MEDICINA]
Francesco Selvaggi,
11 percorso con i trapianti di rene
Le prime esperienze alla Scuola del prof. Marinaccio e all'estero. Incarichi sempre più prestigiosi fino alla direzione della Clinica Universitaria Urologia I presso il Policlinico di Bari
o incontrato il trapianto di rene
una notte di ottobre del 1968".
A parlare è il prof. Francesco Paolo
Selvaggi, professore universitario
e chirurgo urologo di fama, come
attesta il nutrito curriculum, e sembra che parli di un incontro d'amore.
In effetti proprio di amore si tratta,
per una professione che esercita ai
massimi livelli da oltre quarant'anni,
in cui i trapianti di rene sono parte
qualificante e caratterizzante la sua
attività. Una scelta, quella dei trapianti, che, giovane chirurgo formato alla
prestigiosa Scuola del prof. Giuseppe
Marinaccio, fa quasi d'istinto, allorché
il suo Maestro comincia a interessasi a questo particolare settore della
chirurgia.
Si era verso la fine degli anni Sessanta. Il primo trapianto era stato
eseguito nel '59 a Parigi dal gruppo
del prof. Kuss su un muratore di 19
anni che cadendo da un'impalcatura si
era fratturato l'unico rene che aveva.
Un trapianto dall'esito infausto. Il rene
sano donato dalla madre, per mancanza di mezzi ed esami approfonditi
viene rigettato dopo 20 giorni. E di
pochi anni dopo il primo trapianto tra
gemelli identici, eseguito con successo
dal prof. Murry a Boston su un paziente tuttora vivo perché, pur mancando
all'epoca i mezzi attuali, si basava su
una piena compatibilità col donatore.
In Italia più o meno negli stessi anni il
prof. Stefanini aveva già eseguito con
successo il primo trapianto di rene e
in America operavano professori come
Goodwin, Kaufman Barnes, Elmer Belt
in centri all'avanguardia. Il giovane
chirurgo Francesco Paolo, affascinato
dai discorsi di alcuni colleghi rientrati
dagli Stati Uniti dove avevano trascorso un periodo di tirocinio, decide
di recarsi per qualche mese all'Università di California dove poi invece si
fermerà quattro anni tra questa università e quella di Loma Linda, sotto
la guida di quei maestri. Un'esperienza che gli apre nuovi orizzonti anche
su altri studi connessi alla urologia,
l'endoscopia, l'andrologia e la chirurgia vascolare, la chirurgia del trapianto di rene. Ed è lì che avviene in
quella famosa notte del '68, l'incontro
con questo tipo di intervento, allorché il prof. Kaufman lo chiama in sala
[nelmese - 11/2011 - 221
I
Il prof. Francesco Paolo Selvaggi e, accanto, il giorno delle nozze,
5 dicembre 1996,
nel Santuario di Santa Fara con Santa Fizzarotti
operatoria. Ha inizio così una carriera
che poi proseguirà al Policlinico di
Bari, sempre sotto la guida del prof.
Marinaccio, come assistente ordinario
in clinica chirurgica e libero docente
in patologia speciale chirurgica. E
proprio il prof. Marinaccio, il primo
ottobre del '73 l'incarica del prelievo
di un rene, con l'aiuto del prof. Mario
Fersini, e lo chiama poi al suo tavolo
per procedere con lui al trapianto,
sotto la direzione dei professori anestesisti, De Blasi e Brienza.
Gli incarichi si fanno sempre più
prestigiosi, fino a ricoprire il ruolo
di responsabile di Urologia I Universitaria presso il Policlinico di Bari e
della sezione di Urologia, Andrologia
e Trapianto di Rene dell'Università
di Bari, e di docente di numerosi
insegnamenti di clinica e Patologia
Urologia presso diverse Scuole di
Specializzazione di Medicina e chirurgia sempre dell'Università di Bari. Una
data importante, quella dell'estate '73
che segna l'inizio dei trapianti di rene
in Puglia e nell'Italia meridionale, un
inizio programmato meticolosamente
e da tempo sotto la guida del prof.
Marinaccio e con un'equipe di prestigio formata tra gli altri dai professori
Ameno e Laurentaci.
E dopo il primo da donatore vivente
ne seguono subito degli altri anche da
cadavere, via via sempre con maggiore successo, soprattutto grazie
all'impiego a metà degli anni '80 di
quel farmaco antirigetto efficace e
con minori danni collaterali che è la
ciclo s pori n a.
Da allora l'attività dei trapianti al
Policlinico di Bari, arrestatasi dall'85
al '92 per ragioni amministrative e
inadeguatezza delle strutture - in
coincidenza peraltro con un calo in
tutta Italia dei trapianti in quel periodo per risultati poco soddisfacenti
fino all'introduzione di questo farmaco
-ha superato quota mille e sotto la
direzione del prof. Selvaggi il centro
Trapianti di Rene è risultato tra i primi
in Italia e per numero di interventi e
per l'eccellenza dei risultati di sopravvivenza dei pazienti e degli organi
trapiantati. Ma l'attività del professore
si caratterizzava nel frattempo anche
per l'utilizzazione di nuove tecniche
quali la laparoscopia e per l'interesse
per l'andrologia con interventi chirurgici sui genitali per gli adeguamenti
di genere. Di questa intensa attività
e delle innovazioni apportate fanno
fede oltre 450 pubblicazioni su riviste
scientifiche nazionali e internazionali.
Concluso da pochi mesi l'incarico di
direttore della clinica Universitaria
Urologia I presso il Policlinico di Bari,
oggi nella stessa struttura ha un contratto di Ricerca e Didattica mentre
la sua attività di chirurgo prosegue
presso la clinica Anthea a Bari e casa
Bianca a cassano Murge,oltre che di
consulenza presso il centro Diagnostico - Bari
MARISA DI BELLO
Cordiale incontro del prof. Selvaggi con il celebre chirurgo di fama mondiale Christian Barnard con accanto il
prof. Guido Regina. A destra, Selvaggi con il prof. Puigvert e consorte
Apparato urogenitale
trapianti e patologie
Panoramica nell'ampia intervista all'illustre clinico sulle cure e sulle tecniche più
aggiornate. Dialisi, ipertrofia prostatica, tumori, cambio di sesso. Inderogabili
punti di riferimento per il rapporto tra professori e allievi e tra medico e paziente
DI
I prof. Francesco Paolo Selvaggi,
esperto in tutti i settori dell'Urologia e della Chirurgia Urologica,
abbiamo rivolto domande di interesse
generale sui trapianti e sulle patologie
più diffuse che riguardano l'apparato
urogenitale.
Il primo trapianto a Bari, primo in Puglia e al Sud è stato nel 1973 e subito
ne sono seguiti degli altri.
A
Le tecniche e i farmaci non erano
adeguati a fronteggiare complicazioni. Come si affrontavano questi
interventi da pionieri?
Si affrontavano con la stessa scientificità con cui li affrontiamo adesso.
I protocolli sono cambiati e l'introduzione della ciclosporina, un farmaco
antirigetto, ha permesso soprattutto
di allargare le indicazioni al trapianto
che negli anni '60-70 erano abbastanza limitate, anche a persone non in
perfette condizioni di salute.
Qual è il momento più delicato?
Qualsiasi tipo di trapianto opera una
forzatura nel momento in cui inserisce
in un organismo un organo estraneo,
una forzatura che va contro natura
poiché l'organismo è abituato a riconoscere le proteine non sue. Quindi
il chirurgo, che pure non desidera
altro che togliere un rene malato per
sostituirlo con uno sano e con ciò
ripristinare in pieno la funzione, dovrà
avere l'accortezza di scegliere un rene
il più possibile compatibile e utilizzare
farmaci che diminuiscano la possibilità
di un rigetto. Un momento delicato
MARISA DI BELLO
è senz'altro il prelievo dell'organo
da donatore sano che non consente
errori perché la persona che dona fa
un grande gesto, sta bene ed è giusto
che continui a stare bene.
C
PRELIEVI DA DONATORI
E DA CADAVERI
E nel prelievo da cadavere cosa è
importante?
Tutta la fase di studio del cadavere non solo ai fini medico-legali per
attestarne lo stato di morte ma anche
per appurare la funzione degli organi
da prelevare. Il trapianto di rene è
un intervento di alta chirurgia perché
interessa sia la parte vascolare, sia la
ricostruzione della via urinaria.
Il prof. Selvaggi con il ministro
della Salute Sirchia, a sinistra, e
il coordinatore prof. Schena
Accanto, incontro alla Clinica
Urologica dell'Università di Bari
con, al centro, il prof. De Kernion
dell'Università di Los Angeles in
California
[nelmese - 1112011
-J
Si arriverà un giorno alla sostituzione di organi con pezzi artificiali?
La strada in prospettiva sarà questa,
ma al momento non c'è niente di
concreto, tranne che per il cuore che
in fondo è una pompa ed è quindi più
semplice replicarne la funzione. Per
organi più complessi bisognerà ancora
aspettare.
Naturalmente ci si augura di non
dover arrivare al trapianto. Cosa si
può fare per evitare questo rimedio estremo?
Sono importanti lo studio, la prevenzione e la terapia delle malattie che
determinano la perdita della funzione
del rene.
Il ministro Fitto mentre parla ad una riunione sui Trapianti e la Donazione di organi. Da sinistra, l'assessore regionale alla Sanità prof.
Fiore, il prof. Selvaggi e il prof. Schena
Quali?
Ad esempio, la calcolosi e le infezioni
ad essa associate che oggi, a differenza del passato, vengono curate abbastanza tempestivamente, evitando
così la perdita della funzione del rene.
Poi ci sono le nefriti, le glomerulonefriti e le glomerulonefrosi, e alcune
malattie congenite come la sindrome
di Alport, il rene policistico.
Prelievo da cadavere. E difficile ottenere l'assenso dei familiari?
Noi chirurghi che ci occupiamo di trapianti abbiamo cercato di promuovere
delle campagne per educare alla donazione degli organi perché il momento in cui si deve chiedere ai familiari di
una persona morta questo dono non
li trovi psicologicamente e culturalmente impreparati. E in questo i mass
media possono e devono svolgere una
funzione importante per sup portare il
nostro impegno nell'informare.
SICUREZZA DELLA MORTE
DEL DONATORE
J
Non va dimenticato che se la
persona è cerebralmente morta, il
cuore batte ancora. Questo contribuisce ad accrescere remore e
resistenze?
Le leggi italiane sono così severe circa
la selezione del donatore cadavere che
non lasciano spazio ad alcun dubbio. Il
fatto poi che barba e unghie crescano,
che il cuore batta ancora non significa
molto perché la lesione cerebrale di
quella zona del cervello non è in alcun
modo recuperabile. La situazione è
assolutamente irreversibile. Piuttosto,
ad accrescere le resistenze è una cer ta sfiducia nel sistema sanitario nazionale per cui nei familiari resta sempre
il dubbio che non sia stato fatto tutto
per salvare il loro caro. Si parla troppo
spesso di malasanità e questo rende
più difficile chiedere un atto di donazione. Nei Paesi in cui questa fiducia
c'è, le donazioni sono maggiori.
E da noi in Puglia come vanno?
Sono aumentate negli ultimi anni, ma
siamo sempre il fanalino di coda in
Italia.
Diverso il discorso del trapianto
da vivente.
Senz'altro, e presenta tanti vantaggi
[nelmese - 1112011 - 2
per la compatibilità certa ad esempio
tra genitori e figli. Non è una compatibilità di laboratorio quindi i risultati
sono migliori e inoltre ci consente di
scegliere il momento più opportuno
per il trapianto. Noi abbiamo fatto
trapianti da mamma a bambino, prima
ancora che il bimbo andasse in dialisi,
evitandogli così un grosso trauma.
Oggi si possono fare trapianti anche
tra non consanguinei purché ci sia una
valutazione seria e approfondita anche
da un punto di vista psicologico. Poi
ci sono i cosiddetti trapianti incrociati, con scambio di organi tra persone
compatibili di familiari che necessitano
di organi. Una cosa la legge italiana
vieta drasticamente ed è il commercio
di organi come è avvenuto per lungo
tempo in India dove fino a qualche
tempo fa la legge lo consentiva, con
tutte le conseguenze del caso, trattandosi spesso di donatori non sani.
Il dono deve essere assolutamente
spontaneo, consapevole e gratuito.
(
GLI "OBBLIGHI" PERIODICI
DEL DIALIZZATO
Parliamo di dialisi. Come è cambiata nel tempo?
La dialisi ha fatto sicuramente passi
da gigante e può garantire oltre venti
anni di vita, ma naturalmente conserva quei limiti che obbligano il malato a
recarsi in un centro di emodialisi ogni
due, tre giorni e a stare attaccato ad
una macchina per delle ore. Anche
l'alternativa della dialisi peritoneale
per cui il paziente deve introdurre ogni
sera dei liquidi in addome non è meno
limitante. La dialisi comunque rimane
un mezzo efficace, anche se sviluppa
delle patologie come anemia spiccata,
problemi del metabolismo calcio-fosforo delle ossa e un più fragile sistema
immunitario.
Veniamo alle patologie che interessano l'apparato urogenitale
di donne e uomini. Quali le più
diffuse?
Attualmente i tumori, la calcolosi che
oggi impegna in piccola parte la chi rurgia, potendosi risolvere con la litotrissia, e la patologia del surrene dove
spesso si scopre la presenza di masse,
adenomi per lo più, che vanno studiate. Poi ci sono i disturbi dell'apparato
urogenitale basso, l'ipertrofia prostatica benigna per gli uomini, soprattutto
ad una certa età, e nelle donne la
patologia delle vie urinarie basse. Si
tratta di disturbi irritativi della vescica: l'incontinenza da urgenza legata
all'iperattività della vescica che impedisce di trattenere un quantitativo di
urine sufficiente ad avere una vita sociale buona, e l'incontinenza da sforzo
spesso legata ad un numero elevato
di gravidanze, a travagli lunghi e a un
rilasciamento dei tessuti.
Per quanto riguarda l'ipertrofia
prostatica si accusa da più parti di ricorrere con troppa facilità
alla prostatectomia, l'intervento
chirurgico radicale. Lei cosa ne
pensa?
Innanzitutto dobbiamo precisare che
la prostata nella persona anziana ha
due patologie. Una è il carcinoma prostatico che non è detto si debba sempre operare specie nelle cosiddette
forme indolenti, cioè a lentissima evoluzione, in persone oltre gli 80 anni.
La chirurgia di questi tumori oggi si
avvale in questi casi di tecniche molto
sofisticate come la laparoscopia o addirittura la chirurgia robotica che però,
secondo studi fatti, non presenta poi
grandi vantaggi, mentre raddoppia
tempi e costi dell'intervento. Ogni
robot costa oltre un milione di euro e
altri due-tremila euro sono necessari
per ogni intervento per il costo degli
strumenti in massima parte non più
riutilizzabili. Oggi abbiamo perfezionato la tecnica chirurgica open, quella
tradizionale, al punto che è rapida,
completa, riesce a risparmiare quando
è possibile i nervi dell'erezione e non
dà quasi più incontinenza urinaria, in
assenza di altre patologie.
Lei quindi esprime un giudizio negativo sulla chirurgia robotica?
Non esprimo alcun giudizio negativo.
Probabilmente è il futuro. Ritengo,
però, che debba essere riservata a
pochi centri altamente specializzati
perché possano continuare ad impiegarla e verificarne nel tempo risultati
e vantaggi. Allo stato attuale non ci
sono grandi vantaggi con la chirurgia /aparoscopica o robotica, anche
se attua/mente sono per così dire di
"tendenza
per conoscere il piano perineale per
poi riparare altre patologie e i traumi
che, ad esempio, portano all'amputazione dei genitali. Le nuove tecniche
che abbiamo adottato le abbiamo
sviluppate con un rapporto di reciproca collaborazione con l'università
di Londra, col prof. Prayor prima e
adesso col prof. Ralph David.
Chirurgia endoscopica e laparoscopia. Quando utilizzarle?
L'endoscopia è una tecnica ormai
consolidata che consente di intervenire per vie naturali con strumenti che
attraverso il canale de/l'uretra permettono di entrare in vescica, nell'uretere
• anche nel rene per rimuovere calcoli
• neoplasie. La chirurgia laparoscopica, che ha avuto grande impiego
anche nel nostro campo soprattutto
per rimuovere adenomi dal surrene,
si avvale di strumenti che agiscono
attraverso dei piccoli fori. Anche ultimamente abbiamo portato via reni da
donatore vivente per via laparoscopica, evitando grossi tagli.
L'ALTERNATIVA PER
L'IPERTROFIA PROSTATICAJ
È possibile curare l'ipertrofia
prostatica, evitando di ricorrere
all'intervento?
A differenza di quanto accade negli
Stati Uniti, in Italia si tende ad evitare
e ritardare per quanto è possibile
l'intervento. La terapia medica attualmente in uso impedisce al paziente
di bloccarsi e diminuisce il numero di
persone da sottoporre ad intervento
chirurgico; questo va fatto quando,
secondo il parere dell'urologo, la terapia perde di efficacia.
Che qualità di vita viene garantita
a chi si sottopone ad intervento
chirurgico alla prostata?
Bisogna distinguere se vi si sottopone
per carcinoma o per ipertrofia prostatica. In questo secondo caso la qualità
di vita è eccellente anche sotto il
profilo sessuale, se non intervengono
complicanze durante l'intervento, cosa
piuttosto rara. Nel primo caso si può
recuperare solo un cinquanta per cento, perché la diffusione de/la malattia
non sempre consente di salvare i nervi
dell'erezione.
Per il tumore della vescica l'intervento radicale cosa garantisce?
Da vent'anni noi ricostruiamo, lì dove
è possibile, una nuova vescica con
tratti di intestino, che pur rispondendo ad altri stimoli, può essere gestita
abbastanza bene dal paziente, evitandogli la scomoda e antiestetica borsa.
I risultati sono più che soddisfacenti.
Tra le infezioni dell'apparato urogenitale quali possono provocare
la sterilità?
Nella donna le infezioni a livello ovarico e de/le tube. Nell'uomo le infezioni
ripetute a livello de/la prostata e del
testicolo o meglio all'epididimo dove si
raccolgono gli spermatozoi del liquido seminale. Tuttavia secondo me le
infezioni dell'apparato urogenitale maschile che provocano in fertilità sono
molto poche oggigiorno. L'infertilità è
da addebitarsi ad altre cause.
Questi rapporti lo hanno portato
ad essere chiamato come Visiting
Professor in molte Università Italiane e straniere?
Il prof. Selvaggi e il presidente della Regione Puglia on. Nichi Vendo/a
Lei ha effettuato interventi chirurgici sui genitali anche per
adeguamenti di sesso in soggetti
con disturbi dell'identità di genere. Trattandosi di interventi
molto delicati e irreversibili, come
si prepara il soggetto che vi si
sottopone? Quali i problemi, fisici
e psicologici da superare da parte
del paziente?
I problemi sono tanti. Si tratta di
persone particolari per le quali il sesso
fisico non corrisponde al sesso psichi co. Sono i cosiddetti transessuali la
cui diagnosi viene fatta da psicologi,
psicoanalisti, psichiatri. Da noi chirurghi, quindi, arrivano con questa
diagnosi e con una sentenza del giudice che li autorizza al cambiamento
di sesso, dopo almeno un anno di real
life, in cui cioè hanno vestito i panni
del sesso in cui si identificano e hanno
fatto psicoterapia, proprio per accertare l'autenticità della loro scelta.
E più complicato l'adeguamento
da uomo a donna o da donna a
uomo?
Si tratta di problematiche diverse ma
altrettanto complesse. Per il transessuale che vuole diventare donna
l'intervento, delicato per molti aspetti,
prevede la demolizione dei genitali
maschili e l'utilizzo della pelle del pene
per creare una vagina, operazione che
presenta il rischio di necrosi dei tessu ti. Nel secondo caso si deve ricostruire
il canale per l'urina nello pseudo pene
e quasi sempre, data la richiesta della
possibilità di erezione, l'inserimento
di una protesi. Ultimamente questo
tipo di trapianto è stato effettuato con
pelle, grasso, vasi sanguigni prelevati
dall'avambraccio e riportati nella zona
del pube per creare il penoide. Data la
lunghezza degli interventi se ne fanno
pochi in un anno, anche perché si dà
la precedenza ai tumori.
Perché e quando ha iniziato questo tipo di chirurgia?
A parte la richiesta che esisteva e che
è tuttora tanta, ho iniziato perché
all'epoca in cui ero negli Stati Uniti,
uno dei miei Maestri, il prof. Goodwin
faceva questo tipo di interventi, che
tra l'altro sono molto utili all'urologo
Si. Ricordo, tra le altre, con molto
piacere le mie lezioni ad Helsinki con
il prof. Rutu sul carcinoma renale e
quella sulle lesioni ureterali alla Università di Londra.
APPORTO PROFESSO RI-ALLI EVI
IERI E OGGI
Lei ricorda con molta nostalgia i
tempi in cui faceva i primi passi in
chirurgia sotto la guida del prof.
Marinaccio verso cui conserva una
forte venerazione. E cambiato il
rapporto professori-allievi oggi?
Un tempo c'erano valori diversi che
oggi sono cambiati. Ritengo che nella
mia carriera universitaria abbia avuto
moltissimi allievi, che mi hanno dato
più di quanto forse io abbia dato a
loro. Li vedo sempre come parte di
un'unica famiglia. Tra i miei allievi
ci sono due professori universitari
ordinari, il prof. Battaglia che è qui
al Policlinico di Bari e il prof. Carrieri
a Foggia, allievi primari ospedalieri
come il prof. Tra ficante a Carbonara,
il dott. De Ceglie a Cerignola e il dott.
Di Sabato a Matera e tanti altri quali il
prof. Di Tonno, il dott. C. Bettocchi, il
dott. Ricapito, il dott. Martino, il dott.
Di Lorenzo, il dott. Saracino, il dott.
Palazzo, oltre a tanti giovani che sono
la speranza del futuro. In un Congresso tenuto qualche mese fa a Bari me li
sono ritrovati tutti insieme e veramente ho sentito intorno a me, oltre alla
incondizionata stima, un amore filiale.
Credo di aver dato loro quello che
potevo, di aver insegnato non solo la
chirurgia ma di aver trasmesso anche
dei valori morali e umani. Oggi sono
felice di saperli professionisti affermati
e apprezzati.
Ed il Rapporto Medico-Paziente?
Sicuramente si è modificato negli anni
tanto che ho sentito il bisogno di organizzare dei Seminari per la formazione
mia e dei miei Collaboratori per mi gliorare i rapporti con i nostri pazienti.
Per quattro volte l'anno negli ultimi
dodici anni ci siamo incontrati guidati
da un illustre Maestro psicoanalista, il
prof. Andreas Giannakoulas, coadiuvato da mia moglie Santa, per presentare loro e discutere casi di pazienti che
avevano presentato problemi non già
da un punto di vista clinico ma da relazione medico-paziente. La riflessione
sulla propria identità di medico è stata
molto utile per tutti noi.
[eImese - 1112011 - 25J
La lunga e prestigiosa carriera del prof. Selvaggi
Prof. FRANCESCO PAOLO SELVAGGI,
è nato a Bitonto (Bari). Nel novembre
del 1964, consegue la laurea in Medicina e
Chirurgia con il massimo dei voti e la lode
presso l'Università degli Studi di Bari e
nell'a.a. 1971-72 si specializza in Urologia
con 50/50 e lode.
professore incaricato e, dal 1982 al 1984
quale professore associato. E' stato anche
professore incaricato di Urologia per gli studenti del III anno del corso di Infermieristica dell'Istituto Professionale "Sacro Cuore"
dell'Università degli Studi di Bari negli anni
accademici 1978-79, 1979-80, 1980-81,
1981 -82, 1982-83 e 1983-84.
Assistente incaricato presso l'Istituto di
"Chimica Biologica", diretto dal Prof. M.
Mitolo, dall'i-i al 31-10-1965, assistente
volontario dall'1-12-1966, diventa incaricato presso l'Istituto di "Semeiotica Chirurgica", diretto dal Prof. M. Rubino,
dall'1-9-1967 al 29-2-1968 e ordinario
presso lo stesso Istituto, dall'1-3-1968 al
31-12-1969.
Dal 1968 al 1972 perfeziona la sua formazione frequentando la Divisione di Urologia
dell'Università della California a
Los Angeles (UCLA) con i Proff.W.E. Goodwin e 3.3. Kaufman, l'Università Loma
Linda (White Memorial Hospital) con il
Prof. Barnes, e il Children Hospital con il
Prof. Ethelbloc.
Al suo rientro in Italia, con la qualifica
di assistente ordinario, dall'1-1-1970
al 31-5-1973 è trasferito, presso l'Istituto
di "Patotogia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica" diretto dal Prof. G. Marinaccio, e quindi dall'1-5-1973 al 22-12-1975,
presso l'Istituto di "Clinica Chirurgica
Generale e Terapia Chirurgica",
diretto successivamente dal Prof. M.
Rubino; aiuto ordinario dal 23-12-1975 al
17-11-1982.
E abilitato alla libera docenza in "Patologia Chirurgica" con D.M. del 26-2-1972,
confermato con D.M. del 25-6-1977. Professore incaricato di Nefrologia Chirurgica
presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell'Università di Bari negli Anni accademici
1972-73, 1973-74 e 1974-75, diviene stabilizzato dall'1-11-1975 al 17-11-1982.
Ha insegnato presso le Scuole di Specializzazione di Oncologia, Ostetricia e Ginecologia e Urologia dal 1975 al 1982 quale
Vincitore di concorso viene chiamato dalla
Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Bari, a partire dal
20/03/1986, come Professore straordinario
di Nefrologia Chirurgica. Il 22/03/1988 il
Consiglio di Facoltà esprime il giudizio di
piena soddisfazione con plauso per l'attività
accademica del Prof. Selvaggi ed esprime
parere unanime nel nominarlo Professore
ordinario, congratulandosi per la sua attività di docenza.
Dal 1988 è professore ordinario di Urologia,
chiamato alla IO Cattedra di Urologia; dal
Febbraio 2001 al 30 ottobre 2006 ha ricoperto l'incarico di Direttore del Dipartimento dell'Emergenza e dei Trapianti d'Organi.
La produzione scientifica del Prof. Selvaggi
conta più di 450 lavori pubblicati su riviste
nazionali ed internazionali, oltre a comunicazioni e filmati presentati a congressi nazionali ed internazionali. E' altresì coautore
di diversi libri in campo
urologico.
I suoi principali campi di interesse sono
rappresentati dalla trapiantologia renale,
dall'urologia oncologica, dalla patologia
surrenalica, dall'andrologia, dalle lesioni
dell'uretere, dall'urologia endoscopica e
mini invasi va.
È socio di numerose società scientifiche
nazionali in alcune delle quali ha fatto
parte del consiglio direttivo: è stato Presidente della S.I.E.U.N (Società Italiana di
Ecografia Urologica, Nefrologica ed Andrologica ed attualmente Presidente
della SALU (Società Appulo Lucana di Urologia e Vice-Presidente della MPAU
(Marco Polo Association of Urology).
E inoltre membro delle seguenti società
internazionali:
- American Society of Reproductive Medicine;
- A.U.A. (American Urogical Association);
- E.A.U. (European Urogical Association);
- SIU (Societe' Internationale d'Urologie);
- SIE (Società Internazionale di Endourologia).
Il prof. Selvaggi è stato, fino all'ottobre
2010, responsabile della U.O. Urologia I
Universitaria presso il Policlinico Consorziale
di Bari nonché della Sezione di Urologia,
Andrologia e Trapianto di Rene
dell'Università degli Studi di Bari; docente
dell'Insegnamento di "Malattia del Rene
e delle Vie Urinarie" presso la Facoltà di
Medicina e Chirurgia dell'Università degli
Studi di Bari; docente degli Insegnamenti
di "Clinica Urologica" e "Patologia e Clinica
Urologica Infantile" presso la Scuola
di Specializzazione di Urologia dell'Università degli Studi di Bari, coordinatore
della stessa Scuola di Specializzazione
nonché docente presso diverse Scuole di
Specializzazione della Facoltà di Medicina
e Chirurgia dell'Università degli Studi di
Bari. A decorrere dal 28 gennaio 2011 e
fino al 27.01.2013 il prof. Selvaggi, previo
contratto stipulato con l'Università degli
Studi di Bari- Aldo Moro, fornisce all'Università, a titolo gratuito, in forma autonoma e
senza vincolo di subordinazione, la propria
collaborazione per lo svolgimento dell'attività didattica nell'ambito degli insegnamenti inerenti il settore scientifico disciplinare
MED/24 - Urologia, relativamente al carico
didattico istituzionale precedentemente
tenuto e di ricerca nell'ambito delle attività
avviate.
La sua attività di chirurgo si svolge presso
la Casa di Cura Anthea a Bari e Casa Bianca a Cassano Murge in regime di convenzione.
L'attività di visita e consulenza si svolge
presso il Centro Diagnostico, Bari.
1 LLt't1?.tjtt, EGA1e1t
Libri per
Via Crisanzio 16, Bari
Tel. 080.5212142
fax 080.5243613
[email protected]
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