Negli ultimi 15 anni circa si comincia a parlare di
web radio, vere e proprie radio che sfruttano il potentissimo mezzo del web per farsi conoscere a livello mondiale e per tentare di diventare un delizioso passatempo per tutte le migliaia di persone che
navigano durante il giorno. Purtroppo in Italia la
realtà delle web radio è poco conosciuta e di conseguenza poco sfuttata e valorizzata; questo modo alternativo di fare radio prende spunto dalle vecchie
radio libere anni ’70 che nascevano per dare spazio
a tutto ciò che non passava nelle radio nazionali,
che mettevano in primo piano le vicende tralasciate
dai mass -media e che evidenziavano la necessità di un tipo di informazione meno manovrata dai
grandi sistemi politici. A diventare esempio, ormai
da un anno, di questo nuovo modo di fare radio è
“Radio Bombay”.
Radio Bombay viene partorita dalla mente di un
giovane ragazzo del vibonese, Gianluca Rovito,
che sfrutta la sua grande passione musicale per
coinvolgere un gruppo di ragazzi, la maggior parte
calabresi, formando così lo “staff bombeyano”.
“Dare voce a chi non ha voce” è ciò che Radio Bombay si propone di fare richiamando i modelli delle
radio libere, ma sfruttando tutte le potenzialità che
oggi ci mette a disposizione la tecnologia. Proprio
per questo è possibile ascoltare Radio Bombay da
tutto il mondo collegandosi semplicemente al sito
www.radiobombay.it.
Il progetto nasce con l’obiettivo di valorizzare il
lavoro di artisti emergenti che oggigiorno trovano
parecchie difficoltà per immettersi nel vastissimo
panorama musicale. E proprio per questo motivo
gli speaker di Radio Bombay organizzano spesso
svariate interviste con gruppi ed artisti emergenti
provenienti da tutta Italia. Un altro degli obiettivi della radio è quello di valorizzare la musica alternativa discostandosi così dalle altre web radio
“commerciali”.
Radio Bombay non usufruisce di alcun finanziamento esterno, ma sono proprio i ragazzi, che collaborano al progetto, a dare un contributo economico per portarlo avanti.
Questa piccola grande web radio ha anche avuto
modo di partecipare ad alcuni eventi importanti organizzati nel territorio reggino e vibonese. Difatti
ha preso parte al “Indie Rocket Festival” svoltosi
a Reggio Calabria, ha aderito all’iniziativa “Invasioni Urbane” fatta dall’associazione Mammalucco
Onlus in quel di Taurianova (RC), trasmettendo per
tre giorni in diretta questa manifestazione dedicata
all’arte ed intervistando vari gruppi musicali tra cui
i “Marta sui Tubi”.
Ma Radio Bombay si occupa anche di valorizzare il
panorama artistico e letterario del nostro BelPaese,
difatti ai suoi microfoni riesce ad ospitare la nota
poetessa italiana Maria Luisa Spaziani, tre volte
candidata al Premio Nobel per la letteratura.
Il 2010 comincia nel modo migliore per Radio
Bombay poiché in occasione del Concerto di Capodanno dei “Modena City Ramblers”, svoltosi a
Vibo Valentia, i giovani speaker calabresi riescono
a strappare una bellissima intervista al gruppo, della durata di un’ora circa.
Radio Bombay ha appena compiuto un anno e si
augura di continuare a crescere nel migliore dei
modi dando, a chi è realmente interessato, l’opportunità di collaborare al progetto. Per conoscere al
meglio questa iniziativa basta visitare il sito.
Deborah Maria Foti
Davvero mi(s)tici, questi Baustelle, difatti il loro
nuovo parto dal titolo “I mistici dell’Occidente”
, che va ancora metabolizzato meglio dalla sottoscritta, si presenta come un album molto poco pretenzioso, e questo pare un bene, con contorno un
tantino di “stitichezza” in quanto a maturità artistica e freschezza ed originalità nel complesso.
Possiamo affermare che si tratta di un disco di
equilibrio. L’album precedente “Amen” poteva essere definito di “assestamento” ed è stato il disco di
commercializzazione da parte della band, nel quale, in ogni caso, l’anima indie dei baustelle continuava a persistere.
L’ultimo lavoro mi lascia comunque un tantino
perplessa, molte delle vecchie atmosfere spensierate si ritrovano, ma a fatica. I testi sono molto buoni,
difatti Francesco Bianconi, voce del gruppo, dichiara di averli scritti in maniera più libera e “Bian-
coniana”, anche se il Bianconi che conosciamo non
è propriamente così, ma va ripescato in qualche
loro pezzo addietro.
Tra i pezzi interessanti possiamo notare il brano dal
titolo “La bambolina”, nel quale finalmente si sente
per la prima volta nel disco la voce della bravissima Rachele Bastreghi che, a quanto pare, sembra
che il gruppo non abbia mai messo in luce più di
tanto. “La bambolina” è una bellissima ed originale
canzone d’amore.
Nell’album si accentuano i cori davvero notevoli,
ed è sempre e comunque azzeccato il duello vocale
Bianconi-Bastreghi, che a mio parere è uno dei più
belli duetti vocali che esistono in Italia. Il tocco alle
tastiere è sempre notevole, qualche esperta manina inizia a danzare fra tasti bianchi e neri già dalla
prima traccia dell’album. I testi ci sono, questo lo
si deve ammettere, non sono testi “normali”, ma
sono veri e propri discorsi e vere e proprie poesie,
che difficilmente si leggono fra i gruppi di tendenza italiani.
Se sei un comune nababbo italiano e vai a comprare l’ultimo cd dei Baustelle perché fa tendenza,
ti sbagli di grosso, caro il mio falso “Romantico a
Milano”. Per capire bene questo disco è necessario
aver ascoltato almeno il precedente Amen o addirittura tutti gli altri lavori baustelliani.
Diamo dunque un bel 7 a quest’opera, sperando
che fra 18 mesi il nuovo nato sia più gagliardo. La
nota molto positiva è l’inizio del nuovo tour, dove
i fans datati sperano di riacciuffare i vecchi pezzi
sott’olio che hanno dato gloria a Bianconi e compagni.
Amen.
Stella Tavella
Nik Spatari e Hiske Maas decidono di lavorare a un progetto globale
che contempli la produzione dell’arte nell’insieme di uno specifico contesto, con precisi punti di riferimento storici ed ambientali. Li guida il
desiderio di un luogo integrale, di una cultura incarnata ed incorporata
nell’ambiente di una creatività scritta sulla terra. L’iniziativa Santa Barbara MuSaBa è largamente ispirata dal senso di ribellione contro l’ambiente dominato dall’incultura e dall’arretratezza, ostile alle innovazioni,
qui la spinta a promuovere attività artistiche assume un valore che va al
di là del contesto culturale.
Tutto questo nel 1969, quando nasce l’Associazione Museo Santa Barbara, da cui Musaba, e nel 1986 viene istituita la Santa Barbara Art Foundation, ente morale internazionale no profit per la creazione, tutela, gestione, conservazione, diffusione e valorizzazione del patrimonio artistico,
architettonico, ambientale, archeologico, paesistico e botanico.
La fondazione definisce, attiva, realizza i propri programmi e promuove
una serie di iniziative progettuali finalizzate al completamento del Parco Museo Laboratorio Santa Barbara MuSaBa (con sede a Mammola,
nell’entroterra reggino, a 10 km dallo Ionio) con riferimento all’area della
Vallata del Torbido, del comprensorio della Locride e dell’area della Piana di Gioia Tauro.
E’ un museo all’aperto, improntato da un principio di presidio attivo, un
vero e proprio parco scientifico con un programma di forte interattività,
un parco laboratorio produttivo.
Nel parco museo laboratorio si ha la possibilità, rara, di rilevare differenti
tipologie di presenze che sono state conservate e restaurate e che costituiscono un unicum di rilevante interesse ambientale nel quale convergono
valori e testimonianze storiche dell’antica frequentazione di queste aree.
La collaborazione territoriale del sito, vero acrocoro storico di presenze
stratificate e sedimentate, risulta altrettanto strategica per la strutturazione di un circuito di frequentazioni culturali di significativa rilevanza. Descrizione del progetto
Il progetto arte ambiente consiste nel restauro e
recupero funzionale dell’antico complesso monastico Santa Barbara per attrezzarlo con strutture
per la promozione di attività culturali, aree di laboratorio artistico, servizio di accoglienza, spazi
museali, servizio editoriale e archivio multimediale. Prevede strutture di promozione e gestione di
attività d’arte, banca dati del patrimonio artistico,
architettonico, ambientale e archeologico; network di informazione, scambio di dati e attività
connesse alla rete regionale di informazione e archivi del patrimonio culturale per la promozione
del patrimonio ambientale, archeologico, architettonico, artistico e culturale, con attività editoriali e
mediateca.
Tutela Ambientale
Gli interventi di restauro, consolidamento e adattamento delle preesistenze si attueranno con l’uso di
tecnologie sperimentali a basso impatto ambientale e l’utilizzo di materiali naturali del posto. Pietra
e legna serviranno alle operazioni di reintegrazione
delle murature, al completamento o ricostruzione
di solai e tetti, senza l’apporto di materiali anomali
e non adatti alla situazione. Nel rispetto dei criteri
e degli scopi di conservazioni integrati si propone
il recupero funzionale delle strutture storiche per
funzioni di supporto all’accoglienza e ristorazione,
per spazi di museo-laboratorio o destinati ai servizi culturali di informazione-comunicazione da
attivare a mezzo rete. Il complesso delle attività
si organizza in regime di interazione delle diverse
attività.
Nonostante i buoni propositi, però, proprio Nik
Spatari lamenta una sorta di menefreghismo da
parte della Regione Calabria: «Non riceviamo fondi per i lavori. Stiamo procedendo con degli scavi
relativi a delle terme, stiamo provando a restaurare alcuni edifici. Però la Regione non ci calcola: i
fondi che abbiamo ci arrivano da Roma». Insomma, è sempre la solita storia: non si riesce a valorizzare quello che si ha in casa. Un vero peccato.
Simone Vazzana
Dopo aver lottato con i Persiani in 300, impugnando lancia e scudo di Re Leonida, ritroviamo Gerard Butler protagonista di una simpatica commedia sentimentale, affiancato da Jennifer Aniston.
Il cacciatore di ex racconta il difficile rapporto tra
Milo Boyd e l’ex moglie Nicole.
Milo è un ex poliziotto che dopo il divorzio si ritrova, più per necessità che per vocazione, a diventare “cacciatore di taglie”. Negli Stati Uniti quella
del bounty hunter (tra l’altro il titolo originale della commedia) è una professione legale e regolamentata. Consiste nel mettersi all’inseguimento di
ricercati al fine di ottenere una ricompensa. Parallelamente l’ex moglie, giornalista d’assalto sposata per nove mesi, inizia a indagare su un omicidio
spacciato per suicidio. Contattata con urgenza da
un informatore, Nicole manca la convocazione per
oltraggio a pubblico ufficiale e diventa, suo malgrado, latitante. Per Milo si presenta la possibilità
di pareggiare i conti con Nicole, dopo il divorzio.
E sarà proprio lei a chiedergli aiuto nell’indagine.
In fuga da loro stessi e da un presunto assassino, i
due ex coniugi rivedranno le rispettive posizioni,
riscoprendo nuovamente l’amore.
Il regista, Andy Tennant, mescola diversi generi aggiungendo, a quella che fondamentalmente
è una commedia romantica, spunti presi da road
movie e polizieschi. La buona riuscita del film e il
successo al botteghino sono da ricondurre più che
altro alla bravura dei due attori protagonisti, che
giocano al gatto con il topo, fra attimi di ilarità,
momenti romantici e gag. Quel che lascia perplessi è proprio la storia, con ben tre differenti filoni
narrativi, così distanti fra loro e non sempre facilmente riconducibili a una stessa trama. Il tutto risulta un po’ forzato. E forse scontato, con tanto di
happy ending.
In Italia non si puo’ vivere di sola musica. E questo
mi sembra un dato di fatto ormai constatato da molti; sui vari perche’ si potrebbero aprire dibattiti storici e speculazioni filosofiche degne della faida “beatles-rolling stones”. Fatto sta che la realta’ rimane
tale, forse colpa di un circuito chiuso a pochi eletti
(eletti dai media tra l’altro) che in fondo cosi facendo peggiora sempre piu’ anche la sua sorte. Quali
speranze rimangono allora a coloro i quali decidono
di non emigrare all’estero per cercare fortuna in paesi come l’Inghilterra ad esempio? Andare in qualche talent show sperando di non svalutare troppo la
loro persona? Oppure rimanere in un ambiente che,
sebbene sia ricco di artisti talentuosi, rimane sempre
di nicchia? Unire l’utile al dilettevole in quest’am
bito non è cosa facile, quindi spesso ci si arrangia
alla meno peggio e questo principio vale sia per gli
artisti, sia per i pochi rimasti che decidono ancora
di porre fiducia nella musica, comprando dischi ad
esempio o non prendendo come legge quei quattro
nomi d’esportazione che soffocano l’impegno di
molti. E’ possibile dunque cercare di non cadere in
facili tentazioni e cercare di fare della propria passione un “lavoro”? Incuriosita da questo principio,
ho fatto qualche domanda ad Andrea Benedetti, ex
musicista che da qualche tempo ha creato la “mission to rock”, progetto che ha come scopo l’organizzazione di concerti per band emergenti.
ALLORA, SPIEGA UN PO’ PERCHE’ HAI DECISO DI CREARE IL PROGETTO MISSION
TO ROCK, COS’E’ UNA CONSEGUENZA
DELLA CRISI, PASSIONE PER LA MUSICA…
Perchè ne avevo voglia! No scherzo, in realta’ non è
una conseguenza della crisi, piuttosto una passione
diventata poi una causa! Tutto è cominciato un anno
fa circa, quando conobbi un ragazzo con il quale
condividevo la passione per la musica, fu proprio lui
a farmi pressione nei mesi a seguire affinchè cominciassimo insieme un progetto che avesse lo scopo
di organizzare concerti per band emergenti. Detto
fatto, nonostante il precoce abbandono al progetto
da parte di questo ragazzo cercai di non demoralizzarmi; creai il logo myspace,buttai giu’ un regolamento e un modulo per l’iscirizione ed iniziai a
chiedere ai gruppi che gia’ conoscevo, visto che ero
nel mondo della musica insieme al mio gruppo gli
“scassafatike” da un po’ e successivamente, ispirandomi al film mission to mars diedi al tutto il nome
di mission to rock. Inizialmente non è stato molto
facile crearsi un seguito, ma dopo qualche mese mi
accorgo che la voce inizia a girare e la gente comincia ad incuriosirsi e ad iscriversi.
INVENTARSI UN LAVORO SIMILE E’ ABBASTANZA SINGOLARE, QUALI SONO
LE MAGGIORI DIFFICOLTA’ CHE HAI RISCONTRATO FIN’ORA?
Non ho inventato nulla in fondo il mio non è
nient’altro che un classico lavoro di booking, pero’
gratuito e per le band emergenti, non quelle gia’
affermate con una loro etichetta che li produce. Io
credo nella musica emergente e mi piace, cerco di
trovare qualcosa di particolare in questo modo, dei
gruppi che meritino davvero e cercare di farli conoscere. Inoltre per me non è un lavoro ma una passione, comunque avendo gia’ un lavoro è diciamo
una mia seconda attivita’. Le maggiori difficolta’ si
sa, sono le stesse che hanno tutti i gruppi d’Italia:
lo sfruttamento da parte dei locali, tutti vogliono
la musica ma nessuno vuole pagarla nè tantomeno
valorizzarla. Ora che non sono piu’ dalla parte del
musicista che deve farsi in quattro per farsi notare,
capisco che non è un problema di soldi, ma proprio
di qualita’.In realta’ alle varie organizzazioni non
frega nulla della musica vera e propria.
ADESSO A LAVORO INOLTRATO, COME
STANNO ANDANDO LE COSE?
Bene perchè ho un buon numero di gruppi su cui
contare e puntare, anche se non nascondo che lo
scoglio dei locali ce l’ho ancora, non ho certo le
porte spalancate ora anche se la gente comincia ad
interessarsi autonomamente alla mission to rock e
mi riempie di soddisfazione notare che quando vedono la locandina capiscono di cosa si tratta.
PERCHE’ UNA BAND DOVREBBE METTERSI NELLE TUE MANI?
Beh, dovrebbe mettersi nelle mia mani perchè capisce cos’è il mio progetto, perchè si sente professionale e perchè vorrebbe aiutarmi( non sono solo
io ad aiutare loro) a far crescere il progetto. In fondo non chiedo nulla, l’affilizione è gratuita su mia
decisione se ritengo che il gruppo sia valido, e ci
si puo’ togliere in qualsiasi momento. Le date vengono pubblicizzate sullo space(www.myspace.com/
missiontorockitalia) anche quelle che non organizzo
cosi per la gente comune è piu’ facile trovare concerti della propria zona senza dover faticare troppo
per trovare qualche live.
IN BASE A QUALI CRITERI GIUDICHI UN
GRUPPO PIU’ O MENO VALIDO?
Se sono della Brianza o Milano e dintorni diciamo
che sono piu’ di manica larga, in quanto lavorando
in zona per ora, mi servono tanti gruppi del posto.
Per il resto invece valuto il genere prima di tutto e
la capacita’ compositiva, poi l’originalita’. Naturalmente prendo solo gruppi con pezzi inediti o che comunque stanno componendo inediti, infatti ho solo
un gruppo cover tra i miei e solo perchè sono ottimi
musicisti e molto scenografici.
FINO AGLI ANNI 70 CIRCA, IL LIVE DI UN
ARTISTA ERA CONSIDERATO COME UN
EVENTO FONDAMENTALE ANCHE PER LA
CRESCITA DELL’ARTISTA STESSO. SECONDO TE, PERCHE’ OGGI LA VALIDITA’ DI UN
MUSICISTA SEMBRA ESSERE INVECE DIRETTAMENTE PROPORZIONALE AL PASSAGGIO IN RADIO O IN TV DEL PROPRIO
BRANO PIUTTOSTO CHE DALLA BUONA
RIUSCITA DI UN CONCERTO?
E’ semplice: perchè ci sono ormai troppe band e
tutte suonano live, quindi il live di per sè ha perso
molto. E’ la stessa legge domanda-offerta in fondo:
se c’è poca offerta c’è tanta domanda e quindi la
cosa prende valore. Come siamo messi oggi invece
c’è fin troppa offerta (per suonare in un locale ormai
devi aspettare almeno due, tre mesi!) e quindi anche
alla gente stessa non interessa piu’ niente e diciamo
pure per colpa della musica che diventa piu’ scadente e banale. O meglio, chi fa un dato genere segue per forza di cose un filone che si rifa’ al passato
creando si’melodie propire, ma che non hanno quel
tocco “nuovo” necessario per suscitare interesse e
di questo ne approfittano i locali. Un altro problema
è dato dai media secondo me, che monopolizzano
il pensiero secondo cui “se vai in televisione allora
hai talento e diventi famoso”; al contrario io credo
vadano in tv solo i peggiori gruppi o i raccomandati.
Perchè quelle veri se ne sbattono della pubblicita’,
della mission to rock, suonano una volta ogni due
mesi anche in una bettola, ma la gente che va a vederli in quella bettola è sudata e contenta, perchè
quelli sono i veri rockers non le star truccate che
si vedono in tv. Inoltre a peggiorare il tutto è anche la mentalita’ “vecchia” di noi italiani, per cui
la musica buona è quella che non fa casino, quella
dei soliti volti che da decenni riempiono radio, tv,
stadi e negozi di cd; i classiconi dell’Italia da cui
non penso potremo mai liberarci. Ancora oggi, vedo
gente che se gli dici rock, dicono:” ah quella musica che non si capisce niente..tutti gridano, ma quella non è musica,è rumore!” Beh per me i counting
crows sono rock, eppure non spaccano le orecchie
a nessuno.
QUANDO DICI STAR TRUCCATE DA CHECCA HAI IN MENTE QUALCHE NOME IN
PARTICOLARE?
Non guardo molto la tv e tutte le volte che la gente
mi dice “hai presente xxx quello che ha fatto yyy
che è insieme alla zzz?” , io sbarro gli occhi e dico
“chi cazzo è questo sfigato?”. Pero’ tanto per far felici i giovani punk del duemila nomino i tanto citati finley, frutto mediatico sulla cresta dell’onda, un
anno e poi? Spariti…il “fenomeno” per convincere
le piu’ giovani a comprare poster, dischi facendo un
sacco di soldi. In fondo non è neanche colpa loro,
è tutto uno sporco gioco mediatico di soldi:nessun
valore, nessun rispetto.
QUAL’E’ IL PEGGIOR CONCERTO A CUI
HAI ASSISTITO?NATURALMENTE NON MI
RIFERISCO SOLO A QUELLI ORGANIZZATI DA TE…
A parte quelli in cui suonavo io con gli “scassa” in
cui eravamo sbronzi e non sapevamo suonare ma
a tutti piaceva cosi, pubblico compreso..mm molti!
Facendo distinzione tra concerti dei “big” e degli
emergenti big, quelli che mi hanno deluso di piu’
sono quelli che live sono uguali a come li senti sul
cd, quelli che non mettono niente di nuovo, niente di
piu’ “figo”. Tra gli emergenti credo di aver rimosso
le porcherie a cui ho dovuto assistere e in ogni caso
non farei i nomi, ma ho assistito a live veramente
pessimi in cui le facce di tutti i presenti rimanevano
pietrificate e alla fine delle canzoni nessuno aveva il
coraggio di applaudire neanche per misericordia…
un po’ mi spiace, perchè se dovessi mettermi nei
loro panni, sarebbe davvero umiliante! Ma d’altra
parte, come dicevo prima, non si puo’ pretendere
niente dalla gente: se non piaci a nessuno perchè
fai musica orribile, (obiettivamente non soggettivamente), fermati, vai un po’ a lezione e ricomincia
con le idee piu’ chiare su cosa vuol dire fare musica.
COSA SPERI DI OTTENERE CON QUESTO
TUO PROGETTO?
Soldi,ahahah..no scherzo,anche se effettivamente
servono sempre e fan sempre comodo; vorrei creare
un movimento che faccia porre piu’ attenzione sulla
scena emergente italiana. Tutti parlano di emergenza, fanno festival e concorsi ovunque ma alla fine
non cambia niente! Diciamo vorrei fare il talent
scout ma con un portale su cui tutti possano sentire
i frutti della mia ricerca cosi che davvero la musica
emergente si diffonda come cultura. Basta etichette,
basta agenzie bisogna dare aria alla musica, non te-
niamo sempre tutto sotto contratto, la musica è arte
e l’arte è libera. Si lo so, poi comunque se mi danno
trentamila euro perchè ho scoperto un gruppo me
li prendo, probabilmente è cio’ che stara’ pensando
chi legge, ma scherzi a parte l’idea è questa anche se
il futuro si sa, è ignoto per tutti.
Caterina Mauro
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New York, 1991, siamo sul binario di una metropolitana, una donna tiene per la mano la sua bambina,
viene aggredita e derubata da due teppisti e successivamente assassinata davanti agli occhi della piccola.
Ally (Emilie de Ravin) cresce piuttosto bene nonostante il traumatico evento infantile e ad un certo punto
della sua vita incontra Tyler (Robert Pattinson), giovane e ribelle newyorkese con un mucchio di soldi da
spendere e un complicato rapporto col padre.
Il film inizia in maniera promettente, senza però mai arrivare al proverbiale punto di massimo, difatti sembra di stare un’ ora aspettando qualcosa che faccia finalmente esclamare “bello!” ma che alla fine non arriva.
Si tratta dunque di una curva senza nessun massimo ma purtroppo con svariati minimi, che si può archiviare
come tragedia romantica in tutto e per tutto.
La maggior parte della popolazione mondiale non ha ancora capito il ruolo di Robert Pattinson all’interno
dell’ambiente cinematografico americano, e, se qualcuno l’ha capito, per favore lo faccia presente! Il film
non sarà un successone ai botteghini, o se lo sarà, ciò accadrà per “colpa” del vampiro bellimbusto di Twilight che comunque non sembra ancora aver dimostrato qualità recitative molto rilevanti. Un particolare
plauso è d’obbligo per la coprotagonista femminile, Emilie de Ravin, che comunque dimostra di essere un
po’ più esperta con copioni e macchine da presa.
Per una bella tragedia, non solo romantica, ma anche cinematografica, ci vuole un finale che si possa considerare tale, ma che, onestamente, col film non aveva davvero niente a che vedere.
Siamo un po’ stufi di vedere nei film sempre la stessa pappa, fra turbe psichiche adolescenziali e amori
tormentati e quindi non possiamo lamentarci se poi anche il più schifoso dei film di James Bond, o un qualunque film sulla guerra in medio oriente fa strage di biglietti ai botteghini di tutto il mondo. Cambiamo
registro, e forse anche regista, qualche volta.
E per concludere: DO NOT REMEMBER ME!
Stella Tavella
Ci siamo LOST davvero noi di lost… lasciando perdere il sottile gioco di parole, ma c’è ancora qualcuno
che si chiede che cosa voglia significare ogni singola puntata della sesta e ultima stagione del serial americano che sta tenendo sospesi su una piantagione di cactus l’intera popolazione mondiale. Ci si chiede
ancora se tutti i segreti e i misteri dell’isola verranno adeguatamente spiegati durante le puntate finali, consci ormai del fatto che ci si trova alle battute finali di quella che sarà la fine di un telefilm consacratissimo
dell’ultimo decennio. Ci si aspetta quantomeno che la fine sia all’altezza della serie.
Proviamo però a formulare qualche ipotesi del tutto profana e campata in aria sul reale significato del telefilm. La vera funzione dell’isola pare che si sia mezzo capita, si tratta infatti di un gigantesco contenitore,
intrappolato in una bolla di elettromagnetismo. Un contenitore di cosa? Non di pelati si spera, anche se
all’interno della serie il nostro caro John Locke mantiene comunque il primato assoluto in questo campo.
L’isola contiene ed imprigiona il male assoluto! Questa sorta di moderno Lucifero sarebbe quel fastidio-
sissimo fumo nero che si intravede già dalle prime stagioni del telefilm. Si capisce bene anche il ruolo del
“santone” Jacob, che è una sorta di guardiano dell’isola, attento affinchè la creatura di fumo nero non sfugga via dall’isola.
Detto questo, detto tutto. Ma anche no! A quanto si è capito durante tutte queste sei serie è comunque chiaro
che, oltre al genio dell’elettromagnetismo Daniel Faraday, gli autori abbiano rispolverato per bene i loro testi di fisica del liceo e ci abbiano trovato un certo fisico tedesco di nome Albert Einstein, con la sua assurda
e strampalata teoria della relatività.
L’isola sfugge ad ogni controllo sullo spazio e sul tempo. Può viaggiare attraverso le epoche e attraverso
tutti i luoghi fisici possibili. Esistono poi un’infinità di mondi e dimensioni parallele, infatti la vita dei personaggi è di volta in volta condizionata da scelte che ne mutano la collocazione spazio-temporale. Si tratta
realmente di vite parallele che pare abbiano numerosissimi punti di contatto le une con le altre. I protagoni-
sti diventano di volta in volta consapevoli di aver vissuto sull’isola e la vita in cui vengono catapultati non
rispecchia quelle che sono le loro reali inclinazioni; si
ha da qui il ricordo progressivo dei momenti passati
sull’isola, e della consapevolezza di dover fare qualcosa di importante per salvare le sorti delle persone a
cui tengono di più.
Potrà il semplice scoppio di un ordigno nucleare mettere in salvo le vite e il futuro dei nostri losties e di
tutti quelli a loro collegati? Lo scopriremo fra qualche
puntata. Buona visione!
E lasciate tranquillamente scorrere i rubinetti, Lost
sta finendo, purtroppo, piangete e disperatevi pure!
Namaste!
Stella Tavella
VI PRESENTO DOPPIA G.
Giorgio Gaber, nome d’arte di Giorgio Gaberscik, nato a Milano il 25 Gennaio del 1939 e morto a Camaiore il 1° Gennaio del 2003, è stato cantautore, attore, commediografo e chi ha definizioni più ne metta per
rivolgersi a un uomo dalla personalità così eclettica. Conosciuto dai più come abile chitarrista jazz e rock,
di spiccata intelligenza, pur partecipando attivamente fino al 1970, seppe tenersi a debita distanza dal mondo della tv mettendo a disposizione del teatro tutto il suo ingegno. Del resto è proprio in teatro che Gaber
si sente libero, libero di rompere le <<limitazioni di censura, di linguaggio, di espressività>> tipiche del
mondo televisivo. Ed è proprio da questa sua nuova esperienza e dalla sua esigenza d’evasione che nasce
“il teatro canzone”, nasce un nuovo Gaber, il “Signor G”. Sul palcoscenico non ha bisogno di alcuna scenografia per esprimersi al meglio cantando-recitando su basi pre-registrate o con i musicisti nascosti dietro il
sipario. A scrivere i testi e gli interi spettacoli lo aiuta l’amico Sandro Luporini, noto pittore e scrittore del
panorama viareggino (in foto con Gaber). I due portano per circa trenta anni nei teatri italiani la descrizione
dell’evoluzione della società italiana e dei suoi più svariati argomenti: famiglia, sessualità, politica, massmedia, istituzioni, i più importanti. Il tutto è ovviamente affrontato con la grande onestà intellettuale tipica
di Gaber e senza la presunzione di volerne dare una soluzione. Fu definito un qualunquista, forse perché per
lui non faceva differenza essere di destra o di sinistra, forse perché era uno dei pochi pensatori in grado di
spiegarci la realtà del mondo in cui viviamo e di esserne totalmente consapevole.
djPazzina
A Liverpool si celebrerà un grande della storia della musica e non solo con un festival che durerà ben due
mesi.
“La memoria è l’unico possedimento concreto dell’uomo” diceva Alexander Smith, celebre poeta scozzese,
e se davvero il ricordo è l’unica cosa che l’uomo può possedere, l’iniziativa in merito al grande John Lennon che si svolgerà a Liverpool acquista un valore del tutto unico e nobile.
Le autorità cittadine di Liverpool hanno fissato la “Tribune season”, un’iniziativa per ricordare e celebrare
John Lennon, personaggio importantissimo nel campo della musica e della cultura, che con le sue idee, con
la sua attività ha contribuito a segnare in modo indelebile una parte consistente dello scorso secolo.
La figura di John Lennon ha, sia prima che dopo la sua morte, influenzato migliaia di giovani e proprio
per questo motivo l’iniziativa che avrà luogo a Liverpool ha ottenuto grandissimi consensi. Il cantante dei
Beatles verrà ricordato attraverso un festival ricco di iniziative che avrà inizio il 9 ottobre 2010, giorno in
cui Lennon avrebbe compiuto 70 anni, e finirà il 9 dicembre del 2010, il giorno dopo il suo trentesimo anniversario della sua tragica morte.
Lo stesso sindaco di Liverpool Mike Storey ha sostenuto questa iniziativa a gran voce, consapevole di
quanto John Lennon sia ormai entrato a far parte degli “immortali”, quelle cosiddette icone che non riusciranno mai a morire proprio per la grandezza delle idee e dei messaggi che ci hanno donato e che influenzano
tutt’ora migliaia di persone.
Deborah Foti
Il progetto nasce dall’idea di Peppe Barresi (principalmente voce) e Domenico Amuso (principalmente
tastiere) che, nell’agosto 2005, decidono di sperimentare nuove esperienze musicali. Ai due si unisce quasi
subito Agostino Taverna (principalmente basso) come terzo componente del gruppo. I tre decidono subito
di esprimersi in maniera inconsueta rispetto a tutto quello che aveva caratterizzato il loro presente-passato
musicale: era giunto il momento di provare a suonare facendo meno rumore possibile. Con lo sguardo
rivolto a tutto ciò che li aveva sempre colpiti, il pop elegante e d’autore, i tre sono sempre più decisi a
lasciarsi meravigliare dai prodigi di quello che ritengono il più bell’accordo di sempre, il Fa. I Mr. Connecticut iniziano a comporre già dal 2005. La loro musica si indirizza verso canali spiccatamente pop/rock
con influenze elettroniche, senza tralasciare un’esigenza comunicativa ed espressiva di tono tutt’altro che
superficiale. I testi sono rigorosamente tutti in lingua italiana e rappresentano secondo la band uno dei loro
punto di forza, al pari della linea melodica delle canzoni e della voce profonda del cantante. La band viene
subito notata da Federico Fiumani (Diaframma), il quale in un’intervista rilasciata nell’aprile 2008 ha confidato di ascoltare, tra i gruppi italiani, i Baustelle ed un gruppo emergente reggino, i Mr. Connecticut. Il
2008 è l’anno della promozione del loro primo demo-cd, che li porta a suonare in numerosi locali di tutta
la Calabria, nonché in importanti manifestazioni nazionali. Nel gennaio 2009 vengono selezionati per par-
tecipare al concorso Italia Wave Band 2009 arrivando a disputare la finale regionale Calabria.
Una volta che la line-up della band si completa, arrivano anche i primi riconoscimenti dal mondo della
critica: in particolare nell’agosto 2009 i Mr.Connecticut si esibiscono alla finale del Mediterranea Sound
Festival, aprendo il concerto di Peppe Voltarelli e aggiudicandosi il premio della critica. Nel dicembre
2009, dopo un ulteriore, ultimo cambiamento nella formazione, il gruppo comincia le registrazioni delle sue
canzoni con la guida di Francesco Sorace e Artigianalsound. A gennaio 2010 alcuni brani vengono notati
dalla trasmissione di culto Demo - L’Acchiappatelenti (di/con Michael Pergolani e Renato Marengo) e sono
pertanto trasmessi su Radio 1 Rai.
Sempre nel 2010 i Mr Connecticut superano le selezioni dei contest Orquestra Pavia, Mediterranea
Festival, Italia Wave Band 2010, B-Side Musicontest e Tour Music Fest 2010, esibendosi su molti
prestigiosi palchi in tutta Italia.
Formazione:
Giuseppe Barresi – voce, chitarra
Domenico Amuso – tastiere, synth
Agostino Taverna – basso
Roberto Ciardulli – batteria
Davide Furfaro – chitarra elettrica
Francesco Sorace – Artigianalsound, riprese, acquisizioni, specifiche tecniche, booking, varie ed eventuali
http://www.myspace.com/misterconnecticut
Schopenhauer ritiene che la vita sia dominata da una forza cieca e senza scopo: la volontà di vivere. Volere
significa desiderare ed il desiderio è assenza di qualche cosa che si vorrebbe avere; per questo l’uomo è
trascinato in una ricerca continua e insaziabile di felicità che lo pone in uno stato di perenne tensione da cui
ha origine il dolore. La vita è perciò dolore.
È possibile liberarsi dal dolore? Attraverso l’arte e l’ascesi che liberano l’uomo dalla catena infinita dei
bisogni, rendendolo pronto a compiere il passo decisivo, l’ultimo atto, la completa cessazione del volere,
in cui la volontà viene estirpata alla radice e si trasforma nel suo opposto, la noluntas (il nirvana buddhista,
ovvero l’esperienza del nulla).
L’esperienza estetica rappresenta la prima forma di liberazione dalla catena del bisogno, del desiderio e
della volontà.
Un posto a sé occupa la musica a cui Schopenhauer dà grande rilievo nel terzo libro del suo capolavoro:
“Mondo come volontà e rappresentazione”. Ogni arte va al di sopra di qualcosa, ma rimane una differenza:
la musica parla agli uomini in modo assai più elementare e diretto, li afferra e li trascina con sé.
Perciò per Schopenhauer la musica non deve per sua natura essere descrittiva, difatti afferma: “se si vuol
troppo adattare la musica alle parole e modellarla sui fatti, essa si sforza di parlare un linguaggio che non
è il suo.”
La musica ha quindi un carattere di universalità e mantiene una posizione astratta e formale rispetto a ogni
sentimento determinato ed espresso in concetti.
Questa corrente del pensiero romantico, che pone l’accento più che sul potere formale della musica e sulla
sua pur positiva indeterminatezza semantica, sul suo potere espressivo, sulla sua capacità di esprimere il
sentimento in tutte le sue sfumature, trova il suo punto d’arrivo in Wagner, musicista e compositore tedesco che sviluppò sino alle sue estreme conseguenze il concetto dell’ unione originaria di poesia e musica,
facendo chiari riferimenti alle idee innovative di Schopenhauer.
Raoul Paolo Montrone
nicolor Dreams. Indie rock quasi riflessivo, di introspezione, che emerge soprattutto da Mrs. Macabrette,
Letter to myself e dal primo estratto, Powder on the words.
Enzo Moretto, Ilaria D’Angelis, Raffaele Benevento e il già citato Andrea Perillo iniziano così a girare
l’Italia, ma non solo: famosi in America, si fanno apprezzare anche tra il 2007 e il 2008 in Europa, con un
tour di 15 date. Technicolor Dreams riceve, tra l’altro, il premio della critica “Miglior Disco dell’Anno”,
assegnato dal P.I.M.I. (Premio Italiano Musica Indipendente) e dalla SIAE. Targa consegnata al MEI di
Faenza. Insomma, un gruppo che promuove la propria musica, intimamente, e non dei personaggi.
Aprile 2010 porta con sé il quarto album, Midnight Talks. La copertina dell’album, oggettivamente spiazzante, forte, che raffigura un bacio/morso, esprime questa non perduta necessità di essere limpidi, sinceri.
Rispetto al precedente Technicolor Dreams si avverte un sound più sentito, più forte, più vivo. C’è un po’ di
tutto: pop rock, prog, digressioni psych. Del resto, come ricorda spesso la voce del gruppo, Enzo Moretto,
gli …A Toys Orchestra hanno sempre masticato tanta musica, di ogni genere. Brani come Mystical Mistake
e The Golden Calf danno la carica, Frankie Pyroman sembra quasi voler essere un omaggio ai Nirvana. Poi
Plastic Romance che rievoca Syd Barret e Wayne Coyne. Senza dimenticare Pills On My Bill e l’arguzia
molleggiata di Celentano. Un disco che consacra una grande band. E il fatto che in Italia non siano conosciutissimi, forse, ne è un ulteriore attestato.
Simone Vazzana
Gli …A Toys Orchestra nascono nel 1998 (dalle ceneri del gruppo punk-rock Mesulid) e, a dispetto del
nome, sono italianissimi. Di Agropoli, nel salernitano, per la precisione. Una band che nel corso degli anni
si è evoluta, avvicinandosi all’indie rock tradizionale o all’elettronica (con tanto di campionatori e drum
machine).
Il gruppo conosce la ribalta al tramonto del 2004, quando esce il nuovo album, Cuckoo Boohoo (il secondo,
dopo Job del 2001), acclamato come uno dei dischi più belli della stagione. Successo dovuto anche grazie
al videoclip del fortunatissimo brano Peter Pan Syndrome (finito su MTV, All Music, RaiSat Extra…). Si
aggiudica anche diversi premi, tra cui “Miglior videoclip originale” (assegnato da La Repubblica) e “Migliore fotografia”.
Dopo qualche cambio di formazione, che in realtà coinvolge solamente la sezione ritmica, con il batterista
Fabrizio Verta sostituito da Andrea Perillo, e qualche collaborazione prestigiosa (tra cui Afterhours e Cristina Donà), gli …A Toys Orchestra si affermano come importante realtà nel 2007 con il terzo album: Tech-
I “La Fame di Camilla” si affacciano in modo eccellente al panorama della musica italiana.
Nonostante le numerosissime critiche alla qualità del Festival di HYPERLINK “http://becantante.it/category/sanremo/” \o “Sanremo” Sanremo 2010 il palcoscenico dell’Ariston sforna, come quasi ogni anno,
degli ottimi partecipanti soprattutto nel campo delle “nuove proposte”. La sessantesima edizione del Festival ha dato una grande occasione ad un gruppo indie rock già presente sulla scena musicale italiana, ossia
i “La Fame di Camilla”.
Il gruppo barese nato nel 2007, oltre che portare una ventata di novità all’Ariston, riesce a catturare l’attenzione di pubblico e radio con il pezzo “Buio e Luce”, brano che dà anche il nome al loro secondo disco. L’impronta del gruppo in questo pezzo è molto forte, la band riesce a tratteggiare in modo semplice
e profondo allo stesso tempo, un’immagine che ritrae lo scontro che ogni uomo subisce con il pregiudizio
esterno e la realtà che lo circonda ed è proprio a quel punto che l’uomo ricorre al sogno per salvarsi dal
vortice dei luoghi comuni.
La band vanta una lunga e fortunata gavetta che li ha portati ad incidere il loro primo album dal titolo omonimo al nome della band preceduto dall’uscita del singolo ” Storia di una favola”, brano che portò grande
fortuna al gruppo facendogli conquistare il “Premio Rivelazione Indie Pop dell’anno”.
La grande capacità di questi ragazzi è di riuscire a conciliare perfettamente le melodie tradizionali italiane
con i suoni e gli arrangiamenti tipici delle note band pop-rock d’oltremare. Il nome della band appare molto
curioso e lo stesso cantante del gruppo, Ermal Meta, spiega che “La Fame” rappresenta il modo abbastanza
istintivo, quasi animalesco, con cui il gruppo vuole approcciarsi alla musica, mentre “Camilla” resta un po’
un segreto della band che non dà spiegazioni in merito.
Indubbiamente l’ottimo inizio del gruppo non può che indurci a pensare ad un bel futuro per questi giovani
artisti pugliesi che, in poco tempo, sono riusciti a captare l’attenzione di un pubblico ampio e di moltissime
radio che mandano già a ruota i loro pezzi.
Deborah Foti
Nuova era per la musica italiana dominata dai vari vincitori e partecipanti dei noti Talent Show televisivi.
A dominare le vette delle classifiche di vendita ci sono due volti di due cantanti molto noti che ultimamente
hanno partecipato ad alcuni dei talent show presenti nelle nostre reti televisive nazionali, da un lato troviamo Valerio Scanu, reduce di “Amici” e vincitore della sessantesima edizione di Sanremo, dall’altro appare
Marco Mengoni, anche lui reduce da un terzo posto sul podio del festival di Sanremo e vincitore dell’ultima
edizione di “X Factor”.
Il fenomeno del boom delle vendite che ha fatto conquistare ai due giovani cantanti i posti più alti nelle
classifiche, ritrae indubbiamente quanto i talent show coinvolgano gli spettatori e quanto il panorama della
musica italiana sia condizionato da ciò.
Si apre forse una nuova era per la musica italiana? Questo può essere, ma sarà davvero migliore l’era futura
che sta investendo la nostra amata musica? Su questo ho qualche dubbio in più. I talent show di certo rappresentano, da un paio di anni a questa parte, una vetrina infallibile per i concorrenti che vi partecipano che,
da un momento all’altro, si trovano catapultati in una realtà incredibilmente diversa da quella che li circondava prima di partecipare ad uno show di questo tipo. La notorietà ed il successo sicuro sono due ingredienti
non così difficili da gustare soprattutto per coloro che riescono ad emergere da questi programmi televisivi.
Ma nonostante le polemiche che si aggirano attorno a questo campo, la realtà è che molti cantautori si trovano quasi messi in ombra rispetto alla commercializzazione musicale che si aggira attorno a personaggi
come quelli sopra citati, difatti oltre a Valerio Scanu ed a Marco Mengoni, a dominare le classifiche non
potevano mancare da un lato Noemi, anche lei reduce da Sanremo e da “X Factor” e dall’altro lato l’immancabile Alessandra Amoroso, vincitrice della scorsa edizione di “Amici” che per la venticinquesima
settimana rimane con tenacia in vetta alle classifiche di vendita.
Indubbiamente tutto questo meccanismo mediatico contribuisce a far acquisire una certa fama a dei personaggi che fino a qualche tempo fa erano veri e propri sconosciuti, il talento di alcuni potrebbe anche essere
discutibile, se si fa il paragone con noti cantautori che da tempo popolano il nostro panorama musicale, ma
non porterebbe comunque a nulla perchè se davvero la nostra musica si sta affacciando ad una nuova era,
questa era sembra essere marchiata dai Talent Show.
Deborah Foti
VOLENDO
PUOI
RICOMINCIARE!!