Voltammetria idrodinamica Il problema della variazione dello strato di diffusione su elettrodi stazionari in soluzione quiescente può essere risolto agitando la soluzione. La soluzione elettrolitica viene agitata da un’ancoretta magnetica messa in rotazione da un agitatore e posizionata approssimativamente sull’asse dell’elettrodo di lavoro: L’agitazione influenza drasticamente il profilo delle velocità del liquido in prossimità della superficie elettrodica e, con esso, lo strato di diffusione che si forma quando all’elettrodo viene applicato un potenziale. Agitatore Profilo delle velocità del liquido A grande distanza dalla superficie elettrodica il moto della soluzione è turbolento, a causa della presenza dell’ancoretta rotante; avvicinandosi alla superficie si incontra una regione a flusso laminare, regolare; in stretta prossimità della superficie l’attrito con la superficie elettrodica genera uno strato di soluzione stagnante. Profilo delle concentrazioni all’interfaccia elettrodo-soluzione in soluzione agitata In pratica lo spessore dello strato di diffusione deriva dalla combinazione di due fattori contrastanti: 1) l’incremento dovuto all’aumento del tempo; 2) la diminuzione dall’agitazione. dovuta all’effetto di rimescolamento creato Di fatto si raggiunge una condizione stazionaria, in cui lo spessore dello strato di diffusione è costante ed è tanto minore quanto maggiore è la velocità di rotazione dell’ancoretta magnetica. In tali condizioni si ha: I = n F A q(x=0) = n F A D (C/x)x=0 = n F A D (Cbulk – Celet)/ con = strato di diffusione costante. Effettuando una scansione lineare di potenziale è possibile dunque registrare l’onda polarografica, ottenendo un voltammogramma idrodinamico. Il segnale sarà affetto soltanto da piccole fluttuazioni (inferiori a quelle tipiche di un polarogramma), legate al riassestamento di al variare del potenziale (e quindi di Celet). Elettrodo a disco rotante (RDE) Un approccio diverso alla voltammetria idrodinamica implica l’impiego di un elettrodo a disco in grado di ruotare intorno al proprio asse, e quindi di agitare la soluzione elettrolitica al posto dell’ancoretta magnetica. Tale dispositivo viene definito elettrodo a disco rotante (Rotating Disk Electrode, RDE): L’elettrodo di lavoro (RDE) è rappresentato da un disco di metallo (di solito Au, Pt) o di carbone vetroso/grafite inglobato in un blocco cilindrico in teflon che viene avvitato su un asse rotante. contatto a spazzola albero motore teflon disco elettrodico L’albero motore è collegato direttamente al disco elettrodico e il contatto elettrico con l’esterno viene realizzato mediante spazzole metalliche che strisciano sulla superficie dell’albero durante la rotazione. Nel corso della rotazione il disco crea una convezione forzata nella soluzione, diretta perpendicolarmente ad esso a distanza e tangenzialmente ad esso in prossimità della superficie elettrodica. L’analita viene dunque spinto verso la superficie, dove avviene la reazione redox. Nell’ipotesi che il flusso di soluzione alla superficie elettrodica sia laminare la variazione di concentrazione dell’analita nel tempo in direzione normale alla superficie elettrodica è rappresentata da una espressione diversa della seconda legge di Fick: in cui x rappresenta la distanza dall’elettrodo e vx la velocità del liquido spostato dalla convezione nella direzione x, mentre DC è il coefficiente di diffusione dell’analita C. L’equazione differenziale della diffusione all’RDE è stata risolta da Levich attraverso un complesso trattamento matematico, portando all’espressione dell’intensità di corrente in funzione del tempo. A tale equazione si può arrivare, tuttavia, in modo alternativo, considerando il profilo di diffusione dell’analita alla superficie dell’elettrodo rotante e analizzando il profilo delle velocità del liquido alla superficie in funzione della distanza dal centro del disco. Il profilo delle velocità di un liquido che lambisca una superficie solida immersa al suo interno determina il cosiddetto strato di Prandtl, *, uno spessore di liquido in cui la velocità dei vari strati aumenta man mano che ci si allontana dalla superficie del solido fino a portarsi al valore massimo, u0. u0 * u0 u0 u0 * Y * In prossimità del punto d’impatto lo strato di Prandtl non è costante, bensì aumenta con la radice quadrata della distanza y dal punto: * = (y/u0)1/2 dove è la viscosità cinematica della soluzione. La viscosità cinematica di un liquido è data dal rapporto fra la viscosità assoluta (misurata in Poise = g cm-1 s-1) e la densità (g cm-3) dunque le sue unità sono quelle del coefficiente di diffusione, cm2s-1 (Stoke) Il modello appena presentato può essere applicato al caso dell’RDE purché si tenga conto di alcune differenze fondamentali. In questo caso y = 0 rappresenta il punto centrale del disco e la coordinata y aumenta simmetricamente a destra e sinistra, man mano che si procede verso il bordo dell’elettrodo. La coordinata x rappresenta la direzione perpendicolare all’elettrodo ed x aumenta allontanandosene. Le linee di flusso del liquido risultano dalla combinazione di due vettori, uno perpendicolare (vx) e l’altro parallelo alla superficie (uy): vx aumenta con x fino al valore del bulk (v0), in modo indipendente da y; uy ha un profilo parabolico ed il suo valore massimo [u0(y)] aumenta linearmente con y. y=0 y=0 u0 (y1) vx x x v0 uy v0 y1 y2 u0(y2) La soluzione delle equazioni della fluidodinamica dell’RDE mostra, infatti, che in prossimità della superficie elettrodica y e u0(y) sono legate dalla seguente relazione: y/u0 (y) = 2.62 × -1 dove è la frequenza angolare di rotazione dell’elettrodo (in radianti/s). Poiché: * = (y/u0)1/2 l’aumento di y viene compensato dall’aumento di u0, e ne deriva il cosiddetto paradosso idrodinamico dell’RDE, ossia il fatto che lo strato di Prandtl sia costante lungo tutta la superficie del disco rotante: * Y=0 La soluzione delle equazioni della diffusione all’RDE, ottenuta da Levich, mostra che lo strato di diffusione è legato a * dalla relazione: /* = (D/)1/3 Normalmente D e sono dell’ordine di 10-5 e 10-2 cm2/s, per cui corrisponde a circa 1/10 di *, che, in soluzione acquosa, è dell’ordine di 10-2-10-3 cm. Nel caso dell’RDE si può dunque ricavare: = (D/)1/3 * = = (D/)1/3 (y/u0)1/2 = = D1/3 1/6 (y/u0)1/2 si ricava: = 1.62 D1/3 1/6 -1/2 essendo y/u0 (y) = 2.62 × -1 Riprendendo l’equazione per l’intensità di corrente ad un elettrodo piano in condizioni di strato di diffusione stazionario: I = n F A D (Cbulk – Celet)/ e sostituendo la nuova espressione per lo strato di diffusione si ottiene l’Equazione di Koutecky-Levich per l’intensità di corrente all’elettrodo a disco rotante: I = n F A D (Cbulk – Celet)/ (1.62 D1/3 1/6 -1/2) = = 0.62 nFAD2/3 1/2 -1/6 (Cbulk – Celet). In condizioni di corrente limite, Celet = 0 e quindi: Ilim = 0.62 nFAD2/3 1/2 -1/6 Cbulk La dipendenza lineare dell’intensità di corrente dalla radice quadrata della velocità angolare di rotazione dell’elettrodo può essere confermata sperimentalmente registrando voltammogrammi idrodinamici con l’RDE rotante a velocità diverse e misurando la corrente limite nei vari casi: Si può così costruire il KouteckyLevich plot (Ilim vs 1/2), che consente di risalire, per interpolazione lineare, alla pendenza della retta e dunque a valori di costanti come D e o alla stessa superficie elettrodica A. L’intervallo di valori accessibili per è limitato da due effetti: a bassi valori, tipicamente inferiori a 10 Hz, lo strato di diffusione diventa troppo grande, paragonabile al raggio del disco, e non valgono più le condizioni del paradosso idrodinamico; a valori alti di , dell’ordine di 105 Hz, il regime di flusso è turbolento anche in prossimità della superficie elettrodica: In realtà la transizione a flusso turbolento può essere facilitata dalla presenza di asperità sulla superficie dell’elettrodo, inoltre alte velocità provocano vortici in prossimità dell’elettrodo, pertanto non si opera mai a frequenze di rotazione superiori a 1000 Hz. Elettrodo a disco-anello rotante (Rotating Ring-Disk Electrode, RRDE) Rappresenta una variante dell’RDE molto utile per studiare gli intermedi di processi elettrodici complessi o le cinetiche elettrochimiche. Nella base dell’elettrodo sono presenti un disco centrale e un anello ad esso concentrico, entrambi in materiale conduttore, separati da un anello isolante: Il disco e l’anello lavorano come elettrodi di lavoro totalmente indipendenti, ciascuno ad un potenziale controllato da uno specifico circuito potenziostatico. Contatto disco Contatto anello E’ possibile far avvenire all’elettrodo ad anello la reazione elettrodica opposta a quella che avviene al disco, per verificare la stabilità del prodotto di reazione redox prodotto su quest’ultimo. Nel caso della riduzione di O2 ad H2O è possibile avere conferma della formazione dell’intermedio H2O2 applicando: 1) all’anello un potenziale costante sufficiente a riossidare H2O2 a O2 (appena superiore a 0 V vs SCE) 2) al disco una scansione catodica e seguendo la variazione della corrente relativa al processo 1) Se la specie che si forma sul disco è instabile e si trasforma in un’ulteriore specie chimica non elettro-attiva, è possibile avere con l’RRDE una stima della velocità di tale processo di trasformazione: Supponendo che la reazione al disco sia una riduzione: asse di rotazione anello disco anello Ox + ne- Red il prodotto di reazione Red tenderà a diffondere verso il bulk della soluzione e quindi verrà trasportato dal flusso laminare verso l’anello. Se nel corso di tale percorso subisce la reazione chimica: Red In con In = specie elettrochimicamente inerte il numero di moli di Red che raggiungeranno l’anello e verranno riossidate a Ox sarà tanto minore quanto più veloce è il processo di trasformazione di Red, a parità di velocità di trasporto laminare (ossia di ). Misurando la variazione dell’intensità di corrente all’anello con la velocità di rotazione si può quindi avere una stima della velocità della reazione.