LE ONDE ELETTROMAGNETICHE 1 I MODELLI DELL’ATOMO 2 Livelli e bande di energia 5 I SEMICONDUTTORI 7 Semiconduttori intrinseci 7 Le lacune 8 Drogaggio dei semiconduttori Drogaggio di tipo n Drogaggio di tipo p 10 10 11 LA GIUNZIONE PN 11 DIODO LED 15 IL DIODO LASER 16 IL FOTODIODO 17 LE LEGGI DI PROPAGAZIONE NELLE FIBRE OTTICHE 19 Fibre ottiche monomodali 27 Le fibre multimodali 29 La dispersione Dispersione di guida d’onda Dispersione del materiale Banda passante Attenuazione 31 32 32 33 34 Le onde elettromagnetiche La lue è un fenomeno vibratorio, cioè un fenomeno che si riproduce identico a se stesso dopo un tempo T sempre uguale, detto periodo. L’inverso del periodo, la frequenza ν= 1 T rappresenta il numero di vibrazioni per unità di tempo. Se la vibrazione si propaga nello spazio si ha la formazione di onde analoghe alle onde che si formano in uno specchio d’acqua che si succedono ad intervalli regolari nello spazio. L’intervallo spaziale fra due creste dell’onda prende il nome di lunghezza d’onda λ. Esso si può calcolare come lo spazio percorso dall’onda in un periodo T. Quindi se c è la velocità di propagazione della luce si ha λ = cT = c ν E’ utile anche considerare l’inverso della lunghezza d’onda che prende il nome di numero d’onda e rappresenta il numero di lunghezze d’onda in un’unità di misura σ= 1 λ = ν c La luce visibile, le onde radio, i raggi x, i raggi gamma sono tutti esempi di onde elettromagnetiche. Ciò che li distingue è soltanto la lunghezza d’onda 1 I modelli dell’atomo Un modello molto semplice dell’atomo è il modello planetario: l’atomo era costituito in gran parte da spazio vuoto, con la maggior parte della massa concentrata in un nucleo e gli elettroni che orbitavano intorno al nucleo come pianeti intorno al sole. Il legame fra elettroni e nuclei era determinato dall’equilibrio fra forze meccaniche agenti sull’elettrone Secondo questa modellizzazione meccanica si riteneva che un elettrone potesse possedere un’energia che potesse variare con continuità, assumere cioè qualunque valore reale possibile. All’aumentare dell’energia posseduta l’elettrone percorreva orbite con raggio sempre più grande fino a potersi allontanare dall’atomo 2 Questo modello non era però in grado di spiegare alcuni risultati sperimentali ma la vera rivoluzione fu data dal principio di indeterminazione di Heisenberg Egli dimostrò in sostanza che non è possibile determinare contemporaneamente posizione e velocità di un elettrone nello spazio. Da ciò deriva che parlare di orbite percorse dall’elettrone è un non senso., perché il concetto di orbita presuppone la capacità di determinare con precisione il moto di un corpo. Andava introdotto, allora, un nuovo modello di interpretazione degli atomi, in cui si rinunciava a determinare con precisione assoluta il moto degli elettroni e ci si accontentava di darne una descrizione probabilistica: invece di determinarne la traiettoria ci si accontentava di determinare zone dello spazio intorno al nucleo in cui l’elettrone potrebbe trovarsi con sufficiente probabilità, gli orbitali. Si hanno diversi tipi di orbitali 3 4 Gli elettroni di un atomo occupano i vari orbitali a partire da quelli con minore energia In base ad un principio detto del Pauli un orbitale può ospitare al massimo due elettroni. Se un orbitale è occupato da un solo elettrone quest’ultimo viene detto elettrone di valenza e può essere utilizzato per formare legami chimici con altri atomi. Infatti due atomi che hanno un orbitale semivuoto ciascuno possono unire tali orbitali a formare un unico orbitale pieno condiviso fra i due atomi. Da questo momento in poi i due atomi sono tenuti insieme da questo orbitale: si parla di legame chimico covalente. Livelli e bande di energia Quello che ci interessa ora ribadire è la natura quantizzata dell’energia posseduta da un elettrone 5 Ad un elettrone sono dunque permessi soltanto certi livelli di energia, ad esempio 10,19 elettronvolt oppure 12,047 elettronvolt ma non, per esempio, 10,21 oppure 11,4589 elettronvolt. Dunque la sua energia non può assumere tutti i valori immaginabili. Questa situazione è vera, però, soltanto se l’atomo è isolato, molto distante dagli altri atomi. Se l’atomo è inserito in un reticolo cristallino, le interazioni elettriche fra gli elettroni di un atomo e quelli dell’atomo successivo complicano le cose e fanno moltiplicare i livelli energetici possibili. : si creano bande di valori di energia che un elettrone non può possedere. In definitiva, per atomi inseriti in un reticolo cristallino, la situazione è la seguente 6 Abbiamo tre possibili bande di energia: - la banda di valenza, è un insieme di valori di energia che possiede un elettrone vincolato all’atomo, - la banda proibita o gap costituita da un insieme di valori di energia che un elettrone non può possedere - la banda di conduzione. Un elettrone che acquista una tale energia abbandona l’atomo e diventa libero. I semiconduttori Semiconduttori intrinseci I semiconduttori naturali usati per la produzione di dispositivi elettronici sono stati per molti anni il silicio e il germanio. Il germanio è andato, con il passar del tempo, in disuso a causa delle migliori prestazioni del silicio. Ora si stanno diffondendo semiconduttori costituiti non da elementi naturali ma da leghe come l’arseniurio di gallio. Il silicio e il germanio appartengono al gruppo del carbonio e sono tetravalenti, sono quindi in grado di formare quattro legami covalenti 7 In un reticolo cristallino ogni atomo di silicio è dunque legato ad altri quattro atomi. Senza perdere in efficacia precisione possiamo immaginarci un modello del reticolo bidimensionale Le lacune Immaginiamo che un elettrone di valenza, coinvolto in un legame fra due atomi di silicio, acquisisca l’energia sufficiente per effettuare il salto dalla banda di valenza alla banda di 8 conduzione. L’elettrone andrà ad arricchire la popolazione di elettroni liberi mentre l’orbitale da cui proveniva presenterà un vuoto. Tale vuoto è quello che noi chiamiamo lacuna. Ora accade che l’energia necessaria perché un elettrone vincolato in un legame vicino balzi nel legame semivuoto andando così ad occupare la lacuna, è molto bassa. Quindi l’effettuazione di questo salto avverrà con elevata probabilità. Se si riflette un attimo si nota come l’evento possa essere descritto dicendo che sia stata la lacuna a spostarsi in direzione opposta a quella del moto dell’elettrone. Modelli raffinati di fisica hanno dimostrato che effettivamente si può descrivere efficacemente la fisica dei semiconduttori immaginando di avere a che fare con cariche positive libere di muoversi all’interno del reticolo cristallino. 9 Drogaggio dei semiconduttori I semiconduttori offrono una resistività troppo elevata per poter essere utilizzati come base dei dispositivi elettronici. Pur avendo un numero di cariche libere superiore a quello degli isolanti , questo non è ancora sufficiente. Per aumentare il numero di portatori di carica liberi e diminuire quindi la resistività si utilizza un procedimento, detto drogaggio, consistente nell’inserire, all’interno del reticolo cristallino del semiconduttore, elementi chimici diversi. Esistono due forme di drogaggio: tipo n e tipo p. Drogaggio di tipo n Con questo tipo di drogaggio ci si pone l’obiettivo di aumentare il numero di elettroni liberi. Si realizza inserendo nel reticolo cristallino del semiconduttore materiale drogante pentavalente (cinque elettroni di valenza) come il fosforo. IL fosforo è in grado di formare cinque legami differenti, ma a causa della struttura del reticolo cristallino, esso risulta circondato da soli quattro atomi di silicio. Poiché il quinto legame non si può formare, l’elettrone superfluo, non essendo coinvolto in un orbitale di legame, abbisogna di una piccola quantità di energia per diventare libero. In pratica, per 10 ogni atomo di fosforo che introduciamo nel reticolo del semiconduttore si introduce un elettrone libero. Drogaggio di tipo p Con questo tipo di drogaggio aumentiamo il numero di lacune. Si introducono nel reticolo atomi di materiale trivalente come il Boro. Poiché il boro può realizzare tre legami soltanto, pur essendo circondato da quattro atomi di silicio, si realizza automaticamente una lacuna. La giunzione pn Una giunzione pn, che costituisce la base di un componente elettronico chiamato diodo, è una barretta di silicio suddivisa in due zone drogate rispettivamente di tipo p e n. 11 La zona di tipo è stata realizzata introducendo nel reticolo cristallino del silicio atomi trivalenti. Ora sappiamo che la lacuna, che si crea in uno degli orbitali di legame che legano l’atomo trivalente al reticolo, può essere occupata da un elettrone proveniente da un orbitale vicino. Ciò significa che l’atomo trivalente acquista un elettrone. Allora esso si trasforma in uno ione negativo poiché ha acquistato un elettrone. Per questo motivo le impurità droganti di tipo p vengono dette anche atomi accettori. Abbiamo dunque tante cariche negative, che non sono libere di muoversi perché vincolate al reticolo cristallino. Sono presenti, inoltre, cariche positive (lacune) liberi di muoversi nel reticolo. Nella zona p sono presenti pure alcuni elettroni liberi che si formano naturalmente quando un elettrone abbandona un atomo di silicio. Poiché il numero di lacune è di gran lunga superiore a quello degli elettroni si dice che le lacune sono i portatori maggioritari e gli elettroni sono i portatori minoritari. Nella zona n abbiamo che gli atomi droganti, avendo perso un elettrone, sono diventati ioni positivi, (vengo chiamati anche atomi donatori perché donano un elettrone) circondati 12 da elettroni liberi che sono i portatori maggioritari. Vi sono poche lacune che si formano naturalmente nel silicio e costituiscono i portatori minoritari. Supponiamo ora di che le due zone n e p fossero separate e di unirle all’improvviso in qualche modo. Si instaura ora un fenomeno detto corrente di diffusione che spinge le lacune a migrare dalla zona p alla zona n e gli elettroni a migrare dalla zona n alla zona p. Questo movimento di cariche si ha soltanto perché esse non sono distribuite in maniera omogenea nella barretta. Poiché elettroni e lacune viaggiano in direzioni opposte essi sono destinati a incontrarsi in prossimità del confine fra le due zone. A cavallo della giunzione si ha allora una forte ricombinazione dovuta all’incontro di elettroni e lacune. Questa ricombinazione provoca la creazione di una zona, a cavallo della giunzione in cui sono scomparsi sia gli elettroni che le lacune. In questa zona sono rimasti però gli ioni la cui carica non è più bilanciata dalla presenza di elettroni e lacune. Ciò comporta la creazione di un campo elettrico le cui linee di forza vanno dagli ioni positivi (zona n) agli ioni negativi (zona p). questo campo elettrico si oppone all’ulteriore passaggio di elettroni dalla zona n alla zona p e di lacune dalla zona p alla zona n. si dice che si è creata una barriera di potenziale elettrico che fa cessare la 13 corrente di diffusione. Per consentire nuovamente il passaggio di corrente occorre inserire un campo elettrico dall’esterno in grado di contrastare quello che si è formato nella zona di svuotamento. Per fra ciò dobbiamo collegare la giunzione ad un generatore di tensione tale da avere il polo positivo collegato alla zona p e il polo negativo collegato alla zona n (il campo elettrico va dal polo positivo al polo negativo) Collegando una batteria nel verso opposto si crea un campo elettrico che va addirittura a rinforzare la barriera di potenziale. A differenza di un resistore dunque, in una giunzione pn la corrente non circola qualunque sia la tensione applicata ma è determinante il verso di essa. Come avevamo accennato, la giunzione pn costituisce la base dei diodi. Un diodo è un componente che presenta due morsetti detti anodo e catodo. Come si può vedere dalla figura l’anodo coincide con la zona p, mentre il catodo coincide con la zona n. 14 Diodo LED Quando un elettrone libero subisce una ricombinazione cadendo in una lacuna e legandosi di nuovo all’atomo, passa da uno stato ad energia superiore ad uno stato ad energia inferiore. Ciò significa che, in qualche modo debba restituire all’ambiente l’energia in più che possedeva. La cessione di energia avviene attraverso l’emissione di onde elettromagnetiche. Il led è strutturalmente del tutto identico ad un diodo normale: la differenza consiste nel fatto che esso è realizzato con materiali semiconduttori particolari nei quali le onde elettromagnetiche emesse hanno una lunghezza d’onda compresa nella banda del visibile. LED Lunghezza d'onda λ [nm] Infrarosso 898 Rosso 665 Giallo 575 materiale Simbolo chimico Arseniuro Ga As di gallio Arseniuro fosfuro di Ga As P gallio Fosfuro GA P 15 Verde 565 Blu 475 di gallio Fosfuro di gallio Carburo di silicio GA P Si C IL diodo laser Un diodo laser è composto da materiale semiconduttore drogato presente su uno strato molto sottile sulla superficie di un wafer di cristallo. Il cristallo viene drogato per produrre una regione di semiconduttore di tipo n e una regione di semiconduttore di tipo p, una sopra l'altra, per ottenere una giunzione p-n, cioè un diodo. Come in altri tipi di diodi, quando la struttura viene polarizzata direttamente, le lacune provenienti dalla regione p vengono iniettate nella regione n e gli elettroni dalla regione n sono iniettati nella regione p. Quando un elettrone e una lacuna sono presenti nella stessa regione, possono ricombinarsi per emissione spontanea, cioè l'elettrone può rioccupare lo stato energetico della lacuna, emettendo un fotone con un'energia uguale alla differenza tra l’energia posseduta come elettrone libero e l’energia posseduta come elettrone vincolato in un orbitale. Questi elettroni e lacune iniettati rappresentano la corrente di 16 iniezione del diodo, e l'emissione spontanea da' al diodo laser sotto la soglia laser In condizioni appropriate, l'elettrone e la lacuna possono coesistere nella stessa area per un po' di tempo (nell'ordine dei microsecondi) prima che si ricombinino. Poi un fotone vicino con energia uguale all'energia di ricombinazione può provocarla per emissione stimolata. Ciò genera un altro fotone della stessa frequenza, che viaggia nella stessa direzione, con la stessa polarizzazione e fase del primo fotone. Ciò significa che l'emissione stimolata causa un guadagno in una onda ottica, ed il guadagno aumenta con l'aumentare del numero di elettroni e lacune iniettati attraverso la giunzione. Nella forma più semplice di un diodo laser, si realizza sulla superficie del cristallo una guida ottica, strutturata in modo tale da confinare la luce in una linea relativamente stretta. I due capi del cristallo vengono incisi per ottenere le superfici piane e perfettamente parallele. I fotoni emessi in un certo modo di propagazione della guida d'onda viaggeranno lungo la guida d'onda e saranno riflessi molte volte dalla faccia di ciascuna estremità prima di essere emessi. Quando un'onda luminosa passa attraverso al cavità è amplificata per emissione stimolata, ma parte della luce è anche persa per assorbimento e riflessione incompleta sulla faccia. Alla fine, se l'amplificazione supera le perdite, il diodo comincia ad emettere luce laser. Il fotodiodo Un fotodiodo è sostanzialmente un diodo particolare caratterizzato da una giunzione p-n drogata asimmetricamente. La zona p è molto più drogata rispetto alla zona n. La zona p, disposta molto vicino alla struttura esterna del fotodiodo è a sua volta rivestita da uno strato antiriflesso e corredata da due elettrodi. Sopra lo strato antiriflesso è in genere inserita una lente il cui scopo è quello di rendere perpendicolari i raggi luminosi incidenti sulla superficie. 17 Il fotodiodo, se polarizzato direttamente si comporta come un comune diodo. La corrente che esso è in grado di condurre segue, in prima approssimazione, la legge esponenziale del diodo. Non essendo tuttavia progettato per la polarizzazione diretta, esso non avrà una capacità di corrente tale da suggerirne un simile utilizzo, in quanto il surriscaldamento dovuto al passaggio di corrente potrebbe danneggiare gli elementi ottici. Il fotodiodo opera correttamente se polarizzato in inversa. In questo caso, il campo elettrico porterà alla creazione di una zona di svuotamento. Nel momento in cui un fotone incide sulla superficie del fotodiodo, l'energia, se sarà maggiore dell’intervallo di energia che separa banda di valenza e banda di conduzione del dispositivo, causerà la creazione di una coppia elettrone-lacuna libera 18 Una volta generata la coppia, essa sarà soggetta al campo elettrico generato dalla differenza di potenziale applicata. L'elettrone sarà quindi spontaneamente attratto verso la zona n mentre la lacuna verso la zona p. A causa della assenza di una coppia elettronelacuna nella zona svuotata, la regione non sarà più neutra. Non essendo più neutra. il dispositivo compenserà questa situazione con un movimento di elettroni-lacune prelevati dal generatore di polarizzazione, causando così la presenza di una corrente che rappresenta il segnale elettrico prodotto dall'incidenza del fotone. Le leggi di propagazione nelle fibre ottiche La trattazione rigorosa della propagazione della luce all’interno di fibre ottiche richiederebbe l’utilizzo di strumenti sofisticati come la teoria ondulatoria della luce e le equazioni di Maxwell. In ogni caso il funzionamento delle fibre ottiche può essere compreso in prima approssimazione utilizzando le leggi dell’ottica geometrica. La luce è un’onda elettromagnetica che si propaga con una velocità che nel vuoto è pari a 19 c = 3 ∗ 10 8 m / s In qualunque altro mezzo trasparente, la velocità della luce è sempre di poco inferiore a questo valore. Nell'acqua è di circa: v = 2,25 · 108 m/sec nel vetro, invece, è di circa: v = 2 · 108 m/sec La parola "circa" è dovuta al fatto che questa velocità varia, anche se di poco, al variare dei componenti chimici costitutivi del vetro che, come è noto, è un miscuglio amorfo di silice (SiO2 = biossido di silicio) e di altri additivi. Si definisce indice di rifrazione n il rapporto fra la velocità della luce nel vuoto c e la velocità della luce v in un altro mezzo. Un raggio di luce che incide su di una superficie di separazione fra due materiali con indici di rifrazione diversi viene scomposto in un raggio riflesso che si propaga nel mezzo da cui proveniva il raggio incidente ed un raggio rifratto che si propaga nell’altro mezzo. 20 La prima legge di Snell afferma che l’angolo formato con la normale alla superficie di separazione dei due mezzi dal raggio incidente e dal raggio riflesso sono uguali. La rifrazione è invece governata dalla seconda legge di Snell ed afferma che l’angolo θ 1 formato rispetto alla normale dal raggio incidente e l’angolo θ 2 rifratto osno legati dalla seguente legge senθ 1 n 2 = senθ 2 n1 21 formato dall’angolo Dove n1 è l’indice del mezzo in cui si propaga il raggio incidente ed n2 è l’indice del mezzo in cui si propaga il raggio rifratto. In particolare se il raggio luminoso passa da un mezzo con indice di rifrazione inferiore ad un mezzo con indice di rifrazione superiore l’angolo formato con la normale dal raggio rifratto è inferiore all’angolo formato dal raggio incidente. Vale anche il viceversa per cui se il raggio luminoso passa da un mezzo con indice di rifrazione superiore ad un mezzo con indice di rifrazione inferiore l’angolo formato con la normale dal raggio rifratto è superiore all’angolo formato dal raggio incidente. In quest’ultimo caso, se aumentiamo l’ampiezza dell’angolo incidente si arriverà ad un punto in cui l’angolo formato dal raggio rifratto con la normale sarà pari a 90° per cui il raggio rifratto si propagherà lungo la superficie di separazione dei due mezzi. L’angolo incidete per il quale si verifica tutto questo prende il nome di angolo limite e si può determinare mediante la seconda legge di Snell. ⎛n senθ1 n 2 n n = ⇒ senθ1 lim ite = 2 sen90° ⇒ senθ 1 lim ite = 2 ⇒ θ1 lim ite = arcsen⎜⎜ 2 senθ 2 n1 n1 n1 ⎝ n1 22 ⎞ ⎟⎟ ⎠ Se si supera l’angolo limite non si ha più rifrazione . in questo caso si parla di riflessione totale. In una fibra ottica il nucleo è realizzato con un materiale vetroso che ha un indice di rifrazione di poco superiore a quello del mantello. Valori tipici sono n1=1.48 ed n2=1.46. la luce che arriva sulla superficie di separazione core-cladding con un angolo di incidenza superiore a quello limite si propaga nel nucleo per riflessioni multiple. I raggi che invece colpiscono la superficie di separazione fra core e cladding con angolo di incidenza inferiore all’angolo limite subiscono anche la rifrazione attraverso il cladding per cui si ha una dispersione della loro energia ed essi si attenuano fino a scomparire. Per impedire tale fenomeno dunque occorre che il segnale luminoso venga immesso nella fibra con un angolo tale da poter ottenere la riflessione totale. Dalla figura seguente si vede che se il raggio luminoso entra nella fibra con un angolo rispetto all’asse della fibra inferiore ad un certo valore γ m esso colpirà la superficie di operazione fra core e cladding con un angolo superiore a quello limite a quello limite. Tutte le direzioni di ingresso individuate da γ m formano un angolo solido detto cono di accettazione della fibra ottica. 23 24 Questa caratteristica della fibra viene espressa mediante un parametro detto apertura numerica così espresso N . A. = n0 senγ m dove n0 è l’indice di rifrazione del mezzo da cui proviene il raggio luminoso (tipicamente è l’aria per cui vale 1). Poiché il raggio passerà dall’aria al core della fibra si avrà una rifrazione per cui esso formerà all’interno del core un angolo θ con l’asse della fibra che dovrà rispettare la seconda legge di Snell senγ m = n1senϑ Ma θ e l’angolo limite α lim sono complementari perché dalla figura precedente si vede che sono angoli acuti di un triangolo rettangolo, da cui ϑ = 90° − α lim senγ m = n1sen(90° − α lim ) = n1 cos α lim = n1 1 − sen 2α lim Ricordiamo che la condizione per ottenere la riflessione totale è senα lim = n2 n1 per cui 2 ⎛n ⎞ N . A. = senγ m = n1 1 − ⎜⎜ 2 ⎟⎟ = n12 − n22 ⎝ n1 ⎠ Da questa formula sembrerebbe vantaggioso fare in modo che l’indice di rifrazione del core (n1) e l’indice di rifrazione del cladding (n2) siano molto diversi in modo da aumentare l’apertura numerica. In realtà non è così e adesso cerchiamo di spiegare perché. 25 Innanzitutto occorre fare una precisazione. Si potrebbe pensare che tutti i raggi luminosi che entrano nella fibra con un angolo inferiore a γ m , poiché soddisfano la condizione di riflessione totale posano propagarsi nella fibra ottica per riflessioni successive e che l’unica differenza consista nel fatto che ognuno di essi, entrando nella fibra con un angolo diverso, seguirà percorsi diversi. In realtà si può dimostrare che non tutti i modi di propagazione geometricamente possibili sono in realtà realizzabili ma che il loro numero M, in prima approssimazione è dato dalla seguente formula 1 ⎛ π ∗ d ∗ N . A. ⎞ M ≈ ⎜ ⎟ 2⎝ λ ⎠ 2 dove d è il diametro del nucleo della fibra e lambda è la lunghezza d’onda della luce che penetra nella fibra. Ma il vero problema consiste nel fatto che le diverse componenti del segnale luminoso in ingresso alla fibra seguiranno percorsi diversi quindi percorreranno distanze diverse. Poiché essi avranno tutti la stessa velocità di propagazione ciò comporterà che le varie componenti del segnale giungeranno sfasate l’una rispetto all’altra alla fine della fibra portando ad una deformazione del segnale che prende il nome di dispersione modale. 26 Questa distorsione sarà tanto più ampia quanto più lunga sarà la fibra ottica e quanto più alta sarà l’apertura numerica poiché in quest’ultimo caso aumenta il numero di percorsi possibili: è per questo motivo che si scelgono indici di rifrazione vicini per il core e il cladding in modo da ridurre l’apertura numerica. Dalla formula di M si vede che si può agire anche riducendo il diametro d, in modo da minimizzare le differenze di lunghezza nei percorsi delle varie componenti del raggio luminoso. Fibre ottiche monomodali 27 Le fibre monomodali sono fibre in cui le differenze di percorso fra i vari modi sono trascurabili tanto da poter dire in prima approssimazione che la luce si muova percorrendo l’unica direzione posabile lungo l’asse della fibra Per far ciò il core ha una dimensione di soli 10 micron e gli indici di rifrazione differiscono fra loro solo del 0,3%. In tali fibre l’indice di rifrazione ha un profilo a gradino (step-index) cioè il valore dell’indice di rifrazione risulta costante su tutta la sezione del coree diminuisce bruscamente in corrispondenza del mantello. 28 Le fibre multimodali Le fibre ottiche multimodali possono essere di due tipi: con profilo d’indice a gradino (step-index) e con profilo d’indice graduale (graded-index). Il primo tipo ha le stesse 29 caratteristiche già viste per la fibra monomodale, per cui, per le considerazioni già dette è soggetto ad una forte dispersione multimodale. Le fibre graded-index presentano prestazioni migliori. In esse l’indice di rifrazione non si mantiene costante su tutta la sezione del core ma assume valore massimo al centro e decresce gradualmente procedendo verso il cladding. Con questo sistema i raggi che seguono percorsi più lunghi, attraversando zone con indici di rifrazione minori si propagano con maggior velocità rispetto ai raggi che seguono percorsi più brevi più prossimi al nucleo, perciò tutte le componenti della sorgente luminosa giungono al ricevitore in modo quasi contemporaneo. 30 I raggi che si muovono allontanandosi dal centro, incontrando regioni caratterizzate da regioni con indice di rifrazione che decrescono in modo continuo, vengono sottoposti a successive variazioni di direzione che li portano a descrivere percorsi di tipo elicoidale. La dispersione Abbiamo già affrontato la dispersione modale. Vi sono altre cause di dispersione come irregolarità della superficie di separazione fra core e cladding che provocano riflessioni anomale, la conicità del core, giunti di connessione fra le fibre 31 Dispersione di guida d’onda Si ha questo fenomeno quando il segnale luminoso si propaga parzialmente attraverso il cladding: ancora una volta abbiamo componenti luminose che viaggiano attraverso materiali a differente indice di rifrazione e quindi con velocità differenti. Dispersione del materiale E’ noto che un fascio di luce bianca, attraversando un prisma di vetro, viene scomposto in una serie di colori diversi. Si nota che più è piccola la lunghezza d’onda più il segnale viene deviato: quindi i segnali luminosi percorrono distanze superiori al diminuire della lunghezza d’onda il che vuol dire che devono avere velocità superiori al disunire della lunghezza d’onda. Ne deriva che nella fibra ottica le varie componenti cromatiche del segnale si propagano a velocità differenti giungendo al terminale della fibra in tempi diversi: il risultato è una deformazione del segnale simile a quella dovuta alla dispersione modale. 32 Banda passante L’allungamento della durata temporale degli impulsi comporta una sovrapposizione fra impulsi che si susseguono lungo la fibra: tale fenomeno prende il nome di interferenza intersimbolica. Ne deriva la necessità che fra i singoli impulsi debba esservi un intervallo di tempo che non si può ridurre. Ciò riduce la velocità di trasmissione della fibra. 33 Attenuazione Anche le fibre ottiche sono caratterizzate da attenuazione dei segnali. Vi sono varie cause. Ad esempio, durante il procedimento di rivestimento del core , al fibra può essere soggetta a microcurvature. A causa di queste curve il segnale luminoso può incidere la superficie s di separazione fra core e cladding con un angolo inferiore a quello limite per cui si ha rifrazione nel mantello con conseguente perdita di energia. Si ha attenuazione anche per assorbimento dell’energia dei segnali da parte di impurità presenti nel materiale vetroso che costituisce il core. Infine le ineliminabili discontinuità del materiale che costituisce il core provocano diffusioni del segnale (diffusione di Raylegh) che lo deviano parzialmente dalla direzione di propagazione. 34 Le perdite per assorbimento e diffusione dipendono dalla lunghezza d’onda del segnale, per cui una sua scelta opportuna può ridurre questi fenomeni di assorbimento: gli intervalli di lunghezza d’onda utilizzati prendono il nome di finestre ottiche. Si hanno infine perdite per interconnessione fra spezzoni di fibra ottica che possono essere dovute a - differente diametro dei due spezzoni - diversa apertura numerica - errori di connessione 35 36 37 Appendice 1 – Approfondimento sul diodo laser Nel campo delle telecomunicazioni, le sorgenti ottiche utilizzate per la trasmissione di segnali ottici sono principalmente dispositivi a semiconduttore; tali dispositivi sono di due tipi: diodi emettitori di luce (LED, light emitting diode) e diodi ad amplificazione luminosa per emissione stimolata di radiazione (LASER, light amplification by stimulated emission of radiation) e si basano su fenomeni di emissione della radiazione elettromagnetica che è possibile descrivere mediante principi elementari di meccanica quantistica. L'interazione della radiazione elettromagnetica con la materia avviene mediante tre fenomeni fondamentali: assorbimento, emissione spontanea ed emissione stimolata, tutti relativi all'emissione di un fotone da parte di un atomo. In particolare, quando un fotone a frequenza fo, e quindi energia E=h*fo interagisce con un atomo, esso può essere assorbito provocando la transizione di un elettrone dal livello E1 al livello E2 > E1(E2 = E1 + h*fo). La costante di Planck, indicata con h, è una costante fisica il cui valore è equivalente alla quantità d'azione fondamentale e ha le dimensioni di un'energia per un tempo. In meccanica quantistica, la sua esistenza determina nella materia a livello microscopico la prima quantizzazione di grandezze come l'energia, la quantità di moto e il momento angolare di una particella. La costante di Planck è detta anche quanto d'azione, la sua scoperta ha avuto un ruolo determinante per la nascita e la successiva evoluzione della meccanica quantistica. La costante prende il nome da Max Planck, senza i cui studi fondamentali sullo spettro della radiazione di corpo nero non sarebbe potuta nascere la teoria quantistica. Il valore sperimentale della costante è: . Un modo differente di esprimere la stessa quantità è: , dove π è la costante pigreco. In questa forma la costante è comunemente detta h tagliato e a volte è chiamata costante di Dirac . La costante di Planck è responsabile della quantizzazione delle grandezze dinamiche che caratterizzano lo stato della materia a livello microscopico, ovvero delle particelle elementari che compongono materia e luce: elettroni, protoni, neutroni e fotoni. La quantizzazione consiste nel fatto che a livello microscopico energia, impulso e momento angolare, invece di assumere una serie continua di valori, si manifestano in quantità multiple di quantità fisse. Ad esempio, l'energia E trasportata da un'onda elettromagnetica con frequenza costante ν può assumere solo valori pari a Gli elettroni eccitati, a partire da questo stato, possono tornare allo stato originario attraverso l'emissione spontanea di un fotone con energia hxfo. Se un fotone interagisce con un atomo con un elettrone sul livello E2, si può avere emissione stimolata di un ulteriore fotone con energia hxfo, che accompagna il fotone originario e la transizione dell'atomo sul livello E1. La caratteristica principale dell'emissione stimolata è che il fotone secondario ha la stessa energia e la stessa direzione (quantità di moto) del fotone primario. Al campo elettromagnetico, dovuto ai fotoni primari, si aggiungono i contributi dei fotoni secondari che, per quanto detto, possono considerarsi in fase con i fotoni primari dando luogo all'emissione coerente, caratterizzata da un'unica frequenza di emissione. L'emissione stimolata viene amplificata e convogliata all'esterno, nelle sorgenti LASER, ottenendo un alto grado di coerenza temporale (teoricamente), ovvero un raggio monocromatico. I fotoni che si creano per emissione spontanea hanno direzioni di propagazione aleatorie e si ricombinano con relazioni arbitrarie fornendo una emissione incoerente ovvero caratterizzata da uno spettro di emissione ampio (tipico del LED). Per ottenere una sorgente luminosa in cui è predominante il fenomeno dell'emissione stimolata, ovvero con elevata coerenza temporale, si devono verificare due condizioni: la distribuzione degli stati energetici degli atomi non deve essere relativa ad una situazione di equilibrio termico; si deve realizzare l'inversione della popolazione dei due livelli. In particolare, quest'ultima condizione può ottenersi eccitando il materiale con una sorgente di energia esterna ed effettuando il cosiddetto pompaggio. Così facendo, tuttavia, si può ottenere al massimo una equipartizione e non una vera inversione della popolazione dei due livelli energetici. Per risolvere questo problema si deve ricorrere ad un sistema a più livelli; si può usare, ad esempio, un sistema a tre livelli (LASER a cristallo di rubino) in cui gli atomi vengono pompati dallo stato base E1 ad un livello E3 (instabile) più elevato del livello metastabile E2. In E3 gli atomi restano per un tempo breve decadendo velocemente, con un decadimento non radiativo, sul livello E2 (metastabile perchè il tempo di permanenza è elevato), consentendo di avere tempo sufficiente affinchè vi sia un accumulo degli atomi su E2 tale da realizzare l'inversione di popolazione. Tra i livelli E2 ed E1 si realizza l'emissione stimolata, come già descritto per il sistema a due livelli, è necessario, tuttavia, prendere in considerazione schemi a quattro livelli (LASER a semiconduttore), almeno in alcuni casi, perchè in essi l'inversione si può ottenere più semplicemente con meno energia di pompaggio tra i due livelli intermedi. In questi sistemi, infatti, si ha un livello base E0 (stabile) minore di E1 (instabile) a partire dal quale gli atomi vengono pompati direttamente su E3(instabile): si ha, quindi, prima la transizione non radiativa da E3 ad E2 (metastabile), poi la transizione radiativa da E2 ad E1ed infine gli atomi passano rapidamente su E0 da E1 Il LASER nasce come amplificatore di segnali ottici secondo il fenomeno dell'emissione stimolata, in quanto il mezzo sede di quest'ultimo (amplificazione ottica) si può caratterizzare dal guadagno ottico per unità di lunghezza g, il quale varia al variare della lunghezza d'onda ed è caratteristico del materiale e della modalità di pompaggio. Il LASER è però usato prevalentemente come sorgente luminosa, in cui viene prodotto autonomamente un segnale ad una fissata e, nella terminologia delle telecomunicazioni, viene indicato come oscillatore ottico. Il modo più semplice di trasformare un amplificatore in un oscillatore è quello di reazionarlo positivamente e ciò viene fatto nel LASER confinando il segnale ottico amplificato per emissione stimolata in una porzione definita del materiale amplificatore, soddisfacendo opportune condizioni di coerenza temporale. Un modo per ottenere quanto detto è l'uso di una ”cavità” (ottica), cioè dotare di facce riflettenti i lati contrapposti del mezzo amplificatore. Il segnale all'interno della cavità subisce riflessioni multiple e viene contestualmente amplificato in modo da autosostenere una oscillazione (onda stazionaria). Se le due facce sono parzialmente riflettenti è possibile estrarre una parte dell'emissione interna, purché la perdita di potenza non sia tale da disinnescare l'oscillazione, per accoppiarla esternamente. Quando il guadagno ottico, all'interno del materiale, bilancia esattamente le perdite interne per assorbimento e la parte di segnale trasmesso all'esterno, si ottiene la condizione di stabilità dell'oscillazione e, quindi, quando il pompaggio è sufficiente a ottenere l'inversione della popolazione, la cavità comincia ad oscillare spontaneamente ed ad autosostenersi. È intuibile che il segnale, durante le ripetute propagazioni nel materiale, deve poter mantenere la caratteristica di coerenza temporale dell'emissione stimolata, per cui l'oscillazione si può avere solo quando la distanza L tra le facce è in relazione ben precisa con la lunghezza d'onda La struttura di principio è mostrata di seguito: Per descrivere il funzionamento del meccanismo di pompaggio per ottenere l'inversione della popolazione, partiamo dal diagramma degli stati energetici, funzione del numero d'onda, per un semiconduttore intrinseco: Per T = 0 °K, in assenza di polarizzazione esterna, la banda di valenza è piena e quella di conduzione è, invece, vuota. La distanza tra le due bande è, ovviamente, l'energia di gap. Se il semiconduttore viene polarizzato con una forte corrente di conduzione, in modo da avere forte iniezione di portatori, la banda di conduzione viene parzialmente riempita mentre quella di valenza viene parzialmente svuotata (si riempie di lacune). Ciò avviene fino al raggiungimento dei quasi-livelli di Fermi Efc ed Efv nella situazione di quasiequilibrio, mostrato nella figura precedente. Nella situazione descritta, un fotone con energia pari a Eg = hxfo, non può venire assorbito in quanto la minima energia necessaria per l'assorbimento è Efc - Efv > Eg. L'emissione stimolata è, però, nella condizione di prevalere sull'assorbimento perchè, se hxfo < Efc - Efv, il fotone può ugualmente stimolare una transazione dalla banda di conduzione alla banda di valenza con emissione di un fotone avente energia Eg. Affinché ciò si verifichi, deve allora essere verificata la seguente relazione: Eg< hfo < Efc-Efv cosicché il mezzo può essere sede di guadagno ottico. Sostanzialmente si è ottenuto un sistema a quattro livelli (con E0 = Efv, E3 = Efc) grazie al meccasnismo di pompaggio adottato. Quanto appena descritto, valido per T = 0 °K e semiconduttore intrinseco, è applicabile, almeno approssimativamente, anche per un semiconduttore drogato con T diversa dallo zero assoluto. Se la temperatura non è allo zero assoluto ed il semiconduttore è drogato, le curve della probabilità di occupazione degli stati sono più stondate e, quindi, la condizione di inversione della popolazione (equazione precedente) resta valida ma il guadagno ottico dipende anche dal drogaggio e dalla corrente I di iniezione. La condizione di inversione di popolazione si può assicurare solo con un forte drogaggio sia del materiale p che di quello n che costituiscono la giunzione p-n, contrariamente al LED nel quale l'inversione dipende dalla sola corrente anche se, per ottenere un dispositivo efficiente, si opera ancora per confinamento dell'emissione nella zona di svuotamento. Si parla in queste condizioni di giunzione degenere in cui i livelli di Fermi sono così alterati dal drogaggio da risultare all'interno della banda di valenza (parte p) e della banda di conduzione (parte n), distando più di Eg come previsto dalla condizione precedente. profilo delle bande di una giunzione p-n in assenza di polarizzazione profilo delle bande in seguito all’applicazione di una tensione di polarizzazione diretta V: l’effetto è quello di abbassare la barriera di potenziale La figura precedente mostra che, se la corrente di polarizzazione è forte, cioè l'iniezione è forte, nella zona di svuotamento esistono contemporaneamente popolazioni degenerate di elettroni e lacune. Questo assicura che esiste una frequenza per cui si ha emissione stimolata e, quindi, guadagno ottico. Se il drogaggio non è forte, la condizione di inversione non può verificarsi (semiconduttore non degenere) ed il semiconduttore emette per sola emissione spontanea, il dispositivo risulta essere un LED. Inoltre l'inversione di popolazione è tanto maggiore quanto maggiore è la corrente di conduzione diretta, ovvero, è maggiore la densità di portatori iniettati (per questo prende anche il nome di LASER a semiconduttore ad iniezione). La figura che segue riporta, per un LASER InGaAsP a 1.3 um, l'andamento del guadagno per unità di lunghezza al variare della lunghezza d'onda e per diverse concentrazioni dei portatori; si vede che al di sotto di una certa concentrazione dei portatori il guadagno è in ogni caso negativo e, quindi, non si ha amplificazione ottica. L'amplificazione si verifica, comunque, solo per un ben determinato intervallo di lunghezze d'onda, per le quali vale la relazione della condizione di inversione. La minima corrente Ith, che determina il minimo valore della concentrazione di portatori necessaria alla realizzazione della condizione di innesco, è detta corrente di soglia. Sopra il valore della corrente di soglia nel semiconduttore si ha un'oscillazione di ampiezza crescente al crescere della corrente di iniezione. Per lo stesso tipo di LASER (InGaAsP a 1.3 um) si ricavano le caratteristiche luce-corrente (L-I, dove L è riportato come potenza ottica esterna) della figura seguente. Da queste caratteristiche si vede la dipendenza di Pe dalla corrente I di conduzione ed in particolare, è evidente il fenomeno della soglia e la forte dipendenza dalla temperatura a cui si trova il LASER. Da notare che l’inversione di popolazione è tanto maggiore quanto maggiore è la densità di portatori iniettati, cioè quanto maggiore è la corrente di conduzione diretta. Per amplificare il segnale, le facce del diodo ortogonali alla direzione di emissione sono lavorate a specchio, mentre le altre superfici sono lasciate grezze in modo da evitare oscillazioni lungo direzioni non richieste. Normalmente le due superfici lavorate non sono ricoperte di specchi, infatti, essendo l’indice di rifrazione di un semiconduttore molto elevato, il coefficiente di riflessione alla superficie semiconduttore-aria è dell’ordine del 35%. I diodi laser, nel settore delle telecomunicazioni, sono utilizzati su particolari e costosissimi collegamenti sui quali è indispensabile trasmettere dati a velocità elevatissima (tipicamente 10 Gb/s) con la più grande lunghezza (canale ottico) della migliore fibra ottica realizzabile. La quasi totalità dei sistemi di telecomunicazioni in fibra ottica utilizza, come sorgente di trasmissione, un diodo laser del tipo a semiconduttore. In pratica, il segnale in forma digitale, ma di natura elettrica, chiude e apre il circuito che controlla la corrente del diodo laser. Si incanala luce nella fibra quando si trasmettono i livelli fisici corrispondenti ai valori “1” e si manda buio per i livelli fisici “0”: questo semplice metodo di modulazione, simile a quello che si utilizzò sulla linea telegrafica nel 1848, è chiamato “ON-OFF”. Nel diodo laser entra un segnale elettrico ed esce, su apposito connettore, un segnale ottico modulato (1300 nm o 1550 nm). Questa semplice architettura, che funziona anche con normali diodi led, ma a basse velocità di commutazione (< 30 Mb/s) si è evoluta per risolvere parecchi problemi che si creano con l'aumento della velocità di accensione e spegnimento del laser. Come per tutti i sistemi di telecomunicazioni, si è sempre perseguita la ricerca della più alta velocità di trasmissione (bit rate) con la maggiore lunghezza di collegamento possibile, in pratica il valore del prodotto banda B per lunghezza L (Hz×km). Per trasportare a lunga distanza bit rate di 2,5 Gb/s non è più possibile usare la modulazione variando la corrente del diodo led, ma bisogna ricorrere ai diodi laser. Si tratta di sistemi per telecomunicazioni di sesta generazione, tipicamente per impieghi sottomarini, dove, per ridurre il numero di ripetitori ottici, occorre ottenere il prodotto B×L più alto possibile: con speciali tecniche di compensazione cromatica della fibra, si possono superare i 1000 GHz×km. Come i diodi led, anche i diodi laser emettono luce tramite la ricombinazione di elettroni e lacune nella zona di barriera del diodo: la differenza fondamentale è che questa emissione è stimolata dalla luce stessa, e che la luce emessa è coerente, cioè molto facile da concentrare (con appropriate lenti). E' possibile pertanto avere un fascio con pochissima deviazione anche per diversi chilometri di distanza, a differenza del diodo LED, che emette una luce non coerente, cioè una luce dispersiva e spontanea. Nelle seguenti immagini possiamo renderci conto dell’aspetto e delle dimensioni di un diodo laser. Per renderti conto delle dimensioni, considerate che il cavo di collegamento è un normalissimo cavetto schermato, piuttosto sottile, per impianti stereo. Qui sotto si vede la scheda di pilotaggio durante le prove preliminari. Si tratta del modello CCA (Common laser diode Cathode and photodiode Anode). Per le connessioni del LASER vedi le foto più sotto. Qui sotto si vede il fascio così come viene emesso dal diodo. È evidente che un LASER a diodo emette un fascio che non è collimato. Questo è un LASER che può essere utilizzato per olografia. Il LASER è montato su un dissipatore provvisorio utilizzato per le prove e le tarature. Qui sotto si vede il LASER montato nel tubetto portacollimatore . Qui sotto si vede la visione di insieme del LASER montato. Il cubetto di alluminio sporgente è la protezione per il collimatore. Qui sotto è ripreso il dettaglio del collimatore. Il contenitore aperto. Si può vedere in alto la scheda di pilotaggio e in basso l'alimentatore switching che permette di alimentare il tutto da 9 a 36 V. Qui sotto c'è il collegamento del diodo LASER; si vede disegnato lo schema interno di collegamento. Qui sotto è raffigurato il dettaglio della molletta che tiene premuto il diodo sulla battuta del tubetto portacollimatore.