LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE CAPITOLO 6 DALLA PRIMA ALLA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Dal 1870 si verificò uno sviluppo economica e sociale che diede luogo alla seconda rivoluzione industriale, le cui principale caratteristiche furono: - Il ruolo della scienza: tutte le scoperte e le invenzioni sono frutto di ricerche scientifiche, legate sia alla genialità di un singolo, sia ad un lavoro collettivo. - Le nuove fonti di energia: si diffonde l’utilizzo dell’energia elettrica e della combustione a petrolio e questo è uno dei motivi che segna il passaggio dalla prima alla seconda rivoluzione industriale. - La nascita di monopoli e oligopoli: molti settori produttivi si concentrano nella mani di un solo grande imprenditore, o di pochi imprenditori associati. - L’organizzazione “scientifica” del sistema produttivo: la catena di montaggio. - Il sorgere della “società di massa” e il nuovo ruolo dello Stato: la società si trasforma e diventa di “massa” ovvero consuma gli “stessi prodotti”; allo stesso tempo, gli Stati sono sempre più presenti nel sistema economico e si evolvono in senso democratico. Durante la prima rivoluzione industriale, i progressi ottenuti non erano legati al carattere scientifico, al contrario nella seconda rivoluzione industrial, la scienza si legò definitivamente alla tecnica. Nacquero scuole scientifiche e si affermò una nuova figura professionale, quella dell’ingegnere. Accanto alle tradizionali fonti di energia (carbone) se ne affermarono di nuove, quella elettrica e quella petrolifera che si diffusero molto velocemente. Inoltre, ebbero un rapido sviluppo l’industria chimica, quella siderurgica, dell’edilizia l’industria automobilistica, dell’aeronautica e altre. Le grandi scoperte scientifiche e le novità in tutti i settori provocarono un’ondata di ottimismo, per la prima volta l’uomo aveva la capacità di modificare il suo destino con l’uso delle sue mani e della sua intelligenza. La fiducia nel progresso dell’umanità veniva esaltata, il clima culturale che ne scaturì prese il nome di “positivismo”, che indica la validità delle scienze sperimentali, definite positive. Charles Darwin, sulla base dei suoi studi, stava iniziando a formulare una nuova rivoluzionaria teoria biologica: l’evoluzionismo, dove tutte le forme di vita sono il risultato di graduali mutazioni della specie, da forme primitive a forme più complesse (L’Origine dell’uomo). Ma questa teoria non venne subito accetta, vista come un offesa per l’uomo che deriva da un animale. LA CATENA DI MONTAGGIO I risultati della ricerca scientifica cambiarono profondamente il modo di produrre. All’interno della fabbrica il lavoro venne semplificato dividendo il lavoro e distribuendolo agli operai che ripetevano le medesime azioni, in tempi sempre uguali, l’inventore di questa strategia fu l’ingegnere americano Frederick Winsow Taylor, dal quale prende il nome, il taylorismo. Esso si basava su quattro principi generali, chi dirige un settore produttivo deve: 1. Eseguire uno studio scientifico e quindi il lavoro non è più basato sull’esperienza. 2. Selezionare la manodopera con metodici scientifici, poi prepararla, istruirla e perfezionarla. 3. Tenere con i propri dipendenti un atteggiamento di collaborazione cordiale. 4. Fare in modo che lavoro e responsabilità vengano ripartiti in misura eguale tra direzione e manodopera. Con il cambiamento nella produzione, anche i dirigenti hanno dovuto adeguarsi, applicando le leggi scientifiche sui luoghi di lavoro. Secondo Taylor era necessario scomporre il più possibile il processo di produzione di un determinato oggetto. Questa scomposizione permetteva di: - Organizzare e fissare i movimenti da compiere e i tempi di lavorazione. - Organizzare la fabbrica secondo criteri di efficienza produttiva. - Legare i salari degli operai agli effettivi risultati ottenuti: si tratta del cosiddetto lavoro “a cottimo”, in cui si calcola lo stipendio in base al lavoro svolto. In questo modo per le nuove strutture produttive occorrevano meno lavoratori, anche senza una specifica preparazione e la produzione aumentava. Il risultata più importante della teoria di Taylor fu la catena di montaggio, un’innovazione che riduce i tempi di lavoro, ma lo rende ripetitivo. Le lavorazione erano frammentate in una serie di piccole operazioni, ciascuna affidata ad un singolo operaio. La prima catena di montaggio fu installata nelle officine automobilistiche Ford di Detroit. IL CAPITALISMO MONOPOLISTICO E FINANZIARIO Dal 1870 al 1914 vi fu una notevole crescita della produzione industriale mondiale, questo risultato fu raggiunto da due fasi opposte: - La prima (1873-96) caratterizzata dalla grande depressione. - La seconda (1896-1914) caratterizzata da un nuovo rapido sviluppo. La causa principale della grande depressione fu la sovrappopolazione industriale e agricola che determinò una caduta dei prezzi. Questa sovrapproduzione fu originata da due fattori: 1. L’accresciuta concorrenza internazionale, favorita dallo sviluppo delle reti di trasporto ferroviario e navale: l’agricoltura europea risentì della concorrenza dei cereali americani australiani e russi; l’industri vide emergere il Giappone e gli Stati Uniti. 2. Il naturale incremento produttivo, non corrispondeva a una crescita della domanda, perché i salari continuavano ad essere al livello della sussistenza. A partire dal 1880 al posto dell’economia del libero scambio si diffuse il protezionismo, che determinò un ulteriore rallentamento della produzione. La grande depressione provocò il fallimento delle industrie meno competitive. Sopravvissero le aziende che si ristrutturarono, che uscirono dalla crisi rafforzate e aumentarono anche le loro dimensioni. A differenza della prima rivoluzione industriale, la seconda fu caratterizzata da un enorme impulso alla crescita delle dimensioni aziendali e alla concentrazione industriale: poche imprese cioè, assunsero il controllo del mercato (capitalismo monopolistico). Ciò fu dovuto anche ai massicci investimenti che richiedevano per i progressi tecnologici e scientifici e quindi le banche ottenevano più garanzia dalle grandi imprese. La vita delle industrie, ormai dipendeva completamente dai finanziamenti continui della banche e per questo motivo vi fu un collegamento tra questi, dove rappresentanti delle banche sedevano nei consigli di amministrazione delle grandi industrie e quelli delle grandi industrie nei consigli di amministrazione delle banche. Il capitalismo divenne così finanziario, in quanto l’interesse finanziario prese a dominare su quello delle industrie. Al centro del sistema economico si affermò la borsa, il sistema della cosiddetta banca mista, con cui si superava la classica distinzione tra banca commerciale, dedita alla raccolta del risparmio e all’esercizio del credito, e banca d’affari, specializzata negli investimenti industriali con prestito di capitale a medio e lungo termine. Questo fenomeno ebbe origine in Francia e si diffuse specialmente in Germania e in Francia. Tra il 1850 e il 1914, la popolazione mondiale aumentò in modo considerevole arrivando fino ad 1 miliardo e 650 milioni di abitanti. Ma l’incremento della popolazione ha preso un andamento inverso a quello del grado dello sviluppo, infatti il numero di abitanti diminuì nei Paesi più industrializzati e aumentò in quelli più arretrati. In altri termini, nelle aree maggiormente progredite la natalità iniziò a decrescere e con lei la mortalità. Le cause di questo fenomeno, particolarmente evidente a partire dal Novecento, sono da ricercare: - Nel progressivo innalzamento della scolarità. - Nell’inserimento delle donne nel sistema produttivo. - Nella diffusione dei metodi di controllo delle nascite. Gli Stati più evoluti utilizzarono la crisi agraria come incentivo per la ristrutturazione delle aziende agricole in senso capitalistico, mentre nei paesi più arretrati il disastro agricolo andò ad aggravare la crisi sociale. Negli Stati dell’Europa centro-orientale, vi fu un forte aumento nelle campagne, che gli uomini decisero di emigrare. L’emigrazione verso le città andò ad incrementare un fenomeno già in atto, quale conseguenza della rivoluzione industriale, mentre l’emigrazione continentale e tra diversi Paesi europei fu causata innanzitutto dal carattere stagionale. Infatti i cantieri edili e le imprese commerciali avevano bisogno di manodopera flessibile, poco costosa e disposta ad accettare lavori pesanti. Il movimento migratorio dall’Europa verso gli Stati Uniti si manifestò alla fine del XIX secolo. LA CRITICA DEL PROGRESSO Il Manifesto del Partito Comunista, che Marx aveva scritto nel 1848, terminava con un invito verso i proletari ad unirsi. I proletari, infatti, avevano un interesse comune: porre fine al loro sfruttamento da parte dei capitalisti. Fu così che nacque nel 1864, a Londra, l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, meglio nota come Prima Internazionale. All’interno di questa associazione, vi erano diversi esponenti con idee molto diverse ideologiche fra loro, come: i mazziniani, gli anarchici, i marxisti e il sindacalismo inglese di tendenza riformista. Marx preparò l’Indirizzo inaugurale e gli Statuti dell’organizzazione, ma le sue posizioni suscitarono immediatamente contestazioni, tanto che Mazzini si ritirò dall’associazione. I lavori della Prima Internazionale furono caratterizzati dallo scontro tra le diverse componenti che la costituivano. La polemica più aspra fu quella che oppose Marx a Bakunin, il massimo teorico dell’anarchismo. Michail Bakunin era nato in Russia da una famiglia appartenente alla piccola nobiltà contadina. Secondo Bakunin la causa della mancanza di libertà andava cercata nello Stato. Infatti, una volta abbattuto lo stato anche lo sfruttamento economico sarebbe cessato. Al suo posto, si sarebbe immediatamente instaurato il comunismo, inteso come società anarchica. Per giungere a questo, occorreva non cadere in due errori di Marx: 1. La dittatura del proletariato, come fase di transizione. 2. Individuare il soggetto rivoluzionario nel proletariato. Secondo Bakunin erano i diseredati i soggetti rivoluzionari per eccellenza. per questo motivo vi fu uno scontro tra Marx e Bakunin, che si concluse con l’espulsione di Bakunin del 1872 dall’Associazione Internazionale dei Lavoratori. Ma quest’ultima stava già crollando ed ebbe il colpo decisivo dalla crisi economica che esplose nel 1873. Ciò dimostrò che la Prima Internazionale non era in grado di difendere gli interessi dei lavoratori. Nel 1876, il Congresso di Filadelfia ne decise lo scioglimento. Il progredire e l’estendersi della rivoluzione industriale nella seconda metà dell’Ottocento pose la Chiesa cattolica di fronte a numerosi problemi e interrogativi. Tanto che Papa Pio IX decise di pubblicare un enciclica la Quanta Cura nel 1864 contenente un’articolata denuncia agli errori più comuni del tempo; questi errori vennero poi evidenziati in un secondo documento il Sillabo. Nel Sillabo vennero condannati: la morala lirica, il liberalismo, il socialismo, il comunismo, la divisione tra Chiesa e Stato, il non ritenere la religione cattolica come religione di Stato, il sostenere che l’abolizione del potere temporale potesse giovare “alla libertà e alla prosperità della Chiesa”, la libertà di culto, la piena libertà di pensiero e di stampa. CAPITOLO 7 L’ETÀ VITTORIANA La regina Vittoria salì al trono del Regno Unito nel 1837, a soli diciotto anni e regnò per ben 63 anni, che segnò per l’Inghilterra un’epoca: l’età vittoriana. L’Inghilterra vittoriana era un Paese di grande prosperità economica, di stabilirà politica, di pace sociale e di sviluppo. Era la maggiore potenza coloniale del mondo con un impero. Lo sviluppo industriale superava quello degli altri Paesi europei e l’Inghilterra deteneva la rete ferroviaria più sviluppata d’Europa e una flotta mercantile di gran lunga superiore a quella degli altri Paesi. Londra era il centro finanziario e commerciale di riferimento per tutti gli Stati europei. Il Paese aveva la popolazione più alfabetizzata e le istituzioni politiche più libere d’Europa. Gli inglesi godevano di un tenore di vita decisamente superiore agli altri. Gli anni tra il 1870 e il 1914 furono anni di stabilità politica per l’Inghilterra anche se i progressisti Whighs e i conservatori Tories si alternarono alla guida del Paese. Gladstone, leader liberale, e Disraeli, leader conservatore, furono i protagonisti della politica inglese fino al 1866. In questo periodo si aprì per il Paese una lunga stagione di riforme e di progressiva democratizzazione della vita politica che portò a un’importante riforma elettorale nel 1885: il suffragio venne esteso a tutti i cittadini maschi con famiglia a carico, inoltre fu concesso il diritto di sciopero e il riconoscimento legale delle Trade Unions, i sindacati, e fu introdotto l’obbligo scolastico elementare. Sul piano sociale sia i progressisti che i conservatori adottarono una politica di grande apertura verso i lavoratori per evitare una contrapposizione frontale con il movimento sindacale. Ma i lavoratori iniziarono ad acquisire maggiore coscienza politica e agli inizi del nuovo secolo nacque il Labour Party (1906), il partito laburista, il partito riformista di ispirazione socialista ma non Marxista: divenne il terzo partito inglese, con cui i conservatori e liberali dovettero fare i conti. Tra i problemi più gravi per l’Inghilterra vi era la questione irlandese che aveva radici lontane. Ma in Irlanda vi erano anche contrasti interni, inoltre questo era una terra esclusa dalla rivoluzione industriale e con un’agricoltura arretrata e improduttiva. La ribellione irlandese assunse forme sempre più violente, con atti di terrorismo, attentati e insurrezioni. L’ala più estremista, come l’organizzazione dei Feniani, voleva la completa indipendenza dall’Inghilterra. Ma il movimento più seguito era quello di Charles Stewart Parnell che rivendicava l’autonomia dell’Irlanda, l’Home Rule, ossia l’autogoverno all’interno del Regno Unito. Gladstone nel 1886 tentò di appoggiare la causa irlandese presentando un suo progetto di Home Rule, ma si trovò contro i conservatori e anche il suo partito. Solo nel 1914, dopo essere stata più volte bocciata, la Home Rule fu approvata ma non poté essere applicata a causa dello scoppio della prima guerra mondiale. L’ESPANSIONE DEGLI STATI UNITI Nella prima metà del XIX secolo, gli Stati Uniti conobbero una rapida espansione territoriale e un forte sviluppo economico. Grazie al costante flusso migratorio dall’Europa, la popolazione arrivò a 30 milioni di abitanti nel 1860. I confini superarono i limiti delle 13 colonie originarie e si estesero fino in California, dove nel 1848 fu scoperto l’oro. La guerra contro il Messico assegnò agli Stati Uniti i territori dal Nuovo Messico alla California. Nel 1860 gli Stati dell’Unione erano saliti a 33, e ben presto furono dotati di strade e di linee ferroviarie. Anche la produzione agricola ebbe una rapida ascesa, mentre nel Nord si sviluppava la produzione industriale e il commercio marittimo. Il Nord divenne il polo dello sviluppo industriale del Paese, qui sorgevano le città più ricche e progredite, come New York, Boston e Philadelphia; queste città erano la sede del commercio con l’Europa. Gli interessi della borghesia del Nord furono rappresentati dal Partito Repubblicano. Al contrario, gli Stati del Sud si basavano su di un’economia essenzialmente agricola, dove vi erano grande piantagioni di cotone, di tabacco e canna da zucchero. Nel 1860 vivevano negli Stati del Sud quattro milioni di schiavi neri e circa sei milioni di bianchi. Duemila famiglie di grandi coltivatori costituivano il ceto che dominava la vita politica e sociale degli Stati del Sud, essi inoltre, erano rappresentati politicamente dal Partito Democratico fondato da Andrew Jackson. Negli anni Quaranta-Cinquanta del XIX secolo, lo sviluppo industriale si investì anche nel settore siderurgico, meccanico e chimico. La dipendenza del Nord dal sud si allentò e nel frattempo si crearono rapporti tra le industrie del Nord e gli agricoltori dell’Ovest. Le tensioni tra Nord e Sud si intesndificarono per diversi motivi. Le alte tariffe doganali applicate dal Nord alle merci provenienti dall’Europa costringevano il Sud ad acquistare esclusivamente i prodotti dagli Stati settentrionali; nel contempo ostacolavano le esportazioni degli Stati del Sud verso l’Europa. Ma l’elemento che fece scatenare la guerra fu la questione della schiavitù. Gli schiavi neri erano infatti il pilastro su cui si fondava il sistema economico del Sud. L’opinione pubblica del Nord diede voce ad un vasto movimento abolizionista che chiamò a raccolta tutte le forze interessate ad unificare il Paese in un unico sistema sociale omogeneo, quello del Nord. Il Nord fondò il Partito Repubblicano, decisamente antischiavista; mentre il Sud fondò il Partito Democratico, schiavista. Nel 1854 il Congresso approvò il Kansas-Nebraska Act, secondo il quale i nuovi stati di Kansans e Nebraska avevano la piena libertà a decidere se adottare o meno il regime schiavista. Si scatenò una violenta guerra per il controllo del Kansas. In questa atmosfera di estrema tensione, l’elezione nel 1860 del presidente repubblicano Abraham Lincoln fece precipitare la situazione. L’opinione pubblica del Sud vide nella vittoria repubblicana la vittoria degli Stati del Nord e l’emarginazione degli Stati del Sud. Ma Lincoln nella sua campagna elettorale aveva annunciato che non avrebbe abolito la schiavitù negli Stati dove era già in vigore. L’intenzione di Lincoln era piuttosto quella di trasformare gli Stati Uniti in una grande repubblica unitaria, tuttavia gli stati del Sud reagirono. Decisa nel febbraio 1861 la secessione dall’Unione, costituirono la Confederazione autonoma del Sud, composta da undici Stati con capitale Richmond e presidente Jefferson Davis. A quel punto lo scontro divenne inevitabile. La guerra di secessione tra unionisti (Stati del Nord) e confederati (Stati del Sud) durò dal 1861 al 1865. E ostilità si aprirono il 12 aprile 1861 con l’attacco dei confederati alla guarnigione nordista nella Carolina del Sud. Gli Stati del Sud potevano contare sul buon addestramento dell’esercito ma erano inferiori per numero e per mezzi, infatti gli Stati del Nord avevano una popolazione tre volte superiore ed una maggiore potenzialità economica. I confederati confidavano tuttavia nell’intervento della Francia e della Gran Bretagna che decisero però, di rimanere neutrali. Nei primi due anni di guerra ebbero la meglio i sudisti grazie all’ottima strategia del comandante Robert Lee. I nordisti, utilizzarono tutte le loro risorse economica e ricorsero anche alla propaganda politica. Per ottenere l’appoggio dei contadini e degli schiavi neri, Lincoln nel 1862 emanò due leggi storiche: - la prima legge assegnava gratuitamente ai contadini le terre libere dello Stato. - la seconda legge sanciva l’abolizione della schiavitù nei territori ribelli. Nel 1863 ci furono i primi successi nordisti, grazie al generale Grant. L’ultima fase della guerra vide l’avanzata delle truppe nordiste attraverso Tennessee, Gerorgia e Carolina. Circondati da ogni lato, i sudisti tentarono la disperata difesa di Richmond, ma il 9 aprile 1865 ad Appomatox, il generale Lee dovette arrendersi definitivamente. La guerra di secessione durò in tutto quattro anni e costò 600 000 morti. Questa, fu la prima guerra totale della storia: una guerra combattuta con le armi prodotte dalla rivoluzione industriale e con il coinvolgimento di tutta la società: una guerra di massa. La vittoria dell’Unione non diede subito i frutti sperati: cinque giorni dopo la resa, il 14 aprile 1865 il presidente Lincoln fu assassinato da un fanatico sudista. La legge sulla distribuzione delle terre venne cancellata qualche anno dopo e gli schiavi liberati non poterono cancellare i pregiudizi razziali nei loro confronti. Nel 1866 nacque nel Sud un’organizzazione clandestina, il Ku Klux Klan, con lo scopo di terrorizzare i neri, impedendo loro di esercitare il diritto di voto e di partecipare alla vita politica. Nel 1890, gli Stati Uniti raggiunsero l’estensione attuale, ma furono i pellerossa a pagare il prezzo più caro, infatti furono costretti a ritirarsi nelle riserve. Gli Indiani, subirono la sconfitta decisiva nella battaglia dei Wounded Knee nel 1890. Mentre la popolazione degli indiani andava a diminuire, quella degli statunitensi aumentava, grazie al fenomeno dell’immigrazione. Sempre in questi anni, la rete ferroviaria si estendeva per ben 190 000 miglia: una lunghezza superiore a tutte le ferrovie europee. Gli Stati Uniti uscirono dunque dalla guerra civile con una struttura economica ancora molto vitale, negli ultimi anni del secolo vi fu un nuovo spettacolare boom economico. Superata la gran Bretagna, alla fine dell’Ottocento, gli Stati Uniti divennero la più grande potenza economica del mondo.