I medici e la medicina nella storia di Adele.
Adele ha settantaquattro anni.
E' una donna di campagna, pratica, assennata, paziente.
Ha quattro figli e molti nipoti e quotidianamente si fa in quattro per tutti.
Di quelle donne che appena alzata si mettono il grembiule da cucina e se lo tolgono la sera quando
vanno a letto.
Un anno fa le è stato riscontrato un adenocarcinoma del pancreas in stadio ormai inoperabile.
Ha fatto il suo iter chemioterapico, tutto sommato sopportandolo bene, sino a che non inizia un
dolore ingravescente ad anca e gamba di sinistra.
La Tac mostra un interessamento metastatico massivo della colonna lombosacrale e
dell'articolazione coxo femorale.
In conseguenza del quadro clinico, il Servizio di Oncologia Medica le comunica la sospensione del
trattamento.
Emotivamente è un colpo duro per Adele, che per mesi ha avuto quel Reparto come punto di
riferimento, condividendo con gli altri pazienti i momenti di difficoltà e di sofferenza, nella
comune speranza della guarigione.
Con questi aveva allacciato legami affettivi molto forti.
" Sa dottore, in cinque minuti il medico mi hanno detto che a me la cura non serve più.
che lì non avrei dovuto più tornare. Come se io non conoscessi il significato di queste parole."
Intanto Adele è sempre meno in grado di camminare e il suo raggio di azione si riduce sempre più,
sino a costringerla giorno e notte sul divanetto a due posti che si trova nella cucina di casa.
La cucina è il luogo dove ha trascorso pressochè tutta la vita ed è insieme il cuore pulsante della
casa.
E' in cucina che la presenza dei famigliari è costante. In cucina si prepara il cibo per tutti, si sta a
insieme, è in cucina che giocano e fanno i compiti i bimbi.
Per assecondare questo suo desiderio, la figlia accetta di trascorrere le notti su una poltrona letto che
viene adagiata a fianco del divano.
Ma è faticoso lavorare tutto il giorno in ufficio, accudire la casa e assistere un malato che di giorno
in giorno ha sempre meno autonomia, dormendo (quando si può dormire!) su una poltrona.
Insisto molte volte sulla necessità di sostituire il divano con un letto ortopedico, ma Adele è
fermissima. Irremovibile.
Afferma di stare bene lì.
E la figlia non può che assecondarla.
Dal momento che Adele è pienamente consapevole della propria situazione, ogni complicazione,
ogni piccolo peggioramento, comporta lunghi periodi di silenzio, sebbene vissuti sempre in modo
molto dignitoso.
Per la figlia questi momenti di mutismo costituiscono pero' una pena profonda.
Nonostante questo, Daniela apprende con molta diligenza a utilizzare i farmaci necessari alla cura
della mamma e l'elastomero che li contiene. Apprende anche ad eseguire la reidratazione per via
ipodermica. E impara sempre meglio ad occuparsi dell'igiene personale di Adele, utilizzando una
sedia a rotelle rimediata in prestito da una famiglia amica.
Un giorno però, proprio nel momento in cui viene riposizionata sul divanetto dopo l'esecuzione
dell'igiene personale, Adele è colta da un dolore lombare molto violento.
Vengo chiamato in tutta fretta e verifico che il dolore lombare è causato da un crollo vertebrale,
diretta conseguenza dell'interessamento tumorale della colonna.
Daniela è molto scossa da questo evento e si sente responsabile di quanto è accaduto.
Tutta la famiglia, a questo punto, mi chiede di ricoverare Adele, in quanto "non è più possibile
continuare così, ci mancano le forze."
Mi rendo conto che è vero: sebbene Adele abbia ormai pochi giorni di vita, non è più possibile che
rimanga a casa sua.
Da un lato la famiglia è fisicamente ed emotivamente stremata, dall'altro Adele non può essere
adeguatamente assistita nelle condizioni in cui si trova.
Compilo dunque una impegnativa con tutti gli elementi clinici necessari e allego una breve
relazione, dove spiego le motivazioni familiari che stanno alla base della richiesta di ricovero.
Per precauzione, visto il trasporto e gli abituali tempi di permanenza in Pronto Soccorso che non
sono mai brevi, inserisco ad Adele un elastomero da 24 ore, con dosi supplementari di Cortisone e
Morfina.
Alla sera vengo di nuovo chiamato.
Apprendo che Adele è rimasta in Pronto Soccorso sei ore, durante le quali è stata condotta in
Radiologia dove è stata sottoposta a Tac toraco-addominale, "soffrendo le pene dell'inferno" e
“strillando dal dolore”.
Una volta in possesso del quadro Tac, il medico di Pronto Soccorso ha comunicato ai familiari che
Adele non era "un caso da ricoverare in Medicina" perchè "visto la penuria di posti letto, voi
capirete bene che non possiamo ricoverare tutti coloro che chiedono di essere ricoverati".
A giudizio del medico Adele è un paziente da Hospice, quindi la famiglia avrebbe fatto bene ad
avviare le procedure per l'ingresso in Hospice.
Intanto io me la ritrovo sul suo divanetto, in preda a dolori molto e chiusa in un mutismo rancoroso
e stremato.
La famiglia è incredula, stordita, incapace di realizzare il da farsi.
Provvedo a reimpostare il trattamento antalgico e a rincuorare la figlia.
Dopo un poco Adele si addormenta e la tensione cala.
Intanto avvio le procedure per l'ingresso in Hospice.
Due giorni dopo si presenta la commissione che valuta l'appropriatezza delle richieste di ricovero
in questa struttura.
La caposala è molto educata ed empatica e ascolta con attenzione.
Sembra di capire che, viste le condizioni in cui si trovano malata e famiglia, Adele verrà accolta con
rapidità.
Invece nel pomeriggio ci viene comunicato il rifiuto.
"La signora ha pochi giorni di vita e l'Hospice non può ricoverare pazienti agonizzanti. Noi
abbiamo la necessità di sviluppare rapporti continuativi coi nostri pazienti e con le loro famiglie e
questo non è uno di questi casi. Ci spiace molto, ma anche voi capirete che ci sono criteri di
ingresso che vanno rispettati."
A questo punto mi rivolgo all'assistente sociale.
Faccio presente la situazione.
Anche lei si mostra attenta ed empatica.
Resasi conto che le cose stavano davvero come le ho riferito, l'assistente sociale forza la procedura
di ingresso in Hospice e il giorno dopo Adele entra.
Finalmente Adele è tolta dal divanetto che aveva così pervicacemente difeso.
Ma chiusa nel suo mutismo desolato e rancoroso, senza più proferire parola, Adele muore il giorno
successivo al suo ingresso.