A 50 anni l`Europa è in movimento e pensa alle sfide future.

A 50 anni l'Europa è in movimento e pensa alle sfide future
di Francesca Morandi
A 50 anni l’Europa è sempre in movimento e si prepara alle sfide del futuro. In occasione del cinquantesimo anniversario
della firma dei Trattati di Roma, che segnarono nel 1957 la nascita dell’Unione europea, il prossimo 25 marzo
confluiranno a Berlino i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri per varare una dichiarazione solenne sull’Europa.
Ad aprire il dibattito sulla presentazione della Dichiarazione di Berlino è stato mercoledì scorso il ministro degli Esteri
tedesco e rappresentante delle presidenza di turno dell’Ue, Frank Walter Steinmeier che dall’Aula del Parlamento
europeo di Strasburgo ha sollecitato i leader europei a «guardare al passato per apprezzare i successi compiuti
dall’Unione europea e al futuro per poter trovare le risposte alle prove e ai rischi che incombono».
«La gente si aspetta dall’Ue coraggio e volontà di agire in concreto» ha aggiunto Steinmeier sottolineando che il
documento dovrà essere «breve e leggibile» perché «se volete che i cittadini siano favorevoli all’Europa, occorre
spiegarla con un linguaggio semplice ed esempi concreti che mostrino a cosa serve». La settimana scorsa è intervenuta
anche la cancelliera tedesca e presidente di turno dell’Ue, Angela Merkel, che ha deciso di non presentare una bozza
scritta della sua idea di Dichiarazione ma ne ha illustrato verbalmente i punti essenziali per lasciare spazio agli altri
leader europei di esprimere le loro opinioni fino ad arrivare a un’elaborazione definitiva della proposta entro il 25 marzo.
«Gli europei hanno tutte le ragioni di andare fieri di quel che abbiamo fatto sinora, soprattutto rispetto ad altre regioni del
mondo», ha detto la Merkel secondo la quale il testo della Dichiarazione dovrebbe «essere composto da due o tre
pagine e diviso in quattro punti» e «il suo scopo sarà quello di presentare valori e ambizioni future dell’Europa». Il primo
punto riassumerà la storia della costruzione europea e i suoi successi, il secondo ne metterà in rilievo i principi
fondamentali e il terzo sottolineerà l’impegno dei 27 nell’affrontare insieme le questioni comuni in molteplici settori quali
lo sviluppo, la crescita economica, la sicurezza, l’immigrazione e la tutela dell’ambiente. L’ultimo capitolo tratterà infine il
cammino da seguire per raggiungere tali obiettivi.
Numerosi i “nodi” oggetto di discussione, tra i quali il riferimento all’euro fra i successi dell’Ue o al modello sociale
europeo. Tra le posizioni critiche, quella del Regno Unito che, in quanto Paese al di fuori dell’Eurozona, si è detto
contrario a menzionare la moneta unica tra le conquiste dell’Unione. A suscitare pareri controversi è anche la definizione
del “modello sociale europeo”: le diverse concezioni variano dal modello tedesco a quello scandinavo fino a quello
britannico, a cui si aggiungono i modelli sviluppati in molti dei nuovi Stati membri un tempo sotto regimi comunisti.
Si ipotizza, tra l'altro, che la Dichiarazione di Berlino possa diventare il preambolo alla futura Costituzione europea, sulla
quale è in corso una discussione che contempla la possibilità di sostituire il termine “Costituzione” con quello di
“Trattato”.
L’UNIONE EUROPEA ALLO SPECCHIO
Il cinquantenario dell’Unione europea cade in un momento difficile per l’Europa, che vive un periodo di crisi a fronte del
“congelamento” del processo costituzionale e una crescente disaffezione da parte dei suoi cittadini. Proprio a questi
ultimi saranno dedicati una serie di eventi e progetti che avranno luogo in tutta l’Unione europea nel corso del 2007 allo
scopo di informare e coinvolgere gli europei nel dibattito aperto sull’Ue. Le iniziative preparate dalle istituzioni
comunitarie celebreranno innanzitutto la pace e la libertà che l’Europa ha saputo finora conquistare ma mirano anche a
rendere i cittadini maggiormente consapevoli delle future sfide che attendono l’Europa, oggi incompleta da un punto di
vista istituzionale e investita dal fenomeno della globalizzazione, a fronte del quale il continente europeo dovrà essere in
grado di rispondere.
Secondo numerosi europeisti, le vere ragioni dell’attuale crisi europea risiedono nell’insufficiente integrazione delle
politiche comunitarie, in particolare nei settori più strategici quali l’energia, l’industria, la ricerca e lo sviluppo, oltre alla
carenza di un’efficiente politica estera di sicurezza e difesa. Problematiche espresse in sintesi da Margot Wallström,
vicepresidente della Commissione europea, secondo la quale «l’Unione europea ha unito nuovamente l’Europa l’ha resa
più forte e ha offerto ai suoi cittadini libertà, stabilità e prosperità, ma nella misura in cui l’Ue invecchia e le nostre società
si trasformano, anche la questione dell’integrazione europea si evolve. Il vertice offrirà un’occasione senza precedenti
per discutere di questa Europa in movimento».
«L’Unione europea è molto di più che un semplice mercato – ha continuato Wallström – dobbiamo perciò approfittare di
questa opportunità per dimostrare che l’Ue si occupa anche di sviluppo sostenibile, di cittadinanza, di parità tra i sessi, di
diritti dei consumatori, di sicurezza e di opportunità per i cittadini». Parole condivise dal nostro ministro degli Esteri
Massimo D’Alema che, in un seminario sul cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma, ha lanciato un monito sulla
necessità di «istituzioni forti» che possono essere raggiunte solo con il completamento del cammino costituzionale.
«Senza un’Europa unita, tra 30 anni non ci sarà più neanche un solo Paese europeo nel G7 - ha affermato D’Alema - E’
giusto che Cina, Brasile e India prendano il posto che spetta loro nel mondo ma se in futuro tra le grandi realtà politiche
non ci sarà più l’Europa anche i valori in cui crediamo conteranno meno sulla scena mondiale».
«L’Ue non può stare ferma, perché se rimane ferma va indietro», ha aggiunto D’Alema, secondo il quale senza istituzioni
sovranazionali in grado di funzionare «saremo impotenti» davanti al progredire della globalizzazione che invece deve
essere «governata».
I GIOVANI FARANNO L’UE
In primo piano al summit europeo saranno i giovani, protagonisti del primo Forum europeo della gioventù che si terrà a
Roma contemporaneamente al vertice dei capi di Stato e di governo del 24 e il 25 marzo. “Vostra Europa, vostro
avvenire” sarà lo slogan di oltre 200 ragazzi e ragazze che, in rappresentanza dei 27 Stati dell’Ue, si riuniranno a
discutere del loro futuro, prima tra loro e poi con il Consiglio europeo di Berlino attraverso un collegamento in diretta
video. L’obiettivo è portare al riconoscimento dei risultati ottenuti in Europa, riflettere sulla partecipazione dei giovani
europei alla vita democratica dell’Ue e soprattutto guardare al futuro.
Il vertice dei giovani d’Europa sarà inaugurato sabato 24 marzo presso l’università di Roma. Nel pomeriggio i ragazzi si
divideranno in sei gruppi di lavoro per discutere i seguenti temi: il futuro del trattato Ue; il modello sociale ed economico
dell’Ue; lo sviluppo sostenibile; il ruolo dell’Ue in un modo globalizzato; democrazia e società civile; i giovani e
l’istruzione. Domenica 25 marzo il Forum sarà ospitato al Campidoglio per la riunione plenaria, nella quale saranno
adottate le conclusioni e i messaggi finali sul futuro dell’Europa. Nel corso di una tavola rotonda i giovani discuteranno
inoltre questi messaggi con la vicepresidente Wallström, il commissario Figel e i rappresentanti di altre istituzioni dell’Ue.
Il dibattito sarà accessibile al pubblico in diretta su internet. Questi risultati serviranno come base per il dialogo che si
svolgerà nei prossimi anni tra i giovani europei e le istituzioni europee.
IL CAMMINO DELLE ISTITUZIONI COMUNITARIE
Guardando al passato il cammino europeo è costellato di successi, primo fra tutti quello di aver
unito, nel corso di mezzo secolo, un continente diviso da guerre che, tra il 1915 e il 1945, causarono
la morte di decine di milioni di persone. Oggi 27 Stati europei convivono all’interno della stessa
casa comune, pur conservando ciascuno la propria diversità culturale e linguistica, e condividono
gli stessi valori di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani, Stato di diritto e uguaglianza.
L’integrazione europea, un processo che ha coinvolto 500 milioni di cittadini, si presenta oggi come
un esempio unico al mondo di cambiamenti politici avvenuti pacificamente. Un cammino denso di
vittorie ma anche ostacoli con i quali tuttora l’Ue deve fare i conti. La trasformazione dell’Europa
iniziò il 25 marzo 1957 a Roma dove i sei Paesi (Italia, Francia, Germania, Olanda, Belgio e
Lussemburgo) firmarono il trattato istitutivo della Comunità economica europea (Cee) e il trattato
istitutivo della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). In realtà, la costruzione europea
prese avvio qualche anno addietro, precisamente il 9 maggio 1950, quando il ministro degli esteri
francese Robert Schuman tenne uno storico discorso a Parigi, nella sala dell’Orologio del Quai
d’Orsay, in cui propose di mettere la produzione franco-tedesca del carbone e dell’acciaio sotto
un’autorità comune nel quadro di un’organizzazione aperta ad altri Paesi europei. Dalla
dichiarazione di Schuman emerse l’idea che l’unità europea dovesse attuarsi attraverso
un’integrazione prima economica e poi politica tra i vari Stati europei. La proposta del ministro
degli esteri francese si realizzò pochi mesi dopo con la creazione della Comunità europea del
carbone e dell’acciaio (Ceca). La Ceca si rivelò un successo tale che nel giugno del 1955 i Sei Stati
fondatori decisero di estendere l’integrazione al settore dell’energia atomica e all’insieme delle
attività economiche allo scopo di instaurare un mercato comune basato sulla libera circolazione
delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali. Due anni dopo, il 25 marzo del 1957 la firma
dei Trattati di Roma avviò lo sviluppo delle istituzioni europee.
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