Islam: realtà e problematiche di p. Giuseppe Scattolin, comboniano Introduzione L’Islam, ovvero il fenomeno islamico in tutti i suoi aspetti è balzato quasi improvvisamente alla ribalta della nostra storia contemporanea, riempiendo sempre più i titoli dei nostri media. Per molti questa apparizione è stata una sorpresa inaspettata. Molti analisti del sociale si sono dati da fare a trovare le cause prossime di tale fenomeno. Ma in realtà essi sembrano persone che seguono le onde capricciose alla superficie del mare senza tener conto delle correnti profonde che lo muovono. Così è la loro situazione di fronte ai grandi fenomeni della storia umana. Come quando, dopo certi delitti mostruosi, la gente interrogata afferma: ma sembrava una persona ‘normale’, una coppia ‘ideale’…! Infatti, per chi aveva studiato a fondo la storia reale dell’Islam tale fenomeno non fu affatto una sorpresa, ma quasi una conseguenza aspettata da premesse che affondano le loro radici nei lunghi secoli della sua storia passata. Di qui si può vedere l’importanza di conoscere a fondo i fenomeni storici per non prendere abbagli o seguire false piste. Quello che presento qui è un tentativo di mettere in luce alcuni elementi importanti che possono aiutare per una maggiore e profonda conoscenza del fenomeno islamico. Fu chiesto una volta al Dalai Lama: ‘Qual è la religione migliore?’. Egli rispose: ‘La religione migliore è quella che rende le persone migliori’. Ma, si potrebbe chiedere ancora: e che vuol dire essere migliori? La risposta a tale quesito, almeno nelle religioni abramitiche, quelle che riconoscono la loro origine nella fede di Abramo, non dovrebbe essere difficile o lasciare dubbi. L’essere umano è visto in esse come ‘immagine di Dio’; egli quindi deve imitare le qualità fondamentali di Dio, realizzare cioè la ‘imitatio Dei’. E queste qualità divine sono fondamentalmente tre: la misericordia, l’amore e la giustizia. Quindi la migliore delle religioni abramitiche è quella che rende le persone più misericordiose, amorevoli e giuste. Tutto il resto, e i profeti in esse lo hanno ribadito di continuo, è solo esteriorità legale e cultuale che, se non porta ad una reale trasformazione interiore dei credenti, rischia di diventare una grande ipocrisia. L’ipocrisia, questo è il peccato più condannato in tutte e tre le tradizioni abramitiche. Già a questo punto possiamo riconoscere che esiste un vasto retaggio spirituale comune in cui si può, anzi si deve dialogare. In realtà, tali virtù divine sono pure facilmente reperibili in tutte le grandi religioni mondiali come il Buddismo, l’Induismo, il Taoismo, il Confucianesimo, ecc. Quindi possiamo dire che siamo qui di fronte ad un largo spazio di dialogo interreligioso in cui possiamo scambiarci i tesori di sapienza e saggezza accumulati nelle generazioni passate in tutte le più 1 grandi e autentiche tradizioni religiose dell’umanità con lo scopo di contrastare ciò che è ormai noto come il fenomeno della ‘eclissi dei valori’ nel nostro mondo del mercato globalizzato, eclisse che purtroppo viene accompagnata da un degrado dell’"umanità" dell’essere umano. A questo punto un altro grave interrogativo si pone. Perché nonostante tali principi così chiari, la nostra storia religiosa concreta è stata piena di violenza, al punto che uno deve confessare senza reticenze che ‘nessuno è innocente, senza peccato e senza violenza’ nella storia reale della propria religione. Qui siamo di fronte ad un problema fondamentale che tocca tutti. La storia umana concreta mostra una contraddizione ineliminabile tra ‘idealità religiosa’ e ‘realtà storica’. E questo fatto mostra che il più delle volte non si legge la storia ‘reale’ della propria religione, ma una storia ‘ideale’, mai esistita nella realtà concreta, e che è tale solo come una proiezione immaginaria di alcuni individui. Concretamente dobbiamo confessare che abbiamo commesso noi tutti, senza eccezione, molta, anzi troppa violenza nella storia, e che nessuno dovrebbe cercare di nascondere o negare tale tragica realtà storica della propria religione. Tutti abbiamo peccato, e commesso ogni sorta di abominevoli delitti in nome della propria religione… e chi è senza peccato scagli la prima pietra…! Per cui l’unica vera, sincera e realistica attitudine deve essere quella di una seria confessione e conversione da parte di tutti. Nessun alibi è giustificabile, se non si vuole continuare la storia delle polemiche e la ripetizione dei tragici scontri del passato, come vediamo ai nostri giorni in molti ‘fondamentalismi religiosi’. Occorre inoltre aggiungere che tale tragica realtà storica tocca non solo il mondo dei credenti delle varie religioni, ma anche quello laicista dei non credenti, che molte volte amano gettare l’obbrobrio della violenza storica sui soli credenti, soprattutto sulle religioni monoteiste. Occorre ricordare ai non credenti che le peggiori guerre dell’umanità sono state quelle combattute proprio sotto l’egida della ‘non credenza’ delle varie ideologie atee moderne, dal liberalismo capitalista, al nazionalismo nazi-fascista, al classismo marxista? Tutto questo si è concretizzato in tutte le guerre combattute dalla rivoluzione francese in poi, in particolare nelle due guerre mondiali combattute dal 1914 al 1945, cioè nello spazio di poco più di trent’anni. Quest’ultime sono state le più feroci e sanguinose guerre combattute dalla razza umana, e sono costate la morte di circa 100 milioni di persone, con violenze e distruzioni materiali e morali enormi, incalcolabili. Quindi come premessa generale ad ogni incontro di dialogo fra le religioni, ma anche fra le ideologie moderne, è necessario mettere da parte ogni atteggiamento ipocrita di auto-apologetica e auto-esaltazione, incominciando con l’ammettere umilmente le proprie responsabilità storiche della propria violenza storica, in un sincero atteggiamento di condanna di tutte le violenze del passato, con un dichiarato proposito di rifiuto di ogni tipo di violenza per il presente e il futuro. Senza tale premessa non ci sarà mai un dialogo serio e fruttuoso fra le varie parti in causa. 2 Si tratta in fondo del principio della ricerca della verità, già affermato nel detto aristotelico famoso: ‘Platone è mio amico, ma ancor più lo è la Verità’, detto perfezionato dal detto di Gesù: ‘La Verità vi farà liberi’. La sincera ricerca della verità è una premessa indispensabile ad ogni dialogo interreligioso, soprattutto nel nostro caso in quello fra mondo cristiano e mondo islamico. Solo in tal modo il dialogo potrà partire da premesse serie di sincerità e verità, liberandosi da un comune atteggiamento del ‘politicamente corretto’, o del ‘doppio linguaggio’, ecc., segni questi di una ipocrisia di fondo che è la vera nemica di ogni dialogo e di ogni incontro serio fra i rappresentanti delle varie religioni mondiali. Queste sono a mio avviso le premesse necessarie per l’inizio di ogni incontro per un dialogo serio fra le religioni. Ed è su tali basi che presento qui la mia visione della realtà islamica, come ripeto, nella sua realtà storica, e non in una sua idealizzazione mai è esistita nella storia reale, anzi contraddetta da essa. Tale conoscenza intende essere reciproca, storicamente obiettiva per quanto possibile, ma anche simpatetica, cioè aperta a cogliere i lati positivi di ogni parte coinvolta nel dialogo, per trovare un terreno comune di comprensione e collaborazione. L'Islam costituisce un movimento storico complesso che ha dato origine nella storia umana ad una civiltà originale: la civiltà islamica. Questa con ormai i suoi quattordici e più secoli di presenza storica costituisce uno dei principali capitoli della storia umana passata; ma essa è pure destinata ad influenzare la storia umana nel suo futuro prossimo e lontano. È necessario quindi conoscere bene tale realtà se ci si vuole mettere in un rapporto reale, concreto e positivo con essa, senza ripetere i soliti banali qualunquismi, ancora così spesso ripetuti. Analizzando l'Islam nella sua realtà storica, emergono, a mio parere, quattro aspetti fondamentali o realtà che stati sono sempre presenti in esso dal suo inizio fino ai giorni d’oggi e con cui dobbiamo fare i conti.1 1. L'Islam è una religione Questo è l'aspetto fondamentale e la forza portante dell'Islam lungo tutta la sua lunga storia. Tale fenomeno storico, come pure quello delle altre grandi religioni mondiali, non lo si può spiegare con fattori puramente esterni, cioè con fattori sociali, economici e politici, ecc. L'Islam ha coscienza di avere una missione nella storia, una missione che è essenzialmente religiosa: la proclamazione del monoteismo assoluto (tawḥîd), contro tutte le forme palesi o nascoste di idolatria (shirk). Le fonti fondamentali di tale messaggio sono: il Libro rivelato (il Corano), e i fatti e i detti (hadith) attribuiti a Muhammad, il Profeta dell'Islam. Sulla base di tale monoteismo assoluto, si è sviluppata in Islam una vasta e profonda corrente di spiritualità, 1 Per ulteriori approfondimenti vedi i libri di Giuseppe Scattolin: L’Islam nella globalizzazione, Dio e uomo in Islam, Spiritualità dell’Islam, Islam e dialogo, EMI, Bologna, 2004. 3 chiamata sufismo (taṣawwuf), che intende vivere tale fede nella pratica di un’esperienza concreta. Il sufismo costituisce senza dubbio uno dei più importanti capitoli della storia islamica, anche se spesso è ignorato e combattuto all’interno dell’Islam stesso. Il sufismo ha prodotto persone ed opere di valore mondiale, ed esso rimane parte essenziale della storia dell’Islam. La religione islamica poi si articola in un insieme di pratiche o doveri religiosi (‛ibâdât, i cinque pilastri), e di credenze o dogmi (‛aqâ'id, gli articoli di fede), ben presto codificati dal pensiero islamico. L’Islam si è espresso in due forme fondamentali: quella sunnita e quella sciita. Nell'Islam sunnita l'interpretazione delle fonti della religione è stata presa in carica dal corpus dei dotti della legge islamica (‛ulamâ’/ulema), che si sono costituiti come il punto di referenza fondamentale per l'ortodossia islamica sunnita. L'Islam sciita invece si è frastagliato lungo la serie di imâm (capi religiosi dotati di un carisma particolare ereditato da ‘Ali, il cugino del Profeta) che si sono imposti come le uniche qualificate e legali guide per la comunità islamica. Problematica. È possibile un dialogo a questo livello religioso e spirituale? Alcuni lo negano poiché, a loro parere, qui si tratta di dogmi assoluti, accettati per fede e non discutibili. In realtà noi crediamo che un dialogo teologico - spirituale non solo sia possibile, ma sia necessario, anzi sia il culmine del dialogo fra le due religioni, appunto perché ‘religioni’, fondate sull’esperienza dell’Assoluto. Occorre superare da tutte le parti molti pregiudizi per avere una certa comprensione più reale e adeguata della fede dell’altro. Nella fede islamica la vera affermazione dell’unità di Dio (tawḥîd) non è a modo di un’unità puramente matematica, come molti, anche musulmani, credono. Il tawḥîd è un mistero esistenziale di fronte al quale la mente umana entra nella più grande perplessità, come affermano i sufi. Come il mistero della comunione trinitaria nel Cristianesimo, è un mistero che supera la pura ragione umana. Un approccio rispettoso e comprensivo alla fede dell’altro deve fare parte essenziale di ogni incontro dialogico serio, per non fare dire all’altro quello che non intende dire, come molte volte capita. Molte ricchezze spirituali possono essere scambiate a tale livello di dialogo fra credi religiosi. 2. L'Islam è una legge totale (sharî‛a) La religione dell'Islam non si limita al campo del privato, ma coinvolge tutto l’insieme dei rapporti sociali umani (mu‛âmalât): famiglia, matrimonio, eredità, rapporti economici e sociali ecc. L’idea di fondo è che tutta la vita umana deve essere regolata dalla ‘Legge di Dio’ (sharî‛a): Dio solo è l’unico e legittimo legislatore per l’umanità, anzi per l’universo intero. I musulmani oppongono volentieri la legislazione islamica di origine 'divina' alle legislazioni umane positive, a quelle occidentali in particolare, intese come leggi puramente umane, che devono quindi sottostare necessariamente alla ‘Legge di Dio’ (sharî‛a). In Islam sunnita si sono ben presto formate delle scuole giuridiche (quattro sono quelle ufficiali: la hanfîta, la malikîta, la shafiîta, la hanbalîta) che si sono incaricate di interpretare ed 4 applicare la legge di Dio alla totalità del comportamento umano, fino ai minimi e banali dettagli (es. come andare al bagno). Questo ‘sforzo interpretativo’ (ijtihâd) delle prime generazioni islamiche si è concluso attorno al III/IX sec., ed è rimasto fino ai giorni nostri il punto di riferimento fondamentale e autoritativo per tutti i musulmani. Occorre sottolineare inoltre che la sharî‛a storica, come è stata elaborata dai giuristi musulmani, è fondamentalmente una legge discriminatrice verso i non-musulmani e al servizio dell’imperialismo islamico, per assicurare ai musulmani il dominio sociale assoluto. Problematica. Ora però questo punto è messo in crisi nel tempo moderno a seguito dell'incontro dell'Islam con la modernità. La legge islamica si mostra inadeguata per le esigenze delle società moderne basate sul riconoscimento dell’uguaglianza di diritti per tutti i cittadini nella loro pluralità di credenze, di libertà di coscienza, e di tutte le altre libertà. Ora molti sono i musulmani che chiedono la ri-apertura della ‘porta dell'interpretazione’, per dare alla giurisprudenza islamica un nuovo respiro che la metta all'altezza dei tempi moderni. Una lotta e uno scontro fra le due tendenze, quella tradizionale (salafiyya) e quella riformatrice (iṣlâḥiyya), sono in corso. Dal suo esito dipenderà se l’Islam si inserirà nel villaggio globale umano come fattore positivo e pacifico, o se invece sarà fonte di conflitti e guerre, non più fra villaggi differenti, come nel passato, ma fra i quartieri del moderno villaggio globale. La riforma della legge islamica è di fondamentale importanza a tale scopo. Un serio dialogo interreligioso deve aiutare a fare chiarezza su tale punto, pena equivoci a non finire. 3. L'Islam è una civiltà. L’Islam ha creato nella storia umana una civiltà originale che a diritto si chiama ‘islamica’, e che si inserisce fra le grandi civiltà dell'umanità antiche e moderne. L'Islam non ha evidentemente creato tale civiltà dal niente, ma ha preso a piene mani dalle civiltà precedenti, in particolare da quella greco-romana o ellenistica, ed da altre. È da notare inoltre che l’Islam non si è limitato a copiare tali civiltà, ma è riuscito a produrre una sintesi originale di tutte le conoscenze e scienze da esse ereditate fondendole insieme nella sua visione religiosa basata sul monoteismo coranico. Il Corano è infatti per i musulmani il punto centrale di tutta la loro cultura, cioè della loro visione dell'uomo e del mondo e di Dio: esso è la base della Weltanschauung islamica. Su tale base, l'Islam ha sviluppato il retaggio culturale antico con importanti e originali contributi in tutti i campi dello scibile umano. Questa cultura islamica ha avuto molteplici espressioni attraverso lo spazio ed il tempo. Essa ha giocato un ruole particolare importanza anche per lo sviluppo delle scienze in Europa all’inizio del suo Rinascimento. Tuttavia alla fine del medioevo, la civiltà islamica è entrata in una profonda crisi che dura tuttora. La causa principale di tale decadenza sembra essere stato un diffuso immobilismo teorico 5 e pratico che ad un certo punto si è limitato alla semplice ripetizione e imitazione (taqlîd) del glorioso passato senza innovazioni, e senza accorgersi che il mondo stava prendendo strade nuove. Uno studio obiettivo della storia prova che tale crisi è nata prima di tutto all’interno dell’Islam stesso, e non è il frutto di una imposizione esterna, del colonialismo e imperialismo europei, come uno sciovinismo islamico, ancora molto diffuso, continua a ripetere.2 Non bisogna dimenticare che l’Impero Ottomano è stato fino all'inizio del XX sec. una delle grandi potenze mondiali, con grandissime risorse, come potenza concorrente degli stati europei del tempo. L'impatto col mondo occidentale ha evidentemente aumentato tale crisi interna all’Islam, ed ha messo i popoli islamici in uno stato di inferiorità scientifico-tecnica rispetto agli occidentali. Problematica. Ora un problema si pone drammaticamente ai musulmani: è possibile una conciliazione fra civiltà islamica e mondo moderno? Varie sono le risposte date a questo interrogativo, fra correnti conservative (salafîyya) e riformiste (iṣlâḥiyya). Confrontarsi con la modernità sotto tutti i suoi aspetti, dall’aspetto razionale-critico a quello dei diritti umani fondamentali, costituisce il grande problema e la grande sfida dell’Islam ai nostri giorni. Anche qui il risultato di tale incontro-scontro è della massima importanza per una convivenza pacifica del mondo islamico insieme agli altri mondi nel villaggio globale moderno. I conflitti in corso nel mondo islamico sono un segno della drammaticità di tale sfida. Il dialogo deve aiutare il mondo islamico a rispondere positivamente a tale sfida nella maturazione di una mentalità più critica ed adulta, e nell’accettazione dei principi di libertà e eguaglianza maturati nel mondo moderno, senza riserve ambigue. 4. L'Islam è una politica. Ma l'Islam non è solo un messaggio religioso e morale per il singolo, ma intende informare tutti gli aspetti della vita umana, e fra questi l'aspetto politico gioca un ruolo fondamentale. Tale convinzione è espressa nel detto ripetuto infinite volte dai musulmani stessi: l'Islam è una religione totale, esso è ‘religione e stato’ (dîn wa-dawla). È strano notare che molta informazione nostrana ignori tale aspetto politico dell’Islam, aspetto storicamente inequivocabile, creando in tal modo una specie di Islam iperuranico, completamente a-storico. Muhammad, il profeta fondatore dell'Islam, è stato nello stesso tempo il profeta della nuova religione e il capo politico del primo stato islamico, lo stato di Medina. Questo stato rimane il modello e il punto ideale di riferimento per ogni società islamica. In esso si è realizzata la unificazione del mondo secondo la visione islamica: un’unica religione (dîn), un’unica nazione (umma), un’unica guida (imâm). In Muhammad appare chiara la coscienza che il suo messaggio religioso, cioè l'Islam, è destinato ad espandersi e dominare il mondo intero. Si racconta che nell'ultimo anno di vita egli inviò quattro 2 Vedi l'interessante analisi fatta da Bernard Lewis, What Went Wrong?, Oxford University Press, Oxford, 2002. 6 lettere ai grandi del suo tempo (l'Imperatore di Bizanzio, lo Shah della Persia, il Negus dell'Etiopia, e il Governatore dell'Egitto) invitandoli a 'convertirsi all'Islam per essere salvi' (‘aslim taslam’, suona il detto in arabo) dal castigo sia temporale che eterno. Tale fatto rivela una chiara coscienza di una missione universale fin dal suo inizio e che è diventata il movente primo delle prime grandi conquiste islamiche (futûḥât) che seguirono la morte del Profeta dell'Islam. Tale coscienza continua oggi nelle grandi organizzazioni islamiche e nei vari movimenti del ‘risveglio’ (ṣaḥwa) islamico contemporaneo. Anche qui il grado di disinformazione di molti media occidentali è incredibile. Un grande orientalista, G. E. von Grünebaum (m. 1972), afferma che gli arabi musulmani quando uscirono dalla penisola arabica alla conquista del mondo avevano già una chiara coscienza della loro missione: "L'Islam aveva fatto degli Arabi convertiti il centro di una visione universale del mondo, e di conseguenza, quando il tempo venne, il centro di uno stato universale... l'arabo musulmano aveva il suo centro di gravità in se stesso. Il suo era un popolo eletto, e il dominio appartiene agli eletti".3 Il Corano infatti dichiara ai musulmani: "Voi siete la migliore delle nazioni (umma) che (Dio) ha suscitato tra gli uomini" (Corano 3, 110). Sulla base di tale coscienza, il mondo nella visione islamica tradizionale viene diviso in due parti. Da una parte sta il mondo dell'Islam, dove regna l'ordine (dâr al-islâm) e la pace (dâr al-salâm) islamici, e dall'altra il mondo della non-credenza (dâr al-kufr), ostile all'ordine islamico, e quindi soggetto alla guerra (dâr al-harb) per sottometterlo alla fede. I musulmani sentono di avere la missione ed il dovere di combattere in tutti i modi (jihâd) il mondo dell'infedeltà e della miscredenza (kufr) per portarlo all'obbedienza a Dio. Anche qui, sul concetto di jihâd, si dicono molte sciocchezze. Il jihâd non è solo guerra, ma la include e non la esclude. La guerra ‘in nome di Dio’ è sempre stata chiamata jihâd nella letteratura islamica. È su tale base che si può parlare di un vero e proprio 'imperialismo religioso islamico' come il movente fondamentale della storia islamica. Tale ideologia ha sotteso da sempre l'impresa storica dell'Islam, ed essa viene ripresa ora, in modo esplicito e ripetuto, dai molti movimenti islamisti moderni (cfr. Fratelli musulmani e derivati), che si propongono di sottomettere tutto il mondo con ogni mezzo all’ordine islamico. Per tale motivo la questione del successore (khalîfa) di Muhammad, come centro della comunità islamica, è di primaria importanza. Molti sono stati, e lo sono tutt’ora, i pretendenti a tale incarico, soprattutto tra i movimenti tradizionalisti o salafiti. Problematica. Questo connubio tra religione e politica è l’aspetto più pericoloso, e stranamente ancora molto ignorato, della realtà storica dell’Islam. L’Islam ha un progetto 3 G.E. von Grünebaum, 'The Sources of Islamic Civilization', in The Cambridge History of lslam, ed. by P.M. Holt, Ann K.S. Lambton, Bernard Lewis, Cambridge University Press, Cambridge, 1970, vol. 2, 472. 7 religioso-politico di conquista del mondo, progetto da sempre perseguito lungo tutta la sua storia: questo è quello che ora è chiamato l’‘Islam politico’ (islâm siyâsî). Anche il Cristianesimo ha conosciuto periodi di tale connubio fra religione e politica, e abbiamo sperimentato quanto devastante sia stato. Occorre sottolineare però che nell’Islam storico tale connubio risale al suo momento fondante, e quindi è più radicale che nel Cristianesimo e in altre religioni. Questo connubio di religione e politica ha portato e porta necessariamente ad una ‘sacralizzazione della politica’ o ad una ‘politicizzazione del sacro’, miscela questa altamente esplosiva e fonte di innumerevoli violenze, soprusi, e oppressioni, come vediamo nei movimenti ‘fondamentalisti’ dell’Islam dei nostri giorni. Tale miscela pericolosa deve essere disinnescata dall’interno dell’Islam stesso, dai suoi movimenti ‘riformatori’, altrimenti si rischia di entrare in un vortice di conflitti disastrosi senza fine, come la presente situazione nel Medio Oriente e in tanti altri paesi islamici testimonia senza alibi. Il dialogo interreligioso deve fare chiarezza sui molti equivoci dell’Islam politico, liberando la mente islamica dal sogno dell’imperialismo islamico storico, per aprilo ad una vera e positiva convivenza con l’altro, il diverso, nel villaggio globale umano. Conclusione. Questi brevi cenni intendono mostrare la realtà dell'Islam storico in tutta chiarezza, senza sottintesi. Troppe volte si presenta di esso solo alcuni aspetti, in un discorso che è chiaramente equivoco e distorto per interessi vari. Ma in tal modo l'informazione diviene disinformazione. e le persone rimangono confuse e perplesse di fronte a molti fatti drammatici della realtà islamica attuale, come gli avvenimenti del 11 Settembre 2001! Allora molti rimangono sorpresi… ma è una sorpresa frutto di ignoranza della storia reale dell’Islam. Ora la questione fondamentale per l’Islam, questione che viene proposta anche da molti pensatori musulmani, è quella della riforma della legge islamica (sharî‛a), in modo che si adegui alla visione moderna dei diritti umani formulata nella ‘Dichiarazione Universale dei Diritti Umani', e proclamata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, senza alibi o sottintesi. Tale riconoscimento è per me il punto cruciale per una verifica della serietà del dialogo interreligioso che intenda creare una convivenza pacifica fra le varie religioni, culture e mentalità, nella pluralità e libertà all’interno del villaggio umano globale. A tale fine deve tendere un serio cammino di dialogo interreligioso, soprattutto col mondo islamico. 8