.
Per meglio comprendere l’entità della riforma introdotta, basti
pensare che lo stesso articolo di legge (apparentemente assai
isolato nel contesto in cui fu pensato) ha avuto importanti riflessi
52
su altre discipline giuridiche organiche, fino a quel momento
apparentemente intangibili nella loro sistemazione unitaria
(vedasi oltre, per esempio, la questione sulla determinazione del
valore della causa ed altre); tuttalpiù pareva, agli esperti della
materia, tanto più verosimile che fosse la disciplina delle spese di
giustizia ad adeguarsi al Codice di Procedura Civile ed alle
discipline meramente fiscali piuttosto che il contrario, come poi
in realtà è avvenuto.
La riforma dei tributi dovuti dal cittadino che ricorre o
incorre all’autorità giudiziaria, è stata tanto oggetto di critiche,
segnalazioni e preoccupazioni che effettivamente si è reso più
volte necessario modificare codesta disciplina prima ancora della
sua entrata in vigore, ovverosia prima ancora di verificarne i suoi
effetti di portata pratica. E’ anche facilmente comprensibile tanta
preoccupazione tenuto conto delle decisioni forti che il
legislatore ha preso con l’art. 9 della finanziaria 2000 e delle
importanti implicazioni giudiziarie in senso stretto che essa
avrebbe portato, peraltro con un rischio reale di paralisi
dell’attività giudiziaria. Così si è assistito ad un continuo
rincorrersi di circolari ministeriali promanate dai due dicasteri
coinvolti nella vicenda (Amministrazione Giudiziaria ed
53
Amministrazione Finanziaria) finalizzate ad ammortizzare
l’impatto della nuova disciplina sul sistema e talvolta, anzi,
anticipatorie delle innovazioni giuridiche in gestazione.
Il Testo Unico, pur facendo sua la disciplina del Contributo
Unificato e pur rileggendola integralmente, finalmente una volta
per tutte, sancisce la soppressione esplicita dall’ordinamento
giuridico, mediante abrogazione, dell’art. 9 della legge n.
488/1999 (introduttivo del Contributo Unificato) con tutte le
modificazioni fino ad allora intervenute.
Si percorre ora l’evoluzione avuta dall’art. 9 della Legge
23 dicembre 1999, n. 488 e di seguito citato come art. 9, ma
prima pare giusto il caso di citare un passo della tanto cara
Divina Commedia che sottolinea, una volta di più, quanto attento
alla vita politica dell’epoca è stato il suo autore e quanto tipico è
il comportamento del giurista italiano da ripetersi così
similmente a distanza di un tale lasso di tempo: “Atena e
Lacedemona, che fenno l’antiche leggi e furon sì civili, fecero al
viver bene un picciol cenno verso di te, che fai tanto sottili
provvedimenti, ch’a mezzo novembre non giugne quel che tu
54
d’ottobre fili. Quante volte, del tempo che rimembre, legge,
moneta, officio e costume hai tu mutato, e rinnovate membre!”1.
“Questa la mordace e amara ironia del Poeta per la sua
Fiorenza trecentesca: le perenni costituzioni di Solone ad Atene
e di Licurgo a Sparta erano nulla a paragone delle leggi
fiorentine, elaborate con tanta sottigliezza… da durare però
mezzo mese o giù di lì”2.
E proprio questa è la sensazione avutasi allorquando
questo art. 9 è stato ripetutamente modificato dal novembre 1999
al marzo 2002 e definitivamente a maggio 2002 con il Testo
Unico.
Il primo intervento è stato quello operato con il Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2000, alla
vigilia dell’entrata in vigore dell’art. 9, prevista per disposizione
del co. 11° del medesimo articolo al 1° luglio 2000. Unitamente
alla data di entrata in vigore il co. 11° conferisce la facoltà, al
Presidente del Consiglio dei Ministri, “su proposta del Ministro
della Giustizia e del Ministro delle Finanze, tenendo conto di
oggettive esigenze organizzative degli uffici o di accertate
1
Dante Alighieri, Divina commedia, Purgatorio, canto VI, 139-147.
SACCHETTINI E., Le leggi perenni, in “Guida al Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del 23
marzo 2002, n. 11, pag. 21.
2
55
difficoltà dei soggetti interessati per gli adempimenti posti a loro
carico di differire l’entrata in vigore”3, di prorogare per un
periodo massimo di sei mesi la data di entrata in vigore della
norma in trattazione. Facoltà di cui si avvale certamente il
Presidente del Consiglio dei Ministri con il citato Decreto, che
pertanto sposta la data di entrata in vigore dal 1° luglio 2000 al
1° gennaio 2001.
Non più un mero rinvio è la modifica all’art. 9 operata con
la Legge 21 novembre 2000, n. 342, con la quale si va a
modificare letteralmente una parte (comma 2° e comma 6°)
dell’art. 9 nei termini e per le ragioni che si vedranno meglio nel
paragrafo che segue.
A questo punto, con l’avvicinarsi della data del 1° gennaio
2001, interviene l’art. 33 co. 9° della Legge 23 dicembre 2000, n.
388 (meglio nota come “legge di bilancio”), autorizzatoria di una
ulteriore proroga di sei mesi dell’entrata in vigore dell’art. 9,
mediante modifica del co. 8° dell’articolo 9 che così, autorizza il
Presidente del Consiglio dei Ministri ad una proroga di mesi
dodici, anziché di mesi sei come originariamente previsto.
3
Cfr art. 9 della Legge 23 dicembre 1999, n. 488.
56
Pertanto, allo stato, il Contributo Unificato per le spese degli atti
giudiziari andrà in vigore il 1° luglio 2001.
Pur non operando modifiche testuali all’art. 9, si inserisce
a pieno titolo nel contesto il Decreto del Presidente della
Repubblica del 1° marzo 2001, contenente disposizioni
regolamentari che stabilisce, giusta delega del co. 6° dell’art. 9,
le modalità di versamento del Contributo Unificato.
Ancora alla vigilia della nuova entrata in vigore dell’art. 9,
il Governo corre ai ripari e con l’art. 5 del Decreto Legge del 30
giugno 2001, n. 246, modifica testualmente l’art. 9 co. 11° della
“finanziaria 2000” spostando l’entrata in vigore al 1° gennaio
2002. Il Decreto Legge sarà successivamente convertito con la
Legge 04 agosto 2001, n. 330.
L’odissea non è ancora finita. Giusta delega del co. 6°
dell’art. 9, interviene una nuova disposizione regolamentare sulle
modalità di versamento del Contributo Unificato a parziale
modifica del precedente D.P.R. n. 126/2001. Detta disposizione è
piuttosto marginale rispetto alla successiva modifica all’art. 9
operata dal Decreto Legge 11 marzo 2002, n. 28, il cui schema di
Decreto è accompagnato da un’ampia relazione illustrativa del
57
Consiglio dei Ministri e sarà successivamente convertito con la
Legge 10 maggio 2002, n. 91.
Con quest’ultima disposizione legislativa si prevede
l’entrata in vigore, che, effettivamente, questa volta c’è ed è
quella del 1° marzo 2002.
Ad ulteriore conferma dell’espressione dantesca innanzi
citata, il Contributo Unificato viene assorbito dal Testo Unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese
di giustizia senza ovviamente risparmiarsi ulteriori modificazioni
entrate in vigore il successivo 1° luglio 2002.
Da questa data fino al momento in cui si scrive, vige
nell’ordinamento giuridico italiano il Contributo Unificato che si
esaminerà meglio più avanti, ma sembra il caso, vista la sequenza
degli eventi appena citata, di non escludere nuovi ulteriori
cambiamenti.
Purtuttavia, se da un lato si ha l’impressione di un continuo
cambiamento del testo legislativo dovuto, forse, ad una stesura
lacunosa del medesimo, d’altro lato si può pensare che,
l’aggiustamento di una copiosa normativa organica, può essere
una cosa senz’altro utile in sede di applicazione della stessa nella
quotidianità degli uffici giudiziari.
58
2. Le ragioni dei cambiamenti.
Il Ministero della Giustizia, con la relazione illustrativa al
Decreto-Legge 11 marzo 2002, n. 28, prende atto della
sussistenza di difficoltà di tipo ermeneutico connesse alla
concreta attuazione della nuova disciplina in materia di
tassazione di atti e provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria
istituita con l’art. 9 della Legge 23 dicembre 1999, n. 488.
Sostanzialmente, detta norma sostituisce l’imposta di bollo, i
diritti di cancelleria, la tassa di iscrizione a ruolo ed i diritti di
chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario, nei procedimenti
giudiziari civili, penali ed amministrativi, con il contributo
unificato di iscrizione a ruolo. Sempre detta relazione segnala
che la formulazione della norma in argomento discende da una
proposta di legge presentata nel corso della XIII legislatura
d’iniziativa dei deputati Carrelli, Folena ed altri e rappresenta
l’esito di una sofferta e contrastata elaborazione.
Le difficoltà sono legate da un lato ad aspetti di tipo
“interpretativo” connessi ad attività dello scrivente Ministero e
59
dall’altro ad aspetti di tipo “organizzativo” connessi ad attività di
competenza del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Accogliendo il rilievo espresso dal Consiglio di Stato in sede
consultiva, il Governo ha provveduto più volte al differimento
dell’entrata in vigore della nuova disciplina al fine di evitare
bruschi passaggi di regime normativo con conseguenti confusioni
e vuoti applicativi.
L’aspetto sicuramente più scottante della riforma è stato
quello
della
irricevibilità
dell’atto
e
dell’improcedibilità
dell’azione originariamente previsti dall’art. 9 al co. 3° ed al co.
5°. Al proposito l’Organismo Unitario dell’Avvocatura italiana
ha manifestato forti perplessità sulla legittimità costituzionale
delle disposizioni normative citate, in relazione, tra l’altro, alle
recenti pronuncie della Corte Costituzionale (sent. n. 333/2001 e
successivamente la n. 522/2002) secondo la quale l’esercizio del
diritto di azione non può essere condizionato al rispetto di un
adempimento fiscale. Ad onor del vero, però, la Corte opera una
netta
distinzione
tra
i
tributi
strettamente
inerenti
il
procedimento, pertanto finalizzati a rendere più efficace l’azione
giudiziaria, ed i tributi non strettamente inerenti il procedimento.
60
Ma questo argomento è stato affrontato con più argomentazioni
al capitolo I.
“Il primo progetto di legge Visco (testo provvisorio della
finanziaria
1999)
prevedeva
che
l’omesso
pagamento
comportasse l’attivazione della procedura della riscossione a
mezzo ruoli.
Successivamente si pensò però di modificare il 3° comma
dell’art. 9 e si introdusse il principio dell’irricevibilità dell’atto,
e quindi si immaginò un meccanismo secondo il quale, in assenza
del pagamento del contributo, lo stesso cancelliere poteva (o
addirittura forse doveva) rifiutarsi di ricevere l’atto. Ad una
simile disciplina si oppose immediatamente la classe forense e
certa dottrina ritenendo incostituzionale condizionare l’esercizio
del diritto di azione al previo pagamento di un tributo. In questo
ambito v’è stata poi l’importante decisione della Corte
Costituzionale del 5 ottobre 2001, n. 333, …la quale ha
dichiarato incostituzionale l’art. 7 della legge di riforma delle
locazioni nella parte in cui condizionava il diritto di procedere
ad esecuzione forzata di rilascio di un immobile alla
dimostrazione della regolarità nei pagamenti concernenti i
tributi sulla casa… Va dato totale consenso all’ultima scelta
61
fatta (art. 9 così come modificato dalla legge di conversione n.
91/2002), che ha chiuso un percorso che poteva non esser mai
iniziato dove ci si fosse fermati al primo progetto Visco…”4 5.
Infatti, sempre al fine di evitare scenari dai quali sarebbe
stato poi assai complicato venirne fuori, il Governo prima ed il
Parlamento poi, hanno preferito rinunciare alle citate sanzioni
dell’irricevibilità dell’atto e dell’improcedibilità dell’azione
previste per il mancato o per l’irregolare pagamento del tributo.
Al tutto si è ovviato prevedendo l’istituto dell’invito bonario al
pagamento e l’iscrizione al ruolo con conseguente riscossione
coatta del tributo.
Concludendo sulla questione, pare giusto il caso di
ricordare che, il Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli
affari di giustizia aveva già dato disposizioni in merito
allontanandosi dall’originaria previsione legislativa nel senso che
ordinava ai propri Uffici dipendenti di “eseguire un controllo di
carattere meramente formale di riscontro tra l’importo pagato e
quello previsto nella legge come corrispondente al valore della
4
SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso), dalla
relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002 in occasione di una conferenza organizzata dal
sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana.
5
SCARSELLI G., Contro i tributi giudiziari, in “Foro Italiano”, 2001, l. 1807.
62
causa, quale risulta dalla dichiarazione resa dall’avvocato,
ferma rimanendo la possibilità di dichiarare l’atto irricevibile in
caso di mancato o inesatto pagamento. A tal proposito, si deve
ritenere che l’irricevibilità debba essere accertata e dichiarata
dal giudice, in analogia con quanto previsto nel caso di modifica
della domanda per l’improcedibilità… In ipotesi di verifica
negativa e, qualora la parte chieda che il ricorso sia in ogni caso
acquisito dall’ufficio, l’ufficio tratterà l’atto, inoltrandolo per
l’ulteriore corso… Se la dichiarazione manca o è incompleta,
l’irricevibilità è dichiarata dal magistrato su segnalazione del
funzionario addetto all’ufficio”6.
Con il medesimo art. 1 del D.L. n. 28/2002, il legislatore
d’urgenza statuisce che è tenuto all’anticipazione del contributo
unificato anche l’interveniente in causa o colui che propone
domanda in riconvenzione qualora da ciò scaturisca un aumento
del valore della causa tale da spostare la causa nello scaglione
superiore, tenuto conto che il contributo si applica per valore
della causa ed a scaglioni7. Rispetto all’originaria formulazione è
soppressa l’espressione contenente il diritto alla ripetizione del
6
Circolare n. 1/2002 del 26 febbraio 2002 del Ministero della Giustizia – Dipartimento per
gli affari di giustizia.
7
Vedi artt. 10 e segg. C.P.C. sulla determinazione del valore della causa.
63
contributo unificato, ovviamente solo perché superflua, infatti il
contributo unificato è solo anticipato dai soggetti innanzi detti,
poi segue le sorti delle spese di causa8.
Infatti, la sentenza decisoria della causa deve contenere
obbligatoriamente la pronuncia relativa alla condanna totale o
parziale, oppure alla compensazione, del pagamento delle spese
del procedimento e, la mancata statuizione delle spese del
giudizio integra una vera e propria omissione di carattere
concettuale e sostanziale. Essa costituisce un vizio della
sentenza, stante la mancanza di qualsiasi decisione da parte del
giudice in ordine ad una domanda ritualmente proposta e che
richiede, pertanto, una pronuncia di accoglimento o di rigetto9.
Ancora, con espresso riferimento al processo civile, la
Corte di Cassazione ha ritenuto che la condanna può essere
disposta anche in assenza di un’espressa richiesta della parte
vittoriosa ed ha lo scopo di evitare una diminuzione patrimoniale
per il soggetto che ha dovuto svolgere un’attività processuale per
ottenere il riconoscimento e l’attuazione del suo diritto10.
8
Vedi art. 91 C.P.C. e Circolare n. 2/2002 del 12.03.2002 del Ministero della Giustizia –
Dipartimento per gli affari di giustizia.
9
Cassazione civile, Sez. II, 11 marzo 1995, n. 2869.
10
Cfr., per ultima, Cassazione, Sez. I, 18 gennaio 1997, n. 500.
64
Conforme e costante giurisprudenza della Suprema Corte
impone al giudicante l’obbligo della motivazione della
statuizione in fatto di spese del giudizio, al fine di poter
permettere alla parte interessata di controllare l’iter logico del
giudice, e laddove lo ritenesse opportuno, di denunciare le
specifiche violazioni della legge, poiché la pronuncia costituisce
un capo autonomo della sentenza e, in quanto tale, può far
sorgere un interesse immediato e diretto all’impugnativa.
Tuttavia, nel caso specifico, l’obbligo di motivazione è valutato
con minor rigore, stante l’ampia valutazione discrezionale
rimessa al giudice.
Trattando del procedimento giudizialtributario, autorevole
dottrina
processualistica
commenta
circa
la
cosiddetta
soccombenza virtuale, ovvero tutti quei casi in cui la parte che
anticipa
delle
spese
(es.:
il
contributo
unificato)
e
successivamente, cessata la materia del contendere per volontà
della controparte, nel caso di ravvedimento della medesima, il
giudice pronuncia sentenza di estinzione del procedimento con
compensazione delle spese11.
11
Cfr. PACE F., La condanna alle spese, in “Corriere tributario” n. 9/2001, I.p.s.o.a.
editore, Milano, l. 625.
65
Seppur la Corte Costituzionale12 ha riconosciuto la
legittimità costituzionale dell’art. 46, co. 3°, del D.Lgs. n.
546/1992, norma che stabilisce nel processo tributario che, in
caso di estinzione del giudizio per cessazione della materia del
contendere, le spese restino a carico delle parti che le hanno
anticipate, la giurisprudenza di merito ha più volte condannato
l’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese anche in
caso di esercizio del potere di autotutela e di conseguente
annullamento dell’atto impugnato dal contribuente13.
Avuto riguardo, invece, al processo civile, la Corte di
Cassazione ha affermato che la parte soccombente va
identificata, alla stregua del principio di causalità su cui si fonda
la responsabilità del processo, in quella che, lasciando
insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata, abbia dato causa
alla lite, ovvero in quella che abbia tenuto nel processo un
comportamento rilevatosi ingiustificato14.
Concludendo sull’argomento si riporta l’eloquente motivo
a sostegno della decisione della Commissione tributaria
12
Corte Costituzionale, 12 marzo 1998, n. 53; Corte Costituzionale, 23 ottobre 2000, n.
465.
13
Cfr. Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, Sez. VI, 4 febbraio 1997, n. 1;
Commissione tributaria provinciale di Roma, 17 dicembre 1996, n. 214; Commissione
tributaria regionale della Lombardia, 25 gennaio 1999, n. 18.
14
Cassazione civile, Sez. III, 10 settembre 1986, n. 5539.
66
provinciale di Torino che, applicando il principio della
soccombenza virtuale, “dev’essere dichiarata l’estinzione del
giudizio per cessazione della materia del contendere, con
condanna al pagamento delle spese, a causa dell’accoglimento
del ricorso da parte dell’Ufficio stesso in riconoscimento
dell’errore commesso e non a seguito di composizione della
vertenza tra le parti”15 16.
Il testo originario pur contenendo l’esenzione del
contributo unificato per la parte civile costituita nel procedimento
penale non disponeva le modalità di recupero del contributo,
successivamente ed eventualmente dovuto. Stesso Decreto-Legge
citato sopperisce a detta omissione qualificando il contributo
unificato (quando dovuto – vedasi oltre) come spesa di giustizia
prenotata a debito, in analogia con la norma del T.U. n. 131/1986
sull’imposta di registro, così evitando che l’anticipazione del
contributo gravi sulla persona offesa dal reato. Opportunamente
con la legge di conversione si specifica, a scanso di equivoci, che
il contributo unificato prenotato a debito si recupera nei confronti
della parte condannata al risarcimento del danno.
15
16
Commissione tributaria provinciale di Torino, Sez. XXXIII, 14 aprile 1999, n. 25.
Vedi nota sub 11).
67
Sempre con il medesimo Decreto-Legge, si provvede alla
eliminazione di quella parte dell’originario articolo di legge che
annoverava, tra i soggetti tenuti all’anticipazione del tributo,
l’interveniente nella procedura di esecuzione civile immobiliare o
mobiliare il cui intervento avesse modificato il valore della causa
in modo tale da farla ricadere in uno scaglione superiore.
Purtuttavia il contributo unificato nelle procedure appena citate è
fissato in misura fissa – per materia e non per valore della causa
– pertanto non si capiva meglio cosa il legislatore intendesse. “Al
richiamato inciso può attribuirsi la natura di refuso, dovuto alle
alterne vicende dell’articolo in sede parlamentare”17 ed ora
grazie
al
successivo
intervento
è
stato
soppresso
dall’ordinamento.
Un’altra ragione che ha reso necessario un nuovo
intervento legislativo correttivo è stato dettato dal regime delle
esenzioni
dal
pagamento
del
contributo
unificato.
Sin
dall’origine, infatti, venivano fatti salvi dalla nuova imposizione
tributaria tutti quei procedimenti che già a quella data erano
esenti dal pagamento dei tributi soppressi. Ma il co. 8° dell’art. 9
della Legge n. 488/1999 così testualmente diceva: “Non sono
17
Relazione ministeriale illustrativa del Decreto-Legge n. 28/2002.
68
soggetti al contributo di cui al presente articolo i procedimenti
già esenti, senza limiti di competenza o di valore dall’imposta di
bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi
specie e natura”18. Il co. 8° riscritto dice: “Non sono soggetti al
contributo di cui al presente articolo i procedimenti già esenti,
senza limiti di competenza o di valore, dall’imposta di bollo o da
ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, nonché i
procedimenti di rettificazione di stato civile, i procedimenti in
materia tavolate, i procedimenti cautelari attivati in corso di
causa ed i procedimenti di regolamento di competenza e di
giurisdizione”19. Appare a vista di tutta evidenza la esclusione
dell’imposta di registro dal regime delle esenzioni e ciò,
senz’altro, dovuto al fatto che appare chiara la volontà del
legislatore del ’99 di esentare dal pagamento del contributo
unificato solo quei procedimenti che prima dell’istituzione del
nuovo tributo erano esenti dai tributi soppressi. E sempre nella
medesima
direzione,
va
la
posizione
di
alternatività
(congiunzione “e”) anziché la compresenza (congiunzione “o”),
18
Art. 9 co. 8° Legge 23 dicembre 1999, n. 488.
Art. 9 co. 8° Legge 23 dicembre 1999, n. 488, così come modificato dall’art. 1 co. 5°
Decreto-Legge del 11 marzo 2002, n. 28.
19
69
voluta per l’esenzione dei procedimenti già esenti da imposta di
bollo o altri diritti; nel senso che anche i procedimenti già esenti
da bollo ma soggetti a diritti (per esempio le procedure innanzi al
giudice tutelare) sono esenti dal contributo unificato.
Ma con il medesimo nuovo comma 8° si è altresì
provveduto ad esplicitare l’esenzione già prevista dall’originaria
formulazione per i procedimenti in materia tavolare, risultante
dal combinato disposto di cui al co. 1° dell’art. 9 della L.
488/1999 e dal co. 2° della medesima legge, così come
modificato dall’art. 56 della Legge 21 novembre 2000, n. 342.
L’esenzione vale inoltre per i procedimenti cautelari attivati in
corso di causa (come già previsto) ed anche per i procedimenti di
regolamento di giurisdizione e di competenza – e questa è una
novella – ravvisandosi la convenienza di questa estensione
dell’esenzione, la cui mancanza sembra frutto di un difetto di
coordinamento visto che anche questi sono procedimenti
incidentali come quelli cautelari. Da ultimo si è altresì
provveduto all’esenzione del procedimento di rettificazione di
stato civile recentemente semplificato dal D.P.R. 3 novembre
2000, n. 396, che ha mantenuto la competenza al tribunale.
70
Sempre per ragioni di opportunità, anche la legge di
conversione
del
suddetto
Decreto-Legge
apporta
nuove
modifiche in senso estensivo delle esenzioni aggiungendovi i
procedimenti aventi ad oggetto la separazione personale dei
coniugi, l’interdizione e l’inabilitazione, l’assenza e la
dichiarazione di morte presunta, i minori, gli interdetti e gli
inabilitati ed i rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Un altro cambiamento rispetto alle originarie previsioni sta
nel regime transitorio. Originariamente, alle cause già iscritte a
ruolo prima dell’entrata in vigore della novella legislativa, era
data la facoltà di optare per il nuovo o per il vecchio regime. In
caso di esercizio dell’opzione per il nuovo regime veniva
imposto il versamento del 50% del nuovo tributo dovuto senza
facoltà di ripetizione di quanto fino ad allora versato a titolo di
imposte e diritti ora soppressi. Il Decreto-Legge n. 28/2002,
invece, revoca la facoltà dell’esercizio dell’opzione adottando
all’uopo tutta una serie di incentivi (graduazione della
percentuale del contributo dovuto a seconda della vetustà della
causa iscritta) tali da rendere la scelta del legislatore ragionevole
rispetto, alle esigenze degli uffici che così evitano la confusione
della coesistenza del doppio regime impositivo ed a quelle delle
71
parti processuali che risparmiano un quantum d’imposta. E’
implicito che anche questa scelta legislativa è decretata
dall’esigenza di scongiurare il rischio di incostituzionalità della
norma con imprevedibili risvolti pratici.
Ma questa buona intenzione del legislatore d’urgenza non è
piaciuta a nessuno degli addetti ai lavori con particolare
riferimento ad avvocati e cancellieri. E così, seguendo il
suggerimento del Consiglio di Stato, in sede di legge di
conversione si è fatto marcia indietro e si è completamente
soppresso il regime transitorio voluto dal Governo.
3. Le basi oggettive in sede di assorbimento del bollo ed altri
diritti in una tassa unica sul valore.
“Uno strappo rispetto al passato, l’abolizione del bollo
per gli atti giudiziari è non soltanto una riforma a mera impronta
fiscale. L’obbligo della carta da bollo, col tempo soppiantata
dall’apposizione delle marche per esigenze di praticità imposte
dall’evoluzione tecnologica sta infatti ormai via via svanendo
anche in altri settori, mentre l’idea stessa dell’uso di questo stile
72
assumeva ab antiquo nella mente dell’uomo comune un richiamo
all’importanza dell’atto che proprio in tale forma doveva essere
predisposto e non si esauriva nel semplice pagamento di un
balzello: ricorda un po’ la red tape degli anglosassoni che
appunto segnala l’ufficialità degli atti che tale forma rivestono.
Nel ciclone che ha investito l’apparato giudiziario italiano
all’alba del 2000 si colloca, dunque, sia pur in posizione
trasversale, anche l’abolizione del bollo per gli atti e
provvedimenti giudiziari. In realtà, la rivoluzione attiene
soprattutto agli atti del processo, giacché per i provvedimenti
giudiziari e per le spese di cancelleria e connesse la Finanziaria
2000 non fa che conglobare quanto precedentemente dovuto, e
già calcolato a forfait, nel contributo unificato di cui al co. 2°
dell’articolo 9. Difatti la Legge 7 febbraio 1979, n. 59, aveva
introdotto il sistema del pagamento a mezzo marche all’atto
dell’iscrizione a ruolo, in misura fissa a seconda dell’organo
giudiziario adito.
Comunque, anche sotto quest’ultimo profilo, i parametri
sono mutati rispetto al passato, per effetto pure della quasi
completa unificazione degli organi giudiziari nel tribunale quale
giudice unico di primo grado, con la scomparsa delle preture: gli
73
importi, adesso globalmente dovuti, mutano a seconda del valore
della procedura da iniziare, in base a quanto indicato nella
tabella allegata al citato articolo di legge”20.
“Questa disposizione s’inserisce nell’ampio quadro del
generale
riordino
delle
attività
amministrative
e
della
semplificazione delle procedure e dei procedimenti che fanno
carico agli operatori ed ai cittadini che richiedono servizi alla
Pubblica Amministrazione”21.
“La scelta del legislatore, volta allo snellimento dei
carichi tributari processuali, non può certo considerarsi un’idea
di recente origine, esistendovi non trascurabili precedenti in tal
senso. Nell’ambito della delega legislativa al Governo per la
riforma tributaria degli inizi degli anni settanta, infatti, l’art. 7
della Legge 9 ottobre 1971, n. 825, prevedeva già, nel punto 7, la
revisione delle imposte e tasse afferenti i procedimenti civili,
penali e amministrativi per raggiungere il fine di rendere più
spediti i procedimenti, anche con la possibilità di eliminare le
20
SACCHETTINI E., Niente più bolli per gli atti processuali, in “Guida al diritto” de “Il
sole 24 ore” del 29 gennaio 2000, n. 3, pag. 123.
21
D’ORSOGNA F.P., Cambia il contributo su alcuni atti giudiziari – Non più bolli, ma un
versamento unico, in “Il fisco” n. 15/2002, fasc. n. 1, 5965/2265.
74
imposte di bollo su atti e documenti e di sostituirle con una
imposta una tantum…”22.
Il primo comma della citata disposizione di legge
esplicitamente abolisce l’imposta di bollo, la tassa di iscrizione a
ruolo, i diritti di cancelleria ed i diritti di chiamata di causa degli
ufficiali giudiziari per gli atti e provvedimenti di tutti i
procedimenti giudiziali ordinari ed amministrativi, mentre resta
inequivocabilmente fuori dalla riforma il procedimento giudiziale
tributario.
Se il legislatore ha deciso di limitare l’introduzione del
contributo agli indicati procedimenti, non può certo accogliersi
qualsivoglia soluzione che tenda all’ampliamento di un campo di
applicazione insuscettibile di dilatazioni stante la lettera della
legge fin troppo chiara. Pur potendosi riesumare la querelle circa
la effettiva (o prevalente) natura del processo tributario, in effetti,
a nessuno può sfuggire la formale irriconducibilità dello stesso ai
riti civile ed amministrativo, specie per come essi sono stati intesi
nel restrittivo art. 9 e poi la Corte Costituzionale ha già chiarito
che “il processo tributario, rispetto a quello civile ed
22
BECCALLI C., Contributo unificato per le spese degli atti giudiziari – Le novità del
nuovo regime, in “Il fisco” n. 14/2002, fasc. n. 1, 5363/2087.
75
amministrativo, conserva una sua spiccata specificità, correlata
sia alla configurazione dell’organo decidente sia al rapporto
sostanziale oggetto del giudizio”23.
La prima conseguenza pratica e sostanziale tributaria della
riforma è che l’avvocato potrà non preoccuparsi più della spesa
nella stesura di contingenti atti di parte, perché tutto, originali e
copie, sarà già compreso nel contributo unificato inizialmente
corrisposto, mentre nella vigenza dell’imposta di bollo, questa
era commisurata alla dimensione dell’atto. Era dovuta una marca
da bollo da lire ventimila per ogni quattro facciate di foglio di cui
si componeva l’atto. Si spera ovviamente che ciò non produca il
proliferare di atti esageratamente lunghi con conseguente
appesantimento degli atti processuali e conseguente diseconomia
per
il
magistrato
che
dovrà
leggerseli.
Questo
citato
comportamento, deplorevole e purtroppo assai facile da attuare
con l’uso del computer, è rimesso all’intelligenza intellettuale
della classe forense che saprà comunque fare, della capacità di
sintesi (apprezzata sin dai primi gradi di insegnamento) e della
seppur residuale oralità del procedimento, il suo punto di forza
23
Corte Costituzionale, 12 marzo 1998, sentenza n. 522 depositata il 21 novembre 2002.
76
che la renda peraltro meritevole della notabilità da sempre
riconosciutale.
Questo nuovo metodo di esazione del tributo unico sulla
giustizia indubbiamente facilita il lavoro delle cancellerie
giudiziarie che non dovranno più controllare, al deposito dei
singoli atti, se tutte le marche sono state regolarmente apposte
nell’originale e nelle copie per ciascuna delle controparti e
s’immagini il maggior aggravio di lavoro (praticamente
impossibile) quando gli atti erano depositati in udienza, vista la
particolare bagarre dell’udienza civile e vista inoltre la frequente
assenza del cancelliere nell’udienza civile. Tutto ciò comportava
l’aggravio di costo per l’Erario nell’esazione del tributo ed
ancora molto spesso in questa confusione capitava la mancata
riscossione del tributo.
Così il contributo unificato sostituisce l’imposta di bollo
sui provvedimenti, la tassa d’iscrizione a ruolo della causa, i
diritti di cancelleria per le copie per uso ufficio riscossi a forfait
ed i diritti di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario. “Si
77
perde ormai nella notte dei tempi il ricordo di quando costui
chiamava effettivamente le cause civili”24.
Si dice contributo unificato non perché è unico, anzi esso è
commisurato al valore della causa oppure a determinati
procedimenti, ma si dice unico perché esso è dovuto in un’unica
soluzione ed una sola volta all’atto di iscrizione a ruolo della
causa e vale per tutti gli atti antecedenti, necessari o funzionali, al
processo. E’ demandato al cancelliere che riceve l’atto
l’accertamento formale del tributo dovuto sulla base di apposita
dichiarazione resa in calce all’atto da chi lo deposita in
cancelleria. Detto accertamento, stante la natura promiscua
dell’imposizione tributaria sulla giustizia, verterà innanzitutto sul
tipo di procedimento adito e, se trattasi di procedimento non
esente e non soggetto al tributo in misura fissa, si terrà conto del
valore della causa determinato secondo le regole dettate dal
codice di procedura civile, perché il nuovo tributo istituito si
applica per valore ed a scaglioni.
Il soggetto passivo del tributo è da individuarsi, a titolo di
anticipazione, nella parte che per prima si costituisce in giudizio
24
SACCHETTINI E., Niente più bolli per gli atti processuali, in “Guida al diritto” de “Il
sole 24 ore” del 29 gennaio 2000, n. 3, pag. 124.
78
(attore o ricorrente) o, nel caso del procedimento di esecuzione,
dalla parte che fa istanza di vendita dei beni pignorati o ancora da
colui che formula chiamata in causa, domanda riconvenzionale o
intervento autonomo, in conseguenza del quale accresca il valore
della causa oltre lo scaglione imponibile per il quale è stato già
anticipato il contributo unificato.
Si può tranquillamente definire il contributo unificato
come autotassativo, in considerazione del fatto che è lo stesso
soggetto passivo che è tenuto a dichiarare e corrispondere
l’importo dovuto. Inoltre, il soggetto passivo reale del tributo è la
parte soccombente in giudizio cui il giudice, secondo le ordinarie
regole del codice di procedura civile, vorrà addebitare le spese di
causa.
“Un
trattamento
preferenziale,
rispetto
alla
corrispondente posizione del danneggiato nel processo civile,
viene accordato alla parte civile nel processo penale: nulla è
dovuto se costei si contenta di una condanna generica al
risarcimento del danno, mentre altrimenti, se cioè viene richiesta
una
somma
specifica,
il
contributo
sarà
dovuto
in
corrispondenza non già alla domanda, come nel processo civile,
79
ma al decisum, cioè all’importo liquidatole in sentenza”25. Ma vi
è dell’altro: il contributo unificato nel procedimento penale, se
dovuto, è prenotato a debito a carico del condannato e cioè non
anticipato dalla parte per così dire vincitrice in giudizio, in
analogia con quanto già avveniva per l’imposta di registro, e
pertanto il soggetto passivo nel procedimento penale può essere
solo ed esclusivamente il condannato senza ulteriore discrezione
da parte del giudice. “Piace intravedere, anche in quest’occhio
di riguardo accordato alle vittime del reato, finalmente,
un’avvisaglia di cambiamento di approccio nei confronti della
posizione
da
costoro
assunta
nel
giudizio,
e
ciò
in
controtendenza a quanto emerge invece dallo spirito e dalla
lettera del codice Vassalli, teso soprattutto a scoraggiare questi
soggetti, né più né meno che al rango di intrusi, da partecipare
al processo penale”26.
In sede di assorbimento dei tributi soppressi nell’unico
tributo come sopra descritto, vi è stata altresì una sorta di
defiscalizzazione che si desume facilmente sia dalla lettura del
25
SACCHETTINI E., Niente più bolli per gli atti processuali, in “Guida al diritto” de “Il
sole 24 ore” del 29 gennaio 2000, n. 3, pag. 127.
26
Cfr. nota sub 17).
80
comma 8° e sia dal co. 9° della norma in esame. Ed infatti,
accanto all’esenzione esplicita contemplata per i procedimenti
già esenti da bollo o (e nota bene “o” che sta per alternatività) da
diritti di cancelleria, vi sono elencati come esenti una serie di
procedimenti che, per ragioni sistematiche, saranno trattati
meglio oltre. Ed inoltre, il comma 9° è l’unico riferimento
all’imposta di registro contemplato nella presente norma con
esenzione dall’imposta dei verbali di conciliazione di valore non
superiore a lire centomilioni. “Si tratta di una consistente
innovazione, tesa a deflazionare il contenzioso, anche se la
precedente esperienza di cui all’articolo 13 co. 6° della Legge n.
276/1997, che concedeva analogo bonus fino a cinquantamilioni
di lire nelle cause di vecchio rito assegnate alle sezioni
cosiddette stralcio, non ha dato i risultati sperati: salvo
particolari esigenze, infatti, le parti, quando si accordano,
preferiscono abbandonare la causa anziché sottoporsi a questo
ulteriore incombente, pur se gratuito”27. Per il resto rimane
inalterata tutta la disciplina dell’imposta di registro come ha detto
il Ministero delle Finanze: “Si osserva in via preliminare che le
novità in vigore dal … non interessano l’imposta di registro
27
Cfr. nota sub 17).
81
dovuta sugli atti giudiziari, la quale continua ad essere applicata
in conformità alle previsioni dell’art. 37 del Testo Unico delle
disposizioni concernenti l’imposta di Registro…”28.
Infine pare doveroso sottolineare la condivisibile delega
contenuta nel comma 6° dell’art. 9 così come definitivamente
riscritto. Si demanda alla potestà regolamentare del Governo la
variazione nel tempo degli scaglioni di valore pro-imposizione ed
inoltre, è demandata al Governo anche la definizione della
modalità tecnica per il versamento del tributo. Ciò da duttilità
alla norma permettendole di essere modificata e completata
tramite un atto di alta amministrazione che, per sua indole, è
senz’altro più snello e pertanto più consono all’adeguamento di
una parte della norma alla variabilità dei tempi.
4. L’ambito di applicazione del Contributo Unificato, le modalità
di pagamento e la riscossione coatta.
28
Circolare dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso del
27 febbraio 2002, n. 21/E.
82
Il titolo I della parte II del Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia è
interamente dedicato al Contributo unificato per le spese di
giustizia riprendendo pressoché in toto l’art. 9 secondo l’ultima
stesura data dalla legge di conversione n. 91/2002.
Senza possibilità di dubbi, con estrema chiarezza e senza
necessità alcuna di interpretazioni variegate, è individuato – con
le esenzioni di cui appresso si tratterà – nel processo civile,
compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione e
nel processo amministrativo, l’ambito di applicazione del
contributo unificato, per ciascun grado di giudizio.
Per le ragioni espresse nel precedente paragrafo – la
costante giurisprudenza ed il rigoroso tenore letterale della norma
– non si può in nessun modo ricomprendere il processo tributario
o quello contabile – per via analogica – nella disciplina testé
dettata.
Esclusa, però, codesta possibile interpretazione estensiva
della norma, si possono, invece, ricomprendere nell’ambito di
questa disciplina gli atti preparatori e funzionali al processo,
nonché la peculiare azione civile nell’ambito del processo penale.
Di conseguenza, codesti atti processuali diventano esenti
83
dall’imposta di bollo perché, comunque ricompresi tra gli atti del
procedimento per cui si è già corrisposto o si corrisponderà il
tributo unico.
“Il comma 1 dell’art. 9 della legge n. 488/1999 e succ.
mod. stabilisce che il pagamento del contributo unificato
comprende tutti gli atti e provvedimenti dei procedimenti civili,
penali ed amministrativi inclusi quelli ad essi antecedenti,
necessari o funzionali. La formulazione della legge, così come
modificata dalla legge di conversione, rende eloquente che nel
pagamento del contributo unificato sono comprese anche le
imposte di bollo dovute sulla procura alle liti, sull’atto di
precetto, sull’atto di pignoramento, sull’atto di costituzione di
parte civile, sulla relazione dell’ausiliario del giudice e del
consulente tecnico di parte, sulla tempestiva istanza di
ammissione
al
passivo
fallimentare,
sul
provvedimento
comunque conclusivo del procedimento, sul mandato di
pagamento emesso dal funzionario, sul decreto di pagamento del
magistrato, sull’istanza per la liquidazione della consulenza,
84
sulle varie istanze presentate dalle parti, quali differimento,
sospensione, estinzione”29.
Sembra sufficientemente chiaro che, deve intendersi
soppresso il bollo per gli atti introduttivi del processo, anteriori
alla costituzione in giudizio. Sembra parimenti chiaro che deve
intendersi soppresso anche il bollo sull’atto di precetto, il bollo
sull’atto di pignoramento immobiliare, come anche sull’atto di
pignoramento presso terzi, trattandosi di atti tipicamente
prodromici ed indispensabili all’avvio del processo esecutivo.
“Il precetto, così come si evince dal comma 1° dell’art.
480 del codice di procedura civile, è l’atto mediante il quale il
creditore, intima al debitore di adempire, entro un certo termine,
l’obbligo risultante dal cosiddetto titolo esecutivo di cui all’art.
474 del codice di procedura civile (ovvero provvedimento
giudiziale, titoli di credito e atti ricevuti da notaio o da altro
pubblico ufficiale legittimato). Pur nella diversità delle
funzioni…, il titolo esecutivo ed il precetto sono accomunati
dalla medesima natura di atti preparatori del processo di
esecuzione forzata così come emerge palesemente dall’art. 479
29
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
maggio 2002, n. 3.
85
del codice di procedura civile laddove viene asserito che se la
legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere
preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva
(ovvero munito della formula rituale di cui all’art. 475, comma
3, del codice di procedura civile) e, appunto, del precetto. La
disposizione appena richiamata, in tutta evidenza, ritiene la
notificazione del precetto una condizione che, in quanto tale,
“precede” il procedimento civile di esecuzione. Come
sottolineato da autorevole dottrina maggioritaria, il precetto
stesso, al quale andrebbe ricondotta una mera natura
sostanziale, non è atto dell’esecuzione forzata anche se
disciplinato nel libro terzo del codice di rito civile dedicato al
“processo di esecuzione”, dovendosi invece in esso ravvisare un
ruolo d’impulso, reso ancor più concreto dalla sua notificazione.
Essa, d’altra parte, è ulteriore indefettibile presupposto
dell’esecuzione e costituisce, nei confronti del precetto, un atto
diverso ma strumentale all’intimazione stessa”30.
Anche la relazione n. 2639-A del 24 aprile 2002, che ha
accompagnato il disegno di legge, approvato dal Senato, poi
30
BECCALLI C., Inapplicabilità del tributo agli atti preparatori della procedura esecutiva
civile alla luce delle modifiche all’art. 9, comma 1, della L. 23 dicembre 1999, n. 488, in “Il
fisco” n. 25/2002, fasc. n. 1, 9643/3997.
86
formalizzato nella suddetta legge di conversione, sancisce: “il
dubbio interpretativo relativo alla qualificazione degli atti
giudiziari… è stato risolto includendo nell’esenzione gli atti e i
provvedimenti necessari o funzionali ai procedimenti stessi anche
se ad essi antecedenti e propedeutici”.
Non sono compresi nell’ambito del contributo unificato, e
pertanto sono da assoggettarsi a bollo, le domande e le istanze
presentate da terzi, non collegate ai processi, perché l’esenzione
prevista dal legislatore è legata ai processi e, quindi, innanzi tutto
all’attività delle parti processuali.
“L’imposta di bollo, …, è invariata per gli atti non
giurisdizionali compiuti dagli uffici giudiziari. Invero, l’ambito
di operatività del contributo unificato risulta limitato ai
procedimenti previsti dalla legge stessa ed agli atti ad essi
necessariamente connessi, con esclusione di tutti quegli affari
che, anche se espletati davanti ad un ufficio giudiziario, non
sono correlati ad alcun procedimento e sono destinati a
realizzare esigenze e finalità estranee all’attività processuale.
In proposito si chiarisce che il contributo previsto dal
comma 2 della tabella 1 allegata alla legge n. 488/99 è relativo
unicamente ai processi amministrativi che si svolgono dinanzi al
87
T.A.R. e al Consiglio di Stato e non può dunque essere riferito ai
procedimenti di carattere amministrativo, quali quelli sopra
menzionati, di competenza degli uffici giudiziari ordinari”31.
Così, appare sufficientemente chiaro che, al fine di
individuare
l’assoggettamento
al
contributo
necessario
che
il
presupposto
ricorrano
unificato,
è
soggettivo
dell’appartenenza al processo, ossia bisogna essere parte
processuale ed il presupposto oggettivo, ovvero deve trattarsi di
atti
endoprocedimentali
dei
procedimenti
facenti
parte
dell’ambito di applicazione del nuovo tributo. La mancanza di
uno o entrambi di questi presupposti, seppur esclude dal
pagamento del contributo unificato, non fa venir meno
necessariamente l’assogettabilità a tributi. Infatti, la non
appartenenza all’ambito di applicazione del contributo unificato
deve intendersi che non si fa parte della disciplina che sappiamo
ormai comporsi di due lati: applicazione del contributo unificato
ed
esenzione
dal
contributo
unificato. Mentre la non
appartenenza alla disciplina non significa esenzione (altrimenti
31
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
maggio 2002, n. 3.
88
apparterrebbe), ma si tratta di un mero rimando alle disposizioni
sul bollo antecedenti e sopravviventi alla nuova normativa.
Per quanto riguarda le modalità di pagamento del
contributo unificato, “l’art. 9, comma 6, legge n. 488/1999,
rimetteva ad un regolamento, ai sensi dell’art. 17, comma 2,
legge n. 400/1988, l’individuazione delle modalità di pagamento
del contributo unificato.
Sulla base di questa norma è stato emanato il decreto del
Presidente della Repubblica n. 126/2001, modificato dal decreto
del Presidente della Repubblica 11 dicembre 2001, n. 466, le cui
disposizioni sono state incorporate, con i necessari adattamenti e
raccordi, nel testo unico.
La norma in commento (art. 191 T.U.), accogliendo un
suggerimento del Consiglio di Stato, rinvia alle norme
regolamentari e riprende la disposizione originaria per
l’eventuale procedura di modifica perché rilevano autorità
proponenti diverse da quelle competenti per la modifica delle
norme regolamentari del testo unico”32.
32
Relazione illustrativa del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia, commento all’art. 191, pag. 100.
89
Testualmente, l’art. 192 del T.U.: “Il contributo unificato è
corrisposto mediante: a) versamento ai concessionari; b)
versamento in conto corrente postale intestato alla sezione di
tesoreria provinciale dello Stato; c) versamento presso le
rivendite di generi di monopolio e di valori bollati.
L’art. 194 del T.U., “individua il contenuto della ricevuta
di versamento, tenendo conto delle modifiche apportate con il
decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre 2001, n.
466, che ha introdotto il contrassegno rilasciato dalle rivendite
di generi di monopolio e di valori bollati.
Per
conferire
maggiore
elasticità
alla
norma,
sganciandola da eventuali modifiche delle competenze interne al
Ministero dell'economia e delle finanze, si è rimessa
l'approvazione dell'apposito modello a decreto dirigenziale dello
stesso Dicastero, anziché al Direttore dell'Agenzia delle Entrate.
Quando il versamento è effettuato presso le rivendite di
generi di monopolio, la ricevuta è costituita dal contrassegno.
Poiché questo contiene solo la prova dell'avvenuto pagamento
dell'importo, deve essere apposto sulla nota di iscrizione a ruolo,
o atto equipollente, o sul modello apposito, i quali contengono
l'ufficio giudiziario adito, le generalità e il codice fiscale
90
dell'attore o ricorrente, le generalità delle altre parti. Elementi,
questi ultimi, che esistono nella nota di iscrizione a ruolo (v. art.
71 c.p.c. att., come modificato dal decreto legge n. 28/2002,
convertito nella legge 10 maggio 2002, n.91) e che devono
sussistere nell'atto equipollente. Altrimenti il contrassegno è
apposto sull'apposito modello che li contiene.
Il comma 5 riprende il comma 1 dell'articolo 5 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 126/2001, raccordandolo
all'introduzione del contrassegno. Il comma 6 prevede
l'annotazione degli estremi del versamento sul relativo registro
del ruolo generale, come rimedio all'eventuale perdita della
ricevuta”33.
Quindi, sostanzialmente il contributo unificato può essere
versato presso i concessionari di riscossione (ex esattorie e
banche) mediante l’uso del modello F23 (già noto agli addetti ai
lavori), presso gli uffici postali su apposito bollettino di
versamento in conto corrente e presso le tabaccherie.
Le ricevute ottenute (copia per il versante per l’F23,
attestazione di versamento per il bollettino di conto corrente
33
Relazione illustrativa del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia, commento all’art. 194, pag. 101.
91
postale o contrassegno per i tabaccai) vanno applicate su apposito
modello approvato dall’Agenzia delle Entrate, sia nel caso che
per il procedimento di cui trattasi sia prevista la redazione della
nota di iscrizione a ruolo, sia quando la nota di iscrizione al ruolo
non è richiesta, perché il nuovo modello contiene tutti i dati
richiesti dalla nuova normativa mentre la nota di iscrizione a
ruolo non li contiene.
Codesto nuovo modello portante la ricevuta di pagamento
del contributo unificato deve essere allegato agli atti che si
depositano in cancelleria unitamente alla nota di iscrizione a
ruolo, quando prevista. E’ fatto altresì obbligo al depositante
l’atto di citazione o il ricorso di rendere l’attestazione del valore
della causa o dell’eventuale esenzione, ed al cancelliere che
riceve l’atto, è rimesso il controllo formale di regolarità del
tributo versato rispetto al valore dichiarato.
Si è già detto delle sanzioni originariamente previste per
l’irregolarità o la mancanza del versamento del contributo
unificato. In breve, le sanzioni erano l’irricevibilità dell’atto nel
caso dell’atto introduttivo e l’improcedibilità della causa negli
altri casi in cui è dovuta l’integrazione del contributo già versato
92
per sopravvenuto passaggio del valore della causa allo scaglione
superiore.
Al fine di evitare impensabili effetti devastanti per gli
uffici giudiziari, nel caso eventuale e non poco probabile di un
intervento della Corte Costituzionale, il legislatore ha optato per
l’ordinaria via delle entrate patrimoniali dello Stato.
“Il comma 5 bis dell’art. 9 disciplina il meccanismo di
riscossione del contributo unificato, in caso di mancato o
insufficiente pagamento, secondo i principi generali dettati dai
decreti legislativi 9 luglio 1997, n. 237, 26 febbraio 1999, n. 46 e
13 aprile 1999, n. 112 e successive modificazioni, che hanno
regolato la materia della riscossione delle entrate patrimoniali
dello Stato.
Il funzionario addetto all’ufficio deve verificare la
presenza della ricevuta di versamento e la corrispondenza
dell’importo risultante dalla stessa con quello del corrispondente
scaglione, individuato sulla base della dichiarazione resa
dall’avvocato.
Il controllo effettuato dal funzionario è, dunque, come già
precisato in precedenza, un controllo meramente formale di
riscontro tra l’importo pagato e quello previsto nella legge come
93
corrispondente al valore della causa. Infatti, la legge è
inequivocabile nell’attribuire la determinazione del valore –
sulla base delle sopra richiamate regole del codice di procedura
civile – al difensore.
Il meccanismo di riscossione delineato nel comma in
esame consta di due fasi.
La prima prevede l’inoltro dell’invito bonario al
pagamento da parte del funzionario di cancelleria entro 30
giorni dal deposito dell’atto cui si collega il pagamento o
l’integrazione del contributo dovuto, quale risulta dal raffronto
tra la dichiarazione resa e il corrispondente scaglione della
tabella. Le modifiche apportate dalla legge di conversione al
comma 5 bis allungano il termine per l’invio dell’invito bonario
al pagamento da parte del cancelliere portandolo da dieci giorni
a trenta giorni e precisano che l’invito deve essere inviato alla
parte nel domicilio eletto o, nel caso di mancanza di domicilio
eletto, deve essere depositato presso la cancelleria dell’ufficio
giudiziario. Si precisa, al riguardo, che nel contesto del processo
pendente il legislatore ha limitato al domicilio eletto la
possibilità di notifica. Ciò si fonda sulla circostanza che nel
processo la parte elegge domicilio presso il proprio difensore
94
(articolo 84 c.p.c.). Per il caso, poi, del tutto marginale in cui la
parte stia in giudizio personalmente (perché autorizzata ex
articolo 82 c.p.c.) e non ha eletto domicilio, il legislatore ha
esteso il meccanismo del deposito in cancelleria, già previsto
dall’articolo 58 disp. att. c.p.c.
Per ciò che concerne la notifica dell’invito di pagamento
deve ritenersi che essa rientri tra le notifiche a richiesta d’ufficio
e che, quindi, debba essere effettuata mediante l’ufficiale
giudiziario, ai sensi dell’art. 137 c.p.c.
L’invito al pagamento serve solo all’adempimento
spontaneo di una obbligazione ex lege che basterà menzionare
nello stesso invito.
La
seconda
inottemperanza
fase,
che
all’invito
di
si
apre
a
pagamento,
seguito
della
consiste
nella
formazione del ruolo e, nel caso di decorso del termine per
l’adempimento
computato
dall’avvenuta
notifica,
nella
trasmissione del medesimo al concessionario per la riscossione.
Nell’importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi al saggio
95
legale, decorrenti dal deposito dell’atto cui si collega il
pagamento o l’integrazione del contributo”34.
Le disposizioni così dettate non hanno mancato di suscitare
critiche e commenti. “…con tale avviso (invito bonario al
pagamento del contributo unificato) si darebbe inizio a una
procedura sanzionatoria a carattere tributario, la comunicazione
andrebbe recapitata alla residenza del contribuente, non già al
suo domicilio eletto, né tampoco presso la cancelleria. E’ da
rimarcare in proposito che, secondo la circolare Giustizia n.
3/2002, detta comunicazione dev’essere effettuata pel tramite
dell’ufficiale giudiziario ex articolo 137 del C.p.c., e non quindi
con semplice raccomandata con avviso di ricevimento, come
ipotizzato in precedenza dal Consiglio di Stato.
Comunque le impugnazioni avverso detto avviso andranno
sollevate
presso
la
competente
Commissione
tributaria
provinciale, in virtù dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 546/1992
(<Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega
al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre
34
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
maggio 2002, n. 3.
96
1991 n. 413>) nel testo sostituito dall’articolo 12 della legge 28
dicembre 2001 n. 448”35.
Personalmente, invece, esprimo una critica in senso
contrario a quella espressa dalla citata dottrina, se posso
permettermi.
Infatti, dalla lettura combinata degli artt. 16, 200 e segg. e
272 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di spese di giustizia appare evidente a mio avviso una
inspiegabile diversità di trattamento tra fattispecie assai simili tra
di loro con un conseguente ed evidente trattamento di favore per
il difensore cd. civilista rispetto al cd. penalista.
L’art. 272 del citato Testo Unico, disciplinando il
trattamento sanzionatorio dell’inosservanza alle disposizioni del
Codice di Procedura Penale in materia di produzione delle copie
dell’atto di impugnazione posto a carico della parte impugnante,
dispone che la cancelleria “sopperisce facendo le copie
necessarie, ma il diritto è triplicato e posto a carico della parte.
Secondo la norma in commento, il funzionario addetto all’ufficio
35
SACCHETTINI E., Sulle iscrizioni a ruolo nella fase transitoria l’incertezza legislativa
crea la sanatoria?, in “Guida al diritto” de “Il sole 24 ore” del 25 maggio 2002, n. 20,
pagg. 35-36.
97
procede alla riscossione mediante iscrizione a ruolo, in solido
nei confronti dell’impugnante e del difensore, se il diritto di
copia
non
è
pagato
spontaneamente
dall’impugnante.
…All’inadempimento segue la riscossione mediante ruolo. Infatti
il debitore sa quanto deve (gli importi risultano dalle tabelle) e
quindi costituirebbe un inutile allungamento della procedura
l’invio dell’invito al pagamento”36.
Analogicamente e sistematicamente, per le medesime
ragioni, si sarebbe potuta tranquillamente saltare la fase
dell’invito bonario al pagamento nel caso dell’omesso o
irregolare pagamento del contributo unificato. Sempre per
analogia e parità di trattamento di casi similari, si sarebbe potuto
parimenti prevedere una responsabilità solidale in capo al
difensore che è peraltro un soggetto qualificato nelle procedure di
cui trattasi. Si condanna l’ignorante e si assolve un professionista
per la medesima condotta.
Cioè, indipendentemente dal fatto che l’atto introduttivo
sia depositato in cancelleria dalla parte privata o dal suo
36
Relazione ministeriale illustrativa del Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, commento all’art. 272, pag. 138.
98
difensore, si procede sempre contro la parte privata e mai contro
il suo difensore che, magari, ha steso e formato l’atto, stante la
pressoché generale obbligatorietà del patrocinio nel processo
civile.
5. Le esenzioni dal Contributo Unificato per materia e per valore
della causa.
Al regime delle esenzioni dal pagamento del contributo
unificato, quanto meno a titolo di anticipazione e fatto comunque
salvo il diritto alla imputazione del tributo a carico della parte
soccombente, è dedicato l’intero art. 10 del Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia che, sostanzialmente, assorbe integralmente il comma 8
dell’art. 9 della Legge n. 488/1999 e successive modificazioni.
Il citato articolo 10 opera le esenzioni oggettive ed assolute
dal contributo unificato, ossia le esenzioni per tipo di
procedimento e per valore della causa, mentre i seguenti articoli
11 e 12 operano delle esenzioni soggettive e relative dal
pagamento del contributo. Si tratta di esenzioni soggettive tenuto
99
conto della persona destinataria del beneficio e specificamente,
nell’ordine: le amministrazioni pubbliche, la parte ammessa a
patrocinio a spese dello Stato, la parte obbligata al risarcimento
del danno nel procedimento penale con condanna al risarcimento
del danno liquidato oppure alla provvisionale liquidata ed infine
la parte civile nel processo penale.
Si tratta di esenzioni relative perché, come innanzi detto, in
realtà, opera soltanto una esenzione dall’anticipazione del
contributo, mentre sopravvive il diritto alla riscossione del
contributo in testa alla parte privata eventualmente soccombente.
L’esenzione di tipo oggettivo dall’applicazione della
disciplina del contributo unificato opera, invece, nei confronti dei
procedimenti che prima dell’entrata in vigore del nuovo corso
erano già esenti dall’imposta di bollo o da ogni altra spesa, tassa
o diritto. In passato vi erano procedimenti esenti dalla sola
imposta di bollo a fronte di altri procedimenti per i quali era
dovuto il bollo ma non i diritti o altre tasse. L’originaria lettura
dell’art. 9 co. 8 in trattazione utilizzava la congiunzione “e” tra i
termini bollo e altre spese, pertanto pareva che il legislatore
intendesse che il nuovo regime delle esenzioni fosse confermato
nel solo caso di compresenza di esenzioni da ambo i tributi.
100
Invece, con le successive modificazioni, alla compresenza si è
sostituita l’alternatività con la congiunzione “o”. Pertanto sono
ora esenti sia i procedimenti già esenti da bollo, sia i
procedimenti esenti da altri tributi e non da bollo e sia i
procedimenti già in origine completamente esenti da ogni spesa
bollo compreso. E’ estranea alla disciplina l’imposta di registro,
come chiarito innanzi.
Sono esenti dal contributo unificato: il processo di
rettificazione dello stato civile; il processo in materia tavolare,
già gravato dal pagamento di diritti regionali; il processo
esecutivo per consegna e rilascio (art. 605 e ss. C.p.c.), poiché in
essi l’intervento del giudice è solo eventuale; il processo in
materia di equa riparazione (art. 3 della Legge 24 marzo 2001, n.
89, “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del
termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del
codice di procedura civile”, cd. legge Pinto) per stabilire una
sorta di par condicio con la gratuità della procedura avanti alla
Corte di Strasburgo, essendo state le cause a tale titolo promosse
o da promuovere dirottate alle Corti d’appello nazionali37
37
38
; i
Relazione illustrativa al Decreto Legge 11 marzo 2002, n. 28, recante modifiche all’art. 9
della Legge 23 dicembre 1999, n. 488, relative al contributo unificato di iscrizione a ruolo
101
processi riguardanti la prole (anche esecutivi, di opposizione e
cautelari)39 e, in particolare, per quelli in materia di assegni di
mantenimento,
l’esenzione
è
individuata
per
materia,
indipendentemente dal diverso giudice competente (compreso il
giudice tutelare)40; i procedimenti disciplinati al libro IV, titolo
II, capi I, II, III, IV e V del Codice di Procedura Civile, ossia la
separazione
personale
dei
coniugi,
l’interdizione
e
l’inabilitazione, l’assenza e la morte presunta, i minori, gli
interdetti e gli inabilitati ed i rapporti patrimoniali tra coniugi; il
processo cautelare attivato in corso di causa; il processo di
regolamento di competenza e di giurisdizione, anch’esso
incidentale come quello cautelare.
Si è inoltre operata una esenzione per valore della causa
per tutti i procedimenti il cui valore della causa è inferiore a mille
Euro e trentatre centesimi e per il processo esecutivo mobiliare di
valore inferiore ad Euro duemilacinquecento.
dei procedimenti giurisdizionali civili, penali e amministrativi, nonché alla Legge 24 marzo
2001, n. 89, in materia di equa riparazione.
38
SACCHETTINI E., La franchigia per i processi lumaca, in “Guida al Diritto” de “Il sole
24 ore” del 25 maggio 2002, n. 20, pag. 40.
39
cfr. Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del
13 maggio 2002, n. 3, pag. 11.
40
cfr. Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del
13 luglio 2002, n. 5.
102
Seppure il procedimento cautelare attivato in corso di
causa è esente, perché trattasi di mero procedimento incidentale,
il reclamo avverso tali provvedimenti è, viceversa, soggetto al
pagamento del contributo unificato previsto per i procedimenti in
camera di consiglio41. E sembra anche ovvio il perché. In corso
di causa è stato già corrisposto il contributo che, sostanzialmente,
paga il procedimento, ivi compresa la decisione interlocutoria e
cautelare adottata dal giudice titolare del procedimento, d’ufficio
o su istanza di parte. Invece, il reclamo avverso quella decisione
instaura un nuovo procedimento, che si svolge, per previsione
codicistica procedurale civile, in camera di consiglio e, pertanto,
sconta il pagamento del contributo unificato per quel tipo di
procedimento.
Questa casistica ricorre, come si vedrà in seguito, più
frequentemente,
nelle
procedure
concorsuali
di
diritto
fallimentare.
Completato il quadro delle esenzioni dal contributo
unificato si passa alla trattazione del nuovo tributo in sede
processuale attiva.
41
cfr. nota n. 29.
103
104
CAPITOLO IV
IL CONTRIBUTO UNIFICATO NEI VARI
PROCESSI SECONDO IL NUOVO
ORDINAMENTO GIURIDICO
SOMMARIO: 1. Il Contributo Unificato nella giustizia ordinaria: processo
civile e processo penale; 2. Il Contributo Unificato e la giustizia speciale:
processo amministrativo, contabile e tributario; 3. Il Contributo Unificato in
sede di procedure concorsuali.
1. Il Contributo Unificato nella giustizia ordinaria: processo
civile e processo penale.
Il titolo I della parte II del Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia è
intitolato al contributo unificato nel processo civile e
amministrativo. Composto dagli articoli dal n. 9 al n. 18,
sostanzialmente riprende in maniera organica la disciplina già
scritta dall’art. 9 della legge n. 488/1999, così come modificato
da tutti i successivi interventi legislativi. Sappiamo anche che il
citato
articolo
9
si
completa
dei
necessari
interventi
regolamentari demandati perciò dalla stessa norma di legge al
105
Governo. Questi interventi regolamentari trovano posto nel Testo
Unico al titolo III – capo I della parte III intitolato al pagamento
del contributo unificato nel processo civile e amministrativo con
articoli dal n. 192 al n. 195.
Infine troviamo l’ultima norma riguardante il contributo
unificato all’articolo 265 che contiene le disposizioni transitorie
afferenti l’istituzione del nuovo tributo e la soppressione del
vecchio regime impositivo sugli atti giudiziari.
Il processo civile è quello senz’altro più interessato dalla
riforma.
Il
processo
penale
è
pure
interessato
seppur
marginalmente dalla riforma in quanto le statuizioni civili, in
quella sede sono solo eventuali ed incidentali.
L’articolo 14 individua la parte obbligata al pagamento del
contributo unificato e rimette alla stessa la determinazione del
valore dei procedimenti, ai sensi del codice di procedura civile. Il
valore della causa rileva ai fini della determinazione dell’importo
dovuto, trattandosi, come già detto, di una tassa ad valorem,
crescente e per scaglioni. L’art. 14 individua, inoltre, i casi in cui
il contributo è dovuto nel corso del procedimento in conseguenza
dell’aumento del valore della causa.
106
E’ tenuta al pagamento del contributo unificato, secondo il
valore della causa da lei stessa dichiarato, la parte che per prima
si costituisce in giudizio, ossia deposita presso la cancelleria del
giudice adito il ricorso introduttivo o l’atto di citazione a
giudizio. E’ altresì tenuta al pagamento del contributo unificato
la parte che fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni
pignorati che è l’atto introduttivo del processo esecutivo di
espropriazione forzata.
E’ altresì tenuta al pagamento del contributo unificato la
parte che domanda o propone domanda riconvenzionale o
formula chiamata in causa o svolge intervento autonomo, cui
consegue l’aumento del valore della causa. Anche in questo caso,
la parte espressamente dichiara nell’atto il nuovo valore della
causa e versa solo l’integrazione del tributo equivalente alla
differenza tra l’importo dovuto secondo il nuovo valore della
causa e quello già versato in sede di iscrizione a ruolo secondo il
valore pre-aumento.
Quanto fin qui detto sul soggetto tenuto al pagamento del
contributo unificato va debitamente puntualizzato che, si sta
trattando del soggetto tenuto alla sola anticipazione del tributo.
Esso, infatti, va annoverato tra le voci facenti parte delle spese di
107
costituzione e difesa in giudizio che saranno poste a carico
dell’una o dell’altra parte processuale in sede di provvedimento
(sentenza o ordinanza) definitorio della causa secondo le
ordinarie regole del codice di procedura civile e del codice di
procedura penale.
Sul punto si è ampiamente trattato al capitolo III, paragrafo
2°, trattando dei cambiamenti subiti dall’originario art. 9 della
finanziaria 2000 (istitutivo del contributo unificato), nel punto in
cui era originariamente previsto il diritto alla ripetizione nei
confronti della parte soccombente del contributo unificato
anticipato dall’attore. Espressione poi soppressa perché ritenuta
superflua.
Diremo pertanto che, soggetto passivo reale del contributo
unificato è colui il quale sarà condannato al pagamento alla fine
del procedimento. Sembra piuttosto ovvio considerare che
l’anticipatario del contributo può coincidere con il soggetto cui
ricade il definitivo addebito. E non si può neppure escludere la
pur possibile e non tanto remota eventualità che la parte
ricorrente,
vincitrice
nel
giudizio,
si
trovi
comunque
impossibilitata al recupero in danno del condannato della somma
108
anticipata per mancanza di escuto; ma questo rientra nella
normale alea del ricorso all’autorità giudiziaria.
Un regime particolare, già noto alle pratiche di giustizia, è
stato adottato nei confronti della pubblica amministrazione, della
parte ammessa a gratuito patrocinio e della parte civile nel
processo penale cui è stata liquidata una provvisionale o l’intero
danno. Si tratta della prenotazione a debito, ovvero si evita, per
motivi di opportunità (vedi la vittima del reato o il soggetto non
abbiente) oppure per evitare un inutile giroconto di denaro tra
pubbliche amministrazioni, di obbligare la parte all’anticipazione
del contributo unificato e si procede annotando l’importo a futura
memoria allo scopo di recuperarlo eventualmente nei confronti
della parte soccombente condannata al pagamento delle spese
processuali.
Si riporta, nella pagina seguente, l’importo del contributo
unificato dovuto secondo le varie fattispecie processuali e
secondo il valore della causa determinato ai sensi dell’articolo 10
del codice di procedura civile.
109
PROCEDIMENTO
IMPORTO DOVUTO
Ordinario: valore della causa
da Euro 1.033 a Euro 5.165
Ordinario: valore della causa
da Euro 5.166 a Euro 25.823
Ordinario: valore della causa
da Euro 25.824 a Euro 51.646
Ordinario: valore della causa
da Euro 51.647 a Euro 258.228
Ordinario: valore della causa
da Euro 258.229 a Euro 516.457
Ordinario: valore della causa
da Euro 516.458 ed oltre
Omessa dichiarazione del valore della causa
Ordinario: valore della causa
indeterminabile innanzi al Giudice di Pace
Ordinario (civile ed amministrativo): valore
della causa indeterminabile
Volontaria giurisdizione e Camere di
Consiglio
Esecuzione immobiliare
Esecuzione mobiliare
Opposizione agli atti esecutivi
Sommari, opposizione a Decreto Ingiuntivo e
opposizione a sentenza dichiarativa di
fallimento
Competenza del Giudice di Pace
Opzione per il nuovo regime per le cause
pendenti (norma transitoria)
Sfratto per morosità
Sfratto per cessata locazione
Locazione, comodato, occupazione senza
titolo e impugnazione delibere condominiali
Fallimento (dalla sentenza dichiarativa alla
chiusura)
110
Euro 62
Euro 155
Euro 310
Euro 414
Euro 672
Euro 930
Euro 930
Euro 155
Euro 310
Euro 62
Euro 155
Euro 77,5
Euro 103,30
½ del dovuto
½ del dovuto
½ del dovuto
come da procedimento ordinario
con valore della causa dato dalla
somma dei canoni non corrisposti
come da procedimento ordinario
con valore della causa dato dal
valore del canone annuale
Euro 103,30
Euro 672
Come già detto in precedenza il Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia ha demandato alla potestà regolamentare del Governo il
successivo adeguamento degli importi per conferire maggiore
elasticità alla norma.
Si è trattato ampiamente nel precedente capitolo sulle
modalità di pagamento del contributo unificato (valevoli per ogni
fattispecie), del regime delle esenzioni e del mancato pagamento.
“Atteso che il contributo si paga una sola volta per
ciascun grado del giudizio, non vi sarà da pagare un nuovo
contributo in tutte quelle ipotesi di riattivazione del processo che
tuttavia non comportano il suo passaggio ad un grado diverso
dal primo.
Così:
a) se il processo si sospende ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (o per
altra ragione espressamente individuata dal legislatore), il
deposito dell’istanza ex art. 297 c.p.c. per la prosecuzione del
processo non comporterà l’obbligo del versamento di un
nuovo contributo;
111
b) se il processo si interrompe per una delle ragioni di cui agli
artt. 299, 300 e 301 c.p.c., il deposito dell’atto riassuntivo del
processo non comporterà l’obbligo del versamento di un
nuovo contributo;
c) se la causa viene cancellata dal ruolo per una delle ragioni
individuate dal legislatore nell’art. 306 c.p.c., l’atto di
riassunzione del processo cancellato dal ruolo, non
introducendo un nuovo giudizio, non comporterà il
versamento di un nuovo contributo unificato;
d) al contrario se il processo si estingue, poiché l’estinzione del
processo non estingue l’azione (art. 310 c.p.c.), ma l’azione
che viene riproposta introduce un nuovo processo, la
riproposizione di un’azione relativa ad un processo estinto
comporterà nuovamente l’esborso del contributo unificato”.1
Nel giudizio d’appello il contributo unificato è anticipato
dall’appellante che per primo si costituisce in giudizio e secondo
il valore della domanda d’appello ivi dichiarato se si tratta di un
appello parziale, limitato ad alcune delle decisioni del primo
giudice, oppure secondo il valore risultante dal dispositivo della
1
SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso),
relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal
sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana.
112
sentenza di primo grado se si tratta di impugnazione integrale.
L’appello incidentale, anche se tardivo (art. 371 c.p.c.), non è
soggetto all’applicazione del tributo, salvo che la domanda in
esso contenuta non comporti l’aumento del valore della causa
fino allo scaglione successivo.
Nel caso del ricorso alla Corte Suprema di Cassazione,
così come connaturato nel nostro ordinamento giudiziario, si
paga il contributo unificato sul valore delle decisioni d’appello,
non essendo contemplato un ricorso parziale. Ed anche nel caso
del ricorso incidentale (art. 371 c.p.c.) anche se tardivo o
condizionato, nulla è dovuto a titolo anticipatorio.
Per espressa previsione legislativa, non è dovuto il
contributo unificato perché incluso nel regime delle esenzioni,
nel caso di regolamento di competenza (artt. 42 e 43 c.p.c.) e di
regolamento preventivo di giurisdizione (art. 41 c.p.c.).
Avuto riguardo ai procedimenti sommari cautelari, la
norma in esame ha statuito l’esenzione totale dal pagamento del
contributo per tutti questi procedimenti se attivati in corso di
causa perché compresi nell’istruendo procedimento. Viceversa, il
cautelare attivato prima dell’inizio della causa di merito, come
anche il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e di
113
opposizione a sentenza dichiarativa di fallimento, sconta il
pagamento del contributo unificato nella misura della metà del
dovuto rispetto al valore della causa determinato secondo le
ordinarie regole. Analogo discorso vale per le istanze di modifica
o di revoca delle misure cautelari adottate, ossia si ha riguardo
che esse siano proposte in corso di causa oppure prima del
giudizio di merito.
Soggiace al pagamento del contributo unificato il reclamo
ex art. 669 terdecies c.p.c., che costituisce strumento di
impugnazione e quindi di diverso grado cautelare, seppur in
senso improprio; la misura del dovuto è quella prevista per il
procedimento camerale2 3.
Sui procedimenti sommari non cautelari, il legislatore,
andando incontro alle perplessità espresse dagli Uffici Giudiziari,
dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura e dalla Confedilizia, in
ordine alla base imponibile da prendere in considerazione in
occasione dei procedimenti di sfratto per finita locazione oppure
per morosità, ha risolto la questione nel senso che la base
2
cfr. SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso),
relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal
sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana.
3
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
luglio 2002, n. 5.
114
imponibile è determinata dall’ammontare dei canoni non
corrisposti nel caso dello sfratto per morosità e dal canone annuo
pattuito nel caso dello sfratto per cessata locazione.
“Nei procedimenti sommari non cautelari varranno le
seguenti regole: nei procedimenti di ingiunzione, la parte che
con ricorso richieda l’emanazione del decreto ingiuntivo
verserà, con il deposito del ricorso, metà della somma di cui alla
tabella 1 allegata alla legge relativamente al valore della somma
ingiunta; il debitore che proporrà opposizione all’ingiunzione
verserà, nel momento dell’iscrizione della causa di opposizione
sul ruolo, la rimanente metà del contributo sempre in base alla
somma oggetto del decreto ingiuntivo”4.
In materia di azioni cosiddette possessorie (Libro IV,
Titolo I, Capo IV c.p.c.), “considerata la natura bifasica –
sommaria che termina con ordinanza e ordinaria che termina
con sentenza – si chiarisce che per la prima procedura (di natura
sommaria) andrà richiesto il pagamento nella misura di cui al
comma 4 della tabella 1 legge citata (L. n. 488/1999) e per la
seconda procedura (quella di merito di natura ordinaria) andrà
4
SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso),
relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal
sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana.
115
richiesto il pagamento di un autonomo contributo unificato per il
procedimento di cognizione ordinaria”5. Così si esprimeva il
Ministero della Giustizia con la circolare citata. Altra
interpretazione di provenienza dottrinale, invece, era: “nei
giudizi di reintegrazione e manutenzione nel possesso il
ricorrente verserà il contributo unificato ridotto alla metà ai
sensi del comma 4° della tabella (e normalmente, in questi casi,
il valore della controversia dovrà considerarsi indeterminato) e
a seguito dell’ordinanza che accolga o rigetti il ricorso e rinvii
per il merito, andrà integrato il contributo con il versamento
della seconda metà”6. Infine interviene nuovamente il Ministero
della Giustizia ritornando sui suoi passi ed affermando che “i
suddetti procedimenti pur se strutturati in due fasi – l’una a
cognizione sommaria destinata a concludersi con ordinanza,
l’altra a cognizione piena destinata a concludersi con sentenza –
mantengono comunque una connotazione unitaria, tant’è che le
due fasi sono entrambe rette da un unico ricorso introduttivo.
Per tale motivo, il procedimento possessorio è assoggettabile
5
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
maggio 2002, n. 3.
6
Vedi nota sub 3).
116
soltanto al pagamento del contributo indicato nell’art. 13 comma
tre del Testo Unico (in misura della metà)”7.
Una appendice, meramente eventuale, al processo civile è
il processo di esecuzione immobiliare, mobiliare e di esecuzione
forzata di un obbligo di fare e di non fare (art. 612 e ss. c.p.c.). Il
processo è considerato come un autonomo procedimento rispetto
a quello ordinario di cognizione. La parte vincitrice della causa
notifica al debitore la sentenza munita della formula esecutiva e
l’atto di precetto. L’eventuale ulteriore inerzia o diniego al
pagamento del debitore da facoltà alla controparte di procedere al
pignoramento dei beni mobili ed immobili del debitore. Tutti
questi atti fin qui descritti sono esenti dall’imposta di bollo
perché prodromici e funzionali al processo esecutivo che è
gravato dal contributo unificato e pertanto l’imposta di bollo è da
quest’ultimo sostituita.
All’atto del deposito in cancelleria dell’istanza di vendita o
di assegnazione dei beni pignorati, la parte è tenuta
all’anticipazione
del
tributo
in
misura
fissa
di
Euro
centocinquantacinque per l’esecuzione immobiliare e la metà per
7
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
luglio 2002, n. 5.
117
ogni altra esecuzione. Nessun tributo è dovuto per i procedimenti
di esecuzione per consegna o rilascio.
“Per i procedimenti relativi alla esecuzione forzata degli
obblighi di fare e di non fare (art. 612 e ss. c.p.c.), poiché non vi
sono istanze per l’assegnazione o la vendita di beni pignorati, il
contributo deve essere pagato al momento del ricorso al giudice
dell’esecuzione.
L’opposizione
all’esecuzione
(art.
615
c.p.c.)
e
l’opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.), quali
azioni che introducono normali ed ordinari processi di
cognizione, soggiacciono alle regole generali e, quindi, sono
soggette al versamento del contributo al momento della
iscrizione a ruolo secondo il valore della domanda.
L’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) soggiace
al contributo fisso di Euro 103,30 ai sensi del comma 5 bis della
tabella 1 della legge in commento (L. n. 488/1999) che dovrà
essere versato, anch’esso, al momento della iscrizione a ruolo”8.
Non è dovuto alcun contributo per le istanze di
cancellazione del pignoramento dovute a perenzione dei processi
8
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
luglio 2002, n. 5.
118
esecutivi e per la presentazione di ogni ulteriore istanza e/o
domanda al giudice dell’esecuzione.
Infine vi è al comma 4° dell’art. 13 del Testo Unico una
voce onnicomprensiva per i procedimenti in materia di locazione,
comodato, occupazione senza titolo e di impugnazione di
delibere condominiali che fissa il contributo unificato dovuto in
Euro 103,30 ed altra analoga voce onnicomprensiva è contenuta
al comma 1° per i procedimenti in camera di consiglio
assoggettati al contributo unificato in misura fissa di Euro 62.
Si dirà in altra sede del contributo unificato nell’ambito
delle procedure concorsuali.
Una disciplina di particolare favore è adottata in favore
della parte civile costituita nell’ambito del processo penale. Essa
non sarà mai tenuta né al pagamento, né all’anticipazione, né del
contributo unificato, né dell’imposta di bollo sull’atto di
costituzione di parte civile e sulla copia della sentenza munita
della formula di esecutorietà e neppure su ogni altro atto della
parte civile nel processo penale. E’ palesemente una norma di
tutto favore per la vittima di un reato.
119
Il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti
del condannato nel solo caso di condanna ad una provvisionale o
nel caso di completa liquidazione del danno da risarcire.
Anche nell’ambito del procedimento penale è cambiato
qualcosa per quanto concerne le spese di giustizia stante la
soppressione dei diritti di cancelleria, bollo e precetto che erano
voci componenti le spese di giustizia. All’uopo, con Decreto
Ministeriale del 13 novembre 2002, n. 285 (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 303 del 28 dicembre 2002
ed entrato in vigore il 12 gennaio 2003) sono stati adottati i nuovi
importi per i tributi residuati alla soppressione e cioè le spese
postali e le spese per trasferte e diritti degli ufficiali giudiziari.
2. Il Contributo Unificato e la giustizia speciale: processo
amministrativo, contabile e tributario.
Il processo amministrativo, a mente dell’art. 9 della Legge
n. 488/1999, è ricompreso tra i procedimenti per i quali è
soppressa l’imposta di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti
di segreteria ed i diritti di chiamata di causa dell’ufficiale
120
giudiziario, con corrispettivo assoggettamento alla disciplina del
contributo unificato.
Per questa ragione, sostanzialmente, valgono per il
processo amministrativo le regole fin qui escusse dicendo del
processo civile con la naturale peculiarità del processo
amministrativo che ha necessariamente tra le parti in causa una
amministrazione pubblica.
Con Circolare del 26 febbraio 2002, il Consiglio di Stato
ha dettato agli Uffici dipendenti le istruzioni per la corretta e
puntuale applicazione della nuova disciplina, che non si discosta
da quella fin qui esaminata.
L’importo dovuto per il processo amministrativo di valore
indeterminato o indeterminabile è fissato in Euro 310. Non si
tratta di uno di quei procedimenti cui la nuova disciplina
sottopone
ad
importo
esclusivo,
tuttavia,
“il
processo
amministrativo, quale processo di impugnazione di un atto della
pubblica amministrazione, avrà infatti valore indeterminato; ma
il recente sviluppo della giurisdizione esclusiva di cui al Decreto
Legislativo 31 marzo 1998 n. 80 e alla Legge 21 luglio 2000 n.
205, nonché l’attribuzione al giudice amministrativo della
cognizione delle controversie di natura patrimoniale afferenti
121
alle materie sotto la giurisdizione esclusiva, consentiranno, al
contrario,
di
avere
in
molte
occasioni
controversie
amministrative di valore determinato. Per queste varranno le
regole generali e si dovrà pagare il contributo nella misura di
cui all’allegata tabella (vedi paragrafo precedente).
Se una controversia amministrativa è in parte di valore
indeterminato e in parte di valore determinato, si dovrà, secondo
un criterio già visto, considerare la controversia di valore
indeterminato se il diritto patrimoniale azionato sarà contenuto
nella somma di cui allo scaglione sub d) (Euro 310) della
tabella, e di valore superiore se il diritto patrimoniale avrà
valore superiore alla somma di cui allo scaglione sub d) della
tabella.
Nessun contributo andrà invece pagato per il processo
cautelare di sospensiva dei provvedimenti amministrativi di cui
all’art. 21 della Legge 6 dicembre 1971 n. 1034. Tale
subprocedimento, infatti, andrà sempre e inevitabilmente
considerato un incidente in corso di causa ai sensi
dell’esclusione di cui all’8° comma dell’art. 9 (L. n. 488/1999).
Ed eguale discorso varrà, sempre ai sensi dell’art. 21 della
Legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nelle ipotesi in cui il giudice
122
amministrativo emani una ingiunzione a pagare una somma di
denaro determinata.
Al contrario, se il provvedimento cautelare viene
impugnato innanzi al Consiglio di Stato, vi sarà da pagare un
nuovo contributo, seppur ridotto della metà, atteso il diverso
grado cautelare ai sensi del 2° comma dell’art. 9 della legge in
commento.
Nel silenzio della legge, infine, nessun contributo appare
dovuto per l’ottemperanza dei provvedimenti del giudice
amministrativo, e siano questi relativi a sentenze di merito
passate in giudicato in base all’art. 27 R.D. 26 giugno 1924 n.
1054, siano questi provvedimenti cautelari emessi in forza del
citato art. 2 per come riformato dalla recente Legge n.
205/2000”9.
Pur nel rispetto delle opinioni altrui e peraltro così
autorevoli in dottrina come quelle qui esposte, non condivido la
considerazione della sostanziale esenzione dal contributo
unificato del giudizio di ottemperanza in sede amministrativa. A
mio parere, letto l’art. 13, comma 2° del Testo Unico delle
9
SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso),
relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal
sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana.
123
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia, il processo di ottemperanza andrebbe qualificato tra gli
altri processi esecutivi per cui l’importo dovuto per il processo
esecutivo immobiliare (Euro 155) è ridotto alla metà.
A sostegno della mia tesi argomento dicendo che laddove
la legge in commento disciplina insieme il processo civile, penale
ed amministrativo, crea una necessaria similitudine tra questi.
Naturale conseguenza, mi sembra, sia quella di trattare parimenti
i rispettivi processi esecutivi e la norma citata prevede una voce
specifica (processo di esecuzione immobiliare) ed una voce
onnicomprensiva residuale (altri processi esecutivi), ossia tutto
ciò che non è esecuzione immobiliare.
Discorso totalmente opposto rispetto a questo esposto per
il processo amministrativo giudiziario, vale, invece, per i processi
speciali tributario e contabile.
Discorrendo innanzi, in questa trattazione, dell’ambito di
applicazione della nuova disciplina dell’imposizione tributaria
sugli atti giudiziari, sono state esposte le ragioni, tutte
pienamente condivisibili, per le quali non si può in nessun modo
interpretare la nuova normativa in maniera estensiva al fine di
assimilare il processo tributario e quello contabile a quello
124
amministrativo. Si rimanda a quella sede per le considerazioni ivi
esposte. E, d'altronde, proprio a scanso di equivoci, gli artt. 254 e
260 del Testo Unico ribadiscono l’assoggettamento ad imposta di
bollo degli atti riguardanti questi processi.
Esprimendo ancora una personalissima considerazione,
non si vedono, invece, ragioni plausibili che giustifichino la
scelta del legislatore di applicare la nuova disciplina ai processi
civili, penali ed amministrativi e non anche ai processo contabili
e tributari che non essendo espressamente previsti dalla legge,
non sono neppure analogicamente assimilabili.
“Non sono assoggettate a tributo (imposta di bollo) la
copia autentica della sentenza della Commissione tributaria
regionale (o centrale), l’istanza per la trasmissione del fascicolo
d’ufficio (articolo 369 del C.p.c.) e la procura speciale alle liti
con atto separato. In tutti e tre i casi emerge la necessarietà o
quanto meno la funzionalità dell’atto al procedimento giudiziale
e, quindi, trova applicazione il disposto dell’articolo 18 del
D.P.R. n. 115/2002, in forza del quale sono soggetti al contributo
unificato (e non all’imposta di bollo) gli atti e i provvedimenti
del processo civile, intendendo per tali tutti gli atti processuali,
125
inclusi
quelli
antecedenti,
necessari
o
funzionali10.
La
circostanza, poi, che il citato articolo 18 faccia esplicito
riferimento agli atti del procedimento civile non esclude
l’applicabilità della disposizione anche nel caso di impugnazione
delle sentenze della Commissione tributaria regionale o centrale.
L’articolo 261 del medesimo decreto stabilisce infatti che al
ricorso per cassazione e al relativo processo si applica la
disciplina prevista dal presente testo unico per il processo
civile”11.
3. Il Contributo Unificato in sede di procedure concorsuali.
Il comma 7° dell’articolo 1 del Decreto Legge 11 marzo
2002, n. 28, a parziale modifica del punto 3 della Tabella n. 1
allegata alla Legge n. 488/1999, ha previsto l’inserimento del
punto 3-bis volto a stabilire il quantum del contributo dovuto per
10
Circolare dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso del
14 agosto 2002 n. 70/E.
11
IANNIELLO B., L’Agenzia spiega l’esenzione dall’imposta di bollo per gli atti
“necessari” al ricorso in Cassazione, in “Guida Normativa” de “Il sole 24 ore” del 23
ottobre 2002, n. 190; Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale
Normativa e Contenzioso del 1° ottobre 2002, n. 315/E.
126
le procedure fallimentari fissando l’importo dovuto per il
contributo unificato, al fine di risolvere questioni interpretative
non indifferenti quali ad esempio la commisurazione del valore
della procedura sul valore dell’attivo o sul valore del passivo,
accertamento peraltro sempre successivo al momento in cui la
procedura si avvia, in un unico scaglione pari ad Euro 516,50 (un
milione di lire), poi elevato ad Euro 672,00 (cifra corrispondente,
grosso modo, alla media di quanto attualmente lo Stato recupera
dal fallimento per bolli e diritti).
Le procedure fallimentari sono quelle ufficiose che vanno
dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura della
procedura, per le quali – per espresso disposto dell’art. 91 del
R.D. 16 marzo 1942, n. 267 – “se fra i beni compresi nel
fallimento non vi è denaro occorrente alle spese giudiziali per gli
atti richiesti dalla legge, dalla sentenza dichiarativa di fallimento,
l’Erario anticipa le spese”.
“Il contributo unificato si applicherà anche alle procedure
concorsuali e pertanto, chi chieda il fallimento di un
imprenditore, oppure chieda di essere ammesso a concordato
preventivo o a liquidazione coatta amministrativa, dovrà versare
il contributo di cui alla tabella 1 allegata alla legge. Il
127
procedimento che si svolge
in camera di consiglio sarà
sottoposto al contributo nella misura indicata (per tale tipo di
procedimento) in Euro 62,00.
Nel silenzio della legge non sembra invece dovuto alcun
contributo per le insinuazioni allo stato passivo ai sensi degli
artt. 93 e segg. della legge fallimentare. Le azioni di opposizione
allo stato passivo (artt. 98 e segg. della legge fallimentare),
nonché le insinuazioni tardive (art. 101 citata legge), le istanze
di revocazione (art. 102 citata legge) e le domande di
rivendicazione (art. 103 citata legge), quali azioni che
introducono un ordinario processo di cognizione, dovranno
sottostare alle regole generali, e quindi saranno soggette al
contributo in base alla tabella allegata alla legge secondo il
valore della controversia”12.
Così anche il Ministero della Giustizia: “Per tutti i
procedimenti in camera di consiglio del tribunale fallimentare
opererà lo scaglione di contributo indicato alla lett. B) del
comma 1 della Tabella 1, ai sensi del comma 4bis della
12
SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso),
relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal
sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana.
128
medesima Tabella, che ha richiamato i procedimenti del Libro
IV, Titolo II, Capo VI del codice di procedura civile (contributo
unificato pari ad Euro 62,00).
Per ciò che concerne le procedure fallimentari è
opportuno precisare il diverso trattamento, ai fini del pagamento
del contributo unificato, delle insinuazioni tempestive e delle
insinuazioni tardive.
In particolare le insinuazioni tempestive, non dovendo
essere iscritte a ruolo, non esigono il pagamento del contributo
unificato.
A diverso trattamento sono invece soggette le istanze
tardive. Invero, il complesso delle norme che regolano
l’accertamento del passivo in sede fallimentare, ed in particolare
quelle che attengono alla procedura per l’insinuazione tardiva
del credito (artt. 51, 52, 93 e 101 R.D. 16 marzo 1942, n. 267),
conducono ad un particolare processo di verificazione, inteso ad
assicurare un esame rapido dell’accertamento di tutte le pretese
dei creditori.
Tali norme pongono bene in evidenza la circostanza che
l’accertamento in questione è di natura giurisdizionalecontenziosa ed inderogabile e che, quindi, come ha ritenuto la
129
Suprema Corte, con costante giurisprudenza, il giudizio
conseguente
alla
dichiarazione
tardiva
del
credito,
in
considerazione della sua autonomia rispetto alla fase di
verificazione e accertamento, è soggetto alla forma ed ai principi
del rito ordinario.
La domanda di ammissione al passivo ed il ricorso per
insinuazione tardiva del credito, dunque, costituiscono l’unico
mezzo processuale per proporre la domanda giudiziale, al fine di
far valere il proprio credito nei confronti del debitore fallito13.
Sulla base della configurazione di tale giurisprudenza di
legittimità, si deve, quindi, ritenere che il ricorso per
insinuazione tardiva, abbia natura di domanda giudiziale, diretta
ad ottenere un provvedimento giurisdizionale che accerta il
diritto di partecipare al concorso. Appare evidente, quindi, che il
ricorso per insinuazione tardiva sia soggetto al pagamento del
contributo unificato in base al valore del credito per cui si
procede”14.
13
cfr. fra tutte Cass., Sez. 3°, 29 maggio 1972, n. 1709; Cass., Sez. 1°, 18 giugno 1997, n.
5459.
14
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
maggio 2002, n. 3.
130
Analogamente, le azioni che sorgono dal fallimento, quali
le revocatorie ex artt. 66 e 67 della legge fallimentare,
introducendo normali giudizi di cognizione, saranno parimenti
soggette al contributo unificato nella misura proporzionale al
valore della controversia.
Solo l’opposizione alla sentenza di fallimento sarà soggetta
al contributo unificato nella misura della metà per espressa
previsione di legge, mentre il reclamo avverso il rigetto di istanza
di fallimento ai sensi dell’art. 22 della legge fallimentare,
introducendo un procedimento camerale, sarà sottoposto al
contributo nella misura espressamente prevista per quella
procedura.
Egualmente soggetti al pagamento del contributo unificato
in misura di Euro 62,00, saranno i reclami avverso i
provvedimenti del giudice delegato ex art. 26 della legge
fallimentare che introducono procedimenti camerali.
Nessun contributo sarà al contrario dovuto per le istanze
che le parti possono presentare al giudice delegato ai sensi
dell’art. 25 della legge fallimentare.
Su autorizzazione del Giudice Delegato, il curatore
fallimentare paga il contributo unificato utilizzando i fondi o il
131
conto fallimentare, secondo le regole di cui all’art. 34 e 111 n. 1
della legge fallimentare. Invece, nel caso di revoca della
dichiarazione di fallimento, le spese della procedura fallimentare
sono a carico del creditore istante, se condannato ai danni per
aver chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa oppure sono
a carico del fallito persona fisica, se con il suo comportamento ha
dato causa alla dichiarazione di fallimento.
132
CAPITOLO V
LE COMPETENZE RESIDUALI DEI TRIBUTI
SOPPRESSI E GLI ALTRI TRIBUTI
SOPRAVVISSUTI
SOMMARIO: 1. L’imposta di bollo ed i diritti soppressi nelle procedure
ante-1992 e gli altri casi; 2. I diritti di copia per uso privato; 3. Le spese
degli Ufficiali Giudiziari.
1. L’imposta di bollo ed i diritti soppressi nelle procedure antemarzo 2002.
L’imposta di bollo e gli altri diritti soppressi dalla
finanziaria
2000
continuano
comunque
ad
esistere
nell’ordinamento, perché la soppressione ha un ambito limitato
coincidente con quello di applicazione del contributo unificato
che assorbe l’imposta di bollo e gli altri diritti, limitatamente alle
ipotesi già descritte.
Dal punto di vista temporale, la nuova disciplina del
contributo unificato entra in vigore il 1° marzo 2002 e per
naturale conseguenza, come detto al precedente capoverso, cessa
di esistere la previgente normativa, salvo ovviamente taluni casi.
133
Il Decreto Legge n. 28/2002, “intese perequare il vecchio
al nuovo sistema, in concreto abolendo in toto i precedenti
balzelli e imponendo alle parti di omologarsi alla riforma
corrispondendo il contributo unificato nella misura via via
rapportata all’anzianità della procedura, salvo che per le cause
più vecchie, che non avrebbero dovuto scontare alcuna
contribuzione. Sistema questo che scontentava un po’ tutti: in
primo luogo gli avvocati, che denunciavano un irragionevole
aggravarsi di spese proprio per le cause che, per effetto
dell’inefficienza del servizio giustizia, continuavano a stagnare
da tanto tempo negli uffici”1.
Ci si accorge da subito peraltro che questo meccanismo
rischiava di intasare le cancellerie giudiziarie costrette ad un
superlavoro al fine di individuare pro-tempore l’importo della
tassa dovuta a causa della vigenza di entrambi i trattamenti
impositivi ed in più con uno scaglionamento del tributo per
tempo oltre che ad valorem.
Così, “si ritorna indietro al punto di partenza. Nella
sostanza almeno, la legge di conversione, seppur con qualche
1
SACCHETTINI E., Sulle iscrizioni a ruolo nella fase transitoria l’incertezza legislativa
crea la sanatoria?, in “Guida al Diritto” de “Il sole 24 ore” del 25 maggio 2002, n. 20, pag.
41.
134
mutamento formale, riprende infatti l’originaria stesura del
comma 11 dell’art. 9 della Finanziaria 2000, reintroducendo il
meccanismo dell’opzione volontaria mediante pagamento di
metà del contributo dovuto ratione valoris della causa”2. Ciò
significa che esisterà un periodo transitorio durante il quale ci
sarà la vigenza di entrambe le normative con facoltà concessa
alle parti di scegliere l’uno o l’altro sistema, con uno sconto del
50% sul contributo dovuto per le cause già iscritte a ruolo al 1°
marzo 2002, ma senza restituzione di quanto già versato a titolo
di imposta di bollo.
“L’imposta di bollo in materia di atti giudiziari acquisisce
una natura residuale, perché rimane generalmente dovuta
quando non opera il contributo unificato. Occorre precisare,
però, che l’esclusione dal pagamento del contributo unificato
non comporta sempre il pagamento dell’imposta di bollo. In
determinati casi,
…, alcuni atti e provvedimenti sono stati
ritenuti dal legislatore – per le loro specifiche finalità – esenti da
ogni imposizione, sia ai fini dell’imposta di bollo che del
contributo unificato”3.
2
cfr. nota sub 1).
Circolare dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso del 14
agosto 2002, n. 70/E.
3
135
“L’imposta di bollo, difatti, è invariata per gli atti non
giurisdizionali compiuti dagli uffici giudiziari. Invero, l’ambito
di operatività del contributo unificato risulta limitato ai
procedimenti previsti dalla legge stessa ed agli atti ad esse
necessariamente connessi, con esclusione di tutti quegli affari
che, anche se espletati davanti ad un ufficio giudiziario, non
sono correlati ad alcun procedimento e sono destinati a
realizzare esigenze e finalità estranee all’attività processuale.
In proposito, si chiarisce che il contributo previsto dal
comma 2 della tabella 1 allegata alla legge n. 488/1999 è
relativo unicamente ai processi amministrativi che si svolgono
dinanzi al T.A.R. e al Consiglio di Stato e non può dunque essere
riferito ai procedimenti di carattere amministrativo, quali quelli
sopra menzionati, di competenza degli uffici giudiziari
ordinari”4.
Per
le
medesime
ragioni
qui
esposte,
prosegue
l’assoggettamento alla disciplina sull’imposta di bollo a carico di
chiunque si rivolge all’autorità giudiziaria per qualunque causa
non rivestendo la qualifica di parte processuale.
4
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
maggio 2002, n. 3.
136
Il
Testo
Unico
delle
disposizioni
legislative
e
regolamentari in materia di spese di giustizia dando disposizioni
transitorie, con l’art. 265 commi 3, 4 e 5, individua con
precisione la normativa applicabile per i processi in cui la facoltà
di scelta non è esercitata. Esso non tange assolutamente la
materia del bollo, infatti al comma 3° dell’articolo citato opera un
mero rinvio alle disposizioni sul bollo senza entrare nel merito.
Per i diritti di copia per uso ufficio e per i diritti di cancelleria è
stato fatto un rinvio specifico per evitare dubbi interpretativi
essendo soppressi solo i diritti per le riproduzioni ad uso
d’ufficio pagati in via anticipata al momento dell’iscrizione a
ruolo, mentre per le copie ad uso dei privati è comunque dovuto
il diritto.
2. I diritti di copia per uso privato.
Mera tassa sugli atti giudiziari è il diritto di copia da
corrispondersi, di volta in volta, all’atto dell’istanza di rilascio di
una copia conforme o non di un atto processuale (atto contenuto
nel fascicolo degli atti processuali).
137
E’ commisurato alla quantità di lavoro richiesta alla
pubblica amministrazione ed infatti l’importo del diritto dovuto è
graduato sulla base del numero di pagine di cui l’atto si
compone. E’ altresì previsto un autonomo diritto di copia
conforme che consiste nel pagamento del lavoro richiesto
consistente nella apposizione di una certificazione di conformità
all’originale della copia dell’atto rilasciato a cura del Cancelliere.
Detta attestazione rende la copia dell’atto vera fino a querela di
falso (presunzione legale).
E’, inoltre, previsto il cosiddetto diritto d’urgenza che il
richiedente dovrà versare allorquando con l’istanza si richiede il
rilascio delle copie entro e non oltre il secondo giorno successivo
a quello in cui è depositata l’istanza in cancelleria.
Ancora, è previsto il cosiddetto diritto di certificazione che
è una voce onnicomprensiva e che impone il pagamento del
diritto ogniqualvolta si richiede alla cancelleria il rilascio di una
attestazione.
“Dall’interpretazione sistematica dei recenti interventi
legislativi discende che sono stati soppressi solo i diritti per le
riproduzioni ad uso d’ufficio, quantificati in modo forfettizzato
per il recupero dal D.M. n. 374/1989 per il procedimento penale,
138
quantificati in modo forfettizzato per il pagamento anticipato
della parte che si costituisce, per il procedimento civile dalla
legge 7 febbraio 1979, n. 59.
Sono, invece, rimasti invariati gli importi richiesti per le
copie semplici e sono aumentati gli importi per le copie
autentiche ai sensi dell’ultimo comma della tabella 1 allegata
all’art. 9 legge n. 488/1999, quando la copia è rilasciata ad
istanza di parte.
L’incidenza limitata della soppressione dei diritti di
cancelleria sui diritti di copia è fondata su tre argomenti:
a) il legislatore non ne ha fatto cenno espresso nell’art. 9,
legge n. 488/1999 e si è limitato a quantificare il diritto di
autenticazione (a sua volta componente del diritto di
copia) nella tabella 1 allegata alla legge che contiene le
quantificazioni del contributo unificato;
b) il legislatore successivo (art. 145, co. 70, legge 23
dicembre 2000, n. 388, che ha modificato l’art. 3 della
legge 10 ottobre 1996, n. 525, con l’introduzione del
comma 3bis) ha previsto uno strumento generale di
adeguamento degli importi riferito a tutti i diritti di copia,
139
sull’evidente presupposto che l’art. 9 non li aveva
soppressi;
c) il legislatore successivo, che si è occupato del processo
amministrativo (legge 21 luglio 2000 n. 205) in una norma
speciale (art. 1, comma 3, 2° periodo, che ha novellato
l’art. 23 della legge 6 novembre 1971, n. 1034), ha
soppresso il diritto di copia in casi particolari, limitandosi
a richiedere il costo di riproduzione sull’evidente
presupposto dell’esistenza nell’ordinamento dei diritti di
copia,
sicuramente
applicabili
anche
nel
giudizio
amministrativo”5.
Anche il diritto di copia, come il contributo unificato,
beneficia della riduzione del 50% per i procedimenti incardinati
innanzi al giudice di pace, pertanto, anche il diritto fisso per le
copie degli atti di euro 5,16 deve essere ridotto alla metà per tali
uffici6.
5
Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13
maggio 2002, n. 3.
6
cfr. art. 3 n. 4) della Legge 10 ottobre 1996, n. 525.
140
Per quanto concerne le modalità di pagamento, il diritto di
copia sarà corrisposto mediante apposizione delle speciali
marche o, in assenza di queste, dalle ordinarie marche da bollo.
Tutto quanto fin qui detto sui diritti di copia vale oltre che
per le procedure ordinarie, anche per il processo contabile e
tributario.
Le tariffe ad oggi in vigore sono quelle di cui alla tabella
allegata alla Legge 24 dicembre 1976, n. 900, come sostituita
dalla tabella A, allegata alla Legge 6 aprile 1984, n. 57 e poi
modificata dalla Legge 21 febbraio 1989, n. 99 e dalla Legge 10
ottobre 1996, n. 525, limitatamente al n. 3, n. 4, lett. a), n. 5, n. 6,
n. 7 e n. 8.
3. Le spese degli Ufficiali Giudiziari.
Trattando dei tributi sulla giustizia, non sfugge agli addetti
ai lavori che vi è una voce di spesa che, seppur può apparire
marginale, occupa una fetta sostanziale della torta delle spese di
giustizia.
141
Gli Ufficiali Giudiziari sono considerati dall’Ordinamento
Giudiziario come ausiliari dell’Ordine Giudiziario composto dai
magistrati e dal personale tutto delle cancellerie e segreterie
giudiziarie.
Il loro compito è quello di eseguire le notifiche, le
esecuzioni ed i protesti. Senz’altro, le notifiche e le esecuzioni
sono le componenti processuali, mentre i protesti sono materia
extra-processuale.
Le notificazioni, peraltro ricorrenti in qualsiasi codice di
diritto procedurale, sono delle comunicazioni solenni di un atto.
L’ufficiale giudiziario consegna una copia conforme dell’atto al
destinatario ed appone in calce all’originale del medesimo atto la
relata di notifica, ossia una relazione attestante che da quel
preciso momento, quel determinato atto è posto alla cognizione
del destinatario.
Le esecuzioni, vigendo in uno Stato di diritto il dovere di
far valere le proprie ragioni mediante ricorso alla pubblica
autorità, costituiscono la messa in atto, a cura dell’ufficiale
giudiziario ed a richiesta di parte pubblica o privata che sia, della
statuizione contenuta in un atto munito di declaratoria di
142
esecutività senza che il soggetto passivo vi abbia adempito dietro
formale richiesta.
Le une e le altre attività tipiche degli ufficiali giudiziari
sono soggette a prelievo tributario.
La riforma epocale che ha interessato la materia in questi
ultimi mesi, ha solo marginalmente scalfito la materia dei
compensi dovuti agli ufficiali giudiziari, ma il titolo II della parte
II del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di spese di giustizia è interamente dedicato alle spese
degli ufficiali giudiziari con finalità di riordino ed allo scopo di
soddisfare quell’esigenza di disciplina unitaria ed organica della
materia delle spese di giustizia cui il Testo Unico fa fronte.
E’ stato soppresso, perché riassorbito nel contributo
unificato, l’anacronistico diritto di chiamata di causa degli
ufficiali giudiziari. Questa è un’altra funzione che l’ordinamento
giudiziario demandava agli ufficiali giudiziari, cioè la chiamata
delle parti in causa nel processo che in quel momento era in
discussione. Oggi, nel processo civile non c’è più neppure il
ricordo dell’ufficiale giudiziario che chiamava le cause e, in un
bel po’ di casi, si comincia anche a dimenticare la presenza del
cancelliere in udienza coadiutore del giudice nella stesura del
143
verbale di udienza e depositario della pubblica fede di quanto da
lui scritto a verbale.
Qualche differenza c’è nel processo di diritto penale dove
vi è la presenza del cancelliere ed anche dell’ufficiale giudiziario
che chiama le cause, salvo problemi non infrequenti di organico
degli uffici cosiddetti UNEP (unici notificazioni, esecuzioni e
protesti) che fanno venir meno la loro presenza con sostituzione
degli stessi da parte dei commessi dell’ufficio giudiziario che
procede.
Le spese degli ufficiali giudiziari sono: indennità di
trasferta o spese di spedizione, diritti, indennità di trasferta per
atti di esecuzione e diritto di esecuzione.
L’indennità di trasferta, secondo l’art. 20 del Testo Unico,
è una voce onnicomprensiva delle spese dovute all’ufficiale
giudiziario per il compimento di atti fuori dalla sede in cui è
ubicato il proprio ufficio. Essa è alternativa e non cumulativa alle
spese di spedizione. L’indennità è commisurata alla distanza tra
il luogo ove è ubicato l’ufficio U.N.E.P. ed il luogo ove avviene
la notifica. Il comma 3° conclude il citato articolo con una delega
allo strumento più snello del Regolamento per l’adeguamento nel
144
tempo degli importi di questa indennità già stabiliti in questa
sede in fase di prima “applicazione”.
Per quanto riguarda le modalità di pagamento, è necessario
distinguere se le notifiche sono d’ufficio o a richiesta di parte e
se riguardano un processo penale o un processo civile,
amministrativo, contabile o tributario.
Nel processo penale, le spese dovute per le notificazioni a
richiesta d’ufficio sono forfettizzate, non anticipate e ricomprese
tra le spese processuali recuperabili all’esito del procedimento.
Le spese dovute per le notificazioni a richiesta della parte privata
sono anticipate dal richiedente.
Nel procedimento civile, amministrativo, contabile e
tributario, le spese per le notifiche a richiesta dell’ufficio sono
anticipate, salvo diritto di recupero nei confronti del soccombente
all’uopo condannato, in misura forfetaria dalla parte che per
prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso
introduttivo o che fa istanza di assegnazione o vendita di beni
pignorati secondo gli importi stabiliti nella tabella contenuta
nell’allegato n. 1 al Testo Unico con le eccezioni di legge. Anche
145
nell’ambito di questi procedimenti, le notificazioni richieste dalle
parti private sono anticipate dal richiedente7.
7
cfr. Parte II – Titolo II del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
146
CONCLUSIONI
Con la presente tesi si è illustrato il nuovo quadro giuridico
di riferimento per l’imposizione tributaria sugli atti giudiziari
entrato in vigore ormai da oltre un anno dopo varie ed alterne
vicende che hanno costellato il percorso formativo di questa
nuova normativa. Si può agevolmente comprendere quanto
difficoltosa può esser stata la prospettazione prima e
l’applicazione poi della nuova normativa tributaria trattandosi
appunto di materia fiscale nel più vasto ed intricato ambito del
diritto processuale civile, amministrativo ed, in minor misura,
penale.
Quanto alla dottrina formatasi nel corso di questo tempo, si
fa soprattutto riferimento a dottrina specialistica e qualificata più
in materia di diritto processuale civile che in materia di diritto
tributario in senso stretto. D'altronde anche dalla parte pubblica,
lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il tramite
dell’Agenzia delle Entrate, ha sovente demandato per risoluzioni,
chiarimenti, interpretazioni e direttive, all’altro dicastero – della
Giustizia – per competenza specifica sulla materia, eccezion fatta
147
per la parte squisitamente propria, ex legem, delle modalità di
riscossione del tributo.
In conclusione, da questo lavoro, si apprezza che, all’alba
del terzo millennio, gli operatori del diritto di ogni parte
(pubblica e privata) sono stati dotati di un quadro normativo
specifico, chiaro ed inequivocabile e soprattutto organico.
Il testo unico emanato contiene tutte le norme necessarie
all’imposizione tributaria degli atti giudiziari e soprattutto con
estrema chiarezza, pel tramite delle norme transitorie e finali, con
un lungo elenco di abrogazioni esplicite, esclude il ricorso seppur
parziale ed incidentale ad altre leggi previgenti e specifiche.
Accanto a questo apprezzabile risultato vi è quello
altrettanto apprezzabile dell’assorbimento dei vari balzelli in
un’unica tassa con l’ulteriore maggior beneficio della comodità
del versamento. Questo è un indiscutibile passo in avanti in
campo di civiltà. Il cittadino deve pagare le tasse, ma almeno
gliele si facciano pagare tranquillamente.
Restano purtuttavia dei residuali balzelli se vogliamo
inevitabili. Si pensi ai diritti per le copie ad uso privato. Quante
copie chiederebbe l’avvocato se le pagasse a forfait una sola
volta? Ma soprattutto, chi le riprodurrebbe?
148
E poi, a proposito di qualche lacuna nella riforma, resta, a
mio modo di vedere, assolutamente inspiegabile la mancata
inclusione delle procedure speciali contabile e tributaria.
La riforma ed il testo unico sono utili strumenti forniti alla
giustizia, ma non sono una chimera. L’imposizione tributaria
sugli atti giudiziari è uno degli aspetti di una vasta ed intricata
materia.
Non è neppur logico pensare che l’esistenza di un tributo
in un’unica soluzione sulla giustizia possa essere un valido
deterrente al ricorso spicciolo e sistematico alla giustizia con
conseguente appesantimento degli uffici, anche laddove il buon
senso poteva essere valido strumento di risoluzione delle
controversie soprattutto, magari, in via preventiva. Questa tassa
non produce quest’effetto a causa del prevalere delle forti
tensioni emotive. L’unico deterrente, forse, ora come allora, resta
e resterà l’onorario dell’avvocato.
149
BIBLIOGRAFIA
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§ BECCALLI C., Contributo unificato per le spese degli atti
giudiziari, in “Il fisco” n. 14/2002, fasc. n. 1;
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tributagli atti preparatori della procedura esecutiva civile
alla luce delle modifiche all’art. 9, comma 1, della L. 23
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N.R.T., Roma 1974;
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Editore, Milano 1992;
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giudiziari – non più bolli ma un versamento unico. Tassa
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§ IANNIELLO
B.,
L’Agenzia
spiega
l’esenzione
dall’imposta di bollo per gli atti necessari al ricorso in
150
Cassazione, in “Guida al Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del
23 ottobre 2002, n. 190;
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rivestire la qualità di parte processuale, in “Guida al
Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del 21 settembre 2002 n. 36;
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processuali, in “Guida al Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del
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regole per la tassazione degli atti giudiziari, in “Inserto a
Guida al Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del 9 marzo 2002 n.
9;
§ SACCHETTINI E., In Parlamento la partita delle
correzioni ma sui giudizi pendenti è <stangata> fiscale, in
“Guida al Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del 23 marzo 2002
n. 11;
§ SACCHETTINI E., Sulle iscrizioni a ruolo nella fase
transitoria l’incertezza legislativa crea la sanatoria?, in
“Guida al Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del 25 maggio 2002
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151
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in “Biblioteca dell’economista”, I serie, vol. 7, Utet,
Torino 1855;
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ruolo (istruzioni per l’uso), relazione tenuta a Firenze il 25
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sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana;
§ STEFANI G., Corso di finanza pubblica, Cedam, Padova
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attuazione del Codice di Procedura Civile);
§ Artt. 10 e segg. e 91 del Codice di Procedura Civile;
§ L. 24 dicembre 1976, n. 900 (diritti di Cancelleria per
copie a richiesta di parte);
§ L. 7 febbraio 1979, n. 59 (diritti di Cancelleria per copie
per uso ufficio nel procedimento civile);
§ L. 6 aprile 1984, n. 57 (diritti di Cancelleria per copie a
richiesta di parte);
§ L. 21 febbraio 1989, n. 99 (diritti di Cancelleria per copie
a richiesta di parte);
§ D.M. n. 374/1989 (diritti di Cancelleria per copie per uso
ufficio nel procedimento penale);
152
§ L. 10 ottobre 1996, n. 525 (diritti di Cancelleria per copie
a richiesta di parte);
§ L. 8 marzo 1999, n. 50, art. 1 co. 1° tab. 1 (delega per
l’emanazione del Testo Unico);
§ art. 9 L. 23 dicembre 1999 n. 488 (pubbl. nella G.U. n.
227/L Suppl. Ord.) Contributo Unificato per le spese degli
atti giudiziari;
§ Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30
giugno 2000 (Proroga dei termini per il versamento del
contributo unificato per le spese degli atti giudiziari);
§ L. 24 novembre 2000, n. 340 (modifiche alla legge delega
per l’emanazione del Testo Unico);
§ D.P.R. 01 marzo 2001 n. 126 (pubbl. nella G.U. n. 90 del
18 aprile 2001), Regolamento recante disciplina delle
modalità di versamento del contributo unificato;
§ art. 5 D.L. 30 giugno 2001 n. 246 coordinato e modificato
dalla L. 4 agosto 2001 n. 330 (pubbl. in G.U. n. 150 del 30
giugno 2001 e ripubbl. con modificazioni in G.U. n. 191
del 18 agosto 2001) Differimento dell’applicazione del
contributo unificato per le spese degli atti giudiziari;
§ D.P.R. 11 dicembre 2001 n. 466 (pubbl. nella G.U. n. 10
del 12 gennaio 2002) modifiche ed integrazioni al
Regolamento
recante
disciplina
delle
modalità
di
versamento del contributo unificato;
§ Decreto Legge 11 marzo 2002 n. 28 (pubbl. nella G.U. n.
60 del 12.03.2002) recante modifiche all’art. 9 L. 23
dicembre 1999 n. 488 (contributo unificato) ed alla L. 24
marzo 2001 n. 89 (equa riparazione);
153
§ Relazione illustrativa allo schema di Legge di conversione
del Decreto Legge 11 marzo 2002 n. 28 (pubbl. nella G.U.
n. 60 del 12.03.2002) recante modifiche all’art. 9 L. 23
dicembre 1999 n. 488 (contributo unificato) ed alla L. 24
marzo 2001 n. 89 (equa riparazione);
§ L. 10 maggio 2002 n. 91 (pubbl. nella G.U. n. 109 del 12
maggio 2002) conversione in legge con modificazioni del
D.L. 11 marzo 2002 n. 28;
§ D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (pubblicato nella G.U. n.
139 Suppl. Ord. Del 15 giugno 2002) Testo Unico delle
disposizioni Legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia;
§ Relazione ministeriale illustrativa del Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese
di giustizia;
§ D.P.R. nn. 131/1986 e 445/2000 (imposta di registro);
§ Corte Costituzionale, 12 marzo 1998, sentenza n. 53
(condanna alle spese processuali);
§ Corte Costituzionale, 12 marzo 1998, sentenza n. 522
depositata il 21 novembre 2002 (imposta di registro con
implicazioni estese);
§ Corte Costituzionale, 23 ottobre 2000, sentenza n. 465
(condanna alle spese processuali);
§ Corte Costituzionale, 24 settembre 2001, sentenza n. 333
depositata il 5 ottobre 2001 (imposizione tributaria nel
procedimento giudiziale);
§ Consiglio di Stato, Adunanza generale del 29 marzo 2001,
Relazione al Testo Unico delle disposizioni legislative e
154
regolamentari in materia di espropriazione per pubblica
utilità;
§ Corte di Cassazione, Sez. III, 29 maggio 1972, sentenza n.
1709;
§ Corte di Cassazione, Sez. III, 10 settembre 1986, sentenza
n. 5539;
§ Corte di Cassazione, Sez. II, 11 marzo 1995, sentenza n.
2869;
§ Corte di Cassazione, 18 gennaio 1997, sentenza n. 500;
§ Corte di Cassazione, Sez. 1^, 18 giugno 1997, sentenza n.
5459;
§ Commissione tributaria provinciale di Roma, 17 dicembre
1996, sentenza n. 214;
§ Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, Sez.
VI, 4 febbraio 1997, sentenza n. 1;
§ Commissione tributaria regionale lombardia, 25 gennaio
1999, sentenza n. 18;
§ Risoluzione Ministero delle finanze n. 310983 del 18
maggio 1984;
§ Risoluzione Ministero delle finanze n. 300565/X del 30
gennario 1984;
§ Circolare n. 21/E del 27.02.2002 dell’Agenzia delle
Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso
(oggetto: Contributo Unificato per le spese degli atti
giudiziari);
§ Circolare n. 60/E del 27.02.2002 dell’Agenzia delle
Entrate – Direzione Centrale Gestione Tributi (oggetto:
Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari);
155
§ Risoluzione n. 161 del 30.05.2002 dell’Agenzia delle
Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso;
§ Circolare n. 70/E del 14 agosto 2002 dell’Agenzia delle
Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso;
§ Risoluzione n. 315/E del 1 ottobre 2002 dell’Agenzia delle
Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso;
§ Circolare n. 1/2002 del 26.02.2002 del Ministero della
Giustizia (oggetto: Contributo Unificato per le spese degli
atti giudiziari);
§ Circolare n. 2/2002 del 12.03.2002 del Ministero della
Giustizia (oggetto: Contributo Unificato per le spese degli
atti giudiziari);
§ Circolare n. 3/2002 del 13.05.2002 del Ministero della
Giustizia (oggetto: Contributo Unificato per le spese degli
atti giudiziari);
§ Circolare n. 4/2002 del 28.06.2002 del Ministero della
Giustizia (oggetto: Testo Unico sulle spese di giustizia);
§ Circolare n. 5/2002 del 13.07.2002 del Ministero della
Giustizia (oggetto: Testo Unico sulle spese di giustizia);
§ Circolare n. 6/2002 del 09.10.2002 del Ministero della
Giustizia (oggetto: Testo Unico sulle spese di giustizia);
§ Circolare n. 7/2002 del 14.11.2002 del Ministero della
Giustizia (oggetto: Testo Unico sulle spese di giustizia).
156
INDICE
INDICE......................................................................................................1
INTRODUZIONE .....................................................................................4
CAPITOLO I .............................................................................................9
L’IMPOSTA DI REGISTRO.................................................................9
1. Natura giuridica dell’Imposta di Registro.................................9
2. La riscossione dell’Imposta di Registro. Rivoluzione
giurisprudenziale della Corte Costituzionale. .............................21
CAPITOLO II..........................................................................................28
LE NUOVE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE IN MATERIA
DI SPESE DI GIUSTIZIA....................................................................28
1. Dal groviglio normativo e giurisprudenziale di oltre un secolo
al quadro normativo e regolamentare unitario ed armonico. ......28
2. Il fondamento giuridico del Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.........36
3. L’imposizione tributaria sugli atti giudiziari. .........................44
CAPITOLO III ........................................................................................52
IL CONTRIBUTO UNIFICATO PER LE SPESE DEGLI
ATTI GIUDIZIARI...............................................................................52
1. Il percorso evolutivo del Contributo Unificato dalla sua nascita
all’entrata a regime......................................................................52
2. Le ragioni dei cambiamenti.....................................................59
3. Le basi oggettive in sede di assorbimento del bollo ed altri
diritti in una tassa unica sul valore..............................................72
4. L’ambito di applicazione del Contributo Unificato, le modalità
di pagamento e la riscossione coatta. ..........................................82
5. Le esenzioni dal Contributo Unificato per materia e per valore
della causa. ..................................................................................99
CAPITOLO IV ......................................................................................105
IL CONTRIBUTO UNIFICATO NEI VARI PROCESSI
SECONDO IL NUOVO ORDINAMENTO GIURIDICO..............105
157
1. Il Contributo Unificato e la giustizia ordinaria: processo civile
e processo penale.......................................................................105
2. Il Contributo Unificato e la giustizia speciale: processo
amministrativo, contabile e tributario. ......................................120
3. Il Contributo Unificato in sede di procedure concorsuali.....126
CAPITOLO V .......................................................................................133
LE
COMPETENZE
RESIDUALI
DEI
TRIBUTI
SOPPRESSI E GLI ALTRI TRIBUTI SOPRAVVISSUTI............133
1. L’imposta di bollo ed i diritti soppressi nelle procedure antemarzo 2002. ...............................................................................133
2. I diritti di copia per uso privato.............................................137
3. Le spese degli Ufficiali Giudiziari. .......................................141
CONCLUSIONI....................................................................................147
BIBLIOGRAFIA...................................................................................150
158
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