UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI FACOLTA’ DI ECONOMIA E COMMERCIO CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO I NUOVI CRITERI DI IMPOSIZIONE DEGLI ATTI GIUDIZIARI RELATORE: Chiarissimo Prof. Domenico Ciavarella LAUREANDO: Sig. Angelo de Gennaro ANNO ACCADEMICO 2002 - 2003 INDICE INTRODUZIONE CAPITOLO I L’IMPOSTA DI REGISTRO 1. Natura giuridica dell’Imposta di Registro. 9-20 2. La 21-27 riscossione Rivoluzione dell’Imposta giurisprudenziale di Registro. della Corte Costituzionale. CAPITOLO II LE NUOVE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE IN MATERIA DI SPESE DI GIUSTIZIA 1. Dal groviglio normativo e giurisprudenziale di oltre un secolo al quadro normativo 28-36 e regolamentare unitario ed armonico. 2. Il fondamento giuridico del Testo Unico delle 36-43 disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. 3. L’imposizione tributaria sugli atti giudiziari. 44-51 CAPITOLO III IL CONTRIBUTO UNIFICATO PER LE SPESE DEGLI ATTI GIUDIZIARI 1. Il percorso evolutivo del Contributo Unificato 52-58 dalla sua nascita all’entrata a regime. 2. Le ragioni dei cambiamenti. 59-72 3. Le basi oggettive in sede di assorbimento del 72-82 bollo ed altri diritti in una tassa unica sul valore. 4. L’ambito di applicazione del Contributo 82-99 Unificato, le modalità di pagamento e la riscossione coatta. 5. Le esenzioni dal Contributo Unificato per 99-103 materia e per valore della causa. CAPITOLO IV IL CONTRIBUTO UNIFICATO NEI VARI PROCESSI SECONDO IL NUOVO ORDINAMENTO GIURIDICO 1. Il Contributo Unificato nella giustizia ordinaria: 104-119 processo civile e processo penale. 2. Il Contributo Unificato e la giustizia speciale: 119-125 processo amministrativo, contabile e tributario. 3. Il Contributo Unificato in sede di procedure 125-131 concorsuali. CAPITOLO V LE COMPETENZE RESIDUALI DEI TRIBUTI SOPPRESSI E GLI ALTRI TRIBUTI SOPRAVVISSUTI 1. L’imposta di bollo ed i diritti soppressi nelle 132-136 procedure ante-marzo 2002 e gli altri casi. 2. I diritti di copia per uso privato. 2 136-140 3. Le spese degli Ufficiali Giudiziari. CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA 3 140-145 INTRODUZIONE Il presente lavoro si propone di esaminare criticamente un aspetto dell’imposizione tributaria del nostro Stato. Si prende qui in esame un aspetto dell’imposizione tributaria assai delicato, come vedremo nel corso del presente lavoro: la giustizia. Nell’esercizio di una delle pubbliche funzioni per eccellenza, appunto la giustizia, lo Stato consuma una parte della propria ricchezza che ottiene, sappiamo, mediante le proprie entrate patrimoniali tributarie ed extratributarie. Le entrate extratributarie occupano tendenzialmente una fetta sempre meno importante della parte attiva del bilancio dello Stato a causa della retrocessione della presenza dello Stato moderno nell’economia, dovuta anche alla partecipazione ad una unione di stati (la Comunità Europea) che in questa direzione ha orientato l’economia dei propri stati membri. Allora vi è una maggiore attenzione da parte dello Stato alla spesa ed alle entrate tributarie. Trattando di entrate tributarie lo Stato deve fronteggiare da un lato i propri bisogni, anche a causa della diminuzione dei proventi extratributari, ma d’altro 4 lato deve anche badare al quantum di ricchezza sottratta all’economia del paese. Aggiungasi che il contribuente, a fronte di quanto avrebbe corrisposto coattivamente allo Stato, pretenderebbe una funzione pubblica o un pubblico servizio di buona qualità. Riassumendo lo Stato avrebbe: a) una crescente domanda di qualità dei servizi; b) una minore disponibilità liquida; c) la necessità di intralciare meno possibile l’economia dei privati, se non addirittura di sostenerla. Dal lato della giustizia, lo Stato avrebbe cercato di far fronte a queste contingenti esigenze mediante l’emanazione di un Testo Unico avente finalità di armonizzazione e riordino di una normativa frammentata, disorganica, lacunosa sotto certi aspetti ed ingolfata di disposizioni, non sempre coordinate, sotto certi altri aspetti. Con l’occasione si sarebbe cercato di snellire sia l’attività degli uffici giudiziari, sia quella degli utenti-contribuenti così creando economie per ambo le parti, soddisfacendo le esigenze delle economie dei privati e quelle della pubblica amministrazione. Il testo unico innanzi citato si occupa sostanzialmente della materia delle spese di giustizia in senso lato, comprendendo 5 anche il prelievo tributario sulla giustizia che è poi l’oggetto di questo studio. La trattazione comincia con l’esame dell’imposta di registro che pur non essendo una mera imposta sugli atti giudiziari, non colpisce in maniera sistematica tutti gli atti giudiziari, ma soltanto quelli tassativamente previsti dal testo unico sull’imposta di registro ed aventi tutti il carattere della patrimonialità. La trattazione continua soffermandosi sul passaggio dalla vecchia alla nuova normativa e sulla presentazione tecnicogiuridica ed economica del testo unico. Con l’occasione si è anche argomentato circa la fiscalità sugli atti giudiziari, così disquisendo sulla natura del prelievo tributario sulla giustizia nell’ambito della normativa previgente e nel diritto vivente. Una importante parte del presente lavoro è dedicata al contributo unificato sugli atti giudiziari. Questa nuova tassa ad valorem, commisurata al valore della causa, è la vera novità del nuovo corso. Essa assorbe taluni tributi in un’unica tassa semplificando di gran lunga la vita di uffici pubblici e privati. Del contributo unificato si dice del lungo escursus legislativo subito prima della sua decisiva entrata in vigore. Per 6 meglio comprenderne la propria portata si è analizzato ogni cambiamento subito durante la sua gestazione, curando appunto le ragioni dei cambiamenti. Così si entra nel merito della nuova tassa con una analisi tecnico-giuridica della medesima, confinando l’ambito di applicazione, definendo le modalità di pagamento e le modalità di riscossione della tassa nel caso di omesso o irregolare pagamento. Meritevole di analisi è stata anche la disciplina delle esenzioni. Importante lo è stata anche in ragione del fatto che, l’esenzione dal pagamento della tassa, comunque rende il fatto impositivo ricompreso nella nuova disciplina e, pertanto, non soggetto alla vecchia normativa sul bollo e gli altri diritti soppressi che pur sopravvivono in ipotesi marginali. Senza perdersi nel tecnicismo giudiziario si percorre l’introduzione del nuovo tributo nell’ambito dei procedimenti giudiziari ordinari civile e penale. Senz’ombra dubbio il procedimento civile è quello che più è stato interessato dal cambiamento unitamente al procedimento giudiziario- amministrativo del complesso TAR-Consiglio di Stato. 7 Un altro procedimento giudiziario coinvolto nella riforma è quello connesso alle procedure concorsuali di diritto fallimentare che, seppur di diritto di procedura civile, assume una veste con una propria particolare connaturazione. I procedimenti speciali contabile e tributario restano avulsi dalla riforma ed anche di loro si è trattato unitamente alla casistica di sopravvivenza della trascorsa normativa. 8 CAPITOLO I L’IMPOSTA DI REGISTRO SOMMARIO: 1. Natura giuridica dell’Imposta di Registro; 2. La riscossione dell’Imposta di Registro. Rivoluzione giurisprudenziale della Corte Costituzionale. 1. Natura giuridica dell’Imposta di Registro. L’imposta di registro ha origine dall’esigenza, molto antica e di carattere extrafiscale, di documentare i rapporti giuridici e ciò accadeva conservando i relativi atti scritti in pubblici archivi con una procedura facilmente collegabile ad una qualche forma di imposizione tributaria. Gradualmente, nel tempo, con l’obbligatorietà della registrazione e la commisurazione via via più marcata del prelievo fiscale ai corrispettivi contrattuali, o addirittura ai valori correnti dei beni trasferiti, l’istituto ha assunto le caratteristiche di una vera e propria imposta. Si tratta di un tributo giustificato dal contenuto patrimoniale degli atti soggetti a registrazione, tanto è vero che 9 l’imposta di registro costituisce il caso tipico delle cosiddette “imposte sui trasferimenti di ricchezza”. In merito alla natura del tributo, esso è da annoverarsi tra le imposte indirette, quali tradizionalmente intese, perché mira a colpire una manifestazione indiretta di capacità contributiva. Per quanto concerne la denominazione di imposta, sarebbe forse il caso di esaminare se, secondo la dottrina tradizionale in materia di diritto tributario, non trattasi, invece, in alcuni casi di tassa. Comunque, fatte salve tutte le considerazioni del caso, la questione è stata risolta dal legislatore che agli articoli 1, 40 e 41 del D.P.R. n. 131/1986, che fondamentalmente disciplina l’imposta in trattazione, l’ha definita imposta (anche quella dovuta in misura fissa). L’imposta è disciplinata dal Testo unico approvato con D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 e si propone di colpire tutti gli atti scritti a contenuto patrimoniale formati nel territorio dello Stato. Precedentemente, l’imposta di registro era disciplinata dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, rispetto al quale il nuovo testo unico ha introdotto innovazioni non trascurabili appunto attraverso norme correttive ed integrative, eliminando quelle 10 passibili di censura di legittimità costituzionale ed accogliendo l’autorevole giurisprudenza formatasi per talune questioni. “L’oggetto dell’imposta di registro è evidentemente connesso alla registrazione ed essa colpisce con l’imposta proporzionale o con imposta fissa essenzialmente gli atti scritti formati nel territorio dello Stato e, solo eccezionalmente, alcune convenzioni verbali che, con la presentazione di una prescritta denuncia, assumono la qualità di atto (art. 12 co. 3° D.P.R. n. 131/1986)”1. Sotto il profilo teorico, l’imposta di registro assolve alla propria funzione di prelievo tributario e la registrazione costituisce un pubblico servizio consistente nell’annotazione nei pubblici registri, nella conservazione degli atti, nel rilascio di copie delle scritture private e nell’attestazione della loro esistenza. In astratto l’imposta dovrebbe applicarsi a tutti gli atti formati per iscritto nel territorio dello stato ed aventi il carattere della patrimonialità, pur se in concreto però, numerose previsioni estromettono dalla sfera applicativa dell’imposta la maggior parte 1 NASTRI L., L’imposta di registro e le relative agevolazioni, in Teoria e pratica del diritto, Sez. V – 12. Diritto Tributario, Giuffrè, Milano 1990, pag. 11. 11 degli atti ricorrenti nella prassi commerciale e professionale, in virtù, per esempio, dell’esclusione dell’imposta proporzionale di registro sugli atti aventi ad oggetto operazioni soggette all’I.V.A. oppure in virtù dell’assoggettamento ad imposta solo in caso d’uso. Riguardo la specifica trattazione in argomento, l’art. 8 della parte prima (atti soggetti a registrazione in termine fisso) della tariffa allegata all’articolato del testo unico prevede l’assoggettamento all’imposizione degli atti emessi dall’autorità giudiziaria, ordinaria e speciale in materia di controversie civili. Si riporta, qui di seguito, testualmente l’art. 8 della tariffa – parte prima – allegato al testo unico dell’imposta di registro (atti soggetti a registrazione in termine fisso): “Atti dell’autorità giudiziaria, ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente il giudizio, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti di aggiudicazione e quelli di assegnazione, anche in sede di scioglimento di comunioni, le sentenze che rendono efficaci nello Stato sentenze straniere e provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali: 12 a) recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti; b) recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura; c) di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale; d) non recanti trasferimento, condanna o accertamento di diritti a contenuto patrimoniale; e) che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto; f) aventi per oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la separazione personale, ancorché recanti condanne al pagamento di assegni o attribuzioni di beni patrimoniali, già facenti parte di comunione fra i coniugi; modifica di tali condanne o attribuzioni; g) di omologazione”. Immancabile, anche in materia di imposta di registro, il regime delle esenzioni. Ci sono, infatti, atti giudiziari espressamente esclusi dall’applicazione dell’imposta di registro e sono quelli contemplati dall’art. 2 della tabella (atti per i quali non vi è l’obbligo di chiedere la registrazione) allegata alla tariffa 13 di cui al testo unico dell’imposta di registro che, testualmente, si riporta di seguito: “Atti diversi da quelli espressamente contemplati nella parte prima della tariffa, dell’autorità giudiziaria in sede civile e penale, della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti, dei Tribunali Amministrativi Regionali, delle Commissioni Tributarie e degli organi di giurisdizione speciale e dei relativi procedimenti; atti del contenzioso in materia elettorale e dei procedimenti disciplinari; procure alle liti”. Dall’esame congiunto dei due citati articoli della tariffa, appare evidente che, la norma che dispone l’esenzione dall’imposta di registro come naturale conseguenza della non obbligatorietà della registrazione, è una norma meramente residuale. Essa confina le ipotesi di esenzione a tutte quelle non espressamente previste come obbligatorie. Si registrano gli atti giudiziari, e se ne sconta l’imposta, solo quando ciò è espressamente previsto, con esclusione di tutti gli altri casi. Purtuttavia, l’elencazione degli atti giudiziari soggetti a registrazione è così vasta da comprendere una enorme fetta degli atti giudiziari, tanto da confinare le ipotesi di esenzione endogene al Testo unico sull’imposta di registro a carattere di residualità. 14 Sembra parimenti assai curioso come, una imposta che si propone di colpire i trasferimenti di ricchezza mediante imposizione degli atti pubblici e privati che hanno tale finalità, nel caso degli atti giudiziari finisce con il colpire tutti gli atti a contenuto patrimoniale e non, talvolta. Vedi su tutte, la lettera d) dell’art. 8 della tariffa. Infatti, sono colpite tutte le sentenze concernenti a vario titolo i diritti reali, indipendentemente dall’effettivo trasferimento di ricchezza ed indipendentemente dall’effettivo accoglimento della domanda. Nella prassi amministrativa poi, si giunge al culmine. Gli uffici giudiziari trasmettono agli uffici finanziari tutti gli atti definitore delle cause, che sono tutti registrati dall’ufficio del registro ad imposta proporzionale, fissa o anche in esenzione. Cioè tutti gli atti giudiziari sono registrati due volte, la prima volta nella cancelleria dell’autorità giudiziaria e la seconda volta negli uffici finanziari. A modesto parere dello scrivente, questa sembra una procedura assai burocratica per i tempi moderni anche se suffragata da numerose circolari competenti che in tal senso dispongono. 15 delle amministrazioni Sempre in materia di esenzioni, abbiamo anche esenzioni esogene rispetto al testo unico dell’imposta di registro previste da altre disposizioni legislative: “Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle procedure previste dalla presente legge nei riguardi di persone minori di età, sono esenti dalle imposte di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa e diritti dovuti ai pubblici uffici. Sono ugualmente esenti gli atti e i documenti relativi all’esecuzione dei provvedimenti pronunciati dal giudice nei procedimenti su indicati”2. “Gli atti e i provvedimenti relativi alle cause ovvero alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di due milioni di lire sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura”3. “Il processo verbale di conciliazione, nelle cause pendenti anche in istruttoria alla data del 30 aprile 1995, è esente dall’imposta di registro quando il valore non supera i cinquanta 2 Art. 82 della Legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori); 3 Art. 46 co. 1° della Legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace); 16 milioni. Oltre tale limite l’imposta di registro è ridotta alla metà”4. La prima disposizione legislativa citata, opera una evidente esenzione ad causam, mentre le altre due disposizioni operano una esenzione ad valorem. Ai fini del pagamento dell’imposta è fatto obbligo ai sensi dell’art. 10 lett. c) del testo unico dell’imposta di registro, ai cancellieri e segretari dell’amministrazione giudiziaria, per le sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali alla cui formazione hanno partecipato nell’esercizio delle loro funzioni, di richiederne la registrazione all’Ufficio del Registro (ora Agenzia delle Entrate) competente per territorio, rispetto alla sede dell’autorità giudiziaria, entro cinque giorni dalla data in cui il provvedimento è stato pubblicato o emanato, per come disposto dall’art. 13 del testo unico. Sul punto è opportuno precisare che, sono da sottoporre a registrazione nei termini suddetti gli atti dell’autorità giudiziaria soggetti ad imposta anche se impugnati o nei termini per l’impugnazione, salvo il 4 Art. 13 co. 6° della Legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente. Nomina di giudici onorari aggregati e istituzioni delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari. 17 conguaglio per l’ufficio o il rimborso per il contribuente in base a successive sentenze passate in giudicato. L’imposta deve essere pagata all’atto della registrazione. Pertanto la parte che chiede la registrazione deposita anche l’importo dovuto. In alcuni casi è possibile differire la liquidazione non oltre tre giorni da quello della presentazione dell’atto. “La disposizione in commento è estensibile ai cancellieri ed ai segretari giudiziari limitatamente ai decreti di trasferimento emanati nei provvedimenti esecutivi e agli atti dagli stessi ricevuti. Invece, per gli altri atti giurisdizionali l’onere del pagamento incombe alle parti in causa o alla parte nel cui interesse è richiesta la registrazione tenendo, comunque, presente che in mancanza si procederà alla registrazione d’ufficio. Il 4° comma dell’art. 54, come si legge nella relazione ministeriale al testo unico, è stato adeguato all’orientamento della Corte di Cassazione espresso con la sentenza n. 4574 del 12 agosto 1982 prevedendo la registrazione d’ufficio per i provvedimenti giurisdizionali, per cui gli obbligati al pagamento 18 dell’imposta dovranno corrisponderla nel termine di sessanta giorni”5. L’imposta principale da corrispondersi in sede di registrazione non è soggetta a specifica sanzione nel caso di tardività di registrazione in quanto è assorbita dalla pena pecuniaria prevista per omissione o per tardività della richiesta di registrazione o della presentazione della denuncia. La riscossione dell’imposta principale non è sospesa dal ricorso del contribuente e questa disposizione, che si ricava per esclusione dalla normativa dell’art. 56, riveste una particolare importanza poiché è evidente, fermo restante la possibilità di esperire la fase contenziosa, l’onere del pagamento a carico dell’obbligato la cui inottemperanza consente all’ufficio la riscossione coattiva dell’imposta. Stante la soppressione del servizio di cassa degli Uffici del Registro (oggi Sezioni dell’Agenzia delle Entrate), il contribuente versa l’imposta con le solite modalità tecniche (F23 presso i concessionari di riscossione) e deposita presso l’ufficio la ricevuta del versamento. 5 NASTRI L., L’imposta di registro e le relative agevolazioni, in Teoria e pratica del diritto, Sez. V – 12. Diritto Tributario, Giuffrè, Milano 1990, pag. 350. 19 Nel caso di omesso pagamento dell’imposta si procede secondo le ordinarie norme della riscossione coatta: notifica al debitore dell’invito al pagamento e successivamente si procede con l’iscrizione a ruolo del dovuto (imposta, sopratassa, interessi di mora) con trasmissione del ruolo agli agenti della riscossione. Un caso particolare di registrazione è la registrazione a debito. Nella registrazione in esame la corresponsione dell’imposta è differita nel tempo e la sua percezione avverrà solo al verificarsi delle condizioni previste dalla legge. L’art. 59 elenca tassativamente in quali casi è possibile la registrazione a debito. Tra questi abbiamo, limitatamente all’oggetto di questa trattazione: le sentenze ed i provvedimenti dell’autorità giudiziaria nei quali siano interessate le amministrazioni statali o persone o enti morali ammessi al gratuito patrocinio, gli atti della procedura fallimentare se non vi sono somme liquide nel fallimento, le sentenze di condanna al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato ancorché non pronunziate dal giudice penale secondo autorevole e costante giurisprudenza della Suprema Corte. 20 2. La riscossione dell’Imposta di Registro. Rivoluzione giurisprudenziale della Corte Costituzionale. Recentemente, in materia di riscossione dell’imposta di registro, è intervenuta la Corte Costituzionale con le sentenze n. 333 del 24 settembre – 5 ottobre 2001 e n. 522 del 21 novembre – 6 dicembre 2002 la quale, decidendo in via incidentale sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della Legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di locazione di immobili, con la prima sentenza, e, con la seconda sentenza, parzialmente dell’art. 66 del Decreto del Presidente della Repubblica del 26 aprile 1986, n. 131 (Testo Unico delle disposizioni sull’imposta di registro), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme invocate in relazione all’art. 24 comma 1° della Costituzione per le ragioni che di seguito vengono esposte. Anche se la prima sentenza citata pare estremamente avulsa dalla questione in trattazione, tuttavia il principio dettato in quella sede dalla Corte Costituzionale, e poi ribadito con la seconda citata sentenza, è suscettibile di una più larga ed estesa efficacia giuridica. 21 In materia di locazione, la norma dichiarata costituzionalmente illegittima, poneva a carico del richiedente giustizia l’onere di provare l’avvenuto pagamento delle imposte inerenti l’immobile del quale se ne richiedeva il rilascio coatto come condizione di accesso alla tutela giurisdizionale delle proprie ragioni sull’immobile e nei confronti del conduttore. Sostanzialmente, la norma invocata invitava compulsivamente la parte attrice del procedimento alla regolarizzazione della propria posizione fiscale in merito, ponendo una condizione sospensiva al diritto ad agire in giudizio (quantunque in sede di esecuzione) riservato dalla costituzione ad ogni cittadino. In materia di diritto processuale civile e di imposta di registro, la seconda delle citate sentenze della Consulta, dichiarava illegittima la norma (art. 66 del Testo Unico in materia di imposta di registro) secondo la quale è fatto espresso divieto al Cancelliere di rilasciare copie con formula esecutiva di sentenze per le quali non è stata corrisposta l’imposta di registro. Mi riporto a quanto già detto, nel senso che, la norma pone una condizione sospensiva all’esercizio del diritto di agire in giudizio, peraltro dipendente da una questione tributaria. 22 Con la sentenza n. 333/2001, la Corte Costituzionale, in parte motiva, dicendo del diritto, ha sancito che: “Il problema della compatibilità tra il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale, anche nella fase esecutiva, dei propri diritti e le norme che impongono determinati oneri a chi quella tutela richieda non è nuovo nella giurisprudenza di questa Corte ed è stato risolto, pur se con qualche incertezza, nel senso di distinguere fra oneri imposti allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze ed oneri tendenti, invece, al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali. Mentre i primi, si è detto, sono consentiti in quanto strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratta di garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un ostacolo all’esperimento della tutela giurisdizionale e comportano, perciò, la violazione dell’art. 24 della Costituzione (sentenza n. 113 del 1963)”6. Motivando la sentenza n. 522/2002, Costituzionale ha ribadito il precedente concetto. 6 Corte Costituzionale, sentenza del 24 settembre – 5 ottobre 2001, n. 333. 23 la Corte “Questa Corte ha affermato – in epoca anteriore alla riforma – che la Costituzione <<non vieta di imporre prestazioni fiscali in stretta e razionale correlazione con il processo, sia che esse configurino vere e proprie tasse giudiziarie sia che abbiano riguardo all’uso di documenti necessari alla pronunzia finale dei giudici>> (sentenza n. 45 del 1963, e poi sentenze n. 91 e n. 100 del 1964); che occorre distinguere fra <<oneri che siano razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione>>, da ritenersi consentiti, e oneri che invece tendano <<alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalità predette, e, conducendo al risultato di precludere o ostacolare gravemente l’esperimento della tutela giurisdizionale, incorrono dell’incostituzionalità>> (sentenza nella n. 80 sanzione del 1966, sull’illegittimità costituzionale della norma che vietava di rilasciare copie di sentenze non ancora registrate, il cui deposito in giudizio condizionasse la procedibilità dell’impugnazione); ed ancora che l’interesse del cittadino alla tutela giurisdizionale e quello generale della comunità alla riscossione dei tributi 24 <<sono armonicamente coordinati>> (sentenze n. 157 del 1969 e n. 111 del 1971)”7. Continuando, la medesima sentenza: “Considerando questo tipo di bilanciamento fra i due interessi alla luce del principio secondo cui la garanzia della tutela giurisdizionale posta dall’articolo 24, primo comma, della Costituzione comprende anche la fase dell’esecuzione forzata – <<la quale è diretta a rendere effettiva l’attuazione del provvedimento giurisdizionale>> (sentenza n. 321 del 1998) – appare evidente come la scelta compiuta dalla norma impugnata sia irragionevole e si risolva anche in lesione dell’articolo 24 della Costituzione. Essa infatti comporta che la valutazione di bilanciamento fra l’interesse all’effettività della tutela giurisdizionale e quello alla riscossione dei tributi sia effettuata, per i due tipi di processo, in modo irragionevolmente diverso: l’inadempimento dell’obbligazione tributaria – che pure non ha precluso lo svolgimento del processo di cognizione fino all’emanazione della sentenza (o di altro provvedimento esecutivo) ed ha determinato solo la comunicazione da parte del cancelliere all’ufficio del 7 Corte Costituzionale, sentenza del 21 novembre – 6 dicembre 2002, n. 522. 25 registro degli atti non registrati – impedisce poi che alla sentenza (o al provvedimento esecutivo) sia data attuazione mediante l’esercizio della tutela giurisdizionale in via esecutiva”8. In conclusione, la riscossione dell’imposta di registro trova la sua naturale tutela giuridica nell’ambito degli ordinari mezzi di riscossione mediante ruolo con esclusione di ogni mezzo di tentativo di riscossione mediante preclusione di attività giuridicamente garantite all’evasore dell’imposta. Sembra allo scrivente una impostazione di elevato livello di civiltà – quella dettata dalla Corte Costituzionale – secondo la quale lo Stato (tutti i cittadini) tutela il cittadino infedele (evasore) al pari di tutti gli altri cittadini nelle garanzie di legge. Potrebbe anche sembrare un eccesso di “buonismo” dello Stato che porta magari alla diffusione di un senso di debolezza dello stesso se non si pensasse al fatto che, spesso chi non paga quanto impostogli può essere persona “bisognosa” in senso economico (non può pagare) ed anche bisognosa di giustizia. E magari ha 8 Vedi nota sub 7). 26 anche avuto giustizia con una sentenza che non può mettere in esecuzione in dipendenza di 27 un vincolo finanziario. CAPITOLO II LE NUOVE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE IN MATERIA DI SPESE DI GIUSTIZIA SOMMARIO: 1. Dal groviglio normativo e giurisprudenziale di oltre un secolo al quadro normativo unitario ed armonico; 2. Il fondamento giuridico del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia; 3. L’imposizione tributaria sugli atti giudiziari. 1. Dal groviglio normativo e giurisprudenziale di oltre un secolo al quadro normativo e regolamentare unitario ed armonico. Il Testo regolamentari Unico in delle materia di disposizioni spese di legislative giustizia e arriva nell’ordinamento giuridico italiano il 30 maggio 2002 (data della promulgazione) o meglio ancora il 15 giugno 2002, data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 139 – Supplemento Ordinario, e per volere dell’ultimo articolo di cui si compone – l’art. 302 – le disposizioni del Testo Unico entrano in vigore il 1° luglio 2002. Si dirà appresso della qualificazione giuridica, dell’oggetto e delle finalità del Testo Unico ma pare assai chiaro che il Testo 28 Unico interviene a ridare alla materia una disciplina unitaria, armonica e coordinata. Prima dell’avvento del Testo Unico, la materia era disciplinata da disposizioni di varia origine e rango che si sono stratificate nel corso di centocinquantanni. “L'unitarietà – esistente almeno per il processo penale e civile nei Regi Decreti nn. 2700 e 2701 - è andata ben presto perduta con l'emanazione di leggi che, sin dalla fine dell'ottocento, hanno innovato, il più delle volte senza chiarire i rapporti con i testi originari e senza abrogare espressamente le corrispondenti disposizioni. Il risultato è una confusa frammentazione del quadro normativo, tale da rendere difficile, a volte addirittura impossibile, all'operatore e all'interprete la ricostruzione del sistema e l'individuazione della disciplina applicabile alle singole fattispecie. Si ha di fronte, quindi, una situazione di disordine normativo che rende indispensabile la sistemazione organica in un testo unico per garantire la stessa effettività delle innovazioni che il legislatore ha introdotto via via, seppure in modo frammentario”1. 1 Relazione ministeriale illustrativa del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, pagg. 6-7. 29 La normativa più antica in tema di spese di giustizia è direttamente riferita solo al processo penale e civile, i quali costituiscono, ad un tempo, i processi quantitativamente più rilevanti e i modelli per gli altri processi che, in modo e per strade diverse, sono diventati tali. L'applicazione delle norme originarie del processo penale e civile agli altri processi è avvenuta sulla base di estensioni esplicite, disposte dal legislatore, di questo o quell'istituto relativo alle spese o al processo, analogamente all'estensione residuale (sempre disposta dal legislatore) delle regole processuali civili agli altri processi, nonché dei principi generali dell'ordinamento. Il Testo Unico riordina e armonizza la materia rendendo espliciti i collegamenti già esistenti nell'ordinamento, riferendo gli istituti a tutti o ad alcuni dei processi, conservando le specialità connaturate alla funzione e struttura e superando le specialità quando si riconnettevano a profili procedurali ed organizzativi. Con il testo unico, sono state riunite e coordinate tutte le disposizioni legislative e regolamentari che, sino all'emanazione, hanno disciplinato la materia. “Il testo unico abroga 100 testi, di cui 75 di rango primario e 25 di rango secondario. Un'idea 30 parziale del numero di articoli abrogati si ha se si considera che il solo R.D. n. 2700 del 1865 ne conteneva ben 481”2. Innanzitutto, il riordino ha tenuto conto di importanti riforme intervenute nell'ordinamento. “La parte relativa alla riscossione ha dovuto fare i conti con la riforma, avviata nel 1996 e proseguita con adattamenti successivi fino al 2001, che – attraverso la soppressione degli uffici di cassa finanziari e l'attribuzione delle competenze ai concessionari – ha uniformato la disciplina della riscossione delle entrate dello Stato, ricomprendendo tra queste le spese di giustizia e le pene pecuniarie. Il testo unico ha dovuto stabilire: dove l'impatto della disciplina generale sul sistema speciale rendeva necessari raccordi, per consentirne il funzionamento, ed esplicitare questi raccordi; quali norme speciali sopravvivevano, perché salvate dalla disciplina generale o perché connaturate alla specificità delle spese e pene pecuniarie. 2 Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 9. 31 La stessa riforma ha inciso sulla parte relativa al pagamento delle spese anticipate dall'erario. La sostituzione degli uffici del registro con i concessionari ha imposto, secondo scelte già chiaramente individuate dal legislatore, nuove norme secondarie per le modalità di pagamento e per le regolazioni contabili. La materia dei diritti di copia è stata incisa dalla soppressione dei diritti di cancelleria, contestuale all'introduzione del contributo unificato nel 1999, e da modifiche legislative intervenute nel 2000. Il testo unico perimetra l'area residua dei diritti di copia. Nel contempo, avendo rimesso allo strumento regolamentare la disciplina a regime dei diritti di copia, in conformità alle possibilità offerte dalla semplificazione procedurale ed organizzativa, la determinazione dell'area residua è fatta a fini transitori. Diritti e indennità di trasferta e spese di spedizione degli ufficiali giudiziari è una materia che, anche secondo gli operatori del settore, è divenuta con gli anni oscura per effetto di interventi non coordinati sul D.P.R. n. 1229/1959, che l'aveva sistematizzata, e di prassi applicative diversificate, non sempre conformi al dettato legislativo, fiorite nel disordine normativo. 32 Per i profili direttamente incidenti sulla materia delle spese di giustizia, il testo unico la riordina sulla base di attenta verifica delle fonti diverse, della giurisprudenza, dei principi generali. La voce indennità di custodia dei beni sequestrati nel procedimento giurisdizionale costituisce uno degli istituti che registra i più variegati orientamenti applicativi e giurisprudenziali, sia per la determinazione del quantum, sia per la tutela giurisdizionale. Il testo unico riconduce a sistema la materia sulla base dell'orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale e di legittimità”3. Il Testo Unico è adottato ai sensi dell'articolo 7, comma 1° e 2°, della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall'art. 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340. ”Questa norma prevede l'emanazione di testi unici intesi a riordinare, tra le altre, le materie elencate nelle leggi annuali di semplificazioni. La legge 8 marzo 1999, n. 50, all'articolo 1, comma 1, prevede l'emanazione di regolamenti di delegificazione per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui 3 Relazione illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, pagg. 10-11. 33 all'allegato 1. L'allegato 1 a quest'ultima legge contiene tre procedimenti che coprono l'intera materia delle spese di giustizia: i nn. 9, 10 e 11. In particolare, il n. 10 richiama il R.D. 23 dicembre 1865, n. 2700 e il R.D. 23 dicembre 1865, n. 2701 (cosiddetti campione civile e penale) che costituivano dei veri e propri testi unici della materia, pur senza averne l'espressa qualificazione. Infatti, erano individuate e disciplinate le spese di giustizia ed erano regolamentate le procedure per il pagamento e per il recupero, anche rispetto all'ammissione al gratuito patrocinio, effettuata con riferimento alla legislazione all'epoca vigente. Il n. 11, poi, annovera il procedimento per l'iscrizione a ruolo e per il rilascio di copie di atti, anche in materia tributaria, richiamando testi normativi di ampia portata nella materia delle spese. Il n. 9, infine, prevede il procedimento di alienazione di beni sequestrati e confiscati, richiamando le norme generali in materia penale”4. Il Testo Unico provvede alla puntuale individuazione della norme vigenti, prendendo atto delle abrogazioni implicite. Fa 4 Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 7. 34 chiarezza nell'ordinamento attraverso un lungo elenco di abrogazioni espresse, che comprende le norme già abrogate implicitamente, quelle confluite nel testo unico riscritte e coordinate, quelle incompatibili con l'armonizzazione degli istituti e con le innovazioni procedurali. La stessa previsione legislativa che delega il Governo all’emanazione di questo Testo Unico è espressione di un esplicito disegno politico mirante alla creazione di Testi Unici disciplinanti materie (non solo quella delle spese di giustizia) contingenti ed oggi regolate da un inevitabile groviglio di norme, interventi giurisprudenziali e prassi applicative. Questo sistema consente ai cittadini ed ai tecnici dei rispettivi settori di avere un quadro normativo completo ed unitario dal quale non si sfugge. Tutto ciò determina delle notevoli economie per chiunque viene in relazione con la materia ed elimina quella sgradevole sensazione di trovarsi in repubbliche o epoche diverse passando da un Ufficio ad un altro a causa del diverso modus operandi di questo o quell’altro funzionario amministrativo. In buona sostanza il diritto si riprende il suo legittimo posto e si sostituisce alle diverse prassi amministrative. Il medesimo vantaggio riceve 35 il funzionario che spesso era costretto a barcamenarsi tra norme discordanti ma tutte, più o meno, viventi. 2. Il fondamento giuridico del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. Il fondamento giuridico del Testo Unico è la delega conferita al Governo con l’art. 7 co. 1° e 2° della legge 8 marzo 1999, n. 50, modificato dall’art. 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340. Questa norma prevede l'emanazione di testi unici intesi a riordinare, tra le altre, le materie elencate nelle leggi annuali di semplificazioni. La legge 8 marzo 1999, n. 50, all'articolo 1, comma 1, prevede l'emanazione di regolamenti di delegificazione per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui all'allegato 1. L'allegato 1 a quest'ultima legge contiene tre procedimenti che coprono l'intera materia delle spese di giustizia: i nn. 9, 10 e 11. In particolare, il n. 10 richiama il R.D. 23 dicembre 1865, n. 2700 e il R.D. 23 dicembre 1865, n. 2701 (cosiddetti campione civile e penale) che costituivano dei veri e 36 propri testi unici della materia, pur senza averne l'espressa qualificazione. Infatti, erano individuate e disciplinate le spese di giustizia ed erano regolamentate le procedure per il pagamento e per il recupero, anche rispetto all'ammissione al gratuito patrocinio, effettuata con riferimento alla legislazione all'epoca vigente. Il n. 11, poi, annovera il procedimento per l'iscrizione a ruolo e per il rilascio di copie di atti, anche in materia tributaria, richiamando testi normativi di ampia portata nella materia delle spese. Il n. 9, infine, prevede il procedimento di alienazione di beni sequestrati e confiscati, richiamando le norme generali in materia penale. “Quanto alla collocazione del testo unico nel sistema delle fonti l'art. 7 co. 2° della legge n. 50 del 1999 ha previsto un testo unico di norme legislative e regolamentari armonizzate, che consente la selezione e la riorganizzazione del vigente quadro normativo e, al tempo stesso, la delegificazione delle norme primarie concernenti gli aspetti organizzativi e procedimentali, secondo i criteri fissati dall'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni. Il testo unico contiene, dunque, norme primarie concernenti il regime sostanziale (che restano di rango invariato), norme secondarie che delegificano precedenti 37 norme primarie (quelle procedimentali ed organizzative) e norme secondarie già in origine tali”5. “L'articolo 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999, come modificato dall'art. 1, comma 6, lett. e) della legge 24 novembre 2000, n. 340, prevede – in conformità alle risoluzioni adottate dalle Camere in sede di parere sulla relazione del Governo al Parlamento sul riordino normativo – che il testo unico comprende sia disposizioni primarie, contenute in un decreto legislativo, sia disposizioni secondarie, contenute in un apposito regolamento di delegificazione. A tal fine vi sono tre testi distinti (A, B, C): il testo A contiene l'insieme di tutte le disposizioni legislative e regolamentari e consente di apprezzare l'impianto normativo nel suo insieme; il testo B contiene solo le norme di rango legislativo ed è emanato con decreto legislativo; il testo C contiene solo le norme secondarie ed è emanato con D.P.R. ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In considerazione della caratterizzazione mista del testo unico, nei tre testi è stata evidenziata di volta in volta (con l'uso rispettivamente della lettera L o R ) la natura legislativa o 5 Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 8. 38 regolamentare dei singoli articoli. Il sistema di numerazione adottato nello schema di decreto legislativo e nello schema di regolamento – poi trasfusi nel testo unico – si è reso necessario, sul modello anche di analoghe esperienze straniere, per assicurare la corrispondenza tra gli articoli del testo unico, da una parte, e quelli del decreto legislativo o del regolamento, dall'altra; ciò al fine di assicurare la leggibilità dei testi, soprattutto a seguito di eventuali future modificazioni degli stessi”6. Il Testo Unico riordina ed armonizza tutte le disposizioni concernenti le spese di giustizia, innovando, in parte, l’assetto legislativo vigente mediante la semplificazione e la razionalizzazione dei procedimenti e l’abrogazione di una serie di norme ormai desuete. “Il mandato assegnato dall'art. 7 della legge n. 50 del 1999 è quello del riordino e dell'armonizzazione delle norme legislative e regolamentari, da compiersi alla luce dei criteri e principi direttivi espressamente menzionati. Con chiarezza il legislatore precisa che il riordino investe anche le disposizioni 6 Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 8. 39 sostanziali e non si limita a quelle procedimentali. Che si tratta di un testo unico di armonizzazione si desume: dai principi e criteri direttivi fissati; dalla previsione di un termine finale per la emanazione; dalla previsione di una procedura articolata, che evidentemente risulterebbe superflua per la redazione di un testo unico compilativo”7. Per i profili sostanziali, il testo unico può operare la selezione e la riorganizzazione del quadro normativo vigente introducendo innovazioni per raggiungere la finalità del riordino. Il riordino normativo – alla luce dei principi e criteri individuati dal legislatore – può consistere nella riconduzione ad unità organica del materiale normativo sparso in modo da armonizzare gli istituti in un sistema unitario ed omogeneo di disciplina sostanziale e procedurale. “Il riordino per l'armonizzazione consente un intervento sulle norme preesistenti per rendere la disciplina più coerente nel suo complesso, in sintonia con l'evolversi dei principi generali, con il diritto vivente creato dalla 7 Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, pagg. 8-9. 40 giurisprudenza costituzionale e di legittimità, con l'evolversi dei valori complessivi dell'ordinamento”8. Per i profili procedurali e organizzativi, il testo unico può delegificare riscrivendo l'assetto normativo esistente in modo fortemente innovativo in termini di semplificazione e razionalizzazione: snellire i procedimenti, ridurre i tempi, eliminare fasi inutili, sopprimere organi e fasi endoprocedimentali superflue. Il testo unico provvede, innanzitutto, alla puntuale individuazione della norme vigenti, prendendo atto delle abrogazioni implicite. Fa chiarezza nell'ordinamento attraverso un lungo elenco di abrogazioni, che comprende le norme già abrogate implicitamente, quelle confluite nel testo unico riscritte e coordinate, quelle incompatibili con l'armonizzazione degli istituti e con le innovazioni procedurali. “Il testo unico evita il più possibile i richiami ad altri testi normativi e li limita alle ipotesi indispensabili. La tecnica del richiamo è stata necessaria per ancorare la disciplina delle 8 Consiglio di Stato, Adunanza generale del 29 marzo 2001, Relazione al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. 41 spese di giustizia a quella generale delle altre entrate patrimoniali dello Stato, al fine di garantire anche nel futuro la scelta operata dal legislatore di uniformare la disciplina della riscossione, evitando che si realizzasse con il passare del tempo quella diversificazione appena superata”9. La riconduzione a sistema della materia e la semplificazione procedurale ed organizzativa determinano vantaggi immediati per gli uffici, centrali e periferici, per la collettività, per le entrate patrimoniali dello Stato. E proprio questa è la finalità della riforma. L'attività delle cancellerie e segreterie giudiziarie è accelerata da un quadro normativo certo, nonché dalla soppressione di tutti gli arcaismi procedurali. L'attività degli uffici dell'amministrazione centrale è alleggerita dalla funzione di perseguimento dell'uniforme interpretazione delle vecchie norme. La conseguente liberazione di risorse che si determina può essere utilizzata per il perseguimento dei fini istituzionali degli uffici giudiziari. 9 Relazione ministeriale illustrativa al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, pag. 9. 42 Inoltre, anche chi fruisce del servizio “giustizia”, di conseguenza, consegue i vantaggi derivanti da un sicuro quadro giuridico di riferimento e dallo snellimento delle procedure. La norma di cui all’art. 1 del T.U. specifica che il testo unico disciplina le voci e le procedure di spesa del processo, il patrocinio a spese dello Stato e la riscossione delle spese processuali e di mantenimento, delle pene pecuniarie, delle sanzioni amministrative pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie processuali. Invece l’art. 2 stabilisce nei confronti di quali processi trovano applicazione le norme del testo unico. Si può, sin dai primissimi articoli di questo testo unico, apprezzare la precisione e la puntualità adottata dal legislatore nell’inquadrare nella normativa le fattispecie concrete ed astratte. Si dirà di seguito dei processi interessati attivamente dalla nuova normativa e di quelli che, quantunque ricompresi nella disciplina, non hanno subito modificazioni, ma vengono qui trattati per la suddetta finalità di normazione organica della materia. 43 3. L’imposizione tributaria sugli atti giudiziari. Funzione pubblica per eccellenza, la giustizia, amministrata in nome del popolo italiano per dettato costituzionale, è soprattutto pagata dal popolo italiano. Infatti, l’Amministrazione della Giustizia, ordinaria e non, assorbe una cospicua fetta del bilancio dello Stato, anche se, a detta di molti questa è ancora insufficiente. Il finanziamento della spesa giudiziaria è, come pare giusto che sia, a carico del contribuente che deve, sempre per dettato costituzionale, contribuire alla spesa pubblica secondo la propria capacità contributiva (art. 53 Cost.). Andiamo ora ad occuparci delle modalità mediante le quali è finanziata la spesa giudiziaria nell’ordinamento giuridico italiano, nell’ottica della normativa previgente l’entrata in vigore del Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari e secondo la nuova normativa su detto contributo. La parte attiva del bilancio dello Stato (Entrate) si distingue in entrate tributarie ed entrate extra-tributarie. Queste ultime, per l’effetto della sempre minor presenza dello Stato nell’economia, tendono a ridimensionarsi sempre più. Le entrate 44 tributarie, secondo autorevole e consolidata dottrina, si distinguono a seconda della natura del prelievo in imposte dirette, imposte indirette, tasse e contributi. Per Say, “quella porzione dell’avere dei privati, che il governo consacra a soddisfare i suoi desideri od i bisogni del corpo sociale, si dice imposta”10. Per l’Arena, “l’imposta è la parte di ricchezza coattivamente prelevata dagli enti pubblici sulle economie dei cittadini per provvedere ai servizi di utilità generale indivisibili”11. Per lo Stefani, “il fondamento razionale dell’imposta generale sta nel fatto che il contribuente – in quanto tale – non riceve nessuna controprestazione. Egli utilizza un gran numero di servizi pubblici, ma questa utilizzazione avviene gratuitamente, e senza relazione con il contemporaneo pagamento dell’imposta”12 13 14. 10 SAY G.B., Corso completo di economia politica pratica, in “Biblioteca dell’economista”, I serie, vol. 7, Utet, Torino 1855, pag. 786 e segg. 11 ARENA C., Finanza pubblica, Utet, Torino 1963, pag. 647. 12 STEFANI G., Corso di finanza pubblica, Cedam, Padova 1978, pag. 165. 13 CIAVARELLA D., La finanza dinamica, vol. II, ed. N.R.T., Roma 1974. 14 CIAVARELLA D., La scienza del governare, G.E.S.P.I. Editore, Milano 1992, pag. 399 e segg. 45 L’imposta diretta colpisce la capacità contributiva assoluta, reale ed effettiva, del contribuente ossia la ricchezza (reddito o patrimonio), mentre l’imposta indiretta colpisce la capacità contributiva correlata ovvero le manifestazioni di ricchezza (scambi di beni e/o servizi). Colpisce invece la capacità contributiva relativa il contributo speciale. Vi sono poi imposte che colpiscono una capacità contributiva lato sensu nella quale sono da ricomprendere tutte quelle imposte non diversamente qualificabili e tra queste senz’altro l’imposta di bollo15. Parlando di tasse invece, ricorriamo ad Einaudi per il quale “la tassa è il compenso inferiore al costo totale, pagato dai contribuenti per un servizio speciale divisibile reso loro dietro domanda, ma contemporaneamente al soddisfacimento di un bisogno indivisibile di tutti i consociati”16. Lo Stefani definisce la tassa come “quel contributo, inferiore al costo di produzione, che il privato paga, per ottenere, dietro sua domanda, un servizio particolare avente utilità generale (indivisibile)”17. Pertanto, la tassa non paga che una parte del costo di produzione della 15 CIAVARELLA D., Il contraddittorio nel diritto finanziario, Edizioni CEDEL, Margherita di S. 1997, pag. 81. 16 EINAUDI L., La riforma sociale, Torino 1926. 17 STEFANI G., Corso di finanza pubblica, Cedam, Padova 1978, pag. 161. 46 prestazione richiesta che realizza, contemporaneamente, una utilità generale per la collettività ed un beneficio particolare per le categorie che la pagano. Il servizio è fornito a domanda dell’interessato. La tassa ha importanti implicazioni che la rendono particolarmente efficace per il potere pubblico, infatti l’entità della stessa può essere commisurata all’importanza obiettiva del servizio, al suo costo ed al valore del servizio per il singolo (es. il valore della causa per quanto concerne le tasse giudiziarie). Inoltre, la tassa può essere riscossa, tra l’altro, per esazione indiretta mediante bollo, quando il servizio dà luogo ad una domanda scritta o consiste nel rilascio di documenti. Trattando invece del contributo speciale, si dirà che è corrisposto coattivamente da coloro i quali hanno tratto o traggono vantaggio da un servizio reso dallo Stato indipendentemente dalla loro volontà, ossia per il sol fatto di poter potenzialmente trarne utilità ed indipendentemente dal desiderio o non di questa utilità, che paradossalmente, talvolta, può essere addirittura ritenuta un peso. Nel diritto previgente l’entrata in vigore dell’art. 9 della finanziaria 2000 istitutivo del Contributo Unificato, colui il quale 47 ricorreva all’autorità giudiziaria per la risoluzione di controversie pagava l’imposta di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria ed i diritti di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario. Orbene, volendo classificare secondo i criteri escussi in premessa, pare assai palese la configurazione di tassa attribuibile alla tassa di iscrizione a ruolo, ai diritti di cancelleria ed ai diritti di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario. Infatti, lo Stato sostiene una spesa giudiziaria di cui beneficia sicuramente tutta la collettività (vedasi sicurezza, ordine pubblico, certezza dei traffici ed in generale il beneficio di un’autorità terza che tutela gli interessi giuridicamente protetti). Di contro, ogni singolo individuo della collettività che domanda giustizia, gode in modo particolare del servizio. Alla luce di quanto finora detto, la spesa giudiziaria, pare equo che sia coperta dal gettito fiscale derivante dalle imposte, ma una parte di essa deve essere coperta dal cittadino che gode del servizio e che pertanto deve pagare la tassa in senso stretto. Un problema in più si ha nel classificare l’imposta di bollo. Anch’essa sembra essenzialmente una tassa perché è pagata da chi chiede un servizio ed è commisurata all’entità del servizio richiesto eppure tutti la chiamano imposta (legislatore compreso). 48 Anche il Ministero delle finanze, risolvendo una controversia, afferma che il beneficio dell’esenzione dal bollo per i provvedimenti di natura penale non sussiste dopo l’irrevocabilità della sentenza in quanto, al generico diritto di difesa durante il procedimento penale, sopravviene, a domanda dell’interessato, una mera attività amministrativa successiva al procedimento penale18. Si deduce quindi che l’imposta di bollo è il corrispettivo di un’attività svolta dalla pubblica amministrazione, e questo, è un concetto tipico piuttosto della tassa che dell’imposta. Adeguandosi alla consolidata denominazione di imposta, si considera il bollo sotto l’aspetto della ricchezza colpita, cioè come capacità contributiva lato sensu. Anche lo stesso Contributo Unificato, pur chiamandosi Contributo, ha piuttosto la veste della tassa che quella del contributo. In questo caso, data la palese natura dello stesso (mero corrispettivo politico di un’attività domandata – che nessuno ti chiede se non fai ricorso all’autorità giudiziaria), non pare neppure il caso di perdersi in bizantinismi giuridici e si può 18 Risoluzione Ministero delle finanze n. 310983 del 18 maggio 1984 e n. 300565/X del 30 gennaio 1984, in “Rivista Cancellerie”, 1985, 54. 49 ragionevolmente concludere che il Contributo Unificato è una tassa sulla giustizia. Ancora una considerazione di alto profilo merita la materia della imposizione tributaria sugli atti giudiziari alla luce di alcune recenti pronuncie della Corte Costituzionale, che da un lato legittimano l’imposizione tributaria sugli atti giudiziari e dall’altro, invece, sanciscono l’assoluta necessità di eliminare dall’ordinamento giuridico ogni impedimento di natura fiscale ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. Decidendo incidentalmente in sede di giudizio di legittimità costituzionale di alcune disposizioni legislative in materia di imposte, asserite in contrasto con l’art. 24 co. 1° della Costituzione, la Corte Costituzionale ha espresso le seguenti considerazioni. “Il problema della compatibilità tra il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale, anche nella fase esecutiva, dei propri diritti e le norme che impongono determinati oneri a chi quella tutela richieda non è nuovo nella giurisprudenza di questa Corte ed è stato risolto, pur se con qualche incertezza, nel senso di distinguere fra oneri imposti allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze ed oneri 50 tendenti, invece, al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali. Mentre i primi, si è detto, sono consentiti in quanto strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratti di garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un ostacolo all’esperimento comportano, perciò la della tutela violazione giurisdizionale dell’art. 24 e della Costituzione”19. Un’ultima voce presente nelle spese di giustizia sono le cosiddette spese anticipate dall’Erario presenti nel procedimento civile limitatamente alle spese legate alla disciplina di assistenza e difesa nel giudizio per i non abbienti, meglio noto come gratuito patrocinio, e in maniera più importante nel procedimento penale dove, tra le parti processuali ce ne una di parte pubblica (Pubblico Ministero) e sostiene oneri particolari per fini d’indagine (es.: consulenze tecniche, intercettazioni telefoniche, ecc.). Questa voce può pacificamente considerarsi un mero rimborso che una imposizione tributaria in senso stretto. 19 Corte Costituzionale, 24 settembre 2001, sentenza n. 333 depositata il 5 ottobre 2001. 51 CAPITOLO III IL CONTRIBUTO UNIFICATO PER LE SPESE DEGLI ATTI GIUDIZIARI SOMMARIO: 1. Il percorso evolutivo del Contributo Unificato dalla sua nascita all’entrata a regime; 2. Le ragioni dei cambiamenti; 3. Le basi oggettive in sede di assorbimento del bollo ed altri diritti in una tassa unica sul valore; 4. L’ambito di applicazione del Contributo Unificato, le modalità di pagamento e la riscossione coatta; 5. Le esenzioni dal Contributo Unificato per materia e per valore della causa. 1. Il percorso evolutivo del Contributo Unificato dalla sua nascita all’entrata a regime. Il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia riprende e fa sua la nuova disciplina introdotta più che un anno prima dall’art. 9 della Legge 23 dicembre 1999, n. 488 (cd. “finanziaria 2000”). Questa disposizione legislativa apporta una sostanziale modifica alla disciplina giuridica riguardante le spese di giustizia. Per meglio comprendere l’entità della riforma introdotta, basti pensare che lo stesso articolo di legge (apparentemente assai isolato nel contesto in cui fu pensato) ha avuto importanti riflessi 52 su altre discipline giuridiche organiche, fino a quel momento apparentemente intangibili nella loro sistemazione unitaria (vedasi oltre, per esempio, la questione sulla determinazione del valore della causa ed altre); tuttalpiù pareva, agli esperti della materia, tanto più verosimile che fosse la disciplina delle spese di giustizia ad adeguarsi al Codice di Procedura Civile ed alle discipline meramente fiscali piuttosto che il contrario, come poi in realtà è avvenuto. La riforma dei tributi dovuti dal cittadino che ricorre o incorre all’autorità giudiziaria, è stata tanto oggetto di critiche, segnalazioni e preoccupazioni che effettivamente si è reso più volte necessario modificare codesta disciplina prima ancora della sua entrata in vigore, ovverosia prima ancora di verificarne i suoi effetti di portata pratica. E’ anche facilmente comprensibile tanta preoccupazione tenuto conto delle decisioni forti che il legislatore ha preso con l’art. 9 della finanziaria 2000 e delle importanti implicazioni giudiziarie in senso stretto che essa avrebbe portato, peraltro con un rischio reale di paralisi dell’attività giudiziaria. Così si è assistito ad un continuo rincorrersi di circolari ministeriali promanate dai due dicasteri coinvolti nella vicenda (Amministrazione Giudiziaria ed 53 Amministrazione Finanziaria) finalizzate ad ammortizzare l’impatto della nuova disciplina sul sistema e talvolta, anzi, anticipatorie delle innovazioni giuridiche in gestazione. Il Testo Unico, pur facendo sua la disciplina del Contributo Unificato e pur rileggendola integralmente, finalmente una volta per tutte, sancisce la soppressione esplicita dall’ordinamento giuridico, mediante abrogazione, dell’art. 9 della legge n. 488/1999 (introduttivo del Contributo Unificato) con tutte le modificazioni fino ad allora intervenute. Si percorre ora l’evoluzione avuta dall’art. 9 della Legge 23 dicembre 1999, n. 488 e di seguito citato come art. 9, ma prima pare giusto il caso di citare un passo della tanto cara Divina Commedia che sottolinea, una volta di più, quanto attento alla vita politica dell’epoca è stato il suo autore e quanto tipico è il comportamento del giurista italiano da ripetersi così similmente a distanza di un tale lasso di tempo: “Atena e Lacedemona, che fenno l’antiche leggi e furon sì civili, fecero al viver bene un picciol cenno verso di te, che fai tanto sottili provvedimenti, ch’a mezzo novembre non giugne quel che tu 54 d’ottobre fili. Quante volte, del tempo che rimembre, legge, moneta, officio e costume hai tu mutato, e rinnovate membre!”1. “Questa la mordace e amara ironia del Poeta per la sua Fiorenza trecentesca: le perenni costituzioni di Solone ad Atene e di Licurgo a Sparta erano nulla a paragone delle leggi fiorentine, elaborate con tanta sottigliezza… da durare però mezzo mese o giù di lì”2. E proprio questa è la sensazione avutasi allorquando questo art. 9 è stato ripetutamente modificato dal novembre 1999 al marzo 2002 e definitivamente a maggio 2002 con il Testo Unico. Il primo intervento è stato quello operato con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2000, alla vigilia dell’entrata in vigore dell’art. 9, prevista per disposizione del co. 11° del medesimo articolo al 1° luglio 2000. Unitamente alla data di entrata in vigore il co. 11° conferisce la facoltà, al Presidente del Consiglio dei Ministri, “su proposta del Ministro della Giustizia e del Ministro delle Finanze, tenendo conto di oggettive esigenze organizzative degli uffici o di accertate 1 Dante Alighieri, Divina commedia, Purgatorio, canto VI, 139-147. SACCHETTINI E., Le leggi perenni, in “Guida al Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del 23 marzo 2002, n. 11, pag. 21. 2 55 difficoltà dei soggetti interessati per gli adempimenti posti a loro carico di differire l’entrata in vigore”3, di prorogare per un periodo massimo di sei mesi la data di entrata in vigore della norma in trattazione. Facoltà di cui si avvale certamente il Presidente del Consiglio dei Ministri con il citato Decreto, che pertanto sposta la data di entrata in vigore dal 1° luglio 2000 al 1° gennaio 2001. Non più un mero rinvio è la modifica all’art. 9 operata con la Legge 21 novembre 2000, n. 342, con la quale si va a modificare letteralmente una parte (comma 2° e comma 6°) dell’art. 9 nei termini e per le ragioni che si vedranno meglio nel paragrafo che segue. A questo punto, con l’avvicinarsi della data del 1° gennaio 2001, interviene l’art. 33 co. 9° della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (meglio nota come “legge di bilancio”), autorizzatoria di una ulteriore proroga di sei mesi dell’entrata in vigore dell’art. 9, mediante modifica del co. 8° dell’articolo 9 che così, autorizza il Presidente del Consiglio dei Ministri ad una proroga di mesi dodici, anziché di mesi sei come originariamente previsto. 3 Cfr art. 9 della Legge 23 dicembre 1999, n. 488. 56 Pertanto, allo stato, il Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari andrà in vigore il 1° luglio 2001. Pur non operando modifiche testuali all’art. 9, si inserisce a pieno titolo nel contesto il Decreto del Presidente della Repubblica del 1° marzo 2001, contenente disposizioni regolamentari che stabilisce, giusta delega del co. 6° dell’art. 9, le modalità di versamento del Contributo Unificato. Ancora alla vigilia della nuova entrata in vigore dell’art. 9, il Governo corre ai ripari e con l’art. 5 del Decreto Legge del 30 giugno 2001, n. 246, modifica testualmente l’art. 9 co. 11° della “finanziaria 2000” spostando l’entrata in vigore al 1° gennaio 2002. Il Decreto Legge sarà successivamente convertito con la Legge 04 agosto 2001, n. 330. L’odissea non è ancora finita. Giusta delega del co. 6° dell’art. 9, interviene una nuova disposizione regolamentare sulle modalità di versamento del Contributo Unificato a parziale modifica del precedente D.P.R. n. 126/2001. Detta disposizione è piuttosto marginale rispetto alla successiva modifica all’art. 9 operata dal Decreto Legge 11 marzo 2002, n. 28, il cui schema di Decreto è accompagnato da un’ampia relazione illustrativa del 57 Consiglio dei Ministri e sarà successivamente convertito con la Legge 10 maggio 2002, n. 91. Con quest’ultima disposizione legislativa si prevede l’entrata in vigore, che, effettivamente, questa volta c’è ed è quella del 1° marzo 2002. Ad ulteriore conferma dell’espressione dantesca innanzi citata, il Contributo Unificato viene assorbito dal Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia senza ovviamente risparmiarsi ulteriori modificazioni entrate in vigore il successivo 1° luglio 2002. Da questa data fino al momento in cui si scrive, vige nell’ordinamento giuridico italiano il Contributo Unificato che si esaminerà meglio più avanti, ma sembra il caso, vista la sequenza degli eventi appena citata, di non escludere nuovi ulteriori cambiamenti. Purtuttavia, se da un lato si ha l’impressione di un continuo cambiamento del testo legislativo dovuto, forse, ad una stesura lacunosa del medesimo, d’altro lato si può pensare che, l’aggiustamento di una copiosa normativa organica, può essere una cosa senz’altro utile in sede di applicazione della stessa nella quotidianità degli uffici giudiziari. 58 2. Le ragioni dei cambiamenti. Il Ministero della Giustizia, con la relazione illustrativa al Decreto-Legge 11 marzo 2002, n. 28, prende atto della sussistenza di difficoltà di tipo ermeneutico connesse alla concreta attuazione della nuova disciplina in materia di tassazione di atti e provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria istituita con l’art. 9 della Legge 23 dicembre 1999, n. 488. Sostanzialmente, detta norma sostituisce l’imposta di bollo, i diritti di cancelleria, la tassa di iscrizione a ruolo ed i diritti di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario, nei procedimenti giudiziari civili, penali ed amministrativi, con il contributo unificato di iscrizione a ruolo. Sempre detta relazione segnala che la formulazione della norma in argomento discende da una proposta di legge presentata nel corso della XIII legislatura d’iniziativa dei deputati Carrelli, Folena ed altri e rappresenta l’esito di una sofferta e contrastata elaborazione. Le difficoltà sono legate da un lato ad aspetti di tipo “interpretativo” connessi ad attività dello scrivente Ministero e 59 dall’altro ad aspetti di tipo “organizzativo” connessi ad attività di competenza del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Accogliendo il rilievo espresso dal Consiglio di Stato in sede consultiva, il Governo ha provveduto più volte al differimento dell’entrata in vigore della nuova disciplina al fine di evitare bruschi passaggi di regime normativo con conseguenti confusioni e vuoti applicativi. L’aspetto sicuramente più scottante della riforma è stato quello della irricevibilità dell’atto e dell’improcedibilità dell’azione originariamente previsti dall’art. 9 al co. 3° ed al co. 5°. Al proposito l’Organismo Unitario dell’Avvocatura italiana ha manifestato forti perplessità sulla legittimità costituzionale delle disposizioni normative citate, in relazione, tra l’altro, alle recenti pronuncie della Corte Costituzionale (sent. n. 333/2001 e successivamente la n. 522/2002) secondo la quale l’esercizio del diritto di azione non può essere condizionato al rispetto di un adempimento fiscale. Ad onor del vero, però, la Corte opera una netta distinzione tra i tributi strettamente inerenti il procedimento, pertanto finalizzati a rendere più efficace l’azione giudiziaria, ed i tributi non strettamente inerenti il procedimento. 60 Ma questo argomento è stato affrontato con più argomentazioni al capitolo I. “Il primo progetto di legge Visco (testo provvisorio della finanziaria 1999) prevedeva che l’omesso pagamento comportasse l’attivazione della procedura della riscossione a mezzo ruoli. Successivamente si pensò però di modificare il 3° comma dell’art. 9 e si introdusse il principio dell’irricevibilità dell’atto, e quindi si immaginò un meccanismo secondo il quale, in assenza del pagamento del contributo, lo stesso cancelliere poteva (o addirittura forse doveva) rifiutarsi di ricevere l’atto. Ad una simile disciplina si oppose immediatamente la classe forense e certa dottrina ritenendo incostituzionale condizionare l’esercizio del diritto di azione al previo pagamento di un tributo. In questo ambito v’è stata poi l’importante decisione della Corte Costituzionale del 5 ottobre 2001, n. 333, …la quale ha dichiarato incostituzionale l’art. 7 della legge di riforma delle locazioni nella parte in cui condizionava il diritto di procedere ad esecuzione forzata di rilascio di un immobile alla dimostrazione della regolarità nei pagamenti concernenti i tributi sulla casa… Va dato totale consenso all’ultima scelta 61 fatta (art. 9 così come modificato dalla legge di conversione n. 91/2002), che ha chiuso un percorso che poteva non esser mai iniziato dove ci si fosse fermati al primo progetto Visco…”4 5. Infatti, sempre al fine di evitare scenari dai quali sarebbe stato poi assai complicato venirne fuori, il Governo prima ed il Parlamento poi, hanno preferito rinunciare alle citate sanzioni dell’irricevibilità dell’atto e dell’improcedibilità dell’azione previste per il mancato o per l’irregolare pagamento del tributo. Al tutto si è ovviato prevedendo l’istituto dell’invito bonario al pagamento e l’iscrizione al ruolo con conseguente riscossione coatta del tributo. Concludendo sulla questione, pare giusto il caso di ricordare che, il Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia aveva già dato disposizioni in merito allontanandosi dall’originaria previsione legislativa nel senso che ordinava ai propri Uffici dipendenti di “eseguire un controllo di carattere meramente formale di riscontro tra l’importo pagato e quello previsto nella legge come corrispondente al valore della 4 SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso), dalla relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002 in occasione di una conferenza organizzata dal sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana. 5 SCARSELLI G., Contro i tributi giudiziari, in “Foro Italiano”, 2001, l. 1807. 62 causa, quale risulta dalla dichiarazione resa dall’avvocato, ferma rimanendo la possibilità di dichiarare l’atto irricevibile in caso di mancato o inesatto pagamento. A tal proposito, si deve ritenere che l’irricevibilità debba essere accertata e dichiarata dal giudice, in analogia con quanto previsto nel caso di modifica della domanda per l’improcedibilità… In ipotesi di verifica negativa e, qualora la parte chieda che il ricorso sia in ogni caso acquisito dall’ufficio, l’ufficio tratterà l’atto, inoltrandolo per l’ulteriore corso… Se la dichiarazione manca o è incompleta, l’irricevibilità è dichiarata dal magistrato su segnalazione del funzionario addetto all’ufficio”6. Con il medesimo art. 1 del D.L. n. 28/2002, il legislatore d’urgenza statuisce che è tenuto all’anticipazione del contributo unificato anche l’interveniente in causa o colui che propone domanda in riconvenzione qualora da ciò scaturisca un aumento del valore della causa tale da spostare la causa nello scaglione superiore, tenuto conto che il contributo si applica per valore della causa ed a scaglioni7. Rispetto all’originaria formulazione è soppressa l’espressione contenente il diritto alla ripetizione del 6 Circolare n. 1/2002 del 26 febbraio 2002 del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia. 7 Vedi artt. 10 e segg. C.P.C. sulla determinazione del valore della causa. 63 contributo unificato, ovviamente solo perché superflua, infatti il contributo unificato è solo anticipato dai soggetti innanzi detti, poi segue le sorti delle spese di causa8. Infatti, la sentenza decisoria della causa deve contenere obbligatoriamente la pronuncia relativa alla condanna totale o parziale, oppure alla compensazione, del pagamento delle spese del procedimento e, la mancata statuizione delle spese del giudizio integra una vera e propria omissione di carattere concettuale e sostanziale. Essa costituisce un vizio della sentenza, stante la mancanza di qualsiasi decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda ritualmente proposta e che richiede, pertanto, una pronuncia di accoglimento o di rigetto9. Ancora, con espresso riferimento al processo civile, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la condanna può essere disposta anche in assenza di un’espressa richiesta della parte vittoriosa ed ha lo scopo di evitare una diminuzione patrimoniale per il soggetto che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione del suo diritto10. 8 Vedi art. 91 C.P.C. e Circolare n. 2/2002 del 12.03.2002 del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia. 9 Cassazione civile, Sez. II, 11 marzo 1995, n. 2869. 10 Cfr., per ultima, Cassazione, Sez. I, 18 gennaio 1997, n. 500. 64 Conforme e costante giurisprudenza della Suprema Corte impone al giudicante l’obbligo della motivazione della statuizione in fatto di spese del giudizio, al fine di poter permettere alla parte interessata di controllare l’iter logico del giudice, e laddove lo ritenesse opportuno, di denunciare le specifiche violazioni della legge, poiché la pronuncia costituisce un capo autonomo della sentenza e, in quanto tale, può far sorgere un interesse immediato e diretto all’impugnativa. Tuttavia, nel caso specifico, l’obbligo di motivazione è valutato con minor rigore, stante l’ampia valutazione discrezionale rimessa al giudice. Trattando del procedimento giudizialtributario, autorevole dottrina processualistica commenta circa la cosiddetta soccombenza virtuale, ovvero tutti quei casi in cui la parte che anticipa delle spese (es.: il contributo unificato) e successivamente, cessata la materia del contendere per volontà della controparte, nel caso di ravvedimento della medesima, il giudice pronuncia sentenza di estinzione del procedimento con compensazione delle spese11. 11 Cfr. PACE F., La condanna alle spese, in “Corriere tributario” n. 9/2001, I.p.s.o.a. editore, Milano, l. 625. 65 Seppur la Corte Costituzionale12 ha riconosciuto la legittimità costituzionale dell’art. 46, co. 3°, del D.Lgs. n. 546/1992, norma che stabilisce nel processo tributario che, in caso di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, le spese restino a carico delle parti che le hanno anticipate, la giurisprudenza di merito ha più volte condannato l’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese anche in caso di esercizio del potere di autotutela e di conseguente annullamento dell’atto impugnato dal contribuente13. Avuto riguardo, invece, al processo civile, la Corte di Cassazione ha affermato che la parte soccombente va identificata, alla stregua del principio di causalità su cui si fonda la responsabilità del processo, in quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata, abbia dato causa alla lite, ovvero in quella che abbia tenuto nel processo un comportamento rilevatosi ingiustificato14. Concludendo sull’argomento si riporta l’eloquente motivo a sostegno della decisione della Commissione tributaria 12 Corte Costituzionale, 12 marzo 1998, n. 53; Corte Costituzionale, 23 ottobre 2000, n. 465. 13 Cfr. Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, Sez. VI, 4 febbraio 1997, n. 1; Commissione tributaria provinciale di Roma, 17 dicembre 1996, n. 214; Commissione tributaria regionale della Lombardia, 25 gennaio 1999, n. 18. 14 Cassazione civile, Sez. III, 10 settembre 1986, n. 5539. 66 provinciale di Torino che, applicando il principio della soccombenza virtuale, “dev’essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, con condanna al pagamento delle spese, a causa dell’accoglimento del ricorso da parte dell’Ufficio stesso in riconoscimento dell’errore commesso e non a seguito di composizione della vertenza tra le parti”15 16. Il testo originario pur contenendo l’esenzione del contributo unificato per la parte civile costituita nel procedimento penale non disponeva le modalità di recupero del contributo, successivamente ed eventualmente dovuto. Stesso Decreto-Legge citato sopperisce a detta omissione qualificando il contributo unificato (quando dovuto – vedasi oltre) come spesa di giustizia prenotata a debito, in analogia con la norma del T.U. n. 131/1986 sull’imposta di registro, così evitando che l’anticipazione del contributo gravi sulla persona offesa dal reato. Opportunamente con la legge di conversione si specifica, a scanso di equivoci, che il contributo unificato prenotato a debito si recupera nei confronti della parte condannata al risarcimento del danno. 15 16 Commissione tributaria provinciale di Torino, Sez. XXXIII, 14 aprile 1999, n. 25. Vedi nota sub 11). 67 Sempre con il medesimo Decreto-Legge, si provvede alla eliminazione di quella parte dell’originario articolo di legge che annoverava, tra i soggetti tenuti all’anticipazione del tributo, l’interveniente nella procedura di esecuzione civile immobiliare o mobiliare il cui intervento avesse modificato il valore della causa in modo tale da farla ricadere in uno scaglione superiore. Purtuttavia il contributo unificato nelle procedure appena citate è fissato in misura fissa – per materia e non per valore della causa – pertanto non si capiva meglio cosa il legislatore intendesse. “Al richiamato inciso può attribuirsi la natura di refuso, dovuto alle alterne vicende dell’articolo in sede parlamentare”17 ed ora grazie al successivo intervento è stato soppresso dall’ordinamento. Un’altra ragione che ha reso necessario un nuovo intervento legislativo correttivo è stato dettato dal regime delle esenzioni dal pagamento del contributo unificato. Sin dall’origine, infatti, venivano fatti salvi dalla nuova imposizione tributaria tutti quei procedimenti che già a quella data erano esenti dal pagamento dei tributi soppressi. Ma il co. 8° dell’art. 9 della Legge n. 488/1999 così testualmente diceva: “Non sono 17 Relazione ministeriale illustrativa del Decreto-Legge n. 28/2002. 68 soggetti al contributo di cui al presente articolo i procedimenti già esenti, senza limiti di competenza o di valore dall’imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura”18. Il co. 8° riscritto dice: “Non sono soggetti al contributo di cui al presente articolo i procedimenti già esenti, senza limiti di competenza o di valore, dall’imposta di bollo o da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, nonché i procedimenti di rettificazione di stato civile, i procedimenti in materia tavolate, i procedimenti cautelari attivati in corso di causa ed i procedimenti di regolamento di competenza e di giurisdizione”19. Appare a vista di tutta evidenza la esclusione dell’imposta di registro dal regime delle esenzioni e ciò, senz’altro, dovuto al fatto che appare chiara la volontà del legislatore del ’99 di esentare dal pagamento del contributo unificato solo quei procedimenti che prima dell’istituzione del nuovo tributo erano esenti dai tributi soppressi. E sempre nella medesima direzione, va la posizione di alternatività (congiunzione “e”) anziché la compresenza (congiunzione “o”), 18 Art. 9 co. 8° Legge 23 dicembre 1999, n. 488. Art. 9 co. 8° Legge 23 dicembre 1999, n. 488, così come modificato dall’art. 1 co. 5° Decreto-Legge del 11 marzo 2002, n. 28. 19 69 voluta per l’esenzione dei procedimenti già esenti da imposta di bollo o altri diritti; nel senso che anche i procedimenti già esenti da bollo ma soggetti a diritti (per esempio le procedure innanzi al giudice tutelare) sono esenti dal contributo unificato. Ma con il medesimo nuovo comma 8° si è altresì provveduto ad esplicitare l’esenzione già prevista dall’originaria formulazione per i procedimenti in materia tavolare, risultante dal combinato disposto di cui al co. 1° dell’art. 9 della L. 488/1999 e dal co. 2° della medesima legge, così come modificato dall’art. 56 della Legge 21 novembre 2000, n. 342. L’esenzione vale inoltre per i procedimenti cautelari attivati in corso di causa (come già previsto) ed anche per i procedimenti di regolamento di giurisdizione e di competenza – e questa è una novella – ravvisandosi la convenienza di questa estensione dell’esenzione, la cui mancanza sembra frutto di un difetto di coordinamento visto che anche questi sono procedimenti incidentali come quelli cautelari. Da ultimo si è altresì provveduto all’esenzione del procedimento di rettificazione di stato civile recentemente semplificato dal D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, che ha mantenuto la competenza al tribunale. 70 Sempre per ragioni di opportunità, anche la legge di conversione del suddetto Decreto-Legge apporta nuove modifiche in senso estensivo delle esenzioni aggiungendovi i procedimenti aventi ad oggetto la separazione personale dei coniugi, l’interdizione e l’inabilitazione, l’assenza e la dichiarazione di morte presunta, i minori, gli interdetti e gli inabilitati ed i rapporti patrimoniali tra i coniugi. Un altro cambiamento rispetto alle originarie previsioni sta nel regime transitorio. Originariamente, alle cause già iscritte a ruolo prima dell’entrata in vigore della novella legislativa, era data la facoltà di optare per il nuovo o per il vecchio regime. In caso di esercizio dell’opzione per il nuovo regime veniva imposto il versamento del 50% del nuovo tributo dovuto senza facoltà di ripetizione di quanto fino ad allora versato a titolo di imposte e diritti ora soppressi. Il Decreto-Legge n. 28/2002, invece, revoca la facoltà dell’esercizio dell’opzione adottando all’uopo tutta una serie di incentivi (graduazione della percentuale del contributo dovuto a seconda della vetustà della causa iscritta) tali da rendere la scelta del legislatore ragionevole rispetto, alle esigenze degli uffici che così evitano la confusione della coesistenza del doppio regime impositivo ed a quelle delle 71 parti processuali che risparmiano un quantum d’imposta. E’ implicito che anche questa scelta legislativa è decretata dall’esigenza di scongiurare il rischio di incostituzionalità della norma con imprevedibili risvolti pratici. Ma questa buona intenzione del legislatore d’urgenza non è piaciuta a nessuno degli addetti ai lavori con particolare riferimento ad avvocati e cancellieri. E così, seguendo il suggerimento del Consiglio di Stato, in sede di legge di conversione si è fatto marcia indietro e si è completamente soppresso il regime transitorio voluto dal Governo. 3. Le basi oggettive in sede di assorbimento del bollo ed altri diritti in una tassa unica sul valore. “Uno strappo rispetto al passato, l’abolizione del bollo per gli atti giudiziari è non soltanto una riforma a mera impronta fiscale. L’obbligo della carta da bollo, col tempo soppiantata dall’apposizione delle marche per esigenze di praticità imposte dall’evoluzione tecnologica sta infatti ormai via via svanendo anche in altri settori, mentre l’idea stessa dell’uso di questo stile 72 assumeva ab antiquo nella mente dell’uomo comune un richiamo all’importanza dell’atto che proprio in tale forma doveva essere predisposto e non si esauriva nel semplice pagamento di un balzello: ricorda un po’ la red tape degli anglosassoni che appunto segnala l’ufficialità degli atti che tale forma rivestono. Nel ciclone che ha investito l’apparato giudiziario italiano all’alba del 2000 si colloca, dunque, sia pur in posizione trasversale, anche l’abolizione del bollo per gli atti e provvedimenti giudiziari. In realtà, la rivoluzione attiene soprattutto agli atti del processo, giacché per i provvedimenti giudiziari e per le spese di cancelleria e connesse la Finanziaria 2000 non fa che conglobare quanto precedentemente dovuto, e già calcolato a forfait, nel contributo unificato di cui al co. 2° dell’articolo 9. Difatti la Legge 7 febbraio 1979, n. 59, aveva introdotto il sistema del pagamento a mezzo marche all’atto dell’iscrizione a ruolo, in misura fissa a seconda dell’organo giudiziario adito. Comunque, anche sotto quest’ultimo profilo, i parametri sono mutati rispetto al passato, per effetto pure della quasi completa unificazione degli organi giudiziari nel tribunale quale giudice unico di primo grado, con la scomparsa delle preture: gli 73 importi, adesso globalmente dovuti, mutano a seconda del valore della procedura da iniziare, in base a quanto indicato nella tabella allegata al citato articolo di legge”20. “Questa disposizione s’inserisce nell’ampio quadro del generale riordino delle attività amministrative e della semplificazione delle procedure e dei procedimenti che fanno carico agli operatori ed ai cittadini che richiedono servizi alla Pubblica Amministrazione”21. “La scelta del legislatore, volta allo snellimento dei carichi tributari processuali, non può certo considerarsi un’idea di recente origine, esistendovi non trascurabili precedenti in tal senso. Nell’ambito della delega legislativa al Governo per la riforma tributaria degli inizi degli anni settanta, infatti, l’art. 7 della Legge 9 ottobre 1971, n. 825, prevedeva già, nel punto 7, la revisione delle imposte e tasse afferenti i procedimenti civili, penali e amministrativi per raggiungere il fine di rendere più spediti i procedimenti, anche con la possibilità di eliminare le 20 SACCHETTINI E., Niente più bolli per gli atti processuali, in “Guida al diritto” de “Il sole 24 ore” del 29 gennaio 2000, n. 3, pag. 123. 21 D’ORSOGNA F.P., Cambia il contributo su alcuni atti giudiziari – Non più bolli, ma un versamento unico, in “Il fisco” n. 15/2002, fasc. n. 1, 5965/2265. 74 imposte di bollo su atti e documenti e di sostituirle con una imposta una tantum…”22. Il primo comma della citata disposizione di legge esplicitamente abolisce l’imposta di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria ed i diritti di chiamata di causa degli ufficiali giudiziari per gli atti e provvedimenti di tutti i procedimenti giudiziali ordinari ed amministrativi, mentre resta inequivocabilmente fuori dalla riforma il procedimento giudiziale tributario. Se il legislatore ha deciso di limitare l’introduzione del contributo agli indicati procedimenti, non può certo accogliersi qualsivoglia soluzione che tenda all’ampliamento di un campo di applicazione insuscettibile di dilatazioni stante la lettera della legge fin troppo chiara. Pur potendosi riesumare la querelle circa la effettiva (o prevalente) natura del processo tributario, in effetti, a nessuno può sfuggire la formale irriconducibilità dello stesso ai riti civile ed amministrativo, specie per come essi sono stati intesi nel restrittivo art. 9 e poi la Corte Costituzionale ha già chiarito che “il processo tributario, rispetto a quello civile ed 22 BECCALLI C., Contributo unificato per le spese degli atti giudiziari – Le novità del nuovo regime, in “Il fisco” n. 14/2002, fasc. n. 1, 5363/2087. 75 amministrativo, conserva una sua spiccata specificità, correlata sia alla configurazione dell’organo decidente sia al rapporto sostanziale oggetto del giudizio”23. La prima conseguenza pratica e sostanziale tributaria della riforma è che l’avvocato potrà non preoccuparsi più della spesa nella stesura di contingenti atti di parte, perché tutto, originali e copie, sarà già compreso nel contributo unificato inizialmente corrisposto, mentre nella vigenza dell’imposta di bollo, questa era commisurata alla dimensione dell’atto. Era dovuta una marca da bollo da lire ventimila per ogni quattro facciate di foglio di cui si componeva l’atto. Si spera ovviamente che ciò non produca il proliferare di atti esageratamente lunghi con conseguente appesantimento degli atti processuali e conseguente diseconomia per il magistrato che dovrà leggerseli. Questo citato comportamento, deplorevole e purtroppo assai facile da attuare con l’uso del computer, è rimesso all’intelligenza intellettuale della classe forense che saprà comunque fare, della capacità di sintesi (apprezzata sin dai primi gradi di insegnamento) e della seppur residuale oralità del procedimento, il suo punto di forza 23 Corte Costituzionale, 12 marzo 1998, sentenza n. 522 depositata il 21 novembre 2002. 76 che la renda peraltro meritevole della notabilità da sempre riconosciutale. Questo nuovo metodo di esazione del tributo unico sulla giustizia indubbiamente facilita il lavoro delle cancellerie giudiziarie che non dovranno più controllare, al deposito dei singoli atti, se tutte le marche sono state regolarmente apposte nell’originale e nelle copie per ciascuna delle controparti e s’immagini il maggior aggravio di lavoro (praticamente impossibile) quando gli atti erano depositati in udienza, vista la particolare bagarre dell’udienza civile e vista inoltre la frequente assenza del cancelliere nell’udienza civile. Tutto ciò comportava l’aggravio di costo per l’Erario nell’esazione del tributo ed ancora molto spesso in questa confusione capitava la mancata riscossione del tributo. Così il contributo unificato sostituisce l’imposta di bollo sui provvedimenti, la tassa d’iscrizione a ruolo della causa, i diritti di cancelleria per le copie per uso ufficio riscossi a forfait ed i diritti di chiamata di causa dell’ufficiale giudiziario. “Si 77 perde ormai nella notte dei tempi il ricordo di quando costui chiamava effettivamente le cause civili”24. Si dice contributo unificato non perché è unico, anzi esso è commisurato al valore della causa oppure a determinati procedimenti, ma si dice unico perché esso è dovuto in un’unica soluzione ed una sola volta all’atto di iscrizione a ruolo della causa e vale per tutti gli atti antecedenti, necessari o funzionali, al processo. E’ demandato al cancelliere che riceve l’atto l’accertamento formale del tributo dovuto sulla base di apposita dichiarazione resa in calce all’atto da chi lo deposita in cancelleria. Detto accertamento, stante la natura promiscua dell’imposizione tributaria sulla giustizia, verterà innanzitutto sul tipo di procedimento adito e, se trattasi di procedimento non esente e non soggetto al tributo in misura fissa, si terrà conto del valore della causa determinato secondo le regole dettate dal codice di procedura civile, perché il nuovo tributo istituito si applica per valore ed a scaglioni. Il soggetto passivo del tributo è da individuarsi, a titolo di anticipazione, nella parte che per prima si costituisce in giudizio 24 SACCHETTINI E., Niente più bolli per gli atti processuali, in “Guida al diritto” de “Il sole 24 ore” del 29 gennaio 2000, n. 3, pag. 124. 78 (attore o ricorrente) o, nel caso del procedimento di esecuzione, dalla parte che fa istanza di vendita dei beni pignorati o ancora da colui che formula chiamata in causa, domanda riconvenzionale o intervento autonomo, in conseguenza del quale accresca il valore della causa oltre lo scaglione imponibile per il quale è stato già anticipato il contributo unificato. Si può tranquillamente definire il contributo unificato come autotassativo, in considerazione del fatto che è lo stesso soggetto passivo che è tenuto a dichiarare e corrispondere l’importo dovuto. Inoltre, il soggetto passivo reale del tributo è la parte soccombente in giudizio cui il giudice, secondo le ordinarie regole del codice di procedura civile, vorrà addebitare le spese di causa. “Un trattamento preferenziale, rispetto alla corrispondente posizione del danneggiato nel processo civile, viene accordato alla parte civile nel processo penale: nulla è dovuto se costei si contenta di una condanna generica al risarcimento del danno, mentre altrimenti, se cioè viene richiesta una somma specifica, il contributo sarà dovuto in corrispondenza non già alla domanda, come nel processo civile, 79 ma al decisum, cioè all’importo liquidatole in sentenza”25. Ma vi è dell’altro: il contributo unificato nel procedimento penale, se dovuto, è prenotato a debito a carico del condannato e cioè non anticipato dalla parte per così dire vincitrice in giudizio, in analogia con quanto già avveniva per l’imposta di registro, e pertanto il soggetto passivo nel procedimento penale può essere solo ed esclusivamente il condannato senza ulteriore discrezione da parte del giudice. “Piace intravedere, anche in quest’occhio di riguardo accordato alle vittime del reato, finalmente, un’avvisaglia di cambiamento di approccio nei confronti della posizione da costoro assunta nel giudizio, e ciò in controtendenza a quanto emerge invece dallo spirito e dalla lettera del codice Vassalli, teso soprattutto a scoraggiare questi soggetti, né più né meno che al rango di intrusi, da partecipare al processo penale”26. In sede di assorbimento dei tributi soppressi nell’unico tributo come sopra descritto, vi è stata altresì una sorta di defiscalizzazione che si desume facilmente sia dalla lettura del 25 SACCHETTINI E., Niente più bolli per gli atti processuali, in “Guida al diritto” de “Il sole 24 ore” del 29 gennaio 2000, n. 3, pag. 127. 26 Cfr. nota sub 17). 80 comma 8° e sia dal co. 9° della norma in esame. Ed infatti, accanto all’esenzione esplicita contemplata per i procedimenti già esenti da bollo o (e nota bene “o” che sta per alternatività) da diritti di cancelleria, vi sono elencati come esenti una serie di procedimenti che, per ragioni sistematiche, saranno trattati meglio oltre. Ed inoltre, il comma 9° è l’unico riferimento all’imposta di registro contemplato nella presente norma con esenzione dall’imposta dei verbali di conciliazione di valore non superiore a lire centomilioni. “Si tratta di una consistente innovazione, tesa a deflazionare il contenzioso, anche se la precedente esperienza di cui all’articolo 13 co. 6° della Legge n. 276/1997, che concedeva analogo bonus fino a cinquantamilioni di lire nelle cause di vecchio rito assegnate alle sezioni cosiddette stralcio, non ha dato i risultati sperati: salvo particolari esigenze, infatti, le parti, quando si accordano, preferiscono abbandonare la causa anziché sottoporsi a questo ulteriore incombente, pur se gratuito”27. Per il resto rimane inalterata tutta la disciplina dell’imposta di registro come ha detto il Ministero delle Finanze: “Si osserva in via preliminare che le novità in vigore dal … non interessano l’imposta di registro 27 Cfr. nota sub 17). 81 dovuta sugli atti giudiziari, la quale continua ad essere applicata in conformità alle previsioni dell’art. 37 del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di Registro…”28. Infine pare doveroso sottolineare la condivisibile delega contenuta nel comma 6° dell’art. 9 così come definitivamente riscritto. Si demanda alla potestà regolamentare del Governo la variazione nel tempo degli scaglioni di valore pro-imposizione ed inoltre, è demandata al Governo anche la definizione della modalità tecnica per il versamento del tributo. Ciò da duttilità alla norma permettendole di essere modificata e completata tramite un atto di alta amministrazione che, per sua indole, è senz’altro più snello e pertanto più consono all’adeguamento di una parte della norma alla variabilità dei tempi. 4. L’ambito di applicazione del Contributo Unificato, le modalità di pagamento e la riscossione coatta. 28 Circolare dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso del 27 febbraio 2002, n. 21/E. 82 Il titolo I della parte II del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia è interamente dedicato al Contributo unificato per le spese di giustizia riprendendo pressoché in toto l’art. 9 secondo l’ultima stesura data dalla legge di conversione n. 91/2002. Senza possibilità di dubbi, con estrema chiarezza e senza necessità alcuna di interpretazioni variegate, è individuato – con le esenzioni di cui appresso si tratterà – nel processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione e nel processo amministrativo, l’ambito di applicazione del contributo unificato, per ciascun grado di giudizio. Per le ragioni espresse nel precedente paragrafo – la costante giurisprudenza ed il rigoroso tenore letterale della norma – non si può in nessun modo ricomprendere il processo tributario o quello contabile – per via analogica – nella disciplina testé dettata. Esclusa, però, codesta possibile interpretazione estensiva della norma, si possono, invece, ricomprendere nell’ambito di questa disciplina gli atti preparatori e funzionali al processo, nonché la peculiare azione civile nell’ambito del processo penale. Di conseguenza, codesti atti processuali diventano esenti 83 dall’imposta di bollo perché, comunque ricompresi tra gli atti del procedimento per cui si è già corrisposto o si corrisponderà il tributo unico. “Il comma 1 dell’art. 9 della legge n. 488/1999 e succ. mod. stabilisce che il pagamento del contributo unificato comprende tutti gli atti e provvedimenti dei procedimenti civili, penali ed amministrativi inclusi quelli ad essi antecedenti, necessari o funzionali. La formulazione della legge, così come modificata dalla legge di conversione, rende eloquente che nel pagamento del contributo unificato sono comprese anche le imposte di bollo dovute sulla procura alle liti, sull’atto di precetto, sull’atto di pignoramento, sull’atto di costituzione di parte civile, sulla relazione dell’ausiliario del giudice e del consulente tecnico di parte, sulla tempestiva istanza di ammissione al passivo fallimentare, sul provvedimento comunque conclusivo del procedimento, sul mandato di pagamento emesso dal funzionario, sul decreto di pagamento del magistrato, sull’istanza per la liquidazione della consulenza, 84 sulle varie istanze presentate dalle parti, quali differimento, sospensione, estinzione”29. Sembra sufficientemente chiaro che, deve intendersi soppresso il bollo per gli atti introduttivi del processo, anteriori alla costituzione in giudizio. Sembra parimenti chiaro che deve intendersi soppresso anche il bollo sull’atto di precetto, il bollo sull’atto di pignoramento immobiliare, come anche sull’atto di pignoramento presso terzi, trattandosi di atti tipicamente prodromici ed indispensabili all’avvio del processo esecutivo. “Il precetto, così come si evince dal comma 1° dell’art. 480 del codice di procedura civile, è l’atto mediante il quale il creditore, intima al debitore di adempire, entro un certo termine, l’obbligo risultante dal cosiddetto titolo esecutivo di cui all’art. 474 del codice di procedura civile (ovvero provvedimento giudiziale, titoli di credito e atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale legittimato). Pur nella diversità delle funzioni…, il titolo esecutivo ed il precetto sono accomunati dalla medesima natura di atti preparatori del processo di esecuzione forzata così come emerge palesemente dall’art. 479 29 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 maggio 2002, n. 3. 85 del codice di procedura civile laddove viene asserito che se la legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva (ovvero munito della formula rituale di cui all’art. 475, comma 3, del codice di procedura civile) e, appunto, del precetto. La disposizione appena richiamata, in tutta evidenza, ritiene la notificazione del precetto una condizione che, in quanto tale, “precede” il procedimento civile di esecuzione. Come sottolineato da autorevole dottrina maggioritaria, il precetto stesso, al quale andrebbe ricondotta una mera natura sostanziale, non è atto dell’esecuzione forzata anche se disciplinato nel libro terzo del codice di rito civile dedicato al “processo di esecuzione”, dovendosi invece in esso ravvisare un ruolo d’impulso, reso ancor più concreto dalla sua notificazione. Essa, d’altra parte, è ulteriore indefettibile presupposto dell’esecuzione e costituisce, nei confronti del precetto, un atto diverso ma strumentale all’intimazione stessa”30. Anche la relazione n. 2639-A del 24 aprile 2002, che ha accompagnato il disegno di legge, approvato dal Senato, poi 30 BECCALLI C., Inapplicabilità del tributo agli atti preparatori della procedura esecutiva civile alla luce delle modifiche all’art. 9, comma 1, della L. 23 dicembre 1999, n. 488, in “Il fisco” n. 25/2002, fasc. n. 1, 9643/3997. 86 formalizzato nella suddetta legge di conversione, sancisce: “il dubbio interpretativo relativo alla qualificazione degli atti giudiziari… è stato risolto includendo nell’esenzione gli atti e i provvedimenti necessari o funzionali ai procedimenti stessi anche se ad essi antecedenti e propedeutici”. Non sono compresi nell’ambito del contributo unificato, e pertanto sono da assoggettarsi a bollo, le domande e le istanze presentate da terzi, non collegate ai processi, perché l’esenzione prevista dal legislatore è legata ai processi e, quindi, innanzi tutto all’attività delle parti processuali. “L’imposta di bollo, …, è invariata per gli atti non giurisdizionali compiuti dagli uffici giudiziari. Invero, l’ambito di operatività del contributo unificato risulta limitato ai procedimenti previsti dalla legge stessa ed agli atti ad essi necessariamente connessi, con esclusione di tutti quegli affari che, anche se espletati davanti ad un ufficio giudiziario, non sono correlati ad alcun procedimento e sono destinati a realizzare esigenze e finalità estranee all’attività processuale. In proposito si chiarisce che il contributo previsto dal comma 2 della tabella 1 allegata alla legge n. 488/99 è relativo unicamente ai processi amministrativi che si svolgono dinanzi al 87 T.A.R. e al Consiglio di Stato e non può dunque essere riferito ai procedimenti di carattere amministrativo, quali quelli sopra menzionati, di competenza degli uffici giudiziari ordinari”31. Così, appare sufficientemente chiaro che, al fine di individuare l’assoggettamento al contributo necessario che il presupposto ricorrano unificato, è soggettivo dell’appartenenza al processo, ossia bisogna essere parte processuale ed il presupposto oggettivo, ovvero deve trattarsi di atti endoprocedimentali dei procedimenti facenti parte dell’ambito di applicazione del nuovo tributo. La mancanza di uno o entrambi di questi presupposti, seppur esclude dal pagamento del contributo unificato, non fa venir meno necessariamente l’assogettabilità a tributi. Infatti, la non appartenenza all’ambito di applicazione del contributo unificato deve intendersi che non si fa parte della disciplina che sappiamo ormai comporsi di due lati: applicazione del contributo unificato ed esenzione dal contributo unificato. Mentre la non appartenenza alla disciplina non significa esenzione (altrimenti 31 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 maggio 2002, n. 3. 88 apparterrebbe), ma si tratta di un mero rimando alle disposizioni sul bollo antecedenti e sopravviventi alla nuova normativa. Per quanto riguarda le modalità di pagamento del contributo unificato, “l’art. 9, comma 6, legge n. 488/1999, rimetteva ad un regolamento, ai sensi dell’art. 17, comma 2, legge n. 400/1988, l’individuazione delle modalità di pagamento del contributo unificato. Sulla base di questa norma è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 126/2001, modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre 2001, n. 466, le cui disposizioni sono state incorporate, con i necessari adattamenti e raccordi, nel testo unico. La norma in commento (art. 191 T.U.), accogliendo un suggerimento del Consiglio di Stato, rinvia alle norme regolamentari e riprende la disposizione originaria per l’eventuale procedura di modifica perché rilevano autorità proponenti diverse da quelle competenti per la modifica delle norme regolamentari del testo unico”32. 32 Relazione illustrativa del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, commento all’art. 191, pag. 100. 89 Testualmente, l’art. 192 del T.U.: “Il contributo unificato è corrisposto mediante: a) versamento ai concessionari; b) versamento in conto corrente postale intestato alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato; c) versamento presso le rivendite di generi di monopolio e di valori bollati. L’art. 194 del T.U., “individua il contenuto della ricevuta di versamento, tenendo conto delle modifiche apportate con il decreto del Presidente della Repubblica 11 dicembre 2001, n. 466, che ha introdotto il contrassegno rilasciato dalle rivendite di generi di monopolio e di valori bollati. Per conferire maggiore elasticità alla norma, sganciandola da eventuali modifiche delle competenze interne al Ministero dell'economia e delle finanze, si è rimessa l'approvazione dell'apposito modello a decreto dirigenziale dello stesso Dicastero, anziché al Direttore dell'Agenzia delle Entrate. Quando il versamento è effettuato presso le rivendite di generi di monopolio, la ricevuta è costituita dal contrassegno. Poiché questo contiene solo la prova dell'avvenuto pagamento dell'importo, deve essere apposto sulla nota di iscrizione a ruolo, o atto equipollente, o sul modello apposito, i quali contengono l'ufficio giudiziario adito, le generalità e il codice fiscale 90 dell'attore o ricorrente, le generalità delle altre parti. Elementi, questi ultimi, che esistono nella nota di iscrizione a ruolo (v. art. 71 c.p.c. att., come modificato dal decreto legge n. 28/2002, convertito nella legge 10 maggio 2002, n.91) e che devono sussistere nell'atto equipollente. Altrimenti il contrassegno è apposto sull'apposito modello che li contiene. Il comma 5 riprende il comma 1 dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 126/2001, raccordandolo all'introduzione del contrassegno. Il comma 6 prevede l'annotazione degli estremi del versamento sul relativo registro del ruolo generale, come rimedio all'eventuale perdita della ricevuta”33. Quindi, sostanzialmente il contributo unificato può essere versato presso i concessionari di riscossione (ex esattorie e banche) mediante l’uso del modello F23 (già noto agli addetti ai lavori), presso gli uffici postali su apposito bollettino di versamento in conto corrente e presso le tabaccherie. Le ricevute ottenute (copia per il versante per l’F23, attestazione di versamento per il bollettino di conto corrente 33 Relazione illustrativa del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, commento all’art. 194, pag. 101. 91 postale o contrassegno per i tabaccai) vanno applicate su apposito modello approvato dall’Agenzia delle Entrate, sia nel caso che per il procedimento di cui trattasi sia prevista la redazione della nota di iscrizione a ruolo, sia quando la nota di iscrizione al ruolo non è richiesta, perché il nuovo modello contiene tutti i dati richiesti dalla nuova normativa mentre la nota di iscrizione a ruolo non li contiene. Codesto nuovo modello portante la ricevuta di pagamento del contributo unificato deve essere allegato agli atti che si depositano in cancelleria unitamente alla nota di iscrizione a ruolo, quando prevista. E’ fatto altresì obbligo al depositante l’atto di citazione o il ricorso di rendere l’attestazione del valore della causa o dell’eventuale esenzione, ed al cancelliere che riceve l’atto, è rimesso il controllo formale di regolarità del tributo versato rispetto al valore dichiarato. Si è già detto delle sanzioni originariamente previste per l’irregolarità o la mancanza del versamento del contributo unificato. In breve, le sanzioni erano l’irricevibilità dell’atto nel caso dell’atto introduttivo e l’improcedibilità della causa negli altri casi in cui è dovuta l’integrazione del contributo già versato 92 per sopravvenuto passaggio del valore della causa allo scaglione superiore. Al fine di evitare impensabili effetti devastanti per gli uffici giudiziari, nel caso eventuale e non poco probabile di un intervento della Corte Costituzionale, il legislatore ha optato per l’ordinaria via delle entrate patrimoniali dello Stato. “Il comma 5 bis dell’art. 9 disciplina il meccanismo di riscossione del contributo unificato, in caso di mancato o insufficiente pagamento, secondo i principi generali dettati dai decreti legislativi 9 luglio 1997, n. 237, 26 febbraio 1999, n. 46 e 13 aprile 1999, n. 112 e successive modificazioni, che hanno regolato la materia della riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. Il funzionario addetto all’ufficio deve verificare la presenza della ricevuta di versamento e la corrispondenza dell’importo risultante dalla stessa con quello del corrispondente scaglione, individuato sulla base della dichiarazione resa dall’avvocato. Il controllo effettuato dal funzionario è, dunque, come già precisato in precedenza, un controllo meramente formale di riscontro tra l’importo pagato e quello previsto nella legge come 93 corrispondente al valore della causa. Infatti, la legge è inequivocabile nell’attribuire la determinazione del valore – sulla base delle sopra richiamate regole del codice di procedura civile – al difensore. Il meccanismo di riscossione delineato nel comma in esame consta di due fasi. La prima prevede l’inoltro dell’invito bonario al pagamento da parte del funzionario di cancelleria entro 30 giorni dal deposito dell’atto cui si collega il pagamento o l’integrazione del contributo dovuto, quale risulta dal raffronto tra la dichiarazione resa e il corrispondente scaglione della tabella. Le modifiche apportate dalla legge di conversione al comma 5 bis allungano il termine per l’invio dell’invito bonario al pagamento da parte del cancelliere portandolo da dieci giorni a trenta giorni e precisano che l’invito deve essere inviato alla parte nel domicilio eletto o, nel caso di mancanza di domicilio eletto, deve essere depositato presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario. Si precisa, al riguardo, che nel contesto del processo pendente il legislatore ha limitato al domicilio eletto la possibilità di notifica. Ciò si fonda sulla circostanza che nel processo la parte elegge domicilio presso il proprio difensore 94 (articolo 84 c.p.c.). Per il caso, poi, del tutto marginale in cui la parte stia in giudizio personalmente (perché autorizzata ex articolo 82 c.p.c.) e non ha eletto domicilio, il legislatore ha esteso il meccanismo del deposito in cancelleria, già previsto dall’articolo 58 disp. att. c.p.c. Per ciò che concerne la notifica dell’invito di pagamento deve ritenersi che essa rientri tra le notifiche a richiesta d’ufficio e che, quindi, debba essere effettuata mediante l’ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art. 137 c.p.c. L’invito al pagamento serve solo all’adempimento spontaneo di una obbligazione ex lege che basterà menzionare nello stesso invito. La seconda inottemperanza fase, che all’invito di si apre a pagamento, seguito della consiste nella formazione del ruolo e, nel caso di decorso del termine per l’adempimento computato dall’avvenuta notifica, nella trasmissione del medesimo al concessionario per la riscossione. Nell’importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi al saggio 95 legale, decorrenti dal deposito dell’atto cui si collega il pagamento o l’integrazione del contributo”34. Le disposizioni così dettate non hanno mancato di suscitare critiche e commenti. “…con tale avviso (invito bonario al pagamento del contributo unificato) si darebbe inizio a una procedura sanzionatoria a carattere tributario, la comunicazione andrebbe recapitata alla residenza del contribuente, non già al suo domicilio eletto, né tampoco presso la cancelleria. E’ da rimarcare in proposito che, secondo la circolare Giustizia n. 3/2002, detta comunicazione dev’essere effettuata pel tramite dell’ufficiale giudiziario ex articolo 137 del C.p.c., e non quindi con semplice raccomandata con avviso di ricevimento, come ipotizzato in precedenza dal Consiglio di Stato. Comunque le impugnazioni avverso detto avviso andranno sollevate presso la competente Commissione tributaria provinciale, in virtù dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 546/1992 (<Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 34 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 maggio 2002, n. 3. 96 1991 n. 413>) nel testo sostituito dall’articolo 12 della legge 28 dicembre 2001 n. 448”35. Personalmente, invece, esprimo una critica in senso contrario a quella espressa dalla citata dottrina, se posso permettermi. Infatti, dalla lettura combinata degli artt. 16, 200 e segg. e 272 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia appare evidente a mio avviso una inspiegabile diversità di trattamento tra fattispecie assai simili tra di loro con un conseguente ed evidente trattamento di favore per il difensore cd. civilista rispetto al cd. penalista. L’art. 272 del citato Testo Unico, disciplinando il trattamento sanzionatorio dell’inosservanza alle disposizioni del Codice di Procedura Penale in materia di produzione delle copie dell’atto di impugnazione posto a carico della parte impugnante, dispone che la cancelleria “sopperisce facendo le copie necessarie, ma il diritto è triplicato e posto a carico della parte. Secondo la norma in commento, il funzionario addetto all’ufficio 35 SACCHETTINI E., Sulle iscrizioni a ruolo nella fase transitoria l’incertezza legislativa crea la sanatoria?, in “Guida al diritto” de “Il sole 24 ore” del 25 maggio 2002, n. 20, pagg. 35-36. 97 procede alla riscossione mediante iscrizione a ruolo, in solido nei confronti dell’impugnante e del difensore, se il diritto di copia non è pagato spontaneamente dall’impugnante. …All’inadempimento segue la riscossione mediante ruolo. Infatti il debitore sa quanto deve (gli importi risultano dalle tabelle) e quindi costituirebbe un inutile allungamento della procedura l’invio dell’invito al pagamento”36. Analogicamente e sistematicamente, per le medesime ragioni, si sarebbe potuta tranquillamente saltare la fase dell’invito bonario al pagamento nel caso dell’omesso o irregolare pagamento del contributo unificato. Sempre per analogia e parità di trattamento di casi similari, si sarebbe potuto parimenti prevedere una responsabilità solidale in capo al difensore che è peraltro un soggetto qualificato nelle procedure di cui trattasi. Si condanna l’ignorante e si assolve un professionista per la medesima condotta. Cioè, indipendentemente dal fatto che l’atto introduttivo sia depositato in cancelleria dalla parte privata o dal suo 36 Relazione ministeriale illustrativa del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, commento all’art. 272, pag. 138. 98 difensore, si procede sempre contro la parte privata e mai contro il suo difensore che, magari, ha steso e formato l’atto, stante la pressoché generale obbligatorietà del patrocinio nel processo civile. 5. Le esenzioni dal Contributo Unificato per materia e per valore della causa. Al regime delle esenzioni dal pagamento del contributo unificato, quanto meno a titolo di anticipazione e fatto comunque salvo il diritto alla imputazione del tributo a carico della parte soccombente, è dedicato l’intero art. 10 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia che, sostanzialmente, assorbe integralmente il comma 8 dell’art. 9 della Legge n. 488/1999 e successive modificazioni. Il citato articolo 10 opera le esenzioni oggettive ed assolute dal contributo unificato, ossia le esenzioni per tipo di procedimento e per valore della causa, mentre i seguenti articoli 11 e 12 operano delle esenzioni soggettive e relative dal pagamento del contributo. Si tratta di esenzioni soggettive tenuto 99 conto della persona destinataria del beneficio e specificamente, nell’ordine: le amministrazioni pubbliche, la parte ammessa a patrocinio a spese dello Stato, la parte obbligata al risarcimento del danno nel procedimento penale con condanna al risarcimento del danno liquidato oppure alla provvisionale liquidata ed infine la parte civile nel processo penale. Si tratta di esenzioni relative perché, come innanzi detto, in realtà, opera soltanto una esenzione dall’anticipazione del contributo, mentre sopravvive il diritto alla riscossione del contributo in testa alla parte privata eventualmente soccombente. L’esenzione di tipo oggettivo dall’applicazione della disciplina del contributo unificato opera, invece, nei confronti dei procedimenti che prima dell’entrata in vigore del nuovo corso erano già esenti dall’imposta di bollo o da ogni altra spesa, tassa o diritto. In passato vi erano procedimenti esenti dalla sola imposta di bollo a fronte di altri procedimenti per i quali era dovuto il bollo ma non i diritti o altre tasse. L’originaria lettura dell’art. 9 co. 8 in trattazione utilizzava la congiunzione “e” tra i termini bollo e altre spese, pertanto pareva che il legislatore intendesse che il nuovo regime delle esenzioni fosse confermato nel solo caso di compresenza di esenzioni da ambo i tributi. 100 Invece, con le successive modificazioni, alla compresenza si è sostituita l’alternatività con la congiunzione “o”. Pertanto sono ora esenti sia i procedimenti già esenti da bollo, sia i procedimenti esenti da altri tributi e non da bollo e sia i procedimenti già in origine completamente esenti da ogni spesa bollo compreso. E’ estranea alla disciplina l’imposta di registro, come chiarito innanzi. Sono esenti dal contributo unificato: il processo di rettificazione dello stato civile; il processo in materia tavolare, già gravato dal pagamento di diritti regionali; il processo esecutivo per consegna e rilascio (art. 605 e ss. C.p.c.), poiché in essi l’intervento del giudice è solo eventuale; il processo in materia di equa riparazione (art. 3 della Legge 24 marzo 2001, n. 89, “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile”, cd. legge Pinto) per stabilire una sorta di par condicio con la gratuità della procedura avanti alla Corte di Strasburgo, essendo state le cause a tale titolo promosse o da promuovere dirottate alle Corti d’appello nazionali37 37 38 ; i Relazione illustrativa al Decreto Legge 11 marzo 2002, n. 28, recante modifiche all’art. 9 della Legge 23 dicembre 1999, n. 488, relative al contributo unificato di iscrizione a ruolo 101 processi riguardanti la prole (anche esecutivi, di opposizione e cautelari)39 e, in particolare, per quelli in materia di assegni di mantenimento, l’esenzione è individuata per materia, indipendentemente dal diverso giudice competente (compreso il giudice tutelare)40; i procedimenti disciplinati al libro IV, titolo II, capi I, II, III, IV e V del Codice di Procedura Civile, ossia la separazione personale dei coniugi, l’interdizione e l’inabilitazione, l’assenza e la morte presunta, i minori, gli interdetti e gli inabilitati ed i rapporti patrimoniali tra coniugi; il processo cautelare attivato in corso di causa; il processo di regolamento di competenza e di giurisdizione, anch’esso incidentale come quello cautelare. Si è inoltre operata una esenzione per valore della causa per tutti i procedimenti il cui valore della causa è inferiore a mille Euro e trentatre centesimi e per il processo esecutivo mobiliare di valore inferiore ad Euro duemilacinquecento. dei procedimenti giurisdizionali civili, penali e amministrativi, nonché alla Legge 24 marzo 2001, n. 89, in materia di equa riparazione. 38 SACCHETTINI E., La franchigia per i processi lumaca, in “Guida al Diritto” de “Il sole 24 ore” del 25 maggio 2002, n. 20, pag. 40. 39 cfr. Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 maggio 2002, n. 3, pag. 11. 40 cfr. Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 luglio 2002, n. 5. 102 Seppure il procedimento cautelare attivato in corso di causa è esente, perché trattasi di mero procedimento incidentale, il reclamo avverso tali provvedimenti è, viceversa, soggetto al pagamento del contributo unificato previsto per i procedimenti in camera di consiglio41. E sembra anche ovvio il perché. In corso di causa è stato già corrisposto il contributo che, sostanzialmente, paga il procedimento, ivi compresa la decisione interlocutoria e cautelare adottata dal giudice titolare del procedimento, d’ufficio o su istanza di parte. Invece, il reclamo avverso quella decisione instaura un nuovo procedimento, che si svolge, per previsione codicistica procedurale civile, in camera di consiglio e, pertanto, sconta il pagamento del contributo unificato per quel tipo di procedimento. Questa casistica ricorre, come si vedrà in seguito, più frequentemente, nelle procedure concorsuali di diritto fallimentare. Completato il quadro delle esenzioni dal contributo unificato si passa alla trattazione del nuovo tributo in sede processuale attiva. 41 cfr. nota n. 29. 103 104 CAPITOLO IV IL CONTRIBUTO UNIFICATO NEI VARI PROCESSI SECONDO IL NUOVO ORDINAMENTO GIURIDICO SOMMARIO: 1. Il Contributo Unificato nella giustizia ordinaria: processo civile e processo penale; 2. Il Contributo Unificato e la giustizia speciale: processo amministrativo, contabile e tributario; 3. Il Contributo Unificato in sede di procedure concorsuali. 1. Il Contributo Unificato nella giustizia ordinaria: processo civile e processo penale. Il titolo I della parte II del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia è intitolato al contributo unificato nel processo civile e amministrativo. Composto dagli articoli dal n. 9 al n. 18, sostanzialmente riprende in maniera organica la disciplina già scritta dall’art. 9 della legge n. 488/1999, così come modificato da tutti i successivi interventi legislativi. Sappiamo anche che il citato articolo 9 si completa dei necessari interventi regolamentari demandati perciò dalla stessa norma di legge al 105 Governo. Questi interventi regolamentari trovano posto nel Testo Unico al titolo III – capo I della parte III intitolato al pagamento del contributo unificato nel processo civile e amministrativo con articoli dal n. 192 al n. 195. Infine troviamo l’ultima norma riguardante il contributo unificato all’articolo 265 che contiene le disposizioni transitorie afferenti l’istituzione del nuovo tributo e la soppressione del vecchio regime impositivo sugli atti giudiziari. Il processo civile è quello senz’altro più interessato dalla riforma. Il processo penale è pure interessato seppur marginalmente dalla riforma in quanto le statuizioni civili, in quella sede sono solo eventuali ed incidentali. L’articolo 14 individua la parte obbligata al pagamento del contributo unificato e rimette alla stessa la determinazione del valore dei procedimenti, ai sensi del codice di procedura civile. Il valore della causa rileva ai fini della determinazione dell’importo dovuto, trattandosi, come già detto, di una tassa ad valorem, crescente e per scaglioni. L’art. 14 individua, inoltre, i casi in cui il contributo è dovuto nel corso del procedimento in conseguenza dell’aumento del valore della causa. 106 E’ tenuta al pagamento del contributo unificato, secondo il valore della causa da lei stessa dichiarato, la parte che per prima si costituisce in giudizio, ossia deposita presso la cancelleria del giudice adito il ricorso introduttivo o l’atto di citazione a giudizio. E’ altresì tenuta al pagamento del contributo unificato la parte che fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati che è l’atto introduttivo del processo esecutivo di espropriazione forzata. E’ altresì tenuta al pagamento del contributo unificato la parte che domanda o propone domanda riconvenzionale o formula chiamata in causa o svolge intervento autonomo, cui consegue l’aumento del valore della causa. Anche in questo caso, la parte espressamente dichiara nell’atto il nuovo valore della causa e versa solo l’integrazione del tributo equivalente alla differenza tra l’importo dovuto secondo il nuovo valore della causa e quello già versato in sede di iscrizione a ruolo secondo il valore pre-aumento. Quanto fin qui detto sul soggetto tenuto al pagamento del contributo unificato va debitamente puntualizzato che, si sta trattando del soggetto tenuto alla sola anticipazione del tributo. Esso, infatti, va annoverato tra le voci facenti parte delle spese di 107 costituzione e difesa in giudizio che saranno poste a carico dell’una o dell’altra parte processuale in sede di provvedimento (sentenza o ordinanza) definitorio della causa secondo le ordinarie regole del codice di procedura civile e del codice di procedura penale. Sul punto si è ampiamente trattato al capitolo III, paragrafo 2°, trattando dei cambiamenti subiti dall’originario art. 9 della finanziaria 2000 (istitutivo del contributo unificato), nel punto in cui era originariamente previsto il diritto alla ripetizione nei confronti della parte soccombente del contributo unificato anticipato dall’attore. Espressione poi soppressa perché ritenuta superflua. Diremo pertanto che, soggetto passivo reale del contributo unificato è colui il quale sarà condannato al pagamento alla fine del procedimento. Sembra piuttosto ovvio considerare che l’anticipatario del contributo può coincidere con il soggetto cui ricade il definitivo addebito. E non si può neppure escludere la pur possibile e non tanto remota eventualità che la parte ricorrente, vincitrice nel giudizio, si trovi comunque impossibilitata al recupero in danno del condannato della somma 108 anticipata per mancanza di escuto; ma questo rientra nella normale alea del ricorso all’autorità giudiziaria. Un regime particolare, già noto alle pratiche di giustizia, è stato adottato nei confronti della pubblica amministrazione, della parte ammessa a gratuito patrocinio e della parte civile nel processo penale cui è stata liquidata una provvisionale o l’intero danno. Si tratta della prenotazione a debito, ovvero si evita, per motivi di opportunità (vedi la vittima del reato o il soggetto non abbiente) oppure per evitare un inutile giroconto di denaro tra pubbliche amministrazioni, di obbligare la parte all’anticipazione del contributo unificato e si procede annotando l’importo a futura memoria allo scopo di recuperarlo eventualmente nei confronti della parte soccombente condannata al pagamento delle spese processuali. Si riporta, nella pagina seguente, l’importo del contributo unificato dovuto secondo le varie fattispecie processuali e secondo il valore della causa determinato ai sensi dell’articolo 10 del codice di procedura civile. 109 PROCEDIMENTO IMPORTO DOVUTO Ordinario: valore della causa da Euro 1.033 a Euro 5.165 Ordinario: valore della causa da Euro 5.166 a Euro 25.823 Ordinario: valore della causa da Euro 25.824 a Euro 51.646 Ordinario: valore della causa da Euro 51.647 a Euro 258.228 Ordinario: valore della causa da Euro 258.229 a Euro 516.457 Ordinario: valore della causa da Euro 516.458 ed oltre Omessa dichiarazione del valore della causa Ordinario: valore della causa indeterminabile innanzi al Giudice di Pace Ordinario (civile ed amministrativo): valore della causa indeterminabile Volontaria giurisdizione e Camere di Consiglio Esecuzione immobiliare Esecuzione mobiliare Opposizione agli atti esecutivi Sommari, opposizione a Decreto Ingiuntivo e opposizione a sentenza dichiarativa di fallimento Competenza del Giudice di Pace Opzione per il nuovo regime per le cause pendenti (norma transitoria) Sfratto per morosità Sfratto per cessata locazione Locazione, comodato, occupazione senza titolo e impugnazione delibere condominiali Fallimento (dalla sentenza dichiarativa alla chiusura) 110 Euro 62 Euro 155 Euro 310 Euro 414 Euro 672 Euro 930 Euro 930 Euro 155 Euro 310 Euro 62 Euro 155 Euro 77,5 Euro 103,30 ½ del dovuto ½ del dovuto ½ del dovuto come da procedimento ordinario con valore della causa dato dalla somma dei canoni non corrisposti come da procedimento ordinario con valore della causa dato dal valore del canone annuale Euro 103,30 Euro 672 Come già detto in precedenza il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia ha demandato alla potestà regolamentare del Governo il successivo adeguamento degli importi per conferire maggiore elasticità alla norma. Si è trattato ampiamente nel precedente capitolo sulle modalità di pagamento del contributo unificato (valevoli per ogni fattispecie), del regime delle esenzioni e del mancato pagamento. “Atteso che il contributo si paga una sola volta per ciascun grado del giudizio, non vi sarà da pagare un nuovo contributo in tutte quelle ipotesi di riattivazione del processo che tuttavia non comportano il suo passaggio ad un grado diverso dal primo. Così: a) se il processo si sospende ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (o per altra ragione espressamente individuata dal legislatore), il deposito dell’istanza ex art. 297 c.p.c. per la prosecuzione del processo non comporterà l’obbligo del versamento di un nuovo contributo; 111 b) se il processo si interrompe per una delle ragioni di cui agli artt. 299, 300 e 301 c.p.c., il deposito dell’atto riassuntivo del processo non comporterà l’obbligo del versamento di un nuovo contributo; c) se la causa viene cancellata dal ruolo per una delle ragioni individuate dal legislatore nell’art. 306 c.p.c., l’atto di riassunzione del processo cancellato dal ruolo, non introducendo un nuovo giudizio, non comporterà il versamento di un nuovo contributo unificato; d) al contrario se il processo si estingue, poiché l’estinzione del processo non estingue l’azione (art. 310 c.p.c.), ma l’azione che viene riproposta introduce un nuovo processo, la riproposizione di un’azione relativa ad un processo estinto comporterà nuovamente l’esborso del contributo unificato”.1 Nel giudizio d’appello il contributo unificato è anticipato dall’appellante che per primo si costituisce in giudizio e secondo il valore della domanda d’appello ivi dichiarato se si tratta di un appello parziale, limitato ad alcune delle decisioni del primo giudice, oppure secondo il valore risultante dal dispositivo della 1 SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso), relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana. 112 sentenza di primo grado se si tratta di impugnazione integrale. L’appello incidentale, anche se tardivo (art. 371 c.p.c.), non è soggetto all’applicazione del tributo, salvo che la domanda in esso contenuta non comporti l’aumento del valore della causa fino allo scaglione successivo. Nel caso del ricorso alla Corte Suprema di Cassazione, così come connaturato nel nostro ordinamento giudiziario, si paga il contributo unificato sul valore delle decisioni d’appello, non essendo contemplato un ricorso parziale. Ed anche nel caso del ricorso incidentale (art. 371 c.p.c.) anche se tardivo o condizionato, nulla è dovuto a titolo anticipatorio. Per espressa previsione legislativa, non è dovuto il contributo unificato perché incluso nel regime delle esenzioni, nel caso di regolamento di competenza (artt. 42 e 43 c.p.c.) e di regolamento preventivo di giurisdizione (art. 41 c.p.c.). Avuto riguardo ai procedimenti sommari cautelari, la norma in esame ha statuito l’esenzione totale dal pagamento del contributo per tutti questi procedimenti se attivati in corso di causa perché compresi nell’istruendo procedimento. Viceversa, il cautelare attivato prima dell’inizio della causa di merito, come anche il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e di 113 opposizione a sentenza dichiarativa di fallimento, sconta il pagamento del contributo unificato nella misura della metà del dovuto rispetto al valore della causa determinato secondo le ordinarie regole. Analogo discorso vale per le istanze di modifica o di revoca delle misure cautelari adottate, ossia si ha riguardo che esse siano proposte in corso di causa oppure prima del giudizio di merito. Soggiace al pagamento del contributo unificato il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., che costituisce strumento di impugnazione e quindi di diverso grado cautelare, seppur in senso improprio; la misura del dovuto è quella prevista per il procedimento camerale2 3. Sui procedimenti sommari non cautelari, il legislatore, andando incontro alle perplessità espresse dagli Uffici Giudiziari, dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura e dalla Confedilizia, in ordine alla base imponibile da prendere in considerazione in occasione dei procedimenti di sfratto per finita locazione oppure per morosità, ha risolto la questione nel senso che la base 2 cfr. SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso), relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana. 3 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 luglio 2002, n. 5. 114 imponibile è determinata dall’ammontare dei canoni non corrisposti nel caso dello sfratto per morosità e dal canone annuo pattuito nel caso dello sfratto per cessata locazione. “Nei procedimenti sommari non cautelari varranno le seguenti regole: nei procedimenti di ingiunzione, la parte che con ricorso richieda l’emanazione del decreto ingiuntivo verserà, con il deposito del ricorso, metà della somma di cui alla tabella 1 allegata alla legge relativamente al valore della somma ingiunta; il debitore che proporrà opposizione all’ingiunzione verserà, nel momento dell’iscrizione della causa di opposizione sul ruolo, la rimanente metà del contributo sempre in base alla somma oggetto del decreto ingiuntivo”4. In materia di azioni cosiddette possessorie (Libro IV, Titolo I, Capo IV c.p.c.), “considerata la natura bifasica – sommaria che termina con ordinanza e ordinaria che termina con sentenza – si chiarisce che per la prima procedura (di natura sommaria) andrà richiesto il pagamento nella misura di cui al comma 4 della tabella 1 legge citata (L. n. 488/1999) e per la seconda procedura (quella di merito di natura ordinaria) andrà 4 SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso), relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana. 115 richiesto il pagamento di un autonomo contributo unificato per il procedimento di cognizione ordinaria”5. Così si esprimeva il Ministero della Giustizia con la circolare citata. Altra interpretazione di provenienza dottrinale, invece, era: “nei giudizi di reintegrazione e manutenzione nel possesso il ricorrente verserà il contributo unificato ridotto alla metà ai sensi del comma 4° della tabella (e normalmente, in questi casi, il valore della controversia dovrà considerarsi indeterminato) e a seguito dell’ordinanza che accolga o rigetti il ricorso e rinvii per il merito, andrà integrato il contributo con il versamento della seconda metà”6. Infine interviene nuovamente il Ministero della Giustizia ritornando sui suoi passi ed affermando che “i suddetti procedimenti pur se strutturati in due fasi – l’una a cognizione sommaria destinata a concludersi con ordinanza, l’altra a cognizione piena destinata a concludersi con sentenza – mantengono comunque una connotazione unitaria, tant’è che le due fasi sono entrambe rette da un unico ricorso introduttivo. Per tale motivo, il procedimento possessorio è assoggettabile 5 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 maggio 2002, n. 3. 6 Vedi nota sub 3). 116 soltanto al pagamento del contributo indicato nell’art. 13 comma tre del Testo Unico (in misura della metà)”7. Una appendice, meramente eventuale, al processo civile è il processo di esecuzione immobiliare, mobiliare e di esecuzione forzata di un obbligo di fare e di non fare (art. 612 e ss. c.p.c.). Il processo è considerato come un autonomo procedimento rispetto a quello ordinario di cognizione. La parte vincitrice della causa notifica al debitore la sentenza munita della formula esecutiva e l’atto di precetto. L’eventuale ulteriore inerzia o diniego al pagamento del debitore da facoltà alla controparte di procedere al pignoramento dei beni mobili ed immobili del debitore. Tutti questi atti fin qui descritti sono esenti dall’imposta di bollo perché prodromici e funzionali al processo esecutivo che è gravato dal contributo unificato e pertanto l’imposta di bollo è da quest’ultimo sostituita. All’atto del deposito in cancelleria dell’istanza di vendita o di assegnazione dei beni pignorati, la parte è tenuta all’anticipazione del tributo in misura fissa di Euro centocinquantacinque per l’esecuzione immobiliare e la metà per 7 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 luglio 2002, n. 5. 117 ogni altra esecuzione. Nessun tributo è dovuto per i procedimenti di esecuzione per consegna o rilascio. “Per i procedimenti relativi alla esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare (art. 612 e ss. c.p.c.), poiché non vi sono istanze per l’assegnazione o la vendita di beni pignorati, il contributo deve essere pagato al momento del ricorso al giudice dell’esecuzione. L’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) e l’opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.), quali azioni che introducono normali ed ordinari processi di cognizione, soggiacciono alle regole generali e, quindi, sono soggette al versamento del contributo al momento della iscrizione a ruolo secondo il valore della domanda. L’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) soggiace al contributo fisso di Euro 103,30 ai sensi del comma 5 bis della tabella 1 della legge in commento (L. n. 488/1999) che dovrà essere versato, anch’esso, al momento della iscrizione a ruolo”8. Non è dovuto alcun contributo per le istanze di cancellazione del pignoramento dovute a perenzione dei processi 8 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 luglio 2002, n. 5. 118 esecutivi e per la presentazione di ogni ulteriore istanza e/o domanda al giudice dell’esecuzione. Infine vi è al comma 4° dell’art. 13 del Testo Unico una voce onnicomprensiva per i procedimenti in materia di locazione, comodato, occupazione senza titolo e di impugnazione di delibere condominiali che fissa il contributo unificato dovuto in Euro 103,30 ed altra analoga voce onnicomprensiva è contenuta al comma 1° per i procedimenti in camera di consiglio assoggettati al contributo unificato in misura fissa di Euro 62. Si dirà in altra sede del contributo unificato nell’ambito delle procedure concorsuali. Una disciplina di particolare favore è adottata in favore della parte civile costituita nell’ambito del processo penale. Essa non sarà mai tenuta né al pagamento, né all’anticipazione, né del contributo unificato, né dell’imposta di bollo sull’atto di costituzione di parte civile e sulla copia della sentenza munita della formula di esecutorietà e neppure su ogni altro atto della parte civile nel processo penale. E’ palesemente una norma di tutto favore per la vittima di un reato. 119 Il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti del condannato nel solo caso di condanna ad una provvisionale o nel caso di completa liquidazione del danno da risarcire. Anche nell’ambito del procedimento penale è cambiato qualcosa per quanto concerne le spese di giustizia stante la soppressione dei diritti di cancelleria, bollo e precetto che erano voci componenti le spese di giustizia. All’uopo, con Decreto Ministeriale del 13 novembre 2002, n. 285 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 303 del 28 dicembre 2002 ed entrato in vigore il 12 gennaio 2003) sono stati adottati i nuovi importi per i tributi residuati alla soppressione e cioè le spese postali e le spese per trasferte e diritti degli ufficiali giudiziari. 2. Il Contributo Unificato e la giustizia speciale: processo amministrativo, contabile e tributario. Il processo amministrativo, a mente dell’art. 9 della Legge n. 488/1999, è ricompreso tra i procedimenti per i quali è soppressa l’imposta di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di segreteria ed i diritti di chiamata di causa dell’ufficiale 120 giudiziario, con corrispettivo assoggettamento alla disciplina del contributo unificato. Per questa ragione, sostanzialmente, valgono per il processo amministrativo le regole fin qui escusse dicendo del processo civile con la naturale peculiarità del processo amministrativo che ha necessariamente tra le parti in causa una amministrazione pubblica. Con Circolare del 26 febbraio 2002, il Consiglio di Stato ha dettato agli Uffici dipendenti le istruzioni per la corretta e puntuale applicazione della nuova disciplina, che non si discosta da quella fin qui esaminata. L’importo dovuto per il processo amministrativo di valore indeterminato o indeterminabile è fissato in Euro 310. Non si tratta di uno di quei procedimenti cui la nuova disciplina sottopone ad importo esclusivo, tuttavia, “il processo amministrativo, quale processo di impugnazione di un atto della pubblica amministrazione, avrà infatti valore indeterminato; ma il recente sviluppo della giurisdizione esclusiva di cui al Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 80 e alla Legge 21 luglio 2000 n. 205, nonché l’attribuzione al giudice amministrativo della cognizione delle controversie di natura patrimoniale afferenti 121 alle materie sotto la giurisdizione esclusiva, consentiranno, al contrario, di avere in molte occasioni controversie amministrative di valore determinato. Per queste varranno le regole generali e si dovrà pagare il contributo nella misura di cui all’allegata tabella (vedi paragrafo precedente). Se una controversia amministrativa è in parte di valore indeterminato e in parte di valore determinato, si dovrà, secondo un criterio già visto, considerare la controversia di valore indeterminato se il diritto patrimoniale azionato sarà contenuto nella somma di cui allo scaglione sub d) (Euro 310) della tabella, e di valore superiore se il diritto patrimoniale avrà valore superiore alla somma di cui allo scaglione sub d) della tabella. Nessun contributo andrà invece pagato per il processo cautelare di sospensiva dei provvedimenti amministrativi di cui all’art. 21 della Legge 6 dicembre 1971 n. 1034. Tale subprocedimento, infatti, andrà sempre e inevitabilmente considerato un incidente in corso di causa ai sensi dell’esclusione di cui all’8° comma dell’art. 9 (L. n. 488/1999). Ed eguale discorso varrà, sempre ai sensi dell’art. 21 della Legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nelle ipotesi in cui il giudice 122 amministrativo emani una ingiunzione a pagare una somma di denaro determinata. Al contrario, se il provvedimento cautelare viene impugnato innanzi al Consiglio di Stato, vi sarà da pagare un nuovo contributo, seppur ridotto della metà, atteso il diverso grado cautelare ai sensi del 2° comma dell’art. 9 della legge in commento. Nel silenzio della legge, infine, nessun contributo appare dovuto per l’ottemperanza dei provvedimenti del giudice amministrativo, e siano questi relativi a sentenze di merito passate in giudicato in base all’art. 27 R.D. 26 giugno 1924 n. 1054, siano questi provvedimenti cautelari emessi in forza del citato art. 2 per come riformato dalla recente Legge n. 205/2000”9. Pur nel rispetto delle opinioni altrui e peraltro così autorevoli in dottrina come quelle qui esposte, non condivido la considerazione della sostanziale esenzione dal contributo unificato del giudizio di ottemperanza in sede amministrativa. A mio parere, letto l’art. 13, comma 2° del Testo Unico delle 9 SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso), relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana. 123 disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, il processo di ottemperanza andrebbe qualificato tra gli altri processi esecutivi per cui l’importo dovuto per il processo esecutivo immobiliare (Euro 155) è ridotto alla metà. A sostegno della mia tesi argomento dicendo che laddove la legge in commento disciplina insieme il processo civile, penale ed amministrativo, crea una necessaria similitudine tra questi. Naturale conseguenza, mi sembra, sia quella di trattare parimenti i rispettivi processi esecutivi e la norma citata prevede una voce specifica (processo di esecuzione immobiliare) ed una voce onnicomprensiva residuale (altri processi esecutivi), ossia tutto ciò che non è esecuzione immobiliare. Discorso totalmente opposto rispetto a questo esposto per il processo amministrativo giudiziario, vale, invece, per i processi speciali tributario e contabile. Discorrendo innanzi, in questa trattazione, dell’ambito di applicazione della nuova disciplina dell’imposizione tributaria sugli atti giudiziari, sono state esposte le ragioni, tutte pienamente condivisibili, per le quali non si può in nessun modo interpretare la nuova normativa in maniera estensiva al fine di assimilare il processo tributario e quello contabile a quello 124 amministrativo. Si rimanda a quella sede per le considerazioni ivi esposte. E, d'altronde, proprio a scanso di equivoci, gli artt. 254 e 260 del Testo Unico ribadiscono l’assoggettamento ad imposta di bollo degli atti riguardanti questi processi. Esprimendo ancora una personalissima considerazione, non si vedono, invece, ragioni plausibili che giustifichino la scelta del legislatore di applicare la nuova disciplina ai processi civili, penali ed amministrativi e non anche ai processo contabili e tributari che non essendo espressamente previsti dalla legge, non sono neppure analogicamente assimilabili. “Non sono assoggettate a tributo (imposta di bollo) la copia autentica della sentenza della Commissione tributaria regionale (o centrale), l’istanza per la trasmissione del fascicolo d’ufficio (articolo 369 del C.p.c.) e la procura speciale alle liti con atto separato. In tutti e tre i casi emerge la necessarietà o quanto meno la funzionalità dell’atto al procedimento giudiziale e, quindi, trova applicazione il disposto dell’articolo 18 del D.P.R. n. 115/2002, in forza del quale sono soggetti al contributo unificato (e non all’imposta di bollo) gli atti e i provvedimenti del processo civile, intendendo per tali tutti gli atti processuali, 125 inclusi quelli antecedenti, necessari o funzionali10. La circostanza, poi, che il citato articolo 18 faccia esplicito riferimento agli atti del procedimento civile non esclude l’applicabilità della disposizione anche nel caso di impugnazione delle sentenze della Commissione tributaria regionale o centrale. L’articolo 261 del medesimo decreto stabilisce infatti che al ricorso per cassazione e al relativo processo si applica la disciplina prevista dal presente testo unico per il processo civile”11. 3. Il Contributo Unificato in sede di procedure concorsuali. Il comma 7° dell’articolo 1 del Decreto Legge 11 marzo 2002, n. 28, a parziale modifica del punto 3 della Tabella n. 1 allegata alla Legge n. 488/1999, ha previsto l’inserimento del punto 3-bis volto a stabilire il quantum del contributo dovuto per 10 Circolare dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso del 14 agosto 2002 n. 70/E. 11 IANNIELLO B., L’Agenzia spiega l’esenzione dall’imposta di bollo per gli atti “necessari” al ricorso in Cassazione, in “Guida Normativa” de “Il sole 24 ore” del 23 ottobre 2002, n. 190; Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso del 1° ottobre 2002, n. 315/E. 126 le procedure fallimentari fissando l’importo dovuto per il contributo unificato, al fine di risolvere questioni interpretative non indifferenti quali ad esempio la commisurazione del valore della procedura sul valore dell’attivo o sul valore del passivo, accertamento peraltro sempre successivo al momento in cui la procedura si avvia, in un unico scaglione pari ad Euro 516,50 (un milione di lire), poi elevato ad Euro 672,00 (cifra corrispondente, grosso modo, alla media di quanto attualmente lo Stato recupera dal fallimento per bolli e diritti). Le procedure fallimentari sono quelle ufficiose che vanno dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura della procedura, per le quali – per espresso disposto dell’art. 91 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 – “se fra i beni compresi nel fallimento non vi è denaro occorrente alle spese giudiziali per gli atti richiesti dalla legge, dalla sentenza dichiarativa di fallimento, l’Erario anticipa le spese”. “Il contributo unificato si applicherà anche alle procedure concorsuali e pertanto, chi chieda il fallimento di un imprenditore, oppure chieda di essere ammesso a concordato preventivo o a liquidazione coatta amministrativa, dovrà versare il contributo di cui alla tabella 1 allegata alla legge. Il 127 procedimento che si svolge in camera di consiglio sarà sottoposto al contributo nella misura indicata (per tale tipo di procedimento) in Euro 62,00. Nel silenzio della legge non sembra invece dovuto alcun contributo per le insinuazioni allo stato passivo ai sensi degli artt. 93 e segg. della legge fallimentare. Le azioni di opposizione allo stato passivo (artt. 98 e segg. della legge fallimentare), nonché le insinuazioni tardive (art. 101 citata legge), le istanze di revocazione (art. 102 citata legge) e le domande di rivendicazione (art. 103 citata legge), quali azioni che introducono un ordinario processo di cognizione, dovranno sottostare alle regole generali, e quindi saranno soggette al contributo in base alla tabella allegata alla legge secondo il valore della controversia”12. Così anche il Ministero della Giustizia: “Per tutti i procedimenti in camera di consiglio del tribunale fallimentare opererà lo scaglione di contributo indicato alla lett. B) del comma 1 della Tabella 1, ai sensi del comma 4bis della 12 SCARSELLI G., Il contributo unificato di iscrizione a ruolo (istruzioni per l’uso), relazione tenuta a Firenze il 25 marzo 2002, in occasione di una conferenza organizzata dal sindacato degli avvocati di Firenze e Toscana. 128 medesima Tabella, che ha richiamato i procedimenti del Libro IV, Titolo II, Capo VI del codice di procedura civile (contributo unificato pari ad Euro 62,00). Per ciò che concerne le procedure fallimentari è opportuno precisare il diverso trattamento, ai fini del pagamento del contributo unificato, delle insinuazioni tempestive e delle insinuazioni tardive. In particolare le insinuazioni tempestive, non dovendo essere iscritte a ruolo, non esigono il pagamento del contributo unificato. A diverso trattamento sono invece soggette le istanze tardive. Invero, il complesso delle norme che regolano l’accertamento del passivo in sede fallimentare, ed in particolare quelle che attengono alla procedura per l’insinuazione tardiva del credito (artt. 51, 52, 93 e 101 R.D. 16 marzo 1942, n. 267), conducono ad un particolare processo di verificazione, inteso ad assicurare un esame rapido dell’accertamento di tutte le pretese dei creditori. Tali norme pongono bene in evidenza la circostanza che l’accertamento in questione è di natura giurisdizionalecontenziosa ed inderogabile e che, quindi, come ha ritenuto la 129 Suprema Corte, con costante giurisprudenza, il giudizio conseguente alla dichiarazione tardiva del credito, in considerazione della sua autonomia rispetto alla fase di verificazione e accertamento, è soggetto alla forma ed ai principi del rito ordinario. La domanda di ammissione al passivo ed il ricorso per insinuazione tardiva del credito, dunque, costituiscono l’unico mezzo processuale per proporre la domanda giudiziale, al fine di far valere il proprio credito nei confronti del debitore fallito13. Sulla base della configurazione di tale giurisprudenza di legittimità, si deve, quindi, ritenere che il ricorso per insinuazione tardiva, abbia natura di domanda giudiziale, diretta ad ottenere un provvedimento giurisdizionale che accerta il diritto di partecipare al concorso. Appare evidente, quindi, che il ricorso per insinuazione tardiva sia soggetto al pagamento del contributo unificato in base al valore del credito per cui si procede”14. 13 cfr. fra tutte Cass., Sez. 3°, 29 maggio 1972, n. 1709; Cass., Sez. 1°, 18 giugno 1997, n. 5459. 14 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 maggio 2002, n. 3. 130 Analogamente, le azioni che sorgono dal fallimento, quali le revocatorie ex artt. 66 e 67 della legge fallimentare, introducendo normali giudizi di cognizione, saranno parimenti soggette al contributo unificato nella misura proporzionale al valore della controversia. Solo l’opposizione alla sentenza di fallimento sarà soggetta al contributo unificato nella misura della metà per espressa previsione di legge, mentre il reclamo avverso il rigetto di istanza di fallimento ai sensi dell’art. 22 della legge fallimentare, introducendo un procedimento camerale, sarà sottoposto al contributo nella misura espressamente prevista per quella procedura. Egualmente soggetti al pagamento del contributo unificato in misura di Euro 62,00, saranno i reclami avverso i provvedimenti del giudice delegato ex art. 26 della legge fallimentare che introducono procedimenti camerali. Nessun contributo sarà al contrario dovuto per le istanze che le parti possono presentare al giudice delegato ai sensi dell’art. 25 della legge fallimentare. Su autorizzazione del Giudice Delegato, il curatore fallimentare paga il contributo unificato utilizzando i fondi o il 131 conto fallimentare, secondo le regole di cui all’art. 34 e 111 n. 1 della legge fallimentare. Invece, nel caso di revoca della dichiarazione di fallimento, le spese della procedura fallimentare sono a carico del creditore istante, se condannato ai danni per aver chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa oppure sono a carico del fallito persona fisica, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di fallimento. 132 CAPITOLO V LE COMPETENZE RESIDUALI DEI TRIBUTI SOPPRESSI E GLI ALTRI TRIBUTI SOPRAVVISSUTI SOMMARIO: 1. L’imposta di bollo ed i diritti soppressi nelle procedure ante-1992 e gli altri casi; 2. I diritti di copia per uso privato; 3. Le spese degli Ufficiali Giudiziari. 1. L’imposta di bollo ed i diritti soppressi nelle procedure antemarzo 2002. L’imposta di bollo e gli altri diritti soppressi dalla finanziaria 2000 continuano comunque ad esistere nell’ordinamento, perché la soppressione ha un ambito limitato coincidente con quello di applicazione del contributo unificato che assorbe l’imposta di bollo e gli altri diritti, limitatamente alle ipotesi già descritte. Dal punto di vista temporale, la nuova disciplina del contributo unificato entra in vigore il 1° marzo 2002 e per naturale conseguenza, come detto al precedente capoverso, cessa di esistere la previgente normativa, salvo ovviamente taluni casi. 133 Il Decreto Legge n. 28/2002, “intese perequare il vecchio al nuovo sistema, in concreto abolendo in toto i precedenti balzelli e imponendo alle parti di omologarsi alla riforma corrispondendo il contributo unificato nella misura via via rapportata all’anzianità della procedura, salvo che per le cause più vecchie, che non avrebbero dovuto scontare alcuna contribuzione. Sistema questo che scontentava un po’ tutti: in primo luogo gli avvocati, che denunciavano un irragionevole aggravarsi di spese proprio per le cause che, per effetto dell’inefficienza del servizio giustizia, continuavano a stagnare da tanto tempo negli uffici”1. Ci si accorge da subito peraltro che questo meccanismo rischiava di intasare le cancellerie giudiziarie costrette ad un superlavoro al fine di individuare pro-tempore l’importo della tassa dovuta a causa della vigenza di entrambi i trattamenti impositivi ed in più con uno scaglionamento del tributo per tempo oltre che ad valorem. Così, “si ritorna indietro al punto di partenza. Nella sostanza almeno, la legge di conversione, seppur con qualche 1 SACCHETTINI E., Sulle iscrizioni a ruolo nella fase transitoria l’incertezza legislativa crea la sanatoria?, in “Guida al Diritto” de “Il sole 24 ore” del 25 maggio 2002, n. 20, pag. 41. 134 mutamento formale, riprende infatti l’originaria stesura del comma 11 dell’art. 9 della Finanziaria 2000, reintroducendo il meccanismo dell’opzione volontaria mediante pagamento di metà del contributo dovuto ratione valoris della causa”2. Ciò significa che esisterà un periodo transitorio durante il quale ci sarà la vigenza di entrambe le normative con facoltà concessa alle parti di scegliere l’uno o l’altro sistema, con uno sconto del 50% sul contributo dovuto per le cause già iscritte a ruolo al 1° marzo 2002, ma senza restituzione di quanto già versato a titolo di imposta di bollo. “L’imposta di bollo in materia di atti giudiziari acquisisce una natura residuale, perché rimane generalmente dovuta quando non opera il contributo unificato. Occorre precisare, però, che l’esclusione dal pagamento del contributo unificato non comporta sempre il pagamento dell’imposta di bollo. In determinati casi, …, alcuni atti e provvedimenti sono stati ritenuti dal legislatore – per le loro specifiche finalità – esenti da ogni imposizione, sia ai fini dell’imposta di bollo che del contributo unificato”3. 2 cfr. nota sub 1). Circolare dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso del 14 agosto 2002, n. 70/E. 3 135 “L’imposta di bollo, difatti, è invariata per gli atti non giurisdizionali compiuti dagli uffici giudiziari. Invero, l’ambito di operatività del contributo unificato risulta limitato ai procedimenti previsti dalla legge stessa ed agli atti ad esse necessariamente connessi, con esclusione di tutti quegli affari che, anche se espletati davanti ad un ufficio giudiziario, non sono correlati ad alcun procedimento e sono destinati a realizzare esigenze e finalità estranee all’attività processuale. In proposito, si chiarisce che il contributo previsto dal comma 2 della tabella 1 allegata alla legge n. 488/1999 è relativo unicamente ai processi amministrativi che si svolgono dinanzi al T.A.R. e al Consiglio di Stato e non può dunque essere riferito ai procedimenti di carattere amministrativo, quali quelli sopra menzionati, di competenza degli uffici giudiziari ordinari”4. Per le medesime ragioni qui esposte, prosegue l’assoggettamento alla disciplina sull’imposta di bollo a carico di chiunque si rivolge all’autorità giudiziaria per qualunque causa non rivestendo la qualifica di parte processuale. 4 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 maggio 2002, n. 3. 136 Il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia dando disposizioni transitorie, con l’art. 265 commi 3, 4 e 5, individua con precisione la normativa applicabile per i processi in cui la facoltà di scelta non è esercitata. Esso non tange assolutamente la materia del bollo, infatti al comma 3° dell’articolo citato opera un mero rinvio alle disposizioni sul bollo senza entrare nel merito. Per i diritti di copia per uso ufficio e per i diritti di cancelleria è stato fatto un rinvio specifico per evitare dubbi interpretativi essendo soppressi solo i diritti per le riproduzioni ad uso d’ufficio pagati in via anticipata al momento dell’iscrizione a ruolo, mentre per le copie ad uso dei privati è comunque dovuto il diritto. 2. I diritti di copia per uso privato. Mera tassa sugli atti giudiziari è il diritto di copia da corrispondersi, di volta in volta, all’atto dell’istanza di rilascio di una copia conforme o non di un atto processuale (atto contenuto nel fascicolo degli atti processuali). 137 E’ commisurato alla quantità di lavoro richiesta alla pubblica amministrazione ed infatti l’importo del diritto dovuto è graduato sulla base del numero di pagine di cui l’atto si compone. E’ altresì previsto un autonomo diritto di copia conforme che consiste nel pagamento del lavoro richiesto consistente nella apposizione di una certificazione di conformità all’originale della copia dell’atto rilasciato a cura del Cancelliere. Detta attestazione rende la copia dell’atto vera fino a querela di falso (presunzione legale). E’, inoltre, previsto il cosiddetto diritto d’urgenza che il richiedente dovrà versare allorquando con l’istanza si richiede il rilascio delle copie entro e non oltre il secondo giorno successivo a quello in cui è depositata l’istanza in cancelleria. Ancora, è previsto il cosiddetto diritto di certificazione che è una voce onnicomprensiva e che impone il pagamento del diritto ogniqualvolta si richiede alla cancelleria il rilascio di una attestazione. “Dall’interpretazione sistematica dei recenti interventi legislativi discende che sono stati soppressi solo i diritti per le riproduzioni ad uso d’ufficio, quantificati in modo forfettizzato per il recupero dal D.M. n. 374/1989 per il procedimento penale, 138 quantificati in modo forfettizzato per il pagamento anticipato della parte che si costituisce, per il procedimento civile dalla legge 7 febbraio 1979, n. 59. Sono, invece, rimasti invariati gli importi richiesti per le copie semplici e sono aumentati gli importi per le copie autentiche ai sensi dell’ultimo comma della tabella 1 allegata all’art. 9 legge n. 488/1999, quando la copia è rilasciata ad istanza di parte. L’incidenza limitata della soppressione dei diritti di cancelleria sui diritti di copia è fondata su tre argomenti: a) il legislatore non ne ha fatto cenno espresso nell’art. 9, legge n. 488/1999 e si è limitato a quantificare il diritto di autenticazione (a sua volta componente del diritto di copia) nella tabella 1 allegata alla legge che contiene le quantificazioni del contributo unificato; b) il legislatore successivo (art. 145, co. 70, legge 23 dicembre 2000, n. 388, che ha modificato l’art. 3 della legge 10 ottobre 1996, n. 525, con l’introduzione del comma 3bis) ha previsto uno strumento generale di adeguamento degli importi riferito a tutti i diritti di copia, 139 sull’evidente presupposto che l’art. 9 non li aveva soppressi; c) il legislatore successivo, che si è occupato del processo amministrativo (legge 21 luglio 2000 n. 205) in una norma speciale (art. 1, comma 3, 2° periodo, che ha novellato l’art. 23 della legge 6 novembre 1971, n. 1034), ha soppresso il diritto di copia in casi particolari, limitandosi a richiedere il costo di riproduzione sull’evidente presupposto dell’esistenza nell’ordinamento dei diritti di copia, sicuramente applicabili anche nel giudizio amministrativo”5. Anche il diritto di copia, come il contributo unificato, beneficia della riduzione del 50% per i procedimenti incardinati innanzi al giudice di pace, pertanto, anche il diritto fisso per le copie degli atti di euro 5,16 deve essere ridotto alla metà per tali uffici6. 5 Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia del 13 maggio 2002, n. 3. 6 cfr. art. 3 n. 4) della Legge 10 ottobre 1996, n. 525. 140 Per quanto concerne le modalità di pagamento, il diritto di copia sarà corrisposto mediante apposizione delle speciali marche o, in assenza di queste, dalle ordinarie marche da bollo. Tutto quanto fin qui detto sui diritti di copia vale oltre che per le procedure ordinarie, anche per il processo contabile e tributario. Le tariffe ad oggi in vigore sono quelle di cui alla tabella allegata alla Legge 24 dicembre 1976, n. 900, come sostituita dalla tabella A, allegata alla Legge 6 aprile 1984, n. 57 e poi modificata dalla Legge 21 febbraio 1989, n. 99 e dalla Legge 10 ottobre 1996, n. 525, limitatamente al n. 3, n. 4, lett. a), n. 5, n. 6, n. 7 e n. 8. 3. Le spese degli Ufficiali Giudiziari. Trattando dei tributi sulla giustizia, non sfugge agli addetti ai lavori che vi è una voce di spesa che, seppur può apparire marginale, occupa una fetta sostanziale della torta delle spese di giustizia. 141 Gli Ufficiali Giudiziari sono considerati dall’Ordinamento Giudiziario come ausiliari dell’Ordine Giudiziario composto dai magistrati e dal personale tutto delle cancellerie e segreterie giudiziarie. Il loro compito è quello di eseguire le notifiche, le esecuzioni ed i protesti. Senz’altro, le notifiche e le esecuzioni sono le componenti processuali, mentre i protesti sono materia extra-processuale. Le notificazioni, peraltro ricorrenti in qualsiasi codice di diritto procedurale, sono delle comunicazioni solenni di un atto. L’ufficiale giudiziario consegna una copia conforme dell’atto al destinatario ed appone in calce all’originale del medesimo atto la relata di notifica, ossia una relazione attestante che da quel preciso momento, quel determinato atto è posto alla cognizione del destinatario. Le esecuzioni, vigendo in uno Stato di diritto il dovere di far valere le proprie ragioni mediante ricorso alla pubblica autorità, costituiscono la messa in atto, a cura dell’ufficiale giudiziario ed a richiesta di parte pubblica o privata che sia, della statuizione contenuta in un atto munito di declaratoria di 142 esecutività senza che il soggetto passivo vi abbia adempito dietro formale richiesta. Le une e le altre attività tipiche degli ufficiali giudiziari sono soggette a prelievo tributario. La riforma epocale che ha interessato la materia in questi ultimi mesi, ha solo marginalmente scalfito la materia dei compensi dovuti agli ufficiali giudiziari, ma il titolo II della parte II del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia è interamente dedicato alle spese degli ufficiali giudiziari con finalità di riordino ed allo scopo di soddisfare quell’esigenza di disciplina unitaria ed organica della materia delle spese di giustizia cui il Testo Unico fa fronte. E’ stato soppresso, perché riassorbito nel contributo unificato, l’anacronistico diritto di chiamata di causa degli ufficiali giudiziari. Questa è un’altra funzione che l’ordinamento giudiziario demandava agli ufficiali giudiziari, cioè la chiamata delle parti in causa nel processo che in quel momento era in discussione. Oggi, nel processo civile non c’è più neppure il ricordo dell’ufficiale giudiziario che chiamava le cause e, in un bel po’ di casi, si comincia anche a dimenticare la presenza del cancelliere in udienza coadiutore del giudice nella stesura del 143 verbale di udienza e depositario della pubblica fede di quanto da lui scritto a verbale. Qualche differenza c’è nel processo di diritto penale dove vi è la presenza del cancelliere ed anche dell’ufficiale giudiziario che chiama le cause, salvo problemi non infrequenti di organico degli uffici cosiddetti UNEP (unici notificazioni, esecuzioni e protesti) che fanno venir meno la loro presenza con sostituzione degli stessi da parte dei commessi dell’ufficio giudiziario che procede. Le spese degli ufficiali giudiziari sono: indennità di trasferta o spese di spedizione, diritti, indennità di trasferta per atti di esecuzione e diritto di esecuzione. L’indennità di trasferta, secondo l’art. 20 del Testo Unico, è una voce onnicomprensiva delle spese dovute all’ufficiale giudiziario per il compimento di atti fuori dalla sede in cui è ubicato il proprio ufficio. Essa è alternativa e non cumulativa alle spese di spedizione. L’indennità è commisurata alla distanza tra il luogo ove è ubicato l’ufficio U.N.E.P. ed il luogo ove avviene la notifica. Il comma 3° conclude il citato articolo con una delega allo strumento più snello del Regolamento per l’adeguamento nel 144 tempo degli importi di questa indennità già stabiliti in questa sede in fase di prima “applicazione”. Per quanto riguarda le modalità di pagamento, è necessario distinguere se le notifiche sono d’ufficio o a richiesta di parte e se riguardano un processo penale o un processo civile, amministrativo, contabile o tributario. Nel processo penale, le spese dovute per le notificazioni a richiesta d’ufficio sono forfettizzate, non anticipate e ricomprese tra le spese processuali recuperabili all’esito del procedimento. Le spese dovute per le notificazioni a richiesta della parte privata sono anticipate dal richiedente. Nel procedimento civile, amministrativo, contabile e tributario, le spese per le notifiche a richiesta dell’ufficio sono anticipate, salvo diritto di recupero nei confronti del soccombente all’uopo condannato, in misura forfetaria dalla parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo o che fa istanza di assegnazione o vendita di beni pignorati secondo gli importi stabiliti nella tabella contenuta nell’allegato n. 1 al Testo Unico con le eccezioni di legge. Anche 145 nell’ambito di questi procedimenti, le notificazioni richieste dalle parti private sono anticipate dal richiedente7. 7 cfr. Parte II – Titolo II del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. 146 CONCLUSIONI Con la presente tesi si è illustrato il nuovo quadro giuridico di riferimento per l’imposizione tributaria sugli atti giudiziari entrato in vigore ormai da oltre un anno dopo varie ed alterne vicende che hanno costellato il percorso formativo di questa nuova normativa. Si può agevolmente comprendere quanto difficoltosa può esser stata la prospettazione prima e l’applicazione poi della nuova normativa tributaria trattandosi appunto di materia fiscale nel più vasto ed intricato ambito del diritto processuale civile, amministrativo ed, in minor misura, penale. Quanto alla dottrina formatasi nel corso di questo tempo, si fa soprattutto riferimento a dottrina specialistica e qualificata più in materia di diritto processuale civile che in materia di diritto tributario in senso stretto. D'altronde anche dalla parte pubblica, lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il tramite dell’Agenzia delle Entrate, ha sovente demandato per risoluzioni, chiarimenti, interpretazioni e direttive, all’altro dicastero – della Giustizia – per competenza specifica sulla materia, eccezion fatta 147 per la parte squisitamente propria, ex legem, delle modalità di riscossione del tributo. In conclusione, da questo lavoro, si apprezza che, all’alba del terzo millennio, gli operatori del diritto di ogni parte (pubblica e privata) sono stati dotati di un quadro normativo specifico, chiaro ed inequivocabile e soprattutto organico. Il testo unico emanato contiene tutte le norme necessarie all’imposizione tributaria degli atti giudiziari e soprattutto con estrema chiarezza, pel tramite delle norme transitorie e finali, con un lungo elenco di abrogazioni esplicite, esclude il ricorso seppur parziale ed incidentale ad altre leggi previgenti e specifiche. Accanto a questo apprezzabile risultato vi è quello altrettanto apprezzabile dell’assorbimento dei vari balzelli in un’unica tassa con l’ulteriore maggior beneficio della comodità del versamento. Questo è un indiscutibile passo in avanti in campo di civiltà. Il cittadino deve pagare le tasse, ma almeno gliele si facciano pagare tranquillamente. Restano purtuttavia dei residuali balzelli se vogliamo inevitabili. Si pensi ai diritti per le copie ad uso privato. Quante copie chiederebbe l’avvocato se le pagasse a forfait una sola volta? Ma soprattutto, chi le riprodurrebbe? 148 E poi, a proposito di qualche lacuna nella riforma, resta, a mio modo di vedere, assolutamente inspiegabile la mancata inclusione delle procedure speciali contabile e tributaria. La riforma ed il testo unico sono utili strumenti forniti alla giustizia, ma non sono una chimera. L’imposizione tributaria sugli atti giudiziari è uno degli aspetti di una vasta ed intricata materia. Non è neppur logico pensare che l’esistenza di un tributo in un’unica soluzione sulla giustizia possa essere un valido deterrente al ricorso spicciolo e sistematico alla giustizia con conseguente appesantimento degli uffici, anche laddove il buon senso poteva essere valido strumento di risoluzione delle controversie soprattutto, magari, in via preventiva. Questa tassa non produce quest’effetto a causa del prevalere delle forti tensioni emotive. L’unico deterrente, forse, ora come allora, resta e resterà l’onorario dell’avvocato. 149 BIBLIOGRAFIA § ARENA C., Finanza pubblica, Utet, Torino 1963; § BECCALLI C., Contributo unificato per le spese degli atti giudiziari, in “Il fisco” n. 14/2002, fasc. n. 1; § BECCALLI C., Imposta di bollo. Inapplicabilità del tributagli atti preparatori della procedura esecutiva civile alla luce delle modifiche all’art. 9, comma 1, della L. 23 dicembre 1999, n. 488, in “Il fisco” n. 25/2002, fasc. n. 1; § CIAVARELLA D., La finanza dinamica, vol. II, ed. 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Ord.) Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari; § Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2000 (Proroga dei termini per il versamento del contributo unificato per le spese degli atti giudiziari); § L. 24 novembre 2000, n. 340 (modifiche alla legge delega per l’emanazione del Testo Unico); § D.P.R. 01 marzo 2001 n. 126 (pubbl. nella G.U. n. 90 del 18 aprile 2001), Regolamento recante disciplina delle modalità di versamento del contributo unificato; § art. 5 D.L. 30 giugno 2001 n. 246 coordinato e modificato dalla L. 4 agosto 2001 n. 330 (pubbl. in G.U. n. 150 del 30 giugno 2001 e ripubbl. con modificazioni in G.U. n. 191 del 18 agosto 2001) Differimento dell’applicazione del contributo unificato per le spese degli atti giudiziari; § D.P.R. 11 dicembre 2001 n. 466 (pubbl. nella G.U. n. 10 del 12 gennaio 2002) modifiche ed integrazioni al Regolamento recante disciplina delle modalità di versamento del contributo unificato; § Decreto Legge 11 marzo 2002 n. 28 (pubbl. nella G.U. n. 60 del 12.03.2002) recante modifiche all’art. 9 L. 23 dicembre 1999 n. 488 (contributo unificato) ed alla L. 24 marzo 2001 n. 89 (equa riparazione); 153 § Relazione illustrativa allo schema di Legge di conversione del Decreto Legge 11 marzo 2002 n. 28 (pubbl. nella G.U. n. 60 del 12.03.2002) recante modifiche all’art. 9 L. 23 dicembre 1999 n. 488 (contributo unificato) ed alla L. 24 marzo 2001 n. 89 (equa riparazione); § L. 10 maggio 2002 n. 91 (pubbl. nella G.U. n. 109 del 12 maggio 2002) conversione in legge con modificazioni del D.L. 11 marzo 2002 n. 28; § D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (pubblicato nella G.U. n. 139 Suppl. Ord. Del 15 giugno 2002) Testo Unico delle disposizioni Legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia; § Relazione ministeriale illustrativa del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia; § D.P.R. nn. 131/1986 e 445/2000 (imposta di registro); § Corte Costituzionale, 12 marzo 1998, sentenza n. 53 (condanna alle spese processuali); § Corte Costituzionale, 12 marzo 1998, sentenza n. 522 depositata il 21 novembre 2002 (imposta di registro con implicazioni estese); § Corte Costituzionale, 23 ottobre 2000, sentenza n. 465 (condanna alle spese processuali); § Corte Costituzionale, 24 settembre 2001, sentenza n. 333 depositata il 5 ottobre 2001 (imposizione tributaria nel procedimento giudiziale); § Consiglio di Stato, Adunanza generale del 29 marzo 2001, Relazione al Testo Unico delle disposizioni legislative e 154 regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità; § Corte di Cassazione, Sez. III, 29 maggio 1972, sentenza n. 1709; § Corte di Cassazione, Sez. III, 10 settembre 1986, sentenza n. 5539; § Corte di Cassazione, Sez. II, 11 marzo 1995, sentenza n. 2869; § Corte di Cassazione, 18 gennaio 1997, sentenza n. 500; § Corte di Cassazione, Sez. 1^, 18 giugno 1997, sentenza n. 5459; § Commissione tributaria provinciale di Roma, 17 dicembre 1996, sentenza n. 214; § Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, Sez. VI, 4 febbraio 1997, sentenza n. 1; § Commissione tributaria regionale lombardia, 25 gennaio 1999, sentenza n. 18; § Risoluzione Ministero delle finanze n. 310983 del 18 maggio 1984; § Risoluzione Ministero delle finanze n. 300565/X del 30 gennario 1984; § Circolare n. 21/E del 27.02.2002 dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso (oggetto: Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari); § Circolare n. 60/E del 27.02.2002 dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Gestione Tributi (oggetto: Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari); 155 § Risoluzione n. 161 del 30.05.2002 dell’Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso; § Circolare n. 70/E del 14 agosto 2002 dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso; § Risoluzione n. 315/E del 1 ottobre 2002 dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso; § Circolare n. 1/2002 del 26.02.2002 del Ministero della Giustizia (oggetto: Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari); § Circolare n. 2/2002 del 12.03.2002 del Ministero della Giustizia (oggetto: Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari); § Circolare n. 3/2002 del 13.05.2002 del Ministero della Giustizia (oggetto: Contributo Unificato per le spese degli atti giudiziari); § Circolare n. 4/2002 del 28.06.2002 del Ministero della Giustizia (oggetto: Testo Unico sulle spese di giustizia); § Circolare n. 5/2002 del 13.07.2002 del Ministero della Giustizia (oggetto: Testo Unico sulle spese di giustizia); § Circolare n. 6/2002 del 09.10.2002 del Ministero della Giustizia (oggetto: Testo Unico sulle spese di giustizia); § Circolare n. 7/2002 del 14.11.2002 del Ministero della Giustizia (oggetto: Testo Unico sulle spese di giustizia). 156 INDICE INDICE......................................................................................................1 INTRODUZIONE .....................................................................................4 CAPITOLO I .............................................................................................9 L’IMPOSTA DI REGISTRO.................................................................9 1. Natura giuridica dell’Imposta di Registro.................................9 2. La riscossione dell’Imposta di Registro. Rivoluzione giurisprudenziale della Corte Costituzionale. .............................21 CAPITOLO II..........................................................................................28 LE NUOVE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE IN MATERIA DI SPESE DI GIUSTIZIA....................................................................28 1. Dal groviglio normativo e giurisprudenziale di oltre un secolo al quadro normativo e regolamentare unitario ed armonico. ......28 2. Il fondamento giuridico del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.........36 3. L’imposizione tributaria sugli atti giudiziari. .........................44 CAPITOLO III ........................................................................................52 IL CONTRIBUTO UNIFICATO PER LE SPESE DEGLI ATTI GIUDIZIARI...............................................................................52 1. Il percorso evolutivo del Contributo Unificato dalla sua nascita all’entrata a regime......................................................................52 2. Le ragioni dei cambiamenti.....................................................59 3. Le basi oggettive in sede di assorbimento del bollo ed altri diritti in una tassa unica sul valore..............................................72 4. L’ambito di applicazione del Contributo Unificato, le modalità di pagamento e la riscossione coatta. ..........................................82 5. Le esenzioni dal Contributo Unificato per materia e per valore della causa. ..................................................................................99 CAPITOLO IV ......................................................................................105 IL CONTRIBUTO UNIFICATO NEI VARI PROCESSI SECONDO IL NUOVO ORDINAMENTO GIURIDICO..............105 157 1. Il Contributo Unificato e la giustizia ordinaria: processo civile e processo penale.......................................................................105 2. Il Contributo Unificato e la giustizia speciale: processo amministrativo, contabile e tributario. ......................................120 3. Il Contributo Unificato in sede di procedure concorsuali.....126 CAPITOLO V .......................................................................................133 LE COMPETENZE RESIDUALI DEI TRIBUTI SOPPRESSI E GLI ALTRI TRIBUTI SOPRAVVISSUTI............133 1. L’imposta di bollo ed i diritti soppressi nelle procedure antemarzo 2002. ...............................................................................133 2. I diritti di copia per uso privato.............................................137 3. Le spese degli Ufficiali Giudiziari. .......................................141 CONCLUSIONI....................................................................................147 BIBLIOGRAFIA...................................................................................150 158