MEDICINA] Francesco Selvaggi, 11 percorso con i trapianti di rene Le prime esperienze alla Scuola del prof. Marinaccio e all'estero. Incarichi sempre più prestigiosi fino alla direzione della Clinica Universitaria Urologia I presso il Policlinico di Bari o incontrato il trapianto di rene una notte di ottobre del 1968". A parlare è il prof. Francesco Paolo Selvaggi, professore universitario e chirurgo urologo di fama, come attesta il nutrito curriculum, e sembra che parli di un incontro d'amore. In effetti proprio di amore si tratta, per una professione che esercita ai massimi livelli da oltre quarant'anni, in cui i trapianti di rene sono parte qualificante e caratterizzante la sua attività. Una scelta, quella dei trapianti, che, giovane chirurgo formato alla prestigiosa Scuola del prof. Giuseppe Marinaccio, fa quasi d'istinto, allorché il suo Maestro comincia a interessasi a questo particolare settore della chirurgia. Si era verso la fine degli anni Sessanta. Il primo trapianto era stato eseguito nel '59 a Parigi dal gruppo del prof. Kuss su un muratore di 19 anni che cadendo da un'impalcatura si era fratturato l'unico rene che aveva. Un trapianto dall'esito infausto. Il rene sano donato dalla madre, per mancanza di mezzi ed esami approfonditi viene rigettato dopo 20 giorni. E di pochi anni dopo il primo trapianto tra gemelli identici, eseguito con successo dal prof. Murry a Boston su un paziente tuttora vivo perché, pur mancando all'epoca i mezzi attuali, si basava su una piena compatibilità col donatore. In Italia più o meno negli stessi anni il prof. Stefanini aveva già eseguito con successo il primo trapianto di rene e in America operavano professori come Goodwin, Kaufman Barnes, Elmer Belt in centri all'avanguardia. Il giovane chirurgo Francesco Paolo, affascinato dai discorsi di alcuni colleghi rientrati dagli Stati Uniti dove avevano trascorso un periodo di tirocinio, decide di recarsi per qualche mese all'Università di California dove poi invece si fermerà quattro anni tra questa università e quella di Loma Linda, sotto la guida di quei maestri. Un'esperienza che gli apre nuovi orizzonti anche su altri studi connessi alla urologia, l'endoscopia, l'andrologia e la chirurgia vascolare, la chirurgia del trapianto di rene. Ed è lì che avviene in quella famosa notte del '68, l'incontro con questo tipo di intervento, allorché il prof. Kaufman lo chiama in sala [nelmese - 11/2011 - 221 I Il prof. Francesco Paolo Selvaggi e, accanto, il giorno delle nozze, 5 dicembre 1996, nel Santuario di Santa Fara con Santa Fizzarotti operatoria. Ha inizio così una carriera che poi proseguirà al Policlinico di Bari, sempre sotto la guida del prof. Marinaccio, come assistente ordinario in clinica chirurgica e libero docente in patologia speciale chirurgica. E proprio il prof. Marinaccio, il primo ottobre del '73 l'incarica del prelievo di un rene, con l'aiuto del prof. Mario Fersini, e lo chiama poi al suo tavolo per procedere con lui al trapianto, sotto la direzione dei professori anestesisti, De Blasi e Brienza. Gli incarichi si fanno sempre più prestigiosi, fino a ricoprire il ruolo di responsabile di Urologia I Universitaria presso il Policlinico di Bari e della sezione di Urologia, Andrologia e Trapianto di Rene dell'Università di Bari, e di docente di numerosi insegnamenti di clinica e Patologia Urologia presso diverse Scuole di Specializzazione di Medicina e chirurgia sempre dell'Università di Bari. Una data importante, quella dell'estate '73 che segna l'inizio dei trapianti di rene in Puglia e nell'Italia meridionale, un inizio programmato meticolosamente e da tempo sotto la guida del prof. Marinaccio e con un'equipe di prestigio formata tra gli altri dai professori Ameno e Laurentaci. E dopo il primo da donatore vivente ne seguono subito degli altri anche da cadavere, via via sempre con maggiore successo, soprattutto grazie all'impiego a metà degli anni '80 di quel farmaco antirigetto efficace e con minori danni collaterali che è la ciclo s pori n a. Da allora l'attività dei trapianti al Policlinico di Bari, arrestatasi dall'85 al '92 per ragioni amministrative e inadeguatezza delle strutture - in coincidenza peraltro con un calo in tutta Italia dei trapianti in quel periodo per risultati poco soddisfacenti fino all'introduzione di questo farmaco -ha superato quota mille e sotto la direzione del prof. Selvaggi il centro Trapianti di Rene è risultato tra i primi in Italia e per numero di interventi e per l'eccellenza dei risultati di sopravvivenza dei pazienti e degli organi trapiantati. Ma l'attività del professore si caratterizzava nel frattempo anche per l'utilizzazione di nuove tecniche quali la laparoscopia e per l'interesse per l'andrologia con interventi chirurgici sui genitali per gli adeguamenti di genere. Di questa intensa attività e delle innovazioni apportate fanno fede oltre 450 pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali. Concluso da pochi mesi l'incarico di direttore della clinica Universitaria Urologia I presso il Policlinico di Bari, oggi nella stessa struttura ha un contratto di Ricerca e Didattica mentre la sua attività di chirurgo prosegue presso la clinica Anthea a Bari e casa Bianca a cassano Murge,oltre che di consulenza presso il centro Diagnostico - Bari MARISA DI BELLO Cordiale incontro del prof. Selvaggi con il celebre chirurgo di fama mondiale Christian Barnard con accanto il prof. Guido Regina. A destra, Selvaggi con il prof. Puigvert e consorte Apparato urogenitale trapianti e patologie Panoramica nell'ampia intervista all'illustre clinico sulle cure e sulle tecniche più aggiornate. Dialisi, ipertrofia prostatica, tumori, cambio di sesso. Inderogabili punti di riferimento per il rapporto tra professori e allievi e tra medico e paziente DI I prof. Francesco Paolo Selvaggi, esperto in tutti i settori dell'Urologia e della Chirurgia Urologica, abbiamo rivolto domande di interesse generale sui trapianti e sulle patologie più diffuse che riguardano l'apparato urogenitale. Il primo trapianto a Bari, primo in Puglia e al Sud è stato nel 1973 e subito ne sono seguiti degli altri. A Le tecniche e i farmaci non erano adeguati a fronteggiare complicazioni. Come si affrontavano questi interventi da pionieri? Si affrontavano con la stessa scientificità con cui li affrontiamo adesso. I protocolli sono cambiati e l'introduzione della ciclosporina, un farmaco antirigetto, ha permesso soprattutto di allargare le indicazioni al trapianto che negli anni '60-70 erano abbastanza limitate, anche a persone non in perfette condizioni di salute. Qual è il momento più delicato? Qualsiasi tipo di trapianto opera una forzatura nel momento in cui inserisce in un organismo un organo estraneo, una forzatura che va contro natura poiché l'organismo è abituato a riconoscere le proteine non sue. Quindi il chirurgo, che pure non desidera altro che togliere un rene malato per sostituirlo con uno sano e con ciò ripristinare in pieno la funzione, dovrà avere l'accortezza di scegliere un rene il più possibile compatibile e utilizzare farmaci che diminuiscano la possibilità di un rigetto. Un momento delicato MARISA DI BELLO è senz'altro il prelievo dell'organo da donatore sano che non consente errori perché la persona che dona fa un grande gesto, sta bene ed è giusto che continui a stare bene. C PRELIEVI DA DONATORI E DA CADAVERI E nel prelievo da cadavere cosa è importante? Tutta la fase di studio del cadavere non solo ai fini medico-legali per attestarne lo stato di morte ma anche per appurare la funzione degli organi da prelevare. Il trapianto di rene è un intervento di alta chirurgia perché interessa sia la parte vascolare, sia la ricostruzione della via urinaria. Il prof. Selvaggi con il ministro della Salute Sirchia, a sinistra, e il coordinatore prof. Schena Accanto, incontro alla Clinica Urologica dell'Università di Bari con, al centro, il prof. De Kernion dell'Università di Los Angeles in California [nelmese - 1112011 -J Si arriverà un giorno alla sostituzione di organi con pezzi artificiali? La strada in prospettiva sarà questa, ma al momento non c'è niente di concreto, tranne che per il cuore che in fondo è una pompa ed è quindi più semplice replicarne la funzione. Per organi più complessi bisognerà ancora aspettare. Naturalmente ci si augura di non dover arrivare al trapianto. Cosa si può fare per evitare questo rimedio estremo? Sono importanti lo studio, la prevenzione e la terapia delle malattie che determinano la perdita della funzione del rene. Il ministro Fitto mentre parla ad una riunione sui Trapianti e la Donazione di organi. Da sinistra, l'assessore regionale alla Sanità prof. Fiore, il prof. Selvaggi e il prof. Schena Quali? Ad esempio, la calcolosi e le infezioni ad essa associate che oggi, a differenza del passato, vengono curate abbastanza tempestivamente, evitando così la perdita della funzione del rene. Poi ci sono le nefriti, le glomerulonefriti e le glomerulonefrosi, e alcune malattie congenite come la sindrome di Alport, il rene policistico. Prelievo da cadavere. E difficile ottenere l'assenso dei familiari? Noi chirurghi che ci occupiamo di trapianti abbiamo cercato di promuovere delle campagne per educare alla donazione degli organi perché il momento in cui si deve chiedere ai familiari di una persona morta questo dono non li trovi psicologicamente e culturalmente impreparati. E in questo i mass media possono e devono svolgere una funzione importante per sup portare il nostro impegno nell'informare. SICUREZZA DELLA MORTE DEL DONATORE J Non va dimenticato che se la persona è cerebralmente morta, il cuore batte ancora. Questo contribuisce ad accrescere remore e resistenze? Le leggi italiane sono così severe circa la selezione del donatore cadavere che non lasciano spazio ad alcun dubbio. Il fatto poi che barba e unghie crescano, che il cuore batta ancora non significa molto perché la lesione cerebrale di quella zona del cervello non è in alcun modo recuperabile. La situazione è assolutamente irreversibile. Piuttosto, ad accrescere le resistenze è una cer ta sfiducia nel sistema sanitario nazionale per cui nei familiari resta sempre il dubbio che non sia stato fatto tutto per salvare il loro caro. Si parla troppo spesso di malasanità e questo rende più difficile chiedere un atto di donazione. Nei Paesi in cui questa fiducia c'è, le donazioni sono maggiori. E da noi in Puglia come vanno? Sono aumentate negli ultimi anni, ma siamo sempre il fanalino di coda in Italia. Diverso il discorso del trapianto da vivente. Senz'altro, e presenta tanti vantaggi [nelmese - 1112011 - 2 per la compatibilità certa ad esempio tra genitori e figli. Non è una compatibilità di laboratorio quindi i risultati sono migliori e inoltre ci consente di scegliere il momento più opportuno per il trapianto. Noi abbiamo fatto trapianti da mamma a bambino, prima ancora che il bimbo andasse in dialisi, evitandogli così un grosso trauma. Oggi si possono fare trapianti anche tra non consanguinei purché ci sia una valutazione seria e approfondita anche da un punto di vista psicologico. Poi ci sono i cosiddetti trapianti incrociati, con scambio di organi tra persone compatibili di familiari che necessitano di organi. Una cosa la legge italiana vieta drasticamente ed è il commercio di organi come è avvenuto per lungo tempo in India dove fino a qualche tempo fa la legge lo consentiva, con tutte le conseguenze del caso, trattandosi spesso di donatori non sani. Il dono deve essere assolutamente spontaneo, consapevole e gratuito. ( GLI "OBBLIGHI" PERIODICI DEL DIALIZZATO Parliamo di dialisi. Come è cambiata nel tempo? La dialisi ha fatto sicuramente passi da gigante e può garantire oltre venti anni di vita, ma naturalmente conserva quei limiti che obbligano il malato a recarsi in un centro di emodialisi ogni due, tre giorni e a stare attaccato ad una macchina per delle ore. Anche l'alternativa della dialisi peritoneale per cui il paziente deve introdurre ogni sera dei liquidi in addome non è meno limitante. La dialisi comunque rimane un mezzo efficace, anche se sviluppa delle patologie come anemia spiccata, problemi del metabolismo calcio-fosforo delle ossa e un più fragile sistema immunitario. Veniamo alle patologie che interessano l'apparato urogenitale di donne e uomini. Quali le più diffuse? Attualmente i tumori, la calcolosi che oggi impegna in piccola parte la chi rurgia, potendosi risolvere con la litotrissia, e la patologia del surrene dove spesso si scopre la presenza di masse, adenomi per lo più, che vanno studiate. Poi ci sono i disturbi dell'apparato urogenitale basso, l'ipertrofia prostatica benigna per gli uomini, soprattutto ad una certa età, e nelle donne la patologia delle vie urinarie basse. Si tratta di disturbi irritativi della vescica: l'incontinenza da urgenza legata all'iperattività della vescica che impedisce di trattenere un quantitativo di urine sufficiente ad avere una vita sociale buona, e l'incontinenza da sforzo spesso legata ad un numero elevato di gravidanze, a travagli lunghi e a un rilasciamento dei tessuti. Per quanto riguarda l'ipertrofia prostatica si accusa da più parti di ricorrere con troppa facilità alla prostatectomia, l'intervento chirurgico radicale. Lei cosa ne pensa? Innanzitutto dobbiamo precisare che la prostata nella persona anziana ha due patologie. Una è il carcinoma prostatico che non è detto si debba sempre operare specie nelle cosiddette forme indolenti, cioè a lentissima evoluzione, in persone oltre gli 80 anni. La chirurgia di questi tumori oggi si avvale in questi casi di tecniche molto sofisticate come la laparoscopia o addirittura la chirurgia robotica che però, secondo studi fatti, non presenta poi grandi vantaggi, mentre raddoppia tempi e costi dell'intervento. Ogni robot costa oltre un milione di euro e altri due-tremila euro sono necessari per ogni intervento per il costo degli strumenti in massima parte non più riutilizzabili. Oggi abbiamo perfezionato la tecnica chirurgica open, quella tradizionale, al punto che è rapida, completa, riesce a risparmiare quando è possibile i nervi dell'erezione e non dà quasi più incontinenza urinaria, in assenza di altre patologie. Lei quindi esprime un giudizio negativo sulla chirurgia robotica? Non esprimo alcun giudizio negativo. Probabilmente è il futuro. Ritengo, però, che debba essere riservata a pochi centri altamente specializzati perché possano continuare ad impiegarla e verificarne nel tempo risultati e vantaggi. Allo stato attuale non ci sono grandi vantaggi con la chirurgia /aparoscopica o robotica, anche se attua/mente sono per così dire di "tendenza per conoscere il piano perineale per poi riparare altre patologie e i traumi che, ad esempio, portano all'amputazione dei genitali. Le nuove tecniche che abbiamo adottato le abbiamo sviluppate con un rapporto di reciproca collaborazione con l'università di Londra, col prof. Prayor prima e adesso col prof. Ralph David. Chirurgia endoscopica e laparoscopia. Quando utilizzarle? L'endoscopia è una tecnica ormai consolidata che consente di intervenire per vie naturali con strumenti che attraverso il canale de/l'uretra permettono di entrare in vescica, nell'uretere • anche nel rene per rimuovere calcoli • neoplasie. La chirurgia laparoscopica, che ha avuto grande impiego anche nel nostro campo soprattutto per rimuovere adenomi dal surrene, si avvale di strumenti che agiscono attraverso dei piccoli fori. Anche ultimamente abbiamo portato via reni da donatore vivente per via laparoscopica, evitando grossi tagli. L'ALTERNATIVA PER L'IPERTROFIA PROSTATICAJ È possibile curare l'ipertrofia prostatica, evitando di ricorrere all'intervento? A differenza di quanto accade negli Stati Uniti, in Italia si tende ad evitare e ritardare per quanto è possibile l'intervento. La terapia medica attualmente in uso impedisce al paziente di bloccarsi e diminuisce il numero di persone da sottoporre ad intervento chirurgico; questo va fatto quando, secondo il parere dell'urologo, la terapia perde di efficacia. Che qualità di vita viene garantita a chi si sottopone ad intervento chirurgico alla prostata? Bisogna distinguere se vi si sottopone per carcinoma o per ipertrofia prostatica. In questo secondo caso la qualità di vita è eccellente anche sotto il profilo sessuale, se non intervengono complicanze durante l'intervento, cosa piuttosto rara. Nel primo caso si può recuperare solo un cinquanta per cento, perché la diffusione de/la malattia non sempre consente di salvare i nervi dell'erezione. Per il tumore della vescica l'intervento radicale cosa garantisce? Da vent'anni noi ricostruiamo, lì dove è possibile, una nuova vescica con tratti di intestino, che pur rispondendo ad altri stimoli, può essere gestita abbastanza bene dal paziente, evitandogli la scomoda e antiestetica borsa. I risultati sono più che soddisfacenti. Tra le infezioni dell'apparato urogenitale quali possono provocare la sterilità? Nella donna le infezioni a livello ovarico e de/le tube. Nell'uomo le infezioni ripetute a livello de/la prostata e del testicolo o meglio all'epididimo dove si raccolgono gli spermatozoi del liquido seminale. Tuttavia secondo me le infezioni dell'apparato urogenitale maschile che provocano in fertilità sono molto poche oggigiorno. L'infertilità è da addebitarsi ad altre cause. Questi rapporti lo hanno portato ad essere chiamato come Visiting Professor in molte Università Italiane e straniere? Il prof. Selvaggi e il presidente della Regione Puglia on. Nichi Vendo/a Lei ha effettuato interventi chirurgici sui genitali anche per adeguamenti di sesso in soggetti con disturbi dell'identità di genere. Trattandosi di interventi molto delicati e irreversibili, come si prepara il soggetto che vi si sottopone? Quali i problemi, fisici e psicologici da superare da parte del paziente? I problemi sono tanti. Si tratta di persone particolari per le quali il sesso fisico non corrisponde al sesso psichi co. Sono i cosiddetti transessuali la cui diagnosi viene fatta da psicologi, psicoanalisti, psichiatri. Da noi chirurghi, quindi, arrivano con questa diagnosi e con una sentenza del giudice che li autorizza al cambiamento di sesso, dopo almeno un anno di real life, in cui cioè hanno vestito i panni del sesso in cui si identificano e hanno fatto psicoterapia, proprio per accertare l'autenticità della loro scelta. E più complicato l'adeguamento da uomo a donna o da donna a uomo? Si tratta di problematiche diverse ma altrettanto complesse. Per il transessuale che vuole diventare donna l'intervento, delicato per molti aspetti, prevede la demolizione dei genitali maschili e l'utilizzo della pelle del pene per creare una vagina, operazione che presenta il rischio di necrosi dei tessu ti. Nel secondo caso si deve ricostruire il canale per l'urina nello pseudo pene e quasi sempre, data la richiesta della possibilità di erezione, l'inserimento di una protesi. Ultimamente questo tipo di trapianto è stato effettuato con pelle, grasso, vasi sanguigni prelevati dall'avambraccio e riportati nella zona del pube per creare il penoide. Data la lunghezza degli interventi se ne fanno pochi in un anno, anche perché si dà la precedenza ai tumori. Perché e quando ha iniziato questo tipo di chirurgia? A parte la richiesta che esisteva e che è tuttora tanta, ho iniziato perché all'epoca in cui ero negli Stati Uniti, uno dei miei Maestri, il prof. Goodwin faceva questo tipo di interventi, che tra l'altro sono molto utili all'urologo Si. Ricordo, tra le altre, con molto piacere le mie lezioni ad Helsinki con il prof. Rutu sul carcinoma renale e quella sulle lesioni ureterali alla Università di Londra. APPORTO PROFESSO RI-ALLI EVI IERI E OGGI Lei ricorda con molta nostalgia i tempi in cui faceva i primi passi in chirurgia sotto la guida del prof. Marinaccio verso cui conserva una forte venerazione. E cambiato il rapporto professori-allievi oggi? Un tempo c'erano valori diversi che oggi sono cambiati. Ritengo che nella mia carriera universitaria abbia avuto moltissimi allievi, che mi hanno dato più di quanto forse io abbia dato a loro. Li vedo sempre come parte di un'unica famiglia. Tra i miei allievi ci sono due professori universitari ordinari, il prof. Battaglia che è qui al Policlinico di Bari e il prof. Carrieri a Foggia, allievi primari ospedalieri come il prof. Tra ficante a Carbonara, il dott. De Ceglie a Cerignola e il dott. Di Sabato a Matera e tanti altri quali il prof. Di Tonno, il dott. C. Bettocchi, il dott. Ricapito, il dott. Martino, il dott. Di Lorenzo, il dott. Saracino, il dott. Palazzo, oltre a tanti giovani che sono la speranza del futuro. In un Congresso tenuto qualche mese fa a Bari me li sono ritrovati tutti insieme e veramente ho sentito intorno a me, oltre alla incondizionata stima, un amore filiale. Credo di aver dato loro quello che potevo, di aver insegnato non solo la chirurgia ma di aver trasmesso anche dei valori morali e umani. Oggi sono felice di saperli professionisti affermati e apprezzati. Ed il Rapporto Medico-Paziente? Sicuramente si è modificato negli anni tanto che ho sentito il bisogno di organizzare dei Seminari per la formazione mia e dei miei Collaboratori per mi gliorare i rapporti con i nostri pazienti. Per quattro volte l'anno negli ultimi dodici anni ci siamo incontrati guidati da un illustre Maestro psicoanalista, il prof. Andreas Giannakoulas, coadiuvato da mia moglie Santa, per presentare loro e discutere casi di pazienti che avevano presentato problemi non già da un punto di vista clinico ma da relazione medico-paziente. La riflessione sulla propria identità di medico è stata molto utile per tutti noi. [eImese - 1112011 - 25J La lunga e prestigiosa carriera del prof. Selvaggi Prof. FRANCESCO PAOLO SELVAGGI, è nato a Bitonto (Bari). Nel novembre del 1964, consegue la laurea in Medicina e Chirurgia con il massimo dei voti e la lode presso l'Università degli Studi di Bari e nell'a.a. 1971-72 si specializza in Urologia con 50/50 e lode. professore incaricato e, dal 1982 al 1984 quale professore associato. E' stato anche professore incaricato di Urologia per gli studenti del III anno del corso di Infermieristica dell'Istituto Professionale "Sacro Cuore" dell'Università degli Studi di Bari negli anni accademici 1978-79, 1979-80, 1980-81, 1981 -82, 1982-83 e 1983-84. Assistente incaricato presso l'Istituto di "Chimica Biologica", diretto dal Prof. M. Mitolo, dall'i-i al 31-10-1965, assistente volontario dall'1-12-1966, diventa incaricato presso l'Istituto di "Semeiotica Chirurgica", diretto dal Prof. M. Rubino, dall'1-9-1967 al 29-2-1968 e ordinario presso lo stesso Istituto, dall'1-3-1968 al 31-12-1969. Dal 1968 al 1972 perfeziona la sua formazione frequentando la Divisione di Urologia dell'Università della California a Los Angeles (UCLA) con i Proff.W.E. Goodwin e 3.3. Kaufman, l'Università Loma Linda (White Memorial Hospital) con il Prof. Barnes, e il Children Hospital con il Prof. Ethelbloc. Al suo rientro in Italia, con la qualifica di assistente ordinario, dall'1-1-1970 al 31-5-1973 è trasferito, presso l'Istituto di "Patotogia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica" diretto dal Prof. G. Marinaccio, e quindi dall'1-5-1973 al 22-12-1975, presso l'Istituto di "Clinica Chirurgica Generale e Terapia Chirurgica", diretto successivamente dal Prof. M. Rubino; aiuto ordinario dal 23-12-1975 al 17-11-1982. E abilitato alla libera docenza in "Patologia Chirurgica" con D.M. del 26-2-1972, confermato con D.M. del 25-6-1977. Professore incaricato di Nefrologia Chirurgica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Bari negli Anni accademici 1972-73, 1973-74 e 1974-75, diviene stabilizzato dall'1-11-1975 al 17-11-1982. Ha insegnato presso le Scuole di Specializzazione di Oncologia, Ostetricia e Ginecologia e Urologia dal 1975 al 1982 quale Vincitore di concorso viene chiamato dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Bari, a partire dal 20/03/1986, come Professore straordinario di Nefrologia Chirurgica. Il 22/03/1988 il Consiglio di Facoltà esprime il giudizio di piena soddisfazione con plauso per l'attività accademica del Prof. Selvaggi ed esprime parere unanime nel nominarlo Professore ordinario, congratulandosi per la sua attività di docenza. Dal 1988 è professore ordinario di Urologia, chiamato alla IO Cattedra di Urologia; dal Febbraio 2001 al 30 ottobre 2006 ha ricoperto l'incarico di Direttore del Dipartimento dell'Emergenza e dei Trapianti d'Organi. La produzione scientifica del Prof. Selvaggi conta più di 450 lavori pubblicati su riviste nazionali ed internazionali, oltre a comunicazioni e filmati presentati a congressi nazionali ed internazionali. E' altresì coautore di diversi libri in campo urologico. I suoi principali campi di interesse sono rappresentati dalla trapiantologia renale, dall'urologia oncologica, dalla patologia surrenalica, dall'andrologia, dalle lesioni dell'uretere, dall'urologia endoscopica e mini invasi va. È socio di numerose società scientifiche nazionali in alcune delle quali ha fatto parte del consiglio direttivo: è stato Presidente della S.I.E.U.N (Società Italiana di Ecografia Urologica, Nefrologica ed Andrologica ed attualmente Presidente della SALU (Società Appulo Lucana di Urologia e Vice-Presidente della MPAU (Marco Polo Association of Urology). E inoltre membro delle seguenti società internazionali: - American Society of Reproductive Medicine; - A.U.A. (American Urogical Association); - E.A.U. (European Urogical Association); - SIU (Societe' Internationale d'Urologie); - SIE (Società Internazionale di Endourologia). Il prof. Selvaggi è stato, fino all'ottobre 2010, responsabile della U.O. Urologia I Universitaria presso il Policlinico Consorziale di Bari nonché della Sezione di Urologia, Andrologia e Trapianto di Rene dell'Università degli Studi di Bari; docente dell'Insegnamento di "Malattia del Rene e delle Vie Urinarie" presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Bari; docente degli Insegnamenti di "Clinica Urologica" e "Patologia e Clinica Urologica Infantile" presso la Scuola di Specializzazione di Urologia dell'Università degli Studi di Bari, coordinatore della stessa Scuola di Specializzazione nonché docente presso diverse Scuole di Specializzazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Bari. A decorrere dal 28 gennaio 2011 e fino al 27.01.2013 il prof. Selvaggi, previo contratto stipulato con l'Università degli Studi di Bari- Aldo Moro, fornisce all'Università, a titolo gratuito, in forma autonoma e senza vincolo di subordinazione, la propria collaborazione per lo svolgimento dell'attività didattica nell'ambito degli insegnamenti inerenti il settore scientifico disciplinare MED/24 - Urologia, relativamente al carico didattico istituzionale precedentemente tenuto e di ricerca nell'ambito delle attività avviate. La sua attività di chirurgo si svolge presso la Casa di Cura Anthea a Bari e Casa Bianca a Cassano Murge in regime di convenzione. L'attività di visita e consulenza si svolge presso il Centro Diagnostico, Bari. 1 LLt't1?.tjtt, EGA1e1t Libri per Via Crisanzio 16, Bari Tel. 080.5212142 fax 080.5243613 [email protected] Università, Professioni Concorsi e Abilitazioni Libreria onIine [mese - 11/2011 - 261J monbook.itl'11 Editoria universitaria e professionale