Dispositivi ottici - Home page dedicata alla stupenda e meravigliosa

LE ONDE ELETTROMAGNETICHE
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I MODELLI DELL’ATOMO
2
Livelli e bande di energia
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I SEMICONDUTTORI
7
Semiconduttori intrinseci
7
Le lacune
8
Drogaggio dei semiconduttori
Drogaggio di tipo n
Drogaggio di tipo p
10
10
11
LA GIUNZIONE PN
11
DIODO LED
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IL DIODO LASER
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IL FOTODIODO
17
LE LEGGI DI PROPAGAZIONE NELLE FIBRE OTTICHE
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Fibre ottiche monomodali
27
Le fibre multimodali
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La dispersione
Dispersione di guida d’onda
Dispersione del materiale
Banda passante
Attenuazione
31
32
32
33
34
Le onde elettromagnetiche
La lue è un fenomeno vibratorio, cioè un fenomeno che si riproduce identico a se stesso dopo un
tempo T sempre uguale, detto periodo. L’inverso del periodo, la frequenza
ν=
1
T
rappresenta il numero di vibrazioni per unità di tempo. Se la vibrazione si propaga nello spazio si ha la
formazione di onde analoghe alle onde che si formano in uno specchio d’acqua che si succedono ad
intervalli regolari nello spazio.
L’intervallo spaziale fra due creste dell’onda prende il nome di lunghezza d’onda λ. Esso si può
calcolare come lo spazio percorso dall’onda in un periodo T. Quindi se c è la velocità di propagazione
della luce si ha
λ = cT =
c
ν
E’ utile anche considerare l’inverso della lunghezza d’onda che prende il nome di numero d’onda e
rappresenta il numero di lunghezze d’onda in un’unità di misura
σ=
1
λ
=
ν
c
La luce visibile, le onde radio, i raggi x, i raggi gamma sono tutti esempi di onde elettromagnetiche. Ciò
che li distingue è soltanto la lunghezza d’onda
1
I modelli dell’atomo
Un modello molto semplice dell’atomo è il modello planetario: l’atomo era costituito in
gran parte da spazio vuoto, con la maggior parte della massa concentrata in un nucleo e
gli elettroni che orbitavano intorno al nucleo come pianeti intorno al sole.
Il legame fra elettroni e nuclei era determinato dall’equilibrio fra forze meccaniche agenti
sull’elettrone
Secondo questa modellizzazione meccanica si riteneva che un elettrone potesse possedere
un’energia che potesse variare con continuità, assumere cioè qualunque valore reale
possibile. All’aumentare dell’energia posseduta l’elettrone percorreva orbite con raggio
sempre più grande fino a potersi allontanare dall’atomo
2
Questo modello non era però in grado di spiegare alcuni risultati sperimentali ma la vera
rivoluzione fu data dal principio di indeterminazione di Heisenberg
Egli dimostrò in sostanza che non è possibile determinare contemporaneamente posizione
e velocità di un elettrone nello spazio. Da ciò deriva che parlare di orbite percorse
dall’elettrone è un non senso., perché il concetto di orbita presuppone la capacità di
determinare con precisione il moto di un corpo. Andava introdotto, allora, un nuovo
modello di interpretazione degli atomi, in cui si rinunciava a determinare con precisione
assoluta il moto degli elettroni e ci si accontentava di darne una descrizione probabilistica:
invece di determinarne la traiettoria ci si accontentava di determinare zone dello spazio
intorno al nucleo in cui l’elettrone potrebbe trovarsi con sufficiente probabilità, gli orbitali.
Si hanno diversi tipi di orbitali
3
4
Gli elettroni di un atomo occupano i vari orbitali a partire da quelli con minore energia
In base ad un principio detto del Pauli un orbitale può ospitare al massimo due elettroni.
Se un orbitale è occupato da un solo elettrone quest’ultimo viene detto elettrone di valenza
e può essere utilizzato per formare legami chimici con altri atomi. Infatti due atomi che
hanno un orbitale semivuoto ciascuno possono unire tali orbitali a formare un unico
orbitale pieno condiviso fra i due atomi. Da questo momento in poi i due atomi sono
tenuti insieme da questo orbitale: si parla di legame chimico covalente.
Livelli e bande di energia
Quello che ci interessa ora ribadire è la natura quantizzata dell’energia posseduta da un
elettrone
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Ad un elettrone sono dunque permessi soltanto certi livelli di energia, ad esempio 10,19
elettronvolt oppure 12,047 elettronvolt ma non, per esempio, 10,21 oppure 11,4589
elettronvolt. Dunque la sua energia non può assumere tutti i valori immaginabili.
Questa situazione è vera, però, soltanto se l’atomo è isolato, molto distante dagli altri
atomi. Se l’atomo è inserito in un reticolo cristallino, le interazioni elettriche fra gli
elettroni di un atomo e quelli dell’atomo successivo complicano le cose e fanno
moltiplicare i livelli energetici possibili. : si creano bande di valori di energia che un
elettrone non può possedere. In definitiva, per atomi inseriti in un reticolo cristallino, la
situazione è la seguente
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Abbiamo tre possibili bande di energia:
-
la banda di valenza, è un insieme di valori di energia che possiede un elettrone
vincolato all’atomo,
-
la banda proibita o gap costituita da un insieme di valori di energia che un elettrone
non può possedere
-
la banda di conduzione. Un elettrone che acquista una tale energia abbandona
l’atomo e diventa libero.
I semiconduttori
Semiconduttori intrinseci
I semiconduttori naturali usati per la produzione di dispositivi elettronici sono stati per
molti anni il silicio e il germanio. Il germanio è andato, con il passar del tempo, in disuso a
causa delle migliori prestazioni del silicio. Ora si stanno diffondendo semiconduttori
costituiti non da elementi naturali ma da leghe come l’arseniurio di gallio.
Il silicio e il germanio appartengono al gruppo del carbonio e sono tetravalenti, sono
quindi in grado di formare quattro legami covalenti
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In un reticolo cristallino ogni atomo di silicio è dunque legato ad altri quattro atomi.
Senza perdere in efficacia precisione possiamo immaginarci un modello del reticolo
bidimensionale
Le lacune
Immaginiamo che un elettrone di valenza, coinvolto in un legame fra due atomi di silicio,
acquisisca l’energia sufficiente per effettuare il salto dalla banda di valenza alla banda di
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conduzione. L’elettrone andrà ad arricchire la popolazione di elettroni
liberi mentre
l’orbitale da cui proveniva presenterà un vuoto. Tale vuoto è quello che noi chiamiamo
lacuna.
Ora accade che l’energia necessaria perché un elettrone vincolato in un legame vicino balzi
nel legame semivuoto andando così ad occupare la lacuna, è molto bassa. Quindi
l’effettuazione di questo salto avverrà con elevata probabilità. Se si riflette un attimo si
nota come l’evento possa essere descritto dicendo che sia stata la lacuna a spostarsi in
direzione opposta a quella del moto dell’elettrone.
Modelli raffinati di fisica hanno dimostrato che effettivamente si può descrivere
efficacemente la fisica dei semiconduttori immaginando di avere a che fare con cariche
positive libere di muoversi all’interno del reticolo cristallino.
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Drogaggio dei semiconduttori
I semiconduttori offrono una resistività troppo elevata per poter essere utilizzati come
base dei dispositivi elettronici. Pur avendo un numero di cariche libere superiore a quello
degli isolanti , questo non è ancora sufficiente.
Per aumentare il numero di portatori di carica liberi e diminuire quindi la resistività si
utilizza un procedimento, detto drogaggio, consistente nell’inserire, all’interno del reticolo
cristallino del semiconduttore, elementi chimici diversi. Esistono due forme di drogaggio:
tipo n e tipo p.
Drogaggio di tipo n
Con questo tipo di drogaggio ci si pone l’obiettivo di aumentare il numero di elettroni
liberi. Si realizza inserendo nel reticolo cristallino del semiconduttore materiale drogante
pentavalente (cinque elettroni di valenza) come il fosforo.
IL fosforo è in grado di formare cinque legami differenti, ma a causa della struttura del
reticolo cristallino, esso risulta circondato da soli quattro atomi di silicio. Poiché il quinto
legame non si può formare, l’elettrone superfluo, non essendo coinvolto in un orbitale di
legame, abbisogna di una piccola quantità di energia per diventare libero. In pratica, per
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ogni atomo di fosforo che introduciamo nel reticolo del semiconduttore si introduce un
elettrone libero.
Drogaggio di tipo p
Con questo tipo di drogaggio aumentiamo il numero di lacune. Si introducono nel reticolo
atomi di materiale trivalente come il Boro.
Poiché il boro può realizzare tre legami soltanto, pur essendo circondato da quattro atomi
di silicio, si realizza automaticamente una lacuna.
La giunzione pn
Una giunzione pn, che costituisce la base di un componente elettronico chiamato diodo, è
una barretta di silicio suddivisa in due zone drogate rispettivamente di tipo p e n.
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La zona di tipo è stata realizzata introducendo nel reticolo cristallino del silicio atomi
trivalenti.
Ora
sappiamo che la lacuna, che si crea in uno degli orbitali di legame che legano l’atomo
trivalente al reticolo, può essere occupata da un elettrone proveniente da un orbitale
vicino. Ciò significa che l’atomo trivalente acquista un elettrone. Allora esso si trasforma in
uno ione negativo poiché ha acquistato un elettrone. Per questo motivo le impurità
droganti di tipo p vengono dette anche atomi accettori. Abbiamo dunque tante cariche
negative, che non sono libere di muoversi perché vincolate al reticolo cristallino. Sono
presenti, inoltre, cariche positive (lacune) liberi di muoversi nel reticolo. Nella zona p sono
presenti pure alcuni elettroni liberi che si formano naturalmente quando un elettrone
abbandona un atomo di silicio. Poiché il numero di lacune è di gran lunga superiore a
quello degli elettroni si dice che le lacune sono i portatori maggioritari e gli elettroni sono i
portatori minoritari.
Nella zona n abbiamo che gli atomi droganti, avendo perso un elettrone, sono diventati
ioni positivi, (vengo chiamati anche atomi donatori perché donano un elettrone) circondati
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da elettroni liberi che sono i portatori maggioritari. Vi sono poche lacune che si formano
naturalmente nel silicio e costituiscono i portatori minoritari.
Supponiamo ora di che le due zone n e p fossero separate e di unirle all’improvviso in
qualche modo. Si instaura ora un fenomeno detto corrente di diffusione che spinge le
lacune a migrare dalla zona p alla zona n e gli elettroni a migrare dalla zona n alla zona p.
Questo movimento di cariche si ha soltanto perché esse non sono distribuite in maniera
omogenea nella barretta.
Poiché elettroni e lacune viaggiano in direzioni opposte essi sono destinati a incontrarsi in
prossimità del confine fra le due zone. A cavallo della giunzione si ha allora una forte
ricombinazione dovuta all’incontro di elettroni e lacune. Questa ricombinazione provoca
la creazione di una zona, a cavallo della giunzione in cui sono scomparsi sia gli elettroni
che le lacune.
In questa zona sono rimasti però gli ioni la cui carica non è più bilanciata dalla presenza di
elettroni e lacune. Ciò comporta la creazione di un campo elettrico le cui linee di forza
vanno dagli ioni positivi (zona n) agli ioni negativi (zona p). questo campo elettrico si
oppone all’ulteriore passaggio di elettroni dalla zona n alla zona p e di lacune dalla zona p
alla zona n. si dice che si è creata una barriera di potenziale elettrico che fa cessare la
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corrente di diffusione. Per consentire nuovamente il passaggio di corrente occorre inserire
un campo elettrico dall’esterno in grado di contrastare quello che si è formato nella zona di
svuotamento. Per fra ciò dobbiamo collegare la giunzione ad un generatore di tensione
tale da avere il polo positivo collegato alla zona p e il polo negativo collegato alla zona n (il
campo elettrico va dal polo positivo al polo negativo)
Collegando una batteria nel verso opposto si crea un campo elettrico che va addirittura a
rinforzare la barriera di potenziale.
A differenza di un resistore dunque, in una giunzione pn la corrente non circola
qualunque sia la tensione applicata ma è determinante il verso di essa.
Come avevamo accennato, la giunzione pn costituisce la base dei diodi. Un diodo è un
componente che presenta due morsetti detti anodo e catodo. Come si può vedere dalla
figura l’anodo coincide con la zona p, mentre il catodo coincide con la zona n.
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Diodo LED
Quando un elettrone libero subisce una ricombinazione cadendo in una lacuna e legandosi
di nuovo all’atomo, passa da uno stato ad energia superiore ad uno stato ad energia
inferiore. Ciò significa che, in qualche modo debba restituire all’ambiente l’energia in più
che possedeva. La cessione di energia avviene attraverso l’emissione di onde
elettromagnetiche. Il led è strutturalmente del tutto identico ad un diodo normale: la
differenza consiste nel fatto che esso è realizzato con materiali semiconduttori particolari
nei quali le onde elettromagnetiche emesse hanno una lunghezza d’onda compresa nella
banda del visibile.
LED
Lunghezza d'onda
λ [nm]
Infrarosso 898
Rosso
665
Giallo
575
materiale
Simbolo
chimico
Arseniuro
Ga As
di gallio
Arseniuro
fosfuro di Ga As P
gallio
Fosfuro GA P
15
Verde
565
Blu
475
di gallio
Fosfuro
di gallio
Carburo
di silicio
GA P
Si C
IL diodo laser
Un diodo laser è composto da materiale semiconduttore drogato presente su uno strato
molto sottile sulla superficie di un wafer di cristallo. Il cristallo viene drogato per produrre
una regione di semiconduttore di tipo n e una regione di semiconduttore di tipo p, una
sopra l'altra, per ottenere una giunzione p-n, cioè un diodo.
Come in altri tipi di diodi, quando la struttura viene polarizzata direttamente, le lacune
provenienti dalla regione p vengono iniettate nella regione n e gli elettroni dalla regione n
sono iniettati nella regione p. Quando un elettrone e una lacuna sono presenti nella stessa
regione, possono ricombinarsi per emissione spontanea, cioè l'elettrone può rioccupare lo
stato energetico della lacuna, emettendo un fotone con un'energia uguale alla differenza
tra l’energia posseduta come elettrone libero e l’energia posseduta come elettrone
vincolato in un orbitale. Questi elettroni e lacune iniettati rappresentano la corrente di
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iniezione del diodo, e l'emissione spontanea da' al diodo laser sotto la soglia laser
In condizioni appropriate, l'elettrone e la lacuna possono coesistere nella stessa area per un
po' di tempo (nell'ordine dei microsecondi) prima che si ricombinino. Poi un fotone vicino
con energia uguale all'energia di ricombinazione può provocarla per emissione stimolata.
Ciò genera un altro fotone della stessa frequenza, che viaggia nella stessa direzione, con la
stessa polarizzazione e fase del primo fotone. Ciò significa che l'emissione stimolata causa
un guadagno in una onda ottica, ed il guadagno aumenta con l'aumentare del numero di
elettroni e lacune iniettati attraverso la giunzione. Nella forma più semplice di un diodo
laser, si realizza sulla superficie del cristallo una guida ottica, strutturata in modo tale da
confinare la luce in una linea relativamente stretta. I due capi del cristallo vengono incisi
per ottenere le superfici piane e perfettamente parallele. I fotoni emessi in un certo modo
di propagazione della guida d'onda viaggeranno lungo la guida d'onda e saranno riflessi
molte volte dalla faccia di ciascuna estremità prima di essere emessi. Quando un'onda
luminosa passa attraverso al cavità è amplificata per emissione stimolata, ma parte della
luce è anche persa per assorbimento e riflessione incompleta sulla faccia. Alla fine, se
l'amplificazione supera le perdite, il diodo comincia ad emettere luce laser.
Il fotodiodo
Un fotodiodo è sostanzialmente un diodo particolare caratterizzato da una giunzione p-n
drogata asimmetricamente. La zona p è molto più drogata rispetto alla zona n. La zona p,
disposta molto vicino alla struttura esterna del fotodiodo è a sua volta rivestita da uno
strato antiriflesso e corredata da due elettrodi. Sopra lo strato antiriflesso è in genere
inserita una lente il cui scopo è quello di rendere perpendicolari i raggi luminosi incidenti
sulla superficie.
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Il fotodiodo, se polarizzato direttamente si comporta come un comune diodo. La corrente
che esso è in grado di condurre segue, in prima approssimazione, la legge esponenziale
del diodo. Non essendo tuttavia progettato per la polarizzazione diretta, esso non avrà
una capacità di corrente tale da suggerirne un simile utilizzo, in quanto il
surriscaldamento dovuto al passaggio di corrente potrebbe danneggiare gli elementi ottici.
Il fotodiodo opera correttamente se polarizzato in inversa. In questo caso, il campo
elettrico porterà alla creazione di una zona di svuotamento. Nel momento in cui un fotone
incide sulla superficie del fotodiodo, l'energia, se sarà maggiore dell’intervallo di energia
che separa banda di valenza e banda di conduzione del dispositivo, causerà la creazione di
una coppia elettrone-lacuna libera
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Una volta generata la coppia, essa sarà soggetta al campo elettrico generato dalla
differenza di potenziale applicata. L'elettrone sarà quindi spontaneamente attratto verso la
zona n mentre la lacuna verso la zona p. A causa della assenza di una coppia elettronelacuna nella zona svuotata, la regione non sarà più neutra. Non essendo più neutra. il
dispositivo compenserà questa situazione con un movimento di elettroni-lacune prelevati
dal generatore di polarizzazione, causando così la presenza di una corrente che
rappresenta il segnale elettrico prodotto dall'incidenza del fotone.
Le leggi di propagazione nelle fibre ottiche
La trattazione rigorosa della propagazione della luce all’interno di fibre ottiche
richiederebbe l’utilizzo di strumenti sofisticati come la teoria ondulatoria della luce e le
equazioni di Maxwell. In ogni caso il funzionamento delle fibre ottiche può essere
compreso in prima approssimazione utilizzando le leggi dell’ottica geometrica.
La luce è un’onda elettromagnetica che si propaga con una velocità che nel vuoto è pari a
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c = 3 ∗ 10 8 m / s
In qualunque altro mezzo trasparente, la velocità della luce è sempre di poco inferiore a
questo valore.
Nell'acqua è di circa:
v = 2,25 · 108 m/sec
nel vetro, invece, è di circa:
v = 2 · 108 m/sec
La parola "circa" è dovuta al fatto che questa velocità varia, anche se di poco, al variare dei
componenti chimici costitutivi del vetro che, come è noto, è un miscuglio amorfo di silice
(SiO2 = biossido di silicio) e di altri additivi.
Si definisce indice di rifrazione n il rapporto fra la velocità della luce nel vuoto c e la
velocità della luce v in un altro mezzo.
Un raggio di luce che incide su di una superficie di separazione fra due materiali con
indici di rifrazione diversi viene scomposto in un raggio riflesso che si propaga nel mezzo
da cui proveniva il raggio incidente ed un raggio rifratto che si propaga nell’altro mezzo.
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La prima legge di Snell afferma che l’angolo formato con la normale alla superficie di
separazione dei due mezzi dal raggio incidente e dal raggio riflesso sono uguali.
La rifrazione è invece governata dalla seconda legge di Snell ed afferma che l’angolo θ 1
formato rispetto alla normale dal raggio incidente e l’angolo θ 2
rifratto osno legati dalla seguente legge
senθ 1 n 2
=
senθ 2 n1
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formato dall’angolo
Dove n1 è l’indice del mezzo in cui si propaga il raggio incidente ed n2 è l’indice del mezzo
in cui si propaga il raggio rifratto.
In particolare se il raggio luminoso passa da un mezzo con indice di rifrazione inferiore
ad un mezzo con indice di rifrazione superiore l’angolo formato con la normale dal raggio
rifratto è inferiore all’angolo formato dal raggio incidente. Vale anche il viceversa per cui
se il raggio luminoso passa da un mezzo con indice di rifrazione superiore ad un mezzo
con indice di rifrazione inferiore l’angolo formato con la normale dal raggio rifratto è
superiore all’angolo formato dal raggio incidente.
In quest’ultimo caso, se aumentiamo l’ampiezza dell’angolo incidente si arriverà ad un
punto in cui l’angolo formato dal raggio rifratto con la normale sarà pari a 90° per cui il
raggio rifratto si propagherà lungo la superficie di separazione dei due mezzi. L’angolo
incidete per il quale si verifica tutto questo prende il nome di angolo limite e si può
determinare mediante la seconda legge di Snell.
⎛n
senθ1 n 2
n
n
=
⇒ senθ1 lim ite = 2 sen90° ⇒ senθ 1 lim ite = 2 ⇒ θ1 lim ite = arcsen⎜⎜ 2
senθ 2 n1
n1
n1
⎝ n1
22
⎞
⎟⎟
⎠
Se si supera l’angolo limite non si ha più rifrazione . in questo caso si parla di riflessione
totale.
In una fibra ottica il nucleo è realizzato con un materiale vetroso che ha un indice di
rifrazione di poco superiore a quello del mantello. Valori tipici sono n1=1.48 ed n2=1.46. la
luce che arriva sulla superficie di separazione core-cladding con un angolo di incidenza
superiore a quello limite si propaga nel nucleo per riflessioni multiple.
I raggi che invece colpiscono la superficie di separazione fra core e cladding con angolo di
incidenza inferiore all’angolo limite subiscono anche la rifrazione attraverso il cladding
per cui si ha una dispersione della loro energia ed essi si attenuano fino a scomparire.
Per impedire tale fenomeno dunque occorre che il segnale luminoso venga immesso nella
fibra con un angolo tale da poter ottenere la riflessione totale. Dalla figura seguente si vede
che se il raggio luminoso entra nella fibra con un angolo rispetto all’asse della fibra
inferiore ad un certo valore γ m esso colpirà la superficie di operazione fra core e cladding
con un angolo superiore a quello limite a quello limite. Tutte le direzioni di ingresso
individuate da γ m formano un angolo solido detto cono di accettazione della fibra ottica.
23
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Questa caratteristica della fibra viene espressa mediante un parametro detto apertura
numerica così espresso
N . A. = n0 senγ m
dove n0 è l’indice di rifrazione del mezzo da cui proviene il raggio luminoso (tipicamente è
l’aria per cui vale 1).
Poiché il raggio passerà dall’aria al core della fibra si avrà una rifrazione per cui esso
formerà all’interno del core un angolo θ con l’asse della fibra che dovrà rispettare la
seconda legge di Snell
senγ m = n1senϑ
Ma θ e l’angolo limite α lim sono complementari perché dalla figura precedente si vede che
sono angoli acuti di un triangolo rettangolo, da cui
ϑ = 90° − α lim
senγ m = n1sen(90° − α lim ) = n1 cos α lim = n1 1 − sen 2α lim
Ricordiamo che la condizione per ottenere la riflessione totale è
senα lim =
n2
n1
per cui
2
⎛n ⎞
N . A. = senγ m = n1 1 − ⎜⎜ 2 ⎟⎟ = n12 − n22
⎝ n1 ⎠
Da questa formula sembrerebbe vantaggioso fare in modo che l’indice di rifrazione del
core (n1) e l’indice di rifrazione del cladding (n2) siano molto diversi in modo da
aumentare l’apertura numerica. In realtà non è così e adesso cerchiamo di spiegare perché.
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Innanzitutto occorre fare una precisazione. Si potrebbe pensare che tutti i raggi luminosi
che entrano nella fibra con un angolo inferiore a γ m , poiché soddisfano la condizione di
riflessione totale posano propagarsi nella fibra ottica per riflessioni successive e che l’unica
differenza consista nel fatto che ognuno di essi, entrando nella fibra con un angolo
diverso, seguirà percorsi diversi.
In realtà si può dimostrare che non tutti i modi di propagazione geometricamente possibili
sono in realtà realizzabili ma che il loro numero M, in prima approssimazione è dato dalla
seguente formula
1 ⎛ π ∗ d ∗ N . A. ⎞
M ≈ ⎜
⎟
2⎝
λ
⎠
2
dove d è il diametro del nucleo della fibra e lambda è la lunghezza d’onda della luce che
penetra nella fibra.
Ma il vero problema consiste nel fatto che le diverse componenti del segnale luminoso in
ingresso alla fibra seguiranno percorsi diversi quindi percorreranno distanze diverse.
Poiché essi avranno tutti la stessa velocità di propagazione ciò comporterà che le varie
componenti del segnale giungeranno sfasate l’una rispetto all’altra alla fine della fibra
portando ad una deformazione del segnale che prende il nome di dispersione modale.
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Questa distorsione sarà tanto più ampia quanto più lunga sarà la fibra ottica e quanto più
alta sarà l’apertura numerica poiché in quest’ultimo caso aumenta il numero di percorsi
possibili: è per questo motivo che si scelgono indici di rifrazione vicini per il core e il
cladding in modo da ridurre l’apertura numerica. Dalla formula di M si vede che si può
agire anche riducendo il diametro d, in modo da minimizzare le differenze di lunghezza
nei percorsi delle varie componenti del raggio luminoso.
Fibre ottiche monomodali
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Le fibre monomodali sono fibre in cui le differenze di percorso fra i vari modi sono
trascurabili tanto da poter dire in prima approssimazione che la luce si muova
percorrendo l’unica direzione posabile lungo l’asse della fibra
Per far ciò il core ha una dimensione di soli 10 micron e gli indici di rifrazione differiscono
fra loro solo del 0,3%. In tali fibre l’indice di rifrazione ha un profilo a gradino (step-index)
cioè il valore dell’indice di rifrazione risulta costante su tutta la sezione del coree
diminuisce bruscamente in corrispondenza del mantello.
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Le fibre multimodali
Le fibre ottiche multimodali possono essere di due tipi: con profilo d’indice a gradino
(step-index) e con profilo d’indice graduale (graded-index). Il primo tipo ha le stesse
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caratteristiche già viste per la fibra monomodale, per cui, per le considerazioni già dette è
soggetto ad una forte dispersione multimodale. Le fibre graded-index presentano
prestazioni migliori. In esse l’indice di rifrazione non si mantiene costante su tutta la
sezione del core ma assume valore massimo al centro e decresce gradualmente
procedendo verso il cladding. Con questo sistema i raggi che seguono percorsi più lunghi,
attraversando zone con indici di rifrazione minori si propagano con maggior velocità
rispetto ai raggi che seguono percorsi più brevi più prossimi al nucleo, perciò tutte le
componenti della sorgente luminosa giungono al ricevitore in modo quasi contemporaneo.
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I raggi che si muovono allontanandosi dal centro, incontrando regioni caratterizzate da
regioni con indice di rifrazione che decrescono in modo continuo, vengono sottoposti a
successive variazioni di direzione che li portano a descrivere percorsi di tipo elicoidale.
La dispersione
Abbiamo già affrontato la dispersione modale. Vi sono altre cause di dispersione come
irregolarità della superficie di separazione fra core e cladding che provocano riflessioni
anomale, la conicità del core, giunti di connessione fra le fibre
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Dispersione di guida d’onda
Si ha questo fenomeno quando il segnale luminoso si propaga parzialmente attraverso il
cladding: ancora una volta abbiamo componenti luminose che viaggiano attraverso
materiali a differente indice di rifrazione e quindi con velocità differenti.
Dispersione del materiale
E’ noto che un fascio di luce bianca, attraversando un prisma di vetro, viene scomposto in
una serie di colori diversi. Si nota che più è piccola la lunghezza d’onda più il segnale
viene deviato: quindi i segnali luminosi percorrono distanze superiori al diminuire della
lunghezza d’onda il che vuol dire che devono avere velocità superiori al disunire della
lunghezza d’onda. Ne deriva che nella fibra ottica le varie componenti cromatiche del
segnale si propagano a velocità differenti giungendo al terminale della fibra in tempi
diversi: il risultato è una deformazione del segnale simile a quella dovuta alla dispersione
modale.
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Banda passante
L’allungamento della durata temporale degli impulsi comporta una sovrapposizione fra
impulsi che si susseguono lungo la fibra: tale fenomeno prende il nome di interferenza
intersimbolica. Ne deriva la necessità che fra i singoli impulsi debba esservi un intervallo
di tempo che non si può ridurre. Ciò riduce la velocità di trasmissione della fibra.
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Attenuazione
Anche le fibre ottiche sono caratterizzate da attenuazione dei segnali. Vi sono varie cause.
Ad esempio, durante il procedimento di rivestimento del core , al fibra può essere soggetta
a microcurvature.
A causa di queste curve il segnale luminoso può incidere la superficie s di separazione fra
core e cladding con un angolo inferiore a quello limite per cui si ha rifrazione nel mantello
con conseguente perdita di energia. Si ha attenuazione anche per assorbimento
dell’energia dei segnali da parte di impurità presenti nel materiale vetroso che costituisce
il core. Infine le ineliminabili discontinuità del materiale che costituisce il core provocano
diffusioni del segnale (diffusione di Raylegh) che lo deviano parzialmente dalla direzione
di propagazione.
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Le perdite per assorbimento e diffusione dipendono dalla lunghezza d’onda del segnale,
per cui una sua scelta opportuna può ridurre questi fenomeni di assorbimento: gli
intervalli di lunghezza d’onda utilizzati prendono il nome di finestre ottiche.
Si hanno infine perdite per interconnessione fra spezzoni di fibra ottica che possono essere
dovute a
-
differente diametro dei due spezzoni
-
diversa apertura numerica
-
errori di connessione
35
36
37
Appendice 1 – Approfondimento sul diodo laser
Nel campo delle telecomunicazioni, le sorgenti ottiche utilizzate per la
trasmissione
di
segnali
ottici
sono
principalmente
dispositivi
a
semiconduttore; tali dispositivi sono di due tipi: diodi emettitori di luce
(LED, light emitting diode) e diodi ad amplificazione luminosa per emissione
stimolata di radiazione (LASER, light amplification by stimulated emission of
radiation)
e
si
basano
su
fenomeni
di
emissione
della
radiazione
elettromagnetica che è possibile descrivere mediante principi elementari di
meccanica
quantistica.
L'interazione della radiazione elettromagnetica con la materia avviene
mediante tre fenomeni fondamentali: assorbimento, emissione spontanea ed
emissione stimolata, tutti relativi all'emissione di un fotone da parte di un
atomo. In particolare, quando un fotone a frequenza fo, e quindi energia
E=h*fo interagisce con un atomo, esso può essere assorbito provocando la
transizione di un elettrone dal livello E1 al livello E2 > E1(E2 = E1 + h*fo).
La costante di Planck, indicata con h, è una costante fisica il cui valore è
equivalente alla quantità d'azione fondamentale e ha le dimensioni di
un'energia per un tempo. In meccanica quantistica, la sua esistenza
determina nella materia a livello microscopico la prima quantizzazione di
grandezze come l'energia, la quantità di moto e il momento angolare di una
particella. La costante di Planck è detta anche quanto d'azione, la sua
scoperta ha avuto un ruolo determinante per la nascita e la successiva
evoluzione della meccanica quantistica. La costante prende il nome da Max
Planck, senza i cui studi fondamentali sullo spettro della radiazione di corpo
nero non sarebbe potuta nascere la teoria quantistica. Il valore sperimentale
della costante è:
.
Un modo differente di esprimere la stessa quantità è:
,
dove π è la costante pigreco. In questa forma la costante è comunemente
detta h tagliato e a volte è chiamata costante di Dirac
.
La costante di Planck è responsabile della quantizzazione delle grandezze
dinamiche che caratterizzano lo stato della materia a livello microscopico,
ovvero delle particelle elementari che compongono materia e luce: elettroni,
protoni, neutroni e fotoni. La quantizzazione consiste nel fatto che a livello
microscopico energia, impulso e momento angolare, invece di assumere una
serie continua di valori, si manifestano in quantità multiple di quantità fisse.
Ad esempio, l'energia E trasportata da un'onda elettromagnetica con
frequenza costante ν può assumere solo valori pari a
Gli elettroni eccitati, a partire da questo stato, possono tornare allo stato
originario attraverso l'emissione spontanea di un fotone con energia hxfo.
Se un fotone interagisce con un atomo con un elettrone sul livello E2, si può
avere emissione stimolata di un ulteriore fotone con energia hxfo, che
accompagna il fotone originario e la transizione dell'atomo sul livello E1.
La caratteristica principale dell'emissione stimolata è che il fotone
secondario ha la stessa energia e la stessa direzione (quantità di moto) del
fotone primario. Al campo elettromagnetico, dovuto ai fotoni primari, si
aggiungono i contributi dei fotoni secondari che, per quanto detto, possono
considerarsi in fase con i fotoni primari dando luogo all'emissione coerente,
caratterizzata da un'unica frequenza di emissione. L'emissione stimolata
viene amplificata e convogliata all'esterno, nelle sorgenti LASER, ottenendo
un alto grado di coerenza temporale (teoricamente), ovvero un raggio
monocromatico. I fotoni che si creano per emissione spontanea hanno
direzioni di propagazione aleatorie e si ricombinano con relazioni arbitrarie
fornendo una emissione incoerente ovvero caratterizzata da uno spettro di
emissione ampio (tipico del LED).
Per ottenere una sorgente luminosa in cui è predominante il fenomeno
dell'emissione stimolata, ovvero con elevata coerenza temporale, si devono
verificare due condizioni:
la distribuzione degli stati energetici degli atomi non deve essere relativa
ad una situazione di equilibrio termico;
si deve realizzare l'inversione della popolazione dei due livelli.
In particolare, quest'ultima condizione può ottenersi eccitando il materiale
con una sorgente di energia esterna ed effettuando il cosiddetto pompaggio.
Così facendo, tuttavia, si può ottenere al massimo una equipartizione e non
una
vera
inversione
della
popolazione
dei
due
livelli
energetici.
Per risolvere questo problema si deve ricorrere ad un sistema a più livelli; si
può usare, ad esempio, un sistema a tre livelli (LASER a cristallo di rubino) in
cui gli atomi vengono pompati dallo stato base E1 ad un livello E3 (instabile)
più elevato del livello metastabile E2.
In E3 gli atomi restano per un tempo breve decadendo velocemente, con un
decadimento non radiativo, sul livello E2 (metastabile perchè il tempo di
permanenza è elevato), consentendo di avere tempo sufficiente affinchè vi
sia un accumulo degli atomi su E2 tale da realizzare l'inversione di
popolazione. Tra i livelli E2 ed E1 si realizza l'emissione stimolata, come già
descritto per il sistema a due livelli, è necessario, tuttavia, prendere in
considerazione schemi a quattro livelli (LASER a semiconduttore), almeno in
alcuni casi, perchè in essi l'inversione si può ottenere più semplicemente con
meno energia di pompaggio tra i due livelli intermedi.
In questi sistemi, infatti, si ha un livello base E0 (stabile) minore di E1
(instabile) a partire dal quale gli atomi vengono pompati direttamente su
E3(instabile): si ha, quindi, prima la transizione non radiativa da E3 ad E2
(metastabile), poi la transizione radiativa da E2 ad E1ed infine gli atomi
passano rapidamente su E0 da E1
Il LASER nasce come amplificatore di segnali ottici secondo il fenomeno
dell'emissione
stimolata,
in
quanto
il
mezzo
sede
di
quest'ultimo
(amplificazione ottica) si può caratterizzare dal guadagno ottico per unità di
lunghezza g, il quale varia al variare della lunghezza d'onda ed è
caratteristico del materiale e della modalità di pompaggio. Il LASER è però
usato prevalentemente come sorgente luminosa, in cui viene prodotto
autonomamente un segnale ad una fissata
e, nella terminologia delle
telecomunicazioni, viene indicato come oscillatore ottico. Il modo più
semplice di trasformare un amplificatore in un oscillatore è quello di
reazionarlo positivamente e ciò viene fatto nel LASER confinando il segnale
ottico amplificato per emissione stimolata in una porzione definita del
materiale amplificatore, soddisfacendo opportune condizioni di coerenza
temporale. Un modo per ottenere quanto detto è l'uso di una ”cavità”
(ottica), cioè dotare di facce riflettenti i lati contrapposti del mezzo
amplificatore.
Il segnale all'interno della cavità subisce riflessioni multiple e viene
contestualmente amplificato in modo da autosostenere una oscillazione (onda
stazionaria). Se le due facce sono parzialmente riflettenti è possibile
estrarre una parte dell'emissione interna, purché la perdita di potenza non
sia tale da disinnescare l'oscillazione, per accoppiarla esternamente. Quando
il guadagno ottico, all'interno del materiale, bilancia esattamente le perdite
interne per assorbimento e la parte di segnale trasmesso all'esterno, si
ottiene la condizione di stabilità dell'oscillazione e, quindi, quando il
pompaggio è sufficiente a ottenere l'inversione della popolazione, la cavità
comincia ad oscillare spontaneamente ed ad autosostenersi. È intuibile che il
segnale, durante le ripetute propagazioni nel materiale, deve poter
mantenere la caratteristica di coerenza temporale dell'emissione stimolata,
per cui l'oscillazione si può avere solo quando la distanza L tra le facce è in
relazione ben precisa con la lunghezza d'onda
La struttura di principio è mostrata di seguito:
Per descrivere il funzionamento del meccanismo di pompaggio per ottenere
l'inversione della popolazione, partiamo dal diagramma degli stati energetici,
funzione del numero d'onda, per un semiconduttore intrinseco:
Per T = 0 °K, in assenza di polarizzazione esterna, la banda di valenza è piena
e quella di conduzione è, invece, vuota. La distanza tra le due bande è,
ovviamente, l'energia di gap. Se il semiconduttore viene polarizzato con una
forte corrente di conduzione, in modo da avere forte iniezione di portatori,
la banda di conduzione viene parzialmente riempita mentre quella di valenza
viene parzialmente svuotata (si riempie di lacune). Ciò avviene fino al
raggiungimento dei quasi-livelli di Fermi Efc ed Efv nella situazione di quasiequilibrio, mostrato nella figura precedente. Nella situazione descritta, un
fotone con energia pari a Eg = hxfo, non può venire assorbito in quanto la
minima energia necessaria per l'assorbimento è Efc - Efv > Eg. L'emissione
stimolata è, però, nella condizione di prevalere sull'assorbimento perchè, se
hxfo < Efc - Efv, il fotone può ugualmente stimolare una transazione dalla
banda di conduzione alla banda di valenza con emissione di un fotone avente
energia Eg. Affinché ciò si verifichi, deve allora essere verificata la
seguente relazione:
Eg< hfo < Efc-Efv
cosicché il mezzo può essere sede di guadagno ottico. Sostanzialmente si è
ottenuto un sistema a quattro livelli (con E0 = Efv, E3 = Efc) grazie al
meccasnismo di pompaggio adottato. Quanto appena descritto, valido per T =
0 °K e semiconduttore intrinseco, è applicabile, almeno approssimativamente,
anche per un semiconduttore drogato con T diversa dallo zero assoluto. Se
la temperatura non è allo zero assoluto ed il semiconduttore è drogato, le
curve della probabilità di occupazione degli stati sono più stondate e, quindi,
la condizione di inversione della popolazione (equazione precedente) resta
valida ma il guadagno ottico dipende anche dal drogaggio e dalla corrente I
di iniezione. La condizione di inversione di popolazione si può assicurare solo
con un forte drogaggio sia del materiale p che di quello n che costituiscono la
giunzione p-n, contrariamente al LED nel quale l'inversione dipende dalla sola
corrente anche se, per ottenere un dispositivo efficiente, si opera ancora
per confinamento dell'emissione nella zona di svuotamento. Si parla in queste
condizioni di giunzione degenere in cui i livelli di Fermi sono così alterati dal
drogaggio da risultare all'interno della banda di valenza (parte p) e della
banda di conduzione (parte n), distando più di Eg come previsto dalla
condizione precedente.
profilo delle bande di una giunzione
p-n in assenza di polarizzazione
profilo
delle
bande
in
seguito
all’applicazione di una tensione di
polarizzazione diretta V: l’effetto è
quello di abbassare la barriera di
potenziale
La figura precedente mostra che, se la corrente di polarizzazione è forte,
cioè
l'iniezione
è
forte,
nella
zona
di
svuotamento
esistono
contemporaneamente popolazioni degenerate di elettroni e lacune. Questo
assicura che esiste una frequenza per cui si ha emissione stimolata e, quindi,
guadagno ottico. Se il drogaggio non è forte, la condizione di inversione non
può verificarsi (semiconduttore non degenere) ed il semiconduttore emette
per sola emissione spontanea, il dispositivo risulta essere un LED. Inoltre
l'inversione di popolazione è tanto maggiore quanto maggiore è la corrente di
conduzione diretta, ovvero, è maggiore la densità di portatori iniettati (per
questo prende anche il nome di LASER a semiconduttore ad iniezione).
La figura che segue riporta, per un LASER InGaAsP a 1.3 um, l'andamento
del guadagno per unità di lunghezza al variare della lunghezza d'onda e per
diverse concentrazioni dei portatori; si vede che al di sotto di una certa
concentrazione dei portatori il guadagno è in ogni caso negativo e, quindi, non
si ha amplificazione ottica. L'amplificazione si verifica, comunque, solo per
un ben determinato intervallo di lunghezze d'onda, per le quali vale la
relazione della condizione di inversione. La minima corrente Ith, che
determina il minimo valore della concentrazione di portatori necessaria alla
realizzazione della condizione di innesco, è detta corrente di soglia. Sopra il
valore della corrente di soglia nel semiconduttore si ha un'oscillazione di
ampiezza crescente al crescere della corrente di iniezione.
Per lo stesso tipo di LASER (InGaAsP a 1.3 um) si ricavano le caratteristiche
luce-corrente (L-I, dove L è riportato come potenza ottica esterna) della
figura seguente.
Da queste caratteristiche si vede la dipendenza di Pe dalla corrente I di
conduzione ed in particolare, è evidente il fenomeno della soglia e la forte
dipendenza
dalla
temperatura
a
cui
si
trova
il
LASER.
Da notare che l’inversione di popolazione è tanto maggiore quanto maggiore è
la densità di portatori iniettati, cioè quanto maggiore è la corrente di
conduzione diretta. Per amplificare il segnale, le facce del diodo ortogonali
alla direzione di emissione sono lavorate a specchio, mentre le altre
superfici sono lasciate grezze in modo da evitare oscillazioni lungo direzioni
non richieste. Normalmente le due superfici lavorate non sono ricoperte di
specchi, infatti, essendo l’indice di rifrazione di un semiconduttore molto
elevato, il coefficiente di riflessione alla superficie semiconduttore-aria è
dell’ordine del 35%.
I diodi laser, nel settore delle telecomunicazioni, sono utilizzati su
particolari e costosissimi collegamenti sui quali è indispensabile trasmettere
dati a velocità elevatissima (tipicamente 10 Gb/s) con la più grande
lunghezza
(canale
ottico)
della
migliore
fibra
ottica
realizzabile.
La quasi totalità dei sistemi di telecomunicazioni in fibra ottica utilizza,
come sorgente di trasmissione, un diodo laser del tipo a semiconduttore. In
pratica, il segnale in forma digitale, ma di natura elettrica, chiude e apre il
circuito che controlla la corrente del diodo laser. Si incanala luce nella fibra
quando si trasmettono i livelli fisici corrispondenti ai valori “1” e si manda
buio per i livelli fisici “0”: questo semplice metodo di modulazione, simile a
quello che si utilizzò sulla linea telegrafica nel 1848, è chiamato “ON-OFF”.
Nel diodo laser entra un segnale elettrico ed esce, su apposito connettore,
un segnale ottico modulato (1300 nm o 1550 nm). Questa semplice
architettura, che funziona anche con normali diodi led, ma a basse velocità
di commutazione (< 30 Mb/s) si è evoluta per risolvere parecchi problemi
che si creano con l'aumento della velocità di accensione e spegnimento del
laser. Come per tutti i sistemi di telecomunicazioni, si è sempre perseguita la
ricerca della più alta velocità di trasmissione (bit rate) con la maggiore
lunghezza di collegamento possibile, in pratica il valore del prodotto banda B
per
lunghezza
L
(Hz×km).
Per trasportare a lunga distanza bit rate di 2,5 Gb/s non è più possibile
usare la modulazione variando la corrente del diodo led, ma bisogna ricorrere
ai diodi laser. Si tratta di sistemi per telecomunicazioni di sesta
generazione, tipicamente per impieghi sottomarini, dove, per ridurre il
numero di ripetitori ottici, occorre ottenere il prodotto B×L più alto
possibile: con speciali tecniche di compensazione cromatica della fibra, si
possono
superare
i
1000
GHz×km.
Come i diodi led, anche i diodi laser emettono luce tramite la ricombinazione
di elettroni e lacune nella zona di barriera del diodo: la differenza
fondamentale è che questa emissione è stimolata dalla luce stessa, e che la
luce emessa è coerente, cioè molto facile da concentrare (con appropriate
lenti). E' possibile pertanto avere un fascio con pochissima deviazione anche
per diversi chilometri di distanza, a differenza del diodo LED, che emette
una luce non coerente, cioè una luce dispersiva e spontanea.
Nelle seguenti immagini possiamo renderci conto dell’aspetto e delle dimensioni di un
diodo laser. Per renderti conto delle dimensioni, considerate che il cavo di
collegamento è un normalissimo cavetto schermato, piuttosto sottile, per impianti
stereo.
Qui sotto si vede la scheda di pilotaggio durante le prove preliminari. Si tratta del
modello CCA (Common laser diode Cathode and photodiode Anode). Per le connessioni
del
LASER
vedi
le
foto
più
sotto.
Qui sotto si vede il fascio così come viene emesso dal diodo. È evidente che un LASER
a diodo emette un fascio che non è collimato. Questo è un LASER che può essere
utilizzato per olografia. Il LASER è montato su un dissipatore provvisorio utilizzato
per le prove e le tarature.
Qui sotto si vede il LASER montato nel tubetto portacollimatore .
Qui sotto si vede la visione di insieme del LASER montato. Il cubetto di alluminio
sporgente
è
la
protezione
per
il
collimatore.
Qui
sotto
è
ripreso
il
dettaglio
del
collimatore.
Il contenitore aperto. Si può vedere in alto la scheda di pilotaggio e in basso
l'alimentatore switching che permette di alimentare il tutto da 9 a 36 V.
Qui sotto c'è il collegamento del diodo LASER; si vede disegnato lo schema interno di
collegamento.
Qui sotto è raffigurato il dettaglio della molletta che tiene premuto il diodo sulla
battuta del tubetto portacollimatore.