Le concezioni sull`impetus - Sezione di Fisica

Le concezioni sull’impetus
Alberto Stefanel
Università degli Studi di Udine
Giovanni Buridano (∼1290-1358)
La teoria dell’impetus: l’impetus è la causa del moto violento quando viene meno
il contatto con il corpo che ha prodotto il moto (l’arco una volta che la freccia si è
staccata da esso)
Impetus per spiegare i moti naturali (moto accelerato di caduta dei corpi); più un
corpo pesante si avvicina al suo luogo naturale e più impetus gli viene impresso in
modo che la sua velocità aumenta.
Impetus (in termini di virtus caelestis-teoria dell’impetus rotazionale, le cui tracce
si ritrovano anche in Newton) per spiegare il moto dei pianeti: Dio ha impresso
tale virtus ai corpi celesti (in modo simile a quello che imprimiamo noi a una
pietra) che continuano a muoversi perché la mantengono (separazione mondo
terrestere e celeste)
«dobbiamo immaginare per tutto il cielo una sola influenza continua sino al
centro; tuttavua quell’influenza xosì virtualmente
Nicola d’Oresme (Fleury-sur-Orne, 1323 – Lisieux 1382)
«Tractatus de configuratione qualitatum et motuum»
Nella "qualità" o forma casuale (es il calore; la velociità), gli
Scolastici distinguevano:
- intensio (grado di calore in ogni punto; val velocità) o
latitudo
- extensio (come la lunghezza della barra riscaldata;
tempo) o longitudo
I due termini furono oggetto di dibattito Tommaso d'Aquino
fino al XIV secolo.
Nicola D’Oresme (1323-82)
Da Wikipedia
Oresme ebbe l'idea di utilizzare:
- una lunghezza proporzionale alla longitudo (l'ascissa di un dato punto nel moderno
piano cartesiano)
- una lunghezza perpendicolare proporzionale alla latitudo (l'ordinata)
Oresme mostra che la proprietà geometrica di una tale figura (l’area) potrebbe essere
considerata come corrispondente ad una proprietà della forma stessa (spostamento).
Le rappresentazioni grafiche di Oresme: rappresentazione
geometrica della varaiazione dell’intensità di una quantità (latitudo
(ordinata) –longitudo (ascissa - tempo)
Intensio o Latitudo
Qualitas
Extensio o longitudo
qualitats
I parametri longitudo e latitudo possono variare o rimanere costanti.
Oresme definiva latitudo uniformis quella rappresentata da una linea parallela
alla longitudo. Ogni altra latitudo è difformis.
La latitudo uniformiter difformis è rappresentata da una linea retta inclinata
rispetto all'asse della longitudo (moto uniformemente accelerato)
Dimostrò che una forma uniformiter difformis ha la stessa quantità di una form uniformis
della stessa longitudo ed avente come latitudo la media tra i due limiti estremi della prima.
Applicò questo metodo alla raffigurazione della velocità come latitudo e il tempo come
longitudo. La quantità rappresentata (l’area) è allora lo spazio percorso in un dato intervallo
di tempo, ossia la legge dello spazio percorso in un moto uniformemente accelerato.
Latitudo Qualitas
(Velocità)
vm
vf
vo
Longitudo (tempo)
(Vo+Vt)
S = ------------ X t
2
Oresme non determina esplicitamente tale formula, ma se ne servì.
Oresme conosceva quindi 3 secoli prima di Galileo, la legge di Galileo sul moto
uniformemente accelerato.
Questa legge fu insegnata a Oxford da William Heytesbury e i suoi discepoli,
successivamente a Parigi e in Italia, per giungere a Galileo stesso.
Traité o Le livre du ciel et du monde:
- con nessun esperimento si può stabilire se è il cielo a girare da est verso
ovest oppure è la Terra a ruotare da ovest verso est
- perché l'esperienza sensoriale non può stabilire niente altro che un «moto
relativo».
«Ma, salvo ogni correzione, mi pare che si potrebbe ben sostenere e illustrare l’ultima
opinione, ossia che la terra si muove di movimento diurno e il cielo no. E innanzitutto
desidero dichiarare che non si potrebbe dimostrare il contrario mediante qualche
esperienza, in secondo luogo neppure per mezzo di ragioni, e in terzo luogo addurrò
ragioni a sostegno [del moto diurno della terra]»
«Suppongo inoltre che il moto locale non possa essere percepito dai sensi se non nello
stesso in cui si percepisce una diversa disposizione di un corpo rispetto a un altro corpo.
Per esempio, se un uomo si trova su una nave chiamata a, la quale sia mossa di moto
regolare, velocemente o lentamente, e se quest' uomo non vede altro che un' altra nave
chiamata b, la quale si muova con moto esattamente uguale a quello di a, nella quale egli
si trova, dico che sembrerà a quest' uomo che nessuna delle due navi si muova. E se a è
immobile e b si muove, gli sembrerà che a muoversi sia b; e se a si muove e b è immobile,
ancora gli sembrerà che a sia immobile e che b si muova...
Traité o Le livre du ciel et du monde:
- con nessun esperimento si può stabilire se è il cielo a girare da est verso
ovest oppure è la Terra a ruotare da ovest verso est
- perché l'esperienza sensoriale non può stabilire niente altro che un «moto
relativo».
«Dico dunque che se, delle due parti del mondo suddette, quella superiore fosse oggi
mossa di moto diurno, come è, e quella inferiore no, e domani avvenisse, al contrario, che
a muoversi di moto diurno fosse quella inferiore, e l' altra, ossia il cielo, no, ecc., noi non
potremmo affatto percepire questo mutamento, ma tutto sembrerebbe essere a modo,
per quanto riguarda ciò, oggi e domani. E a noi sembrerebbe sempre che la parte in cui ci
troviamo fosse in quiete e l' altra sempre in moto, così come a un uomo che si trovi su una
nave in movimento sembra che a muoversi siano gli alberi fuori della nave. E similmente
se un uomo fosse in cielo, supposto che esso fosse moto di moto diurno, e se quest'
uomo, portato in volta dal cielo, vedesse chiaramente la terra e percepisse distintamente i
monti, le valli, i fiumi, le città e i castelli, gli sembrerebbe che la terra fosse mossa di moto
diurno, così come sembra del cielo a noi che siamo in terra...
Il nostro mondo è finito, ma ci sono molti mondi finiti tra i quali vi è uno spazio
non occupato da corpi (in contrapposizione ad Aristotele) ossia in uno spazio
vuoto.
Oresme concepisce uno spazio assoluto, indipendente dai corpi.
- Dimostrò che le ragioni portate dalla fisica aristotelica contro il moto della Terra non
erano corrette.
- confutò l'obiezione più diffusa all'epoca: una freccia scoccata verticalmente in aria non
cade davanti o dietro all'arciere, ma ricade sulla persona stessa
«All' esperienza, che sembra più forte, della freccia o del sasso gettato in alto, ecc., si
potrebbe rispondere che la freccia scagliata in alto è mossa molto velocemente verso levante
insieme all' aria attraverso cui passa e insieme a tutta la massa della parte inferiore del
mondo suddetta, che si muove di moto diurno; per questa ragione la freccia ricade nel luogo
della terra da dove è stata scoccata. E tale cosa appare possibile per analogia, poiché se un
uomo si trovasse su una nave mossa velocissimamente verso levante ed egli non percepisse
tale movimento, ed abbassasse la sua mano in linea retta lungo l' albero della nave, avrebbe l'
impressione che la sua mano non avesse altro movimento, che il rettilineo; e così, secondo
quest' opinione, ci sembra della freccia che cade o si innalza verticalmente...» (citato in
Glagnet M (1981), La scienza della nel medioevo, Feltrinelli, Milano, 648)
- La freccia così lanciata aveva non solo una spinta verticale data dall'arco ma partecipasse
del moto orizzontale conseguente alla rotazione della Terra.
Il nostro mondo è finito, ma ci sono molti mondi finiti tra i quali vi è uno spazio
non occupato da corpi (in contrapposizione ad Aristotele) ossia in uno spazio
vuoto.
Oresme concepisce uno spazio assoluto, indipendente dai corpi.
- Dimostrò che le ragioni portate dalla fisica aristotelica contro il moto della Terra non
erano corrette.
«Al quinto [argomento] dove si dice se il cielo non compisse una rotazione ogni giorno
tutta l’astronomia sarebbe falsa, ecc. rispondo che non è vero, poiché tutti gli aspetti, le
congiunzioni, le opposizioni, le costellazioni, le figure e influenze del cielo sarebbero
esattamente quali sono, così come appare chiaramente da quanto fu detto in risposta
alla prima esperienza, e le tavole dei movimenti e tutti gli altri libri resteranno veri come
sono, tranne che per il fatto che del movimento diurno si dovrebbe dire che è compiuto
in apparenza da cielo ma in verità dalla terra, e nessun effetto segue più dall’una
posizione che dall’altra» (citato in Glagnet M (1981), La scienza della nel medioevo,
Feltrinelli, Milano, p.650)
Le sue concezioni sul moto non si trasformano in sistema, ma restano pure
congetture (Bordone 2010)
«Ma considerato tutto quanto si è detto, si potrebbe credere che la terra si
muova di tale moto, e non il cielo, e non c’è alcuna prova del contrario; tuttavia
ciò sembra prima facile altrettanto o ancor più contrario alla ragione naturale di
quanto lo siano gli articoli della nostra fede, tutti o la maggior parte. E così tutto
ciò che ho detto in tal modo per amore di discussione può servire per confutare
coloro che volessero impugnare la nostra fede per via di ragioni» (citato in
Glagnet M (1981), La scienza della nel medioevo, Feltrinelli, Milano, p.652)